L' Angelo sulle città, in onore del figlio - Giuseppe Limone

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31.05.2013 Views

<strong>Giuseppe</strong> <strong>Limone</strong><br />

L‟ANGELO SULLE CITTÀ<br />

IN ONORE DEL FIGLIO<br />

Versione n. 60<br />

Edizioni Lepisma<br />

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PREFAZIONI<br />

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Cercando l‟<strong>Angelo</strong> che è <strong>in</strong> noi<br />

di Francesco D‟Episcopo<br />

«L‟angelo è la lacrima di Dio che brilla nell‟occhio <strong>del</strong>l‟<strong>in</strong>nocente calpestato. E di chi lo<br />

calpestò». Poche parole <strong>del</strong>lo stesso <strong>Giuseppe</strong> <strong>Limone</strong>, racchiuse <strong>in</strong> una sorta di sorprendente<br />

aforisma, per affermare con forza e fragilità la presenza di un <strong>Angelo</strong> sopra e dentro di noi; un<br />

<strong>Angelo</strong> che, come nel celebre film di Wenders, protegge e sovrasta una <strong>città</strong> come Berl<strong>in</strong>o ma che,<br />

allo stesso tempo, fa risuonare la sua tromba di giustizia e di saggezza su tutte le <strong>città</strong> <strong>del</strong> mondo,<br />

perché divent<strong>in</strong>o, come predicava Sant‟Agost<strong>in</strong>o, un‟unica <strong>città</strong> di Dio e <strong>del</strong>l‟uomo.<br />

Un universo <strong>in</strong>f<strong>in</strong>ito, <strong>in</strong>edito e imprevisto, si raccoglie dentro di noi; una entità metafisica e<br />

realissima, che non è dato osservare con gli occhi, bensì con quello sguardo <strong>in</strong>teriore, il solo che<br />

riesce a perforare il mistero e a togliere il velo che copre la realtà, regalandole una falsa apparenza.<br />

Per poter conoscere le profondità <strong>del</strong>l‟essere bisogna ascendere alle sublimità <strong>del</strong> cielo, luogo<br />

dove l‟<strong>Angelo</strong> ha edificato la sua <strong>in</strong>crollabile dimora, <strong>in</strong>vitando a una salita, necessaria per cogliere<br />

la sostanza <strong>del</strong>le cose.<br />

Il viaggio, che ricorda molto da vic<strong>in</strong>o altri viaggi poetici, quelli di Omero, Virgilio, Dante, porta<br />

con sé i segni evidenti di una maturità culturale, ma soprattutto emotiva, scontata contro gli scogli<br />

<strong>del</strong>la vita. Si vuole pr<strong>in</strong>cipalmente dire che <strong>in</strong> questo lungo attraversamento <strong>del</strong> mondo nulla è falso<br />

o fatuo ma tutto è vero e sostanziale. Ecco perché la parola scaturisce, come fiore, dalla vertig<strong>in</strong>e di<br />

un essere che con esso dialoga amorosamente, come luce e speranza di un dest<strong>in</strong>o di bellezza e<br />

felicità, da restituire all‟uomo oltre le deserte rov<strong>in</strong>e di un tempo apocalitticamente avverso, come<br />

predicava Eliot.<br />

Si scopre così che, paradossalmente, la s<strong>in</strong>tesi sorge dalle ant<strong>in</strong>omie e che un ulteriore miracolo<br />

<strong>del</strong>la poesia è quello di rendere queste ultime s<strong>in</strong>estesie di una natura unitaria, <strong>in</strong> cui tutto è<br />

richiamato ad una orig<strong>in</strong>e, ad un ord<strong>in</strong>e soprannaturale, si direbbe meglio nello specifico, “stellare”,<br />

<strong>in</strong> cui i ricordi giocano un ruolo fondamentale, perché consentono di ricucire le cesure <strong>del</strong> tempo, <strong>in</strong><br />

una visione “millenaria”, che sfida lo spazio e il tempo stesso, trasformando la vita <strong>in</strong> sostanza di<br />

sogno senza f<strong>in</strong>e.<br />

Dentro questo caleidoscopio visionario tutto è possibile e la realtà, il suo residuo sul fondo <strong>del</strong>la<br />

bottiglia, che resta la vita, stenta a risolversi <strong>in</strong> chiarezza trasparente. Si può, anzi, affermare che il<br />

corpo a corpo che il poeta <strong>in</strong>staura con essa è di natura profondamente filosofica e metafisica, ma<br />

non per questo egli mai si perde <strong>in</strong> un discorso teoretico, di cui è sicuro padrone, preferendo mettere<br />

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<strong>in</strong> gioco ogni certezza, o presunta tale, <strong>in</strong> nome di una r<strong>in</strong>novata visione <strong>del</strong>l‟universo, che alla<br />

poesia si affida come bellezza e salvezza.<br />

Egli avverte, più che mai attuale, il rapporto ancestrale che lega il vissuto al suo contrario, nella<br />

potenzialità di un respiro, capace di congiungere essere e non essere, perché è proprio quest‟ultimo,<br />

più <strong>del</strong> primo, scontato e già visto, a reclamare una presenza sempre possibile.<br />

Poesia umilmente sapienziale è quella di <strong>Limone</strong>, che tocca vertici accoratamente umani, anzi<br />

umanissimi, quando si dispone <strong>in</strong> ascolto d‟amore e <strong>in</strong>voca vite giuste, vere, vissute f<strong>in</strong>o <strong>in</strong> fondo,<br />

alle persone che più gli stanno a cuore. Allo stesso modo, tocca vertici vituperativi, quando si<br />

scaglia contro tutto ciò che di vacuo e violento la presunta civiltà ha creato, violando i limiti <strong>del</strong>la<br />

sua umanità e sprofondando <strong>in</strong> abissi, dai quali appare davvero difficile risalire.<br />

Accanto a un presente storicamente esaustivo, che allarga e restr<strong>in</strong>ge il proprio spettro, segnato<br />

dai temi e dalle circostanze, c‟è un calcolato caso, che possiede il poeta e lo protrae <strong>in</strong> una sorta di<br />

penisola di parole, ed è il vocativo, <strong>in</strong>sistente, <strong>in</strong>sistito, nella voglia di esserci, di comunicare la<br />

propria ansia, la propria pena verso chi vuole salvare dal dolore e dalla dispersione.<br />

Diversi e sorprendenti risultano allora gli approcci ai grandi temi di un tempo nostro e di altri,<br />

anche se l‟approdo resta sostanzialmente, ma anche formalmente, il medesimo: un sogno di<br />

comunione e d‟amore, <strong>in</strong> cui placare <strong>in</strong>quietud<strong>in</strong>i e <strong>in</strong>certezze per dare una dritta sicura a quel<br />

viaggio, a cui ogni uomo è chiamato, con il suo carico di imprevisto.<br />

Obama, Eluana, il terremoto <strong>del</strong>l‟Aquila, sono solo alcuni esempi concreti di un impegno<br />

esistenziale, che non può escludersi, come proclamava Quasimodo, da ciò che più co<strong>in</strong>volge e<br />

determ<strong>in</strong>a un comune dest<strong>in</strong>o.<br />

Da questo forte sentimento di comunità nasce, <strong>del</strong> resto, l‟ardente e consapevole attenzione <strong>del</strong><br />

poeta nei confronti <strong>del</strong>la <strong>città</strong>, <strong>in</strong>tesa come luogo emblematico di condivisione di una esperienza che<br />

dovrebbe aiutare l‟uomo non a perdersi, come spesso accade, ma a ritrovarsi <strong>in</strong> una orig<strong>in</strong>aria<br />

architettura <strong>del</strong>l‟anima, che gli restituisca tutta la congenita compattezza <strong>del</strong> suo vivere, e non<br />

sopravvivere. Tutto rischia di divenire più disumano e più brutto e ciò che si salva appare talvolta<br />

un‟isola, circondata da mostri, divoratori di ogni armonia. Dovremo, f<strong>in</strong>o a quando, tollerare questo<br />

scempio <strong>del</strong>la nostra natura più autentica e assoluta <strong>in</strong> nome di un relativo sviante e dom<strong>in</strong>ato da un<br />

egoismo sfrenato? E come, quando, quanto la poesia potrà aiutare a restituirci ciò che ci viene ogni<br />

giorno tolto con il sotterfugio e con l‟<strong>in</strong>ganno più evidente? Sono domande, dest<strong>in</strong>ate, come<br />

sempre, a rimanere senza risposte ma forse la poesia c‟è anche per questo: per ricordare al mondo di<br />

esistere, senza aspettarsi consuntivi o risposte def<strong>in</strong>itive.<br />

Essa resta, nella sua sostanza più profonda, una forma d‟amore, che prova a dare, senza chiedere<br />

nulla <strong>in</strong> cambio. E alta poesia d‟amore è quella che <strong>Limone</strong> compone per chi più <strong>in</strong>timamente e<br />

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<strong>in</strong>tensamente sollecita, meridionalmente, mediterraneamente, i suoi sensi e sentimenti, <strong>in</strong> una<br />

congiunzione di sangue e di vita tutta <strong>in</strong>tera. In queste occasioni, davvero il poeta tocca le fibre più<br />

vibranti di un mistero, che la vita ci regala e che solo l‟esperienza diretta, personale, conferma e<br />

suggella senza scampo. I frammenti <strong>del</strong> reale, alla f<strong>in</strong>e, si disperdono e ricompongono <strong>in</strong> una<br />

visione d‟<strong>in</strong>sieme, avida e ardente, che si aggrappa disperatamente ad ogni elemento per<br />

raggiungere un sogno, per riconquistare una possibile utopia. La stessa parola, generalmente<br />

distesa, si raggruma <strong>in</strong> una tensione emotiva palese, che non ha più bisogno di appellarsi ad<br />

archetipi genetici, perché l‟unico referente possibile, nella fitta selva di simboli che scandiscono<br />

l‟alterno canzoniere, è il seme, che è fiorito e si è fatto uomo e, come tale, <strong>in</strong>voca tutta la forza di un<br />

amore, capace di fargli sentire l‟onda lunga <strong>del</strong> tempo, che unisce le generazioni e le consegna a un<br />

futuro, carico di speranza e di meraviglia.<br />

Amore per anime e corpi da condividere, che si segnala semanticamente come amore <strong>del</strong>la vita di<br />

tutti, soprattutto di quelli che soffrono la propria debolezza e fragilità. Sono questi i veri compagni<br />

di viaggio e d‟avventura, ai quali ogni poeta che si rispetti dedica il proprio peana di condivisione e<br />

di lotta comune. Quale sarà il futuro? Ancora una domanda, alla quale la poesia non può e non sa<br />

dare una risposta. L‟importante, per il momento, è garantire una navigazione possibile a un novello<br />

Ulisside, felice di provare l‟ebbrezza <strong>del</strong>le parole e di riassaporare la sostanza dei sogni.<br />

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Per un approccio al viaggio<br />

di Eugenio Nastasi<br />

In un <strong>in</strong>tersecarsi di piani narrativi, cont<strong>in</strong>uo e progressivo, seguendo il filo (“Ne tengo ancora<br />

un capo”, scriveva Montale, <strong>in</strong> “La casa dei doganieri”) che si rigenera autonomamente, se diamo<br />

conto all‟Autore ped<strong>in</strong>andolo nella sua scrittura, “ L‟<strong>Angelo</strong>” di <strong>Giuseppe</strong> <strong>Limone</strong> può costituire,<br />

ab <strong>in</strong>itio, un esempio di consistente levatura di “libro aperto” o di “struttura aperta” come altra volta<br />

suggeriva un testo di Umberto Eco.<br />

Se è vero che la complessità è tipica dei sistemi evoluti, come lo è degli organismi viventi<br />

superiori, di cui esempio paradigmatico per eccellenza è l‟uomo, la straord<strong>in</strong>aria architettura di<br />

quest‟opera <strong>in</strong>vita a <strong>in</strong>terrogarsi <strong>sulle</strong> ragioni <strong>del</strong> possibile e <strong>sulle</strong> <strong>in</strong>f<strong>in</strong>ite possibilità <strong>del</strong>la ragione.<br />

Già nel « Viatico per chi legge e per chi scrive» (una sorta di effemeride alla Melville),<br />

l‟opportunità di confrontarsi con la precisione <strong>del</strong> l<strong>in</strong>guaggio che sottende codici semantici multipli,<br />

perché diversa e senza equivoci è la rotta <strong>del</strong> viaggio <strong>in</strong>trapreso, ci colloca a ridosso <strong>del</strong>le s<strong>in</strong>apsi<br />

<strong>del</strong>l‟evoluzione <strong>del</strong> pensiero pensante che, mentre chiede alla filosofia di farsi samaritana di<br />

fecondità e precisione, si ripaga sul fronte poetico, levandosi a potenza superna, con semi e<br />

germogli di complessità.<br />

E se non bastasse questa anticamera di argomentazioni fittissime, protette come sono dal rigore<br />

<strong>del</strong>le asserzioni di pregnanza gnomica, la “Mappa di navigazione” riposiziona e r<strong>in</strong>forza le dritte <strong>del</strong><br />

viaggio con citazioni ora prese <strong>in</strong> prestito da autori disparati ora confezionate <strong>in</strong> proprio ad usum<br />

libri ora spillate nella cornice loro propria di eserghi che, come orli di una tovaglia di f<strong>in</strong>e bisso,<br />

esalta per splendore di forme e temi e per varietà di cesellatura, le stoviglie necessarie al convivio.<br />

Onestamente ci sarebbe da perdersi <strong>in</strong> tanta trama di <strong>in</strong>dicazioni che, agendo da pulsante, aprono<br />

con fasci di luce di fuga <strong>in</strong> fuga, di stanza <strong>in</strong> stanza, nuovi repertori dei modi che la poesia utilizza<br />

per tastare dubbi e certezze <strong>del</strong>la mente e prefigurarsi oasi di passaggio ovvero attestarsi come<br />

sequenza di attimi decisionali. Todorov, Sp<strong>in</strong>oza, Montale, Leopardi, Eliot, Benjam<strong>in</strong> chiamati a<br />

suggellare l‟<strong>in</strong>terazione <strong>del</strong>le coord<strong>in</strong>ate, ma l‟esplorazione <strong>del</strong>la memoria personale e il rigore di<br />

taluni significati riscritti da <strong>Limone</strong> (basterebbero gli enunciati degli eserghi 14 o 17 o il 22 e il 27)<br />

riscuotono un consenso da laboratorio poetico <strong>in</strong> quanto adesione a un work <strong>in</strong> progress che prova<br />

ad <strong>in</strong>frangere il possibile-impossibile Altro mediante l‟importanza data ai sentimenti e gli attriti<br />

suggeriti dalle emozioni. <strong>Giuseppe</strong> <strong>Limone</strong> impegna <strong>in</strong> questa scrittura tutto il suo stratificato<br />

sapere filosofico, ben conscio che “ogni filosofia”, come scrive Wittgenste<strong>in</strong>, “ è critica <strong>del</strong><br />

l<strong>in</strong>guaggio”, perché proprio l‟uso “spregiudicato” <strong>del</strong> codice l<strong>in</strong>guistico ribalta certezze scientifiche<br />

e “l<strong>in</strong>guaggi di precisione” dacchè la maniera poetica <strong>del</strong> Nostro dardeggia ogni altra forma artistica<br />

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icorrendo, magari, al sentimento <strong>del</strong>la pietà, perché “solo se si capisce la pietà, si è al varco<br />

possibile di Dio”, (15° esergo).<br />

OOOOOOOOOOOO<br />

In un crescendo di trentatré componimenti di varia lunghezza, a mutabile eppure concentrica<br />

tematica, con versi di lunghezza disparata, con uno sviluppo sorretto da un <strong>in</strong>tr<strong>in</strong>seco e <strong>in</strong>evitabile<br />

affilarsi di metafore, un ricomporre gli elementi e tentare un varco a una possibile catarsi per un<br />

futuro che trova nell‟ansia <strong>del</strong>l‟anima e <strong>del</strong> tempo la ragione che sottende e esalta questo esplodere<br />

di versi, <strong>Giuseppe</strong> <strong>Limone</strong> scompone e ricompone il suo e nostro mondo etico-familiare dando<br />

prova <strong>del</strong>la sua <strong>in</strong>tonsa s<strong>in</strong>cerità e <strong>del</strong>la sua <strong>in</strong>nocenza, nulla concedendo a questo nostro tempo di<br />

compromessi e ripieghi. Gravita dentro i versi un‟aderenza di sangue e di ist<strong>in</strong>to, propri di un poeta<br />

che è anche filosofo, perché le idee dissem<strong>in</strong>ate si trasformano di pag<strong>in</strong>a <strong>in</strong> pag<strong>in</strong>a <strong>in</strong> colpi di<br />

martello per sbozzare la fantastica facciata di una cattedrale che racconta nel marmo <strong>del</strong>la<br />

temporalità i segni vivi e verticali <strong>del</strong>l‟esistere e <strong>del</strong> con-sistere. Lo fa con gli accenti “favolosi” e<br />

“morali” di quell‟ascendenza partenopea che non si smarca mai, non si discosta mai dalla figura<br />

umana, consapevole <strong>del</strong> periclitare <strong>del</strong>l‟uomo nella selva <strong>del</strong>la vita, <strong>in</strong> uno sguardo che ne scopre le<br />

radici <strong>in</strong>f<strong>in</strong>ite e con l‟anima certa che l‟orig<strong>in</strong>e <strong>del</strong> mondo e il dest<strong>in</strong>o degli uom<strong>in</strong>i è dentro a quel<br />

colore di selva e di <strong>in</strong>f<strong>in</strong>ità di radici.<br />

Utilizzando una scansione <strong>in</strong> tre grandi temi a valenza biblica “Anabasi”, “La sosta <strong>in</strong> alto” e<br />

“Catabasi” e mescidando, nello scandirsi <strong>del</strong> verso nella poesia e <strong>del</strong>la parola nel verso, espressioni<br />

e qualità di immag<strong>in</strong>i “..mi svegli/una sp<strong>in</strong>a difficile, /un‟angoscia colpevole nel cuore, me<br />

l‟avviti/nel sangue/come un rimorso retrattile/come un‟avara pietà…” , <strong>Giuseppe</strong> <strong>Limone</strong> subito<br />

decl<strong>in</strong>a l‟antico e sacro senso <strong>del</strong>la poesia, esponendola al sole come storia <strong>del</strong>l‟anima umana. E<br />

qu<strong>in</strong>di irrompe <strong>in</strong> una vicenda d‟animi e di memorie che hanno nella sentenziosità non la pretesa <strong>del</strong><br />

giudizio tout court, ma una forma dubitativa, scandita dall‟avverbio “forse” ( che troveremo ancora,<br />

lungo il “poema”, come talismano di apertura a un credito che è assiomatico nell‟enunciazione ma<br />

trasgredito e sospeso nel farsi <strong>del</strong>l‟esistenza degli uom<strong>in</strong>i) che cerca, <strong>in</strong> una l<strong>in</strong>earità di assunti e di<br />

algebrici <strong>in</strong>castri, di illimpidire con puntuale ricorso al mare, quanto meno il pudore <strong>del</strong> poeta: “<br />

…Forse perché/è un liquido poeta/che si gioca <strong>in</strong> più forme/<strong>in</strong> <strong>in</strong>f<strong>in</strong>ite/premure/da un cavo<br />

d‟esperienza millenaria, /poi che fu/per millenni/palombaro d‟esistere/mozzo/furtivo/nella stiva<br />

<strong>del</strong>l‟essere/f<strong>in</strong> quando/decise di svanire/per abitar coralli/ sui fondali”.<br />

Quel che lega il lettore al testo sono i rimandi <strong>in</strong>sistiti a riflessioni di non immediata udienza, a<br />

concetti derivati da un orientamento, che lo stesso Autore aveva esternato altrove, lungo l‟ellissi <strong>del</strong><br />

“vissuto precomprendere il tempo” <strong>in</strong>teso anche come pregiudiziale “<strong>in</strong>contro” di età “diverse e<br />

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are” f<strong>in</strong>o al “…noi capimmo/che fummo nulla più che/cicatrici/d‟altre vite non nate,/a cui fu<br />

perdonato il non esistere/come una colpa da espiare/abitando fra noi ”. E sempre nella stessa<br />

sezione “Dentro il tempo <strong>del</strong> sole” da cui sono stati tratti i versi f<strong>in</strong> qui citati, si ricapitolano le<br />

<strong>in</strong>f<strong>in</strong>ite complicità <strong>del</strong>l‟essere e <strong>del</strong> dover essere con esempi di spiritualità (pare di sentire l‟eco<br />

naturalista <strong>del</strong>la Dick<strong>in</strong>son) e di richiami scientifici e anche civili o topici che gli fa dire: “…ma il<br />

tempo,/forse ripescherà/navigando <strong>in</strong> avanti sul gran mare/<strong>del</strong>l‟essere/il luogo che lasciammo,/ci<br />

saprà/ritrovare il futuro nel passato”.<br />

La coscienza <strong>del</strong>la verità, l‟emblema che con maggior presa viene <strong>in</strong>dicato <strong>in</strong> questa parte <strong>del</strong>la<br />

raccolta, probabilmente tra le più <strong>in</strong>cisive per struttura tematica e per empito poetico, è difficile da<br />

coniugare con la realtà esistenziale che sovente pulsa contro, per cui pare un azzardo ontologico<br />

reagire con la spirituale esigenza <strong>del</strong>la parola e <strong>del</strong> giudizio. Né si può passare oltre la poesia<br />

“Uom<strong>in</strong>i” che denuncia l‟assenza di quel bene comune che è il diritto alla vita, il suo valore e la sua<br />

dignità e dove il conteggio utilitaristico sembra la via percorribile senza alternativa morale: “…voi,<br />

/ che perdonaste all‟esistere di Dio/ cancellandolo, per mostrarci chi siamo,/voi/ che avete portato al<br />

Banco dei pegni il futuro/ e i bamb<strong>in</strong>i/ <strong>in</strong> cambio <strong>del</strong> presente/ e immolato i vostri medesimi figli<br />

sull‟altare dei padri,/adorando lo sterco <strong>del</strong>la fame/d‟oro/e rubandoci ai dadi la speranza/con la<br />

roulette russa d‟una morte/democratica, per tutti…”. A fare da sponda soccorrono occasioni funeste:<br />

“Chernobyl” (…<strong>in</strong>censo atomico/all‟uomo <strong>del</strong> Duemila) o esaltanti nella forma <strong>del</strong>la speranza<br />

“Barack Obama”: (…Tu ora forse ci <strong>in</strong>segni/senza saperlo/che l‟<strong>in</strong>credibile è il fondamento <strong>del</strong>la<br />

fede) attraverso cui <strong>Giuseppe</strong> <strong>Limone</strong>, <strong>in</strong> presa di contatto concreta col suo tempo e con la sua<br />

natura epistemologica, dà prova di saper <strong>in</strong>terpretare una moralità attiva e risolverla <strong>in</strong> poesia.<br />

Il frangente tra esigenze spirituali, natura, sollecitazioni etiche, rammemorazioni <strong>in</strong>time e private<br />

è estremo, tutto o quasi tutto il libro, dando conto di s<strong>in</strong>cerità, <strong>in</strong>cl<strong>in</strong>a nella sostanza verso una<br />

<strong>in</strong>trepida certezza che è la profonda fiducia nella parola <strong>del</strong>la poesia. Le sezioni che seguono si<br />

organizzano costantemente <strong>in</strong>torno a certe l<strong>in</strong>ee di resistenza che <strong>in</strong> parte sono state già esperite,<br />

l<strong>in</strong>ee di <strong>in</strong>timità religiosa esigente e <strong>in</strong>sieme di validità letteraria di eguale serietà, altre che<br />

ricalcano speranze di perfezione e di salvezza ma anche virtù di studioso e di <strong>in</strong>terprete di elevati<br />

esempi: come non sentire giungere quell‟«Agisci <strong>in</strong> modo che la massima <strong>del</strong>la tua volontà possa<br />

valere sempre, al tempo stesso, come pr<strong>in</strong>cipio di una legislazione universale» di formulazione<br />

kantiana?<br />

Profonda fiducia nella parola poetica, si scriveva, che trova <strong>in</strong> “Vento che qui passa” elementi<br />

legati a un discorso senza soluzione di cont<strong>in</strong>uità con l‟<strong>in</strong>terna ansietà che muove e rimuove la<br />

sostanza lirica e lega o preannuncia, nel ricorso a temi di privata esperienza, argomenti correlati con<br />

quanto già espresso ma capaci di ulteriore scavo, di più <strong>in</strong>cisiva def<strong>in</strong>izione: “Le orme/ che<br />

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lasciamo nelle cose sono/i visi dei ricordi:/una <strong>città</strong> le custodisce/<strong>in</strong> una mappa di memorie e le<br />

tiene/celate a chi perse/l‟identità d‟esser vivo, ma le offre/a braccia aperte all‟angelo/possibile che<br />

viene/a raccoglierle, a salvarle/come stracci di cuore”. In questi versi stilisticamente <strong>in</strong> grado di<br />

tastare la maestà <strong>del</strong> dire poetico di <strong>Limone</strong>, sono contenuti gli sviluppi <strong>del</strong>le sezioni che seguono:<br />

memoria s‟è già detto, la <strong>città</strong>, l‟angelo. C‟è anche l‟ombra di Montale col suo “filo” che nel Nostro<br />

è di “rosari”, ma mi piace accostare la sosta sull‟ “attimo fuggente” che permea i suoi versi a un<br />

passo <strong>del</strong> romanzo “Il Vangelo secondo Gesù Cristo” di Saramago che sperimenta, parlando di<br />

Gesù che va a <strong>in</strong>contrare i dottori <strong>del</strong>la s<strong>in</strong>agoga, la medesima mobilità <strong>del</strong>l‟ istante che vorremmo<br />

fermare: “Non è possibile, si è già mosso, l‟istante è arrivato ed è passato, il tempo ci porta f<strong>in</strong> dove<br />

s‟<strong>in</strong>venta una memoria, era così oppure no, è tutto come noi diremo che è stato” molto vic<strong>in</strong>o al<br />

f<strong>in</strong>ale <strong>del</strong> testo menzionato: “ …perché il silenzio degli anni contumaci/non sia passato <strong>in</strong>vano”.<br />

Il colloquio che <strong>Limone</strong> ha <strong>in</strong>staurato col lettore s‟impenna nella parte di mezzo, “Durò troppo<br />

poco” e l‟accento raddoppia il battere <strong>del</strong> maglio, s‟avverte il cadenzato timbro <strong>del</strong> verso e il<br />

rum<strong>in</strong>are temi e tempi frammisti, epoche e personaggi <strong>del</strong>l‟antichità romana e greca con la temperie<br />

scientifica <strong>del</strong>la nostra età contemporanea e il canto cresce lentamente <strong>sulle</strong> sue enunciazioni,<br />

s‟avvolge a spirale e cerca di distendersi verso un‟armonia <strong>in</strong>travista ma di breve durata: “Durò<br />

troppo poco la luna, ora che sappiamo/che la fame di storia/fece macerie di visi, ora che ogni<br />

viso/attende il suo angelo/che torna/ad ali aperte/nell‟immortale possibile che salva”.<br />

Ed ecco Catàbasi che già nell‟esergo preannuncia l‟<strong>in</strong>versione di rotta senza però accusare<br />

smagliature di consistenza e tenuta <strong>del</strong> tono: …Nell‟ora nona <strong>del</strong>l‟anima/un angelo improvviso mi<br />

soccorse/piano, generando il matt<strong>in</strong>o:/E com<strong>in</strong>ciammo la discesa al mare…, con i suoi sedici pezzi,<br />

quasi un‟opera a sé, con un attacco, “Due <strong>in</strong>f<strong>in</strong>iti” <strong>in</strong> grado di fondere geometria <strong>del</strong>le variabili e<br />

metafisica <strong>in</strong> “quell‟unico (punto) che/nessun <strong>in</strong>f<strong>in</strong>ito contiene”. Più che di poesie nuove, stricto<br />

sensu, queste liriche vogliono essere l‟<strong>in</strong>dice e l‟abbozzo di una serie di motivi essenziali, sul piano<br />

cosmico e spirituale, <strong>del</strong>la poesia etico-civile di <strong>Limone</strong>. Il titolo, già di suo, richiama la rotta<br />

ellittica <strong>del</strong> poema ed evoca, attraverso occasioni (“Eluana”, “L‟Aquila”, “Cadore”, “Lisbona”) o<br />

motivi personali (“Dentro i tuoi occhi”, “Da tempo ti devo”, “In sala <strong>in</strong>tensiva” e altri) o grandi<br />

temi come “L‟ora <strong>del</strong>le <strong>città</strong>” e “L‟<strong>Angelo</strong> <strong>sulle</strong> <strong>città</strong>”, fecondità e precisione citati prima per un<br />

“colloquio <strong>in</strong>f<strong>in</strong>ito” questa volta, a simbolo di una freschezza, di una “giov<strong>in</strong>ezza” che, per essere<br />

<strong>del</strong>l‟anima, non conoscerà il buio <strong>del</strong>la notte. Un simbolo che è, propriamente, una s<strong>in</strong>tesi e un<br />

rilancio <strong>del</strong>le problematiche affrontate: <strong>in</strong>fatti alla def<strong>in</strong>izione degli assi portanti <strong>del</strong> repertorio<br />

poetico e filosofico di <strong>Limone</strong> si giunge attraverso l‟evocazione o la memoria di immag<strong>in</strong>i terrene,<br />

di meditazioni filosofiche, di <strong>in</strong>contri vissuti, sperimentati, misurati, magari senza volto e senza<br />

nome (a parte alcuni) scorporati, come sempre d‟altronde sono le figure, le cose, gli oggetti, perché<br />

