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ALLE RADICI DEL VIGNETO FRIULI , fabbro, 1998 - Claudio Fabbro

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(Scandiano)". Ed ancora egli accenna alla memoria di F. M. Malavolti (anno 1772)<br />

che scriveva: "il Picolit che non solo anco di recente ha potuto gareggiare alle mense<br />

di Forestieri, Signori e Sovrani con quelli dei migliori climi, ma ha potuto, eziandio a<br />

nostra gloria, riportare la palma". Egli alludeva ad un invio fatto dal conte di<br />

Montalbano, di Picolit di Conegliano, al re di Francia. (10)<br />

Ed ancora il prof. Dalmasso nella sua pubblicazione: "I vini tipici dei Colli<br />

Trevigiani" si sofferma largamente sulla coltura del Picolit nella provincia di<br />

Treviso: il vino veniva spedito nei più lontani paesi ed era talmente tenuto in onore<br />

che negli Atti dell'Accademia dell'Agraria di Conegliano, in data 18 marzo 1778, si<br />

legge che fu "deliberato di stampare 2.500 copie del certificato comandato<br />

dall'Ecc.mo Senato col suo decreto 10 giugno 1786 di esenzione dei dazi stradali del<br />

Picolit di Conegliano, siccome pure di eleggere uno del corpo di detta Accademia,<br />

Deputato a controllare la spedizione di tale vino ed a rilasciare i prescritti certificati".<br />

(10)<br />

"Antonio Zanon, insigne agronomo friulano (1767) scriveva che le mense di<br />

Germania, Inghilterra e Francia venivano allietate da questo delizioso vino. F.M.<br />

Malvolti (1772) annotava il grande successo ottenuto dal Picolit alla Corte di<br />

Francia. Lodovico Ottelio (1761) parla della diffusione del Picolit in molte Nazioni<br />

per opera del co. Fabio Asquini. Lo descrive quindi Odart (1849), Agazzotti (1867),<br />

Di Rovasenda (1877). Stranamente viene dimenticato dal Molon, forse perchè<br />

all'inizio di questo secolo il vitigno era quasi scomparso. Ma se le tracce circa<br />

l'origine di questo vitigno sono incerte, altrettanto si può dire dei luoghi di<br />

coltivazione.<br />

La bontà di questo vino ebbe nel secolo diciassettesimo tale fama che il vitigno<br />

prese la via di Conegliano, Treviso, Vicenza, Bassano e poi giù fino in Emilia e<br />

Toscana. (9)<br />

Tutti gli Autori che abbiamo citato parlano infatti di Picolit coltivato fuori dal<br />

Friuli. Ma se ebbe gran fama in quelle zone, in breve tempo sparì, a causa prima<br />

della degenerazione del fiore e poi dell'invasione fillosserica. Poche migliaia di ceppi<br />

rimasero sparsi fra le colline friulane e il nome quasi scomparve. Non a caso il Poggi<br />

e gli altri Autori parlano di vinificazione del Picolit con altre uve, tanto poca era la<br />

sua quantità.<br />

Attualmente quindi vegeta, solo nei terreni eocenici delle province di Udine e<br />

Gorizia, (marne ed arenarie del Collio e Colli Orientali del Friuli), dove dà il<br />

massimo del suo splendore.<br />

Colore giallo paglierino, talvolta carico, spesso giallo oro zecchino, giallo oro<br />

vecchio o quasi ambrato dopo alcuni anni di invecchiamento. Profumo che ricorda il<br />

favo d'api, colmo di miele prodotto con tutti i fiori dei campi. Bouchet ampio, di<br />

eccezionale eleganza, straordinariamente amalgamato, che dona, in sequenza,<br />

un'incredibile serie di sfumature aromatiche: i fiori di campo, appunto.<br />

Sapore dolce-non dolce, di nobile razza, aristocratico, lunghissimo nelle<br />

sensazioni che variano in continuazione. Non una nota stonata, e nemmeno più forte<br />

dell'altra. Difficile l'accostamento di questo grandissimo vino da meditazione,

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