Storia della Famiglia Francescana - Assisi OFM
Storia della Famiglia Francescana - Assisi OFM Storia della Famiglia Francescana - Assisi OFM
mento. Fu in questa occasione che il Papa emanò la bolla « Quo elongati » (1230), con la quale dichiara, tra le altre cose, che il Testamento non obbliga; che i frati non sono tenuti ad osservare tutti i consigli evangelici, ma soltanto quelli espressi dalla Regola come obbliganti in coscienza; che possono avere soltanto l’usufrutto delle cose, mentre la proprietà rimane sempre ai benefattori, e, in loro mancanza alla S. Sede; che nei bisogni il ricorso alla pecunia è lecito, da farsi, però, per mezzo dei nunzi o sindaci, ai quali spetta spenderlo per la necessità dei frati. Nel 1232 Giovanni Parenti si dimise dal governo dell'Ordine, e venne eletto f. Elia, nella speranza che da generale si ravvedesse e mutasse costumi. Invece, accecato forse dall'orgoglio, la sua condotta peggiorò. E' vero che possedeva doti eccezionali e grande abilità di governo: sotto di lui l’Ordine si propagò, le Missioni si moltiplicarono, favorì anche la scienza e la cura delle anime; ma decadde la serafica povertà. Sebbene avesse amato sinceramente s. Francesco, non ereditò il suo spirito di semplicità, di umiltà e di povertà. Si dice che facesse uso di denaro e di cavalli; che non osservasse la vita comune; che eleggesse superiori a lui favorevoli, preferendo i fratelli laici ai sacerdoti e deponendo quelli che non fossero dalla sua parte; e che fosse largo nel concedere privilegi e dispense ai suoi partigiani. Allorchè i frati si accorsero che egli trascinava insensibilmente l’Ordine per una via opposta a quella tracciatagli dal suo serafico Fondatore, si fece nuovamente ricorso al Papa, denunziandogli i soprusi e gli scandali di f. Elia. Fu indetto, allora, un Capitolo generale a Roma (1239) e f. Elia venne deposto. 42 Fondamentalisti Quasi contemporaneamente a questa corrente lassista, un altro partito, irriducibilmente opposto, si andava formando in seno all’Ordine: il partito dei cosiddetti Spirituali. Costoro, sebbene da principio fossero profondamente religiosi, in seguito divennero così irrequieti e fanatici, da turbare profondamente la pace e la serenità dell’Ordine: erano disobbedienti, ribelli, ostinati nelle loro idee ed inquinati di eresia. Unica norma di vita per gli Spirituali era l’osservanza letterale e farisaica della Regola e del Testamento (anche questo, secondo loro, obbligante in coscienza come la Regola). Non accettavano, quindi, alcuna dichiarazione pontificia. Propugnavano una povertà alterata, ribelle, estrema, fino al punto di metterla come unica base e fondamento della perfezione religiosa più che l’ubbidienza, l’umiltà e la stessa carità: osservavano la povertà per la povertà, non la povertà per uniformarsi sempre più a Cristo. Quasi sempre imbevuti delle idee di Gioacchino da Fiore, facevano proseliti alla loro causa. Abitavano in romitori, vestivano vesti strette e corte, non attendevano agli studi, né alla cura delle anime. Con precisione non si può determinare il tempo in cui ebbe inizio questo movimento spiritualistico: si sa che nel 1280 alcuni di questi zelanti delle Marche furono puniti e condannati al carcere perpetuo come eretici e nemici dell’Ordine; ma, poi, assolti dal generale Raimondo Gaufredi, furono mandati come missionari in Armenia. Nel 1290 si erano già propagati anche in Toscana ed in Francia. Gli Spiritualisti
delle Marche nel 1293 furono chiamati ‘Poveri eremiti di Papa Celestino’, perché, essendo stati rifiutati, al loro ritorno dall’Armenia, dai ministri provinciali, ottennero dal papa Celestino V, l’autorizzazione di sottrarsi all’ubbidienza dei superiori dell’Ordine e mettersi alla dipendenza dei vescovi, continuando a vivere nei loro romitori ed osservando la Regola senza alcuna Dichiarazione pontificia. Il loro primo superiore fu Pietro Liberato e dopo di lui Angelo Clareno. Gli Spirituali della Toscana erano invece guidati da Ubertino da Casale e quelli della Francia da Pietro Olivi. 43 Moderati Fra le due opposte tendenze v’era la parte moderata, sostenuta dalla quasi totalità dei frati, particolarmente protetta e difesa da santi e zelanti generali, che, mentre cercavano di eliminare gli abusi e le irregolarità, si ingegnavano di conciliare gli animi, seguendo una via di mezzo. Il successore di f. Elia, Alberto da Pisa (1239), s’era messo subito all’opera per il rifiorimento dell’ordine; ma poté fare ben poco, perché fu sorpreso dalla morte alcuni mesi dopo la sua elezione. Aimone da Faversham (1240) fece di più: richiamò i frati alla osservanza della Regola, escluse i fratelli laici dalle cariche, limitò il potere del generale e dei provinciali e fece fare, per maggior chiarezza e tranquillità di coscienza, una prima esposizione della Regola dai quattro Dottori di Parigi: Alessandro d’Ales, Giovanni de la Rochelle, Roberto da Bascià e Oddone Rigaldi. Organizzò la Liturgia dei Frati. Il suo successore Crescenzio da Jesi (1244), sebbene fosse accusato dagli spirituali di lassismo, in verità non fu tale. Si distinse non solo per la sua dottrina, ma anche per la sua pietà e per il suo grande zelo. Egli