L' Angelo sulle città, in onore del figlio - Giuseppe Limone
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<strong>Giuseppe</strong> <strong>Limone</strong><br />
L‟ANGELO SULLE CITTÀ<br />
IN ONORE DEL FIGLIO<br />
Versione n. 60<br />
Edizioni Lepisma<br />
2
PREFAZIONI<br />
4
Cercando l‟<strong>Angelo</strong> che è <strong>in</strong> noi<br />
di Francesco D‟Episcopo<br />
«L‟angelo è la lacrima di Dio che brilla nell‟occhio <strong>del</strong>l‟<strong>in</strong>nocente calpestato. E di chi lo<br />
calpestò». Poche parole <strong>del</strong>lo stesso <strong>Giuseppe</strong> <strong>Limone</strong>, racchiuse <strong>in</strong> una sorta di sorprendente<br />
aforisma, per affermare con forza e fragilità la presenza di un <strong>Angelo</strong> sopra e dentro di noi; un<br />
<strong>Angelo</strong> che, come nel celebre film di Wenders, protegge e sovrasta una <strong>città</strong> come Berl<strong>in</strong>o ma che,<br />
allo stesso tempo, fa risuonare la sua tromba di giustizia e di saggezza su tutte le <strong>città</strong> <strong>del</strong> mondo,<br />
perché divent<strong>in</strong>o, come predicava Sant‟Agost<strong>in</strong>o, un‟unica <strong>città</strong> di Dio e <strong>del</strong>l‟uomo.<br />
Un universo <strong>in</strong>f<strong>in</strong>ito, <strong>in</strong>edito e imprevisto, si raccoglie dentro di noi; una entità metafisica e<br />
realissima, che non è dato osservare con gli occhi, bensì con quello sguardo <strong>in</strong>teriore, il solo che<br />
riesce a perforare il mistero e a togliere il velo che copre la realtà, regalandole una falsa apparenza.<br />
Per poter conoscere le profondità <strong>del</strong>l‟essere bisogna ascendere alle sublimità <strong>del</strong> cielo, luogo<br />
dove l‟<strong>Angelo</strong> ha edificato la sua <strong>in</strong>crollabile dimora, <strong>in</strong>vitando a una salita, necessaria per cogliere<br />
la sostanza <strong>del</strong>le cose.<br />
Il viaggio, che ricorda molto da vic<strong>in</strong>o altri viaggi poetici, quelli di Omero, Virgilio, Dante, porta<br />
con sé i segni evidenti di una maturità culturale, ma soprattutto emotiva, scontata contro gli scogli<br />
<strong>del</strong>la vita. Si vuole pr<strong>in</strong>cipalmente dire che <strong>in</strong> questo lungo attraversamento <strong>del</strong> mondo nulla è falso<br />
o fatuo ma tutto è vero e sostanziale. Ecco perché la parola scaturisce, come fiore, dalla vertig<strong>in</strong>e di<br />
un essere che con esso dialoga amorosamente, come luce e speranza di un dest<strong>in</strong>o di bellezza e<br />
felicità, da restituire all‟uomo oltre le deserte rov<strong>in</strong>e di un tempo apocalitticamente avverso, come<br />
predicava Eliot.<br />
Si scopre così che, paradossalmente, la s<strong>in</strong>tesi sorge dalle ant<strong>in</strong>omie e che un ulteriore miracolo<br />
<strong>del</strong>la poesia è quello di rendere queste ultime s<strong>in</strong>estesie di una natura unitaria, <strong>in</strong> cui tutto è<br />
richiamato ad una orig<strong>in</strong>e, ad un ord<strong>in</strong>e soprannaturale, si direbbe meglio nello specifico, “stellare”,<br />
<strong>in</strong> cui i ricordi giocano un ruolo fondamentale, perché consentono di ricucire le cesure <strong>del</strong> tempo, <strong>in</strong><br />
una visione “millenaria”, che sfida lo spazio e il tempo stesso, trasformando la vita <strong>in</strong> sostanza di<br />
sogno senza f<strong>in</strong>e.<br />
Dentro questo caleidoscopio visionario tutto è possibile e la realtà, il suo residuo sul fondo <strong>del</strong>la<br />
bottiglia, che resta la vita, stenta a risolversi <strong>in</strong> chiarezza trasparente. Si può, anzi, affermare che il<br />
corpo a corpo che il poeta <strong>in</strong>staura con essa è di natura profondamente filosofica e metafisica, ma<br />
non per questo egli mai si perde <strong>in</strong> un discorso teoretico, di cui è sicuro padrone, preferendo mettere<br />
6
<strong>in</strong> gioco ogni certezza, o presunta tale, <strong>in</strong> nome di una r<strong>in</strong>novata visione <strong>del</strong>l‟universo, che alla<br />
poesia si affida come bellezza e salvezza.<br />
Egli avverte, più che mai attuale, il rapporto ancestrale che lega il vissuto al suo contrario, nella<br />
potenzialità di un respiro, capace di congiungere essere e non essere, perché è proprio quest‟ultimo,<br />
più <strong>del</strong> primo, scontato e già visto, a reclamare una presenza sempre possibile.<br />
Poesia umilmente sapienziale è quella di <strong>Limone</strong>, che tocca vertici accoratamente umani, anzi<br />
umanissimi, quando si dispone <strong>in</strong> ascolto d‟amore e <strong>in</strong>voca vite giuste, vere, vissute f<strong>in</strong>o <strong>in</strong> fondo,<br />
alle persone che più gli stanno a cuore. Allo stesso modo, tocca vertici vituperativi, quando si<br />
scaglia contro tutto ciò che di vacuo e violento la presunta civiltà ha creato, violando i limiti <strong>del</strong>la<br />
sua umanità e sprofondando <strong>in</strong> abissi, dai quali appare davvero difficile risalire.<br />
Accanto a un presente storicamente esaustivo, che allarga e restr<strong>in</strong>ge il proprio spettro, segnato<br />
dai temi e dalle circostanze, c‟è un calcolato caso, che possiede il poeta e lo protrae <strong>in</strong> una sorta di<br />
penisola di parole, ed è il vocativo, <strong>in</strong>sistente, <strong>in</strong>sistito, nella voglia di esserci, di comunicare la<br />
propria ansia, la propria pena verso chi vuole salvare dal dolore e dalla dispersione.<br />
Diversi e sorprendenti risultano allora gli approcci ai grandi temi di un tempo nostro e di altri,<br />
anche se l‟approdo resta sostanzialmente, ma anche formalmente, il medesimo: un sogno di<br />
comunione e d‟amore, <strong>in</strong> cui placare <strong>in</strong>quietud<strong>in</strong>i e <strong>in</strong>certezze per dare una dritta sicura a quel<br />
viaggio, a cui ogni uomo è chiamato, con il suo carico di imprevisto.<br />
Obama, Eluana, il terremoto <strong>del</strong>l‟Aquila, sono solo alcuni esempi concreti di un impegno<br />
esistenziale, che non può escludersi, come proclamava Quasimodo, da ciò che più co<strong>in</strong>volge e<br />
determ<strong>in</strong>a un comune dest<strong>in</strong>o.<br />
Da questo forte sentimento di comunità nasce, <strong>del</strong> resto, l‟ardente e consapevole attenzione <strong>del</strong><br />
poeta nei confronti <strong>del</strong>la <strong>città</strong>, <strong>in</strong>tesa come luogo emblematico di condivisione di una esperienza che<br />
dovrebbe aiutare l‟uomo non a perdersi, come spesso accade, ma a ritrovarsi <strong>in</strong> una orig<strong>in</strong>aria<br />
architettura <strong>del</strong>l‟anima, che gli restituisca tutta la congenita compattezza <strong>del</strong> suo vivere, e non<br />
sopravvivere. Tutto rischia di divenire più disumano e più brutto e ciò che si salva appare talvolta<br />
un‟isola, circondata da mostri, divoratori di ogni armonia. Dovremo, f<strong>in</strong>o a quando, tollerare questo<br />
scempio <strong>del</strong>la nostra natura più autentica e assoluta <strong>in</strong> nome di un relativo sviante e dom<strong>in</strong>ato da un<br />
egoismo sfrenato? E come, quando, quanto la poesia potrà aiutare a restituirci ciò che ci viene ogni<br />
giorno tolto con il sotterfugio e con l‟<strong>in</strong>ganno più evidente? Sono domande, dest<strong>in</strong>ate, come<br />
sempre, a rimanere senza risposte ma forse la poesia c‟è anche per questo: per ricordare al mondo di<br />
esistere, senza aspettarsi consuntivi o risposte def<strong>in</strong>itive.<br />
Essa resta, nella sua sostanza più profonda, una forma d‟amore, che prova a dare, senza chiedere<br />
nulla <strong>in</strong> cambio. E alta poesia d‟amore è quella che <strong>Limone</strong> compone per chi più <strong>in</strong>timamente e<br />
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<strong>in</strong>tensamente sollecita, meridionalmente, mediterraneamente, i suoi sensi e sentimenti, <strong>in</strong> una<br />
congiunzione di sangue e di vita tutta <strong>in</strong>tera. In queste occasioni, davvero il poeta tocca le fibre più<br />
vibranti di un mistero, che la vita ci regala e che solo l‟esperienza diretta, personale, conferma e<br />
suggella senza scampo. I frammenti <strong>del</strong> reale, alla f<strong>in</strong>e, si disperdono e ricompongono <strong>in</strong> una<br />
visione d‟<strong>in</strong>sieme, avida e ardente, che si aggrappa disperatamente ad ogni elemento per<br />
raggiungere un sogno, per riconquistare una possibile utopia. La stessa parola, generalmente<br />
distesa, si raggruma <strong>in</strong> una tensione emotiva palese, che non ha più bisogno di appellarsi ad<br />
archetipi genetici, perché l‟unico referente possibile, nella fitta selva di simboli che scandiscono<br />
l‟alterno canzoniere, è il seme, che è fiorito e si è fatto uomo e, come tale, <strong>in</strong>voca tutta la forza di un<br />
amore, capace di fargli sentire l‟onda lunga <strong>del</strong> tempo, che unisce le generazioni e le consegna a un<br />
futuro, carico di speranza e di meraviglia.<br />
Amore per anime e corpi da condividere, che si segnala semanticamente come amore <strong>del</strong>la vita di<br />
tutti, soprattutto di quelli che soffrono la propria debolezza e fragilità. Sono questi i veri compagni<br />
di viaggio e d‟avventura, ai quali ogni poeta che si rispetti dedica il proprio peana di condivisione e<br />
di lotta comune. Quale sarà il futuro? Ancora una domanda, alla quale la poesia non può e non sa<br />
dare una risposta. L‟importante, per il momento, è garantire una navigazione possibile a un novello<br />
Ulisside, felice di provare l‟ebbrezza <strong>del</strong>le parole e di riassaporare la sostanza dei sogni.<br />
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Per un approccio al viaggio<br />
di Eugenio Nastasi<br />
In un <strong>in</strong>tersecarsi di piani narrativi, cont<strong>in</strong>uo e progressivo, seguendo il filo (“Ne tengo ancora<br />
un capo”, scriveva Montale, <strong>in</strong> “La casa dei doganieri”) che si rigenera autonomamente, se diamo<br />
conto all‟Autore ped<strong>in</strong>andolo nella sua scrittura, “ L‟<strong>Angelo</strong>” di <strong>Giuseppe</strong> <strong>Limone</strong> può costituire,<br />
ab <strong>in</strong>itio, un esempio di consistente levatura di “libro aperto” o di “struttura aperta” come altra volta<br />
suggeriva un testo di Umberto Eco.<br />
Se è vero che la complessità è tipica dei sistemi evoluti, come lo è degli organismi viventi<br />
superiori, di cui esempio paradigmatico per eccellenza è l‟uomo, la straord<strong>in</strong>aria architettura di<br />
quest‟opera <strong>in</strong>vita a <strong>in</strong>terrogarsi <strong>sulle</strong> ragioni <strong>del</strong> possibile e <strong>sulle</strong> <strong>in</strong>f<strong>in</strong>ite possibilità <strong>del</strong>la ragione.<br />
Già nel « Viatico per chi legge e per chi scrive» (una sorta di effemeride alla Melville),<br />
l‟opportunità di confrontarsi con la precisione <strong>del</strong> l<strong>in</strong>guaggio che sottende codici semantici multipli,<br />
perché diversa e senza equivoci è la rotta <strong>del</strong> viaggio <strong>in</strong>trapreso, ci colloca a ridosso <strong>del</strong>le s<strong>in</strong>apsi<br />
<strong>del</strong>l‟evoluzione <strong>del</strong> pensiero pensante che, mentre chiede alla filosofia di farsi samaritana di<br />
fecondità e precisione, si ripaga sul fronte poetico, levandosi a potenza superna, con semi e<br />
germogli di complessità.<br />
E se non bastasse questa anticamera di argomentazioni fittissime, protette come sono dal rigore<br />
<strong>del</strong>le asserzioni di pregnanza gnomica, la “Mappa di navigazione” riposiziona e r<strong>in</strong>forza le dritte <strong>del</strong><br />
viaggio con citazioni ora prese <strong>in</strong> prestito da autori disparati ora confezionate <strong>in</strong> proprio ad usum<br />
libri ora spillate nella cornice loro propria di eserghi che, come orli di una tovaglia di f<strong>in</strong>e bisso,<br />
esalta per splendore di forme e temi e per varietà di cesellatura, le stoviglie necessarie al convivio.<br />
Onestamente ci sarebbe da perdersi <strong>in</strong> tanta trama di <strong>in</strong>dicazioni che, agendo da pulsante, aprono<br />
con fasci di luce di fuga <strong>in</strong> fuga, di stanza <strong>in</strong> stanza, nuovi repertori dei modi che la poesia utilizza<br />
per tastare dubbi e certezze <strong>del</strong>la mente e prefigurarsi oasi di passaggio ovvero attestarsi come<br />
sequenza di attimi decisionali. Todorov, Sp<strong>in</strong>oza, Montale, Leopardi, Eliot, Benjam<strong>in</strong> chiamati a<br />
suggellare l‟<strong>in</strong>terazione <strong>del</strong>le coord<strong>in</strong>ate, ma l‟esplorazione <strong>del</strong>la memoria personale e il rigore di<br />
taluni significati riscritti da <strong>Limone</strong> (basterebbero gli enunciati degli eserghi 14 o 17 o il 22 e il 27)<br />
riscuotono un consenso da laboratorio poetico <strong>in</strong> quanto adesione a un work <strong>in</strong> progress che prova<br />
ad <strong>in</strong>frangere il possibile-impossibile Altro mediante l‟importanza data ai sentimenti e gli attriti<br />
suggeriti dalle emozioni. <strong>Giuseppe</strong> <strong>Limone</strong> impegna <strong>in</strong> questa scrittura tutto il suo stratificato<br />
sapere filosofico, ben conscio che “ogni filosofia”, come scrive Wittgenste<strong>in</strong>, “ è critica <strong>del</strong><br />
l<strong>in</strong>guaggio”, perché proprio l‟uso “spregiudicato” <strong>del</strong> codice l<strong>in</strong>guistico ribalta certezze scientifiche<br />
e “l<strong>in</strong>guaggi di precisione” dacchè la maniera poetica <strong>del</strong> Nostro dardeggia ogni altra forma artistica<br />
9
icorrendo, magari, al sentimento <strong>del</strong>la pietà, perché “solo se si capisce la pietà, si è al varco<br />
possibile di Dio”, (15° esergo).<br />
OOOOOOOOOOOO<br />
In un crescendo di trentatré componimenti di varia lunghezza, a mutabile eppure concentrica<br />
tematica, con versi di lunghezza disparata, con uno sviluppo sorretto da un <strong>in</strong>tr<strong>in</strong>seco e <strong>in</strong>evitabile<br />
affilarsi di metafore, un ricomporre gli elementi e tentare un varco a una possibile catarsi per un<br />
futuro che trova nell‟ansia <strong>del</strong>l‟anima e <strong>del</strong> tempo la ragione che sottende e esalta questo esplodere<br />
di versi, <strong>Giuseppe</strong> <strong>Limone</strong> scompone e ricompone il suo e nostro mondo etico-familiare dando<br />
prova <strong>del</strong>la sua <strong>in</strong>tonsa s<strong>in</strong>cerità e <strong>del</strong>la sua <strong>in</strong>nocenza, nulla concedendo a questo nostro tempo di<br />
compromessi e ripieghi. Gravita dentro i versi un‟aderenza di sangue e di ist<strong>in</strong>to, propri di un poeta<br />
che è anche filosofo, perché le idee dissem<strong>in</strong>ate si trasformano di pag<strong>in</strong>a <strong>in</strong> pag<strong>in</strong>a <strong>in</strong> colpi di<br />
martello per sbozzare la fantastica facciata di una cattedrale che racconta nel marmo <strong>del</strong>la<br />
temporalità i segni vivi e verticali <strong>del</strong>l‟esistere e <strong>del</strong> con-sistere. Lo fa con gli accenti “favolosi” e<br />
“morali” di quell‟ascendenza partenopea che non si smarca mai, non si discosta mai dalla figura<br />
umana, consapevole <strong>del</strong> periclitare <strong>del</strong>l‟uomo nella selva <strong>del</strong>la vita, <strong>in</strong> uno sguardo che ne scopre le<br />
radici <strong>in</strong>f<strong>in</strong>ite e con l‟anima certa che l‟orig<strong>in</strong>e <strong>del</strong> mondo e il dest<strong>in</strong>o degli uom<strong>in</strong>i è dentro a quel<br />
colore di selva e di <strong>in</strong>f<strong>in</strong>ità di radici.<br />
Utilizzando una scansione <strong>in</strong> tre grandi temi a valenza biblica “Anabasi”, “La sosta <strong>in</strong> alto” e<br />
“Catabasi” e mescidando, nello scandirsi <strong>del</strong> verso nella poesia e <strong>del</strong>la parola nel verso, espressioni<br />
e qualità di immag<strong>in</strong>i “..mi svegli/una sp<strong>in</strong>a difficile, /un‟angoscia colpevole nel cuore, me<br />
