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31.05.2013 Views

Senato della Repubblica –10– XIII Legislatura 703a SEDUTA (pomerid.) ASSEMBLEA -RESOCONTO STENOGRAFICO 3 NOVEMBRE 1999 duale, guardarsi intorno per rendersi conto di quel che accade in casa altrui. Sarebbe sufficiente che il nostro governante praticasse questa umile e giudiziosa regola per rendersi conto che la nostra cara Italia si trova in competizione, ma in posizione oltremodo deficitaria, sui mercati internazionali e che, con un sistema produttivo poco internazionalizzato e per nulla efficiente, molto poco può sperare per l’avvenire. La cartina di tornasole di questo assunto è presto trovata nell’assenza assoluta di propensione del capitale estero a venire in Italia. Si può argomentare quanto si vuole, si può scrivere un disegno di legge così voluminoso come quello che è dato a noi oggi esaminare, ma con questa semplice constatazione vengono poste nel nulla tutte le dichiarate opinioni del Governo. La nave Italia galleggia con asta di galleggiamento, ahimè, sommersa integralmente, il che significa che uno spirar di vento, sia pur leggero, può facilmente determinare una situazione di naufragio. Ma ciò non accadrà, perché questo paese ha un popolo così laborioso che certamente andrà pure in apnea, ma saprà attendere il momento in cui dovrà riemergere, perché un Governo adeguato gli creerà le condizioni ideali per farlo. La pressione inflazionistica e l’incipiente incremento dei tassi potrebbero vanificare quel colpo di fortuna che questo Governo ha avuto nel momento in cui ha potuto appostare un costo di retribuzione del debito pubblico sensibilmente più contenuto di quanto non fosse stato possibile fare ai Governi che lo avevano preceduto. Quindi, nessuna euforia per il miglioramento dei conti pubblici, ma la fortuna per il concorso di elementi internazionali che non soltanto hanno consentito di poter torchiare questo paese, come io opportunamente ritengo di dover dire anche quest’oggi, con un’esagerata pressione fiscale, ma anche di sfruttare «lo stellone» d’Italia, che ha consentito il determinarsi di un costo di retribuzione del prestito pubblico meno esagerato. C’è stata una crescita del PIL bassa e comunque inferiore alla media europea, ma c’è stata una pressione fiscale alta, molto alta: ancor di più se si considera il tasso di indebitamento del sistema produttivo italiano. Qualche volta, infatti, chi al limite confonde anche i dati aritmetici può avere la sensazione che, in fondo, la pressione fiscale del sistema Italia sia pressoché equivalente a quella di altri paesi, ma dimentica, quando fa il parallelo con quei paesi, che colà l’indebitamento medio del sistema produttivo è sensibilmente più basso, sicché nei conti economici delle singole aziende vi è lo strato, la parte degli interessi della pressione fiscale, ma vi è anche una sezione più contenuta del costo del proprio indebitamento. Laddove in altri paesi le aziende producono reddito, qui siamo ad un livello pressoché equivalente tra costi e ricavi, e ancor di più in una situazione di maggior disagio, poiché a volte vi è un reddito civile sensibilmente diverso da quello fiscale. In questo paese, infatti, con un’invenzione che sembrerebbe appartenere ad un’epoca medievale e non anche ad una da terzo millennio o quasi, si è pensato di istituire quella maledetta imposta che colpisce l’imprenditore, e ne quantifica il reddito anche in funzione dell’indebitamento e del numero di dipendenti ovvero della capacità di occupazione, opera meritoria e meritevole ancora di più

Senato della Repubblica –11– XIII Legislatura 703a SEDUTA (pomerid.) ASSEMBLEA -RESOCONTO STENOGRAFICO 3 NOVEMBRE 1999 in questo periodo di grande disoccupazione: tutto ciò evidentemente fa sì che ci sia proprio del «capriccioso» fra il reddito che viene tassato con quest’IRAP e quello effettivo dell’azienda. Ma ciò non rappresenterebbe il massimo dell’illogicità se non fosse accaduto che con tutto questo spirito di inventiva colui che ha pensato a questa imposta abbia avuto un incidente di percorso così serio, assumendo un crollo del gettito fiscale rispetto al previsto di 9.000 miliardi. In questa finanziaria si mimetizzano questi insuccessi di ordine fiscale con politiche (o ritenute tali) di detassazione degli italiani. Ma prima ancora di parlare di ciò, mi preme ricordare il tasso di disoccupazione del Mezzogiorno e delle altre aree deboli del paese; dico «deboli» e non povere, perché costoro hanno una grande ricchezza, quella delle forze lavoro inutilizzate. Un giorno renderemo conto al paese di questa grande disattenzione, di quanto poco sia stato fatto per esaltare e utilizzare il fattore della produzione costituito dall’elemento umano. Ma nulla si fa, nulla si dice e nulla si pensa di fare in merito se non, al limite, il considerare che a momenti ci sarà la scadenza dei contratti di formazione lavoro, dei contratti a breve termine che questo Governo ha pensato di istituire per i giovani d’Italia, dando una sensazione di occupazione che altro non è se non – per l’appunto – un’apparente sensazione. Le spese correnti crescono anche con questa finanziaria; aumentano anche in costanza di un rischio pensioni per il quale non si fa nulla. Molto timido ci è apparso il tentativo di considerare l’aspetto demografico del nostro paese laddove si è pensato ad un’agevolazione fiscale (così la si considera, ma io ritengo che possa essere più esattamente denominata «elemosina fiscale») per le famiglie più numerose. Un Governo che si rispetti, che sa perfettamente che il problema della pensione è anche ed essenzialmente funzione del problema demografico del paese, se vuole essere vero governante non può non considerarlo in costanza di tale fenomeno e deve dichiarare quali sono le sue intenzioni e le sue opinioni, con riferimento a questo problema che è di breve, medio e lungo periodo. Non penso che stiamo chiedendo al Governo la lampada di Aladino, ma riteniamo di potergli chiedere perlomeno di trovare un momento per pensare a questo grande problema nella logica essenzialmente demografica del paese. La pubblica amministrazione, anziché pensare di alleggerirsi e di ammodernarsi, sa soltanto essere oggetto di attenzione del Governo, ahimè, con l’aggravio e con la dispiacenza di tutto il pubblico impiego, perseguitando le attività di lavoro autonomo, i liberi professionisti e oggi, con un provvedimento in 8 a Commissione, le agenzie automobilistiche. Come è possibile che un Governo che deve affrontare il grande problema dell’ammodernamento della macchina dello Stato non ritenga utile chiedere aiuto agli autonomi, alle categorie professionali, agli artigiani, ai commercianti, ai coltivatori diretti, a tutti coloro che la mattina si alzano e non chiedono nulla allo Stato, e pensi soltanto di sopprimere queste piccole fiaccole perché alla fine egli, Governo, deve pensare per tutto e per tutti?