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non appartenuti o non tarati nella loro consistenza morale (quante volte ricorre la parola “<strong>onore</strong>”<br />

come archetipo di una verità perduta). Da qui il richiamo perentorio al concetto di persona come<br />

modulo <strong>in</strong>terpretativo <strong>del</strong> dato esistenziale umano, alla “<strong>città</strong>” nello straord<strong>in</strong>ario canto che nasce<br />

proprio nelle vicende storiche e nel propagarsi <strong>del</strong>le civiltà: “Videro la persona/a fondamento e a<br />

vertice <strong>del</strong> mondo/i padri <strong>del</strong>la patria/nostra./Che cos‟è la persona?/È il tuo volto/unico/ il tuo<br />

vissuto che nessuno/può sostituire…”. Si dovrebbe cont<strong>in</strong>uare la citazione e riscriverne tante altre,<br />

per la purezza e la terribile facilità con cui sgorgano i versi attorno ad argomenti vasti e profondi, e<br />

farli propri, assorbirli, assimilarli, se non abbiamo abdicato, ormai, alle strutture portanti e la<br />

sostanza <strong>del</strong>la vita a mero mercimonio.<br />

Devo str<strong>in</strong>gere la pag<strong>in</strong>a (so di non aver portato alla luce tutti i reperti aurei <strong>del</strong> lavoro<br />

<strong>del</strong>l‟Autore) e suggerire comunque che la lettura impegnativa di questo libro ripaga con la pienezza<br />

dei concetti e con la bellezza <strong>del</strong>la forma metrica breve e rapida. Prima, però, bisognerà legarsi alla<br />

poesia d‟apertura, “Ad <strong>Angelo</strong> <strong>Giuseppe</strong>”, davvero un‟effemeride lanciata come messaggio <strong>in</strong><br />

bottiglia, propulsiva modulazione verbale <strong>del</strong>la volontà <strong>del</strong>l‟Autore di fare poesia <strong>del</strong>l‟essere, di<br />

cogliere, <strong>in</strong>somma, ogni vibrazione <strong>del</strong>la vita, per la luce che dona e per l‟amore che comunque<br />

permane: “Ho due peccati/abbarbicati alla mia luna/ e dimentico il terzo:/questo arreso vizio/di<br />

sentirli <strong>in</strong>evitabili e questa/strana miseria <strong>del</strong> chiamarli amore”.<br />

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IN LIMINE: PER LA GRAMMATICA DI UN VIAGGIO<br />

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A) INTENZIONI DI VIAGGIO:<br />

A Carmen, mia stella guida e mio sole.<br />

Ad <strong>Angelo</strong> e a Fenicia, nostri steli di cometa.<br />

A mio fratello Orlando, compagno di strada alp<strong>in</strong>a.<br />

Ai miei nipoti <strong>Angelo</strong> e Raffaella,<br />

miei semi di limoni e di rose.<br />

Ai miei amici, molti dei quali sono angeli. Altri, geni fatati. Altri, folletti. 1<br />

A tutti quelli che nel mondo ebbero <strong>in</strong>vano necessità d'amore<br />

e non furono né visti né uditi,<br />

restando senza volto e senza voce.<br />

A tutti quelli che aprono il mondo alla speranza.<br />

Al monte <strong>del</strong> Carmelo, da cui ricevetti la mia stella.<br />

1 R<strong>in</strong>grazio Carmela Bianco per la cura affettuosamente prestata nella stesura di questo libro.<br />

Agli angeli, che sono la nostra forza<br />

abissale,<br />

aprono un varco<br />

e ci risollevano <strong>in</strong> piedi,<br />

rompendo con la grazia la necessità.<br />

16


B) VIATICO PER CHI LEGGE E PER CHI SCRIVE:<br />

1. Le stelle sono molte, ma la volta celeste è una sola. È necessario<br />

saper non fermarsi ai s<strong>in</strong>goli passi, quando costituiscono un unico viaggio.<br />

2. La poesia ha una sua musica. Essa ha un suo ritmo: l‟andata a capo <strong>del</strong> verso dice la pausa<br />

breve; l‟andata a capo „a scal<strong>in</strong>o‟ dice la pausa semibreve. Si esprime così, <strong>in</strong> forme dislocate, ciò<br />

che era la cesura nella metrica classica degli antichi. La poesia ha una sua melodia: la l<strong>in</strong>ea <strong>del</strong>le<br />

parole <strong>in</strong> sequenza istituisce un filo di suoni significanti. La poesia ha una sua armonia: i suoni<br />

significanti ne attraggono altri, contemporanei per „memoria <strong>in</strong>volontaria‟, <strong>in</strong> un possibile disegno<br />

gravitazionale di „buona forma‟ per simpatia. La poesia ha una sua scultura. Essa, scavando nelle<br />

parole, ne estrae vissuti di cose. La poesia ha una sua pittura. Essa, accostando parole, trova nel<br />

loro <strong>in</strong>sieme un segreto ordito di l<strong>in</strong>ee e di colori che lo sottende. La poesia ha una sua architettura.<br />

Essa, nel manifestarsi, cela ed esprime la matrice generativa che segretamente nel suo seno si<br />

sviluppa. Essa, disponendo parole, può farne ipertesti che <strong>in</strong>dividuano altri piani testuali,<br />

contemporanei e <strong>in</strong> filigrana. La poesia ha una sua danza. Essa, realizzando parole, esprime<br />

movimenti che <strong>in</strong>ventano nuove cartografie spaziali, come nell‟<strong>in</strong>tuizione di Chatw<strong>in</strong>. La poesia ha<br />

una sua simbolica. Essa ricorda alla matematica la sua fantasia e alla fantasia la sua matematica,<br />

<strong>in</strong>dividuando <strong>in</strong> entrambe il fondamento di una comune matrice, di un „orig<strong>in</strong>ario permanente‟ <strong>in</strong><br />

cui alcuni vedono il sacro. Essa disocculta così la segreta via lattea che percorre sottotraccia<br />

l‟universo.<br />

3. I filosofi possono <strong>in</strong>segnare ai poeti che, nelle frasi, la fecondità e la precisione sono valori<br />

<strong>in</strong>versi fra loro, qualche volta anche contrari (se si cresce <strong>in</strong> precisione, si perde <strong>in</strong> fecondità e<br />

viceversa). I poeti possono <strong>in</strong>segnare ai filosofi che la fecondità e la precisione non costituiscono<br />

necessariamente un‟alternativa, perché possono istituire <strong>in</strong>vece, a una potenza seconda, una<br />

superiore unità complessa 2 .<br />

4. Un poemetto, come un aquilone, ha due assi.<br />

Un asse verticale, che congiunge i suoi s<strong>in</strong>goli passi ai s<strong>in</strong>goli<br />

eventi <strong>del</strong>la vita, che lo guidano dal basso, e un asse orizzontale, che lega quei s<strong>in</strong>goli passi fra<br />

loro <strong>in</strong> un‟unica avventura <strong>del</strong> vissuto, guidata dal vento. Vento di cui fanno parte anche i tuoi<br />

occhi, lettore.<br />

5. Un libro è la sua matrice: il sistema di equazioni <strong>in</strong>sito nel suo nucleo generatore. Il<br />

suo viaggio ne è lo sviluppo. O uno dei possibili sviluppi.<br />

6. Nella tappa f<strong>in</strong>ale d‟un viaggio può scoprirsi un caleidoscopio<br />

di tutti gli eventi che l‟ hanno preceduta.<br />

7. In etimologia veritas.<br />

8. La felicità di cui oggi si parla è sentimento effimero, schiacciato sul presente, sterile e senza<br />

viaggio. Il vero volto <strong>del</strong>la felicità è <strong>in</strong>ciso nella radice «fe» che connota la sua parola: è<br />

la fecondità. Il mito <strong>del</strong>la felicità rende <strong>in</strong>felici; il mito <strong>del</strong>la fecondità rende uom<strong>in</strong>i <strong>in</strong> viaggio,<br />

responsabili di essere felici.<br />

2 Questo frammento di testo nasce anche da un colloquio col mio amico <strong>Angelo</strong> Racioppoli, che r<strong>in</strong>grazio.<br />

18


9. La metafora non è un luogo <strong>del</strong>l'ornamento, ma una via segreta sugli <strong>in</strong>f<strong>in</strong>iti mondi paralleli e<br />

un'ipotesi sulla loro unità. In un azzardo di possibile sigillo.<br />

10. Sotto un testo c‟è un retro-testo, la lunga massa di meditazioni lente che <strong>in</strong> questo testo alla f<strong>in</strong>e<br />

si sono concentrate. Per elezione <strong>del</strong> meglio. Come <strong>in</strong> una contrazione di spazi molecolari. Come <strong>in</strong><br />

un arresto di sviluppo. Come <strong>in</strong> un pudore di forma. Come <strong>in</strong> un risparmio di forze condensate <strong>in</strong><br />

attesa <strong>del</strong> salto. Qui il tempo si è fatto spazio. Accanto ad ogni testo c‟è un ipertesto, la grande<br />

trama <strong>del</strong>le meditazioni laterali che richiamano o propiziano altri testi, paralleli e dislocati. Qui lo<br />

spazio <strong>in</strong>venta altro spazio, <strong>in</strong> cui si è dilatato. Oltre un testo c‟è un ultra-testo, la lunghissima onda<br />

di suoni e di significati che nasce da quel testo come da un gong. Qui lo spazio si rifà tempo e il<br />

testo si fa una fuga di tempi futuri, di cui saranno sorgenti specifiche galassie di „tu‟. Un testo è<br />

una stazione di posta nel tempo che distribuisce sentieri <strong>del</strong>la vita. Un testo seleziona e genera,<br />

attrae e irradia. È un convertitore di tempi <strong>in</strong> spazi e di spazi <strong>in</strong> tempi. È un‟icona permanente che<br />

regola i flussi energetici futuri, per dare appuntamento ad altri possibili testi, <strong>in</strong> filiere senza f<strong>in</strong>e.<br />

11. Scrivere un libro per giustificarne un altro può essere ridicolo, ci ricorda Alessandro Manzoni.<br />

Ma a volte questo ridicolo può essere necessario. Soprattutto quando i tempi attraversati sono, per<br />

sembrare “scientifici”, più ridicoli <strong>del</strong> ridicolo che ci si vorrebbe risparmiare.<br />

12. Il viaggio di questo libro si compone di 33 segmenti lirici narrativamente numerati, con due<br />

parti a specchio e un sol tratto centrale, che costituisce un vertice comune. I 33 segmenti sono<br />

preceduti da un preludio e seguíti da un epilogo aperto, f<strong>in</strong>o alla composizione di 35 percorsi,<br />

costituiti di una salita verso la vetta («Anàbasi») e di una discesa accidentata al mare<br />

(«Catàbasi»). I numeri sono la misura <strong>del</strong>le cose; i simboli, la misura dei numeri.<br />

13. In un viaggio di formazione il varco improvviso è un impulso di Dirac. Un‟irruzione energetica<br />

concentrata. Un colpo di sonda <strong>del</strong>l‟imprevedibile nel certo. Un evento <strong>del</strong> possibile.<br />

Un‟apparizione <strong>del</strong>l‟angelo. L‟<strong>in</strong>f<strong>in</strong>itesimo che buca l‟<strong>in</strong>f<strong>in</strong>ito. Il ritorno <strong>del</strong>la pietra scartata. Il<br />

colpo di stecca <strong>in</strong>visibile che rompe l‟<strong>in</strong>erzia <strong>del</strong> greve. L‟arte povera <strong>del</strong> piccolo foro che <strong>in</strong> un<br />

istante frantuma la diga.<br />

14. Chi salì per la prima volta il monte <strong>del</strong> Carmelo non sapeva di <strong>in</strong>augurare migliaia di anni per<br />

le ascese e le esperienze di uom<strong>in</strong>i religiosi e sapienti di ogni fede e di ogni parte <strong>del</strong> mondo. Chi<br />

discese per la prima volta il monte <strong>del</strong> Carmelo arrivando al Mediterraneo non sapeva di rivolgere<br />

per la prima volta e per sempre un‟<strong>in</strong>term<strong>in</strong>abile <strong>in</strong>terrogazione all‟aprirsi <strong>del</strong> mare.<br />

19


C) MAPPA DI NAVIGAZIONE:<br />

1. «Sotto la luna rossa nasce chi ha dest<strong>in</strong>o di re»<br />

(proverbio simbolico citato <strong>in</strong> Tzvetan Todorov,<br />

Théorie du symbole).<br />

2. Siamo imbozzolati dal dest<strong>in</strong>o o attraversati dalla<br />

possibilità?<br />

3. Per spogliare il f<strong>in</strong>e di ogni sua luce, qualcuno l‟ha<br />

chiamato caso. Egli, chiamandolo caso, si è dato<br />

appunto questo f<strong>in</strong>e. Senza riuscire a spiegarsi da dove<br />

nasca l‟idea di f<strong>in</strong>e.<br />

4. Il dest<strong>in</strong>o non è ciò che necessariamente ci accade,<br />

ma ciò che, una volta accaduto, accade <strong>in</strong> una vita <strong>in</strong><br />

cui si gioca una volta sola. Ma ciò che accade <strong>in</strong> una<br />

vita <strong>in</strong> cui si gioca una volta sola non è mai chiuso<br />

perché nessuno sa che cosa seguirà.<br />

5. La verità non è ciò di cui parliamo, ma ciò che ci<br />

consente di parlare. Senza di essa, qualunque cosa<br />

diciamo, nulla diciamo.<br />

6. <strong>L'</strong><strong>Angelo</strong> non è solo necessario, ma possibile. Come<br />

il filo d'erba che spacca la roccia. <strong>L'</strong><strong>Angelo</strong> è la<br />

necessità <strong>del</strong> possibile che rompe l‟identità <strong>del</strong><br />

necessario.<br />

7. La poesia è grande poesia solo se ha respiro<br />

filosofico: altrimenti, è una piccola lacrima quotidiana.<br />

8. Se nell'universo non esistono il 'sopra' e il 'sotto',<br />

perché mai dovrebbero essere veri il 'prima' e il 'poi'?<br />

9. La Necessità è il Ripetersi <strong>del</strong> mondo, pensato e<br />

rappresentato troppo presto.<br />

10. Come il filo d‟erba spacca la roccia, così il<br />

possibile spacca la necessità.<br />

11. «Non bisogna né ridere né piangere ma capire»<br />

(Baruch Sp<strong>in</strong>oza). Ma, per capire, bisogna ridere e<br />

piangere.<br />

12. La persona è un numero primo, perché non è<br />

scomponibile <strong>in</strong> parti e perché non ha nessuno uguale a<br />

sé. Essa è, oltre l‟<strong>in</strong>f<strong>in</strong>itamente grande e l‟<strong>in</strong>f<strong>in</strong>itamente<br />

20


piccolo, una terza forma di <strong>in</strong>f<strong>in</strong>ito. Un <strong>in</strong>f<strong>in</strong>ito per<br />

qualità.<br />

13. La storia <strong>del</strong>l‟universo è la storia di ogni persona;<br />

una persona è la storia di tutto l‟universo.<br />

14. Sotto l‟<strong>in</strong>f<strong>in</strong>ita storia c‟è il più grande <strong>in</strong>f<strong>in</strong>ito<br />

<strong>del</strong> possibile che è accaduto e che non è ancora<br />

accaduto.<br />

15. Solo se si capisce la ruota, si capisce la pietà.<br />

Solo se si capisce la pietà, si è al varco possibile di Dio.<br />

16. «… Oh l‟orizzonte <strong>in</strong> fuga, dove s‟accende rara la<br />

luce <strong>del</strong>la petroliera! Il varco è qui?...» (Eugenio<br />

Montale, Le occasioni, “La casa dei doganieri”).<br />

17. Tu mi dici che credi all‟esistenza solo di ciò che<br />

può essere osservato. E Dio non è fra gli osservabili.<br />

Ma allora dimmi perché credi all‟esistenza <strong>del</strong> tuo<br />

vissuto che nessuno, nemmeno tu stesso, puoi<br />

osservare.<br />

18. <strong>L'</strong><strong>Angelo</strong> è la lacrima di Dio che brilla nell'occhio<br />

<strong>del</strong>l'<strong>in</strong>nocente calpestato. E di chi lo calpestò.<br />

19. Come esiste il Cielo sopra Berl<strong>in</strong>o, così esiste un<br />

<strong>Angelo</strong> <strong>sulle</strong> <strong>città</strong>.<br />

20. Chi dà un nome dà un volto. Ciò che è senza un<br />

nome, è un abisso senza volto.<br />

21. Data una grandezza grande quanto si voglia, ce n‟è<br />

una rispetto a cui essa è smisuratamente più piccola.<br />

Piccola come una qualsiasi grandezza moltiplicata per<br />

zero.<br />

22. Pensare l‟<strong>in</strong>f<strong>in</strong>ito più grande sarebbe pensare un<br />

<strong>in</strong>f<strong>in</strong>ito che contenga tutte le possibili grandezze e che<br />

contenga quello stesso pensante che aspira a pensarlo.<br />

Come potrebbe essere possibile ciò? La percezione di<br />

un tale <strong>in</strong>f<strong>in</strong>ito impensabile ha un solo nome: preghiera.<br />

23. I bamb<strong>in</strong>i vedono il tutto nel nulla; gli uom<strong>in</strong>i, il<br />

nulla nel tutto (Giacomo Leopardi). Ci si domandi: chi<br />

è più sapiente, gli uom<strong>in</strong>i o i bamb<strong>in</strong>i?<br />

24. I visi sono le memorie degli uom<strong>in</strong>i e le memorie<br />

sono i visi <strong>del</strong>le cose. Un angelo ne estrae vive le tracce<br />

21


.<br />

dalle macerie <strong>del</strong> progresso<br />

<strong>del</strong>le nostre <strong>città</strong> e con anima pietosa<br />

sotto la sua ala le sveglia.<br />

25. «I piccoli poeti imitano; i grandi poeti rubano» (Th.<br />

S. Eliot).<br />

26. In ogni uomo vivono due bamb<strong>in</strong>i: quello che è<br />

stato e quello che vorrebbe diventare. Mentre sul primo<br />

esiste una pubblica tolleranza, sul secondo vige un<br />

segreto di stato adulto. Forse siamo navi che<br />

trasportano ord<strong>in</strong>i sigillati.<br />

27.Quanti uom<strong>in</strong>i passarono sulla Terra dall‟<strong>in</strong>izio dei<br />

tempi f<strong>in</strong>o a noi? Quanti ne passeranno dopo di noi?<br />

Quante tracce lasciarono? Quante ne lasceranno?<br />

Siamo tracce che cercano tracce. Date <strong>in</strong> custodia<br />

all‟universo. Tutto l‟universo è un‟<strong>in</strong>termittenza <strong>del</strong><br />

cuore.<br />

28. Non tutto ciò che è dimostrabile esiste; non tutto ciò<br />

che esiste è dimostrabile. Non tutto ciò che è<br />

osservabile esiste; non tutto ciò che esiste è osservabile.<br />

29. Ogni sp<strong>in</strong>a ha la sua rosa.<br />

30. Anche nel più remoto degli uom<strong>in</strong>i vive la forza<br />

profonda d‟un‟anima <strong>in</strong>consulta. Come un improvviso<br />

fulm<strong>in</strong>e, come un piccolo giglio <strong>in</strong>attuato.<br />

31. Non dirmi chi sei. Dimmi quale angelo avverti,<br />

ogni tanto, dentro di te.<br />

32. Solo per chi non ha più speranza ci è data la<br />

speranza (W. Benjam<strong>in</strong>, Angelus Novus).<br />

33. Dio è vero. Come le fiabe. Perché non c'è nulla di<br />

più vero <strong>del</strong>le fiabe.<br />

22


Il sapiente vide da lontano Gerusalemme. Sotto il sole, brillava tutta d‟oro. La raggiunse ed<br />

entrò nella <strong>città</strong>. Era tutta di fango. Incom<strong>in</strong>ciò a gemere fra sé: - Come farò, mio Dio, a illudermi<br />

ancora? Quell‟oro che vedevo era fango.<br />

Gli rispose Dio: - Hai ragione, <strong>figlio</strong>. Ma guarda lí. Poco lontano, un bamb<strong>in</strong>o, tutto lacero e<br />

<strong>in</strong>fangato, piangeva a dirotto per la fame, soccorso da una madre disperata, più lacera e <strong>in</strong>fangata di<br />

lui, che lo avvolgeva col suo corpo <strong>in</strong> un ammasso di fango senza sole.<br />

- Anche a breve distanza ci si <strong>in</strong>ganna – proseguì Dio. – Nemmeno gli occhi vic<strong>in</strong>i dànno certezza.<br />

Quel fango che là vedi, è oro.<br />

Il sapiente <strong>in</strong>contrò Dio. – Grazie, Signore – gli disse – per essermi venuto accanto nei momenti di<br />

difficoltà.<br />

- Ti sbagli – rispose Dio. – Io ti sono stato sempre accanto, senza lasciarti mai solo. E gli mostrò<br />

una mappa <strong>in</strong> cui si vedeva il percorso <strong>del</strong> sapiente nel deserto. Sempre quattro orme, mai due.<br />

- Il sapiente scrutò la mappa e a un tratto osservò: - Mio Signore, guarda qui questo tratto lungo.<br />

Qui ci sono solo due orme alla volta. Ero solo.<br />

- Ti sbagli – gli rispose Dio. Qui, per la grande angoscia, eri caduto senza forza, né speranza. E non<br />

muovevi passo. Io ti ho portato <strong>in</strong> braccio 3 .<br />

3 Testo liberamente tratto dallo scritto di un Anonimo brasiliano.<br />

23


AD ANGELO GIUSEPPE, CHE COMPIE GLI ANNI<br />

Voglio che cresci<br />

presto, che t'apri come il sole<br />

<strong>in</strong> settembre<br />

a sem<strong>in</strong>are gioie<br />

nella l<strong>in</strong>fa <strong>del</strong> mondo,<br />

a mietere estati<br />

<strong>in</strong> nome <strong>del</strong> mio amore.<br />

Voglio che non cresci,<br />

perché l'ora presente<br />

ti conservi immortale,<br />

fe<strong>del</strong>e al tuo attimo e al mio,<br />

fresco, e io<br />

possa tenerti <strong>in</strong> palmo senza f<strong>in</strong>e.<br />

Voglio che cresci<br />

e voglio che non cresci,<br />

per contenerti e per farmi<br />

contenere da te – per durare.<br />

Ma espulsi dalla mente<br />

la verità <strong>del</strong>la tràcima, la necessità<br />

<strong>del</strong> nostro traboccare.<br />

Ho due peccati<br />

abbarbicati alla mia luna<br />

e dimentico il terzo:<br />

questo arreso vizio<br />

di sentirli <strong>in</strong>evitabili e questa<br />

strana miseria <strong>del</strong> chiamarli amore.<br />

24


IL FIGLIO È IL SEME CHE TI SBOCCIA DENTRO.<br />

DA CUI SBOCCIASTI.<br />

E IL FUOCO CHE LI TIENE.<br />

È IL BAGNO NELLE ORIGINI.<br />

È LA PROVA DEL VENTO.<br />

IL FIGLIO È IL FIGLIO. E IL PADRE. E LO SPIRITO<br />

CHE L‟UNO ALL‟ALTRO DONA.<br />

IL FIGLIO È IL VOLTO GRAMO<br />

DEL DERELITTO CHE TI SCUOTE DENTRO.<br />

E LA SCOPERTA DEL MONDO.<br />

E L‟ARTE DELLA PATRIA.<br />

E LA SCIENZA DEL SOLCO.<br />

L‟ONORE DELL‟APERTO.<br />

IL TEMPO DEL VIAGGIO.<br />

IL SOCCORSO DELL‟ANGELO.<br />

L‟ORA DELLA CITTÀ.<br />

NON TRAFUGARMI L‟ANGELO. L‟ANGELO<br />

È IL NECESSARIO CHE ISPIRA<br />

E IL POSSIBILE CHE SALVA.<br />

FIGLIO,<br />

NEL RENDERTI ONORE CON QUESTO MIO LIBRO,<br />

NON RIESCO AD ACCORGERMI DI QUANTO<br />

IO MI SENTO ONORATO DA QUESTO MIO RENDERTI ONORE.<br />

26


IL VIAGGIO<br />

28


L’ANÀBASI (I parte)<br />

… Per sentieri asmatici e scoscesi<br />

salimmo al monte,<br />

guardando i sassi e le stelle. …<br />

30


Preludio<br />

BAMBINO CHE DA UN ANGOLO<br />

Bamb<strong>in</strong>o che da un angolo di strada<br />

mi porgi gli occhi, questi solitari<br />

superstiti <strong>del</strong> fango<br />

mentre chiedi una lira<br />

senz‟averne l‟età,<br />

questa f<strong>in</strong>estra nei denti<br />

ti sorprende<br />

e mimi lo scugnizzo<br />

ora nella tua anima di latte: tradisce<br />

il tuo m<strong>in</strong>uscolo piglio di pirata, ti disarma,<br />

guerriero.<br />

E qui mi svegli<br />

una sp<strong>in</strong>a difficile,<br />

un‟angoscia colpevole nel cuore, me l‟avviti<br />

nel sangue<br />

come un rimorso retràttile,<br />

come un‟avara pietà,<br />

ora che scavi<br />

con le tue piccole mani appena bianche<br />

nella nostra narcòsi distratta, nella nostra <strong>in</strong>v<strong>in</strong>cibile viltà. Sono<br />

il pusillanime saggio che ti guarda<br />

come gli altri e va oltre.<br />

questo <strong>in</strong>tirizzito sorriso.<br />

Mi rivolgi<br />

Prima di qualsiasi discorso sul mondo viene il bamb<strong>in</strong>o.<br />

Prima di qualsiasi bamb<strong>in</strong>o viene il bamb<strong>in</strong>o sofferente.<br />