l‟avviti/nel sangue/come un rimorso retrattile/come un‟avara pietà…” , <strong>Giuseppe</strong> <strong>Limone</strong> subito<br />
decl<strong>in</strong>a l‟antico e sacro senso <strong>del</strong>la poesia, esponendola al sole come storia <strong>del</strong>l‟anima umana. E<br />
qu<strong>in</strong>di irrompe <strong>in</strong> una vicenda d‟animi e di memorie che hanno nella sentenziosità non la pretesa <strong>del</strong><br />
giudizio tout court, ma una forma dubitativa, scandita dall‟avverbio “forse” ( che troveremo ancora,<br />
lungo il “poema”, come talismano di apertura a un credito che è assiomatico nell‟enunciazione ma<br />
trasgredito e sospeso nel farsi <strong>del</strong>l‟esistenza degli uom<strong>in</strong>i) che cerca, <strong>in</strong> una l<strong>in</strong>earità di assunti e di<br />
algebrici <strong>in</strong>castri, di illimpidire con puntuale ricorso al mare, quanto meno il pudore <strong>del</strong> poeta: “<br />
…Forse perché/è un liquido poeta/che si gioca <strong>in</strong> più forme/<strong>in</strong> <strong>in</strong>f<strong>in</strong>ite/premure/da un cavo<br />
d‟esperienza millenaria, /poi che fu/per millenni/palombaro d‟esistere/mozzo/furtivo/nella stiva<br />
<strong>del</strong>l‟essere/f<strong>in</strong> quando/decise di svanire/per abitar coralli/ sui fondali”.<br />
Quel che lega il lettore al testo sono i rimandi <strong>in</strong>sistiti a riflessioni di non immediata udienza, a<br />
concetti derivati da un orientamento, che lo stesso Autore aveva esternato altrove, lungo l‟ellissi <strong>del</strong><br />
“vissuto precomprendere il tempo” <strong>in</strong>teso anche come pregiudiziale “<strong>in</strong>contro” di età “diverse e<br />
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are” f<strong>in</strong>o al “…noi capimmo/che fummo nulla più che/cicatrici/d‟altre vite non nate,/a cui fu<br />
perdonato il non esistere/come una colpa da espiare/abitando fra noi ”. E sempre nella stessa<br />
sezione “Dentro il tempo <strong>del</strong> sole” da cui sono stati tratti i versi f<strong>in</strong> qui citati, si ricapitolano le<br />
<strong>in</strong>f<strong>in</strong>ite complicità <strong>del</strong>l‟essere e <strong>del</strong> dover essere con esempi di spiritualità (pare di sentire l‟eco<br />
naturalista <strong>del</strong>la Dick<strong>in</strong>son) e di richiami scientifici e anche civili o topici che gli fa dire: “…ma il<br />
tempo,/forse ripescherà/navigando <strong>in</strong> avanti sul gran mare/<strong>del</strong>l‟essere/il luogo che lasciammo,/ci<br />
saprà/ritrovare il futuro nel passato”.<br />
La coscienza <strong>del</strong>la verità, l‟emblema che con maggior presa viene <strong>in</strong>dicato <strong>in</strong> questa parte <strong>del</strong>la<br />
raccolta, probabilmente tra le più <strong>in</strong>cisive per struttura tematica e per empito poetico, è difficile da<br />
coniugare con la realtà esistenziale che sovente pulsa contro, per cui pare un azzardo ontologico<br />
reagire con la spirituale esigenza <strong>del</strong>la parola e <strong>del</strong> giudizio. Né si può passare oltre la poesia<br />
“Uom<strong>in</strong>i” che denuncia l‟assenza di quel bene comune che è il diritto alla vita, il suo valore e la sua<br />
dignità e dove il conteggio utilitaristico sembra la via percorribile senza alternativa morale: “…voi,<br />
/ che perdonaste all‟esistere di Dio/ cancellandolo, per mostrarci chi siamo,/voi/ che avete portato al<br />
Banco dei pegni il futuro/ e i bamb<strong>in</strong>i/ <strong>in</strong> cambio <strong>del</strong> presente/ e immolato i vostri medesimi figli<br />
sull‟altare dei padri,/adorando lo sterco <strong>del</strong>la fame/d‟oro/e rubandoci ai dadi la speranza/con la<br />
roulette russa d‟una morte/democratica, per tutti…”. A fare da sponda soccorrono occasioni funeste:<br />
“Chernobyl” (…<strong>in</strong>censo atomico/all‟uomo <strong>del</strong> Duemila) o esaltanti nella forma <strong>del</strong>la speranza<br />
“Barack Obama”: (…Tu ora forse ci <strong>in</strong>segni/senza saperlo/che l‟<strong>in</strong>credibile è il fondamento <strong>del</strong>la<br />
fede) attraverso cui <strong>Giuseppe</strong> <strong>Limone</strong>, <strong>in</strong> presa di contatto concreta col suo tempo e con la sua<br />
natura epistemologica, dà prova di saper <strong>in</strong>terpretare una moralità attiva e risolverla <strong>in</strong> poesia.<br />
Il frangente tra esigenze spirituali, natura, sollecitazioni etiche, rammemorazioni <strong>in</strong>time e private<br />
è estremo, tutto o quasi tutto il libro, dando conto di s<strong>in</strong>cerità, <strong>in</strong>cl<strong>in</strong>a nella sostanza verso una<br />
<strong>in</strong>trepida certezza che è la profonda fiducia nella parola <strong>del</strong>la poesia. Le sezioni che seguono si<br />
organizzano costantemente <strong>in</strong>torno a certe l<strong>in</strong>ee di resistenza che <strong>in</strong> parte sono state già esperite,<br />
l<strong>in</strong>ee di <strong>in</strong>timità religiosa esigente e <strong>in</strong>sieme di validità letteraria di eguale serietà, altre che<br />
ricalcano speranze di perfezione e di salvezza ma anche virtù di studioso e di <strong>in</strong>terprete di elevati<br />
esempi: come non sentire giungere quell‟«Agisci <strong>in</strong> modo che la massima <strong>del</strong>la tua volontà possa<br />
valere sempre, al tempo stesso, come pr<strong>in</strong>cipio di una legislazione universale» di formulazione<br />
kantiana?<br />
Profonda fiducia nella parola poetica, si scriveva, che trova <strong>in</strong> “Vento che qui passa” elementi<br />
legati a un discorso senza soluzione di cont<strong>in</strong>uità con l‟<strong>in</strong>terna ansietà che muove e rimuove la<br />
sostanza lirica e lega o preannuncia, nel ricorso a temi di privata esperienza, argomenti correlati con<br />
quanto già espresso ma capaci di ulteriore scavo, di più <strong>in</strong>cisiva def<strong>in</strong>izione: “Le orme/ che<br />
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lasciamo nelle cose sono/i visi dei ricordi:/una <strong>città</strong> le custodisce/<strong>in</strong> una mappa di memorie e le<br />
tiene/celate a chi perse/l‟identità d‟esser vivo, ma le offre/a braccia aperte all‟angelo/possibile che<br />
viene/a raccoglierle, a salvarle/come stracci di cuore”. In questi versi stilisticamente <strong>in</strong> grado di<br />
tastare la maestà <strong>del</strong> dire poetico di <strong>Limone</strong>, sono contenuti gli sviluppi <strong>del</strong>le sezioni che seguono:<br />
memoria s‟è già detto, la <strong>città</strong>, l‟angelo. C‟è anche l‟ombra di Montale col suo “filo” che nel Nostro<br />
è di “rosari”, ma mi piace accostare la sosta sull‟ “attimo fuggente” che permea i suoi versi a un<br />
passo <strong>del</strong> romanzo “Il Vangelo secondo Gesù Cristo” di Saramago che sperimenta, parlando di<br />
Gesù che va a <strong>in</strong>contrare i dottori <strong>del</strong>la s<strong>in</strong>agoga, la medesima mobilità <strong>del</strong>l‟ istante che vorremmo<br />
fermare: “Non è possibile, si è già mosso, l‟istante è arrivato ed è passato, il tempo ci porta f<strong>in</strong> dove<br />
s‟<strong>in</strong>venta una memoria, era così oppure no, è tutto come noi diremo che è stato” molto vic<strong>in</strong>o al<br />
f<strong>in</strong>ale <strong>del</strong> testo menzionato: “ …perché il silenzio degli anni contumaci/non sia passato <strong>in</strong>vano”.<br />
Il colloquio che <strong>Limone</strong> ha <strong>in</strong>staurato col lettore s‟impenna nella parte di mezzo, “Durò troppo<br />
poco” e l‟accento raddoppia il battere <strong>del</strong> maglio, s‟avverte il cadenzato timbro <strong>del</strong> verso e il<br />
rum<strong>in</strong>are temi e tempi frammisti, epoche e personaggi <strong>del</strong>l‟antichità romana e greca con la temperie<br />
scientifica <strong>del</strong>la nostra età contemporanea e il canto cresce lentamente <strong>sulle</strong> sue enunciazioni,<br />
s‟avvolge a spirale e cerca di distendersi verso un‟armonia <strong>in</strong>travista ma di breve durata: “Durò<br />
troppo poco la luna, ora che sappiamo/che la fame di storia/fece macerie di visi, ora che ogni<br />
viso/attende il suo angelo/che torna/ad ali aperte/nell‟immortale possibile che salva”.<br />
Ed ecco Catàbasi che già nell‟esergo preannuncia l‟<strong>in</strong>versione di rotta senza però accusare<br />
smagliature di consistenza e tenuta <strong>del</strong> tono: …Nell‟ora nona <strong>del</strong>l‟anima/un angelo improvviso mi<br />
soccorse/piano, generando il matt<strong>in</strong>o:/E com<strong>in</strong>ciammo la discesa al mare…, con i suoi sedici pezzi,<br />
quasi un‟opera a sé, con un attacco, “Due <strong>in</strong>f<strong>in</strong>iti” <strong>in</strong> grado di fondere geometria <strong>del</strong>le variabili e<br />
metafisica <strong>in</strong> “quell‟unico (punto) che/nessun <strong>in</strong>f<strong>in</strong>ito contiene”. Più che di poesie nuove, stricto<br />
sensu, queste liriche vogliono essere l‟<strong>in</strong>dice e l‟abbozzo di una serie di motivi essenziali, sul piano<br />
cosmico e spirituale, <strong>del</strong>la poesia etico-civile di <strong>Limone</strong>. Il titolo, già di suo, richiama la rotta<br />
ellittica <strong>del</strong> poema ed evoca, attraverso occasioni (“Eluana”, “L‟Aquila”, “Cadore”, “Lisbona”) o<br />
motivi personali (“Dentro i tuoi occhi”, “Da tempo ti devo”, “In sala <strong>in</strong>tensiva” e altri) o grandi<br />
temi come “L‟ora <strong>del</strong>le <strong>città</strong>” e “L‟<strong>Angelo</strong> <strong>sulle</strong> <strong>città</strong>”, fecondità e precisione citati prima per un<br />
“colloquio <strong>in</strong>f<strong>in</strong>ito” questa volta, a simbolo di una freschezza, di una “giov<strong>in</strong>ezza” che, per essere<br />
<strong>del</strong>l‟anima, non conoscerà il buio <strong>del</strong>la notte. Un simbolo che è, propriamente, una s<strong>in</strong>tesi e un<br />
rilancio <strong>del</strong>le problematiche affrontate: <strong>in</strong>fatti alla def<strong>in</strong>izione degli assi portanti <strong>del</strong> repertorio<br />
poetico e filosofico di <strong>Limone</strong> si giunge attraverso l‟evocazione o la memoria di immag<strong>in</strong>i terrene,<br />
di meditazioni filosofiche, di <strong>in</strong>contri vissuti, sperimentati, misurati, magari senza volto e senza<br />
nome (a parte alcuni) scorporati, come sempre d‟altronde sono le figure, le cose, gli oggetti, perché<br />
12
non appartenuti o non tarati nella loro consistenza morale (quante volte ricorre la parola “<strong>onore</strong>”<br />
come archetipo di una verità perduta). Da qui il richiamo perentorio al concetto di persona come<br />
modulo <strong>in</strong>terpretativo <strong>del</strong> dato esistenziale umano, alla “<strong>città</strong>” nello straord<strong>in</strong>ario canto che nasce<br />
proprio nelle vicende storiche e nel propagarsi <strong>del</strong>le civiltà: “Videro la persona/a fondamento e a<br />
vertice <strong>del</strong> mondo/i padri <strong>del</strong>la patria/nostra./Che cos‟è la persona?/È il tuo volto/unico/ il tuo<br />
vissuto che nessuno/può sostituire…”. Si dovrebbe cont<strong>in</strong>uare la citazione e riscriverne tante altre,<br />
per la purezza e la terribile facilità con cui sgorgano i versi attorno ad argomenti vasti e profondi, e<br />
farli propri, assorbirli, assimilarli, se non abbiamo abdicato, ormai, alle strutture portanti e la<br />
sostanza <strong>del</strong>la vita a mero mercimonio.<br />
Devo str<strong>in</strong>gere la pag<strong>in</strong>a (so di non aver portato alla luce tutti i reperti aurei <strong>del</strong> lavoro<br />
<strong>del</strong>l‟Autore) e suggerire comunque che la lettura impegnativa di questo libro ripaga con la pienezza<br />
dei concetti e con la bellezza <strong>del</strong>la forma metrica breve e rapida. Prima, però, bisognerà legarsi alla<br />
poesia d‟apertura, “Ad <strong>Angelo</strong> <strong>Giuseppe</strong>”, davvero un‟effemeride lanciata come messaggio <strong>in</strong><br />
bottiglia, propulsiva modulazione verbale <strong>del</strong>la volontà <strong>del</strong>l‟Autore di fare poesia <strong>del</strong>l‟essere, di<br />
cogliere, <strong>in</strong>somma, ogni vibrazione <strong>del</strong>la vita, per la luce che dona e per l‟amore che comunque<br />
permane: “Ho due peccati/abbarbicati alla mia luna/ e dimentico il terzo:/questo arreso vizio/di<br />
sentirli <strong>in</strong>evitabili e questa/strana miseria <strong>del</strong> chiamarli amore”.<br />
13
IN LIMINE: PER LA GRAMMATICA DI UN VIAGGIO<br />
14
A) INTENZIONI DI VIAGGIO:<br />
A Carmen, mia stella guida e mio sole.<br />
Ad <strong>Angelo</strong> e a Fenicia, nostri steli di cometa.<br />
A mio fratello Orlando, compagno di strada alp<strong>in</strong>a.<br />
Ai miei nipoti <strong>Angelo</strong> e Raffaella,<br />
miei semi di limoni e di rose.<br />
Ai miei amici, molti dei quali sono angeli. Altri, geni fatati. Altri, folletti. 1<br />
A tutti quelli che nel mondo ebbero <strong>in</strong>vano necessità d'amore<br />
e non furono né visti né uditi,<br />
restando senza volto e senza voce.<br />
A tutti quelli che aprono il mondo alla speranza.<br />
Al monte <strong>del</strong> Carmelo, da cui ricevetti la mia stella.<br />
1 R<strong>in</strong>grazio Carmela Bianco per la cura affettuosamente prestata nella stesura di questo libro.<br />
Agli angeli, che sono la nostra forza<br />
abissale,<br />
aprono un varco<br />
e ci risollevano <strong>in</strong> piedi,<br />
rompendo con la grazia la necessità.<br />
16
B) VIATICO PER CHI LEGGE E PER CHI SCRIVE:<br />
1. Le stelle sono molte, ma la volta celeste è una sola. È necessario<br />
saper non fermarsi ai s<strong>in</strong>goli passi, quando costituiscono un unico viaggio.<br />
2. La poesia ha una sua musica. Essa ha un suo ritmo: l‟andata a capo <strong>del</strong> verso dice la pausa<br />
breve; l‟andata a capo „a scal<strong>in</strong>o‟ dice la pausa semibreve. Si esprime così, <strong>in</strong> forme dislocate, ciò<br />
che era la cesura nella metrica classica degli antichi. La poesia ha una sua melodia: la l<strong>in</strong>ea <strong>del</strong>le<br />
parole <strong>in</strong> sequenza istituisce un filo di suoni significanti. La poesia ha una sua armonia: i suoni<br />
significanti ne attraggono altri, contemporanei per „memoria <strong>in</strong>volontaria‟, <strong>in</strong> un possibile disegno<br />
gravitazionale di „buona forma‟ per simpatia. La poesia ha una sua scultura. Essa, scavando nelle<br />
parole, ne estrae vissuti di cose. La poesia ha una sua pittura. Essa, accostando parole, trova nel<br />
loro <strong>in</strong>sieme un segreto ordito di l<strong>in</strong>ee e di colori che lo sottende. La poesia ha una sua architettura.<br />
Essa, nel manifestarsi, cela ed esprime la matrice generativa che segretamente nel suo seno si<br />
sviluppa. Essa, disponendo parole, può farne ipertesti che <strong>in</strong>dividuano altri piani testuali,<br />
contemporanei e <strong>in</strong> filigrana. La poesia ha una sua danza. Essa, realizzando parole, esprime<br />
movimenti che <strong>in</strong>ventano nuove cartografie spaziali, come nell‟<strong>in</strong>tuizione di Chatw<strong>in</strong>. La poesia ha<br />
una sua simbolica. Essa ricorda alla matematica la sua fantasia e alla fantasia la sua matematica,<br />
<strong>in</strong>dividuando <strong>in</strong> entrambe il fondamento di una comune matrice, di un „orig<strong>in</strong>ario permanente‟ <strong>in</strong><br />
cui alcuni vedono il sacro. Essa disocculta così la segreta via lattea che percorre sottotraccia<br />
l‟universo.<br />
3. I filosofi possono <strong>in</strong>segnare ai poeti che, nelle frasi, la fecondità e la precisione sono valori<br />
<strong>in</strong>versi fra loro, qualche volta anche contrari (se si cresce <strong>in</strong> precisione, si perde <strong>in</strong> fecondità e<br />
viceversa). I poeti possono <strong>in</strong>segnare ai filosofi che la fecondità e la precisione non costituiscono<br />
necessariamente un‟alternativa, perché possono istituire <strong>in</strong>vece, a una potenza seconda, una<br />
superiore unità complessa 2 .<br />
4. Un poemetto, come un aquilone, ha due assi.<br />