ottenne da Innocenzo IV con la bolla « Ordinem vestrum », che la S. Sede prendesse in suo dominio i beni mobili ed immobili, offerti ai frati, quando i benefattori vi avessero rinunziato. L’ opera sua fu ripresa e continuata dal b. Giovanni da Parma (1247), uomo austero e di profonda umiltà. Osservò scrupolosamente la vita comune, si limitò, nell’uso delle cose, al puro necessario, contentandosi perfino di un solo abito. Da generale visitò l'Ordine a piedi, togliendo gli abusi e ristabilendo la disciplina regolare; favorì la scienza ed ottenne dal Papa i privilegi ecclesiastici, le sepolture nelle chiese francescane e che ogni provinciale potesse scegliersi per la propria provincia uomini adatti ed onesti, che, quali vicari e rappresentanti della S. Sede, prendessero in dominio i beni, dati in uso ai frati. Dopo dieci anni di saggio governo gli successe s. Bonaventura (1257). Anche lui lavorò con molta saggezza e prudenza per estirpare tutti gli abusi introdottisi nell’Ordine, circa la povertà, l'uso del denaro, l'ozio e la divagazione dei frati, la costruzione sontuosa e curiosa degli edifici. Volle che si coltivassero gli studi, e si avesse cura delle anime. Preferiva, specialmente per l’educazione dei giovani, conventi grandi, semplici e poveri. Nelle comunità numerose — soleva dire — è più facile ottenere la disciplina regolare e una recita più devota dell’Ufficio corale. Nel Capitolo di Narbona (1260) riunì (con qualche aggiunta e correzione) le
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mento. Fu in questa occasione che il Papa emanò la bolla « Quo elongati » (1230), con<br />
la quale dichiara, tra le altre cose, che il Testamento non obbliga; che i frati non sono<br />
tenuti ad osservare tutti i consigli evangelici, ma soltanto quelli espressi dalla Regola<br />
come obbliganti in coscienza; che possono avere soltanto l’usufrutto delle cose, mentre<br />
la proprietà rimane sempre ai benefattori, e, in loro mancanza alla S. Sede; che nei<br />
bisogni il ricorso alla pecunia è lecito, da farsi, però, per mezzo dei nunzi o sindaci, ai<br />
quali spetta spenderlo per la necessità dei frati.<br />
Nel 1232 Giovanni Parenti si dimise dal governo dell'Ordine, e venne eletto f. Elia,<br />
nella speranza che da generale si ravvedesse e mutasse costumi. Invece, accecato forse<br />
dall'orgoglio, la sua condotta peggiorò. E' vero che possedeva doti eccezionali e grande<br />
abilità di governo: sotto di lui l’Ordine si propagò, le Missioni si moltiplicarono, favorì<br />
anche la scienza e la cura delle anime; ma decadde la serafica povertà.<br />
Sebbene avesse amato sinceramente s. Francesco, non ereditò il suo spirito di<br />
semplicità, di umiltà e di povertà. Si dice che facesse uso di denaro e di cavalli; che non<br />
osservasse la vita comune; che eleggesse superiori a lui favorevoli, preferendo i fratelli<br />
laici ai sacerdoti e deponendo quelli che non fossero dalla sua parte; e che fosse largo<br />
nel concedere privilegi e dispense ai suoi partigiani. Allorchè i frati si accorsero che egli<br />
trascinava insensibilmente l’Ordine per una via opposta a quella tracciatagli dal suo<br />
serafico Fondatore, si fece nuovamente ricorso al Papa, denunziandogli i soprusi e gli<br />
scandali di f. Elia.<br />
Fu indetto, allora, un Capitolo generale a Roma (1239) e f. Elia venne deposto.<br />
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Fondamentalisti<br />
Quasi contemporaneamente a questa corrente lassista, un altro partito,<br />
irriducibilmente opposto, si andava formando in seno all’Ordine: il partito dei cosiddetti<br />
Spirituali. Costoro, sebbene da principio fossero profondamente religiosi, in seguito<br />
divennero così irrequieti e fanatici, da turbare profondamente la pace e la serenità<br />
dell’Ordine: erano disobbedienti, ribelli, ostinati nelle loro idee ed inquinati di eresia.<br />
Unica norma di vita per gli Spirituali era l’osservanza letterale e farisaica <strong>della</strong><br />
Regola e del Testamento (anche questo, secondo loro, obbligante in coscienza come la<br />
Regola).<br />
Non accettavano, quindi, alcuna dichiarazione pontificia. Propugnavano una<br />
povertà alterata, ribelle, estrema, fino al punto di metterla come unica base e<br />
fondamento <strong>della</strong> perfezione religiosa più che l’ubbidienza, l’umiltà e la stessa carità:<br />
osservavano la povertà per la povertà, non la povertà per uniformarsi sempre più a<br />
Cristo. Quasi sempre imbevuti delle idee di Gioacchino da Fiore, facevano proseliti alla<br />
loro causa. Abitavano in romitori, vestivano vesti strette e corte, non attendevano agli<br />
studi, né alla cura delle anime.<br />
Con precisione non si può determinare il tempo in cui ebbe inizio questo<br />
movimento spiritualistico: si sa che nel 1280 alcuni di questi zelanti delle Marche<br />
furono puniti e condannati al carcere perpetuo come eretici e nemici dell’Ordine; ma,<br />
poi, assolti dal generale Raimondo Gaufredi, furono mandati come missionari in<br />
Armenia.<br />
Nel 1290 si erano già propagati anche in Toscana ed in Francia. Gli Spiritualisti