Prima di qualsiasi bamb<strong>in</strong>o sofferente viene<br />

la nostra domanda su chi siamo per lui.<br />

32


1.<br />

DI QUI<br />

Di qui partimmo<br />

all‟alba. Ci mancò<br />

soltanto un sorso di capelli neri,<br />

viatico per l‟ansia.<br />

il mare<br />

come cigni s‟un‟acqua<br />

di lune rosse<br />

masticate da specchi,<br />

Risalimmo<br />

e cerbottana di mille arcobaleni<br />

un‟ora ci lanciò<br />

e calammo nel tempo.<br />

di luci digitali<br />

bagnato da una stella,<br />

In queste impronte<br />

che ogni corpo,<br />

<strong>del</strong>l‟universo <strong>in</strong>tero verso il mare<br />

lanciava,<br />

visi di ere aprirono lo spazio<br />

come navi di luci<br />

Chi guardasse la Terra dalla<br />

distanza di due milioni di anni luce,<br />

vedrebbe su di essa svolgersi la vita<br />

di due milioni di anni fa, come <strong>in</strong> un<br />

film. Da ogni „dove‟ potrebbe<br />

vedersi ogni „quando‟. L‟<strong>in</strong>tero<br />

universo è pieno di film antichi e<br />

attuali che lo percorrono da ogni<br />

lato, <strong>in</strong> una perenne giov<strong>in</strong>ezza.<br />

Chi non ha mai guardato le stelle, è<br />

esistito per errore.<br />

33


di altri visi<br />

verso porti di occhi<br />

d‟altre età.<br />

<strong>in</strong> cerca<br />

Ogni epoca diceva la sua vita<br />

ai posteri già nati<br />

e pepli lunghi di orizzonti e soli<br />

sollevammo dal tempo<br />

a strato a strato:<br />

a distanze diverse si svelava<br />

il presente passato.<br />

<strong>in</strong> messaggi di luci,<br />

Tutto il passato, vivo e conservato<br />

birilli rilanciati<br />

sbocciati dalle mani a mille soli<br />

che colmavano il niente<br />

come telescriventi di colori.<br />

stemmo,<br />

In mille luoghi<br />

fummo deposti <strong>in</strong>nanzi a un calendario<br />

qui di millenni di epoche sfogliato<br />

come a teatro, essendo<br />

fra gli attori.<br />

E l‟uomo antico<br />

stirpe dei sauri<br />

dai mille iddii<br />

e le impietrite età<br />

e le paure<br />

e il sollevarsi<br />

acuto e sangu<strong>in</strong>ario dentro il sole<br />

di popoli <strong>in</strong> piramidi<br />

e Bruto e Ulisse e Cesare e le regge<br />

dei Maya<br />

e la verdigna<br />

34


e Atlàntide persa<br />

e mille guerre<br />

e i nostri padri la nostra giov<strong>in</strong>ezza<br />

e come <strong>in</strong> un cristallo frantumato<br />

le diecimila sere di un addio<br />

tutto vedemmo<br />

<strong>in</strong> fossili di luci,<br />

noi sparpagliati<br />

nello spazio <strong>del</strong> tempo a spigolare<br />

nel breve cesto d‟una sola vita<br />

il fluir fotogrammi d‟ogni età.<br />

dal frantumato tempo ora la notte<br />

e a un tempo solo ci riconsegnava,<br />

nell‟apnèa di un‟esigua vita<br />

uom<strong>in</strong>i a tempo <strong>in</strong>tero d‟ogni età.<br />

E ogni luce<br />

<strong>in</strong> nuove riflessioni<br />

d‟echi si frantumò, niente si perse.<br />

tempi di luci<br />

giacque la notte,<br />

noi triturati <strong>in</strong> triturate età.<br />

uccello nelle vene,<br />

il passato più pieno.<br />

In una notte<br />

dissero mille pozzi le memorie<br />

<strong>in</strong> l<strong>in</strong>gue di sorgenti<br />

luci<br />

qui destate<br />

Ci congedava<br />

E ci sbocciò,<br />

dal bacio <strong>del</strong> solstizio d‟un‟estate.<br />

noi diventati<br />

In una babilonia<br />

d‟<strong>in</strong>crociati<br />

35


entrati<br />

per potere agitar le nostre mani<br />

a chi di sé parlava dal passato,<br />

il sogno ci lasciò.<br />

un tempo senza ali<br />

E ci rimase<br />

schiacciato sulla strada d‟un presente<br />

senza spessore<br />

che<br />

ci balbettava e ci<br />

lasciava<br />

impronte<br />

<strong>in</strong> occhi e sangue<br />

dove si sposa e si conserva il sole:<br />

che si bagna negli occhi<br />

ogni matt<strong>in</strong>a<br />

e alleva il mondo<br />

e si fa latte rosso dentro il sangue<br />

lungo dei vivi<br />

facendo e disfacendo cosmi <strong>in</strong>teri<br />

dimèntichi fra loro.<br />

Ma più a fondo <strong>del</strong> sol c‟<strong>in</strong>namorava<br />

questo tempo degli occhi<br />

camm<strong>in</strong>ano senz‟ombra<br />

non hanno mutamento<br />

nel mutare di tutto e<br />

sono immortali<br />

nel morire dei giorni<br />

f<strong>in</strong>o a quando<br />

che nel sole<br />

e dagli anni<br />

nel perire <strong>del</strong> corpo, per pudore<br />

E nel futuro<br />

questo sole<br />

36


verso la bianca morte e per <strong>onore</strong><br />

sono i primi a svanire.<br />

Forse il piacere di guardar le stelle<br />

di vivere i ricordi,<br />

ciò che la stella fu:<br />

è questo goder lungo di visioni,<br />

zampilli <strong>del</strong> passato nella perla<br />

bianca <strong>del</strong>l‟ora<br />

perdute,<br />

come foto<br />

tornate vive da tanti anni fa.<br />

Forse guardar le stelle<br />

è nel sapere<br />

di vedere spuntato qui davanti<br />

il tempo come un fiore sempreverde,<br />

diventato<br />

da giov<strong>in</strong>ezza fossile restata<br />

nella memoria<br />

un fossile r<strong>in</strong>ato, un bimbo iddio,<br />

ridir l‟addio,<br />

come giocando a dadi con la vita,<br />

a ciò che fu sepolto è vivo è qui.<br />

Altro viaggio e tempo ci chiedeva<br />

ora il tempo degli occhi,<br />

questi figli <strong>del</strong> sole,<br />

dei bàttiti <strong>del</strong> cuore.<br />

alunni muti<br />

E per essere nuovi<br />

dentro quel cosmo antico che pulsava,<br />

bruciammo <strong>in</strong>cendi,<br />

bagnammo il già bagnato,<br />

ardemmo soli,<br />

è nel piacere<br />

è la felicità di<br />

37


tostammo il già tostato,<br />

vedemmo nelle stelle, nel passato<br />

credendolo esser nuovo,<br />

il cuore di scavarci<br />

ancora<br />

per generarci al nostro unico volo.<br />

scoprimmo<br />

ancora<br />

noi stessi <strong>in</strong> sogno.<br />

all‟alba,<br />

ci trovammo<br />

allevati dal sole,<br />

redivivi <strong>in</strong> canestri<br />

di due occhi<br />

nel fiume di una vita<br />

abbandonati<br />

da un sogno<br />

come noi,<br />

che, partito<br />

eppure non perdemmo<br />

E nel guardarci esistere<br />

Un dí partimmo<br />

noi ricordammo solo <strong>in</strong> lontananza<br />

come un‟eco che <strong>in</strong> nebbia ci frugò.<br />

Ci proteggeva <strong>in</strong> petto la speranza<br />

di ritrovare il padre<br />

che, fuggito,<br />

nascosto fu <strong>in</strong> un sogno dalle stelle.<br />

Solo un sorriso ci era talismano<br />

come bussola al cuore per il tempo<br />

che avevamo dormendo un dí perduto.<br />

Bianco ci ardeva come una fontana.<br />

Dentro il suo fuoco fummo m<strong>in</strong>atori<br />

forse di sogni, forse <strong>del</strong>l‟età.<br />

38


Attraversammo il vivere e trovammo<br />

questa felicità d‟essere soli,<br />

questa tristezza d‟essere felici.<br />

Ma era <strong>in</strong> sogno,<br />

furon le gioie,<br />

ci si negò.<br />

qui<br />

altre<br />

Eravam semi e ci credemmo pianto.<br />

che l‟universo <strong>in</strong>tero è una formica<br />

che sem<strong>in</strong>a un granello nei deserti<br />

con le anime nostre<br />

<strong>in</strong> atomi di specchi<br />

e goccia punti<br />

<strong>in</strong> cui abita il sole e non lo sa.<br />

Non sapemmo<br />

Non sapemmo<br />

che tutto il tempo nostro fu una spiga<br />

di gracili secondi<br />

che sboccia gli occhi e poi<br />

altrui li dà.<br />

La vita ci burlò,<br />

tardi capimmo<br />

che il tempo millenario <strong>del</strong>le stelle<br />

era nascosto nel tempo d‟un amore<br />

che perse il tempo,<br />

sorrise <strong>del</strong> dolore.<br />

Vedemmo tardi ciò che c‟era <strong>in</strong> mano.<br />

A un cuore<br />

pesce vivo fra le mani<br />

aprimmo il tempo come fosse un pane.<br />

39


2.<br />

DENTRO IL TEMPO DEL SOLE<br />

Siamo<br />

rimasti<br />

qui<br />

su questa sabbia<br />

filigranata d'orme<br />

come conchiglie mute<br />

soltanto parla.<br />

un amico che non dice<br />

parola<br />

e colloquia tacendo.<br />

sa<br />

<strong>in</strong> riva al mare<br />

a cui l'ascolto<br />

Ci è compagno<br />

Mai nessuno<br />

perché i cuori di tutti prende il mare.<br />

Forse<br />

«… non potevo più staccarmi dalla vista <strong>del</strong>l‟acqua,<br />

ero affasc<strong>in</strong>ato dalle onde che dal battello giungevano<br />

s<strong>in</strong>o alla riva, dalla superficie <strong>del</strong>l‟acqua sc<strong>in</strong>tillante al sole<br />

(…) l‟ampia distesa <strong>del</strong>l‟acqua, col suo <strong>in</strong>comparabile<br />

splendore, mi dava un piacere immenso. In quel momento<br />

decisi che avrei dovuto vivere vic<strong>in</strong>o a un lago, e mi parve<br />

che nessuno avrebbe mai potuto vivere lontano dall‟acqua».<br />

(Carl Gustav Jung, Ricordi, sogni, riflessioni)<br />

«Scrivere la storia è un modo di sbarazzarsi <strong>del</strong> passato».<br />

(Johann Wolfgang Goethe, Massime e riflessioni)<br />

«Gli uom<strong>in</strong>i chiudono la propria porta contro il sole che<br />

tramonta».<br />

(William Shakespeare, Timone d‟Atene)<br />

40


è questa voce<br />

dal ritmo forte<br />

<strong>in</strong> un pulsare<br />

e dolce<br />

di mano che promette<br />

quando è cara,<br />

come strano orologio<br />

che ci batte<br />

immenso calco acustico sul cuore.<br />

è l'ansimare<br />

di malato<br />

<strong>in</strong> un'asma <strong>in</strong>guaribile che sai<br />

nemmeno morte gli potrà guarire.<br />

è questa voce<br />

altèra<br />

che si scioglie<br />

improvvisa <strong>in</strong> un buono<br />

pugno di carezze,<br />

Forse<br />

tenerezze <strong>in</strong>credute<br />

frantumandosi <strong>in</strong> brividi sul viso.<br />

è quel passarti<br />

da parte a parte<br />

come spada fatata i desideri<br />

senza far male<br />

entrando a passo dolce nei pensieri,<br />

molteplici <strong>del</strong> cuore, nel suo <strong>del</strong>ta<br />

Forse<br />

Forse<br />

che ti sale<br />

sotto gli usci<br />

41


di soffi,<br />

come spettro di aghi<br />

a più colori,<br />

e qui dormire<br />

strani riposi<br />

soli<br />

che tu gli puoi guardare<br />

come ospitati<br />

da trilli<br />

di saluti<br />

per memorie<br />

di quegli alberi lí<br />

nelle dita <strong>del</strong> vento.<br />

comparse<br />

nel silenzio racconti,<br />

amico<br />

mio,<br />

piano co<strong>in</strong>volte<br />

E tu<br />

la spietata dolcezza <strong>del</strong>le cose<br />

che ci fu data<br />

un giorno<br />

e ci fu tolta,<br />

ma averla avuta<br />

fu perderla due volte<br />

come un sogno<br />

che visse<br />

il suo crollare<br />

a risveglio improvviso<br />

quando il sogno era bello.<br />

cui fu reciso sposo<br />

come foglie<br />

Fu la sposa<br />

42


il dí di nozze,<br />

calata giù su bimbi<br />

nati<br />

e non vissuti,<br />

fu la rosa impiccata<br />

fu la scure<br />

fu un matt<strong>in</strong>o di marzo<br />

senza sole,<br />

aperto all'aria<br />

senza il gocciar <strong>del</strong>le mimose.<br />

<strong>in</strong> suoni<br />

ci percuote<br />

<strong>in</strong> un battere d'ora.<br />

Non si sa<br />

come i sogni di tutti prende il mare.<br />

perché<br />

non è che un bamb<strong>in</strong>o<br />

celeste<br />

da un abisso di gole dissepolto<br />

messo a cullare<br />

fu<br />

un dí<br />

<strong>in</strong> un pozzo dal tempo<br />

solo,<br />

imparando<br />

a sillabare<br />

il suo respiro<br />

soltanto<br />

umano,<br />

poi che lasciato<br />

e lí cresciuto<br />

Una clessidra<br />

Forse<br />

43


evocando marosi di ricordi<br />

a questi altri vivi<br />

un giorno come lui,<br />

di cui facemmo<br />

parte anche noi,<br />

abbandonati<br />

noi diventati<br />

già stranieri a noi stessi,<br />

un giorno su una strada<br />

giù deposta dal tempo<br />

noi naufragati<br />

e <strong>del</strong> naufragio perdemmo la memoria.<br />

E lui ce lo ricorda<br />

che si reca<br />

all'altrove di te<br />

al tuo non detto<br />

col respiro<br />

a ciò che fummo <strong>in</strong> segreto<br />

sull'ali d'un sentiero<br />

d'acque cadute<br />

un mormorío<br />

nei rovi <strong>del</strong> convivere sepolte.<br />

a cui conduce<br />

Gl'<strong>in</strong>namorati tutti vanno al mare<br />

come gabbiani<br />

Forse perché<br />

è simile alla notte<br />

odorosi di acque.<br />

che richiama<br />

nel suo gorgo di sonno a forte vento<br />

mul<strong>in</strong>o antico a siepi di pensieri<br />

magnetici<br />

sepolti <strong>in</strong> un girare<br />

44


folle di acque<br />

e lui li rende<br />

stillanti all'alba nuovi nel matt<strong>in</strong>o<br />

<strong>in</strong> levrieri risorti<br />

odorose e leggiadre.<br />

è un liquido poeta<br />

fra rugiade<br />

che si gioca <strong>in</strong> più forme<br />

premure<br />

Forse perché<br />

<strong>in</strong> <strong>in</strong>f<strong>in</strong>ite<br />

da un cavo d'esperienza millenaria,<br />

per millenni<br />

palombaro d'esistere,<br />

furtivo<br />

nella stiva <strong>del</strong>l'essere<br />

decise di svanire<br />

per abitar coralli<br />

mozzo<br />

f<strong>in</strong> quando<br />

sui fondali.<br />

perché la voce sua ha quel respiro<br />

bianco<br />

di secoli,<br />

proteso<br />

<strong>in</strong> questo strano lungo <strong>in</strong>terrogare<br />

marosi di foreste<br />

sue compagne<br />

eppur vic<strong>in</strong>e<br />

lontane<br />

Forse<br />

poi che fu<br />

45


sul filo di telefono <strong>del</strong> vento,<br />

noi reclusi<br />

da quel parlarsi da quella tenerezza,<br />

noi schiacciati<br />

sul piatto <strong>del</strong>la terra.<br />

perché<br />

ha il pulsar <strong>del</strong> sangue<br />

che abitiamo<br />

da nati,<br />

Forse<br />

questo sentimento<br />

di acqua e fuoco che c'irrompe dentro<br />

come un liquido tuono<br />

e tiene su i navigli dei pensieri.<br />

stare sul mare è questo penetrare<br />

Forse<br />

memorie antiche a un vento d'autostrada<br />

restando fermi,<br />

sentir velocità dentro un riposo<br />

galleggiante nel vento.<br />

Forse è vedere<br />

sempre nuova e smarrita l'avventura<br />

<strong>del</strong>l'acqua antica stesa <strong>in</strong> un posare<br />

sempre viva la testa<br />

<strong>del</strong>la battígia<br />

sul mutare<br />

<strong>in</strong> calchi sempre freschi,<br />

si adagia ai parchi pubblici assopito<br />

adolescente<br />

<strong>in</strong> un riposo suo felice e breve<br />

sgorgato <strong>in</strong> grembo tacito alla sposa.<br />

così come<br />

46


è questo <strong>in</strong>contro<br />

di età diverse e rare,<br />

Forse<br />

bamb<strong>in</strong>o e vecchio giovane e immortale,<br />

il sogno antichissimo <strong>del</strong> mare.<br />

la valle millenaria che abitammo<br />

non fu materia<br />

non spirito,<br />

non fu altro che tempo,<br />

un tempo come liquido agitato<br />

e poi riemerso<br />

<strong>in</strong> forme di vallate.<br />

Di tempo eran le vite<br />

di pietra e di memorie,<br />

fu il sorriso il sogno 1'ora<br />

le storie,<br />

ma nel gioco<br />

dei mondi, alla turbína<br />

d'esistere,<br />

turno caduti,<br />

qui al nostro<br />

sfortunata ci diede positura<br />

il ruotare <strong>del</strong>l'essere,<br />

storpia via ci fu donata<br />

senza sole né ombre<br />

<strong>in</strong> un luogo<br />

senza orizzonti<br />

e le sue strade<br />

di tempo<br />

soltanto<br />

qui falciati<br />

Amico mio,<br />

47


come nuvole a terra<br />

da una nebbia più cruda.<br />

qui<br />

da un dest<strong>in</strong>o strano,<br />

da un aereo di sogni<br />

oltremontani<br />

come fragole <strong>in</strong> acqua<br />

conservato<br />

per spiagge di domani<br />

di cui ci sfuggí senso,<br />

non spese<br />

ancora<br />

nelle anime nostre,<br />

Fummo deposti<br />

come sterco di bestiame<br />

che l'essere<br />

<strong>in</strong>dov<strong>in</strong>ate nemmeno <strong>in</strong> lontananza<br />

fra una nebbia<br />

frugata.<br />

Come cipressi sorti <strong>in</strong> riva al mare<br />

<strong>sulle</strong> tracce di orme,<br />

dal mare sem<strong>in</strong>ati,<br />

raffermi<br />

e qui non fummo<br />

nient'altro che filari<br />

su una strada più lunga<br />

<strong>in</strong> mano a un vento<br />

altri mondi altri modi<br />

d'esistere<br />

che furono<br />

ancora<br />

qui abitammo<br />

<strong>in</strong> piena ove scoprimmo<br />

48


possibili<br />

e ci furono tolti,<br />

fiori non maturi.<br />

d'aereo lanciate<br />

da una mano<br />

giù<br />

senza avvisare<br />

Fummo bottiglie<br />

non vista<br />

perché ne gorgogliassero nel mare.<br />

Quelli che non ebbero di noi<br />

<strong>in</strong> sé gli scogli<br />

acum<strong>in</strong>ati <strong>in</strong> cuore<br />

giacquero rotti dentro un cimitero<br />

di fìori ben curati,<br />

moriron solitud<strong>in</strong>i di soli<br />

esplosi come atolli,<br />

carcerati <strong>in</strong> silenzi<br />

come tanti sorrisi.<br />

rochi amori<br />

e fatti sale<br />

E allor capimmo<br />

noi verruche <strong>del</strong>l‟essere e vulcani<br />

sembrati spenti<br />

- e <strong>in</strong>vece vomitavano dal fondo<br />

parole e fuoco sorti da una forza<br />

che ignorata ci visse -<br />

rose e gramigne<br />

agnelli e lupi<br />

noi<br />

fiere selvatiche e pastori<br />

mèssi di fulm<strong>in</strong>i <strong>in</strong> comete<br />

e pietre<br />

49


trafficanti la terra come mani,<br />

tutti <strong>in</strong>sieme congiunti,<br />

che fummo nulla più che<br />

cicatrici<br />

d‟altre vite non nate,<br />

tutti e ognuno,<br />

a cui fu perdonato il non esistere<br />

come una colpa da espiare<br />

abitando fra noi.<br />

Fummo<br />

la carta scarabocchiata <strong>in</strong>tera di pensieri<br />

nel giorno d'una vita<br />

a pezzetti nel vento.<br />

e poi tagliata<br />

Anche quelli<br />

che la storia decise esser migliori<br />

con un atto di forza<br />

e di fortuna,<br />

e qui li rese<br />

ornate dense mummie di egiziani,<br />

altro non furono che giochi<br />

di pasta morta data nelle mani<br />

di umani più potenti<br />

perché venuti dopo<br />

nel corso degli eventi.<br />

gli sguardi dal futuro<br />

come sp<strong>in</strong>e nel cuore,<br />

come noi<br />

solo<br />

Soffrirono<br />

tutti<br />

venuti a stento<br />

noi capimmo<br />

50


dal futuro più loro separati<br />

e concepiti<br />

quasi<br />

mai niente a loro fosse stato<br />

se non passato.<br />

Ma più dura,<br />

amico mio, fu la condizione<br />

palafitte di storia<br />

diventati<br />

<strong>in</strong> questi anni presenti<br />

fummo<br />

<strong>del</strong>le cose più belle<br />

noi farfalle<br />

che l'estate odorava<br />

nostra<br />

a noi toccati,<br />

e più segrete:<br />

fummo privati un giorno dei colori<br />

più nostri,<br />

le ali a una a una distaccate:<br />

<strong>del</strong>la memoria nostra,<br />

<strong>del</strong>la speranza,<br />

<strong>del</strong>la giov<strong>in</strong>ezza,<br />

<strong>del</strong> passato,<br />

fummo privati anche <strong>del</strong> dolore.<br />

somigliò<br />

alle cose non nate,<br />

a rottami di creta non passata<br />

fra le mani al maestro,<br />

forse<br />

simili più ancora a quelle gocce<br />

noi che privati<br />

che <strong>in</strong> un giorno<br />

La nostra condizione<br />

51


di vento<br />

evaporate furono <strong>in</strong> silenzio<br />

e senza il premio di non esser nate.<br />

<strong>in</strong> una<br />

disperazione lenta<br />

di robot<br />

popolato di bombe<br />

m<strong>in</strong>acciate<br />

a un orizzonte<br />

da uom<strong>in</strong>i speciali e da una terra<br />

<strong>in</strong> protesta,<br />

noi sotto il tiro di grossi sedicenti<br />

padroni <strong>del</strong>la vita,<br />

bei signori<br />

vestiti <strong>del</strong>le piume d'un potere<br />

che gli fur date<br />

che pure li esecrava,<br />

di esser r<strong>in</strong>viati<br />

alla vita <strong>in</strong> foresta<br />

d'altrui credulità<br />

noi m<strong>in</strong>acciati<br />

di fogliol<strong>in</strong>e computerizzate.<br />

la sua spada di fulm<strong>in</strong>i<br />

di una mente<br />

Tutti cademmo<br />

Qui trasse Alberto<br />

dal grembo<br />

una e profonda come il sole eterno<br />

attraversando altro Ulisse qui le dodici<br />

crune <strong>del</strong> relativo<br />

lungo di genio<br />

con un ago<br />

fatto luce<br />

52


per<br />

catturare il cuore a un assoluto<br />

grande <strong>in</strong> tempesta<br />

e fare pace sul profondo mare.<br />

Strani discorsi feci, amico mio,<br />

non ci fu dato deviare il corso<br />

dei grandi numeri<br />

ma il capirlo fu dato<br />

farvi fronte non v<strong>in</strong>ti.<br />

altra salvezza<br />

forse,<br />

e forse ancora<br />

O forse non restò<br />

che guardare la nostra condizione<br />

come sassi <strong>in</strong> bottiglia<br />

<strong>in</strong>osati,<br />

lontani<br />

come uccelli<br />

perché visti<br />

per messaggi<br />

con gli occhiali <strong>del</strong> tempo <strong>in</strong>granditori.<br />

Forse solo un Colombo<br />

<strong>del</strong> tempo, nuovo viaggiatore<br />

che sappia navigare non lo spazio<br />

ma il tempo,<br />

forse ripescherà<br />

navigando <strong>in</strong> avanti sul gran mare<br />

<strong>del</strong>l'essere<br />

il luogo che lasciammo,<br />

ci saprà<br />

ritrovare il futuro nel passato.<br />

Forse<br />

53


si svelerà così<br />

<strong>in</strong> un momento<br />

che fu Narciso il padre <strong>del</strong> dolore<br />

e non altri,<br />

imbuto<br />

<strong>in</strong> cui passò<br />

questo strano<br />

quest'immag<strong>in</strong>e nostra,<br />

di desideri,<br />

questa<br />

cremagliera<br />

proclamata storia a tutto vento<br />

<strong>del</strong> nostro irripetibile<br />

viaggiante<br />

sul letto d'un suo fiume progressivo.<br />

allora<br />

per un'epoca ancora<br />

<strong>del</strong>l'immag<strong>in</strong>e nostra<br />

si spezzerà,<br />

colpita da improvvisa malattia<br />

non digerita<br />

ma<br />

ne guarirà forse anche più forte<br />

Forse<br />

questa ruota<br />

a nuovo patto nel mondo degli umani<br />

il suo sempiterno cigolare.<br />

Pochi colombi<br />

qui,<br />

da una voce <strong>in</strong>udita,<br />

come chiamati<br />

un'avventura<br />

che è la verità<br />

54


di semi<br />

d<strong>in</strong>torno<br />

beccano<br />

<strong>in</strong> questa spiaggia antica ritornati.<br />

stesi<br />

sopra il lido<br />

fanno un pieno di sangue,<br />

sole.<br />

Or ci sentiamo<br />

accumulano<br />

prossimi forse al cuore <strong>del</strong>le cose<br />

proprio come<br />

da noi vengono <strong>in</strong> fila queste onde<br />

come <strong>in</strong> silenzio tenendosi per mano.<br />

Uguali antiche <strong>in</strong>esaurite<br />

mani,<br />

tese venute al nostro ricordare<br />

<strong>in</strong> questo guscio m<strong>in</strong>uscolo d'un sogno<br />

portandoci frammenti <strong>in</strong>nom<strong>in</strong>ati<br />

d'anime lunghe.<br />

Ora ascoltiamo<br />

il giorno nato, coriandolo <strong>del</strong> tempo,<br />

che un giorno antico fu cronometrato<br />

dentro il bàttito al sole.<br />

nel grande fuoco<br />

è tutto un solo uguale<br />

di risi frantumati<br />

colombi<br />

Il mare dorme qui,<br />

farfallío<br />

come bianchi<br />

<strong>in</strong>sieme all'unísono levati.<br />

Adolescenti<br />

55


3.<br />

NON SCORARTI<br />

Non scorarti,<br />

amico mio. Sii<br />

degno di essere<br />

un giglio sull‟abisso, come<br />

sei chiamato a essere e sarai,<br />

sent<strong>in</strong>ella <strong>del</strong>l‟alba.<br />

La vita<br />

è un ponte di quarzo che oscilla<br />

sul vuoto<br />

fra la speranza e la paura.<br />

E l‟eco <strong>del</strong> suo battito<br />

è la matematica breve d‟un sogno di farfalla<br />

immersa nell‟antico<br />

suo pozzo di luce. E impara.<br />

Sappi comporre i tuoi dolori<br />

<strong>in</strong> mille petali rossi<br />

perché il sole li colmi<br />

di mani rispettose e mute.<br />

Bacia la tua perdita<br />

andandole <strong>in</strong>contro e prosegui.<br />

gli occhi alle stelle<br />

Apri<br />

e ai mondi paralleli che non vedi.<br />

Sappi estrarre<br />

dalla pietra l‟acqua, dalla terra il fuoco. Anche<br />

Non dire che non credi più a nulla. Di' soltanto<br />

che non credi più al fatto che,<br />

nonostante il tuo non credere, credi.<br />

56


chi ti toglie ti dona. Egli<br />

ha l‟<strong>in</strong>esorabile <strong>in</strong>coscienza<br />

di chi è stato sapiente per errore. Rende<br />

varco al filo d‟erba<br />

che scoppia nella pena, mentre soffia<br />

nel tuo fango superstite l‟<strong>onore</strong>. Ti smeriglia<br />

l‟assenza come un vetro<br />

nuovo. Apre la via<br />

al sommerso possibile che sei, sepolta luce. Come spada<br />

ti snuda dalla roccia<br />

l‟anima,<br />

che vi dormiva. Ti colma<br />

di domande mute. Ti restituisce<br />

al tuo centro. Dà la sveglia<br />

ai tuoi pori segreti. Chiama a raccolta<br />

le forze <strong>del</strong> tuo ultimo sole. Ti lascia<br />

questa voglia randagia di cuore.<br />

57


4.<br />

UOMINI<br />

Gridano a volte per schegge<br />

di parole crude pensieri<br />

<strong>in</strong> rivolta<br />

nella steppa <strong>del</strong>le libertà senza valori<br />

reclamizzate dai media. Gridano <strong>in</strong>ermi<br />

e ci raccontano chi siamo:<br />

- Uom<strong>in</strong>i,<br />

barbari d‟oggi <strong>in</strong> cravatta e occhial<strong>in</strong>o,<br />

dal sorriso turchese<br />

e dalla potenza <strong>del</strong> fulm<strong>in</strong>e catturata nel motore, voi<br />

che perdonaste all‟esistere di Dio<br />

cancellandolo, per mostrarci chi siamo, voi<br />

che avete portato al Banco dei pegni il futuro<br />

e i bamb<strong>in</strong>i<br />

<strong>in</strong> cambio <strong>del</strong> presente<br />

e immolato i vostri medesimi figli sull‟altare dei padri,<br />

adorando lo sterco <strong>del</strong>la fame<br />

d‟oro<br />

e rubandoci ai dadi la speranza<br />

con la roulette russa d‟una morte<br />

democratica, per tutti, sem<strong>in</strong>ata<br />

all‟orologeria, a caso, senza volto,<br />

<strong>in</strong> doppiopetto translucido, onorati<br />

per vie traverse e dirette<br />

<strong>in</strong> ogni luogo dei templi<br />

uom<strong>in</strong>i bui,<br />

La brama umana <strong>del</strong>l‟oro non stupisce per la cattiveria,<br />

ma per la stupidità.<br />

58


d‟oggi,<br />

ci avete avvelenato la terra,<br />

l‟aria e l‟acqua<br />

e l‟anima.<br />

Niente<br />

avete risparmiato alla vostra<br />

cieca imparzialità <strong>del</strong>la fame.<br />

Salvo il fuoco.<br />

Che tutti,<br />

voi compresi,<br />

per gratitud<strong>in</strong>e<br />

e per la pulizia <strong>del</strong> creato<br />

<strong>in</strong> un‟<strong>in</strong>cendiaria salvezza ci divorerà.<br />

59


5.<br />

CHERNOBYL<br />

Come un drago<br />

alato, zigr<strong>in</strong>ato di fulm<strong>in</strong>i,<br />

come una Bestia rapace,<br />

che bracca<br />

le nostre gole<br />

randagio<br />

<strong>in</strong> fuga,<br />

che serpe di follía avvelenò,<br />

come un gufo<br />

arriva il grande fumo <strong>del</strong> reattore<br />

nucleare<br />

<strong>in</strong>visibile, ratto<br />

nero di fogna<br />

ad abbracciarci,<br />

entrato a precipizio nel circolo<br />

densa nube<br />

<strong>del</strong> nostro sangue, nell'aria nostra,<br />

roditore di geni,<br />

cieco<br />

pipistrello universale<br />

a cavallo dei nostri<br />

fiati sospesi,<br />

ragno<br />

di mille radiocimici e di teschi,<br />

di morti e di deserti<br />

già portiere<br />

Ciò che è accaduto una volta, può ripetersi.<br />

60


deposti sulla Terra,<br />

ora funèreo<br />

bracconiere di popoli diffuso<br />

a rubarci il pianeta, a sterm<strong>in</strong>arci il sole,<br />

alla caccia di umani<br />

per una morte lenta,<br />

all'uomo <strong>del</strong> Duemila.<br />

a bruciarci il cuore<br />

<strong>in</strong> un unico morso<br />

a farci uguali<br />

nella paura almeno,<br />

<strong>in</strong>censo atomico<br />

Corre<br />

noi che bruciammo il cuore<br />

al bimbo <strong>del</strong> Bengala,<br />

candidato ad unguenti<br />

estetici per dame,<br />

la l<strong>in</strong>gua stralunata<br />

come da una bocca a serramanico<br />

a cui fu estratta l'anima<br />

a brani, a tradimento,<br />

<strong>in</strong> un pieno di occhi<br />

impiccato alla nostra civiltà.<br />

catafalco<br />

61


6.<br />

PIANTO DI BIMBO<br />

Nenia di bimbo lunga nella sera.<br />

Gli fa eco la madre come un‟ombra<br />

bianca di premura<br />

e poi tutto riaffonda<br />

nell'ignara calig<strong>in</strong>e che dura.<br />

62


7.<br />

BARACK OBAMA 4<br />

Ci hai provato, Barack,<br />

e hai v<strong>in</strong>to.<br />

Aprendo al sole<br />

un‟unica notte comune e il pianeta<br />

dei nostri respiri<br />

<strong>in</strong> attesa,<br />

Puledro nero<br />

dall‟anima rosa<br />

come fulm<strong>in</strong>e hai v<strong>in</strong>to.<br />

<strong>in</strong> cieli difficili come <strong>figlio</strong> superstite hai v<strong>in</strong>to, emerso<br />

da carovane di visi senza nome<br />

<strong>in</strong> viaggio, affamati di sguardi, <strong>in</strong>namorati<br />