Un asse verticale, che congiunge i suoi s<strong>in</strong>goli passi ai s<strong>in</strong>goli<br />
eventi <strong>del</strong>la vita, che lo guidano dal basso, e un asse orizzontale, che lega quei s<strong>in</strong>goli passi fra<br />
loro <strong>in</strong> un‟unica avventura <strong>del</strong> vissuto, guidata dal vento. Vento di cui fanno parte anche i tuoi<br />
occhi, lettore.<br />
5. Un libro è la sua matrice: il sistema di equazioni <strong>in</strong>sito nel suo nucleo generatore. Il<br />
suo viaggio ne è lo sviluppo. O uno dei possibili sviluppi.<br />
6. Nella tappa f<strong>in</strong>ale d‟un viaggio può scoprirsi un caleidoscopio<br />
di tutti gli eventi che l‟ hanno preceduta.<br />
7. In etimologia veritas.<br />
8. La felicità di cui oggi si parla è sentimento effimero, schiacciato sul presente, sterile e senza<br />
viaggio. Il vero volto <strong>del</strong>la felicità è <strong>in</strong>ciso nella radice «fe» che connota la sua parola: è<br />
la fecondità. Il mito <strong>del</strong>la felicità rende <strong>in</strong>felici; il mito <strong>del</strong>la fecondità rende uom<strong>in</strong>i <strong>in</strong> viaggio,<br />
responsabili di essere felici.<br />
2 Questo frammento di testo nasce anche da un colloquio col mio amico <strong>Angelo</strong> Racioppoli, che r<strong>in</strong>grazio.<br />
18
9. La metafora non è un luogo <strong>del</strong>l'ornamento, ma una via segreta sugli <strong>in</strong>f<strong>in</strong>iti mondi paralleli e<br />
un'ipotesi sulla loro unità. In un azzardo di possibile sigillo.<br />
10. Sotto un testo c‟è un retro-testo, la lunga massa di meditazioni lente che <strong>in</strong> questo testo alla f<strong>in</strong>e<br />
si sono concentrate. Per elezione <strong>del</strong> meglio. Come <strong>in</strong> una contrazione di spazi molecolari. Come <strong>in</strong><br />
un arresto di sviluppo. Come <strong>in</strong> un pudore di forma. Come <strong>in</strong> un risparmio di forze condensate <strong>in</strong><br />
attesa <strong>del</strong> salto. Qui il tempo si è fatto spazio. Accanto ad ogni testo c‟è un ipertesto, la grande<br />
trama <strong>del</strong>le meditazioni laterali che richiamano o propiziano altri testi, paralleli e dislocati. Qui lo<br />
spazio <strong>in</strong>venta altro spazio, <strong>in</strong> cui si è dilatato. Oltre un testo c‟è un ultra-testo, la lunghissima onda<br />
di suoni e di significati che nasce da quel testo come da un gong. Qui lo spazio si rifà tempo e il<br />
testo si fa una fuga di tempi futuri, di cui saranno sorgenti specifiche galassie di „tu‟. Un testo è<br />
una stazione di posta nel tempo che distribuisce sentieri <strong>del</strong>la vita. Un testo seleziona e genera,<br />
attrae e irradia. È un convertitore di tempi <strong>in</strong> spazi e di spazi <strong>in</strong> tempi. È un‟icona permanente che<br />
regola i flussi energetici futuri, per dare appuntamento ad altri possibili testi, <strong>in</strong> filiere senza f<strong>in</strong>e.<br />
11. Scrivere un libro per giustificarne un altro può essere ridicolo, ci ricorda Alessandro Manzoni.<br />
Ma a volte questo ridicolo può essere necessario. Soprattutto quando i tempi attraversati sono, per<br />
sembrare “scientifici”, più ridicoli <strong>del</strong> ridicolo che ci si vorrebbe risparmiare.<br />
12. Il viaggio di questo libro si compone di 33 segmenti lirici narrativamente numerati, con due<br />
parti a specchio e un sol tratto centrale, che costituisce un vertice comune. I 33 segmenti sono<br />
preceduti da un preludio e seguíti da un epilogo aperto, f<strong>in</strong>o alla composizione di 35 percorsi,<br />
costituiti di una salita verso la vetta («Anàbasi») e di una discesa accidentata al mare<br />
(«Catàbasi»). I numeri sono la misura <strong>del</strong>le cose; i simboli, la misura dei numeri.<br />
13. In un viaggio di formazione il varco improvviso è un impulso di Dirac. Un‟irruzione energetica<br />
concentrata. Un colpo di sonda <strong>del</strong>l‟imprevedibile nel certo. Un evento <strong>del</strong> possibile.<br />
Un‟apparizione <strong>del</strong>l‟angelo. L‟<strong>in</strong>f<strong>in</strong>itesimo che buca l‟<strong>in</strong>f<strong>in</strong>ito. Il ritorno <strong>del</strong>la pietra scartata. Il<br />
colpo di stecca <strong>in</strong>visibile che rompe l‟<strong>in</strong>erzia <strong>del</strong> greve. L‟arte povera <strong>del</strong> piccolo foro che <strong>in</strong> un<br />
istante frantuma la diga.<br />
14. Chi salì per la prima volta il monte <strong>del</strong> Carmelo non sapeva di <strong>in</strong>augurare migliaia di anni per<br />
le ascese e le esperienze di uom<strong>in</strong>i religiosi e sapienti di ogni fede e di ogni parte <strong>del</strong> mondo. Chi<br />
discese per la prima volta il monte <strong>del</strong> Carmelo arrivando al Mediterraneo non sapeva di rivolgere<br />
per la prima volta e per sempre un‟<strong>in</strong>term<strong>in</strong>abile <strong>in</strong>terrogazione all‟aprirsi <strong>del</strong> mare.<br />
19
C) MAPPA DI NAVIGAZIONE:<br />
1. «Sotto la luna rossa nasce chi ha dest<strong>in</strong>o di re»<br />
(proverbio simbolico citato <strong>in</strong> Tzvetan Todorov,<br />
Théorie du symbole).<br />
2. Siamo imbozzolati dal dest<strong>in</strong>o o attraversati dalla<br />
possibilità?<br />
3. Per spogliare il f<strong>in</strong>e di ogni sua luce, qualcuno l‟ha<br />
chiamato caso. Egli, chiamandolo caso, si è dato<br />
appunto questo f<strong>in</strong>e. Senza riuscire a spiegarsi da dove<br />
nasca l‟idea di f<strong>in</strong>e.<br />
4. Il dest<strong>in</strong>o non è ciò che necessariamente ci accade,<br />
ma ciò che, una volta accaduto, accade <strong>in</strong> una vita <strong>in</strong><br />
cui si gioca una volta sola. Ma ciò che accade <strong>in</strong> una<br />
vita <strong>in</strong> cui si gioca una volta sola non è mai chiuso<br />
perché nessuno sa che cosa seguirà.<br />
5. La verità non è ciò di cui parliamo, ma ciò che ci<br />
consente di parlare. Senza di essa, qualunque cosa<br />
diciamo, nulla diciamo.<br />
6. <strong>L'</strong><strong>Angelo</strong> non è solo necessario, ma possibile. Come<br />
il filo d'erba che spacca la roccia. <strong>L'</strong><strong>Angelo</strong> è la<br />
necessità <strong>del</strong> possibile che rompe l‟identità <strong>del</strong><br />
necessario.<br />
7. La poesia è grande poesia solo se ha respiro<br />
filosofico: altrimenti, è una piccola lacrima quotidiana.<br />
8. Se nell'universo non esistono il 'sopra' e il 'sotto',<br />
perché mai dovrebbero essere veri il 'prima' e il 'poi'?<br />
9. La Necessità è il Ripetersi <strong>del</strong> mondo, pensato e<br />
rappresentato troppo presto.<br />
10. Come il filo d‟erba spacca la roccia, così il<br />
possibile spacca la necessità.<br />
11. «Non bisogna né ridere né piangere ma capire»<br />
(Baruch Sp<strong>in</strong>oza). Ma, per capire, bisogna ridere e<br />
piangere.<br />
12. La persona è un numero primo, perché non è<br />
scomponibile <strong>in</strong> parti e perché non ha nessuno uguale a<br />
sé. Essa è, oltre l‟<strong>in</strong>f<strong>in</strong>itamente grande e l‟<strong>in</strong>f<strong>in</strong>itamente<br />
20
piccolo, una terza forma di <strong>in</strong>f<strong>in</strong>ito. Un <strong>in</strong>f<strong>in</strong>ito per<br />
qualità.<br />
13. La storia <strong>del</strong>l‟universo è la storia di ogni persona;<br />
una persona è la storia di tutto l‟universo.<br />
14. Sotto l‟<strong>in</strong>f<strong>in</strong>ita storia c‟è il più grande <strong>in</strong>f<strong>in</strong>ito<br />
<strong>del</strong> possibile che è accaduto e che non è ancora<br />
accaduto.<br />
15. Solo se si capisce la ruota, si capisce la pietà.<br />
Solo se si capisce la pietà, si è al varco possibile di Dio.<br />
16. «… Oh l‟orizzonte <strong>in</strong> fuga, dove s‟accende rara la<br />
luce <strong>del</strong>la petroliera! Il varco è qui?...» (Eugenio<br />
Montale, Le occasioni, “La casa dei doganieri”).<br />
17. Tu mi dici che credi all‟esistenza solo di ciò che<br />
può essere osservato. E Dio non è fra gli osservabili.<br />
Ma allora dimmi perché credi all‟esistenza <strong>del</strong> tuo<br />
vissuto che nessuno, nemmeno tu stesso, puoi<br />
osservare.<br />
18. <strong>L'</strong><strong>Angelo</strong> è la lacrima di Dio che brilla nell'occhio<br />
<strong>del</strong>l'<strong>in</strong>nocente calpestato. E di chi lo calpestò.<br />
19. Come esiste il Cielo sopra Berl<strong>in</strong>o, così esiste un<br />
<strong>Angelo</strong> <strong>sulle</strong> <strong>città</strong>.<br />
20. Chi dà un nome dà un volto. Ciò che è senza un<br />
nome, è un abisso senza volto.<br />
21. Data una grandezza grande quanto si voglia, ce n‟è<br />
una rispetto a cui essa è smisuratamente più piccola.<br />
Piccola come una qualsiasi grandezza moltiplicata per<br />
zero.<br />
22. Pensare l‟<strong>in</strong>f<strong>in</strong>ito più grande sarebbe pensare un<br />
<strong>in</strong>f<strong>in</strong>ito che contenga tutte le possibili grandezze e che<br />
contenga quello stesso pensante che aspira a pensarlo.<br />
Come potrebbe essere possibile ciò? La percezione di<br />
un tale <strong>in</strong>f<strong>in</strong>ito impensabile ha un solo nome: preghiera.<br />
23. I bamb<strong>in</strong>i vedono il tutto nel nulla; gli uom<strong>in</strong>i, il<br />
nulla nel tutto (Giacomo Leopardi). Ci si domandi: chi<br />
è più sapiente, gli uom<strong>in</strong>i o i bamb<strong>in</strong>i?<br />
24. I visi sono le memorie degli uom<strong>in</strong>i e le memorie<br />
sono i visi <strong>del</strong>le cose. Un angelo ne estrae vive le tracce<br />
21
.<br />
dalle macerie <strong>del</strong> progresso<br />
<strong>del</strong>le nostre <strong>città</strong> e con anima pietosa<br />
sotto la sua ala le sveglia.<br />
25. «I piccoli poeti imitano; i grandi poeti rubano» (Th.<br />
S. Eliot).<br />
26. In ogni uomo vivono due bamb<strong>in</strong>i: quello che è<br />
stato e quello che vorrebbe diventare. Mentre sul primo<br />
esiste una pubblica tolleranza, sul secondo vige un<br />
segreto di stato adulto. Forse siamo navi che<br />
trasportano ord<strong>in</strong>i sigillati.<br />
27.Quanti uom<strong>in</strong>i passarono sulla Terra dall‟<strong>in</strong>izio dei<br />
tempi f<strong>in</strong>o a noi? Quanti ne passeranno dopo di noi?<br />
Quante tracce lasciarono? Quante ne lasceranno?<br />
Siamo tracce che cercano tracce. Date <strong>in</strong> custodia<br />
all‟universo. Tutto l‟universo è un‟<strong>in</strong>termittenza <strong>del</strong><br />
cuore.<br />
28. Non tutto ciò che è dimostrabile esiste; non tutto ciò<br />
che esiste è dimostrabile. Non tutto ciò che è<br />
osservabile esiste; non tutto ciò che esiste è osservabile.<br />
29. Ogni sp<strong>in</strong>a ha la sua rosa.<br />
30. Anche nel più remoto degli uom<strong>in</strong>i vive la forza<br />
profonda d‟un‟anima <strong>in</strong>consulta. Come un improvviso<br />
fulm<strong>in</strong>e, come un piccolo giglio <strong>in</strong>attuato.<br />
31. Non dirmi chi sei. Dimmi quale angelo avverti,<br />
ogni tanto, dentro di te.<br />
32. Solo per chi non ha più speranza ci è data la<br />
speranza (W. Benjam<strong>in</strong>, Angelus Novus).<br />
33. Dio è vero. Come le fiabe. Perché non c'è nulla di<br />
più vero <strong>del</strong>le fiabe.<br />
22
Il sapiente vide da lontano Gerusalemme. Sotto il sole, brillava tutta d‟oro. La raggiunse ed<br />
entrò nella <strong>città</strong>. Era tutta di fango. Incom<strong>in</strong>ciò a gemere fra sé: - Come farò, mio Dio, a illudermi<br />
ancora? Quell‟oro che vedevo era fango.<br />
Gli rispose Dio: - Hai ragione, <strong>figlio</strong>. Ma guarda lí. Poco lontano, un bamb<strong>in</strong>o, tutto lacero e<br />
<strong>in</strong>fangato, piangeva a dirotto per la fame, soccorso da una madre disperata, più lacera e <strong>in</strong>fangata di<br />
lui, che lo avvolgeva col suo corpo <strong>in</strong> un ammasso di fango senza sole.<br />
- Anche a breve distanza ci si <strong>in</strong>ganna – proseguì Dio. – Nemmeno gli occhi vic<strong>in</strong>i dànno certezza.<br />
Quel fango che là vedi, è oro.<br />
Il sapiente <strong>in</strong>contrò Dio. – Grazie, Signore – gli disse – per essermi venuto accanto nei momenti di<br />
difficoltà.<br />
- Ti sbagli – rispose Dio. – Io ti sono stato sempre accanto, senza lasciarti mai solo. E gli mostrò<br />
una mappa <strong>in</strong> cui si vedeva il percorso <strong>del</strong> sapiente nel deserto. Sempre quattro orme, mai due.<br />
- Il sapiente scrutò la mappa e a un tratto osservò: - Mio Signore, guarda qui questo tratto lungo.<br />
Qui ci sono solo due orme alla volta. Ero solo.<br />
- Ti sbagli – gli rispose Dio. Qui, per la grande angoscia, eri caduto senza forza, né speranza. E non<br />
muovevi passo. Io ti ho portato <strong>in</strong> braccio 3 .<br />
3 Testo liberamente tratto dallo scritto di un Anonimo brasiliano.<br />
23
AD ANGELO GIUSEPPE, CHE COMPIE GLI ANNI<br />
Voglio che cresci<br />
presto, che t'apri come il sole<br />
<strong>in</strong> settembre<br />
a sem<strong>in</strong>are gioie<br />
nella l<strong>in</strong>fa <strong>del</strong> mondo,<br />
a mietere estati<br />
<strong>in</strong> nome <strong>del</strong> mio amore.<br />
Voglio che non cresci,<br />
perché l'ora presente<br />
ti conservi immortale,<br />
fe<strong>del</strong>e al tuo attimo e al mio,<br />
fresco, e io<br />
possa tenerti <strong>in</strong> palmo senza f<strong>in</strong>e.<br />
Voglio che cresci<br />
e voglio che non cresci,<br />
per contenerti e per farmi<br />
contenere da te – per durare.<br />
Ma espulsi dalla mente<br />
la verità <strong>del</strong>la tràcima, la necessità<br />
<strong>del</strong> nostro traboccare.<br />
Ho due peccati<br />
abbarbicati alla mia luna<br />
e dimentico il terzo:<br />
questo arreso vizio<br />
di sentirli <strong>in</strong>evitabili e questa<br />
strana miseria <strong>del</strong> chiamarli amore.<br />
24
IL FIGLIO È IL SEME CHE TI SBOCCIA DENTRO.<br />
DA CUI SBOCCIASTI.<br />
E IL FUOCO CHE LI TIENE.<br />
È IL BAGNO NELLE ORIGINI.<br />
È LA PROVA DEL VENTO.<br />
IL FIGLIO È IL FIGLIO. E IL PADRE. E LO SPIRITO<br />
CHE L‟UNO ALL‟ALTRO DONA.<br />
IL FIGLIO È IL VOLTO GRAMO<br />
DEL DERELITTO CHE TI SCUOTE DENTRO.<br />
E LA SCOPERTA DEL MONDO.<br />
E L‟ARTE DELLA PATRIA.<br />
E LA SCIENZA DEL SOLCO.<br />
L‟ONORE DELL‟APERTO.<br />
IL TEMPO DEL VIAGGIO.<br />
IL SOCCORSO DELL‟ANGELO.<br />
L‟ORA DELLA CITTÀ.<br />
NON TRAFUGARMI L‟ANGELO. L‟ANGELO<br />
È IL NECESSARIO CHE ISPIRA<br />
E IL POSSIBILE CHE SALVA.<br />
FIGLIO,<br />
NEL RENDERTI ONORE CON QUESTO MIO LIBRO,<br />
NON RIESCO AD ACCORGERMI DI QUANTO<br />
IO MI SENTO ONORATO DA QUESTO MIO RENDERTI ONORE.<br />
26
IL VIAGGIO<br />
28
L’ANÀBASI (I parte)<br />
… Per sentieri asmatici e scoscesi<br />
salimmo al monte,<br />
guardando i sassi e le stelle. …<br />
30
Preludio<br />
BAMBINO CHE DA UN ANGOLO<br />
Bamb<strong>in</strong>o che da un angolo di strada<br />
mi porgi gli occhi, questi solitari<br />
superstiti <strong>del</strong> fango<br />
mentre chiedi una lira<br />
senz‟averne l‟età,<br />
questa f<strong>in</strong>estra nei denti<br />
ti sorprende<br />
e mimi lo scugnizzo<br />
ora nella tua anima di latte: tradisce<br />
il tuo m<strong>in</strong>uscolo piglio di pirata, ti disarma,<br />
guerriero.<br />
E qui mi svegli<br />
una sp<strong>in</strong>a difficile,<br />
un‟angoscia colpevole nel cuore, me l‟avviti<br />
nel sangue<br />
come un rimorso retràttile,<br />
come un‟avara pietà,<br />
ora che scavi<br />
con le tue piccole mani appena bianche<br />
nella nostra narcòsi distratta, nella nostra <strong>in</strong>v<strong>in</strong>cibile viltà. Sono<br />
il pusillanime saggio che ti guarda<br />
come gli altri e va oltre.<br />
questo <strong>in</strong>tirizzito sorriso.<br />
Mi rivolgi<br />
Prima di qualsiasi discorso sul mondo viene il bamb<strong>in</strong>o.<br />
Prima di qualsiasi bamb<strong>in</strong>o viene il bamb<strong>in</strong>o sofferente.<br />
Prima di qualsiasi bamb<strong>in</strong>o sofferente viene<br />
la nostra domanda su chi siamo per lui.<br />
32
1.<br />
DI QUI<br />
Di qui partimmo<br />
all‟alba. Ci mancò<br />
soltanto un sorso di capelli neri,<br />
viatico per l‟ansia.<br />
il mare<br />
come cigni s‟un‟acqua<br />
di lune rosse<br />
masticate da specchi,<br />
Risalimmo<br />
e cerbottana di mille arcobaleni<br />
