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Senato della Repubblica –40– XIII Legislatura 703a SEDUTA (pomerid.) ASSEMBLEA -RESOCONTO STENOGRAFICO 3 NOVEMBRE 1999 chiedono sacrifici ai cittadini, ma si restituiscono risorse con le riduzioni fiscali, specie nei confronti dei redditi medio-bassi ma anche nei confronti delle imprese che reinvestono gli utili prodotti. La finanziaria per l’anno 2000, oltre ad essere un punto d’arrivo, vuole essere un punto di partenza per rilanciare le politiche per lo sviluppo e l’occupazione. La Commissione lavoro del Senato ha discusso a lungo questi aspetti; il rapporto approvato per la 5 a Commissione richiama in particolare due esigenze. In primo luogo, occorre accelerare gli interventi di reindustrializzazione e di promozione di imprese nelle zone oggetto dei contratti d’area e dei patti territoriali, anche attraverso interventi mirati all’ulteriore semplificazione delle procedure. In secondo luogo, occorre accelerare la realizzazione ed il completamento della rete infrastrutturale delle aree depresse (trasporti, comunicazioni, reti idriche), completamento indispensabile ai fini dello sviluppo di quei territori, mobilitando a tal fine capitali pubblici e privati, con particolare riferimento alla finanza di progetto. Colleghi senatori, il Mezzogiorno è oggi ad un punto cruciale: da un lato, si colgono fenomeni di dinamismo, di innovazione, di apertura all’economia globalizzata; dall’altro è però sempre incombente il rischio che il Mezzogiorno sia deprivato di risorse preziose: il risparmio, le capacità imprenditoriali, i lavoratori specializzati, i giovani qualificati costretti ad emigrare. È allora indispensabile dare piena attuazione alle cinque politiche settoriali, di cui già parla il Documento di programmazione economico-finanziaria: il miglioramento permanente del contesto economico-sociale, la promozione dello sviluppo locale, il rafforzamento della concorrenza dei mercati, la qualificazione delle politiche per il mercato del lavoro, l’ammodernamento della pubblica amministrazione. Il Mezzogiorno è, allo stesso tempo, un grande problema e una grande risorsa per l’Italia, in ragione della disponibilità di territorio, dei numerosi giovani qualificati, della proiezione verso il Mediterraneo e verso l’area balcanica da ricostruire, della presenza di interessanti distretti industriali. Per attrarre sempre nuovi investimenti interni ed esterni il Mezzogiorno deve però saper vincere la battaglia contro la criminalità organizzata, deve saper bruciare i tempi delle decisioni amministrative, deve saper fare marketing territoriale, predisporre servizi qualificati alle imprese, offrire ai giovani una speranza forte per rimanere al Sud e non emigrare. In questi anni alcuni strumenti di intervento hanno dato buona prova: cito, ad esempio, la legge n. 488 del 1992 relativa agli incentivi automatici alle imprese, cui hanno dato attuazione per la prima volta i Governi di Centro- sinistra, nonché la legge n. 181 del 1989 per la reindustrializzazione delle aree siderurgiche in crisi. Si tratta – ripeto – di strumenti validi che vanno rifinanziati e non vanno lasciati cadere. Più in generale, la battaglia per lo sviluppo e l’occupazione deve costituire la priorità dell’azione del Governo, del Parlamento e delle forze sociali.

Senato della Repubblica –41– XIII Legislatura 703a SEDUTA (pomerid.) ASSEMBLEA -RESOCONTO STENOGRAFICO 3 NOVEMBRE 1999 È certamente da rimarcare la crescita dell’occupazione di 535.000 unità, tra l’aprile del 1996 e l’aprile del 1999; si tratta di dati ISTAT e quindi non di propaganda del Governo. È un interessante segnale di inversione di tendenza. Un ulteriore impulso potrà venire nei prossimi mesi dalla crescita dell’economia per la ripresa in atto, dal rilancio degli investimenti pubblici e privati, dall’abbassamento del costo del lavoro che si comincia a realizzare e dalle riduzioni fiscali della finanziaria del 2000. Anche il riordino degli incentivi alle imprese e la riforma degli ammortizzatori sociali, su cui il Parlamento ha concesso una delega al Governo, possono contribuire ad attenuare gli aspetti assistenzialistici e favorire semmai la riqualificazione professionale di lavoratori che hanno perso il posto, ai fini di un reinserimento nel mercato del lavoro. Colleghi senatori, come è noto, settori della destra e della Confindustria sostengono, però, che un ricorso a piene mani alla flessibilità contribuirebbe alla creazione di nuovi posti di lavoro. «Flessibilità» è ormai una specie di formula magica, una parola abusata, che può essere utilizzata come involucro di contenuti profondamente diversi. La flessibilità riguarda il lavoro, ma anche il capitale, il mondo delle professioni, della ricerca scientifica e della pubblica amministrazione; insomma, c’è bisogno di flessibilità ovunque: nessuno può chiamarsi fuori e nessuno può chiedere la flessibilità per gli altri e non per se stesso. Per quanto riguarda la flessibilità del lavoro, come è noto, notevoli passi in avanti sono stati realizzati negli ultimi anni con il lavoro temporaneo, il part time, il contratto a tempo determinato, la diffusione dei contratti di formazione e lavoro, la riforma dell’apprendistato, il lavoro in coppia, le collaborazioni e le consulenze e le misure speciali previste nelle zone dei contratti d’area e dei patti territoriali. Ulteriori misure di flessibilità regolata (la parola non ci spaventa), cioè contrattata tra imprenditori e sindacati, possono certo essere varate. Ciò che non ci trova assolutamente d’accordo è la cosiddetta flessibilità in uscita, espressione pudica – colleghi senatori – per indicare la libertà di licenziamento, al di fuori dei casi previsti dallo Statuto dei lavoratori. La libertà di licenziamento non solo è lesiva dei diritti dei lavoratori, ma alla lunga finisce per danneggiare le stesse imprese. Un clima di precarietà, di stress, di incertezza sul futuro non stimola all’interno dell’azienda la motivazione necessaria per impegnarsi, per lavorare meglio, per accrescere le produttività e per reggere la concorrenza internazionale. Il primo dei diritti dei lavoratori è quello della sicurezza. Troppi infortuni, anche mortali, funestano il lavoro italiano. La percentuale degli incidenti è ancora nettamente superiore alla media europea. Occorre migliorare il funzionamento degli organi pubblici competenti, elevare la formazione degli imprenditori e dei lavoratori ed attuare pienamente il decreto legislativo n. 626 del 1994. Certamente sappiamo che specialmente le piccole e medie imprese incontrano difficoltà serie ad effettuare gli investimenti per attuare il de-