<strong>del</strong>la libertà.<br />

Hai v<strong>in</strong>to<br />

come oro nel buio, come cocc<strong>in</strong>ella destata<br />

alla scoperta <strong>del</strong> volo, come ape <strong>in</strong>dustriosa<br />

<strong>in</strong>ventata<br />

da un pulviscolo di sogni.<br />

Quando, all‟accadere di un fatto, un impossibile<br />

diventa possibile, appare lum<strong>in</strong>oso che il „mostrare‟<br />

può frantumare il „dimostrare‟. Il dimostrare fa<br />

apparire che un possibile è necessario. Il mostrare<br />

fa apparire che un impossibile è possibile. Il dimostrare<br />

è la forza <strong>del</strong>l‟<strong>in</strong>telletto. Il mostrare, la forza <strong>del</strong>la<br />

speranza.<br />

Non è importante che cosa farà un nero come<br />

Presidente degli Stati Uniti. È importante sapere<br />

che un nero è diventato Presidente degli Stati Uniti.<br />

63


hai v<strong>in</strong>to<br />

Tu<br />

sulla carestia <strong>del</strong>le nostre speranze,<br />

nella porpora <strong>del</strong>le tue parole,<br />

liberando la vista a chi sa.<br />

per noi contro di noi, che siamo<br />

Hai v<strong>in</strong>to<br />

bottegai <strong>del</strong>l‟esistente, salvadanai scientifici, navigatori di numeri, lum<strong>in</strong>ari<br />

di <strong>in</strong>tersezioni contabili, orologerie al silicio, uom<strong>in</strong>i-bytes<br />

che hanno perso speranza nella verità <strong>del</strong>le fiabe.<br />

hai v<strong>in</strong>to per te stesso e per noi<br />

e per i padri<br />

torturati dal cotone<br />

e dall‟umiliazione di essere appestati,<br />

non contro i loro nemici<br />

ma <strong>in</strong> nome <strong>del</strong>la sc<strong>in</strong>tilla universale<br />

che <strong>in</strong> loro stessi riposa.<br />

ridando vita a morte parole,<br />

vergognose di semplicità.<br />

Chi ci disse<br />

Hai v<strong>in</strong>to<br />

che v<strong>in</strong>cono sempre gli stessi e che il banale trionfa sempre?<br />

Chi ci disse<br />

che il ventre è sempre più forte <strong>del</strong>l‟<strong>onore</strong>?<br />

Chi ci disse<br />

che il sogno è solo un trucco dei neuroni? Chi ci disse<br />

che chi vola alto dormiva,<br />

che l‟anima è una prov<strong>in</strong>cia degli ubriachi,<br />

che la madre degli sciocchi<br />

e degl‟idealisti è sempre <strong>in</strong>c<strong>in</strong>ta?<br />

Tu<br />

Molti calcolatori <strong>del</strong> certo,<br />

4 Scritta il 4 novembre 2008, subito dopo l‟elezione di Barack Obama a Presidente degli Stati Uniti d‟America.<br />

64


tutte le cavallette <strong>del</strong> presente<br />

e i sarti <strong>del</strong>l‟ovvio<br />

ora risorgeranno, Barack, <strong>in</strong> segreto contro di te.<br />

lavoreranno da subito<br />

per la vittoria <strong>del</strong> grigio.<br />

perché il possibile sia sbugiardato<br />

e il passato sia immortale<br />

per la gloria di chi da sempre già sa.<br />

noi stessi<br />

Perché il grigio v<strong>in</strong>ca sempre,<br />

Sotto mentite forme<br />

Noi adesso preghiamo, Barack,<br />

perché l‟uragano <strong>del</strong>le nostre speranze non ti schiacci:<br />

dal crepaccio e dalla vertig<strong>in</strong>e <strong>del</strong> buio.<br />

Ci hai provato, Barack,<br />

e hai v<strong>in</strong>to,<br />

e non avevamo capito<br />

che questa volta si trattava di noi.<br />

che l‟impossibile è la cassaforte di chi sa<br />

e che il possibile<br />

è il pulc<strong>in</strong>o <strong>in</strong>visibile e gramo<br />

che lo becca da dentro,<br />

da sempre,<br />

Noi non sapevamo<br />

per potere un giorno <strong>in</strong>creduto uscire alla luce.<br />

ci hai dimostrato, Barack, contro le matematiche<br />

certezze<br />

che più <strong>del</strong> macigno è il possibile<br />

e che <strong>in</strong>calcolabile è la sua verità.<br />

senza saperlo<br />

che l‟<strong>in</strong>credibile è il fondamento <strong>del</strong>la fede,<br />

Forse<br />

Tu ora forse ci <strong>in</strong>segni<br />

troppo ardua è la luce svegliata<br />

65


che colori <strong>in</strong> un baleno il mondo<br />

con le speranze dei padri<br />

che non cessarono di credere, <strong>in</strong> fila sepolti<br />

sotto le mura <strong>del</strong> pianto.<br />

forse il cielo è possibile:<br />

Ora<br />

e il nero è il matt<strong>in</strong>o appena nato<br />

e il pigolio dei bimbi nuovi<br />

e l‟<strong>in</strong>nocenza <strong>del</strong>l‟aquila<br />

e l‟umiltà dei figli tempestata<br />

<strong>del</strong>la gloria povera dei padri<br />

e l‟ala <strong>del</strong>la piccola rond<strong>in</strong>e<br />

che buca l‟orizzonte <strong>del</strong>l‟attesa<br />

e il nero <strong>del</strong>la fiamma<br />

che si cela nel segreto<br />

<strong>del</strong> calore più alto<br />

e squarcia il mondo<br />

e apre al rosso <strong>del</strong>l‟anima rubata.<br />

Barack, è banale<br />

davanti alle stelle dei padri,<br />

ora che sappiamo<br />

tu<br />

è mutato lo statuto dei colori<br />

che l‟impossibile ha una segreta cruna d‟ago<br />

<strong>in</strong> cui alla f<strong>in</strong>e<br />

di generazioni <strong>in</strong> g<strong>in</strong>occhio<br />

passarono quelli<br />

che ebbero fede nel dolore.<br />

hai v<strong>in</strong>to<br />

Tu, Barack,<br />

nella porpora <strong>del</strong>le nostre speranze<br />

come farfalla svegliata<br />

dalle labbra dei padri.<br />

Anche la nostra s<strong>in</strong>gola morte,<br />

66


Noi ci vedemmo <strong>in</strong> sogno<br />

e lì scoprimmo<br />

di non aver solo sognato.<br />

l‟impossibile è vero.<br />

Da ora<br />

Nel piombo un boccio è fiorito.<br />

osare il filo d‟oro che ci guida.<br />

Siamo cercatori d‟un sole<br />

<strong>in</strong> cui il vero è possibile.<br />

Sono andate a ruba le fiabe.<br />

Ora ci spetta<br />

Siamo curiosi d‟un mondo che altri vedrà.<br />

67


8.<br />

A FENICIA<br />

Sii per me quel che sei, l‟angelo<br />

che mi sorge da dentro per dirmi<br />

che fui l‟<strong>in</strong>carnazione d‟un sogno<br />

che ti chiamava a esistere, che nacqui<br />

dal tuo sorriso. Sii la lacrima<br />

che dà luce ai miei occhi, la perla<br />

che guarisce il dolore<br />

<strong>del</strong>l‟ostrica e lo trasforma <strong>in</strong> bellezza, <strong>in</strong> bene, il pulc<strong>in</strong>o<br />

che sbocciando dà speranza al sole, la stella<br />

mar<strong>in</strong>a che rivela<br />

alle masse oceaniche <strong>in</strong> tumulto<br />

la pace dei fondali. Sii quel che sei<br />

e accompagnami<br />

con la piccola mano<br />

a ciò che di me dimenticai<br />

e potrò ritrovare guardandoti.<br />

Apri l‟anima all‟alba<br />

e sia sapore d‟aria la tua attesa,<br />

ciliegia di fanciulla. Abbia<br />

una letizia crèmisi il tuo viso, il tuo gioco<br />

libero<br />

che trapunge i matt<strong>in</strong>i e danza<br />

fra i silenzi odorosi dei lillà<br />

miscelati ai papaveri.<br />

E la tua ala di rond<strong>in</strong>e respiri.<br />

Una mano<br />

Fenicia, il mare greco è mare<br />

perché ride; tu ridi<br />

perché sei mare.<br />

68


ianca<br />

<strong>in</strong>gentilisca<br />

di stelle bimbe le guance <strong>del</strong> creato.<br />

E tu, come il semplice mare<br />

greco, apra la tua spuma: tu rida.<br />

E il fiore dei tuoi occhi sem<strong>in</strong>i luce.<br />

Sia la mia àncora lenta nel fuoco <strong>del</strong>la sera.<br />

69


9.<br />

VENISTI<br />

Venisti<br />

<strong>in</strong> un fremito leggero<br />

dalla tastiera <strong>del</strong>le scale<br />

a valle,<br />

a <strong>in</strong>contrarmi,<br />

guidata da un sorriso<br />

semplice e bianco,<br />

che covava un quesito<br />

affacciato come rond<strong>in</strong>e sul mare.<br />

La domanda fu posta<br />

e una speranza<br />

si confessò <strong>in</strong> un pulviscolo di stelle.<br />

brillarono,<br />

improvvisi,<br />

dal possibile al vero.<br />

E le tue mani<br />

Due bimbi<br />

bianche, appena sorte, <strong>in</strong>ventarono l'alba.<br />

70


10.<br />

SIAMO<br />

Siamo<br />

seduti a specchio <strong>in</strong> questa nostra<br />

bolla <strong>del</strong> tempo, a fil di mare,<br />

i nostri visi di fuoco<br />

belli<br />

nella ressa dei tavoli, nel frastuono<br />

dei calici alla sera<br />

arrossata di voci,<br />

e questa nostra<br />

felicità d‟ora è già ricordo:<br />

vola<br />

<strong>in</strong> becco a una rond<strong>in</strong>e, a un futuro<br />

ignoto<br />

e non saprà più il ritorno.<br />

degli occhi<br />

ci screzia di parole<br />

mute<br />

come orme sull‟acqua.<br />

Questo tempo<br />

Ci dà morsi di cielo.<br />

Il presente è lo zampillo <strong>del</strong> 'qui e ora'<br />

oppure è null‟altro che memoria?<br />

E la memoria è il passato che si autoconserva<br />

o è il presente che dura?<br />

Forse il tempo va ripensato. E, se noi siamo tempo,<br />

dobbiamo ripensare noi stessi. Il passato è ciò che non<br />

passa. Ciò che facciamo è ciò che di noi ricorderemo. Al<br />

nostro futuro apparterranno i ricordi. Anche le speranze<br />

saranno ricordi. Il presente che qui ora viviamo non è altro<br />

che ricordo?<br />

Giura<br />

71


futuri di fontane. Ci leva<br />

alti sull‟estate questa nuova<br />

verg<strong>in</strong>ità da memorie.<br />

come anima la notte<br />

Esòrbita<br />

verso un‟<strong>in</strong>fanzia di luce.<br />

Un dio<br />

ci guarda da tergo e non parla.<br />

Conta i nostri respiri<br />

e li disegna<br />

a vetro<br />

su una pag<strong>in</strong>a di nebbia<br />

<strong>in</strong> una vertig<strong>in</strong>e di mondi.<br />

nel mosto <strong>del</strong>la sera<br />

fatta a brani di lucciole<br />

questa luna<br />

spuntata<br />

come uno scherzo z<strong>in</strong>garo.<br />

di emozioni<br />

timide e verdi,<br />

r<strong>in</strong>ate a nuovo<br />

come pulc<strong>in</strong>i nel creato.<br />

a salvarci<br />

Grida<br />

Sc<strong>in</strong>tilliamo<br />

Siamo<br />

queste piccole bolle nel bicchiere<br />

e la loro ansia di fuga nella luce.<br />

Questa nostra stagione<br />

d‟una sera<br />

giura speranze<br />

e promesse di ricordi,<br />

v<strong>in</strong>ta dalla fragilità <strong>del</strong>le fate:<br />

una galassia<br />

72


di angeli ne estrae memoria<br />

e ne dice <strong>in</strong> un gemito il viso<br />

stando sull‟orlo di parole<br />

antiche<br />

e per amore lo sem<strong>in</strong>a nel vuoto<br />

perché viva nell‟essere, immortale.<br />

felicità d‟ora presente è già ricordo<br />

– il giglio è al sole – e non sappiamo<br />

nella lotteria dei tempi che saranno<br />

se questo ricordo sarà felicità.<br />

Questa nostra<br />

73


11.<br />

GLI ELETTRONI ASSOMIGLIANO<br />

Gli elettroni<br />

assomigliano agli angeli.<br />

Sono e non sono.<br />

Ebbero un luogo e nessuno. Corsero<br />

tempi e strade segrete<br />

e mai alcuna. Furono<br />

corpi vivi e semplici onde. Comunicarono<br />

a distanza<br />

senz' aver mai comunicato.<br />

Messaggeri o apparizioni? Amore arduo<br />

e lontano, siamo esistiti? Vissero solo per gioco<br />

i nostri visi, le gioie, i lacerti<br />

dei nostri affanni, veri per sempre da che<br />

<strong>in</strong>confutabile è il dolore? Dove si nascose l'<strong>onore</strong><br />

<strong>del</strong>le loro orig<strong>in</strong>ali verità?<br />

e ci rubiamo<br />

glosse a marg<strong>in</strong>e e ricordi. Il gioiello<br />

che <strong>in</strong>ventai con la mia mano<br />

a tua dedica, dall'orafo,<br />

– tre lettere d'oro mutevoli<br />

che dicevano <strong>in</strong> un giro<br />

Da un abisso mi guardi<br />

il tuo nome e il mio e quello <strong>del</strong>l'amore – è qui davanti:<br />

meteorite d'un sogno o carne di memoria?<br />

messaggeri di noi<br />

È difficile capire come gli uom<strong>in</strong>i<br />

credano all‟esistenza degli elettroni<br />

e non a quella degli angeli.<br />

Fummo<br />

74


e dei nostri possibili,<br />

venuti un giorno dalle stelle,<br />

o lum<strong>in</strong>ose scie di <strong>in</strong>esistiti?<br />

sorse dal buio, aprì le porte<br />

<strong>del</strong>l‟<strong>in</strong>f<strong>in</strong>itesimo e <strong>del</strong> grande<br />

Un angelo<br />

– «<strong>in</strong>cancellabile è l‟amore», bisbigliò –<br />

e all‟unicità <strong>del</strong>la luce disse «sì».<br />

75


12.<br />

BAMBINO DAGLI OCCHI DI RUGIADA<br />

Bamb<strong>in</strong>o dagli occhi di rugiada,<br />

umidi d‟un pianto senza voce,<br />

ti costa queste lacrime<br />

a sussulti<br />

la morte <strong>del</strong> tuo idolo di carta.<br />

Incompreso vi anneghi, disperato.<br />

Nessuno al mondo<br />

crede al dolore di chi piange<br />

se non crede a ciò per cui piange.<br />

La fiaba<br />

ora è rossa di luna. E soffre la sua falce<br />

la carne <strong>del</strong> tuo cuore appena nato.<br />

Vivere è un sogno<br />

che ti elegge re,<br />

ma ti lascia mendíco.<br />

Forse, picc<strong>in</strong>o,<br />

non siamo tanto diversi<br />

noi e te:<br />

forse la vita<br />

è un pianto <strong>in</strong> un sogno,<br />

<strong>in</strong> cui soffri realmente<br />

anche se il mondo è sognato.<br />

Il sogno d‟un dolore è un semplice sogno<br />

o un vero dolore?<br />

76


13.<br />

IL VENTO CHE QUI PASSA<br />

Il vento<br />

che qui passa<br />

e che depone sal<strong>in</strong>e di ricordi<br />

sul mio corpo sorpreso<br />

orig<strong>in</strong>a da te.<br />

Mi fa cava canna,<br />

risonanza <strong>del</strong> tuo grido di gioia<br />

quel giorno azzurro alla laguna<br />

d‟una Venezia lucente che affondava<br />

fra silenzi e colori.<br />

Le orme<br />

che lasciamo nelle cose sono<br />

i visi dei ricordi:<br />

una <strong>città</strong> le custodisce<br />

<strong>in</strong> una mappa di memorie e le tiene<br />

celate a chi perse<br />

l‟identità d‟esser vivo, ma le offre<br />

a braccia aperte all‟angelo<br />

possibile che viene<br />

a raccoglierle, a salvarle<br />

come stracci di cuore. Questo tempo<br />

perduto ci ha perduti,<br />

ci ha divorato l'anima,<br />

L‟aereo che passa lontanissimo<br />

sulla nostra testa fa vibrare<br />

il piccolo tavolo al quale siamo seduti. Noi<br />

distiamo dalle cose più remote non per<br />

chilometri, ma per vibrazioni.<br />

77


lasciando<br />

nelle nostre preistorie<br />

un reliquiario di speranze.<br />

non è v<strong>in</strong>to.<br />

Mai uragano<br />

poté dilapidare il suo viso.<br />

Il vento che<br />

trascorre<br />

ora<br />

Ma il giglio<br />

dall'abisso <strong>del</strong> tuo vortice al mio,<br />

miscelando tempi penultimi e parole,<br />

è un corrimani di anime<br />

tornate<br />

nell'isola <strong>del</strong> qui.<br />

grani di mondi<br />

unificati <strong>in</strong> un filo<br />

come rosari.<br />

ora li tieni<br />

vivi<br />

fra le dita<br />

<strong>del</strong> sorriso<br />

che fosti,<br />

E tu<br />

che sarò, se mi ami<br />

a distanza,<br />

come dicesti<br />

svanisti,<br />

quando<br />

Riattraversa<br />

spogliandoci dei nostri visi e di noi.<br />

di vento<br />

che ora visita<br />

Questa l<strong>in</strong>gua<br />

78


le cose<br />

una per una,<br />

le fa contemporanee, nude e sole.<br />

Intenerite di lampi e di perdoni.<br />

echi di forme?<br />

Chi soffre,<br />

Siamo<br />

lo nega. Perché orig<strong>in</strong>ale e <strong>in</strong><strong>del</strong>egabile è il dolore.<br />

<strong>in</strong> una corsa di ricordi<br />

l'ombra d'un soffio<br />

come un testimone<br />

di mano <strong>in</strong> mano<br />

consegnato quale<br />

concava forma,<br />

di cui fummo ubriachi e fummo noi. Ma<br />

anche l'ombra è sostanza<br />

se si fa suoni e colori e sa di te. Grida luce.<br />

Ci arriva<br />

Sorriderti forse è morire, come disse il poeta? No, non dirlo. Forse<br />

morire è sorriderti se a me tendi la mano<br />

dal viso che nascondi e che mi sveli<br />

toccandomi lontana<br />

a consolarmi con sfuggito amore<br />

dei giorni morti<br />

perché il silenzio degli anni contumaci<br />

non sia passato <strong>in</strong>vano.<br />

Perché il dolore non sia troppo costato.<br />

79


14.<br />

A MIA MADRE<br />

E ti rivedo<br />

morta,<br />

steso fiore.<br />

Oro e memorie bruciati nel carbone<br />

<strong>del</strong>l‟ora viva.<br />

Dalla valle <strong>in</strong>terclusa <strong>del</strong> tuo cuore<br />

due lacrime salirono alla vita<br />

degli occhi<br />

tuoi – per chi all‟orlo li aspettava<br />

piantando <strong>in</strong> noi due stimmate e due fiori.<br />

Madre, un <strong>figlio</strong><br />

capisce il genitore<br />

sempre troppo tardi. Un <strong>figlio</strong><br />

è come la filosofia, che arriva solo tardi. È come<br />

chi guarda le stelle: le vede<br />

quando non esistono più.<br />

80


15.<br />

RICORDAMI<br />

Ricordami di te, ricordami<br />

la tua ansia di ali, il tuo lampo negli occhi,<br />

la tua voglia di sorriso, quando da un fuoco<br />

<strong>del</strong>la memoria, varco nella notte,<br />

ritroverai il <strong>del</strong>f<strong>in</strong>o<br />

azzurro, nostro<br />

compagno di viaggio<br />

<strong>in</strong> un agosto come un sogno rivelato.<br />

il tuo cuore di luna,<br />

il tremito di perla <strong>del</strong> tuo viso,<br />

le <strong>in</strong>nocenti paure<br />

nate da felicità come<br />

da una festa di lacrime,<br />

quando mordevamo a sussulti cedri e cieli<br />

su una lunghissima estate.<br />

Ricordati di me, ricordami la mia<br />

serenità <strong>in</strong> fiamme, la mia sapienza acerba,<br />

la mia tenerezza impacciata, le colate di follie<br />

verdi, le cento pag<strong>in</strong>e<br />

scritte tutte per te <strong>in</strong> una lettera<br />

È nell‟abbraccio che ci si accorge di essere metà.<br />

Ricordami<br />

lunga come una traversata di mare, <strong>in</strong> cui dicevo senza fiato<br />

il passaggio mio <strong>del</strong> mar Rosso, che spaccava la mia vita, f<strong>in</strong>o al piccolo fiore<br />

<strong>del</strong> tuo tremore di fata, tutto ricordami quando una sera<br />

la speranza sarà più corta <strong>del</strong>la memoria<br />

e sorgerà nel tempo<br />

81


una via lattea di stagioni<br />

come un furto di fuoco,<br />

e fra tutte un autunno<br />

più profondo e più acceso brillerà<br />

come una festa <strong>in</strong> gara con la primavera,<br />

come un sole a colori, come un‟esplosione<br />

fantastica di mondi, fatta di foglie<br />

morte, giacimenti di silenzi<br />

e di vite serbate <strong>in</strong> grembo e velate come fiamma<br />

carsica, alimentata a piccoli respiri,<br />

e sarà, nel ricordo ritornato<br />

come un cane fe<strong>del</strong>e, l‟autunno<br />

d‟un mare mutevole di foglie<br />

<strong>in</strong> un teatro di alberi, un autunno<br />

di stremate forme,<br />

opulente di sonno,<br />

prostrate a terra <strong>in</strong> un <strong>in</strong>cendio di colori,<br />

precedenti l‟<strong>in</strong>verno<br />

e i matt<strong>in</strong>i di marzo,<br />

<strong>in</strong> un canto <strong>del</strong> cigno d‟un‟estate, e tu<br />

con un gioco <strong>del</strong>icato <strong>del</strong>le dita,<br />

<strong>in</strong> un quadro <strong>in</strong>trecciando<br />

foglia a foglia,<br />

le componesti con la nuda mano. Dall‟<strong>in</strong>trico<br />

dei gambi cercavi le voci ai colori, aprivi un varco<br />

all‟angelo, al soffio <strong>del</strong>la luce.<br />

Sia vendemmia ai ricordi<br />

allora, ma con fede<br />

nella speranza. Sulla rasa pianura<br />

Dio benedica la luce<br />

e tutti i granelli <strong>del</strong> deserto<br />

si sveglieranno <strong>in</strong> rond<strong>in</strong>i, e io<br />

come <strong>in</strong> un sogno,<br />

nell‟ora dei petali r<strong>in</strong>ati,<br />

82


calerò dal tramonto, ritornerò<br />

con un sorriso timido a prenderti per mano.<br />

83


16.<br />

IL BIMBO ARDE<br />

Il bimbo arde alla<br />

palla colorata<br />

volata su<br />

fra nuvole di sera.<br />

Altra palla non vuole.<br />

Rifiuta il genitore<br />

che <strong>in</strong> disperato gioco lo soccorre<br />

offrendo surrogati.<br />

Il cielo guarda e muore<br />

all‟impossibile amore.<br />

E così <strong>in</strong>tanto<br />

si allena<br />

il cavo cuore<br />

- nel suo dire e non dire<br />

(è bene? è male?) -<br />

Vuole quella.<br />

alla frontiera <strong>del</strong> vivere il morire.<br />

Ciò che è unico è un universale <strong>in</strong> negativo,<br />

ciò che non è nessun altro, un <strong>in</strong>f<strong>in</strong>ito<br />

per qualità, pur piccolissimo, con la potenza<br />

di negare ogni più grande <strong>in</strong>f<strong>in</strong>ito.<br />

84


LA SOSTA IN ALTO (Intermezzo)<br />

… e fummo <strong>in</strong> cima, sul cr<strong>in</strong>ale,<br />

fra tristezza e speranza.<br />

85


17.<br />

DURÒ TROPPO POCO<br />

Durò troppo poco la luna<br />

nell'estuario dei miei giorni,<br />

ora che <strong>in</strong>voca piano i tuoi occhi la notte, segretamente <strong>in</strong> attesa<br />

<strong>del</strong> raggio verde.<br />

Ora che la mannaia è caduta<br />

sul sogno <strong>del</strong> pettirosso.<br />

Ora che è afono il grido.<br />

Durò troppo poco la luna, ora<br />

che il giglio è ferito<br />

e trema di paura.<br />

Ora che il varco <strong>del</strong>la fede<br />

ha perduto il filo d'erba.<br />

Ora che la goccia<br />

annaspa,<br />

ora che la campana è affranta.<br />

Durò troppo poco la luna, ora<br />

che il calco <strong>del</strong>l'anima<br />

cerca una cruna nel creato<br />

per passarvi<br />

e vibra al vento come<br />

la pelle di Marsia<br />

mentre ha i millenni contati il suo riscatto dal dolore.<br />

Durò troppo poco la luna, ora<br />

che il passaporto per il mondo<br />

ci ha resi cittad<strong>in</strong>i di stragi<br />

Se Tutto è, non c‟è differenza<br />

fra ciò che accade <strong>in</strong> me e ciò che accade nell‟universo.<br />

Ciò che accade <strong>in</strong> me, accade nell‟universo.<br />

E ciò che accade nell‟universo, accade <strong>in</strong> me.<br />

87


e progenitori di deserti.<br />

Ora che la speranza<br />

è stata confiscata dalla fame.<br />

Ora che il cercatore <strong>del</strong> vero<br />

è un giocatore d'azzardo<br />

con una div<strong>in</strong>ità che bara<br />

con la sua ansia di rimuovere la morte.<br />

Durò troppo poco la luna, ora che il Denaro<br />

ha pattugliato tutte le vite <strong>del</strong> pianeta<br />

unificandole <strong>in</strong> un giro<br />

con la scienza dei numeri e la forza<br />

e ha chiamato questo pattugliamento libertà.<br />

Durò troppo poco la luna, ora che<br />

chi popolò il mondo di bamb<strong>in</strong>i soldato<br />

non si vergogna di essere un uomo, mentre<br />

a noi spettò la vergogna<br />

di essere uom<strong>in</strong>i come lui.<br />

Durò troppo poco la luna,<br />

ora che imparammo<br />

che il conoscere è la forma cava <strong>del</strong> dolore.<br />

casa comune<br />

è una verità ossigenata da veleni<br />

<strong>in</strong>telligenti<br />

come una pampa devastata dai soccorritori.<br />

Ora che il mondo<br />

ci ha resi tutti visibili<br />

ma senza visi.<br />

Ora che l'anima è un digiuno<br />

<strong>in</strong> cui si accese la luce.<br />

Durò troppo poco la luna<br />

nell'estuario <strong>del</strong>le nostre speranze,<br />

Ora che la nostra<br />

88


ora che ci ha anonimati<br />

<strong>in</strong> un colpo unico il globo<br />

e dice di amarci<br />

denudandoci con una risata. Ora che il circo <strong>del</strong> pianeta<br />

ci ha selezionati <strong>in</strong> branchi<br />

chiamando questa selezione dignità.<br />

Durò troppo poco la luna, ora che la scienza<br />

cercò di rubare il filo alle Parche<br />

mentre dimenticava la pietà.<br />

Ora che scordammo che i visi<br />

sono un'<strong>in</strong>venzione <strong>del</strong>l'amore.<br />

Ora che la solitud<strong>in</strong>e è una fiamma<br />

che ci fa trasparenti alla notte.<br />

Ora che è uno scandalo il dono.<br />

Ora che la perdita è l'improvviso affondo di Dio.<br />

Durò troppo poco la luna, ora che scoprimmo<br />

che i nostri dolori<br />

sono i nomi <strong>del</strong>l'universo.<br />

filigrane di numeri<br />

che s'<strong>in</strong>ventarono un cuore.<br />

Ora che la cruna<br />

è tutto ciò che sappiamo <strong>del</strong>la luce.<br />

Ora che restarono gli angeli<br />

la scatola nera <strong>del</strong> creato.<br />

Durò troppo poco la luna<br />

ora che nell'ora nona <strong>del</strong>l'anima<br />

non abbiamo più braccia<br />

<strong>in</strong> cui salvarci. Ora che<br />

cercò di cessare la speranza,<br />

Ora che siamo<br />

89


iuscendovi,<br />

ma com<strong>in</strong>ciò a sperar di sperare.<br />

Ora che sono le nostre stalattiti<br />

i giorni <strong>del</strong> ricordo.<br />

Ora che il crocifisso ha due lacrime<br />

e un solo filo di perdono.<br />

Durò troppo poco la luna,<br />

ora che svelammo<br />

che l'amore è più lieve d'un'ombra<br />

e supera <strong>in</strong> carati di forza la velocità <strong>del</strong>la luce.<br />