un‟ora ci lanciò<br />
e calammo nel tempo.<br />
di luci digitali<br />
bagnato da una stella,<br />
In queste impronte<br />
che ogni corpo,<br />
<strong>del</strong>l‟universo <strong>in</strong>tero verso il mare<br />
lanciava,<br />
visi di ere aprirono lo spazio<br />
come navi di luci<br />
Chi guardasse la Terra dalla<br />
distanza di due milioni di anni luce,<br />
vedrebbe su di essa svolgersi la vita<br />
di due milioni di anni fa, come <strong>in</strong> un<br />
film. Da ogni „dove‟ potrebbe<br />
vedersi ogni „quando‟. L‟<strong>in</strong>tero<br />
universo è pieno di film antichi e<br />
attuali che lo percorrono da ogni<br />
lato, <strong>in</strong> una perenne giov<strong>in</strong>ezza.<br />
Chi non ha mai guardato le stelle, è<br />
esistito per errore.<br />
33
di altri visi<br />
verso porti di occhi<br />
d‟altre età.<br />
<strong>in</strong> cerca<br />
Ogni epoca diceva la sua vita<br />
ai posteri già nati<br />
e pepli lunghi di orizzonti e soli<br />
sollevammo dal tempo<br />
a strato a strato:<br />
a distanze diverse si svelava<br />
il presente passato.<br />
<strong>in</strong> messaggi di luci,<br />
Tutto il passato, vivo e conservato<br />
birilli rilanciati<br />
sbocciati dalle mani a mille soli<br />
che colmavano il niente<br />
come telescriventi di colori.<br />
stemmo,<br />
In mille luoghi<br />
fummo deposti <strong>in</strong>nanzi a un calendario<br />
qui di millenni di epoche sfogliato<br />
come a teatro, essendo<br />
fra gli attori.<br />
E l‟uomo antico<br />
stirpe dei sauri<br />
dai mille iddii<br />
e le impietrite età<br />
e le paure<br />
e il sollevarsi<br />
acuto e sangu<strong>in</strong>ario dentro il sole<br />
di popoli <strong>in</strong> piramidi<br />
e Bruto e Ulisse e Cesare e le regge<br />
dei Maya<br />
e la verdigna<br />
34
e Atlàntide persa<br />
e mille guerre<br />
e i nostri padri la nostra giov<strong>in</strong>ezza<br />
e come <strong>in</strong> un cristallo frantumato<br />
le diecimila sere di un addio<br />
tutto vedemmo<br />
<strong>in</strong> fossili di luci,<br />
noi sparpagliati<br />
nello spazio <strong>del</strong> tempo a spigolare<br />
nel breve cesto d‟una sola vita<br />
il fluir fotogrammi d‟ogni età.<br />
dal frantumato tempo ora la notte<br />
e a un tempo solo ci riconsegnava,<br />
nell‟apnèa di un‟esigua vita<br />
uom<strong>in</strong>i a tempo <strong>in</strong>tero d‟ogni età.<br />
E ogni luce<br />
<strong>in</strong> nuove riflessioni<br />
d‟echi si frantumò, niente si perse.<br />
tempi di luci<br />
giacque la notte,<br />
noi triturati <strong>in</strong> triturate età.<br />
uccello nelle vene,<br />
il passato più pieno.<br />
In una notte<br />
dissero mille pozzi le memorie<br />
<strong>in</strong> l<strong>in</strong>gue di sorgenti<br />
luci<br />
qui destate<br />
Ci congedava<br />
E ci sbocciò,<br />
dal bacio <strong>del</strong> solstizio d‟un‟estate.<br />
noi diventati<br />
In una babilonia<br />
d‟<strong>in</strong>crociati<br />
35
entrati<br />
per potere agitar le nostre mani<br />
a chi di sé parlava dal passato,<br />
il sogno ci lasciò.<br />
un tempo senza ali<br />
E ci rimase<br />
schiacciato sulla strada d‟un presente<br />
senza spessore<br />
che<br />
ci balbettava e ci<br />
lasciava<br />
impronte<br />
<strong>in</strong> occhi e sangue<br />
dove si sposa e si conserva il sole:<br />
che si bagna negli occhi<br />
ogni matt<strong>in</strong>a<br />
e alleva il mondo<br />
e si fa latte rosso dentro il sangue<br />
lungo dei vivi<br />
facendo e disfacendo cosmi <strong>in</strong>teri<br />
dimèntichi fra loro.<br />
Ma più a fondo <strong>del</strong> sol c‟<strong>in</strong>namorava<br />
questo tempo degli occhi<br />
camm<strong>in</strong>ano senz‟ombra<br />
non hanno mutamento<br />
nel mutare di tutto e<br />
sono immortali<br />
nel morire dei giorni<br />
f<strong>in</strong>o a quando<br />
che nel sole<br />
e dagli anni<br />
nel perire <strong>del</strong> corpo, per pudore<br />
E nel futuro<br />
questo sole<br />
36
verso la bianca morte e per <strong>onore</strong><br />
sono i primi a svanire.<br />
Forse il piacere di guardar le stelle<br />
di vivere i ricordi,<br />
ciò che la stella fu:<br />
è questo goder lungo di visioni,<br />
zampilli <strong>del</strong> passato nella perla<br />
bianca <strong>del</strong>l‟ora<br />
perdute,<br />
come foto<br />
tornate vive da tanti anni fa.<br />
Forse guardar le stelle<br />
è nel sapere<br />
di vedere spuntato qui davanti<br />
il tempo come un fiore sempreverde,<br />
diventato<br />
da giov<strong>in</strong>ezza fossile restata<br />
nella memoria<br />
un fossile r<strong>in</strong>ato, un bimbo iddio,<br />
ridir l‟addio,<br />
come giocando a dadi con la vita,<br />
a ciò che fu sepolto è vivo è qui.<br />
Altro viaggio e tempo ci chiedeva<br />
ora il tempo degli occhi,<br />
questi figli <strong>del</strong> sole,<br />
dei bàttiti <strong>del</strong> cuore.<br />
alunni muti<br />
E per essere nuovi<br />
dentro quel cosmo antico che pulsava,<br />
bruciammo <strong>in</strong>cendi,<br />
bagnammo il già bagnato,<br />
ardemmo soli,<br />
è nel piacere<br />
è la felicità di<br />
37
tostammo il già tostato,<br />
vedemmo nelle stelle, nel passato<br />
credendolo esser nuovo,<br />
il cuore di scavarci<br />
ancora<br />
per generarci al nostro unico volo.<br />
scoprimmo<br />
ancora<br />
noi stessi <strong>in</strong> sogno.<br />
all‟alba,<br />
ci trovammo<br />
allevati dal sole,<br />
redivivi <strong>in</strong> canestri<br />
di due occhi<br />
nel fiume di una vita<br />
abbandonati<br />
da un sogno<br />
come noi,<br />
che, partito<br />
eppure non perdemmo<br />
E nel guardarci esistere<br />
Un dí partimmo<br />
noi ricordammo solo <strong>in</strong> lontananza<br />
come un‟eco che <strong>in</strong> nebbia ci frugò.<br />
Ci proteggeva <strong>in</strong> petto la speranza<br />
di ritrovare il padre<br />
che, fuggito,<br />
nascosto fu <strong>in</strong> un sogno dalle stelle.<br />
Solo un sorriso ci era talismano<br />
come bussola al cuore per il tempo<br />
che avevamo dormendo un dí perduto.<br />
Bianco ci ardeva come una fontana.<br />
Dentro il suo fuoco fummo m<strong>in</strong>atori<br />
forse di sogni, forse <strong>del</strong>l‟età.<br />
38
Attraversammo il vivere e trovammo<br />
questa felicità d‟essere soli,<br />
questa tristezza d‟essere felici.<br />
Ma era <strong>in</strong> sogno,<br />
furon le gioie,<br />
ci si negò.<br />
qui<br />
altre<br />
Eravam semi e ci credemmo pianto.<br />
che l‟universo <strong>in</strong>tero è una formica<br />
che sem<strong>in</strong>a un granello nei deserti<br />
con le anime nostre<br />
<strong>in</strong> atomi di specchi<br />
e goccia punti<br />
<strong>in</strong> cui abita il sole e non lo sa.<br />
Non sapemmo<br />
Non sapemmo<br />
che tutto il tempo nostro fu una spiga<br />
di gracili secondi<br />
che sboccia gli occhi e poi<br />
altrui li dà.<br />
La vita ci burlò,<br />
tardi capimmo<br />
che il tempo millenario <strong>del</strong>le stelle<br />
era nascosto nel tempo d‟un amore<br />
che perse il tempo,<br />
sorrise <strong>del</strong> dolore.<br />
Vedemmo tardi ciò che c‟era <strong>in</strong> mano.<br />
A un cuore<br />
pesce vivo fra le mani<br />
aprimmo il tempo come fosse un pane.<br />
39
2.<br />
DENTRO IL TEMPO DEL SOLE<br />
Siamo<br />
rimasti<br />
qui<br />
su questa sabbia<br />
filigranata d'orme<br />
come conchiglie mute<br />
soltanto parla.<br />
un amico che non dice<br />
parola<br />
e colloquia tacendo.<br />
sa<br />
<strong>in</strong> riva al mare<br />
a cui l'ascolto<br />
Ci è compagno<br />
Mai nessuno<br />
perché i cuori di tutti prende il mare.<br />
Forse<br />
«… non potevo più staccarmi dalla vista <strong>del</strong>l‟acqua,<br />
ero affasc<strong>in</strong>ato dalle onde che dal battello giungevano<br />
s<strong>in</strong>o alla riva, dalla superficie <strong>del</strong>l‟acqua sc<strong>in</strong>tillante al sole<br />
(…) l‟ampia distesa <strong>del</strong>l‟acqua, col suo <strong>in</strong>comparabile<br />
splendore, mi dava un piacere immenso. In quel momento<br />
decisi che avrei dovuto vivere vic<strong>in</strong>o a un lago, e mi parve<br />
che nessuno avrebbe mai potuto vivere lontano dall‟acqua».<br />
(Carl Gustav Jung, Ricordi, sogni, riflessioni)<br />
«Scrivere la storia è un modo di sbarazzarsi <strong>del</strong> passato».<br />
(Johann Wolfgang Goethe, Massime e riflessioni)<br />
«Gli uom<strong>in</strong>i chiudono la propria porta contro il sole che<br />
tramonta».<br />
(William Shakespeare, Timone d‟Atene)<br />
40
è questa voce<br />
dal ritmo forte<br />
<strong>in</strong> un pulsare<br />
e dolce<br />
di mano che promette<br />
quando è cara,<br />
come strano orologio<br />
che ci batte<br />
immenso calco acustico sul cuore.<br />
è l'ansimare<br />
di malato<br />
<strong>in</strong> un'asma <strong>in</strong>guaribile che sai<br />
nemmeno morte gli potrà guarire.<br />
è questa voce<br />
altèra<br />
che si scioglie<br />
improvvisa <strong>in</strong> un buono<br />
pugno di carezze,<br />
Forse<br />
tenerezze <strong>in</strong>credute<br />
frantumandosi <strong>in</strong> brividi sul viso.<br />
è quel passarti<br />
da parte a parte<br />
come spada fatata i desideri<br />
senza far male<br />
entrando a passo dolce nei pensieri,<br />
molteplici <strong>del</strong> cuore, nel suo <strong>del</strong>ta<br />
Forse<br />
Forse<br />
che ti sale<br />
sotto gli usci<br />
41
di soffi,<br />
come spettro di aghi<br />
a più colori,<br />
e qui dormire<br />
strani riposi<br />
soli<br />
che tu gli puoi guardare<br />
come ospitati<br />
da trilli<br />
di saluti<br />
per memorie<br />
di quegli alberi lí<br />
nelle dita <strong>del</strong> vento.<br />
comparse<br />
nel silenzio racconti,<br />
amico<br />
mio,<br />
piano co<strong>in</strong>volte<br />
E tu<br />
la spietata dolcezza <strong>del</strong>le cose<br />
che ci fu data<br />
un giorno<br />
e ci fu tolta,<br />
ma averla avuta<br />
fu perderla due volte<br />
come un sogno<br />
che visse<br />
il suo crollare<br />
a risveglio improvviso<br />
quando il sogno era bello.<br />
cui fu reciso sposo<br />
come foglie<br />
Fu la sposa<br />
42
il dí di nozze,<br />
calata giù su bimbi<br />
nati<br />
e non vissuti,<br />
fu la rosa impiccata<br />
fu la scure<br />
fu un matt<strong>in</strong>o di marzo<br />
senza sole,<br />
aperto all'aria<br />
senza il gocciar <strong>del</strong>le mimose.<br />
<strong>in</strong> suoni<br />
ci percuote<br />
<strong>in</strong> un battere d'ora.<br />
Non si sa<br />
come i sogni di tutti prende il mare.<br />
perché<br />
non è che un bamb<strong>in</strong>o<br />
celeste<br />
da un abisso di gole dissepolto<br />
messo a cullare<br />
fu<br />
un dí<br />
<strong>in</strong> un pozzo dal tempo<br />
solo,<br />
imparando<br />
a sillabare<br />
il suo respiro<br />
soltanto<br />
umano,<br />
poi che lasciato<br />
e lí cresciuto<br />
Una clessidra<br />
Forse<br />
43
evocando marosi di ricordi<br />
a questi altri vivi<br />
un giorno come lui,<br />
di cui facemmo<br />
parte anche noi,<br />
abbandonati<br />
noi diventati<br />
già stranieri a noi stessi,<br />
un giorno su una strada<br />
giù deposta dal tempo<br />
noi naufragati<br />
e <strong>del</strong> naufragio perdemmo la memoria.<br />
E lui ce lo ricorda<br />
che si reca<br />
all'altrove di te<br />
al tuo non detto<br />
col respiro<br />
a ciò che fummo <strong>in</strong> segreto<br />
sull'ali d'un sentiero<br />
d'acque cadute<br />
un mormorío<br />
nei rovi <strong>del</strong> convivere sepolte.<br />
a cui conduce<br />
Gl'<strong>in</strong>namorati tutti vanno al mare<br />
come gabbiani<br />
Forse perché<br />
è simile alla notte<br />
odorosi di acque.<br />
che richiama<br />
nel suo gorgo di sonno a forte vento<br />
mul<strong>in</strong>o antico a siepi di pensieri<br />
magnetici<br />
sepolti <strong>in</strong> un girare<br />
44
folle di acque<br />
e lui li rende<br />
stillanti all'alba nuovi nel matt<strong>in</strong>o<br />
<strong>in</strong> levrieri risorti<br />
odorose e leggiadre.<br />
è un liquido poeta<br />
fra rugiade<br />
che si gioca <strong>in</strong> più forme<br />
premure<br />
Forse perché<br />
<strong>in</strong> <strong>in</strong>f<strong>in</strong>ite<br />
da un cavo d'esperienza millenaria,<br />
per millenni<br />
palombaro d'esistere,<br />
furtivo<br />
nella stiva <strong>del</strong>l'essere<br />
decise di svanire<br />
per abitar coralli<br />
mozzo<br />
f<strong>in</strong> quando<br />
sui fondali.<br />
perché la voce sua ha quel respiro<br />
bianco<br />
di secoli,<br />
proteso<br />
<strong>in</strong> questo strano lungo <strong>in</strong>terrogare<br />
marosi di foreste<br />
sue compagne<br />
eppur vic<strong>in</strong>e<br />
lontane<br />
Forse<br />
poi che fu<br />
45
sul filo di telefono <strong>del</strong> vento,<br />
noi reclusi<br />
da quel parlarsi da quella tenerezza,<br />
noi schiacciati<br />
sul piatto <strong>del</strong>la terra.<br />
perché<br />
ha il pulsar <strong>del</strong> sangue<br />
che abitiamo<br />
da nati,<br />
Forse<br />
questo sentimento<br />
di acqua e fuoco che c'irrompe dentro<br />
come un liquido tuono<br />
e tiene su i navigli dei pensieri.<br />
stare sul mare è questo penetrare<br />
Forse<br />
memorie antiche a un vento d'autostrada<br />
restando fermi,<br />
sentir velocità dentro un riposo<br />
galleggiante nel vento.<br />
Forse è vedere<br />
sempre nuova e smarrita l'avventura<br />
<strong>del</strong>l'acqua antica stesa <strong>in</strong> un posare<br />
sempre viva la testa<br />
<strong>del</strong>la battígia<br />
sul mutare<br />
<strong>in</strong> calchi sempre freschi,<br />
si adagia ai parchi pubblici assopito<br />
adolescente<br />
<strong>in</strong> un riposo suo felice e breve<br />
sgorgato <strong>in</strong> grembo tacito alla sposa.<br />
così come<br />
46
è questo <strong>in</strong>contro<br />
di età diverse e rare,<br />
Forse<br />
bamb<strong>in</strong>o e vecchio giovane e immortale,<br />
il sogno antichissimo <strong>del</strong> mare.<br />
la valle millenaria che abitammo<br />
non fu materia<br />
non spirito,<br />
non fu altro che tempo,<br />
un tempo come liquido agitato<br />
e poi riemerso<br />
<strong>in</strong> forme di vallate.<br />
Di tempo eran le vite<br />
di pietra e di memorie,<br />
fu il sorriso il sogno 1'ora<br />
le storie,<br />
ma nel gioco<br />
dei mondi, alla turbína<br />
d'esistere,<br />
turno caduti,<br />
qui al nostro<br />
sfortunata ci diede positura<br />
il ruotare <strong>del</strong>l'essere,<br />
storpia via ci fu donata<br />
senza sole né ombre<br />
<strong>in</strong> un luogo<br />
senza orizzonti<br />
e le sue strade<br />
di tempo<br />
soltanto<br />
qui falciati<br />
Amico mio,<br />
47
come nuvole a terra<br />
da una nebbia più cruda.<br />
qui<br />
da un dest<strong>in</strong>o strano,<br />
da un aereo di sogni<br />
oltremontani<br />
come fragole <strong>in</strong> acqua<br />
conservato<br />
per spiagge di domani<br />
di cui ci sfuggí senso,<br />
non spese<br />
ancora<br />
nelle anime nostre,<br />
Fummo deposti<br />
come sterco di bestiame<br />
che l'essere<br />
<strong>in</strong>dov<strong>in</strong>ate nemmeno <strong>in</strong> lontananza<br />
fra una nebbia<br />
frugata.<br />
Come cipressi sorti <strong>in</strong> riva al mare<br />
<strong>sulle</strong> tracce di orme,<br />
dal mare sem<strong>in</strong>ati,<br />
raffermi<br />
e qui non fummo<br />
nient'altro che filari<br />
su una strada più lunga<br />
<strong>in</strong> mano a un vento<br />
altri mondi altri modi<br />
d'esistere<br />
che furono<br />
ancora<br />
qui abitammo<br />
<strong>in</strong> piena ove scoprimmo<br />
48
possibili<br />
e ci furono tolti,<br />
fiori non maturi.<br />
d'aereo lanciate<br />
da una mano<br />
giù<br />
senza avvisare<br />
Fummo bottiglie<br />
non vista<br />
perché ne gorgogliassero nel mare.<br />
Quelli che non ebbero di noi<br />
<strong>in</strong> sé gli scogli<br />
acum<strong>in</strong>ati <strong>in</strong> cuore<br />
giacquero rotti dentro un cimitero<br />
di fìori ben curati,<br />
moriron solitud<strong>in</strong>i di soli<br />
esplosi come atolli,<br />
carcerati <strong>in</strong> silenzi<br />
come tanti sorrisi.<br />
rochi amori<br />
e fatti sale<br />
E allor capimmo<br />
noi verruche <strong>del</strong>l‟essere e vulcani<br />
sembrati spenti<br />
- e <strong>in</strong>vece vomitavano dal fondo<br />
