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ALLE RADICI DEL VIGNETO FRIULI , fabbro, 1998 - Claudio Fabbro

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del lavoro dal punto di vista ampelografico, indirizzandolo e assistendo anche<br />

l'opera del pittore.<br />

I 19 vitigni che figurano in quest'opera sono in parte vecchi, taluni<br />

vecchissimi vitigni friulani, di cui qualcuno ormai appartenente più alla storia della<br />

viticoltura prefillosserica che non alla nuova.<br />

Ma era bene che, in un'ampelografia provinciale come questa, essi non<br />

fossero dimenticati. Gli altri sono vitigni forestieri, introdotti più o meno<br />

recentemente nel Friuli. Per la maggior parte essi hanno dimostrato tali doti di<br />

adattamento all'ambiente e tali pregi nella loro produzione d'aver ormai conquistato<br />

un posto eminente nella viticoltura della provincia.<br />

Essi hanno perciò ben meritata la cittadinanza friulana, ed è più che<br />

giusto che essi figurino accanto a quelli indigeni.<br />

Auguriamo che quest'opera sia non solo di utilità per gli agricoltori del<br />

Friuli, guidandoli nella ricostruzione dei loro vigneti ma - ripetiamo - anche<br />

d'incitamento agli studiosi ed ai tecnici di altre nostre provincie.<br />

Da un complesso di lavori di questo genere potrebbe finalmente venire<br />

realizzata la tanto auspicata Ampelografia Generale Italiana ." (10)<br />

La seconda guerra mondiale prima e, successivamente, l'impegno<br />

prioritario teso a ripristinare un benessere materiale e spirituale devastati dalle tristi<br />

vicende frenarono alquanto sia la ricerca teorica che quella applicata in agricoltura<br />

ed, ovviamente, in vitivinicoltura.<br />

Conseguentemente anche la produzione pubblicistica visse un momento<br />

di stasi anche perchè, negli anni '50, il "Vigneto Friuli" procedeva confusamente alla<br />

ricerca di una propria identità.<br />

L'onda lunga delle distruzioni fillosseriche aveva riempito le cantine di<br />

vini di modesta qualità, poichè dominavano i cosiddetti "ibridi produttori diretti"<br />

successivamente messi al bando per legge.<br />

Nelle osterie era normale tagliare il prodotto autoctono, di scarsa<br />

gradazione, con vini meridionali molto alcoolici ed i termini "Puglia" e " Tajut"<br />

erano molto familiari.<br />

Le "OSMIZZE" carsiche ed ancor più le "FRASCHE" proponevano<br />

soprattutto vini rossi, al netto di una tecnologia che per anni latitò nelle nostre<br />

cantine di piccolo/medie dimensioni.<br />

Alla metà degli anni '60 il ritrovato generale benessere e l'applicazione<br />

della legge sulle D.O.C. (D.P.R. 930/63) segnarono la svolta decisiva, dando inizio -<br />

come ricorda il FILIPUTTI (7) - al cosiddetto "rinascimento".<br />

Il "COLLIO" colse per primo tali felici opportunità (la D.O.C. relativa<br />

risale al 24/5/1968) ed il territorio risentì delle iniziative consortili ( condotta<br />

enologica, promozione ecc.) di valorizzazione di un suggestivo territorio di frontiera<br />

che, quasi in contemporanea, l'"AGRITURIST" regionale contribuì a far conoscere<br />

con la "STRADA <strong>DEL</strong> VINO E <strong>DEL</strong>LE CILIEGIE".<br />

Fino alla Prima Guerra mondiale il riferimento del cosiddetto "<strong>FRIULI</strong><br />

AUSTRIACO" era rivolto all'Istituto di Klosterneuburg (Vienna) e le indicazioni del

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