Ora che sappiamo che un nostro gesto<br />

ha responsabilità verso le stelle.<br />

è un formicaio<br />

e l'universo un formicaio di nomi<br />

che si amano per echi.<br />

può osare il pudore<br />

di varcare la notte<br />

Ora che il nostro nome<br />

Ora che la speranza<br />

e attendere come viatico un <strong>in</strong>cendio di fontane.<br />

Ora che le domande dei bamb<strong>in</strong>i<br />

sono ciò che ci assale degli angeli.<br />

Ora che la contemplazione <strong>del</strong> dolore<br />

è una precipitazione di cristalli<br />

che giurò bellezza al creato<br />

ai piedi d'un perdono.<br />

Durò troppo poco la luna, ora che sappiamo<br />

che l‟angelo<br />

è la forza <strong>in</strong>telligente collocata<br />

alla matrice <strong>del</strong>l‟anima, il respiro<br />

al grado zero <strong>del</strong>l‟orlo<br />

sull‟orig<strong>in</strong>e <strong>del</strong> volo, l‟ala<br />

90


alla sua caduta nel tempo, il sigillo<br />

<strong>del</strong> suo cristallo di neve,<br />

il suo vertice alto, la forza<br />

che restando <strong>in</strong>visibile<br />

depone<br />

l‟alito sul vetro <strong>del</strong> suo nome,<br />

il possibile che precede ogni fiore, l‟«apriti!» alla sua ghianda,<br />

al suo germoglio unico immortale.<br />

Durò troppo poco la luna, ora che sappiamo<br />

che la fame di storia<br />

fece macerie di visi, ora che ogni viso<br />

attende il suo angelo<br />

che torna<br />

ad ali aperte<br />

nell‟immortale possibile che salva.<br />

Durò troppo poco la luna,<br />

non trovò più con le mani il suo viso<br />

e partì alla ricerca dei bàttiti<br />

<strong>del</strong> cosmo<br />

<strong>in</strong> una patria acustica lontana.<br />

Durò troppo poco la luna,<br />

ora che <strong>in</strong> un trionfo di macerie<br />

splendide capimmo<br />

che l‟essenziale è il pulc<strong>in</strong>o,<br />

ora che un uomo una notte<br />

che l‟<strong>in</strong>gordigia di mondo è la perdita di sé; ora che sentimmo<br />

<strong>in</strong> uno stagliarsi <strong>in</strong>verso a due colori<br />

che il colore <strong>del</strong>l‟anima è il colore<br />

<strong>in</strong>afferabile e netto <strong>del</strong>la loro l<strong>in</strong>ea di conf<strong>in</strong>e.<br />

Durò troppo poco la luna<br />

nel fiordo dei tuoi occhi,<br />

calici colmi di notti<br />

e stelle,<br />

versati dagli agosti d‟un‟estate.<br />

91


Durò troppo poco la luna<br />

nell'<strong>onore</strong> dei nostri giorni<br />

<strong>del</strong>l'esodo al perdono,<br />

mentre, graziata dalla luce<br />

che risale<br />

come bolla dal tempo,<br />

ubriaca<br />

<strong>in</strong> filari di braccia<br />

ma non cessa la marea<br />

ora raccoglie sulla sabbia<br />

i grani sparsi <strong>del</strong>la forma concava di te.<br />

92


LA CATÀBASI (II parte)<br />

… Nell‟ora nona <strong>del</strong>l‟anima<br />

un angelo improvviso mi soccorse<br />

piano, generando il matt<strong>in</strong>o.<br />

E com<strong>in</strong>ciammo la discesa al mare …<br />

93


18.<br />

DUE INFINITI<br />

Prendi una retta<br />

e staccale un punto.<br />

Uno solo.<br />

Un piccolo punto.<br />

Quello.<br />

La retta,<br />

come lucertola tagliata,<br />

tutti i suoi punti.<br />

non bastano<br />

Ma tutti<br />

a sostituire quel solo,<br />

perduto.<br />

Quel punto<br />

è l‟anima tua. Goccia<br />

che specchia il sole.<br />

conserva<br />

Inf<strong>in</strong>ita per povertà. Un punto:<br />

nessun <strong>in</strong>f<strong>in</strong>ito contiene.<br />

a una sola goccia perduta<br />

Quante volte una retta<br />

contiene un punto staccato da essa:<br />

<strong>in</strong>f<strong>in</strong>ite volte o nessuna?<br />

Proprio come<br />

quell‟unico che<br />

tutto il mare non basta. Essa ha un nome: l‟<strong>in</strong>f<strong>in</strong>ito<br />

<strong>del</strong>la sua unicità.<br />

95


19.<br />

ELUANA<br />

Dicono che eri<br />

una rond<strong>in</strong>e,<br />

un piccolo picchio,<br />

un pettirosso,<br />

<strong>in</strong>namorata <strong>del</strong> sole.<br />

Sono gli uccelli<br />

le più liete creature <strong>del</strong> mondo,<br />

le più degne <strong>del</strong>la libertà.<br />

Un lampo ti disfece,<br />

sgraziandoti<br />

<strong>in</strong> un sonno senza sogni.<br />

Abbi<br />

pietà di noi.<br />

Per chi crede.<br />

Per chi non crede.<br />

Per chi non sa.<br />

Abbi pietà<br />

per chi specula<br />

sulla tua<br />

piccola<br />

vita<br />

con la lente<br />

<strong>del</strong> dis<strong>onore</strong>.<br />

Onora il padre<br />

tuo<br />

con la forza <strong>del</strong>la sua lacrima<br />

sola<br />

che ti aspettò per sempre<br />

96


senza essiccarsi mai al sole.<br />

Perdonaci<br />

se la purezza <strong>del</strong> tuo pianto<br />

è offuscata<br />

dai nostri sguardi.<br />

Insegnaci<br />

la castità <strong>del</strong> dolore,<br />

che tace.<br />

Abbi pietà di noi<br />

se la nostra pietà di te<br />

ebbe due volti,<br />

quando ti diede l‟acqua<br />

e quando te la tolse.<br />

Tu sei<br />

<strong>in</strong> terra di mezzo,<br />

morta alla nostra miseria,<br />

viva alla tua pietà.<br />

Noi non sappiamo. Siamo vegetali fra mondi<br />

che ignoriamo.<br />

Abbiamo occhi mediocri,<br />

foderati di bandiere.<br />

Solo chi ama<br />

accanto,<br />

forse una favilla vede.<br />

Portiamo la colpa<br />

di chi non capisce<br />

il tuo pianto:<br />

perdonaci per loro.<br />

Abbraccia il padre,<br />

che non meritò la pena<br />

di pagare<br />

con l‟<strong>in</strong>giuria il suo dolore.<br />

Morta da rond<strong>in</strong>e,<br />

divenisti fiore.<br />

97


Str<strong>in</strong>giti al padre. Uscisti<br />

dal tempo e lui,<br />

per starti accanto,<br />

entrò nel tuo.<br />

Perché fossi non più<br />

fiore,<br />

ma stella.<br />

Tutto il cielo è stellato<br />

se un‟anima lo vede.<br />

Uscisti<br />

dal tempo<br />

per entrare nella lacrima<br />

<strong>del</strong> padre<br />

che ti prese per mano.<br />

Accompagnandoti sul ciglio<br />

<strong>del</strong> tuo nome<br />

alto,<br />

come un fiore<br />

come un goccio di rugiada<br />

aperto al vento.<br />

Perché Dio ha un abisso<br />

che non svela.<br />

E perché un fiore<br />

sull‟abisso<br />

non ha vertig<strong>in</strong>i<br />

se un tremito lo scuote<br />

alla prova <strong>del</strong> passo,<br />

un sole<br />

lo aspira<br />

piano<br />

quando<br />

e ricorda la sua goccia al pettirosso.<br />

98


20.<br />

DENTRO I TUOI OCCHI<br />

Dentro i tuoi occhi<br />

bagno le memorie<br />

io r<strong>in</strong>asco bamb<strong>in</strong>o.<br />

alberi snelli<br />

alte signore<br />

dalle mani velate.<br />

come<br />

Ma<br />

il tuo amore non vedo<br />

cavaliere di sogni.<br />

senza avvisare<br />

un giorno<br />

oggi lontano<br />

Partì<br />

Vedo ancora<br />

quel tuo alto<br />

per un percorso quanto un cimitero.<br />

calò come un fendente<br />

come una luna <strong>in</strong> fiamme<br />

Fu come<br />

<strong>del</strong>la fiamma<br />

il disperarsi<br />

sopra il grumo che muore.<br />

dentro il cuore.<br />

Il dolore<br />

I miei genitori ebbero i nomi di due<br />

angeli: <strong>Angelo</strong> e Raffaela.<br />

Gli angeli a volte hanno un difetto: sono<br />

di carne.<br />

99


Da migliar<strong>in</strong>i rossi la campagna<br />

cachi nuovi sorride.<br />

Aprimmo gli occhi e li colmammo un giorno<br />

di r<strong>in</strong>tocchi di neve.<br />

100


21.<br />

DA TEMPO TI DEVO<br />

Da tempo ti devo parole. Ma<br />

non so dirle. Mi difettano. Annaspo. Sono<br />

un <strong>in</strong>solvente vergognoso. Sarebbe<br />

uno spreco di tempo e un avaro<br />

saluto di lode<br />

dirti bella. Sarebbe<br />

offuscare e tradire, non dire<br />

la bellezza che sei,<br />

che la tua bellezza immediata nasconde<br />

come il sole con la sua luce nasconde<br />

le stelle più lum<strong>in</strong>ose,<br />

rivelate dalla notte. E tu<br />

non dire parola di te: io ti conservo<br />

più che l'aquila l'aria, più che la sorgente l'acqua,<br />

più che il dattero lo scoglio. Il tuo nome<br />

è parte di me, come la fiamma<br />

è nel fuoco. Di me<br />

non saprò dirti altro che io<br />

con te fui, per tua mano, come l'Egitto al Nilo,<br />

Salii sul monte <strong>del</strong> Carmelo per svelare alla mia stella il suo fiore.<br />

come una spiaggia di conchiglie al mare, come il levarsi <strong>del</strong>l‟oceano alla luna:<br />

un'<strong>in</strong>venzione <strong>del</strong> tuo volto, un dono <strong>del</strong> tuo sorriso.<br />

101


22.<br />

IN SALA INTENSIVA<br />

Tutti nella bocca <strong>del</strong> drago<br />

sperando non se ne accorga la paura.<br />

Infermieri e <strong>in</strong>fermi,<br />

medici e prostrati.<br />

Il giorno è prigioniero <strong>del</strong>la notte,<br />

il silenzio <strong>del</strong> rumore<br />

<strong>in</strong> questa sala macch<strong>in</strong>e di persi.<br />

Spettri di canti<br />

sotto la coltre ipnotica dei bip.<br />

Qualche viso di conforto spunta<br />

vivo, come una spiga,<br />

fiammula fatua fra le ombre e prega<br />

<strong>in</strong> un soccorrere fatato.<br />

Fuori la porta genitori oranti,<br />

vittime d‟amore.<br />

Con noi due bimbi di tre mesi,<br />

recisi vivi<br />

<strong>in</strong> gocce di speranza,<br />

abbarbicati alla pietà.<br />

Solo a un certo punto <strong>del</strong>la vita ti accorgi che il tuo corpo è<br />

un crepaccio sull‟abisso. Un limite estremo fra te stesso e il vuoto. Qui<br />

solo un angelo veglia sul conf<strong>in</strong>e.<br />

102


23.<br />

L‟AQUILA, 6 APRILE 2009 5<br />

Il dì sesto di aprile, la notte <strong>del</strong>le Palme<br />

come un ladro<br />

un drago di fuoco ci destò<br />

dalle viscere <strong>del</strong> buio,<br />

squarciandoci le porte<br />

e l‟anima<br />

<strong>in</strong> un soqquadro di volti<br />

truciolati da lampi.<br />

Tutta<br />

si liquefece la memoria<br />

nostra,<br />

sbranata <strong>in</strong> un‟alluvione di specchi.<br />

Frugati<br />

nudi da un terrore fummo,<br />

serpi di grida,<br />

manich<strong>in</strong>i rotti,<br />

polveriera di gemiti,<br />

apocalissi di fuggenti, stracci<br />

di secondi rallentati<br />

<strong>in</strong> un capogiro di terra<br />

come sauro che ruota<br />

e fissa<br />

<strong>in</strong> un boato<br />

bianco,<br />

squalo unico muto.<br />

5 Questa composizione si articola, non sappiamo dire quanto per caso, <strong>in</strong> 333 versi.<br />

Al popolo aquilano, all‟altezza <strong>del</strong> suo cuore.<br />

103


Tutto è macerie e pietre,<br />

e macilenta<br />

è l‟anima<br />

come un mare di sale,<br />

dragata dalla morte <strong>del</strong>la luce.<br />

Siamo il resto <strong>del</strong> mondo.<br />

Non c‟è sguardo<br />

su noi.<br />

Inesistenti senz‟ombre.<br />

Il cielo non ha lacrime, le nostre<br />

lacrime non hanno cielo.<br />

fra le pietre a mani nude,<br />

il <strong>figlio</strong><br />

sul filo d‟un lamento come luce.<br />

Ogni vita è rubata. Sepolti<br />

nel silenzio, tutto è tomba di vivi<br />

a cielo crudo.<br />

Siamo terra di morti. Nulla<br />

più ci somiglia<br />

se non un‟orda<br />

di bruchi<br />

senz‟anima.<br />

Unica superstite è la luna.<br />

di ricordo<br />

a vetro stride<br />

solforico sul sangue.<br />

vivi dalla sorte<br />

<strong>del</strong>le pietre,<br />

ogni volto è un risorto.<br />

di giorni<br />

Un padre cerca, frugando<br />

Estratti<br />

Un graffio<br />

In un rosario<br />

104


sotto un sudario di paure<br />

abbiamo contato<br />

i nostri<br />

morti.<br />

Uno<br />

per uno,<br />

viso per viso,<br />

pallore per pallore,<br />

sotto gli occhi <strong>del</strong> mondo<br />

<strong>in</strong> un pallottoliere di ricordi<br />

e strazi.<br />

Sola regna la morte.<br />

corre, precede<br />

Qualche mano<br />

la speranza. La paura abbaia.<br />

Un sol m<strong>in</strong>uto<br />

ci ha uguagliati nel tempo<br />

al mondo <strong>in</strong>tero. Ci ha<br />

retrocessi di secoli<br />

fra tende,<br />

livellandoci agli avi.<br />

Un sol m<strong>in</strong>uto<br />

ci confessa che la <strong>città</strong> globale prima<br />

è la paura<br />

e il pianeta che trema<br />

e l‟aria una<br />

che fa il giro <strong>del</strong> mondo.<br />

Siamo terra di morti. L‟uno con l‟altro<br />

ci accomuna e dist<strong>in</strong>gue la pietà.<br />

Solo ora sappiamo che per anni<br />

dormimmo sul vuoto<br />

di edifici all‟orologeria,<br />

<strong>in</strong> una polveriera di sabbie,<br />

affidati alle colpe<br />

105


di chi un giorno quotò<br />

<strong>in</strong> borsa i respiri<br />

nostri,<br />

giocandoli al tavolo dei sismi.<br />

sappiamo che per anni<br />

dormimmo <strong>in</strong> braccio a rottami,<br />

a copie di uom<strong>in</strong>i che hanno<br />

denaro per cuore e che non sanno<br />

chiedere perdono.<br />

La loro fame<br />

ci ha resi all‟improvviso,<br />

fra tende e pianti,<br />

gratuiti attori di un reality show.<br />

ci ridussero <strong>in</strong> briciole,<br />

uom<strong>in</strong>i ci soccorrono.<br />

vi chiediamo perdono<br />

Noi<br />

Solo ora<br />

Uom<strong>in</strong>i<br />

se, offuscati, non sempre discerniamo fra loro. Uom<strong>in</strong>i furono<br />

quelli che, a freddo, ci sterm<strong>in</strong>arono a Onna; uom<strong>in</strong>i, forse, saranno<br />

quelli che sciameranno da noi, nuovi<br />

cercatori d‟oro<br />

sporco. Non chiedeteci per chi tremò il terremoto.<br />

Esso tremò per tutti,<br />

per voi e noi,<br />

formiche <strong>del</strong>la terra,<br />

colonie di ragni<br />

<strong>in</strong>g<strong>in</strong>occhiati<br />

<strong>sulle</strong> proprie paure.<br />

Un terremoto è nulla<br />

per il cosmo,<br />

e noi<br />

nulla di nulla,<br />

106


ma semi di rose. Come<br />

messaggi <strong>in</strong> bottiglia nel mare <strong>del</strong> creato.<br />

La notte <strong>del</strong>le Palme ci ha snudati<br />

alla luce.<br />

Ci ha rubato<br />

la vita. Ci ha issati<br />

su un as<strong>in</strong>o straziato<br />

alla volta d‟un tempio<br />

ignoto.<br />

Grande si fa la paura,<br />

piccolo il mondo<br />

<strong>in</strong>torno a noi,<br />

<strong>in</strong>torno ai nostri visceri <strong>in</strong>difesi.<br />

stati scoperti<br />

stazioni mobili<br />

su una faglia <strong>del</strong> globo, nevralgia<br />

<strong>sulle</strong> derive dei cont<strong>in</strong>enti,<br />

all‟improvviso<br />

colti <strong>in</strong> un lampo all‟<strong>in</strong>granditore.<br />

Fa importanti il dolore,<br />

se importante è l‟<strong>onore</strong><br />

di chi lo vede.<br />

La pena di un popolo è di tutti,<br />

come un furto <strong>del</strong> sole.<br />

File di bare bianche<br />

si affacciano sul mondo e siamo<br />

mappe di croci:<br />

bimbi esposti alla luce<br />

per l‟addio,<br />

orfani di padri<br />

restati vivi,<br />

piccole radici<br />

trafugate al filo <strong>del</strong> respiro,<br />

Siamo<br />

107


fronti deposte<br />

sul dest<strong>in</strong>o,<br />

come strette di mani<br />

senza dita,<br />

come lacrime<br />

rubate al pianto,<br />

come parole che non possono dormire,<br />

come il corrersi <strong>in</strong>contro<br />

senza braccia,<br />

come strozzate luci,<br />

come cave canne<br />

di preghiere estirpate.<br />

Signore,<br />

siamo crepe di ricordi. Il sole<br />

ha fatto man bassa di noi,<br />

ci ha chiusi nelle nostre vite<br />

e ha gettato la chiave.<br />

Dove ci assediò la fame<br />

d‟oro,<br />

ora ci assedia la paura. Dove<br />

ci assediò la paura,<br />

ora ci soccorre la pietà.<br />

se non dist<strong>in</strong>guiamo ancora bene<br />

fra chi ci ama perché ha paura<br />

e chi ha paura perché ci ama.<br />

<strong>del</strong>la terra<br />

non ha solo sciami,<br />

ma peristalsi di repliche<br />

nel cuore.<br />

anche <strong>del</strong>la nostra paura.<br />

Ha natura retrattile il dolore,<br />

Vi chiediamo perdono<br />

Il tremore<br />

Ora la terra trema<br />

108


che ci accascia e dà volo.<br />

la metafora viva di un mondo<br />

improvviso<br />

che senza malta esplode<br />

Forse siamo<br />

come <strong>in</strong> un‟osteoporosi programmata<br />

da noi su noi.<br />

La follia<br />

è il nostro filo d‟erba<br />

a cui si appende<br />

la speranza di tornare<br />

sul ciglio <strong>del</strong>l‟essere<br />

dal pendolo che oscilla<br />

<strong>sulle</strong> nostre paure.<br />

La nostra meraviglia è la speranza<br />

di essere ancor uom<strong>in</strong>i,<br />

esseri fatti di terra<br />

che guardano <strong>in</strong> alto,<br />

dalle crepe<br />

per un sisma di dentro<br />

che ci alzò,<br />

ora risorti<br />

creati dai soccorsi<br />

di occhi che ci credono fratelli.<br />

A tutti occorre<br />

qualcosa che riscaldi il cuore.<br />

da una promessa di varco<br />

l‟Aquila,<br />

il sole,<br />

il ricordo dei giorni derelitti,<br />

le storie, le memorie, le mura patrie,<br />

i padri, i figli, i visi <strong>del</strong> bestiame,<br />

Fra le crepe c‟è un filo.<br />

Ora si leva<br />

109


uno per uno amati,<br />

i volti irremovibili dei morti,<br />

la farfalla che torna<br />

a tremare sul nettare <strong>del</strong> fiore.<br />

Dalle viscere aperte <strong>del</strong>la terra emerse la paura.<br />

dalle viscere aperte d‟una madre<br />

scoppia un nuovo nato<br />

- carne da carne, senza carne sola.<br />

Una necessità ci fa liberi<br />

se <strong>in</strong>dica una luce.<br />

<strong>in</strong> cui si scopre che<br />

<strong>in</strong>f<strong>in</strong>ito è un fiore,<br />

se un‟anima lo vede.<br />

a salvarci<br />

né la pietà<br />

dei tempi carsici<br />

né le emozioni<br />

Forse c‟è un tempo<br />

Non ci basta il dolore<br />

a geometrie variabili <strong>del</strong> mondo.<br />

Al sisma <strong>del</strong>la terra<br />

un sisma <strong>del</strong>le viscere risponde,<br />

papavero dal fuoco.<br />

Abbiamo fame di fede.<br />

Come l‟eruzione <strong>del</strong>l‟erba,<br />

che è possibile per necessità.<br />

d‟un bimbo,<br />

che fa sangue ma è luce.<br />

assomiglia<br />

a un orgoglio<br />

ma è un tic <strong>del</strong>l‟anima,<br />

Come lo scoppio<br />

Questa fame<br />

Ora<br />

110


una legge <strong>del</strong>la Terra,<br />

una gravitazione cosmica,<br />

un ist<strong>in</strong>to di pastori,<br />

come un sisma di dentro,<br />

oriundo <strong>del</strong>la luce.<br />

Una vita<br />

vive solo se un piccolo nulla si accende:<br />

come un dito di bimbo o un fil di voce.<br />

Una vita<br />

è un battito di ciglia: si replica<br />

e non può essere impedito. Dal crepaccio<br />

scoppia il terrore e il fiore, come la zizzania<br />

e il grano.<br />

Noi preghiamo<br />

a noi tocchi il dolore<br />

alto<br />

che come cedro può assorbire il sole.<br />

come fili d‟erba, come<br />

calici d‟acqua.<br />

Si susseguano i giorni<br />

Come volti di agnelli. Come spighe. Come navi di rose.<br />

verdi,<br />

le perle <strong>del</strong>le Chiese<br />

dai sapori di Santi,<br />

la fede nelle musiche,<br />

la reggia dei sogni<br />

quotidiani,<br />

gli studi dei giovani, i talenti, la fiamma<br />

dei lavori operosi, la rivoluzione <strong>del</strong> glic<strong>in</strong>e,<br />

le mele verdi, i percorsi degli avi, le iridi <strong>del</strong>l‟alba, le meraviglie<br />

dei nati, “settembre, andiamo”, i canti dei pastori, i nostri<br />

maggi odorosi, pozzi<br />

di sguardi sulla terra viva<br />

R<strong>in</strong>ascano gli armenti<br />

111


ai solchi <strong>del</strong>la luce.<br />

cieche<br />

frughi un poeta<br />

Fra le nostre rov<strong>in</strong>e<br />

i dispersi giorni, per risorgerli<br />

dal possibile al vero<br />

come un angelo nuovo, spàg<strong>in</strong>i i volti nascosti tra le perdute<br />

lune, ci restituisca il battito <strong>del</strong> mare. Ora ci tocca<br />

lanciare il cuore oltre il buio. Ridare acqua<br />

alla terra e l‟oro al grano. Diamanti<br />

saranno i dolori e fuochi nella notte. Noi<br />

non potremo mai tradire il sangue,<br />

i sogni,<br />

fra i ricordi<br />

la giungla <strong>del</strong>le braccia che ci chiama.<br />

lo stelo al giglio,<br />

il varco all‟erba,<br />

all‟aquila il suo volo.<br />

Essa avrà il nostro sangue: per ali<br />

le speranze dei fanciulli, per occhi<br />

le memorie dei padri<br />

e per timone di vento<br />

noi stessi,<br />

risorti <strong>in</strong> piedi<br />

<strong>in</strong> <strong>onore</strong> <strong>del</strong> <strong>figlio</strong>:<br />

negli occhi suoi<br />

perché duri<br />

Noi non negheremo<br />

la nostra luce, l‟orgoglio <strong>del</strong>le orig<strong>in</strong>i, la dignità <strong>del</strong>le nevi,<br />

il sisma <strong>del</strong>le viscere<br />

nostre<br />

confessato dall‟ist<strong>in</strong>to al sole, la stella<br />

<strong>in</strong>dicata dall‟ago<br />

<strong>del</strong>la fede nel cómpito,<br />

112


il candore di Dio,<br />

la promessa <strong>del</strong> sangue e il nome <strong>del</strong>l‟<strong>onore</strong>.<br />

113


24.<br />

FRATE FRANCESCO<br />

Frate Francesco,<br />

di bocca <strong>in</strong> bocca<br />

ci giunse la notizia<br />

<strong>del</strong>la tua vita.<br />

Da ottocento anni ci arriva<br />

ed è fresca.<br />

Frate Francesco,<br />

come farò a capire<br />

che i fiori<br />

sono la libertà <strong>del</strong>l‟universo, che gli uccelli<br />

sono la fioritura dei bamb<strong>in</strong>i,<br />

che l‟umiltà è il respiro <strong>del</strong> mondo,<br />

che il calice <strong>del</strong>l‟alba non ha Dio<br />

perché è il cuore medesimo di Dio?<br />

Frate Francesco, come farò a capire<br />

che il perdono è più antico <strong>del</strong> peccato,<br />

che la letizia è più orig<strong>in</strong>aria <strong>del</strong> dolore,<br />

che l‟impossibile è vero,<br />

che chi è <strong>in</strong>giuriato può essere lieto,<br />

che chi si spoglia è ricco,<br />

che chi mendíca è re?<br />

Frate Francesco,<br />

come farò a capire<br />

Se una verità impossibile attrae,<br />

attrae perché è impossibile<br />

o perché è verità?<br />

114


che il ragionevole è vano<br />

e che l‟unica ragione è la follia?<br />

Frate Francesco,<br />

come feci a capire<br />

che Dio non si dimostra ma si mostra,<br />

che l‟assurdo è l‟amore al suo colmo,<br />

che l‟<strong>in</strong>nocenza non potrà mai morire<br />

perchè fece sentire colpevole la Morte?<br />

un giorno lo compresi<br />

e dopo lo scordai. Ancora cerco<br />

ogni volta daccapo<br />

ciò che persi.<br />

Frate Francesco,<br />

come farò a capire<br />

perché mi affasc<strong>in</strong>a<br />

questo non capire,<br />

perché non mi persuade e pur mi prende<br />

che il vangelo è stoltezza<br />

e che è stoltezza la letizia dei semplici?<br />

Frate Francesco,<br />

come poter capire<br />

la forza<br />

di chi scegliendo di perdere decise<br />

di v<strong>in</strong>cere per sempre,<br />

per letizia? L‟<strong>in</strong>nocenza<br />

è una prova dura, frate<br />

In un attimo<br />

nostro, perché è pura. Non fa sconti al dolore. Dà varco alla sua lama<br />

e le dà luce. Sferza<br />

se stessa. Scava. Ardua come il diamante<br />

resiste al suo splendore, lo castiga.<br />

115


Frate Francesco,<br />

come farò a capire<br />

il rompicapo <strong>del</strong>la tua pazzia, uovo all'impiedi che al mondo<br />

non si regge, eppur camm<strong>in</strong>a, uovo che scoppia<br />

alla chiara <strong>del</strong>l'anima e fa rosso il creato, gli dà fuoco?<br />