parole e fuoco sorti da una forza<br />
che ignorata ci visse -<br />
rose e gramigne<br />
agnelli e lupi<br />
noi<br />
fiere selvatiche e pastori<br />
mèssi di fulm<strong>in</strong>i <strong>in</strong> comete<br />
e pietre<br />
49
trafficanti la terra come mani,<br />
tutti <strong>in</strong>sieme congiunti,<br />
che fummo nulla più che<br />
cicatrici<br />
d‟altre vite non nate,<br />
tutti e ognuno,<br />
a cui fu perdonato il non esistere<br />
come una colpa da espiare<br />
abitando fra noi.<br />
Fummo<br />
la carta scarabocchiata <strong>in</strong>tera di pensieri<br />
nel giorno d'una vita<br />
a pezzetti nel vento.<br />
e poi tagliata<br />
Anche quelli<br />
che la storia decise esser migliori<br />
con un atto di forza<br />
e di fortuna,<br />
e qui li rese<br />
ornate dense mummie di egiziani,<br />
altro non furono che giochi<br />
di pasta morta data nelle mani<br />
di umani più potenti<br />
perché venuti dopo<br />
nel corso degli eventi.<br />
gli sguardi dal futuro<br />
come sp<strong>in</strong>e nel cuore,<br />
come noi<br />
solo<br />
Soffrirono<br />
tutti<br />
venuti a stento<br />
noi capimmo<br />
50
dal futuro più loro separati<br />
e concepiti<br />
quasi<br />
mai niente a loro fosse stato<br />
se non passato.<br />
Ma più dura,<br />
amico mio, fu la condizione<br />
palafitte di storia<br />
diventati<br />
<strong>in</strong> questi anni presenti<br />
fummo<br />
<strong>del</strong>le cose più belle<br />
noi farfalle<br />
che l'estate odorava<br />
nostra<br />
a noi toccati,<br />
e più segrete:<br />
fummo privati un giorno dei colori<br />
più nostri,<br />
le ali a una a una distaccate:<br />
<strong>del</strong>la memoria nostra,<br />
<strong>del</strong>la speranza,<br />
<strong>del</strong>la giov<strong>in</strong>ezza,<br />
<strong>del</strong> passato,<br />
fummo privati anche <strong>del</strong> dolore.<br />
somigliò<br />
alle cose non nate,<br />
a rottami di creta non passata<br />
fra le mani al maestro,<br />
forse<br />
simili più ancora a quelle gocce<br />
noi che privati<br />
che <strong>in</strong> un giorno<br />
La nostra condizione<br />
51
di vento<br />
evaporate furono <strong>in</strong> silenzio<br />
e senza il premio di non esser nate.<br />
<strong>in</strong> una<br />
disperazione lenta<br />
di robot<br />
popolato di bombe<br />
m<strong>in</strong>acciate<br />
a un orizzonte<br />
da uom<strong>in</strong>i speciali e da una terra<br />
<strong>in</strong> protesta,<br />
noi sotto il tiro di grossi sedicenti<br />
padroni <strong>del</strong>la vita,<br />
bei signori<br />
vestiti <strong>del</strong>le piume d'un potere<br />
che gli fur date<br />
che pure li esecrava,<br />
di esser r<strong>in</strong>viati<br />
alla vita <strong>in</strong> foresta<br />
d'altrui credulità<br />
noi m<strong>in</strong>acciati<br />
di fogliol<strong>in</strong>e computerizzate.<br />
la sua spada di fulm<strong>in</strong>i<br />
di una mente<br />
Tutti cademmo<br />
Qui trasse Alberto<br />
dal grembo<br />
una e profonda come il sole eterno<br />
attraversando altro Ulisse qui le dodici<br />
crune <strong>del</strong> relativo<br />
lungo di genio<br />
con un ago<br />
fatto luce<br />
52
per<br />
catturare il cuore a un assoluto<br />
grande <strong>in</strong> tempesta<br />
e fare pace sul profondo mare.<br />
Strani discorsi feci, amico mio,<br />
non ci fu dato deviare il corso<br />
dei grandi numeri<br />
ma il capirlo fu dato<br />
farvi fronte non v<strong>in</strong>ti.<br />
altra salvezza<br />
forse,<br />
e forse ancora<br />
O forse non restò<br />
che guardare la nostra condizione<br />
come sassi <strong>in</strong> bottiglia<br />
<strong>in</strong>osati,<br />
lontani<br />
come uccelli<br />
perché visti<br />
per messaggi<br />
con gli occhiali <strong>del</strong> tempo <strong>in</strong>granditori.<br />
Forse solo un Colombo<br />
<strong>del</strong> tempo, nuovo viaggiatore<br />
che sappia navigare non lo spazio<br />
ma il tempo,<br />
forse ripescherà<br />
navigando <strong>in</strong> avanti sul gran mare<br />
<strong>del</strong>l'essere<br />
il luogo che lasciammo,<br />
ci saprà<br />
ritrovare il futuro nel passato.<br />
Forse<br />
53
si svelerà così<br />
<strong>in</strong> un momento<br />
che fu Narciso il padre <strong>del</strong> dolore<br />
e non altri,<br />
imbuto<br />
<strong>in</strong> cui passò<br />
questo strano<br />
quest'immag<strong>in</strong>e nostra,<br />
di desideri,<br />
questa<br />
cremagliera<br />
proclamata storia a tutto vento<br />
<strong>del</strong> nostro irripetibile<br />
viaggiante<br />
sul letto d'un suo fiume progressivo.<br />
allora<br />
per un'epoca ancora<br />
<strong>del</strong>l'immag<strong>in</strong>e nostra<br />
si spezzerà,<br />
colpita da improvvisa malattia<br />
non digerita<br />
ma<br />
ne guarirà forse anche più forte<br />
Forse<br />
questa ruota<br />
a nuovo patto nel mondo degli umani<br />
il suo sempiterno cigolare.<br />
Pochi colombi<br />
qui,<br />
da una voce <strong>in</strong>udita,<br />
come chiamati<br />
un'avventura<br />
che è la verità<br />
54
di semi<br />
d<strong>in</strong>torno<br />
beccano<br />
<strong>in</strong> questa spiaggia antica ritornati.<br />
stesi<br />
sopra il lido<br />
fanno un pieno di sangue,<br />
sole.<br />
Or ci sentiamo<br />
accumulano<br />
prossimi forse al cuore <strong>del</strong>le cose<br />
proprio come<br />
da noi vengono <strong>in</strong> fila queste onde<br />
come <strong>in</strong> silenzio tenendosi per mano.<br />
Uguali antiche <strong>in</strong>esaurite<br />
mani,<br />
tese venute al nostro ricordare<br />
<strong>in</strong> questo guscio m<strong>in</strong>uscolo d'un sogno<br />
portandoci frammenti <strong>in</strong>nom<strong>in</strong>ati<br />
d'anime lunghe.<br />
Ora ascoltiamo<br />
il giorno nato, coriandolo <strong>del</strong> tempo,<br />
che un giorno antico fu cronometrato<br />
dentro il bàttito al sole.<br />
nel grande fuoco<br />
è tutto un solo uguale<br />
di risi frantumati<br />
colombi<br />
Il mare dorme qui,<br />
farfallío<br />
come bianchi<br />
<strong>in</strong>sieme all'unísono levati.<br />
Adolescenti<br />
55
3.<br />
NON SCORARTI<br />
Non scorarti,<br />
amico mio. Sii<br />
degno di essere<br />
un giglio sull‟abisso, come<br />
sei chiamato a essere e sarai,<br />
sent<strong>in</strong>ella <strong>del</strong>l‟alba.<br />
La vita<br />
è un ponte di quarzo che oscilla<br />
sul vuoto<br />
fra la speranza e la paura.<br />
E l‟eco <strong>del</strong> suo battito<br />
è la matematica breve d‟un sogno di farfalla<br />
immersa nell‟antico<br />
suo pozzo di luce. E impara.<br />
Sappi comporre i tuoi dolori<br />
<strong>in</strong> mille petali rossi<br />
perché il sole li colmi<br />
di mani rispettose e mute.<br />
Bacia la tua perdita<br />
andandole <strong>in</strong>contro e prosegui.<br />
gli occhi alle stelle<br />
Apri<br />
e ai mondi paralleli che non vedi.<br />
Sappi estrarre<br />
dalla pietra l‟acqua, dalla terra il fuoco. Anche<br />
Non dire che non credi più a nulla. Di' soltanto<br />
che non credi più al fatto che,<br />
nonostante il tuo non credere, credi.<br />
56
chi ti toglie ti dona. Egli<br />
ha l‟<strong>in</strong>esorabile <strong>in</strong>coscienza<br />
di chi è stato sapiente per errore. Rende<br />
varco al filo d‟erba<br />
che scoppia nella pena, mentre soffia<br />
nel tuo fango superstite l‟<strong>onore</strong>. Ti smeriglia<br />
l‟assenza come un vetro<br />
nuovo. Apre la via<br />
al sommerso possibile che sei, sepolta luce. Come spada<br />
ti snuda dalla roccia<br />
l‟anima,<br />
che vi dormiva. Ti colma<br />
di domande mute. Ti restituisce<br />
al tuo centro. Dà la sveglia<br />
ai tuoi pori segreti. Chiama a raccolta<br />
le forze <strong>del</strong> tuo ultimo sole. Ti lascia<br />
questa voglia randagia di cuore.<br />
57
4.<br />
UOMINI<br />
Gridano a volte per schegge<br />
di parole crude pensieri<br />
<strong>in</strong> rivolta<br />
nella steppa <strong>del</strong>le libertà senza valori<br />
reclamizzate dai media. Gridano <strong>in</strong>ermi<br />
e ci raccontano chi siamo:<br />
- Uom<strong>in</strong>i,<br />
barbari d‟oggi <strong>in</strong> cravatta e occhial<strong>in</strong>o,<br />
dal sorriso turchese<br />
e dalla potenza <strong>del</strong> fulm<strong>in</strong>e catturata nel motore, voi<br />
che perdonaste all‟esistere di Dio<br />
cancellandolo, per mostrarci chi siamo, voi<br />
che avete portato al Banco dei pegni il futuro<br />
e i bamb<strong>in</strong>i<br />
<strong>in</strong> cambio <strong>del</strong> presente<br />
e immolato i vostri medesimi figli sull‟altare dei padri,<br />
adorando lo sterco <strong>del</strong>la fame<br />
d‟oro<br />
e rubandoci ai dadi la speranza<br />
con la roulette russa d‟una morte<br />
democratica, per tutti, sem<strong>in</strong>ata<br />
all‟orologeria, a caso, senza volto,<br />
<strong>in</strong> doppiopetto translucido, onorati<br />
per vie traverse e dirette<br />
<strong>in</strong> ogni luogo dei templi<br />
uom<strong>in</strong>i bui,<br />
La brama umana <strong>del</strong>l‟oro non stupisce per la cattiveria,<br />
ma per la stupidità.<br />
58
d‟oggi,<br />
ci avete avvelenato la terra,<br />
l‟aria e l‟acqua<br />
e l‟anima.<br />
Niente<br />
avete risparmiato alla vostra<br />
cieca imparzialità <strong>del</strong>la fame.<br />
Salvo il fuoco.<br />
Che tutti,<br />
voi compresi,<br />
per gratitud<strong>in</strong>e<br />
e per la pulizia <strong>del</strong> creato<br />
<strong>in</strong> un‟<strong>in</strong>cendiaria salvezza ci divorerà.<br />
59
5.<br />
CHERNOBYL<br />
Come un drago<br />
alato, zigr<strong>in</strong>ato di fulm<strong>in</strong>i,<br />
come una Bestia rapace,<br />
che bracca<br />
le nostre gole<br />
randagio<br />
<strong>in</strong> fuga,<br />
che serpe di follía avvelenò,<br />
come un gufo<br />
arriva il grande fumo <strong>del</strong> reattore<br />
nucleare<br />
<strong>in</strong>visibile, ratto<br />
nero di fogna<br />
ad abbracciarci,<br />
entrato a precipizio nel circolo<br />
densa nube<br />
<strong>del</strong> nostro sangue, nell'aria nostra,<br />
roditore di geni,<br />
cieco<br />
pipistrello universale<br />
a cavallo dei nostri<br />
fiati sospesi,<br />
ragno<br />
di mille radiocimici e di teschi,<br />
di morti e di deserti<br />
già portiere<br />
Ciò che è accaduto una volta, può ripetersi.<br />
60
deposti sulla Terra,<br />
ora funèreo<br />
bracconiere di popoli diffuso<br />
a rubarci il pianeta, a sterm<strong>in</strong>arci il sole,<br />
alla caccia di umani<br />
per una morte lenta,<br />
all'uomo <strong>del</strong> Duemila.<br />
a bruciarci il cuore<br />
<strong>in</strong> un unico morso<br />
a farci uguali<br />
nella paura almeno,<br />
<strong>in</strong>censo atomico<br />
Corre<br />
noi che bruciammo il cuore<br />
al bimbo <strong>del</strong> Bengala,<br />
candidato ad unguenti<br />
estetici per dame,<br />
la l<strong>in</strong>gua stralunata<br />
come da una bocca a serramanico<br />
a cui fu estratta l'anima<br />
a brani, a tradimento,<br />
<strong>in</strong> un pieno di occhi<br />
impiccato alla nostra civiltà.<br />
catafalco<br />
61
6.<br />
PIANTO DI BIMBO<br />
Nenia di bimbo lunga nella sera.<br />
Gli fa eco la madre come un‟ombra<br />
bianca di premura<br />
e poi tutto riaffonda<br />
nell'ignara calig<strong>in</strong>e che dura.<br />
62
7.<br />
BARACK OBAMA 4<br />
Ci hai provato, Barack,<br />
e hai v<strong>in</strong>to.<br />
Aprendo al sole<br />
un‟unica notte comune e il pianeta<br />
dei nostri respiri<br />
<strong>in</strong> attesa,<br />
Puledro nero<br />
dall‟anima rosa<br />
come fulm<strong>in</strong>e hai v<strong>in</strong>to.<br />
<strong>in</strong> cieli difficili come <strong>figlio</strong> superstite hai v<strong>in</strong>to, emerso<br />
da carovane di visi senza nome<br />
<strong>in</strong> viaggio, affamati di sguardi, <strong>in</strong>namorati<br />
<strong>del</strong>la libertà.<br />
Hai v<strong>in</strong>to<br />
come oro nel buio, come cocc<strong>in</strong>ella destata<br />
alla scoperta <strong>del</strong> volo, come ape <strong>in</strong>dustriosa<br />
<strong>in</strong>ventata<br />
da un pulviscolo di sogni.<br />
Quando, all‟accadere di un fatto, un impossibile<br />
diventa possibile, appare lum<strong>in</strong>oso che il „mostrare‟<br />
può frantumare il „dimostrare‟. Il dimostrare fa<br />
apparire che un possibile è necessario. Il mostrare<br />
fa apparire che un impossibile è possibile. Il dimostrare<br />
è la forza <strong>del</strong>l‟<strong>in</strong>telletto. Il mostrare, la forza <strong>del</strong>la<br />
speranza.<br />
Non è importante che cosa farà un nero come<br />
Presidente degli Stati Uniti. È importante sapere<br />
che un nero è diventato Presidente degli Stati Uniti.<br />
63
hai v<strong>in</strong>to<br />
Tu<br />
sulla carestia <strong>del</strong>le nostre speranze,<br />
nella porpora <strong>del</strong>le tue parole,<br />
liberando la vista a chi sa.<br />
per noi contro di noi, che siamo<br />
Hai v<strong>in</strong>to<br />
bottegai <strong>del</strong>l‟esistente, salvadanai scientifici, navigatori di numeri, lum<strong>in</strong>ari<br />
di <strong>in</strong>tersezioni contabili, orologerie al silicio, uom<strong>in</strong>i-bytes<br />
che hanno perso speranza nella verità <strong>del</strong>le fiabe.<br />
hai v<strong>in</strong>to per te stesso e per noi<br />
e per i padri<br />
torturati dal cotone<br />
e dall‟umiliazione di essere appestati,<br />
non contro i loro nemici<br />
ma <strong>in</strong> nome <strong>del</strong>la sc<strong>in</strong>tilla universale<br />
che <strong>in</strong> loro stessi riposa.<br />
ridando vita a morte parole,<br />
vergognose di semplicità.<br />
Chi ci disse<br />
Hai v<strong>in</strong>to<br />
che v<strong>in</strong>cono sempre gli stessi e che il banale trionfa sempre?<br />
Chi ci disse<br />
che il ventre è sempre più forte <strong>del</strong>l‟<strong>onore</strong>?<br />
Chi ci disse<br />
che il sogno è solo un trucco dei neuroni? Chi ci disse<br />
che chi vola alto dormiva,<br />
che l‟anima è una prov<strong>in</strong>cia degli ubriachi,<br />
che la madre degli sciocchi<br />
e degl‟idealisti è sempre <strong>in</strong>c<strong>in</strong>ta?<br />
Tu<br />
Molti calcolatori <strong>del</strong> certo,<br />
4 Scritta il 4 novembre 2008, subito dopo l‟elezione di Barack Obama a Presidente degli Stati Uniti d‟America.<br />
64
tutte le cavallette <strong>del</strong> presente<br />
e i sarti <strong>del</strong>l‟ovvio<br />
ora risorgeranno, Barack, <strong>in</strong> segreto contro di te.<br />
lavoreranno da subito<br />
per la vittoria <strong>del</strong> grigio.<br />
perché il possibile sia sbugiardato<br />
e il passato sia immortale<br />
per la gloria di chi da sempre già sa.<br />
noi stessi<br />
Perché il grigio v<strong>in</strong>ca sempre,<br />
Sotto mentite forme<br />
Noi adesso preghiamo, Barack,<br />
perché l‟uragano <strong>del</strong>le nostre speranze non ti schiacci:<br />
dal crepaccio e dalla vertig<strong>in</strong>e <strong>del</strong> buio.<br />
Ci hai provato, Barack,<br />
e hai v<strong>in</strong>to,<br />
e non avevamo capito<br />
che questa volta si trattava di noi.<br />
che l‟impossibile è la cassaforte di chi sa<br />
e che il possibile<br />
è il pulc<strong>in</strong>o <strong>in</strong>visibile e gramo<br />
che lo becca da dentro,<br />
da sempre,<br />
Noi non sapevamo<br />
per potere un giorno <strong>in</strong>creduto uscire alla luce.<br />
ci hai dimostrato, Barack, contro le matematiche<br />
certezze<br />
che più <strong>del</strong> macigno è il possibile<br />
e che <strong>in</strong>calcolabile è la sua verità.<br />
senza saperlo<br />
che l‟<strong>in</strong>credibile è il fondamento <strong>del</strong>la fede,<br />
Forse<br />
Tu ora forse ci <strong>in</strong>segni<br />
troppo ardua è la luce svegliata<br />
65
che colori <strong>in</strong> un baleno il mondo<br />
con le speranze dei padri<br />
che non cessarono di credere, <strong>in</strong> fila sepolti<br />
sotto le mura <strong>del</strong> pianto.<br />
forse il cielo è possibile:<br />
Ora<br />
e il nero è il matt<strong>in</strong>o appena nato<br />
e il pigolio dei bimbi nuovi<br />
e l‟<strong>in</strong>nocenza <strong>del</strong>l‟aquila<br />
e l‟umiltà dei figli tempestata<br />
<strong>del</strong>la gloria povera dei padri<br />
e l‟ala <strong>del</strong>la piccola rond<strong>in</strong>e<br />