<strong>Senato</strong> della Repubblica –41–<br />

XIII Legislatura<br />

703a SEDUTA (pomerid.) ASSEMBLEA -RESOCONTO STENOGRAFICO 3 NOVEMBRE 1999<br />

È certamente da rimarcare la cresc<strong>it</strong>a dell’occupazione di 535.000<br />

un<strong>it</strong>à, tra l’aprile del 1996 e l’aprile del 1999; si tratta di dati ISTAT e<br />

quindi non di propaganda del Governo. È un interessante segnale di inversione<br />

di tendenza.<br />

Un ulteriore impulso potrà venire nei prossimi mesi dalla cresc<strong>it</strong>a<br />

dell’economia per la ripresa in atto, dal rilancio degli investimenti pubblici<br />

e privati, dall’abbassamento del costo del lavoro che si comincia a<br />

realizzare e dalle riduzioni fiscali della finanziaria del 2000.<br />

Anche il riordino degli incentivi alle imprese e la riforma degli ammortizzatori<br />

sociali, su cui il Parlamento ha concesso una delega al Governo,<br />

possono contribuire ad attenuare gli aspetti assistenzialistici e favorire<br />

semmai la riqualificazione professionale di lavoratori che hanno<br />

perso il posto, ai fini di un reinserimento nel mercato del lavoro.<br />

Colleghi senatori, come è noto, settori della destra e della Confindustria<br />

sostengono, però, che un ricorso a piene mani alla flessibil<strong>it</strong>à<br />

contribuirebbe alla creazione di nuovi posti di lavoro. «Flessibil<strong>it</strong>à» è<br />

ormai una specie di formula magica, una parola abusata, che può essere<br />

utilizzata come involucro di contenuti profondamente diversi.<br />

La flessibil<strong>it</strong>à riguarda il lavoro, ma anche il cap<strong>it</strong>ale, il mondo<br />

delle professioni, della ricerca scientifica e della pubblica amministrazione;<br />

insomma, c’è bisogno di flessibil<strong>it</strong>à ovunque: nessuno può chiamarsi<br />

fuori e nessuno può chiedere la flessibil<strong>it</strong>à per gli altri e non per<br />

se stesso.<br />

Per quanto riguarda la flessibil<strong>it</strong>à del lavoro, come è noto, notevoli<br />

passi in avanti sono stati realizzati negli ultimi anni con il lavoro temporaneo,<br />

il part time, il contratto a tempo determinato, la diffusione dei<br />

contratti di formazione e lavoro, la riforma dell’apprendistato, il lavoro<br />

in coppia, le collaborazioni e le consulenze e le misure speciali previste<br />

nelle zone dei contratti d’area e dei patti terr<strong>it</strong>oriali.<br />

Ulteriori misure di flessibil<strong>it</strong>à regolata (la parola non ci spaventa),<br />

cioè contrattata tra imprend<strong>it</strong>ori e sindacati, possono certo essere varate.<br />

Ciò che non ci trova assolutamente d’accordo è la cosiddetta flessibil<strong>it</strong>à<br />

in usc<strong>it</strong>a, espressione pudica – colleghi senatori – per indicare la libertà<br />

di licenziamento, al di fuori dei casi previsti dallo Statuto dei<br />

lavoratori.<br />

La libertà di licenziamento non solo è lesiva dei dir<strong>it</strong>ti dei lavoratori,<br />

ma alla lunga finisce per danneggiare le stesse imprese. Un clima di<br />

precarietà, di stress, di incertezza sul futuro non stimola all’interno<br />

dell’azienda la motivazione necessaria per impegnarsi, per lavorare meglio,<br />

per accrescere le produttiv<strong>it</strong>à e per reggere la concorrenza<br />

internazionale.<br />

Il primo dei dir<strong>it</strong>ti dei lavoratori è quello della sicurezza. Troppi infortuni,<br />

anche mortali, funestano il lavoro <strong>it</strong>aliano. La percentuale degli<br />

incidenti è ancora nettamente superiore alla media europea. Occorre migliorare<br />

il funzionamento degli organi pubblici competenti, elevare la<br />

formazione degli imprend<strong>it</strong>ori e dei lavoratori ed attuare pienamente il<br />

decreto legislativo n. 626 del 1994.<br />

Certamente sappiamo che specialmente le piccole e medie imprese<br />

incontrano difficoltà serie ad effettuare gli investimenti per attuare il de-

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