<strong>Senato</strong> della Repubblica –10–<br />

XIII Legislatura<br />

703a SEDUTA (pomerid.) ASSEMBLEA -RESOCONTO STENOGRAFICO 3 NOVEMBRE 1999<br />

duale, guardarsi intorno per rendersi conto di quel che accade in casa altrui.<br />

Sarebbe sufficiente che il nostro governante praticasse questa umile<br />

e giudiziosa regola per rendersi conto che la nostra cara Italia si trova in<br />

competizione, ma in posizione oltremodo defic<strong>it</strong>aria, sui mercati internazionali<br />

e che, con un sistema produttivo poco internazionalizzato e per<br />

nulla efficiente, molto poco può sperare per l’avvenire.<br />

La cartina di tornasole di questo assunto è presto trovata nell’assenza<br />

assoluta di propensione del cap<strong>it</strong>ale estero a venire in Italia. Si<br />

può argomentare quanto si vuole, si può scrivere un disegno di legge<br />

così voluminoso come quello che è dato a noi oggi esaminare, ma con<br />

questa semplice constatazione vengono poste nel nulla tutte le dichiarate<br />

opinioni del Governo. La nave Italia galleggia con asta di galleggiamento,<br />

ahimè, sommersa integralmente, il che significa che uno spirar di<br />

vento, sia pur leggero, può facilmente determinare una s<strong>it</strong>uazione di<br />

naufragio. Ma ciò non accadrà, perché questo paese ha un popolo così<br />

laborioso che certamente andrà pure in apnea, ma saprà attendere il momento<br />

in cui dovrà riemergere, perché un Governo adeguato gli creerà<br />

le condizioni ideali per farlo.<br />

La pressione inflazionistica e l’incipiente incremento dei tassi potrebbero<br />

vanificare quel colpo di fortuna che questo Governo ha avuto<br />

nel momento in cui ha potuto appostare un costo di retribuzione del deb<strong>it</strong>o<br />

pubblico sensibilmente più contenuto di quanto non fosse stato possibile<br />

fare ai Governi che lo avevano preceduto. Quindi, nessuna euforia<br />

per il miglioramento dei conti pubblici, ma la fortuna per il concorso di<br />

elementi internazionali che non soltanto hanno consent<strong>it</strong>o di poter torchiare<br />

questo paese, come io opportunamente r<strong>it</strong>engo di dover dire anche<br />

quest’oggi, con un’esagerata pressione fiscale, ma anche di sfruttare<br />

«lo stellone» d’Italia, che ha consent<strong>it</strong>o il determinarsi di un costo di retribuzione<br />

del prest<strong>it</strong>o pubblico meno esagerato.<br />

C’è stata una cresc<strong>it</strong>a del PIL bassa e comunque inferiore alla media<br />

europea, ma c’è stata una pressione fiscale alta, molto alta: ancor di<br />

più se si considera il tasso di indeb<strong>it</strong>amento del sistema produttivo <strong>it</strong>aliano.<br />

Qualche volta, infatti, chi al lim<strong>it</strong>e confonde anche i dati ar<strong>it</strong>metici<br />

può avere la sensazione che, in fondo, la pressione fiscale del sistema<br />

Italia sia pressoché equivalente a quella di altri paesi, ma dimentica,<br />

quando fa il parallelo con quei paesi, che colà l’indeb<strong>it</strong>amento medio<br />

del sistema produttivo è sensibilmente più basso, sicché nei conti economici<br />

delle singole aziende vi è lo strato, la parte degli interessi della<br />

pressione fiscale, ma vi è anche una sezione più contenuta del costo del<br />

proprio indeb<strong>it</strong>amento.<br />

Laddove in altri paesi le aziende producono redd<strong>it</strong>o, qui siamo ad<br />

un livello pressoché equivalente tra costi e ricavi, e ancor di più in una<br />

s<strong>it</strong>uazione di maggior disagio, poiché a volte vi è un redd<strong>it</strong>o civile sensibilmente<br />

diverso da quello fiscale. In questo paese, infatti, con un’invenzione<br />

che sembrerebbe appartenere ad un’epoca medievale e non anche<br />

ad una da terzo millennio o quasi, si è pensato di ist<strong>it</strong>uire quella<br />

maledetta imposta che colpisce l’imprend<strong>it</strong>ore, e ne quantifica il redd<strong>it</strong>o<br />

anche in funzione dell’indeb<strong>it</strong>amento e del numero di dipendenti ovvero<br />

della capac<strong>it</strong>à di occupazione, opera mer<strong>it</strong>oria e mer<strong>it</strong>evole ancora di più

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