che buca l‟orizzonte <strong>del</strong>l‟attesa<br />
e il nero <strong>del</strong>la fiamma<br />
che si cela nel segreto<br />
<strong>del</strong> calore più alto<br />
e squarcia il mondo<br />
e apre al rosso <strong>del</strong>l‟anima rubata.<br />
Barack, è banale<br />
davanti alle stelle dei padri,<br />
ora che sappiamo<br />
tu<br />
è mutato lo statuto dei colori<br />
che l‟impossibile ha una segreta cruna d‟ago<br />
<strong>in</strong> cui alla f<strong>in</strong>e<br />
di generazioni <strong>in</strong> g<strong>in</strong>occhio<br />
passarono quelli<br />
che ebbero fede nel dolore.<br />
hai v<strong>in</strong>to<br />
Tu, Barack,<br />
nella porpora <strong>del</strong>le nostre speranze<br />
come farfalla svegliata<br />
dalle labbra dei padri.<br />
Anche la nostra s<strong>in</strong>gola morte,<br />
66
Noi ci vedemmo <strong>in</strong> sogno<br />
e lì scoprimmo<br />
di non aver solo sognato.<br />
l‟impossibile è vero.<br />
Da ora<br />
Nel piombo un boccio è fiorito.<br />
osare il filo d‟oro che ci guida.<br />
Siamo cercatori d‟un sole<br />
<strong>in</strong> cui il vero è possibile.<br />
Sono andate a ruba le fiabe.<br />
Ora ci spetta<br />
Siamo curiosi d‟un mondo che altri vedrà.<br />
67
8.<br />
A FENICIA<br />
Sii per me quel che sei, l‟angelo<br />
che mi sorge da dentro per dirmi<br />
che fui l‟<strong>in</strong>carnazione d‟un sogno<br />
che ti chiamava a esistere, che nacqui<br />
dal tuo sorriso. Sii la lacrima<br />
che dà luce ai miei occhi, la perla<br />
che guarisce il dolore<br />
<strong>del</strong>l‟ostrica e lo trasforma <strong>in</strong> bellezza, <strong>in</strong> bene, il pulc<strong>in</strong>o<br />
che sbocciando dà speranza al sole, la stella<br />
mar<strong>in</strong>a che rivela<br />
alle masse oceaniche <strong>in</strong> tumulto<br />
la pace dei fondali. Sii quel che sei<br />
e accompagnami<br />
con la piccola mano<br />
a ciò che di me dimenticai<br />
e potrò ritrovare guardandoti.<br />
Apri l‟anima all‟alba<br />
e sia sapore d‟aria la tua attesa,<br />
ciliegia di fanciulla. Abbia<br />
una letizia crèmisi il tuo viso, il tuo gioco<br />
libero<br />
che trapunge i matt<strong>in</strong>i e danza<br />
fra i silenzi odorosi dei lillà<br />
miscelati ai papaveri.<br />
E la tua ala di rond<strong>in</strong>e respiri.<br />
Una mano<br />
Fenicia, il mare greco è mare<br />
perché ride; tu ridi<br />
perché sei mare.<br />
68
ianca<br />
<strong>in</strong>gentilisca<br />
di stelle bimbe le guance <strong>del</strong> creato.<br />
E tu, come il semplice mare<br />
greco, apra la tua spuma: tu rida.<br />
E il fiore dei tuoi occhi sem<strong>in</strong>i luce.<br />
Sia la mia àncora lenta nel fuoco <strong>del</strong>la sera.<br />
69
9.<br />
VENISTI<br />
Venisti<br />
<strong>in</strong> un fremito leggero<br />
dalla tastiera <strong>del</strong>le scale<br />
a valle,<br />
a <strong>in</strong>contrarmi,<br />
guidata da un sorriso<br />
semplice e bianco,<br />
che covava un quesito<br />
affacciato come rond<strong>in</strong>e sul mare.<br />
La domanda fu posta<br />
e una speranza<br />
si confessò <strong>in</strong> un pulviscolo di stelle.<br />
brillarono,<br />
improvvisi,<br />
dal possibile al vero.<br />
E le tue mani<br />
Due bimbi<br />
bianche, appena sorte, <strong>in</strong>ventarono l'alba.<br />
70
10.<br />
SIAMO<br />
Siamo<br />
seduti a specchio <strong>in</strong> questa nostra<br />
bolla <strong>del</strong> tempo, a fil di mare,<br />
i nostri visi di fuoco<br />
belli<br />
nella ressa dei tavoli, nel frastuono<br />
dei calici alla sera<br />
arrossata di voci,<br />
e questa nostra<br />
felicità d‟ora è già ricordo:<br />
vola<br />
<strong>in</strong> becco a una rond<strong>in</strong>e, a un futuro<br />
ignoto<br />
e non saprà più il ritorno.<br />
degli occhi<br />
ci screzia di parole<br />
mute<br />
come orme sull‟acqua.<br />
Questo tempo<br />
Ci dà morsi di cielo.<br />
Il presente è lo zampillo <strong>del</strong> 'qui e ora'<br />
oppure è null‟altro che memoria?<br />
E la memoria è il passato che si autoconserva<br />
o è il presente che dura?<br />
Forse il tempo va ripensato. E, se noi siamo tempo,<br />
dobbiamo ripensare noi stessi. Il passato è ciò che non<br />
passa. Ciò che facciamo è ciò che di noi ricorderemo. Al<br />
nostro futuro apparterranno i ricordi. Anche le speranze<br />
saranno ricordi. Il presente che qui ora viviamo non è altro<br />
che ricordo?<br />
Giura<br />
71
futuri di fontane. Ci leva<br />
alti sull‟estate questa nuova<br />
verg<strong>in</strong>ità da memorie.<br />
come anima la notte<br />
Esòrbita<br />
verso un‟<strong>in</strong>fanzia di luce.<br />
Un dio<br />
ci guarda da tergo e non parla.<br />
Conta i nostri respiri<br />
e li disegna<br />
a vetro<br />
su una pag<strong>in</strong>a di nebbia<br />
<strong>in</strong> una vertig<strong>in</strong>e di mondi.<br />
nel mosto <strong>del</strong>la sera<br />
fatta a brani di lucciole<br />
questa luna<br />
spuntata<br />
come uno scherzo z<strong>in</strong>garo.<br />
di emozioni<br />
timide e verdi,<br />
r<strong>in</strong>ate a nuovo<br />
come pulc<strong>in</strong>i nel creato.<br />
a salvarci<br />
Grida<br />
Sc<strong>in</strong>tilliamo<br />
Siamo<br />
queste piccole bolle nel bicchiere<br />
e la loro ansia di fuga nella luce.<br />
Questa nostra stagione<br />
d‟una sera<br />
giura speranze<br />
e promesse di ricordi,<br />
v<strong>in</strong>ta dalla fragilità <strong>del</strong>le fate:<br />
una galassia<br />
72
di angeli ne estrae memoria<br />
e ne dice <strong>in</strong> un gemito il viso<br />
stando sull‟orlo di parole<br />
antiche<br />
e per amore lo sem<strong>in</strong>a nel vuoto<br />
perché viva nell‟essere, immortale.<br />
felicità d‟ora presente è già ricordo<br />
– il giglio è al sole – e non sappiamo<br />
nella lotteria dei tempi che saranno<br />
se questo ricordo sarà felicità.<br />
Questa nostra<br />
73
11.<br />
GLI ELETTRONI ASSOMIGLIANO<br />
Gli elettroni<br />
assomigliano agli angeli.<br />
Sono e non sono.<br />
Ebbero un luogo e nessuno. Corsero<br />
tempi e strade segrete<br />
e mai alcuna. Furono<br />
corpi vivi e semplici onde. Comunicarono<br />
a distanza<br />
senz' aver mai comunicato.<br />
Messaggeri o apparizioni? Amore arduo<br />
e lontano, siamo esistiti? Vissero solo per gioco<br />
i nostri visi, le gioie, i lacerti<br />
dei nostri affanni, veri per sempre da che<br />
<strong>in</strong>confutabile è il dolore? Dove si nascose l'<strong>onore</strong><br />
<strong>del</strong>le loro orig<strong>in</strong>ali verità?<br />
e ci rubiamo<br />
glosse a marg<strong>in</strong>e e ricordi. Il gioiello<br />
che <strong>in</strong>ventai con la mia mano<br />
a tua dedica, dall'orafo,<br />
– tre lettere d'oro mutevoli<br />
che dicevano <strong>in</strong> un giro<br />
Da un abisso mi guardi<br />
il tuo nome e il mio e quello <strong>del</strong>l'amore – è qui davanti:<br />
meteorite d'un sogno o carne di memoria?<br />
messaggeri di noi<br />
È difficile capire come gli uom<strong>in</strong>i<br />
credano all‟esistenza degli elettroni<br />
e non a quella degli angeli.<br />
Fummo<br />
74
e dei nostri possibili,<br />
venuti un giorno dalle stelle,<br />
o lum<strong>in</strong>ose scie di <strong>in</strong>esistiti?<br />
sorse dal buio, aprì le porte<br />
<strong>del</strong>l‟<strong>in</strong>f<strong>in</strong>itesimo e <strong>del</strong> grande<br />
Un angelo<br />
– «<strong>in</strong>cancellabile è l‟amore», bisbigliò –<br />
e all‟unicità <strong>del</strong>la luce disse «sì».<br />
75
12.<br />
BAMBINO DAGLI OCCHI DI RUGIADA<br />
Bamb<strong>in</strong>o dagli occhi di rugiada,<br />
umidi d‟un pianto senza voce,<br />
ti costa queste lacrime<br />
a sussulti<br />
la morte <strong>del</strong> tuo idolo di carta.<br />
Incompreso vi anneghi, disperato.<br />
Nessuno al mondo<br />
crede al dolore di chi piange<br />
se non crede a ciò per cui piange.<br />
La fiaba<br />
ora è rossa di luna. E soffre la sua falce<br />
la carne <strong>del</strong> tuo cuore appena nato.<br />
Vivere è un sogno<br />
che ti elegge re,<br />
ma ti lascia mendíco.<br />
Forse, picc<strong>in</strong>o,<br />
non siamo tanto diversi<br />
noi e te:<br />
forse la vita<br />
è un pianto <strong>in</strong> un sogno,<br />
<strong>in</strong> cui soffri realmente<br />
anche se il mondo è sognato.<br />
Il sogno d‟un dolore è un semplice sogno<br />
o un vero dolore?<br />
76
13.<br />
IL VENTO CHE QUI PASSA<br />
Il vento<br />
che qui passa<br />
e che depone sal<strong>in</strong>e di ricordi<br />
sul mio corpo sorpreso<br />
orig<strong>in</strong>a da te.<br />
Mi fa cava canna,<br />
risonanza <strong>del</strong> tuo grido di gioia<br />
quel giorno azzurro alla laguna<br />
d‟una Venezia lucente che affondava<br />
fra silenzi e colori.<br />
Le orme<br />
che lasciamo nelle cose sono<br />
i visi dei ricordi:<br />
una <strong>città</strong> le custodisce<br />
<strong>in</strong> una mappa di memorie e le tiene<br />
celate a chi perse<br />
l‟identità d‟esser vivo, ma le offre<br />
a braccia aperte all‟angelo<br />
possibile che viene<br />
a raccoglierle, a salvarle<br />
come stracci di cuore. Questo tempo<br />
perduto ci ha perduti,<br />
ci ha divorato l'anima,<br />
L‟aereo che passa lontanissimo<br />
sulla nostra testa fa vibrare<br />
il piccolo tavolo al quale siamo seduti. Noi<br />
distiamo dalle cose più remote non per<br />
chilometri, ma per vibrazioni.<br />
77
lasciando<br />
nelle nostre preistorie<br />
un reliquiario di speranze.<br />
non è v<strong>in</strong>to.<br />
Mai uragano<br />
poté dilapidare il suo viso.<br />
Il vento che<br />
trascorre<br />
ora<br />
Ma il giglio<br />
dall'abisso <strong>del</strong> tuo vortice al mio,<br />
miscelando tempi penultimi e parole,<br />
è un corrimani di anime<br />
tornate<br />
nell'isola <strong>del</strong> qui.<br />
grani di mondi<br />
unificati <strong>in</strong> un filo<br />
come rosari.<br />
ora li tieni<br />
vivi<br />
fra le dita<br />
<strong>del</strong> sorriso<br />
che fosti,<br />
E tu<br />
che sarò, se mi ami<br />
a distanza,<br />
come dicesti<br />
svanisti,<br />
quando<br />
Riattraversa<br />
spogliandoci dei nostri visi e di noi.<br />
di vento<br />
che ora visita<br />
Questa l<strong>in</strong>gua<br />
78
le cose<br />
una per una,<br />
le fa contemporanee, nude e sole.<br />
Intenerite di lampi e di perdoni.<br />
echi di forme?<br />
Chi soffre,<br />
Siamo<br />
lo nega. Perché orig<strong>in</strong>ale e <strong>in</strong><strong>del</strong>egabile è il dolore.<br />
<strong>in</strong> una corsa di ricordi<br />
l'ombra d'un soffio<br />
come un testimone<br />
di mano <strong>in</strong> mano<br />
consegnato quale<br />
concava forma,<br />
di cui fummo ubriachi e fummo noi. Ma<br />
anche l'ombra è sostanza<br />
se si fa suoni e colori e sa di te. Grida luce.<br />
Ci arriva<br />
Sorriderti forse è morire, come disse il poeta? No, non dirlo. Forse<br />
morire è sorriderti se a me tendi la mano<br />
dal viso che nascondi e che mi sveli<br />
toccandomi lontana<br />
a consolarmi con sfuggito amore<br />
dei giorni morti<br />
perché il silenzio degli anni contumaci<br />
non sia passato <strong>in</strong>vano.<br />
Perché il dolore non sia troppo costato.<br />
79
14.<br />
A MIA MADRE<br />
E ti rivedo<br />
morta,<br />
steso fiore.<br />
Oro e memorie bruciati nel carbone<br />
<strong>del</strong>l‟ora viva.<br />
Dalla valle <strong>in</strong>terclusa <strong>del</strong> tuo cuore<br />
due lacrime salirono alla vita<br />
degli occhi<br />
tuoi – per chi all‟orlo li aspettava<br />
piantando <strong>in</strong> noi due stimmate e due fiori.<br />
Madre, un <strong>figlio</strong><br />
capisce il genitore<br />
sempre troppo tardi. Un <strong>figlio</strong><br />
è come la filosofia, che arriva solo tardi. È come<br />
chi guarda le stelle: le vede<br />
quando non esistono più.<br />
80
15.<br />
RICORDAMI<br />
Ricordami di te, ricordami<br />
la tua ansia di ali, il tuo lampo negli occhi,<br />
la tua voglia di sorriso, quando da un fuoco<br />
<strong>del</strong>la memoria, varco nella notte,<br />
ritroverai il <strong>del</strong>f<strong>in</strong>o<br />
azzurro, nostro<br />
compagno di viaggio<br />
<strong>in</strong> un agosto come un sogno rivelato.<br />
il tuo cuore di luna,<br />
il tremito di perla <strong>del</strong> tuo viso,<br />
le <strong>in</strong>nocenti paure<br />
nate da felicità come<br />
da una festa di lacrime,<br />
quando mordevamo a sussulti cedri e cieli<br />
su una lunghissima estate.<br />
Ricordati di me, ricordami la mia<br />
serenità <strong>in</strong> fiamme, la mia sapienza acerba,<br />
la mia tenerezza impacciata, le colate di follie<br />
verdi, le cento pag<strong>in</strong>e<br />
scritte tutte per te <strong>in</strong> una lettera<br />
È nell‟abbraccio che ci si accorge di essere metà.<br />
Ricordami<br />
lunga come una traversata di mare, <strong>in</strong> cui dicevo senza fiato<br />
il passaggio mio <strong>del</strong> mar Rosso, che spaccava la mia vita, f<strong>in</strong>o al piccolo fiore<br />
<strong>del</strong> tuo tremore di fata, tutto ricordami quando una sera<br />
la speranza sarà più corta <strong>del</strong>la memoria<br />
e sorgerà nel tempo<br />
81
una via lattea di stagioni<br />
come un furto di fuoco,<br />
e fra tutte un autunno<br />
più profondo e più acceso brillerà<br />
come una festa <strong>in</strong> gara con la primavera,<br />
come un sole a colori, come un‟esplosione<br />
fantastica di mondi, fatta di foglie<br />
morte, giacimenti di silenzi<br />
e di vite serbate <strong>in</strong> grembo e velate come fiamma<br />
carsica, alimentata a piccoli respiri,<br />
e sarà, nel ricordo ritornato<br />
come un cane fe<strong>del</strong>e, l‟autunno<br />
d‟un mare mutevole di foglie<br />
<strong>in</strong> un teatro di alberi, un autunno<br />
di stremate forme,<br />
opulente di sonno,<br />
prostrate a terra <strong>in</strong> un <strong>in</strong>cendio di colori,<br />
precedenti l‟<strong>in</strong>verno<br />
e i matt<strong>in</strong>i di marzo,<br />
<strong>in</strong> un canto <strong>del</strong> cigno d‟un‟estate, e tu<br />
con un gioco <strong>del</strong>icato <strong>del</strong>le dita,<br />
<strong>in</strong> un quadro <strong>in</strong>trecciando<br />
foglia a foglia,<br />
le componesti con la nuda mano. Dall‟<strong>in</strong>trico<br />
dei gambi cercavi le voci ai colori, aprivi un varco<br />
all‟angelo, al soffio <strong>del</strong>la luce.<br />
Sia vendemmia ai ricordi<br />
allora, ma con fede<br />
nella speranza. Sulla rasa pianura<br />
Dio benedica la luce<br />
e tutti i granelli <strong>del</strong> deserto<br />
si sveglieranno <strong>in</strong> rond<strong>in</strong>i, e io<br />
come <strong>in</strong> un sogno,<br />
nell‟ora dei petali r<strong>in</strong>ati,<br />
82
calerò dal tramonto, ritornerò<br />
con un sorriso timido a prenderti per mano.<br />
83
16.<br />
IL BIMBO ARDE<br />
Il bimbo arde alla<br />
palla colorata<br />
volata su<br />
fra nuvole di sera.<br />
Altra palla non vuole.<br />
Rifiuta il genitore<br />
che <strong>in</strong> disperato gioco lo soccorre<br />
offrendo surrogati.<br />
Il cielo guarda e muore<br />
all‟impossibile amore.<br />
E così <strong>in</strong>tanto<br />
si allena<br />
il cavo cuore<br />
- nel suo dire e non dire<br />
(è bene? è male?) -<br />
Vuole quella.<br />
alla frontiera <strong>del</strong> vivere il morire.<br />
Ciò che è unico è un universale <strong>in</strong> negativo,<br />
ciò che non è nessun altro, un <strong>in</strong>f<strong>in</strong>ito<br />
per qualità, pur piccolissimo, con la potenza<br />
di negare ogni più grande <strong>in</strong>f<strong>in</strong>ito.<br />
84
LA SOSTA IN ALTO (Intermezzo)<br />
… e fummo <strong>in</strong> cima, sul cr<strong>in</strong>ale,<br />
fra tristezza e speranza.<br />
85
17.<br />
DURÒ TROPPO POCO<br />
Durò troppo poco la luna<br />
nell'estuario dei miei giorni,<br />
ora che <strong>in</strong>voca piano i tuoi occhi la notte, segretamente <strong>in</strong> attesa<br />
<strong>del</strong> raggio verde.<br />
Ora che la mannaia è caduta<br />
sul sogno <strong>del</strong> pettirosso.<br />
Ora che è afono il grido.<br />
Durò troppo poco la luna, ora<br />
che il giglio è ferito<br />
e trema di paura.<br />
Ora che il varco <strong>del</strong>la fede<br />
ha perduto il filo d'erba.<br />
Ora che la goccia<br />
annaspa,<br />
ora che la campana è affranta.<br />
Durò troppo poco la luna, ora<br />