Frate Francesco,<br />

come poter capire<br />

la follia<br />

di chi capì tutto senza dire<br />

un solo iota <strong>del</strong>la dottr<strong>in</strong>a di Dio?<br />

Frate Francesco,<br />

come farò a capire<br />

questa <strong>in</strong>tuizione abissale <strong>del</strong>la luce<br />

<strong>in</strong> un cuore di carne<br />

folgorato dalla fame di pietà?<br />

Frate Francesco, come poter capire<br />

che siamo noi il lupo di Gubbio<br />

redivivo? Come potremo ardire<br />

fare a meno di te<br />

se il tuo sorriso<br />

è perpendicolare alla notte, è la corda che salva, è la radice<br />

<strong>del</strong> nostro domandarci su di noi<br />

mentre ci domandiamo su di te?<br />

116


25.<br />

LA LUNA A SORSI<br />

La luna<br />

a sorsi ha<br />

bevuto<br />

tutta la luce <strong>del</strong> giorno<br />

ed è<br />

biancalatte<br />

nel cavo<br />

cristallo<br />

di sera<br />

detersa<br />

prosciugando sparpagli di stelle.<br />

Il simbolo<br />

attrae, concentra e irradia.<br />

Come la luna.<br />

117


26.<br />

FENICIA, COMPI GLI ANNI<br />

Fenicia,<br />

oggi<br />

compi gli anni.<br />

Il tuo settimo. Il numero<br />

perfetto degli antichi. Non taglierò<br />

una rosa per te: sarebbe morta. Per te<br />

taglio il mio cuore,<br />

il cuore di papà. Perché tu<br />

l‟<strong>in</strong>naffi<br />

coi tuoi occhi. Gli dia<br />

luce di luna, lo irrori<br />

<strong>del</strong> tuo sole bruno, il sorriso, lo curi<br />

con le tue piccole mani e lo preservi dal male.<br />

16 aprile 2009<br />

118


27.<br />

HO SETTE PERLE DA DARTI<br />

Ho<br />

sette perle da darti,<br />

ma<br />

le nasconderò<br />

per non turbare il tuo cuore.<br />

solo <strong>in</strong> ord<strong>in</strong>e<br />

come bimbe <strong>in</strong> attesa<br />

<strong>del</strong> mare alto<br />

quando matura la luna.<br />

perla è il tuo nome,<br />

La prima<br />

iscritto nel lampo degli occhi<br />

f<strong>in</strong> dal tuo primo sorriso<br />

il giorno <strong>in</strong> cui nacque<br />

il tuo mondo<br />

ai Camaldolilli, tra i fiori,<br />

con i primissimi fili di capelli<br />

Le terrò<br />

e uno spiritoso dent<strong>in</strong>o di neonata,<br />

proprio mentre<br />

Una vita è fatta di anni, cioè<br />

di rivoluzioni <strong>in</strong>torno al sole. Ed è fatta di eventi,<br />

cioè di rivoluzioni nel sole.<br />

A te, per il tuo<br />

24 maggio che torna, carm<strong>in</strong>io<br />

mio fiore alto <strong>del</strong> Carmelo.<br />

«Per nulla al mondo, amore, avrei <strong>in</strong>terrotto<br />

questo sogno beato, ma tu fosti saggia a svegliarmi.<br />

Tu non spezzi il mio sogno, lo cont<strong>in</strong>ui».<br />

(John Donne, Poesie d‟amore)<br />

119


serissimo e buono<br />

un bimbo<br />

si comunicava al Dio santo<br />

e maggio odorava nel sole.<br />

perla è la tua grazia<br />

di sorgente,<br />

limpida come un piccolo fiume<br />

azzurro<br />

e come un cristallo nella luce.<br />

perla è la storia<br />

dei piccoli cuori<br />

di <strong>Angelo</strong> e Fenicia,<br />

stelle di mare<br />

a braccia aperte<br />

tra spiagge di ciottoli rosa<br />

e voli a Francoforte,<br />

già nate<br />

prima di nascere<br />

nelle notti smeralde<br />

di agosti<br />

La seconda<br />

La terza<br />

traversati come oceani a bracciate.<br />

perla<br />

è l‟immortalità <strong>del</strong>l‟amore<br />

come un ist<strong>in</strong>to di rond<strong>in</strong>e<br />

che lascia<br />

all‟ala profonda<br />

l‟ago magnetico <strong>del</strong>la libertà.<br />

perla è<br />

la luce <strong>del</strong> tuo viso,<br />

<strong>in</strong>naffiato di lacrime di mare,<br />

La quarta<br />

La qu<strong>in</strong>ta<br />

120


qui al fianco <strong>del</strong> mio letto, il tuo dirmi<br />

«mi sei vic<strong>in</strong>o e mi manchi», proprio ora<br />

che tu mi sei lontana e sei qui.<br />

perla<br />

è il monte <strong>del</strong> Carmelo,<br />

al quale un‟anima scalza<br />

ogni ora rachitica sale,<br />

accumulando stracci<br />

e sorrisi.<br />

perla<br />

La settima<br />

è l‟universo <strong>del</strong> dolore<br />

che nascosi<br />

come un cómpito<br />

per lavorarlo da dentro, per trarne<br />

lampi e smeraldi, per cercarne<br />

i coralli e le gioie<br />

La sesta<br />

nel s<strong>in</strong>ghiozzo <strong>del</strong>l‟ostrica, nell‟<strong>in</strong>cendio<br />

che dura<br />

dal fondo di <strong>in</strong>fanzie e parole<br />

e le grazia<br />

<strong>in</strong> un frantoio di colori, come<br />

scoppia <strong>in</strong> farfalla ogni pena,<br />

e ho tutta la vita davanti per farne il tuo sole.<br />

121


28.<br />

C‟ERANO LE CITTA‟<br />

C‟erano un tempo gli eroi,<br />

poi<br />

restarono <strong>città</strong>.<br />

mura squadrate<br />

specchi di Dei,<br />

Dapprima,<br />

dita esperte di stelle,<br />

vennero maestose pietre<br />

di arti gemmate,<br />

poi<br />

poi<br />

comode colombaie, <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e<br />

alti macigni<br />

armati,<br />

vaiolati di fori d‟aria,<br />

a braccia aperte proiettili<br />

verso un cielo vuoto.<br />

crebbero i miseri,<br />

Intorno<br />

si fecero moncher<strong>in</strong>i i silenzi<br />

e scalene le braccia<br />

di uom<strong>in</strong>i scartati,<br />

di derelitti senza voce.<br />

E poi<br />

ogni cosa fu viaggio, storie<br />

di vivisezionati <strong>in</strong> camm<strong>in</strong>o,<br />

Gli uom<strong>in</strong>i trapiantarono <strong>in</strong> terra le stelle,<br />

e queste divennero <strong>città</strong>.<br />

122


migranti<br />

a perdita di vite.<br />

tutti ci contiene,<br />

così tutti<br />

Come un vento<br />

mette <strong>in</strong> esodo il sisma<br />

<strong>del</strong>la paura e <strong>del</strong>la fame.<br />

volano a stormi<br />

come pòll<strong>in</strong>i i visi<br />

di uom<strong>in</strong>i a colori,<br />

che piovono a cascate<br />

Ora<br />

come sciami di g<strong>in</strong>estre fra noi.<br />

Dovunque un uragano li scuota<br />

vanno, agitati.<br />

In briciole, <strong>in</strong> preda<br />

al soffio <strong>in</strong>quieto<br />

d‟uno Spirito ubriaco.<br />

Tu<br />

che dai tuoi occhi mi guardi,<br />

bamb<strong>in</strong>o senza terra,<br />

che hai per unica terra<br />

le braccia<br />

mobili dei padri e una speranza scostumata, per noi<br />

non ci sarà mai una terra<br />

se la tua lacrima<br />

non avrà luce dentro di noi.<br />

respiro nomade<br />

riscrive i conf<strong>in</strong>i <strong>del</strong> pianeta,<br />

ridissem<strong>in</strong>a i mondi<br />

nostri,<br />

ridà i nomi alle antiche <strong>città</strong>,<br />

ci ricorda<br />

Il tuo<br />

123


le nostre responsabilità verso i deserti.<br />

Nessun luogo è un‟isola. Nessun<br />

luogo è lontano.<br />

Nessun filo d‟erba è randagio<br />

sul pianeta<br />

se è ospitato dal sole.<br />

sul globo <strong>in</strong> un cappio<br />

Siamo<br />

per respirazione bocca a bocca.<br />

<strong>del</strong>le <strong>città</strong><br />

è il corpo <strong>del</strong>le nostre vite,<br />

disegna i nostri domani, ma<br />

cerca un‟anima<br />

e un nome.<br />

Non ha razza<br />

il dolore, la paura, la morte,<br />

l‟amore,<br />

ed è tutti i colori <strong>del</strong> cosmo<br />

il nostro respiro.<br />

fame di viso,<br />

bamb<strong>in</strong>o,<br />

è la nostra<br />

se l‟anima nostra<br />

si accorge<br />

La tua<br />

Lo spazio<br />

di esser seduta su un ramo <strong>del</strong>la tua.<br />

Nessuno<br />

può salvarsi<br />

se non scopre<br />

di spezzarsi,<br />

spezzandoti.<br />

Gli occhi sono lacrime e fuoco,<br />

e tutta la Terra è un rimorso<br />

124


se dimentica il sole.<br />

Tutti fummo <strong>in</strong> camm<strong>in</strong>o<br />

nel cosmo,<br />

nel globo,<br />

<strong>sulle</strong> faglie dei cont<strong>in</strong>enti,<br />

sul plasma <strong>del</strong>le viscere buie<br />

<strong>del</strong>la Terra,<br />

ma l‟essenziale è <strong>in</strong>visibile<br />

agli occhi, perché <strong>in</strong>visibile è la radice<br />

da cui guardiamo<br />

e immobile<br />

è l‟orizzonte <strong>del</strong> viaggio<br />

nel suo eterno mutare.<br />

che cosa so <strong>del</strong> mondo<br />

e di me<br />

Bamb<strong>in</strong>o,<br />

se saperlo non basta a salvarmi,<br />

a salvarci<br />

dal nostro essere spezzati?<br />

Tutto è nuovo,<br />

se un uomo<br />

sa di essere nuovo. E un solo<br />

lampo<br />

di notte<br />

è la resurrezione <strong>del</strong> mare.<br />

c‟importa<br />

da dentro<br />

Ognuno<br />

anche se è sconosciuto e lontano.<br />

nuovi crepacci<br />

un giorno àzzimo svela.<br />

Sia<br />

notizie di perle ogni volto, porti<br />

Forse<br />

125


<strong>in</strong>trecci di mani, ci apra<br />

la nuova scoperta <strong>del</strong> fuoco,<br />

che nacque dalle diversità:<br />

come a Vulcani e a Promètei<br />

r<strong>in</strong>ati<br />

ad altra generazione <strong>del</strong> fuoco,<br />

nuovo per era,<br />

<strong>in</strong>namorato <strong>del</strong>la pietà.<br />

le vite <strong>in</strong> viaggio<br />

non macchie separate,<br />

Siano<br />

ma l<strong>in</strong>gue di un‟unica fiamma<br />

diffusa fra noi.<br />

Passerà<br />

tutta l‟era dei nostri rapporti<br />

all‟universo <strong>del</strong> fuoco<br />

nuovo,<br />

scoppiato da fissione a fusione.<br />

le <strong>città</strong> spazi aperti,<br />

<strong>in</strong>croci di rond<strong>in</strong>i<br />

che ebbero sapienza <strong>del</strong> viaggio<br />

e <strong>del</strong> proprio ritorno.<br />

le nostre <strong>città</strong><br />

il sapere <strong>del</strong> sole<br />

che discese<br />

negli abissi <strong>del</strong>l‟atomo<br />

svelando gl‟Inferi a noi,<br />

azzerando anni luce<br />

Saranno<br />

Abbiano<br />

di varchi fra luoghi, fra il pensiero e l‟azione,<br />

<strong>in</strong>ventando l‟iride <strong>del</strong> fuoco,<br />

per risorgere alla letizia <strong>del</strong>la luce. Abbiano<br />

visi le <strong>città</strong>:<br />

126


fili d‟erba, lacrime, memorie, scoiattoli all‟alba,<br />

l‟architettura <strong>del</strong> cielo stellato<br />

sbarcato come dialogo fra noi,<br />

perché ora sappiamo<br />

che da sempre è meticcio il sole.<br />

le scienze nane<br />

Siano<br />

i giganti che aprono col sesamo il futuro,<br />

estraendo l‟oro dei sorrisi.<br />

Anacoluti di uom<strong>in</strong>i,<br />

<strong>in</strong> debito con le regole nostre,<br />

renderanno scaleno ogni sguardo,<br />

saranno un‟altra grammatica<br />

se è universale ogni fiore.<br />

le labbra <strong>del</strong>la notte<br />

Qui<br />

str<strong>in</strong>gano d‟assedio il fuoco<br />

come farfalle<br />

per dilatarlo al còmpito <strong>del</strong> sole.<br />

Saranno le storie<br />

di ognuno e la scienza<br />

il corpo vivo <strong>del</strong>le <strong>città</strong>,<br />

cerca un‟anima,<br />

ma ogni <strong>città</strong><br />

e l‟anima è istituita dai poeti.<br />

Solo i poeti<br />

dànno il rosso <strong>del</strong> sole alle cose.<br />

Perché i poeti hanno l‟anima<br />

a strapiombo sul cielo,<br />

sentono il sangue<br />

e dànno i nomi alle rose.<br />

127


29.<br />

CADORE<br />

Miagola ai vetri<br />

la matt<strong>in</strong>a<br />

e mi desta.<br />

Faccio le fusa.<br />

Una chiarità di glic<strong>in</strong>e mi aspira<br />

<strong>in</strong> fondo all‟acqua sospesa.<br />

L‟aquila <strong>del</strong>l‟aria si è levata<br />

dal suo rosso tiziano<br />

e mi tocca. Brillo<br />

al br<strong>in</strong>disi fresco. Fuori<br />

un mondo possibile bussa<br />

alla porta<br />

come un perdono <strong>del</strong>la luce.<br />

ho deciso di essere felice.<br />

Ora e per sempre<br />

La felicità<br />

è solo l‟altro nome <strong>del</strong>la fecondità<br />

128


30.<br />

LISBONA<br />

Rivengo a te<br />

sull‟aquila reale<br />

dei miei ricordi,<br />

a te risorta<br />

dai miei giorni ciechi<br />

e, nata all‟alba<br />

di azzurrissimo angelo,<br />

ti adagi<br />

a calde ali <strong>in</strong> bàttiti di mare<br />

ora sotto di me.<br />

Amo il tuo oro,<br />

il tuo cuore,<br />

T‟amo Lisbona.<br />

il tuo cielo di zucchero,<br />

il tuo collo di fragola sul mare.<br />

colomba<br />

La storia <strong>del</strong>la civiltà occidentale è quasi la storia<br />

di un unico,complesso viaggio fenicio dall‟Asia m<strong>in</strong>ore verso l‟ovest.<br />

Forse Lisbona ne è stata un punto di approdo epocale e un nuovo volo.<br />

T‟amo,<br />

dai sette colli e dall‟anima fenicia.<br />

Amo<br />

i tuoi tetti, i tuoi suoni, i tuoi borghi, i tuoi santuari, le tue torri,<br />

le azulejas <strong>del</strong> tuo lucido costato,<br />

il tuo ponte di rond<strong>in</strong>e sull‟acqua.<br />

Amo<br />

Una <strong>città</strong> può essere bella come un‟esplosione di colori.<br />

O bella come L‟esplosione <strong>del</strong>la cattedrale di Max Ernst.<br />

129


la tua letizia, il tuo <strong>onore</strong>,<br />

la tua perla<br />

di verde e luce,<br />

regalata all‟oceano dal Tago.<br />

Qui venni<br />

con la fanciulla carmica nel cuore<br />

e i nostri bimbi<br />

e il mio dolore.<br />

mi soccorresti<br />

Qui<br />

col tuo bianco lucente,<br />

con la tua fede nel mare,<br />

con le ali <strong>del</strong> tuo Santo paduano, cui fu devota mia madre, col tuo canto di sirena.<br />

con i tuoi castelli,<br />

i tuoi colori, i tuoi acquari,<br />

con le tue piazze <strong>in</strong>vase dalla luce.<br />

sono il pudore <strong>del</strong>le cose<br />

e le labbra <strong>del</strong> mondo.<br />

Conf<strong>in</strong>ano col sole.<br />

Un falco alto li alleva<br />

e li consola.<br />

Lisbona,<br />

T‟amai<br />

mentre calavo da Braga,<br />

dall‟orgoglio alto <strong>del</strong> suo nido<br />

custodito dal tempo<br />

I nomi<br />

come un sole rosso e un falco medievale,<br />

sognando Guimarães e Madera.<br />

i tuoi porti, i tuoi v<strong>in</strong>i,<br />

le tue piccole vie,<br />

Amai<br />

e a te venivo<br />

Mi soccorresti<br />

130


i pasticci iridati <strong>del</strong> tuo pesce bianco,<br />

la chiarità dei tuoi calici alla notte,<br />

mentre cantavano il Fado<br />

le melagrane dei tuoi uom<strong>in</strong>i scuri,<br />

lucidi come bai, e le tue donne al ciliegio, petali d‟un popolo<br />

mediterraneo sull‟oceano, arduo, polícromo, tenace.<br />

la tua anima fenicia,<br />

che spicca il volo<br />

ancóra,<br />

a una potenza seconda, a tutte le rotte <strong>del</strong>l‟ovest,<br />

non solo ago magnetico ma rosa dei venti<br />

e margherita.<br />

i tuoi punti più alti<br />

Str<strong>in</strong>si d‟assedio<br />

fra l‟<strong>in</strong>dice e il medio <strong>del</strong> respiro,<br />

come farfalle di labbra,<br />

per ascoltarne il vento<br />

e per farne petali di mare.<br />

sul tuo tren<strong>in</strong>o rosso,<br />

come un lombrico<br />

versàtile,<br />

fe<strong>del</strong>e.<br />

tenero<br />

Sgomitolai <strong>in</strong> un filo,<br />

fra i mille echi <strong>del</strong>l‟alba, tutte<br />

M‟<strong>in</strong>erpicai<br />

le frammentate vite di Pessoa, cristalli<br />

di specchi e di lacrime, traversate da lame<br />

di bellezze ultime e di morsi.<br />

Lisbona.<br />

E <strong>in</strong> te<br />

amai il mio dolore<br />

T‟amai,<br />

Amai<br />

131


e il tuo pianto,<br />

confitto come un dardo nel tramonto.<br />

la tua fiamma verde<br />

di Natale<br />

<strong>in</strong>nalzata <strong>in</strong> un albero alla notte<br />

come un pugno di stelle <strong>in</strong>namorate.<br />

i tuoi visi, i tuoi soli,<br />

la tua grande strada bianca,<br />

che avvampa di candore,<br />

spuntata sulla schiena a un terremoto.<br />

gli antichi migratori<br />

e la nuova frontiera<br />

sull‟ovest<br />

- altro lido sul mondo,<br />

altro Libano,<br />

altri cedri,<br />

altra Fenicia<br />

sul magnete liquido <strong>del</strong> mare –<br />

e lo sguardo sul vento<br />

e la fame di ignoto<br />

e l‟avventura<br />

e la gloria dei ripidi padri<br />

che fecondarono la notte,<br />

Amai<br />

Amai<br />

alla Gorgóne <strong>del</strong> sole offrendo il mare.<br />

In te rividi<br />

In te rividi<br />

i gesti, le risacche, i giorni smunti, il mio cuore scavato,<br />

le mille civiltà<br />

terrazzate<br />

<strong>in</strong> un tempo<br />

immobile,<br />

come lunazioni di colori<br />

132


e popoli, come elevazioni di ziggurrat<br />

alla luna.<br />

Lisbona.<br />

T‟amo<br />

Amo il tuo cuore, il tuo oro, il tuo canto,<br />

amo la matt<strong>in</strong>ale purezza <strong>del</strong> tuo pianto,<br />

bello come la misericordia di Dio.<br />

Amo come zàffiro al tramonto<br />

la tua saudade che dà fuoco al mare.<br />

l‟oro bianco <strong>del</strong> nuovo e sei l‟antico,<br />

bordo d‟Europa e <strong>del</strong>le genti<br />

<strong>del</strong> mare nostro, stele bianca<br />

di Rosetta fra mondi, chiave di conf<strong>in</strong>e<br />

fra le due l<strong>in</strong>gue mitiche <strong>del</strong> sole.<br />

Tu,<br />

Tu sei<br />

gemma di papaveri e di lampi, ospiti <strong>onore</strong>,<br />

sei scavo di millenni<br />

a cuore aperto<br />

nel macerarsi <strong>del</strong> mare.<br />

Ormai<br />

è polvere la gloria dei padri, ma questa polvere è gloria.<br />

Tutta l‟ardimentosa follia<br />

degli antichi<br />

lupi di mare<br />

mediterranei<br />

è qui bocconi,<br />

sotto il lavacro di una pioggia ipnotica,<br />

sulla striscia <strong>del</strong>la bàttima e nelle tracce<br />

<strong>del</strong> costato <strong>del</strong> fiume,<br />

a frugarsi <strong>in</strong> gola una preghiera<br />

alla sua fame di paura,<br />

alla sua <strong>in</strong>gordigia di volo come<br />

a un dio <strong>in</strong>saziabile:<br />

133


un cach<strong>in</strong>no al magnesio<br />

tante volte si accese<br />

qui, dove<br />

quando si slabbrarono le vele<br />

<strong>del</strong>l‟anima, perché un ruggito d‟oro come una rauca<br />

maga verdigna gli uom<strong>in</strong>i divora.<br />

è striature di l<strong>in</strong>ee di magnete<br />

agglut<strong>in</strong>ate<br />

<strong>in</strong> geometrie di passi e lacrime,<br />

glic<strong>in</strong>i di universi e di Pierrot,<br />

di risa e di frammenti<br />

di creato.<br />

La nostra storia<br />

è cristallo di scale,<br />

traforo di angeli e dolori,<br />

cartografia di farfalle vive,<br />

immobili,<br />

immortali,<br />

specchio ustorio di pene,<br />

astrolabio di r<strong>in</strong>ascite e memorie<br />

Forse l‟<strong>in</strong>tero cosmo<br />

sotterranee <strong>del</strong>l‟essere, spirali a s<strong>in</strong>ghiozzo di preghiere,<br />

caleidoscopio di foto vive, di stormi e di mondi<br />

<strong>in</strong> frantumi,<br />

cascata a rovescio di frattàli.<br />

Nel ruotare dei mondi<br />

e nell‟alluvione dei secoli<br />

un bimbo<br />

è una rond<strong>in</strong>e che torna.<br />

Porta un ramoscello nel becco:<br />

nuovo, fatto di stelle antiche.<br />

Lisbona,<br />

E tu,<br />

il suo vissuto<br />

134


grembo di Ulisse,<br />

gli dài ricovero e volo.<br />

La tua letizia è misura.<br />

nel sangue<br />

Vorrei<br />

le mareggiate <strong>del</strong>le tue iridi sul mare,<br />

destate dal tramonto,<br />

andare<br />

<strong>in</strong> fondo al cigno rosso <strong>del</strong> tuo cuore,<br />

essere l‟uovo <strong>del</strong> cosmo<br />

d‟una notte,<br />

il tuo seme d‟altrove,<br />

l‟ascensione<br />

<strong>del</strong> tuo tremito all‟aurora<br />

a partire dall‟ovest,<br />

vivere<br />

nel pulc<strong>in</strong>o appena nato<br />

dalle crepe <strong>del</strong> buio,<br />

scoppiato al bianco <strong>del</strong>la prima luce,<br />

e poi pentirmi di essermi svegliato.<br />

135


31.<br />

L‟ORA DELLA CITTA‟<br />

Tu sgrani gli occhi, bamb<strong>in</strong>o,<br />

e ci racconti<br />

la favola <strong>del</strong> mondo e di noi.<br />

fu il globo <strong>in</strong> fiamme,<br />

scheggia <strong>del</strong> vuoto. Poi<br />

fu l‟aria, la Pangéa, il mare,<br />

il fulm<strong>in</strong>e <strong>del</strong> Dio<br />

che con l‟<strong>in</strong>dice scrive<br />

il corpo <strong>del</strong> pianeta e <strong>in</strong>cendia<br />

i derelitti di paura.<br />

Tutti<br />

nascemmo dalle stelle. Tutti<br />

fummo polvere di stelle.<br />

Acqua, aria, terra, fuoco<br />

furono le radici <strong>del</strong> tutto,<br />

e <strong>del</strong>l‟<strong>in</strong>sieme fu concime il sole.<br />

All‟<strong>in</strong>izio<br />

i cont<strong>in</strong>enti <strong>del</strong> mondo e i loro nidi<br />

Nacquero<br />

<strong>del</strong> cuculo: la Mesopotamia, le Indie, le Americhe, l‟Egitto,<br />

e l‟Europa e le terre <strong>del</strong> freddo<br />

e la Grecia e questa<br />

emergenza giovane <strong>del</strong>l‟era quaternaria,<br />

l‟Italia.<br />

Migrarono a orde<br />

di popoli gli umani<br />

Solo per chi non ha più speranza<br />

ci è data la speranza<br />

(Walter Benjam<strong>in</strong>, Angelus Novus).<br />

136


fra terremoti e rettili, fra mondi<br />

nomadi. E vennero i profondi nostri<br />

progenitori <strong>del</strong>l'Africa e i figli <strong>del</strong> cielo: i C<strong>in</strong>esi, i Mongoli, i Vich<strong>in</strong>ghi<br />

f<strong>in</strong>o all'ultima Thule, f<strong>in</strong>o al passaggio a Nord-Ovest; e i pellerossa, gli Aztechi, gl'Incas, i Maya<br />

e i primi Australiani fondatori<br />

<strong>del</strong>le vie dei canti.<br />

Nacquero<br />

le ali dei Fenici, la civiltà mobile dei Greci, e l‟Etruria, e gli Osci<br />

e Roma.<br />

Sui fianchi fertili di fiumi<br />

sedettero <strong>città</strong>. Nate dal fuoco<br />

di Prometeo, da un fuoco <strong>in</strong>telligente<br />

che miscelò tutte le radici, foggiando<br />

arcipelaghi di pietre<br />

erette al cielo, a specchio<br />

con le geometrie <strong>del</strong>le stelle.<br />

<strong>del</strong> pasto crebbero gli uom<strong>in</strong>i<br />

Intorno alla fiamma<br />

e impararono vivendo: sorse l'era <strong>del</strong> fuoco,<br />

il dio m<strong>in</strong>ore che illum<strong>in</strong>a,<br />

dà calore, cuoce, alimenta, protegge dalle fiere, vive nella mente<br />

a una potenza seconda come forza<br />

che trae opere al sole, crea. Tutti<br />

ci diede alla luce la <strong>città</strong>, come sgorgati<br />

dal grembo <strong>in</strong>esorabile d‟un Dio.<br />

Era alta la sfida<br />

f<strong>in</strong>ché un dest<strong>in</strong>o<br />

spezzò <strong>in</strong> lacerti le radici,<br />

perché la mente <strong>del</strong> connettere impazzì.<br />

il vaso di Pandora<br />

Si frantumò<br />

contenente gli umani, che strariparono implumi.<br />

l‟oro dei visi,<br />

Persero le <strong>città</strong><br />

137


gli spazi dei legami,<br />

le memorie, le storie, i templi, i tempi<br />

<strong>del</strong> possibile fiore,<br />

il posto <strong>del</strong>le fragole.<br />

la semplicità <strong>del</strong>le radici<br />

che le nutriva, squadernate<br />

Persero le <strong>città</strong><br />

da una mente tecnica impazzita<br />

per eccesso di ragione.<br />

i desideri e l‟<strong>in</strong>telligenza<br />

Vennero alle armi<br />

f<strong>in</strong>o ad aprire il baratro a ist<strong>in</strong>ti corazzati<br />

dalle tecnologie <strong>del</strong>la Ragione.<br />

Che cosa divenne la <strong>città</strong>?<br />

Una corrida di carboni ardenti,<br />

un olocausto di uom<strong>in</strong>i <strong>in</strong> fretta, una guerra<br />

di Rane e Topi, una strage di rumori,<br />

una Secchia rapita<br />

fra Iconoclasti e Riciclatori, il divertente gioco<br />

di scavare una buca<br />

per colmarne un‟altra,<br />

un pugno di m<strong>in</strong>uti <strong>in</strong> un barattolo<br />

attaccato a ogni gola,<br />

un‟architettura di barriere, una sfilata<br />

anonima di bipedi seduti<br />

soli,<br />

separati da scatole a motore,<br />

un‟<strong>in</strong>dustria di veleni<br />

prodotti <strong>in</strong> proprio dai consumatori, una selezione<br />

di sani e forti, un mosaico di paure<br />

di segregati a domicilio,<br />

deboli di forze e piccoli d‟età, un pestaggio di miseri<br />

sotto gli occhi di tutti<br />

<strong>in</strong> un‟<strong>in</strong>differenza pubblica, simile<br />

138


a un segreto,<br />

da tutti condiviso al sole, una Beatitud<strong>in</strong>e mondana<br />

di benedizione agl‟ Indifferenti, un apostrofo iroso<br />

tra le parole „t‟armo‟,<br />

un‟assuefazione a gocce di dolori, una strage di<br />

frutti per punire i fiori, un penitenziario<br />

<strong>del</strong>l‟<strong>in</strong>telligenza, un ergastolo <strong>del</strong> sole, un pendolo<br />

che oscilla tra l‟<strong>in</strong>differenza e l‟ostilità.<br />

Divenne la <strong>città</strong><br />

la broda dei separati <strong>in</strong> razze, la caccia scientifica agli untori,<br />

la nomenclatura dei sudditi<br />

uno scambio cont<strong>in</strong>uo di casacche<br />

tra accusati e accusatori, una concerìa di pregiudizi<br />

generata<br />

da una polvere pirica<br />

di paure, governate da governatori<br />

più paurosi dei loro governati.<br />

Un morbo di alzheimer collettivo<br />

prese la <strong>città</strong>: diroccò<br />

le sue memorie di pietra, i natali<br />

<strong>del</strong>la sua dignità, le ostruì la voce, strozzò<br />

il suo varco al futuro.<br />

Questo fu la <strong>città</strong>. E <strong>in</strong> nome <strong>del</strong>l‟<strong>in</strong>ferno fu con noi.<br />

