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Storia della Famiglia Francescana - Assisi OFM

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Nel Quattrocento troviamo altre anime elette di spose appartenenti al Terz’Ordine.<br />

S. Francesca Romana si santificò nell’esatto adempimento di tutti i suoi doveri di<br />

sposa: interrompeva qualsiasi particolare devozione, se le sue faccende domestiche<br />

avessero richiesto la sua presenza. Seppe mirabilmente armonizzare il tempo delle sue<br />

occupazioni familiari con quello <strong>della</strong> preghiera e delle visite agli ammalati.<br />

La regina di Francia, s. Giovanna di Valois, sopportò con perfetta rassegnazione le<br />

grandi amarezze e gl’infiniti dispiaceri procuratile dallo sposo, che arrivò a ripudiarla.<br />

La b. Ludovica Albertoni fu, invece, molto amata e venerata dal suo pio sposo;<br />

poté, perciò, continuare indisturbata, come nella sua giovinezza, la sua intensa vita di<br />

preghiera, di raccoglimento e di carità.<br />

Una grande eroina terziaria si distinse anche in questo secolo XV: s. Giovanna<br />

d’Arco. Non fu sposa, ma giovane guerriera, che seppe difendere con la croce e con la<br />

spada la sua patria. Fu calunniata e bruciata viva sopra un rogo, da dove implorava<br />

perdono per i suoi perfidi nemici.<br />

I santi terziari eremiti o pellegrini sono quasi tutti del sec. XIV, meno il b. Enrico di<br />

Danimarca (Quattrocento), e s. Benedetto Labre (Settecento). Vissero una vita beata<br />

nella loro austera solitudine. Soltanto il b. Francesco da Pesaro subì una volta una forte<br />

e violenta tentazione contro la vita eremitica; ma riportò subito vittoria nella preghiera.<br />

S. Corrado da Piacenza passò da una vita randagia di cacciatore ad una oscura<br />

caverna di Sicilia presso Noto, dove visse per quaranta anni in aspre penitenze. Aveva<br />

accidentalmente causato un incendio in un campo di grano, mentre era a caccia.<br />

Essendo stato ingiustamente incolpato un povero uomo, con la condanna a morte, Corrado<br />

ebbe rimorso, si confessò pubblicamente reo, riparò il danno con la vendita di tutti<br />

i suoi beni e si fece eremita, dopo lungo pellegrinare.<br />

Vicino alla grotta di s. Corrado, un altro terziario andava ad isolarsi dal mondo,<br />

dopo essersi salvato miracolosamente dal morso di un cinghiale: il b. Guglielmo da<br />

Scicli. Frequenti erano le visite fra i due eremiti. Una volta trascorsero insieme un’intera<br />

quaresima senza prendere cibo.<br />

S. Rocco da Montpellier si dedicò con una generosità ed abnegazione suprema a<br />

curare gli appestati negli ospedali. Colpito anche lui dal morbo contagioso, temendo di<br />

disturbare i poveri ammalati con i suoi alti urli di dolore, se ne uscì dall’ospedale, e,<br />

trascinandosi a stento, si appartò nella solitudine di un bosco. Quivi sarebbe morto, se<br />

un cane non gli avesse leccato le piaghe e portato da mangiare, e se un pietoso signore<br />

(il padrone del cane) non l’avesse condotto e curato a casa sua. Guaritosi e ritornato a<br />

Montpellier, non fu riconosciuto; fu, anzi, preso per spia e messo in carcere, ove morì<br />

senza aver mai rivelato il suo nome.<br />

Fu tale l’amore e il rigore <strong>della</strong> solitudine nel b. Tomaso da Foligno da farsi murare<br />

in una celletta sopra un monte. Ne uscì per esplicito comando di Dio, che lo inviava ad<br />

evangelizzare le Marche, la Toscana e l’Umbria.<br />

La vita del b. Enrico, re di Danimarca, fu solitaria e pellegrina. Due volte fuggì da<br />

casa col solo abito di terziario: la prima volta fu trovato solo in una selva e ricondotto<br />

nella sua reggia; la seconda volta pellegrinò in Italia, finché morì a Perugia.<br />

S. Benedetto Labre visse una vita errante tra gl’insulti e gli scherni. Si era fatto<br />

trappista, ma dovette uscirsene; entrò tra i Certosini, e poi tra i Cistercensi, ma anche<br />

qui fu espulso per un misterioso male che lo travagliava. Si vestì allora di un rozzo saio,<br />

si cinse i fianchi di una rude corda e, con un bastone in mano, si. mise a peregrinare per

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