(Scandiano)". Ed ancora egli accenna alla memoria di F. M. Malavolti (anno 1772) che scriveva: "il Picolit che non solo anco di recente ha potuto gareggiare alle mense di Forestieri, Signori e Sovrani con quelli dei migliori climi, ma ha potuto, eziandio a nostra gloria, riportare la palma". Egli alludeva ad un invio fatto dal conte di Montalbano, di Picolit di Conegliano, al re di Francia. (10) Ed ancora il prof. Dalmasso nella sua pubblicazione: "I vini tipici dei Colli Trevigiani" si sofferma largamente sulla coltura del Picolit nella provincia di Treviso: il vino veniva spedito nei più lontani paesi ed era talmente tenuto in onore che negli Atti dell'Accademia dell'Agraria di Conegliano, in data 18 marzo 1778, si legge che fu "deliberato di stampare 2.500 copie del certificato comandato dall'Ecc.mo Senato col suo decreto 10 giugno 1786 di esenzione dei dazi stradali del Picolit di Conegliano, siccome pure di eleggere uno del corpo di detta Accademia, Deputato a controllare la spedizione di tale vino ed a rilasciare i prescritti certificati". (10) "Antonio Zanon, insigne agronomo friulano (1767) scriveva che le mense di Germania, Inghilterra e Francia venivano allietate da questo delizioso vino. F.M. Malvolti (1772) annotava il grande successo ottenuto dal Picolit alla Corte di Francia. Lodovico Ottelio (1761) parla della diffusione del Picolit in molte Nazioni per opera del co. Fabio Asquini. Lo descrive quindi Odart (1849), Agazzotti (1867), Di Rovasenda (1877). Stranamente viene dimenticato dal Molon, forse perchè all'inizio di questo secolo il vitigno era quasi scomparso. Ma se le tracce circa l'origine di questo vitigno sono incerte, altrettanto si può dire dei luoghi di coltivazione. La bontà di questo vino ebbe nel secolo diciassettesimo tale fama che il vitigno prese la via di Conegliano, Treviso, Vicenza, Bassano e poi giù fino in Emilia e Toscana. (9) Tutti gli Autori che abbiamo citato parlano infatti di Picolit coltivato fuori dal Friuli. Ma se ebbe gran fama in quelle zone, in breve tempo sparì, a causa prima della degenerazione del fiore e poi dell'invasione fillosserica. Poche migliaia di ceppi rimasero sparsi fra le colline friulane e il nome quasi scomparve. Non a caso il Poggi e gli altri Autori parlano di vinificazione del Picolit con altre uve, tanto poca era la sua quantità. Attualmente quindi vegeta, solo nei terreni eocenici delle province di Udine e Gorizia, (marne ed arenarie del Collio e Colli Orientali del Friuli), dove dà il massimo del suo splendore. Colore giallo paglierino, talvolta carico, spesso giallo oro zecchino, giallo oro vecchio o quasi ambrato dopo alcuni anni di invecchiamento. Profumo che ricorda il favo d'api, colmo di miele prodotto con tutti i fiori dei campi. Bouchet ampio, di eccezionale eleganza, straordinariamente amalgamato, che dona, in sequenza, un'incredibile serie di sfumature aromatiche: i fiori di campo, appunto. Sapore dolce-non dolce, di nobile razza, aristocratico, lunghissimo nelle sensazioni che variano in continuazione. Non una nota stonata, e nemmeno più forte dell'altra. Difficile l'accostamento di questo grandissimo vino da meditazione,
sorprendentemente buono su alcuni formaggi piccanti. Va servito fresco ma non freddo.(9) CABERNET FRANC “ Piccolit”, tavola di Tiburzio Donadon, 1939
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E' vino da arrosti di carne rosse,