che il calco <strong>del</strong>l'anima<br />
cerca una cruna nel creato<br />
per passarvi<br />
e vibra al vento come<br />
la pelle di Marsia<br />
mentre ha i millenni contati il suo riscatto dal dolore.<br />
Durò troppo poco la luna, ora<br />
che il passaporto per il mondo<br />
ci ha resi cittad<strong>in</strong>i di stragi<br />
Se Tutto è, non c‟è differenza<br />
fra ciò che accade <strong>in</strong> me e ciò che accade nell‟universo.<br />
Ciò che accade <strong>in</strong> me, accade nell‟universo.<br />
E ciò che accade nell‟universo, accade <strong>in</strong> me.<br />
87
e progenitori di deserti.<br />
Ora che la speranza<br />
è stata confiscata dalla fame.<br />
Ora che il cercatore <strong>del</strong> vero<br />
è un giocatore d'azzardo<br />
con una div<strong>in</strong>ità che bara<br />
con la sua ansia di rimuovere la morte.<br />
Durò troppo poco la luna, ora che il Denaro<br />
ha pattugliato tutte le vite <strong>del</strong> pianeta<br />
unificandole <strong>in</strong> un giro<br />
con la scienza dei numeri e la forza<br />
e ha chiamato questo pattugliamento libertà.<br />
Durò troppo poco la luna, ora che<br />
chi popolò il mondo di bamb<strong>in</strong>i soldato<br />
non si vergogna di essere un uomo, mentre<br />
a noi spettò la vergogna<br />
di essere uom<strong>in</strong>i come lui.<br />
Durò troppo poco la luna,<br />
ora che imparammo<br />
che il conoscere è la forma cava <strong>del</strong> dolore.<br />
casa comune<br />
è una verità ossigenata da veleni<br />
<strong>in</strong>telligenti<br />
come una pampa devastata dai soccorritori.<br />
Ora che il mondo<br />
ci ha resi tutti visibili<br />
ma senza visi.<br />
Ora che l'anima è un digiuno<br />
<strong>in</strong> cui si accese la luce.<br />
Durò troppo poco la luna<br />
nell'estuario <strong>del</strong>le nostre speranze,<br />
Ora che la nostra<br />
88
ora che ci ha anonimati<br />
<strong>in</strong> un colpo unico il globo<br />
e dice di amarci<br />
denudandoci con una risata. Ora che il circo <strong>del</strong> pianeta<br />
ci ha selezionati <strong>in</strong> branchi<br />
chiamando questa selezione dignità.<br />
Durò troppo poco la luna, ora che la scienza<br />
cercò di rubare il filo alle Parche<br />
mentre dimenticava la pietà.<br />
Ora che scordammo che i visi<br />
sono un'<strong>in</strong>venzione <strong>del</strong>l'amore.<br />
Ora che la solitud<strong>in</strong>e è una fiamma<br />
che ci fa trasparenti alla notte.<br />
Ora che è uno scandalo il dono.<br />
Ora che la perdita è l'improvviso affondo di Dio.<br />
Durò troppo poco la luna, ora che scoprimmo<br />
che i nostri dolori<br />
sono i nomi <strong>del</strong>l'universo.<br />
filigrane di numeri<br />
che s'<strong>in</strong>ventarono un cuore.<br />
Ora che la cruna<br />
è tutto ciò che sappiamo <strong>del</strong>la luce.<br />
Ora che restarono gli angeli<br />
la scatola nera <strong>del</strong> creato.<br />
Durò troppo poco la luna<br />
ora che nell'ora nona <strong>del</strong>l'anima<br />
non abbiamo più braccia<br />
<strong>in</strong> cui salvarci. Ora che<br />
cercò di cessare la speranza,<br />
Ora che siamo<br />
89
iuscendovi,<br />
ma com<strong>in</strong>ciò a sperar di sperare.<br />
Ora che sono le nostre stalattiti<br />
i giorni <strong>del</strong> ricordo.<br />
Ora che il crocifisso ha due lacrime<br />
e un solo filo di perdono.<br />
Durò troppo poco la luna,<br />
ora che svelammo<br />
che l'amore è più lieve d'un'ombra<br />
e supera <strong>in</strong> carati di forza la velocità <strong>del</strong>la luce.<br />
Ora che sappiamo che un nostro gesto<br />
ha responsabilità verso le stelle.<br />
è un formicaio<br />
e l'universo un formicaio di nomi<br />
che si amano per echi.<br />
può osare il pudore<br />
di varcare la notte<br />
Ora che il nostro nome<br />
Ora che la speranza<br />
e attendere come viatico un <strong>in</strong>cendio di fontane.<br />
Ora che le domande dei bamb<strong>in</strong>i<br />
sono ciò che ci assale degli angeli.<br />
Ora che la contemplazione <strong>del</strong> dolore<br />
è una precipitazione di cristalli<br />
che giurò bellezza al creato<br />
ai piedi d'un perdono.<br />
Durò troppo poco la luna, ora che sappiamo<br />
che l‟angelo<br />
è la forza <strong>in</strong>telligente collocata<br />
alla matrice <strong>del</strong>l‟anima, il respiro<br />
al grado zero <strong>del</strong>l‟orlo<br />
sull‟orig<strong>in</strong>e <strong>del</strong> volo, l‟ala<br />
90
alla sua caduta nel tempo, il sigillo<br />
<strong>del</strong> suo cristallo di neve,<br />
il suo vertice alto, la forza<br />
che restando <strong>in</strong>visibile<br />
depone<br />
l‟alito sul vetro <strong>del</strong> suo nome,<br />
il possibile che precede ogni fiore, l‟«apriti!» alla sua ghianda,<br />
al suo germoglio unico immortale.<br />
Durò troppo poco la luna, ora che sappiamo<br />
che la fame di storia<br />
fece macerie di visi, ora che ogni viso<br />
attende il suo angelo<br />
che torna<br />
ad ali aperte<br />
nell‟immortale possibile che salva.<br />
Durò troppo poco la luna,<br />
non trovò più con le mani il suo viso<br />
e partì alla ricerca dei bàttiti<br />
<strong>del</strong> cosmo<br />
<strong>in</strong> una patria acustica lontana.<br />
Durò troppo poco la luna,<br />
ora che <strong>in</strong> un trionfo di macerie<br />
splendide capimmo<br />
che l‟essenziale è il pulc<strong>in</strong>o,<br />
ora che un uomo una notte<br />
che l‟<strong>in</strong>gordigia di mondo è la perdita di sé; ora che sentimmo<br />
<strong>in</strong> uno stagliarsi <strong>in</strong>verso a due colori<br />
che il colore <strong>del</strong>l‟anima è il colore<br />
<strong>in</strong>afferabile e netto <strong>del</strong>la loro l<strong>in</strong>ea di conf<strong>in</strong>e.<br />
Durò troppo poco la luna<br />
nel fiordo dei tuoi occhi,<br />
calici colmi di notti<br />
e stelle,<br />
versati dagli agosti d‟un‟estate.<br />
91
Durò troppo poco la luna<br />
nell'<strong>onore</strong> dei nostri giorni<br />
<strong>del</strong>l'esodo al perdono,<br />
mentre, graziata dalla luce<br />
che risale<br />
come bolla dal tempo,<br />
ubriaca<br />
<strong>in</strong> filari di braccia<br />
ma non cessa la marea<br />
ora raccoglie sulla sabbia<br />
i grani sparsi <strong>del</strong>la forma concava di te.<br />
92
LA CATÀBASI (II parte)<br />
… Nell‟ora nona <strong>del</strong>l‟anima<br />
un angelo improvviso mi soccorse<br />
piano, generando il matt<strong>in</strong>o.<br />
E com<strong>in</strong>ciammo la discesa al mare …<br />
93
18.<br />
DUE INFINITI<br />
Prendi una retta<br />
e staccale un punto.<br />
Uno solo.<br />
Un piccolo punto.<br />
Quello.<br />
La retta,<br />
come lucertola tagliata,<br />
tutti i suoi punti.<br />
non bastano<br />
Ma tutti<br />
a sostituire quel solo,<br />
perduto.<br />
Quel punto<br />
è l‟anima tua. Goccia<br />
che specchia il sole.<br />
conserva<br />
Inf<strong>in</strong>ita per povertà. Un punto:<br />
nessun <strong>in</strong>f<strong>in</strong>ito contiene.<br />
a una sola goccia perduta<br />
Quante volte una retta<br />
contiene un punto staccato da essa:<br />
<strong>in</strong>f<strong>in</strong>ite volte o nessuna?<br />
Proprio come<br />
quell‟unico che<br />
tutto il mare non basta. Essa ha un nome: l‟<strong>in</strong>f<strong>in</strong>ito<br />
<strong>del</strong>la sua unicità.<br />
95
19.<br />
ELUANA<br />
Dicono che eri<br />
una rond<strong>in</strong>e,<br />
un piccolo picchio,<br />
un pettirosso,<br />
<strong>in</strong>namorata <strong>del</strong> sole.<br />
Sono gli uccelli<br />
le più liete creature <strong>del</strong> mondo,<br />
le più degne <strong>del</strong>la libertà.<br />
Un lampo ti disfece,<br />
sgraziandoti<br />
<strong>in</strong> un sonno senza sogni.<br />
Abbi<br />
pietà di noi.<br />
Per chi crede.<br />
Per chi non crede.<br />
Per chi non sa.<br />
Abbi pietà<br />
per chi specula<br />
sulla tua<br />
piccola<br />
vita<br />
con la lente<br />
<strong>del</strong> dis<strong>onore</strong>.<br />
Onora il padre<br />
tuo<br />
con la forza <strong>del</strong>la sua lacrima<br />
sola<br />
che ti aspettò per sempre<br />
96
senza essiccarsi mai al sole.<br />
Perdonaci<br />
se la purezza <strong>del</strong> tuo pianto<br />
è offuscata<br />
dai nostri sguardi.<br />
Insegnaci<br />
la castità <strong>del</strong> dolore,<br />
che tace.<br />
Abbi pietà di noi<br />
se la nostra pietà di te<br />
ebbe due volti,<br />
quando ti diede l‟acqua<br />
e quando te la tolse.<br />
Tu sei<br />
<strong>in</strong> terra di mezzo,<br />
morta alla nostra miseria,<br />
viva alla tua pietà.<br />
Noi non sappiamo. Siamo vegetali fra mondi<br />
che ignoriamo.<br />
Abbiamo occhi mediocri,<br />
foderati di bandiere.<br />
Solo chi ama<br />
accanto,<br />
forse una favilla vede.<br />
Portiamo la colpa<br />
di chi non capisce<br />
il tuo pianto:<br />
perdonaci per loro.<br />
Abbraccia il padre,<br />
che non meritò la pena<br />
di pagare<br />
con l‟<strong>in</strong>giuria il suo dolore.<br />
Morta da rond<strong>in</strong>e,<br />
divenisti fiore.<br />
97
Str<strong>in</strong>giti al padre. Uscisti<br />
dal tempo e lui,<br />
per starti accanto,<br />
entrò nel tuo.<br />
Perché fossi non più<br />
fiore,<br />
ma stella.<br />
Tutto il cielo è stellato<br />
se un‟anima lo vede.<br />
Uscisti<br />
dal tempo<br />
per entrare nella lacrima<br />
<strong>del</strong> padre<br />
che ti prese per mano.<br />
Accompagnandoti sul ciglio<br />
<strong>del</strong> tuo nome<br />
alto,<br />
come un fiore<br />
come un goccio di rugiada<br />
aperto al vento.<br />
Perché Dio ha un abisso<br />
che non svela.<br />
E perché un fiore<br />
sull‟abisso<br />
non ha vertig<strong>in</strong>i<br />
se un tremito lo scuote<br />
alla prova <strong>del</strong> passo,<br />
un sole<br />
lo aspira<br />
piano<br />
quando<br />
e ricorda la sua goccia al pettirosso.<br />
98
20.<br />
DENTRO I TUOI OCCHI<br />
Dentro i tuoi occhi<br />
bagno le memorie<br />
io r<strong>in</strong>asco bamb<strong>in</strong>o.<br />
alberi snelli<br />
alte signore<br />
dalle mani velate.<br />
come<br />
Ma<br />
il tuo amore non vedo<br />
cavaliere di sogni.<br />
senza avvisare<br />
un giorno<br />
oggi lontano<br />
Partì<br />
Vedo ancora<br />
quel tuo alto<br />
per un percorso quanto un cimitero.<br />
calò come un fendente<br />
come una luna <strong>in</strong> fiamme<br />
Fu come<br />
<strong>del</strong>la fiamma<br />
il disperarsi<br />
sopra il grumo che muore.<br />
dentro il cuore.<br />
Il dolore<br />
I miei genitori ebbero i nomi di due<br />
angeli: <strong>Angelo</strong> e Raffaela.<br />
Gli angeli a volte hanno un difetto: sono<br />
di carne.<br />
99
Da migliar<strong>in</strong>i rossi la campagna<br />
cachi nuovi sorride.<br />
Aprimmo gli occhi e li colmammo un giorno<br />
di r<strong>in</strong>tocchi di neve.<br />
100
21.<br />
DA TEMPO TI DEVO<br />
Da tempo ti devo parole. Ma<br />
non so dirle. Mi difettano. Annaspo. Sono<br />
un <strong>in</strong>solvente vergognoso. Sarebbe<br />
uno spreco di tempo e un avaro<br />
saluto di lode<br />
dirti bella. Sarebbe<br />
offuscare e tradire, non dire<br />
la bellezza che sei,<br />
che la tua bellezza immediata nasconde<br />
come il sole con la sua luce nasconde<br />
le stelle più lum<strong>in</strong>ose,<br />
rivelate dalla notte. E tu<br />
non dire parola di te: io ti conservo<br />
più che l'aquila l'aria, più che la sorgente l'acqua,<br />
più che il dattero lo scoglio. Il tuo nome<br />
è parte di me, come la fiamma<br />
è nel fuoco. Di me<br />
non saprò dirti altro che io<br />
con te fui, per tua mano, come l'Egitto al Nilo,<br />
Salii sul monte <strong>del</strong> Carmelo per svelare alla mia stella il suo fiore.<br />
come una spiaggia di conchiglie al mare, come il levarsi <strong>del</strong>l‟oceano alla luna:<br />
un'<strong>in</strong>venzione <strong>del</strong> tuo volto, un dono <strong>del</strong> tuo sorriso.<br />
101
22.<br />
IN SALA INTENSIVA<br />
Tutti nella bocca <strong>del</strong> drago<br />
sperando non se ne accorga la paura.<br />
Infermieri e <strong>in</strong>fermi,<br />
medici e prostrati.<br />
Il giorno è prigioniero <strong>del</strong>la notte,<br />
il silenzio <strong>del</strong> rumore<br />
<strong>in</strong> questa sala macch<strong>in</strong>e di persi.<br />
Spettri di canti<br />
sotto la coltre ipnotica dei bip.<br />
Qualche viso di conforto spunta<br />
vivo, come una spiga,<br />
fiammula fatua fra le ombre e prega<br />
<strong>in</strong> un soccorrere fatato.<br />
Fuori la porta genitori oranti,<br />
vittime d‟amore.<br />
Con noi due bimbi di tre mesi,<br />
recisi vivi<br />
<strong>in</strong> gocce di speranza,<br />
abbarbicati alla pietà.<br />
Solo a un certo punto <strong>del</strong>la vita ti accorgi che il tuo corpo è<br />
un crepaccio sull‟abisso. Un limite estremo fra te stesso e il vuoto. Qui<br />
solo un angelo veglia sul conf<strong>in</strong>e.<br />
102
23.<br />
L‟AQUILA, 6 APRILE 2009 5<br />
Il dì sesto di aprile, la notte <strong>del</strong>le Palme<br />
come un ladro<br />
un drago di fuoco ci destò<br />
dalle viscere <strong>del</strong> buio,<br />
squarciandoci le porte<br />
e l‟anima<br />
<strong>in</strong> un soqquadro di volti<br />
truciolati da lampi.<br />
Tutta<br />
si liquefece la memoria<br />
nostra,<br />
sbranata <strong>in</strong> un‟alluvione di specchi.<br />
Frugati<br />
nudi da un terrore fummo,<br />
serpi di grida,<br />
manich<strong>in</strong>i rotti,<br />
polveriera di gemiti,<br />
apocalissi di fuggenti, stracci<br />
di secondi rallentati<br />
<strong>in</strong> un capogiro di terra<br />
come sauro che ruota<br />
e fissa<br />
<strong>in</strong> un boato<br />
bianco,<br />
squalo unico muto.<br />
5 Questa composizione si articola, non sappiamo dire quanto per caso, <strong>in</strong> 333 versi.<br />
Al popolo aquilano, all‟altezza <strong>del</strong> suo cuore.<br />
103
Tutto è macerie e pietre,<br />
e macilenta<br />
è l‟anima<br />
come un mare di sale,<br />
dragata dalla morte <strong>del</strong>la luce.<br />
Siamo il resto <strong>del</strong> mondo.<br />
Non c‟è sguardo<br />
su noi.<br />
Inesistenti senz‟ombre.<br />
Il cielo non ha lacrime, le nostre<br />
lacrime non hanno cielo.<br />
fra le pietre a mani nude,<br />
il <strong>figlio</strong><br />
sul filo d‟un lamento come luce.<br />
Ogni vita è rubata. Sepolti<br />
nel silenzio, tutto è tomba di vivi<br />
a cielo crudo.<br />
Siamo terra di morti. Nulla<br />
più ci somiglia<br />
se non un‟orda<br />
di bruchi<br />
senz‟anima.<br />
Unica superstite è la luna.<br />
di ricordo<br />
a vetro stride<br />
solforico sul sangue.<br />
vivi dalla sorte<br />
<strong>del</strong>le pietre,<br />
ogni volto è un risorto.<br />
di giorni<br />
Un padre cerca, frugando<br />
Estratti<br />
Un graffio<br />
In un rosario<br />
104
sotto un sudario di paure<br />
abbiamo contato<br />
i nostri<br />
morti.<br />
Uno<br />
per uno,<br />
viso per viso,<br />
pallore per pallore,<br />
sotto gli occhi <strong>del</strong> mondo<br />
<strong>in</strong> un pallottoliere di ricordi<br />
e strazi.<br />
Sola regna la morte.<br />
corre, precede<br />
Qualche mano<br />
la speranza. La paura abbaia.<br />
Un sol m<strong>in</strong>uto<br />
ci ha uguagliati nel tempo<br />
al mondo <strong>in</strong>tero. Ci ha<br />
retrocessi di secoli<br />
fra tende,<br />
livellandoci agli avi.<br />
Un sol m<strong>in</strong>uto<br />
ci confessa che la <strong>città</strong> globale prima<br />
è la paura<br />
e il pianeta che trema<br />
e l‟aria una<br />
che fa il giro <strong>del</strong> mondo.<br />
Siamo terra di morti. L‟uno con l‟altro<br />
ci accomuna e dist<strong>in</strong>gue la pietà.<br />
Solo ora sappiamo che per anni<br />
dormimmo sul vuoto<br />
di edifici all‟orologeria,<br />
<strong>in</strong> una polveriera di sabbie,<br />
affidati alle colpe<br />
105
di chi un giorno quotò<br />
<strong>in</strong> borsa i respiri<br />
nostri,<br />
giocandoli al tavolo dei sismi.<br />
sappiamo che per anni<br />
dormimmo <strong>in</strong> braccio a rottami,<br />
a copie di uom<strong>in</strong>i che hanno<br />
denaro per cuore e che non sanno<br />
chiedere perdono.<br />
La loro fame<br />
ci ha resi all‟improvviso,<br />
fra tende e pianti,<br />
gratuiti attori di un reality show.<br />
ci ridussero <strong>in</strong> briciole,<br />
uom<strong>in</strong>i ci soccorrono.<br />
vi chiediamo perdono<br />
Noi<br />