Nacquero <strong>in</strong> tutti<br />

orrore e meraviglia per il suo<br />

essere così scientificamente disegnata.<br />

né madri a riconoscerla,<br />

ma solo candidati alla denuncia<br />

di tutti gli altri. Nessuno riconosce la sua parte<br />

<strong>in</strong> una cloaca comune.<br />

<strong>del</strong>irio d'<strong>in</strong>nocenza<br />

Sbocc<strong>in</strong>o dal nostro<br />

Non ci furono padri<br />

la Carta dei semplici e il diritto alla <strong>città</strong>, il diritto<br />

139


a un vivere <strong>in</strong> comune aperto al mondo.<br />

Come furono quattro le radici, quattro<br />

furono i colori <strong>del</strong>la pelle degli uom<strong>in</strong>i. Ogni radice<br />

ebbe radice <strong>in</strong> un‟altra, e nessuna<br />

senza l‟altra fu radice.<br />

Come una goccia d‟acqua non è fiume<br />

e come una sc<strong>in</strong>tilla non è fuoco, ma<br />

non c‟è fiume senza gocce<br />

né senza sc<strong>in</strong>tilla fuoco. Così<br />

ogni colore è luce perché<br />

tutti i colori sono un‟unica luce.<br />

Quattro colori<br />

si fecero più l<strong>in</strong>gue, più usi, più etnìe<br />

e popolarono di opere il pianeta<br />

miscelandosi <strong>in</strong> storie. Foggiarono<br />

metalli di popoli e dolori<br />

e sogni. Condivisero pesi. Raccontarono civiltà.<br />

si visse e raccontò. Lavorare<br />

è raccontarsi con le mani<br />

ed è l‟esperanto <strong>del</strong> mondo. Ogni viso<br />

fu poll<strong>in</strong>e e ricordo,<br />

trasportato da un vento<br />

che soffia dove vuole,<br />

e senza poll<strong>in</strong>e<br />

non avremmo i fiori.<br />

Ogni viso è racconto, e una <strong>città</strong><br />

è un racconto di racconti. Racconta<br />

<strong>in</strong> pag<strong>in</strong>e di pietre<br />

e spazi, di piazze verdi e concerti di colori<br />

tutte le ore <strong>del</strong> fiume<br />

<strong>del</strong>la propria civiltà.<br />

Non espropriateci i ricordi, governi <strong>del</strong>le <strong>città</strong>, e aprite<br />

all‟ospite che viene<br />

Intorno al fuoco<br />

140


a raccontarci le sue mani, il suo <strong>onore</strong>, i suoi bimbi,<br />

la fame e la speranza e il clandest<strong>in</strong>o<br />

nostro bisogno di lui.<br />

al trapianto <strong>in</strong>evitabile<br />

di altre l<strong>in</strong>gue, altri visi<br />

Prepariamoci<br />

da ogni parte <strong>del</strong> globo, <strong>in</strong> un pr<strong>in</strong>cipio<br />

di Archimede dei fluidi, che ci ricorda i disagi<br />

di ogni punto <strong>del</strong>l‟<strong>in</strong>sieme<br />

mentre portiamo all‟<strong>in</strong>contro i disagi<br />

nostri, <strong>in</strong> un nuovissimo patto <strong>del</strong> pianeta. Ma su tutto<br />

maturi lo spirito comune<br />

<strong>del</strong>la sapienza e <strong>del</strong>la civiltà. Potrà<br />

accendersi all‟<strong>in</strong>contro fra i diversi<br />

un fuoco nuovo, una sc<strong>in</strong>tilla, nata<br />

dall‟<strong>in</strong>telligenza <strong>del</strong>l‟urto, un meticciato<br />

alto, fatto di umane<br />

biodiversità, l‟unico capace<br />

di traversare e sprigionare mondi,<br />

di spalancare il nuovo <strong>del</strong> futuro.<br />

i nostri volti perché<br />

sono il volgersi degli occhi<br />

all‟altro<br />

Noi siamo<br />

<strong>in</strong> un ist<strong>in</strong>to comune, come fanno i girasoli e come<br />

nel nostro abisso si destano rivolti<br />

i neuroni a specchio.<br />

Uomo di colore e d‟altra l<strong>in</strong>gua,<br />

ospite, bamb<strong>in</strong>o<br />

che mi racconti le tue mani col lavoro<br />

e mi porgi il tuo pane mentre credo<br />

di porgerti il mio,<br />

il mio volto è lo specchio nei tuoi occhi: se cancello<br />

lo specchio, io cancello me.<br />

141


Videro la persona<br />

a fondamento e a vertice <strong>del</strong> mondo<br />

i padri <strong>del</strong>la patria<br />

nostra.<br />

Che cos'è la persona?<br />

È il tuo volto<br />

unico, il tuo vissuto che nessuno<br />

può sostituire<br />

nè abrogare nè ridurre <strong>in</strong> concetto<br />

nè clonare, il tuo atto di esistere<br />

nuovo<br />

nella storia di tutto l‟universo, il tuo essere<br />

<strong>in</strong>separabile dagli altri perché<br />

<strong>in</strong> te stesso li contieni, il tuo mondo possibile che preme<br />

e cerca varchi alla luce: è la s<strong>in</strong>gola goccia di fiume<br />

<strong>in</strong> cui fu impresso<br />

l‟orig<strong>in</strong>ale suo concorrere all‟<strong>in</strong>tero.<br />

che da un angolo di strada<br />

ci porgi gli occhi, mentre<br />

si spegne il sorriso<br />

Bamb<strong>in</strong>o<br />

nella peste <strong>in</strong>visibile <strong>del</strong>l‟aria, tra i fiati <strong>in</strong> corsa<br />

e i gabbiani avvelenati,<br />

quale immag<strong>in</strong>e di noi restituirà<br />

il nostro specchio se ancora pagheremo<br />

col tuo pianto di fango e con le piaghe<br />

dei derelitti e di tutti<br />

questo nostro progresso compressore<br />

di macerie di miseri e di croci? Nostro dest<strong>in</strong>o<br />

sarà non quello di Narciso ma l‟opposto:<br />

ci guarderemo allo specchio<br />

e non troveremo nessuno.<br />

Sia spazio e tempo<br />

e arte e silenzio<br />

142


e gusto <strong>del</strong>l‟<strong>in</strong>tero alla <strong>città</strong>.<br />

Sia il vivere <strong>in</strong>sieme<br />

il diritto alla <strong>città</strong>. Sia<br />

passaporto ogni viso per<br />

l‟alfabeto <strong>del</strong>le Dignità. Sia la <strong>città</strong><br />

il nostro bene comune e sia ogni persona<br />

bene comune <strong>del</strong>la <strong>città</strong>.<br />

Venga<br />

il tempo dei passeri, il tempo<br />

<strong>in</strong> cui si aff<strong>in</strong>a senza limiti l‟ascolto: sentire<br />

il brusio <strong>del</strong>la farfalla<br />

che racconta un segreto a chi l'ama<br />

e morde piano con un bacio il fiore.<br />

Si aprano l‟architettura <strong>del</strong> dialogo,<br />

la riduzione <strong>del</strong>le lontananze tra le fonti<br />

produttive e le necessità <strong>del</strong> quotidiano,<br />

il talento <strong>del</strong>la prevenzione<br />

che guarisce <strong>in</strong> anticipo gli effetti, l‟arte <strong>del</strong>la prossimità, l‟affondo nelle <strong>in</strong>timità nane<br />

<strong>del</strong>l‟essere, l‟azione <strong>sulle</strong> cause<br />

che ha la conoscenza <strong>del</strong>l‟<strong>in</strong>tero.<br />

sia misura la persona,<br />

e di ogni misura sia misura il bamb<strong>in</strong>o,<br />

Del vivere <strong>in</strong>sieme<br />

la sua fame di spazi, la sua sc<strong>in</strong>tilla di futuro, la sua fragilità, la sua statura<br />

di cucciolo fra i mul<strong>in</strong>i giganti<br />

dei gas mefitici e <strong>del</strong>le velocità.<br />

Si dilati nel mondo<br />

l‟ora <strong>del</strong>la <strong>città</strong>.<br />

Torni a essere bella la <strong>città</strong><br />

nel suo viso, nelle sue storie immerse nella luce. Torni<br />

con la Scienza nuova<br />

che sa <strong>del</strong>l‟erba e <strong>del</strong>l‟aria,<br />

<strong>del</strong>la sc<strong>in</strong>tilla e <strong>del</strong>l‟<strong>in</strong>fanzia nei colori<br />

e <strong>del</strong> pudore che crea. Possa<br />

143


essere salvata dalle grida<br />

dei bamb<strong>in</strong>i a frotte<br />

che non temono il sole.<br />

ai poeti,<br />

perché la vita<br />

sarà redenta solo<br />

dalle notti di luna<br />

Apra la mano<br />

e dai possibili sorrisi, dal soccorrersi di occhi<br />

che si raccontano le patrie<br />

<strong>del</strong>l‟anima e i domani: visse <strong>in</strong>vano<br />

chi mai guardò le stelle<br />

perché nelle stelle sono le radici<br />

<strong>in</strong> custodia. Di tutti e ognuno,<br />

uno per uno.<br />

Solo i poeti le vedono,<br />

perché solo a essi toccò<br />

l‟<strong>in</strong>nocenza colpevole<br />

di vedere il non visto,<br />

come il bimbo <strong>del</strong>la fiaba; solo ai poeti toccò<br />

di essere al soldo<br />

bucato di un'idea senza divisa<br />

e senza gloria. Perché il poeta<br />

visse un'età diversa nei suoi occhi<br />

e seppe <strong>del</strong> dolore, custodí la follia<br />

di essere il frammento di una stella<br />

ed egli è solo un bimbo<br />

che nulla perse dall‟essere cresciuto.<br />

144


32.<br />

IL FIGLIO<br />

Il <strong>figlio</strong><br />

è l‟ora <strong>del</strong> risveglio,<br />

è la stella allo zenith,<br />

lo scricciolo verde,<br />

è l‟argento <strong>del</strong> pesco appena nato,<br />

è il lampo d‟un fuoco <strong>in</strong> fondo al mare.<br />

è l‟occhio che ti guarda da dentro,<br />

lo specchio ustorio <strong>sulle</strong> tue bandiere,<br />

la carta assorbente di fiabe<br />

raccontate da angeli,<br />

il diamante <strong>del</strong>l‟anima sul vetro<br />

per mordere il futuro, l‟atto<br />

<strong>del</strong> tuo perdono al passato.<br />

è la lacrima nascosta<br />

sul tuo berretto di clown,<br />

irrequieta di letizia.<br />

Il <strong>figlio</strong><br />

è la tenerezza <strong>del</strong> gelso,<br />

il cielo di fragola,<br />

il cuore <strong>del</strong> papavero nel sole,<br />

è l‟alba alta,<br />

l‟albatro sospeso,<br />

il viso <strong>del</strong>la spiga che matura.<br />

Il <strong>figlio</strong><br />

Il <strong>figlio</strong><br />

Il <strong>figlio</strong><br />

Un bamb<strong>in</strong>o non è un cucciolo <strong>del</strong>l‟universo, perché<br />

è l‟universo a essere un cucciolo per ogni bamb<strong>in</strong>o.<br />

145


è la fede sem<strong>in</strong>ata nel vento<br />

per raccogliere universi,<br />

è la promessa di Sherazade alla morte<br />

per trasformarla <strong>in</strong> favole d‟amore.<br />

è l‟accensione <strong>del</strong> raggio<br />

nel punto <strong>in</strong> cui tocca il circolo di Dio.<br />

È la porta stretta <strong>del</strong>l‟angelo;<br />

<strong>del</strong>l‟anima<br />

il tonfo da cavallo <strong>del</strong> Dest<strong>in</strong>o<br />

folgorato<br />

dalla liberazione <strong>del</strong> varco.<br />

Il <strong>figlio</strong><br />

sulla strada di Damasco<br />

Il <strong>figlio</strong><br />

è la tua patria mobile, la tua stella trapiantata<br />

oltre la sera, è il frattale di seme<br />

alla scala <strong>in</strong>f<strong>in</strong>itesima che cova<br />

spirali di mondi<br />

lanciati come poll<strong>in</strong>i di fiori.<br />

è l‟angelo nuovo,<br />

è la rond<strong>in</strong>e che torna,<br />

Il <strong>figlio</strong><br />

l‟orchidea rispuntata da un sogno<br />

come grazia a una speranza di perdono.<br />

è l‟annuncio di mondo,<br />

la terra apparsa da albero di nave,<br />

sul filo carovaniero di deserti<br />

da parole sepolte a vólti di pòsteri lontani.<br />

è la porpora <strong>in</strong>zuppata<br />

nella luna rossa dei padri,<br />

nella corrente trafelata di visi a sobbalzi<br />

Il <strong>figlio</strong><br />

la perla <strong>in</strong> bottiglia raccontata<br />

Il <strong>figlio</strong><br />

146


sgomitolati <strong>in</strong> camm<strong>in</strong>o, è l‟alba sem<strong>in</strong>ata<br />

nell‟ubriachezza <strong>del</strong>la loro anima che spera.<br />

è la visitazione <strong>del</strong> lampo<br />

che pianse<br />

nel farsi filo d‟erba.<br />

Il <strong>figlio</strong><br />

È il fendersi <strong>del</strong>l‟anima <strong>in</strong> un velo, il tuo tralcio di sp<strong>in</strong>e, il tuo sole nel buio,<br />

il fulm<strong>in</strong>e di un‟ansia nella luce.<br />

è il mare alto di luna,<br />

Il <strong>figlio</strong><br />

l‟iride <strong>del</strong>l‟aquila, il galoppo <strong>del</strong> cuore<br />

e il tuo rimorso di non essere immortale.<br />

è il sogno filante d‟una stella<br />

confessato alla notte,<br />

è la roccia lavorata<br />

dal maestrale, è l‟odore <strong>del</strong> mare.<br />

è il filo, il bulbo, il sorgo, la radice<br />

randagia<br />

tua che si arrampica e sale<br />

dai lombrichi <strong>del</strong>le viscere <strong>del</strong> buio,<br />

gettata nel cosmo<br />

per trarre <strong>in</strong> salvo<br />

al cesto <strong>del</strong>le orig<strong>in</strong>i<br />

tutti i germogli dei pesci<br />

sbocciati al tempo <strong>del</strong>la fragilità,<br />

carsica <strong>del</strong> pianto<br />

di fiumi asciutti<br />

che non persero il varco per il mare.<br />

Il <strong>figlio</strong><br />

è la rete<br />

è la forza<br />

Il <strong>figlio</strong><br />

è il sale, il sangue, il seme, lo stelo d‟ala<br />

Il <strong>figlio</strong><br />

147


che sale,<br />

è ciò che lasciandoti tu lasci<br />

nelle braccia <strong>del</strong> mare,<br />

il tuo muro <strong>in</strong>visibile <strong>del</strong> pianto<br />

sul sole rosso, il pane <strong>del</strong>la tua fame di preghiere.<br />

è l‟elezione<br />

Il <strong>figlio</strong><br />

<strong>del</strong> tempo a luce, <strong>del</strong> perduto a forza, degli occhi nuovi<br />

a battiti di „sì‟ alla creazione,<br />

è l‟ora <strong>del</strong> traboccare, l‟orgoglio <strong>del</strong> dono,<br />

la ferita nel costato, il tuo tuffo<br />

<strong>del</strong> morire <strong>in</strong> un seme<br />

di rigenerazione.<br />

è l‟ora <strong>del</strong> passo<br />

e la sua luce,<br />

Il <strong>figlio</strong><br />

la benedizione <strong>del</strong>l‟esodo,<br />

il lievito che fa grande la paura,<br />

il filo nella cruna <strong>del</strong> tuo grido.<br />

è il sasso nel sangue,<br />

Il <strong>figlio</strong><br />

l‟ora zero <strong>del</strong> cuore, la fierezza rubata alla morte,<br />

è le labbra che baciano labbra,<br />

separate da un vetro,<br />

il respiro arrestato sull‟abisso<br />

per non nuocere al fiore,<br />

è il tremore <strong>del</strong>la gioia e <strong>del</strong> pianto<br />

nascosto come un ladro tra le rose.<br />

148


33.<br />

L‟ANGELO SULLE CITTA‟ 6<br />

<strong>L'</strong><strong>Angelo</strong> venne dall'alto<br />

e vide le <strong>città</strong>: le miserie degli uom<strong>in</strong>i<br />

aggrovigliati <strong>in</strong> un gorgo<br />

di risse sicarie e di <strong>in</strong>differenze<br />

bl<strong>in</strong>date. Vide le ipocrisie <strong>in</strong> toga, le macerie dei rifiuti<br />

e dei rifiutati, le montagne russe dei ricchi e dei poveri<br />

nel luna park <strong>del</strong> pianeta, le giungle degli scartati.<br />

i venditori di guerre e di paci, i mercanti<br />

di sensazioni, i buratt<strong>in</strong>ai di miseri <strong>in</strong> fila<br />

per zero con resto nessuno, dest<strong>in</strong>ati<br />

Il Timeo platonico è il primogenito dei Miti aperti<br />

nel costato <strong>del</strong> Logos.<br />

Vide<br />

a vite-giocattolo. Vide i lussi lucenti e gli avanzi di affamati, i pentimenti<br />

apòcrifi e le coscienze morali bisestili, il lazzeretto <strong>del</strong>le buone <strong>in</strong>tenzioni, le bombe<br />

di oro ipnotico <strong>in</strong> vetr<strong>in</strong>a<br />

disposte per sedurre, gl‟<strong>in</strong>ganni scientifici, le astuzie al miele<br />

e tanti piccoli e statici uom<strong>in</strong>i proni. L‟<strong>Angelo</strong> vide<br />

e la compassione l'<strong>in</strong>cantò.<br />

Il cielo era lucente,<br />

le anime nere di pece. Non c'era tempo<br />

da perdere. Svenò all'improvviso<br />

le acque <strong>del</strong>la Terra e attese.<br />

Riguardò gli uom<strong>in</strong>i e pensò. Cercò<br />

nei loro corpi le vene dei rimpianti e dei rimorsi, per farli risalire<br />

6 Dedico questa mia lirica a Pasquale D<strong>in</strong>apoli, amico nuovo scoperto <strong>in</strong> ospedale, mio piccolo e grande scrivano amalfitano, genio<br />

semplice <strong>del</strong>le giostre per bamb<strong>in</strong>i, <strong>in</strong>stancabile vedetta sull‟albero maestro <strong>del</strong>la Fondazione Maugeri, pirata bianco dall'anima<br />

leggera.<br />

149


alle sorgenti <strong>del</strong>l'anima come salmoni.<br />

S<strong>in</strong>cronizzò i bàttiti dei cuori<br />

con le geometrie <strong>del</strong>le stelle. Scavò<br />

un pozzo nei deserti dei vivi<br />

per estrarne l'alba. Rivide la samaritana <strong>del</strong> vangelo. Con un bisturi<br />

nel creato e la fantasia <strong>del</strong>le nevi<br />

eterne dettò l'<strong>in</strong>izio nuovo: somm<strong>in</strong>istrò<br />

nelle vene degli uom<strong>in</strong>i un cauto e profondo dolore<br />

sul filo d'un burrone, perché capissero non con la mente,<br />

ma con le viscere e il cuore, <strong>in</strong>fuse<br />

il sentimento <strong>del</strong>la ruota<br />

<strong>in</strong>defettibile e attese. Congiunse<br />

le anime all'albero <strong>del</strong>la vita<br />

e slegò le <strong>in</strong>telligenze dal Dest<strong>in</strong>o.<br />

Benedisse il fuoco di Prometeo<br />

e le risorse <strong>del</strong> capire. Aprì<br />

il corpo <strong>del</strong>la scienza e vi soffiò la vita<br />

<strong>del</strong>l'<strong>in</strong>nocenza, levandone il pulc<strong>in</strong>o<br />

<strong>del</strong>l'ora alta, matura per il Bene.<br />

Spaccò la roccia col dito, aprendo il varco al filo d'erba, bucando<br />

la Necessità con lo spillo<br />

<strong>del</strong> possibile.<br />

Guardò <strong>in</strong> alto Dio e contò<br />

tutti i visi dei bimbi appena nati, a uno a uno,<br />

smunti di luce f<strong>in</strong>o all'ultimo, malato<br />

di carestie d'amore,<br />

liberò le acque<br />

e dalla materia grigia degli uom<strong>in</strong>i<br />

r<strong>in</strong>ati all‟alba sprigionò<br />

la via lattea <strong>del</strong>le orig<strong>in</strong>i, il sole <strong>del</strong>la scienza<br />

nuova, i canti<br />

spirituali dei redenti<br />

<strong>in</strong> camm<strong>in</strong>o, i visi orig<strong>in</strong>ali, il colore comune, le vette<br />

abissali <strong>del</strong>le anime, i battiti <strong>del</strong>le Dignità, il diritto<br />

150


al firmamento <strong>del</strong>l‟essere <strong>in</strong>sieme, <strong>in</strong> una<br />

comunità di fragole e ricordi, il pane <strong>del</strong>le rose, il pesce<br />

azzurro <strong>del</strong>la speranza,<br />

l'<strong>in</strong>telligenza e il perdono.<br />

151


L‟arrivo al mare<br />

AD ANGELO GIUSEPPE<br />

Abbi cura di te<br />

e dei tuoi occhi cèruli, miscelati nel sole<br />

al grigio <strong>del</strong>l‟argento<br />

segreto e al verde che spera,<br />

amore di fanciullo.<br />

Ma non dimenticare mai gli altri<br />

che <strong>in</strong> silenzio si torcono su una strada<br />

senza il soccorso di chi ama.<br />

e per la gioia di donare.<br />

Sappi<br />

Abbi sensibilità per l‟<strong>onore</strong><br />

essere sopraffatto dalla fragilità di chi prega. Studia con forza<br />

serena, str<strong>in</strong>gendo d'assedio il tuo oggetto e lasciando<br />

spazio al pensiero che respira. Guàrdati<br />

dalla f<strong>in</strong>ta morale, che è solo civetteria<br />

pubblicitaria o rancore <strong>in</strong> toga, e cresci nell‟unica vera, <strong>in</strong> cui<br />

nell‟ascolto maturi alla perla<br />

La tappa f<strong>in</strong>ale d‟un viaggio è il momento <strong>in</strong> cui accade<br />

come ai personaggi di un‟opera teatrale nell‟ultimo<br />

atto: simultaneamente ritornano <strong>in</strong> campo tutti i vissuti<br />

che f<strong>in</strong> lì accompagnarono il percorso.<br />

«La quantità ammette un solo pensiero: sbriciolarsi»<br />

(Karl Kraus).<br />

Non chiedermi chi è il mio bamb<strong>in</strong>o. Chiedimi chi è<br />

quel bamb<strong>in</strong>o che, chiamandomi papà, scuote il mio<br />

sangue con l‟<strong>onore</strong> di questo nome.<br />

152


<strong>del</strong>la tua identità. Non dimenticare<br />

che il cuore ha l‟<strong>in</strong>telligenza più alta,<br />

come già sapeva Pascal,<br />

perché libera dalla crisalide dei calcoli<br />

la farfalla orig<strong>in</strong>aria dei pensieri. Non farti<br />

depredare dall‟ira<br />

e anticipa l‟attesa con la fecondità. Sii<br />

l‟eroe <strong>del</strong>la Glaucòpide<br />

e il cavaliere <strong>del</strong>l‟alba.<br />

nell‟<strong>in</strong>cedere degli anni<br />

a essere uomo tutto cuore<br />

Impara<br />

e cuore tutto uomo. Ma sappi<br />

leggere il male<br />

e difenderti: esso<br />

brilla di forme<br />

leggiadre<br />

ed è nascosto. E tu<br />

percorri il tempo <strong>del</strong> vivere aprendolo ai passi<br />

come uno sfavillìo di sorgenti, come un oro di stagione, come un campo da arare,<br />

come nell'aria<br />

una sem<strong>in</strong>a di uccelli nasce<br />

dalla scossa <strong>del</strong>l'albero, come un ruotare di volàtili<br />

a stormo <strong>in</strong> alto,<br />

come un ordito di api, come una passione di viaggio, come<br />

un soccorrersi di mani. E sappi<br />

andare oltre la superficie dei visi<br />

per aprire all‟anima che cerca.<br />

le sp<strong>in</strong>e<br />

Non temere<br />

se sono sofferte per l‟<strong>onore</strong> e sappi viverle<br />

<strong>in</strong> nome d‟un fuoco<br />

che sia messaggio di pace e non artiglio di guerriero.<br />

Resisti<br />

153


al male<br />

e disonóralo con un sorriso.<br />

Èducati e educa al sole<br />

e, dopo la giustizia,<br />

cura i germogli <strong>del</strong> perdóno.<br />

Ama la sorella e la madre<br />

e i tuoi cari<br />

e tuo padre, e soprattutto<br />

<strong>in</strong>segna ad amare. Sapendo<br />

che è il bene <strong>del</strong>l‟amato<br />

la prova <strong>del</strong> nove <strong>del</strong>l‟amore. Onora la donna<br />

virtuosa: nelle sue qualità profonde vive una gemma<br />

che fa ricco l‟universo. Cerca<br />

<strong>in</strong> ogni uomo il segreto<br />

filo verde di luce che lo salva,<br />

come nel tramonto sa fare l‟amore.<br />

cura la speranza.<br />

Apri il varco al possibile<br />

e, come Zanna Bianca, sdràiati al sole.<br />

custodendo il tuo sogno e la radice<br />

dei nomi che <strong>in</strong>contri<br />

e l‟aurora profonda <strong>del</strong> tuo viso puro.<br />

nel calice <strong>in</strong>teriore<br />

E dopo le ferite<br />

Viaggia<br />

Fai fermentare<br />

l‟utopia <strong>del</strong>la speranza, il candore e la misericordia<br />

<strong>del</strong>le altezze<br />

e i dolori irredenti e le miserie<br />

che cercarono il soccorso <strong>del</strong> tuo <strong>in</strong>tenso<br />

cuore, seme di stella alta, aquila <strong>in</strong> volo.<br />

<strong>del</strong> tuo cielo stellato<br />

e il cielo stellato <strong>del</strong> dovere.<br />

Coltiva la bellezza<br />

154


Insisti nell‟essere buono alimentando la fede<br />

che la grazia può rompere il Dest<strong>in</strong>o. Non cedere<br />

a chi ferisce i gigli <strong>del</strong> creato. Abbi<br />

la fantasia corsara che scomb<strong>in</strong>a il consueto e lo r<strong>in</strong>nova, la carità difficile<br />

che compensa il suo travaglio<br />

traboccando dalla notte. Vivi<br />

la casa degli affetti, la vertig<strong>in</strong>e <strong>del</strong>l‟ora,<br />

il colore <strong>del</strong> sogno<br />

e la spada <strong>del</strong>l‟<strong>in</strong>tenzione che l‟onora<br />

restituendo agli scacchi la pietà. Cura<br />

l‟<strong>in</strong>telligenza e la luce<br />

nutrendoti al suo fuoco<br />

nel castigato resistere alla banalità dei giorni<br />

ciechi, vicari <strong>del</strong> male.<br />

Sappi scavare nell‟anima<br />

<strong>del</strong> misero il suo<br />

<strong>in</strong>f<strong>in</strong>itamente piccolo che prega<br />

per piantare <strong>in</strong> quel punto la fede<br />

<strong>del</strong>la pietà che lo sostiene.<br />

neanche se il male trionfa, perché<br />

è fatto di vile sabbia il suo valore,<br />

né durerà, e noi<br />

saremo giudicati sull‟amore.<br />

E non scorarti. Non farlo<br />

Sii lo scricciolo<br />

degno <strong>del</strong> doppio nome che porti, nome bamb<strong>in</strong>o<br />

<strong>del</strong> Papa buono, «Pastor et nauta»,<br />

cucciolo d'ottantenne ritrovato<br />

al timone di Pietro<br />

per uno scherzo dei marosi, pesce azzurro<br />

<strong>del</strong>la speranza di Cristo, chiamata<br />

al valico <strong>del</strong> nuovo:<br />

a ospitare con l‟<strong>in</strong>telligenza il pericolo,<br />

ad aprire il mal d'anima al volo.<br />

155


a estrarre dalle ferite la forza<br />

Impara, <strong>figlio</strong>,<br />

come il Cosmo sa estrarre la neve dal sole. Sii bello<br />

nelle congiure <strong>del</strong> male, stella impavida. Sappi<br />

<strong>in</strong>terpretare la mano ai ricordi e leggere<br />

nel pensiero ai sogni<br />

per rubarne il fuoco che ti salva.<br />

Non dissipare il brivido che vivi<br />

nel saperti uomo nuovo, chiamato al tuo posto da una stella<br />

e diffondi come fiamma la speranza,<br />

perché essa è la forza <strong>in</strong>visibile<br />

che restituisce a ogni persona il suo viso.<br />

dalla maturità degli anni<br />

l‟<strong>in</strong>nocenza che da ogni lato la eccede. Ma<br />

Estrai<br />

non sprecarti. Impara dal calcio: ad aggirare<br />

i molesti, a giocare alto<br />

con i bassi, a superare col tunnel i superbi. Sii come<br />

il lottatore giapponese che estrae<br />

dall‟avversario stesso la forza<br />

con cui l‟abbatte: scava<br />

nella tua sorte l‟occasione per la tua libertà. Coltiva<br />

l‟ironia e l‟autoironia, che sono<br />

le f<strong>in</strong>ezze dei grandi. Abbi pazienza e passione. Smeriglia<br />

l'<strong>in</strong>telligenza come una lente<br />

che concentra i raggi, brucia e salva. Spaesa<br />

l‟ovvio facendolo<br />

migrare <strong>in</strong> altri mondi, per capirlo daccapo, sottecchi,<br />

e criticarlo a sorpresa, senza<br />

perderne la storia; <strong>in</strong>cidilo<br />

come un ostetrico aprendolo allo scoppio<br />

<strong>del</strong> tuorlo rosso <strong>del</strong> nuovo. Dalla sassaiola dei sogni<br />

nell‟acqua <strong>del</strong>la mente nasce a cerchi<br />

di spirale il gorgo <strong>del</strong>la creazione.<br />

156


Dove attecchiscono i tiranni<br />

passa parola sulla libertà. Abbi cura di te,<br />

che sei la nostra palpabilità <strong>del</strong>l‟amore. Impara<br />

a essere evento di grazia per gli altri<br />

aprendo al tempo un <strong>in</strong>izio nuovo<br />

e volando più alto <strong>del</strong> dolore.<br />

e <strong>del</strong>l‟anima<br />

allatta piano al filo di una stella<br />

la notte e la pietà, aprendo<br />

il deserto alla preghiera,<br />

Nel silenzio <strong>del</strong>la luce<br />

e nell‟ora <strong>del</strong> dolore sappi che t‟amo.<br />

Da‟ l‟<strong>onore</strong> <strong>del</strong>le armi alle sp<strong>in</strong>e e sii forte. Scala<br />

gli abissi alti <strong>del</strong>la mente con purezza di passione<br />

e abbi l‟umiltà <strong>del</strong>le cime<br />

che sanno contemporaneamente <strong>del</strong> cielo<br />

e <strong>del</strong> piccolo fiore. Alleva<br />

come corallo pregiato il cómpito che sei. Ama<br />

la fioritura dei bamb<strong>in</strong>i nel mondo<br />

imparando dai loro occhi. Osserva le cose dalle stelle, estrai<br />

dal poll<strong>in</strong>e dei m<strong>in</strong>uti le piccole gioie, apri col sesamo il dolore,<br />

cura la lietezza. Alimenta<br />

nella cava <strong>del</strong> cuore<br />

la sapienza e l'umiltà. Da‟ la sveglia al cosmo ascoltandoti<br />

nella lentezza <strong>del</strong> silenzio, ch<strong>in</strong>o sull‟orlo<br />

