S E NA T O D EL L A R EP U B B LI C A - Senato.it
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<strong>Senato</strong> della Repubblica –73–<br />
XIII Legislatura<br />
703a SEDUTA (pomerid.) ASSEMBLEA -RESOCONTO STENOGRAFICO 3 NOVEMBRE 1999<br />
za di iniziative per agevolare nuove ab<strong>it</strong>azioni, ai figli, al loro mantenimento,<br />
alla loro educazione, istruzione e formazione.<br />
Occorrono, secondo me, interventi più incisivi e riformisti in tal<br />
senso, anche se si può parlare di un primo passo qui, in questa finanziaria,<br />
a favore della famiglia. Abbiamo l’obbligo di ev<strong>it</strong>are di diventare il<br />
paese più vecchio d’Europa – con una percentuale maggiore di anziani,<br />
intendo – scarsamente dotato della vera ricchezza propulsiva di una nazione,<br />
la capac<strong>it</strong>à e la volontà di cambiamento e di trasformazione,<br />
quindi di progresso, propria delle giovani generazioni. (Applausi dei senatori<br />
Giaretta e Ferrante. Congratulazioni).<br />
PRESIDENTE. È iscr<strong>it</strong>to a parlare il senatore Zanoletti. Ne ha<br />
facoltà.<br />
ZANOLETTI. Signora Presidente, solo alcune brevi osservazioni,<br />
data anche l’ora, in riferimento ad uno dei problemi più gravi del nostro<br />
paese, quello della mancanza di lavoro, della disoccupazione. I dati<br />
sull’argomento continuano ad esser pesantemente negativi. In assoluto, i<br />
disoccupati nel nostro paese toccano il 12 per cento, una cifra superiore<br />
alla media europea, che non lascia speranze, mentre in altri paesi (come<br />
la Finlandia), che pure provengono da una grave crisi, ci sono prospettive<br />
per ribassare decisamente di quasi 3 punti percentuali in un anno il<br />
tasso di disoccupazione. Si tratta di cifre pesanti, che non migliorano,<br />
soprattutto nelle zone del Sud, e che non lasciano speranze alle aree<br />
giovanili, perché si allunga il periodo di attesa per coloro che sono alla<br />
ricerca di un lavoro, in riferimento a tutte le età, a tutte le categorie e a<br />
ogni tipo di preparazione culturale.<br />
Un recente studio del Fondo monetario internazionale ci ha detto<br />
che in Italia per tanti anni sono stati distrutti 40.000 posti di lavoro<br />
all’anno e che da noi la s<strong>it</strong>uazione è particolarmente grave perché, ad un<br />
alto tasso di disoccupazione, si somma una capac<strong>it</strong>à minima o nulla di<br />
creare nuovi posti. Ma non può che essere così, se è vero come è vero,<br />
che l’esperienza ci dimostra che l’occupazione cresce solo con un aumento<br />
del PIL pari o superiore al 3 per cento. Da noi il PIL è da tempo<br />
sotto l’1 per cento, cioè è un terzo rispetto alla media europea e di molto<br />
inferiore alle previsioni che vengono fatte documento programmatico<br />
per documento programmatico, anno dopo anno, e sulle quali poi si basano<br />
i provvedimenti.<br />
E ancora, da noi ci sono imprese di grande tradizione che<br />
sono state acquistate da multinazionali; si tratta di produzioni famose<br />
e strategiche. Penso ai computer, che non vengono più prodotti<br />
dal nostro paese. C’è una perd<strong>it</strong>a di compet<strong>it</strong>iv<strong>it</strong>à diffusa, grave,<br />
pesante, c’è un clima di sfiducia, sicché le nostre imprese vanno<br />
ad investire all’estero, ma non solo nel Terzo mondo, bensì anche<br />
in altri paesi d’Europa. È cresciuta la povertà delle famiglie. In<br />
defin<strong>it</strong>iva, siamo da vari anni il fanalino di coda dell’Europa. Ricoprire<br />
tale ruolo significa che c’è qualcuno che sa fare meglio di noi,<br />
che altri, che pur si trovano nella nostra stessa condizione, che<br />
sono soggetti alle regole della mondializzazione dell’economia, hanno