<strong>del</strong> tuo pozzo per coglierne<br />

la nota <strong>del</strong> fondale. Non <strong>del</strong>uderti. Sii<br />

imperfetto ma vero, e bello per questo,<br />

<strong>in</strong> viaggio verso il bene. Abbi<br />

la calma <strong>del</strong> sole. Ama il filo d'erba.<br />

Sii degno di ciò che sei: un <strong>figlio</strong> <strong>del</strong>l‟universo,<br />

offerto alle prime stelle un ottobre<br />

di f<strong>in</strong>e millennio <strong>in</strong> un giuramento d‟amore<br />

da una madre e da un padre che ti colmarono d‟angeli<br />

157


perché tu fossi una rond<strong>in</strong>e nuova, il loro cucciolo biondo di aquila <strong>in</strong> volo,<br />

<strong>in</strong>viato come sem<strong>in</strong>a al futuro. Passa<br />

per la cruna degli sguardi altrui<br />

col filo d‟oro <strong>del</strong>la semplicità. Sii il tuo sorriso.<br />

Sbriciola l‟onniscienza <strong>del</strong> mondo con lo stupore <strong>del</strong>la luna<br />

e potrai essere il primo nell‟alba a dare il nome alle rose.<br />

158


POSTFAZIONI<br />

159


160


R<strong>in</strong>graziando <strong>Giuseppe</strong> <strong>Limone</strong> per avermi portata con sé nel viaggio<br />

di Maria Teresa Ciammaruconi<br />

Prima <strong>del</strong>le parole è stato lo spazio bianco a chiamarmi, quella sospensione anche visiva che<br />

dando respiro alla chiusa di un verso la esalta nel grad<strong>in</strong>o che distanzia l‟ultima parola.<br />

Un vuoto che diventa culla di un‟immag<strong>in</strong>e nuova.<br />

L‟enjambement si <strong>in</strong>carna nella pulsione che è <strong>in</strong>sieme ritmo e spazio, rivive nella sola metrica<br />

che questo tempo concede ai poeti. Un tempo che, trasformando anche la ciclicità <strong>del</strong> giorno e <strong>del</strong>la<br />

notte, ai poeti ha sottratto il computo antico <strong>del</strong>le sillabe e li ha lasciati soli, nell‟<strong>in</strong>venzione<br />

solitaria di musiche non codificate.<br />

Un viaggio senza il ticchettio <strong>del</strong>l‟orologio, per compiere il quale ognuno deve trovare il tempo<br />

giusto nel farsi stesso <strong>del</strong> proprio universo, cercare nella carne <strong>del</strong>la creazione le accelerazioni e i<br />

riposi.<br />

Ho viaggiato con <strong>Giuseppe</strong> <strong>Limone</strong> e l‟ho visto <strong>in</strong>seguire armonie rubando note alle rote celesti<br />

da accordare alle grida degli uom<strong>in</strong>i, l‟ho visto abbandonato ai moti <strong>del</strong>l‟acqua consapevole di<br />

quale tradimento sia capace l‟onda.<br />

Ha fatto cronometro <strong>del</strong> suo fragile corpo consegnandosi alla necessità <strong>del</strong> suo respiro <strong>in</strong> gara col<br />

respiro <strong>del</strong> mare. Eccolo che si concede una pausa breve, prima <strong>del</strong>l‟impennata necessaria al<br />

raggiungimento di una prima meta. E più profondamente, allora, riprende fiato perché l‟immag<strong>in</strong>e<br />

attraverso paragoni a contrasto tutta si dispieghi nella fioritura di una strofa. No, non è una strofa,<br />

ma spazio di compiutezza dove il tempo millenario <strong>del</strong>le stelle possa nelle mani diventare pane<br />

(poesia n.1). È spazio dove contenere il respiro devastante <strong>del</strong>l‟<strong>in</strong>vettiva, sosta dove placare il<br />

rantolo <strong>del</strong>la voce che comunque deflagra nel verso che si allunga, o si spezza per non cadere nel<br />

compiacimento di sé stesso.<br />

Ho sentito il respiro di <strong>Giuseppe</strong> <strong>Limone</strong> farsi pioggia silenziosa e monocorde come litania nella<br />

bocca dei vecchi, quando si è <strong>in</strong>g<strong>in</strong>occhiato accanto al letto di Eluana (poesia n. 19). La sua voce ha<br />

r<strong>in</strong>unciato all‟ossigeno degli spazi bianchi per rendere sommesso il mormorio <strong>del</strong>la preghiera. Un<br />

filo di voce per il pudore <strong>del</strong>l‟impotenza quando davanti alla catastrofe <strong>del</strong>l‟Aquila ha sentito<br />

l‟anima macilenta come un mare di sale (poesia n. 23).<br />

Ho viaggiato accanto a <strong>Giuseppe</strong> <strong>Limone</strong> perché nel suo it<strong>in</strong>erario ho riconosciuto il mio sogno<br />

di sempre, quello che non confesso neanche a me stessa.<br />

161


Forse perché il suo viaggio è quello necessario, disperato e meraviglioso di chi sa che per vedere<br />

bisogna cogliere al volo il momento <strong>in</strong> cui chiudere gli occhi e più profondamente vivere e credere.<br />

Bisogna imparare ad amare quello spazio-tempo dove ogni creatura, dove tutti noi respiriamo nella<br />

consapevolezza che passato e futuro appartengono alla responsabilità <strong>del</strong> presente che ci è stato dato<br />

– o meglio – che abbiamo misteriosamente scelto.<br />

È un viaggio <strong>in</strong> cui la nostra storia di esseri precari si dilata nel respiro <strong>del</strong>l‟<strong>in</strong>commensurabile e<br />

contemporaneamente si prostra nella perdita degli altri mondi possibili che ci furono tolti… noi,<br />

verruche <strong>del</strong>l‟essere e vulcani… cicatrici/ d‟altre vite non nate (poesia n.2).<br />

Ho viaggiato accanto a <strong>Giuseppe</strong> <strong>Limone</strong> per salire con lui verso la cima e sono cresciuta nel suo<br />

affanno visionario, sul cr<strong>in</strong>ale dei precipizi dove solo la fragilità salva dallo schianto. Purché si<br />

sappia che un nostro gesto/ ha responsabilità verso le stelle (poesia n. 17).<br />

Insieme a lui ho raggiunto la cima tra cadute dolci come preludio di resurrezione e resurrezioni<br />

paurose come certezza di caduta. Ma le sue parole mi hanno sostenuta perché germogliano e si<br />

ramificano <strong>in</strong> un cont<strong>in</strong>uum di sfida senza odio, nel rischio che nulla ha da salvare se non l‟amore.<br />

Le sue parole ad ogni passo dischiudevano mondi, ed io tutti li ho riconosciuti, vivi dentro di me,<br />

da sempre, <strong>in</strong> attesa di chi li chiamasse per nome. Le immag<strong>in</strong>i, imprevedibili nel canto che le<br />

<strong>in</strong>formava, mi facevano sussultare di meraviglia e subito dopo mi colavano dentro come la<br />

medic<strong>in</strong>a necessaria, la promessa di una guarigione.<br />

Ad ogni tappa fiorivano metafore nuove a dire vite vissute da me, o da altri – che non fa<br />

differenza.<br />

Le metafore… i retori faticherebbero a lungo nell‟isolare una ad una tutte le figure che emergono<br />

dall‟<strong>in</strong>candescenza poematica di <strong>Giuseppe</strong> <strong>Limone</strong>: paragoni, ossimori, s<strong>in</strong>estesie, chiasmi e<br />

ancora… paradossi, iperboli.<br />

Conoscenza retorica <strong>in</strong>goiata nel grande mare di una sapienza esistenziale educata al sacrificio<br />

<strong>del</strong> vivere. Rito antico che tutto metabolizza non per onnivoro possesso, ma per umiltà<br />

d‟accoglienza, bisogno di acquisire i canoni e i costumi letterari dei padri e diventare figli per farsi a<br />

propria volta nuovamente padri.<br />

E si espande <strong>in</strong>tanto la tela <strong>in</strong>f<strong>in</strong>ita <strong>del</strong>l‟<strong>in</strong>venzione dove il mondo rispecchiandosi cresce tra i<br />

codici condivisi e gli ardimenti <strong>del</strong>la trasgressione.<br />

Ma qualunque rito perde ogni luce di sacralità se non si r<strong>in</strong>vigorisce alla fonte primaria che dà<br />

senso a tutto il viaggio. Ho visto <strong>Giuseppe</strong> <strong>Limone</strong> rallentare il camm<strong>in</strong>o, fermarlo e fare silenzio<br />

per dare spazio alla contemplazione. Gli sono rimasta vic<strong>in</strong>a, anche quando, nel punto più alto <strong>del</strong><br />

nostro viaggio mi ha mostrato ciò che io ancora non vedo: la forza <strong>in</strong>telligente collocata/ presso la<br />

162


matrice <strong>del</strong>l‟anima, il respiro… la forza che restando <strong>in</strong>visibile/ depone/ l‟alito sul vetro <strong>del</strong> tuo<br />

nome (poesia n.17).<br />

Ma… durò troppo poco la luna.<br />

Ora aspetto, aspetto che anche per me arrivi l‟ora nona, quella <strong>del</strong> soccorso che genera il matt<strong>in</strong>o<br />

e alimenta la speranza. La fede, direbbe <strong>Giuseppe</strong> <strong>Limone</strong>, di essere un punto irripetibile di quella<br />

retta <strong>in</strong>f<strong>in</strong>ita, una goccia che nell‟<strong>in</strong>f<strong>in</strong>ito mare ha il suo proprio nome.<br />

Intanto scendo, seguendo sempre le sue impronte e <strong>in</strong>contro i volti <strong>del</strong>la sua storia che è diventata<br />

anche la mia.<br />

Incontro Carmen che sa di poesia e di ascesa, <strong>in</strong>contro l‟avventura nel volto di Fenicia e ancora<br />

l‟<strong>Angelo</strong> che dà il nome a uom<strong>in</strong>i e donne. <strong>Angelo</strong> che attraversa le generazioni e si fa certezza di<br />

discendenza, affidatario ultimo di quel bagaglio cresciuto tra immag<strong>in</strong>i e visioni, riflessione e<br />

abbandono.<br />

A lui consegna le chiavi <strong>del</strong>le mille <strong>città</strong>, corpo vivo <strong>del</strong>le nostre vite (poesia n.28),<br />

concentrazione di <strong>in</strong>eludibili rimorsi e occasione di quell‟eterna scoperta <strong>del</strong> fuoco/ che nacque<br />

dalle diversità.<br />

Il microcosmo <strong>del</strong>la <strong>città</strong> diventa caleidoscopio dove le moltitud<strong>in</strong>i si scoprono nel nomadismo<br />

che le condanna alla solitud<strong>in</strong>e. Le mura non ci difendono dal crogiolo <strong>del</strong>le passioni discordi, dalla<br />

paura che ci fa schiavi di una mente tecnica impazzita/ per eccesso di ragione (poesia n.31).<br />

Con <strong>Giuseppe</strong> <strong>Limone</strong> ho attraversato le <strong>città</strong> e pur sapendole arcipelaghi di pietre non ho avuto<br />

voglia di fuggire o condannare la cloaca comune, ma piuttosto ho desiderato più <strong>in</strong>tensamente<br />

succhiare ogni radice che ebbe radice <strong>in</strong> un‟altra, e nessuna/ senza l‟altra fu radice (poesia n.31).<br />

Alla f<strong>in</strong>e <strong>del</strong> viaggio il <strong>figlio</strong>: sasso nel sangue,/ la fierezza rubata alla morte (poesia n. 32), la<br />

discendenza non necessariamente biologica che cont<strong>in</strong>uerà l‟avventura terrestre con la certezza che<br />

i suoi passi riecheggeranno <strong>in</strong> più ampio firmamento.<br />

Con la certezza che l‟<strong>Angelo</strong> veglierà sugli uom<strong>in</strong>i a somm<strong>in</strong>istrare un cauto e profondo dolore<br />

(poesia n.33). Non c‟è trionfo, né pal<strong>in</strong>genesi dove sola certezza sia l‟amore.<br />

E così anch‟io mi sono riconosciuta figlia, figlia e madre <strong>in</strong> forza di quell‟ossimoro vivente che è<br />

nell‟umana natura.<br />

Non so se questo poetare sia civile, lirico o filosofico, dopo questo viaggio non so più quale sia il<br />

conf<strong>in</strong>e che circoscrive i generi secondo le def<strong>in</strong>izioni degli studiosi.<br />

So che viaggiare con <strong>Giuseppe</strong> <strong>Limone</strong> mi ha fatto ascoltare il lamento dei sofferenti senza<br />

dimenticare mai la luce <strong>del</strong>le stelle, mi ha fatto viaggiare dentro me stessa riconoscendomi<br />

nell‟<strong>in</strong>f<strong>in</strong>ito dei volti altrui.<br />

163


E soprattutto r<strong>in</strong>grazio <strong>Giuseppe</strong> <strong>Limone</strong> per il coraggio <strong>del</strong>la parola che altro non è se non<br />

coraggio di vivere.<br />

164


<strong>L'</strong>arrivo al mare: ad <strong>Angelo</strong> <strong>Giuseppe</strong>. Per una postilla<br />

di Aldo Masullo<br />

La poesia di <strong>Giuseppe</strong> <strong>Limone</strong> mi richiama alla mente un rigo di Thomas Dumm: «noi scriviamo<br />

e leggiamo per dirci come essere soli <strong>in</strong>sieme» (Apologia <strong>del</strong>la solitud<strong>in</strong>e (tr. it. Di Cater<strong>in</strong>a<br />

D'Amico, Bollati Bor<strong>in</strong>ghieri, Tor<strong>in</strong>o 1910, p. 181).<br />

Cosa può turbare un rigoroso critico <strong>del</strong>la filosofia come <strong>Giuseppe</strong> <strong>Limone</strong>, al punto di sp<strong>in</strong>gerlo<br />

spesso a sconf<strong>in</strong>are con commovente urgenza nei liberi pascoli <strong>del</strong>l'<strong>in</strong>venzione poetica ?<br />

Il fatto è che il pensiero assiduamente esercitato nell'emeneutica <strong>del</strong>la vita si chiude, né purtroppo<br />

può fare altrimenti, nello splendido isolamento <strong>del</strong>la sua logica.<br />

La logica, nell'<strong>in</strong>contro con altre logiche, si esercita ad annetterle assimilandole a sé, e di ciò si<br />

soddisfa. Ma la vita non si accontenta <strong>del</strong>la sua ermeneutica né si lascia acquietare dall'esercizio<br />

logico. Essa rompe ogni arg<strong>in</strong>e da lei stessa <strong>in</strong>ventato ed è irresistibilmente sp<strong>in</strong>ta fuori di ogni<br />

apprestata difesa, fuori di ogni ermeneutica e di ogni logica, nel mare aperto <strong>del</strong> patire che essa è,<br />

dei casi e <strong>del</strong>le occasioni che ne costellano il tempo.<br />

La vita è tanto <strong>in</strong>separabilmente confitta al suo patir casi e occasioni, che questo patire si chiude<br />

su se stesso come una sigillata conchiglia, ne rimane prigioniero, ed è appunto il sé da cui nessun io<br />

per quanto potente riesce a sv<strong>in</strong>colarsi. Il sé è la vita stessa, <strong>in</strong>troversa, sentita, il suo puntuale e<br />

<strong>in</strong>comunicativo senso, <strong>in</strong> cui sta la radice <strong>del</strong>l'io.<br />

Non v'è io che sia fuori <strong>del</strong>la chiusa riflessività <strong>del</strong> patire, <strong>in</strong>somma <strong>in</strong>dipendente dal sé, o evaso<br />

dalla propria solitud<strong>in</strong>e. Provate a spiegare a un <strong>in</strong>dividuo, colpito da una malattia, attraverso quali<br />

oggettivi processi biochimici ciò possa avvenire, e sia dunque <strong>del</strong> tutto «naturale». Il malcapitato vi<br />

risponderà gridando: «Ma perché proprio a me ?».<br />

Certo, neppure nella poesia la vita può sciogliersi dal suo essere v<strong>in</strong>colata a sé, al suo patire casi<br />

e occasioni. Però la parola poetica non si lascia costr<strong>in</strong>gere nei paludamenti ermeneutici e logici,<br />

utili a gestire l'ord<strong>in</strong>e dei corpi viventi e i loro l<strong>in</strong>guaggi, dissimulando così nelle civili f<strong>in</strong>zioni <strong>del</strong>le<br />

persone l'irriducibilità <strong>del</strong> patire, l'<strong>in</strong>comunicatività <strong>del</strong> sé.<br />

La parola, quando non si risolve nella verbalità, ossia nella funzionale appartenenza alla<br />

macch<strong>in</strong>a <strong>del</strong> l<strong>in</strong>guaggio, alle codificate significanze regolarmente manipolate <strong>in</strong> favore di<br />

commerci sociali, allora è poetica, letteralmente creativa, produttrice «dal nulla», ricca d'<strong>in</strong>edito<br />

significato o, più precisamente, non di significato, ma di senso.<br />

165


Qui irrompe la domanda decisiva. Se la poesia è parola, al di là d'ogni significato, carica di senso,<br />

non è allora, priva ormai d'ogni funzione pratica, d'ogni utilità sociale, nient'altro che l' «ombra»<br />

<strong>del</strong>la vita, la solitud<strong>in</strong>e tutta esposta, gridata ?<br />

In verità, la poeticità <strong>del</strong>la parola non m'illude di farmi entrare nell'altrui solitud<strong>in</strong>e, e di uscire<br />

dalla mia, facendovi entrare l'altro, bensì mi fa certo <strong>del</strong>l'altrui solitud<strong>in</strong>e, anzi mi conforta <strong>del</strong>la mia<br />

e, rivelandomi la dest<strong>in</strong>alità <strong>del</strong>la solitud<strong>in</strong>e, mi fa «pietoso» <strong>del</strong>l'altrui e <strong>del</strong>la mia.<br />

La parola poetica <strong>in</strong>somma non risolve né annulla <strong>in</strong> un unico sentirsi le molteplici solitud<strong>in</strong>i, ma<br />

le scopre tutte come sue possibili «compagne», anzi le sollecita ad esserlo.<br />

La vita è sempre e soltanto unica, il suo patire, cioè il suo sentirsi vivere, il suo esser tutta la vita<br />

chiusa dentro di sé, voce a cui echeggiando solo la sua voce risponde: «sogno» appunto o, più<br />

prosaicamente, «monade senza porte e senza f<strong>in</strong>estre». Ogni vivente è tutta la vita, la quale<br />

solamente così sentendosi, solamente come sé, è propriamente vita.<br />

Perciò ogni vivente è solo. Anzi, tanto più lo è quando, come nel caso <strong>del</strong>la vita storica,<br />

l'<strong>in</strong>tensità relazionale di ogni suo luogo, di ogni vivente corpo, con lo svilupparsi <strong>del</strong>la ragione<br />

come calcolo mentale e comunicazione l<strong>in</strong>guistica permette di avvertire, e di soffrirne, la vita come<br />

totalità esclusiva, <strong>in</strong>sopportabile impossibilità <strong>del</strong>la piena «<strong>in</strong>timità comune» romanticamente<br />

idealizzata da Hölderl<strong>in</strong>.<br />

Non resta che la poesia, la quale non è solo, si badi bene, quella verbale, letteraria, ma pur quella<br />

di figure e suoni e ogni altra gratuita modificazione di cose, anche i semplici gesti non mo<strong>del</strong>lati<br />

dalla vita, ma da cui <strong>in</strong>edita vita ogni volta orig<strong>in</strong>almente si mo<strong>del</strong>la.<br />

Peraltro non v'è senso <strong>del</strong>la vita umana, <strong>del</strong>la vita vissuta, che non sia storico, ossia che non sia<br />

senso <strong>del</strong> tempo, e non riassuma <strong>in</strong> sé tutti i sensi vissuti nei momenti precedenti e non si protenda<br />

verso la possibilità, verso il non ancor vissuto.<br />

Ne era profondamente conv<strong>in</strong>to Wilhelm Dilthey, allorché agl'<strong>in</strong>izi <strong>del</strong> '900 scriveva: «Solo<br />

all'ultimo momento <strong>del</strong>la vita si può trarre una conclusione sul suo senso, il che può avvenire<br />

soltanto al suo term<strong>in</strong>e [...]» (Critica <strong>del</strong>la ragione storica, <strong>in</strong>tr. e tr. di Pietro Rossi, E<strong>in</strong>audi.<br />

Tor<strong>in</strong>o1954, p. 343). Dunque, se pur si vuole, mentre la vita è <strong>in</strong> corso, coglierne il senso, non v'è<br />

altra per quanto ardua via se non pensare anticipatamente il compimento <strong>del</strong>la sua totalità. In questa<br />

prospettiva Heidegger suppose che la vita, solo se assunta nel suo «essere per la morte», può offrire<br />

all'uomo «la possibilità ontologica <strong>del</strong> poter-essere-un-tutto autentico», e rivelare dunque il suo<br />

senso (Essere e tempo [1927], § 53, tr. it. di Pietro Chiodi, Longanesi, Milano 1978, p. 324).<br />

Questa è la chiave che per la lettura <strong>del</strong>la sua poesia <strong>L'</strong>arrivo al mare <strong>Giuseppe</strong> <strong>Limone</strong><br />

apertamente suggerisce, se dei tre motti posti <strong>in</strong> capo ad essa il primo, col tono di una confessione,<br />

avverte: «La tappa f<strong>in</strong>ale d'un viaggio è il momento <strong>in</strong> cui accade come ai personaggi di un'opera<br />

166


teatrale nell'ultimo atto: simultaneamente tornano <strong>in</strong> campo tutti i vissuti che f<strong>in</strong> lì accompagnarono<br />

il percorso».<br />

Ora la «tappa f<strong>in</strong>ale», come «l'anticipazione <strong>del</strong>la totalità autentica», e come «il morire», è lo<br />

smascheramento <strong>del</strong>l'assoluta solitud<strong>in</strong>e.<br />

La parola filosofica può criticamente rilevare la solitud<strong>in</strong>e, anzi «dedurne» la necessità: può cioè<br />

debitamente convertire <strong>in</strong> categoria pensata, logico-trascendentale, un fatto, la vissuta <strong>in</strong>superabilità<br />

<strong>del</strong>la solitud<strong>in</strong>e. Il filosofo non può far nulla di più che prendere radicale coscienza <strong>del</strong>la solitud<strong>in</strong>e<br />

come <strong>del</strong>l' «autenticità» <strong>del</strong>la vita che egli vive: senza solitud<strong>in</strong>e, non vi sarebbe «autenticità»,<br />

ovvero la corrispondenza <strong>del</strong> proprio apparire al proprio essere.<br />

Fermo restando tutto ciò, la parola poetica non persegue atteggiamenti né scientistici né<br />

moralistici con la vana pretesa di dare alla solitud<strong>in</strong>e un senso che la trascenda, cioè un pubblico e<br />

regolarmente comunicabile significato. La poesia vive, patisce, la solitud<strong>in</strong>e. È la sofferenza <strong>del</strong>la<br />

solitud<strong>in</strong>e che però, non potendo dire l'<strong>in</strong>dicibile che essa è, anziché tacere grida, convoca le altre<br />

solitud<strong>in</strong>i, le avverte che nessuna di esse è la sola, però ognuna nella sua unicità è «sacra», va<br />

rispettata, e onorata con la «pietà».<br />

La poesia si rivela gesto di solitud<strong>in</strong>e generosa.<br />

Nel testo di <strong>Giuseppe</strong> <strong>Limone</strong> le solitud<strong>in</strong>i cantano.<br />

Canta la solitud<strong>in</strong>e di chi ama l'<strong>in</strong>nocenza <strong>del</strong> bamb<strong>in</strong>o, chiunque sia suo padre. Canta la<br />

solitud<strong>in</strong>e di chi «non dimentica di donare», di chi «resiste all'ira», di chi «sa soffrire le sp<strong>in</strong>e», di<br />

chi possiede «la fede <strong>del</strong>la pietà», di chi «non si scoraggia per il trionfo <strong>del</strong> male», di chi «apre il<br />

varco alla speranza». Canta la solitud<strong>in</strong>e di chi «onora la donna», di chi «sa andare oltre la<br />

superficie dei visi» per cercare «<strong>in</strong> ogni uomo il segreto che lo salva», di chi «dopo la giustizia cura<br />

i germogli <strong>del</strong> perdono». Canta la solitud<strong>in</strong>e di chi sa «essere evento di grazia per gli altri aprendo<br />

al tempo un <strong>in</strong>izio nuovo», e di chi riesce ad essere «il primo nell'alba a dare il nome alle rose».<br />

Perf<strong>in</strong>o la solitud<strong>in</strong>e di filosofi, non nom<strong>in</strong>ati, diviene canto. Certamente kantiana è la solitud<strong>in</strong>e<br />

di chi «coltiva la bellezza <strong>del</strong> suo cielo stellato e il cielo stellato <strong>del</strong> dovere», ma non meno<br />

certamente vichiana è la solitud<strong>in</strong>e di chi «scava nella sua sorte l'occasione per la sua libertà».<br />

<strong>L'</strong>umanità di <strong>Giuseppe</strong> <strong>Limone</strong> è più forte <strong>del</strong>la sua filosofia. Da filosofo egli scopre la solitud<strong>in</strong>e<br />

assoluta. Come uomo non si rassegna a sopportarla da solo. Allora prova con la parola poetica a<br />

richiamare le altre assolute solitud<strong>in</strong>i, aff<strong>in</strong>ché ognuna nella solidarietà di tutte scopra la possibilità<br />

di salvarsi dalla disperazione.<br />

In fondo, <strong>Giuseppe</strong> scrive e io leggo «per dirci come essere soli <strong>in</strong>sieme». Le nostre solitud<strong>in</strong>i<br />

sono compagne.<br />

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168


INDICE<br />

Prefazioni<br />

Cercando l‟<strong>Angelo</strong> che è <strong>in</strong> noi, di Francesco D‟Episcopo<br />

Per un approccio al viaggio, di Eugenio Nastasi<br />

IN LIMINE: PER LA GRAMMATICA DI UN VIAGGIO<br />

A) INTENZIONI DI VIAGGIO<br />

B) VIATICO PER CHI LEGGE E PER CHI SCRIVE<br />

C) MAPPA DI NAVIGAZIONE<br />

IL VIAGGIO<br />

L‟ANÀBASI (I PARTE)<br />

Preludio. Bamb<strong>in</strong>o che da un angolo<br />

1. Di qui<br />

2. Dentro il tempo <strong>del</strong> sole<br />

3. Non scorarti<br />

4. Uom<strong>in</strong>i<br />

5. Chernobyl<br />

6. Pianto di bimbo<br />

7. Barack Obama<br />

8. A Fenicia<br />

9. Venisti<br />

10. Siamo<br />

11. Gli elettroni assomigliano<br />

12. Bamb<strong>in</strong>o dagli occhi di rugiada<br />

13. Il vento che qui passa<br />

14. A mia madre<br />

15. Ricordami<br />

16. Il bimbo arde<br />

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LA SOSTA IN ALTO (INTERMEZZO)<br />

17. Durò troppo poco<br />

LA CATÀBASI (II PARTE)<br />

18. Due <strong>in</strong>f<strong>in</strong>iti<br />

19. Eluana<br />

20. Dentro i tuoi occhi<br />

21. Da tempo ti devo<br />

22. In sala <strong>in</strong>tensiva<br />

23. L‟Aquila, 6 aprile 2009<br />

24. Frate Francesco<br />

25. La luna a sorsi<br />

26. Fenicia, compi gli anni<br />

27. Ho sette perle da darti<br />

28. C'erano le <strong>città</strong><br />

29. Cadore<br />

30. Lisbona<br />

31. L‟ora <strong>del</strong>la <strong>città</strong><br />

32. Il <strong>figlio</strong><br />

33. <strong>L'</strong><strong>Angelo</strong> <strong>sulle</strong> <strong>città</strong><br />

L‟arrivo al mare. Ad <strong>Angelo</strong> <strong>Giuseppe</strong><br />

Postfazioni<br />

Ciammaruconi<br />

R<strong>in</strong>graziando <strong>Giuseppe</strong> <strong>Limone</strong> per avermi portata con sé nel viaggio, di Maria Teresa<br />

<strong>L'</strong>arrivo al mare: ad <strong>Angelo</strong> <strong>Giuseppe</strong>. Per una postilla, di Aldo Masullo<br />

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