Solo ora<br />
Uom<strong>in</strong>i<br />
se, offuscati, non sempre discerniamo fra loro. Uom<strong>in</strong>i furono<br />
quelli che, a freddo, ci sterm<strong>in</strong>arono a Onna; uom<strong>in</strong>i, forse, saranno<br />
quelli che sciameranno da noi, nuovi<br />
cercatori d‟oro<br />
sporco. Non chiedeteci per chi tremò il terremoto.<br />
Esso tremò per tutti,<br />
per voi e noi,<br />
formiche <strong>del</strong>la terra,<br />
colonie di ragni<br />
<strong>in</strong>g<strong>in</strong>occhiati<br />
<strong>sulle</strong> proprie paure.<br />
Un terremoto è nulla<br />
per il cosmo,<br />
e noi<br />
nulla di nulla,<br />
106
ma semi di rose. Come<br />
messaggi <strong>in</strong> bottiglia nel mare <strong>del</strong> creato.<br />
La notte <strong>del</strong>le Palme ci ha snudati<br />
alla luce.<br />
Ci ha rubato<br />
la vita. Ci ha issati<br />
su un as<strong>in</strong>o straziato<br />
alla volta d‟un tempio<br />
ignoto.<br />
Grande si fa la paura,<br />
piccolo il mondo<br />
<strong>in</strong>torno a noi,<br />
<strong>in</strong>torno ai nostri visceri <strong>in</strong>difesi.<br />
stati scoperti<br />
stazioni mobili<br />
su una faglia <strong>del</strong> globo, nevralgia<br />
<strong>sulle</strong> derive dei cont<strong>in</strong>enti,<br />
all‟improvviso<br />
colti <strong>in</strong> un lampo all‟<strong>in</strong>granditore.<br />
Fa importanti il dolore,<br />
se importante è l‟<strong>onore</strong><br />
di chi lo vede.<br />
La pena di un popolo è di tutti,<br />
come un furto <strong>del</strong> sole.<br />
File di bare bianche<br />
si affacciano sul mondo e siamo<br />
mappe di croci:<br />
bimbi esposti alla luce<br />
per l‟addio,<br />
orfani di padri<br />
restati vivi,<br />
piccole radici<br />
trafugate al filo <strong>del</strong> respiro,<br />
Siamo<br />
107
fronti deposte<br />
sul dest<strong>in</strong>o,<br />
come strette di mani<br />
senza dita,<br />
come lacrime<br />
rubate al pianto,<br />
come parole che non possono dormire,<br />
come il corrersi <strong>in</strong>contro<br />
senza braccia,<br />
come strozzate luci,<br />
come cave canne<br />
di preghiere estirpate.<br />
Signore,<br />
siamo crepe di ricordi. Il sole<br />
ha fatto man bassa di noi,<br />
ci ha chiusi nelle nostre vite<br />
e ha gettato la chiave.<br />
Dove ci assediò la fame<br />
d‟oro,<br />
ora ci assedia la paura. Dove<br />
ci assediò la paura,<br />
ora ci soccorre la pietà.<br />
se non dist<strong>in</strong>guiamo ancora bene<br />
fra chi ci ama perché ha paura<br />
e chi ha paura perché ci ama.<br />
<strong>del</strong>la terra<br />
non ha solo sciami,<br />
ma peristalsi di repliche<br />
nel cuore.<br />
anche <strong>del</strong>la nostra paura.<br />
Ha natura retrattile il dolore,<br />
Vi chiediamo perdono<br />
Il tremore<br />
Ora la terra trema<br />
108
che ci accascia e dà volo.<br />
la metafora viva di un mondo<br />
improvviso<br />
che senza malta esplode<br />
Forse siamo<br />
come <strong>in</strong> un‟osteoporosi programmata<br />
da noi su noi.<br />
La follia<br />
è il nostro filo d‟erba<br />
a cui si appende<br />
la speranza di tornare<br />
sul ciglio <strong>del</strong>l‟essere<br />
dal pendolo che oscilla<br />
<strong>sulle</strong> nostre paure.<br />
La nostra meraviglia è la speranza<br />
di essere ancor uom<strong>in</strong>i,<br />
esseri fatti di terra<br />
che guardano <strong>in</strong> alto,<br />
dalle crepe<br />
per un sisma di dentro<br />
che ci alzò,<br />
ora risorti<br />
creati dai soccorsi<br />
di occhi che ci credono fratelli.<br />
A tutti occorre<br />
qualcosa che riscaldi il cuore.<br />
da una promessa di varco<br />
l‟Aquila,<br />
il sole,<br />
il ricordo dei giorni derelitti,<br />
le storie, le memorie, le mura patrie,<br />
i padri, i figli, i visi <strong>del</strong> bestiame,<br />
Fra le crepe c‟è un filo.<br />
Ora si leva<br />
109
uno per uno amati,<br />
i volti irremovibili dei morti,<br />
la farfalla che torna<br />
a tremare sul nettare <strong>del</strong> fiore.<br />
Dalle viscere aperte <strong>del</strong>la terra emerse la paura.<br />
dalle viscere aperte d‟una madre<br />
scoppia un nuovo nato<br />
- carne da carne, senza carne sola.<br />
Una necessità ci fa liberi<br />
se <strong>in</strong>dica una luce.<br />
<strong>in</strong> cui si scopre che<br />
<strong>in</strong>f<strong>in</strong>ito è un fiore,<br />
se un‟anima lo vede.<br />
a salvarci<br />
né la pietà<br />
dei tempi carsici<br />
né le emozioni<br />
Forse c‟è un tempo<br />
Non ci basta il dolore<br />
a geometrie variabili <strong>del</strong> mondo.<br />
Al sisma <strong>del</strong>la terra<br />
un sisma <strong>del</strong>le viscere risponde,<br />
papavero dal fuoco.<br />
Abbiamo fame di fede.<br />
Come l‟eruzione <strong>del</strong>l‟erba,<br />
che è possibile per necessità.<br />
d‟un bimbo,<br />
che fa sangue ma è luce.<br />
assomiglia<br />
a un orgoglio<br />
ma è un tic <strong>del</strong>l‟anima,<br />
Come lo scoppio<br />
Questa fame<br />
Ora<br />
110
una legge <strong>del</strong>la Terra,<br />
una gravitazione cosmica,<br />
un ist<strong>in</strong>to di pastori,<br />
come un sisma di dentro,<br />
oriundo <strong>del</strong>la luce.<br />
Una vita<br />
vive solo se un piccolo nulla si accende:<br />
come un dito di bimbo o un fil di voce.<br />
Una vita<br />
è un battito di ciglia: si replica<br />
e non può essere impedito. Dal crepaccio<br />
scoppia il terrore e il fiore, come la zizzania<br />
e il grano.<br />
Noi preghiamo<br />
a noi tocchi il dolore<br />
alto<br />
che come cedro può assorbire il sole.<br />
come fili d‟erba, come<br />
calici d‟acqua.<br />
Si susseguano i giorni<br />
Come volti di agnelli. Come spighe. Come navi di rose.<br />
verdi,<br />
le perle <strong>del</strong>le Chiese<br />
dai sapori di Santi,<br />
la fede nelle musiche,<br />
la reggia dei sogni<br />
quotidiani,<br />
gli studi dei giovani, i talenti, la fiamma<br />
dei lavori operosi, la rivoluzione <strong>del</strong> glic<strong>in</strong>e,<br />
le mele verdi, i percorsi degli avi, le iridi <strong>del</strong>l‟alba, le meraviglie<br />
dei nati, “settembre, andiamo”, i canti dei pastori, i nostri<br />
maggi odorosi, pozzi<br />
di sguardi sulla terra viva<br />
R<strong>in</strong>ascano gli armenti<br />
111
ai solchi <strong>del</strong>la luce.<br />
cieche<br />
frughi un poeta<br />
Fra le nostre rov<strong>in</strong>e<br />
i dispersi giorni, per risorgerli<br />
dal possibile al vero<br />
come un angelo nuovo, spàg<strong>in</strong>i i volti nascosti tra le perdute<br />
lune, ci restituisca il battito <strong>del</strong> mare. Ora ci tocca<br />
lanciare il cuore oltre il buio. Ridare acqua<br />
alla terra e l‟oro al grano. Diamanti<br />
saranno i dolori e fuochi nella notte. Noi<br />
non potremo mai tradire il sangue,<br />
i sogni,<br />
fra i ricordi<br />
la giungla <strong>del</strong>le braccia che ci chiama.<br />
lo stelo al giglio,<br />
il varco all‟erba,<br />
all‟aquila il suo volo.<br />
Essa avrà il nostro sangue: per ali<br />
le speranze dei fanciulli, per occhi<br />
le memorie dei padri<br />
e per timone di vento<br />
noi stessi,<br />
risorti <strong>in</strong> piedi<br />
<strong>in</strong> <strong>onore</strong> <strong>del</strong> <strong>figlio</strong>:<br />
negli occhi suoi<br />
perché duri<br />
Noi non negheremo<br />
la nostra luce, l‟orgoglio <strong>del</strong>le orig<strong>in</strong>i, la dignità <strong>del</strong>le nevi,<br />
il sisma <strong>del</strong>le viscere<br />
nostre<br />
confessato dall‟ist<strong>in</strong>to al sole, la stella<br />
<strong>in</strong>dicata dall‟ago<br />
<strong>del</strong>la fede nel cómpito,<br />
112
il candore di Dio,<br />
la promessa <strong>del</strong> sangue e il nome <strong>del</strong>l‟<strong>onore</strong>.<br />
113
24.<br />
FRATE FRANCESCO<br />
Frate Francesco,<br />
di bocca <strong>in</strong> bocca<br />
ci giunse la notizia<br />
<strong>del</strong>la tua vita.<br />
Da ottocento anni ci arriva<br />
ed è fresca.<br />
Frate Francesco,<br />
come farò a capire<br />
che i fiori<br />
sono la libertà <strong>del</strong>l‟universo, che gli uccelli<br />
sono la fioritura dei bamb<strong>in</strong>i,<br />
che l‟umiltà è il respiro <strong>del</strong> mondo,<br />
che il calice <strong>del</strong>l‟alba non ha Dio<br />
perché è il cuore medesimo di Dio?<br />
Frate Francesco, come farò a capire<br />
che il perdono è più antico <strong>del</strong> peccato,<br />
che la letizia è più orig<strong>in</strong>aria <strong>del</strong> dolore,<br />
che l‟impossibile è vero,<br />
che chi è <strong>in</strong>giuriato può essere lieto,<br />
che chi si spoglia è ricco,<br />
che chi mendíca è re?<br />
Frate Francesco,<br />
come farò a capire<br />
Se una verità impossibile attrae,<br />
attrae perché è impossibile<br />
o perché è verità?<br />
114
che il ragionevole è vano<br />
e che l‟unica ragione è la follia?<br />
Frate Francesco,<br />
come feci a capire<br />
che Dio non si dimostra ma si mostra,<br />
che l‟assurdo è l‟amore al suo colmo,<br />
che l‟<strong>in</strong>nocenza non potrà mai morire<br />
perchè fece sentire colpevole la Morte?<br />
un giorno lo compresi<br />
e dopo lo scordai. Ancora cerco<br />
ogni volta daccapo<br />
ciò che persi.<br />
Frate Francesco,<br />
come farò a capire<br />
perché mi affasc<strong>in</strong>a<br />
questo non capire,<br />
perché non mi persuade e pur mi prende<br />
che il vangelo è stoltezza<br />
e che è stoltezza la letizia dei semplici?<br />
Frate Francesco,<br />
come poter capire<br />
la forza<br />
di chi scegliendo di perdere decise<br />
di v<strong>in</strong>cere per sempre,<br />
per letizia? L‟<strong>in</strong>nocenza<br />
è una prova dura, frate<br />
In un attimo<br />
nostro, perché è pura. Non fa sconti al dolore. Dà varco alla sua lama<br />
e le dà luce. Sferza<br />
se stessa. Scava. Ardua come il diamante<br />
resiste al suo splendore, lo castiga.<br />
115
Frate Francesco,<br />
come farò a capire<br />
il rompicapo <strong>del</strong>la tua pazzia, uovo all'impiedi che al mondo<br />
non si regge, eppur camm<strong>in</strong>a, uovo che scoppia<br />
alla chiara <strong>del</strong>l'anima e fa rosso il creato, gli dà fuoco?<br />
Frate Francesco,<br />
come poter capire<br />
la follia<br />
di chi capì tutto senza dire<br />
un solo iota <strong>del</strong>la dottr<strong>in</strong>a di Dio?<br />
Frate Francesco,<br />
come farò a capire<br />
questa <strong>in</strong>tuizione abissale <strong>del</strong>la luce<br />
<strong>in</strong> un cuore di carne<br />
folgorato dalla fame di pietà?<br />
Frate Francesco, come poter capire<br />
che siamo noi il lupo di Gubbio<br />
redivivo? Come potremo ardire<br />
fare a meno di te<br />
se il tuo sorriso<br />
è perpendicolare alla notte, è la corda che salva, è la radice<br />
<strong>del</strong> nostro domandarci su di noi<br />
mentre ci domandiamo su di te?<br />
116
25.<br />
LA LUNA A SORSI<br />
La luna<br />
a sorsi ha<br />
bevuto<br />
tutta la luce <strong>del</strong> giorno<br />
ed è<br />
biancalatte<br />
nel cavo<br />
cristallo<br />
di sera<br />
detersa<br />
prosciugando sparpagli di stelle.<br />
Il simbolo<br />
attrae, concentra e irradia.<br />
Come la luna.<br />
117
26.<br />
FENICIA, COMPI GLI ANNI<br />
Fenicia,<br />
oggi<br />
compi gli anni.<br />
Il tuo settimo. Il numero<br />
perfetto degli antichi. Non taglierò<br />
una rosa per te: sarebbe morta. Per te<br />
taglio il mio cuore,<br />
il cuore di papà. Perché tu<br />
l‟<strong>in</strong>naffi<br />
coi tuoi occhi. Gli dia<br />
luce di luna, lo irrori<br />
<strong>del</strong> tuo sole bruno, il sorriso, lo curi<br />
con le tue piccole mani e lo preservi dal male.<br />
16 aprile 2009<br />
118
27.<br />
HO SETTE PERLE DA DARTI<br />
Ho<br />
sette perle da darti,<br />
ma<br />
le nasconderò<br />
per non turbare il tuo cuore.<br />
solo <strong>in</strong> ord<strong>in</strong>e<br />
come bimbe <strong>in</strong> attesa<br />
<strong>del</strong> mare alto<br />
quando matura la luna.<br />
perla è il tuo nome,<br />
La prima<br />
iscritto nel lampo degli occhi<br />
f<strong>in</strong> dal tuo primo sorriso<br />
il giorno <strong>in</strong> cui nacque<br />
il tuo mondo<br />
ai Camaldolilli, tra i fiori,<br />
con i primissimi fili di capelli<br />
Le terrò<br />
e uno spiritoso dent<strong>in</strong>o di neonata,<br />
proprio mentre<br />
Una vita è fatta di anni, cioè<br />
di rivoluzioni <strong>in</strong>torno al sole. Ed è fatta di eventi,<br />
cioè di rivoluzioni nel sole.<br />
A te, per il tuo<br />
24 maggio che torna, carm<strong>in</strong>io<br />
mio fiore alto <strong>del</strong> Carmelo.<br />
«Per nulla al mondo, amore, avrei <strong>in</strong>terrotto<br />
questo sogno beato, ma tu fosti saggia a svegliarmi.<br />
Tu non spezzi il mio sogno, lo cont<strong>in</strong>ui».<br />
(John Donne, Poesie d‟amore)<br />
119
serissimo e buono<br />
un bimbo<br />
si comunicava al Dio santo<br />
e maggio odorava nel sole.<br />
perla è la tua grazia<br />
di sorgente,<br />
limpida come un piccolo fiume<br />
azzurro<br />
e come un cristallo nella luce.<br />
perla è la storia<br />
dei piccoli cuori<br />
di <strong>Angelo</strong> e Fenicia,<br />
stelle di mare<br />
a braccia aperte<br />
tra spiagge di ciottoli rosa<br />
e voli a Francoforte,<br />
già nate<br />
prima di nascere<br />
nelle notti smeralde<br />
di agosti<br />
La seconda<br />
La terza<br />
traversati come oceani a bracciate.<br />
perla<br />
è l‟immortalità <strong>del</strong>l‟amore<br />
come un ist<strong>in</strong>to di rond<strong>in</strong>e<br />
che lascia<br />
all‟ala profonda<br />
l‟ago magnetico <strong>del</strong>la libertà.<br />
perla è<br />
la luce <strong>del</strong> tuo viso,<br />
<strong>in</strong>naffiato di lacrime di mare,<br />
La quarta<br />
La qu<strong>in</strong>ta<br />
120
qui al fianco <strong>del</strong> mio letto, il tuo dirmi<br />
«mi sei vic<strong>in</strong>o e mi manchi», proprio ora<br />
che tu mi sei lontana e sei qui.<br />
perla<br />
è il monte <strong>del</strong> Carmelo,<br />
al quale un‟anima scalza<br />
ogni ora rachitica sale,<br />
accumulando stracci<br />
e sorrisi.<br />
perla<br />
La settima<br />
è l‟universo <strong>del</strong> dolore<br />
che nascosi<br />
come un cómpito<br />
per lavorarlo da dentro, per trarne<br />
lampi e smeraldi, per cercarne<br />
i coralli e le gioie<br />
La sesta<br />
nel s<strong>in</strong>ghiozzo <strong>del</strong>l‟ostrica, nell‟<strong>in</strong>cendio<br />
che dura<br />
dal fondo di <strong>in</strong>fanzie e parole<br />
e le grazia<br />
<strong>in</strong> un frantoio di colori, come<br />
scoppia <strong>in</strong> farfalla ogni pena,<br />
e ho tutta la vita davanti per farne il tuo sole.<br />
121
28.<br />
C‟ERANO LE CITTA‟<br />
C‟erano un tempo gli eroi,<br />
poi<br />
restarono <strong>città</strong>.<br />
mura squadrate<br />
specchi di Dei,<br />
Dapprima,<br />
dita esperte di stelle,<br />
vennero maestose pietre<br />
di arti gemmate,<br />
poi<br />
poi<br />
comode colombaie, <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e<br />
alti macigni<br />
armati,<br />
vaiolati di fori d‟aria,<br />
a braccia aperte proiettili<br />
verso un cielo vuoto.<br />
crebbero i miseri,<br />
Intorno<br />
si fecero moncher<strong>in</strong>i i silenzi<br />
e scalene le braccia<br />
di uom<strong>in</strong>i scartati,<br />
di derelitti senza voce.<br />
E poi<br />
ogni cosa fu viaggio, storie<br />
di vivisezionati <strong>in</strong> camm<strong>in</strong>o,<br />
Gli uom<strong>in</strong>i trapiantarono <strong>in</strong> terra le stelle,<br />
e queste divennero <strong>città</strong>.<br />
122
migranti<br />
a perdita di vite.<br />
tutti ci contiene,<br />
così tutti<br />
Come un vento<br />
mette <strong>in</strong> esodo il sisma<br />
<strong>del</strong>la paura e <strong>del</strong>la fame.<br />
volano a stormi<br />
come pòll<strong>in</strong>i i visi<br />
di uom<strong>in</strong>i a colori,<br />
che piovono a cascate<br />
Ora<br />
come sciami di g<strong>in</strong>estre fra noi.<br />
Dovunque un uragano li scuota<br />
vanno, agitati.<br />
In briciole, <strong>in</strong> preda<br />
al soffio <strong>in</strong>quieto<br />
d‟uno Spirito ubriaco.<br />
Tu<br />
che dai tuoi occhi mi guardi,<br />
bamb<strong>in</strong>o senza terra,<br />
che hai per unica terra<br />
le braccia<br />
mobili dei padri e una speranza scostumata, per noi<br />
non ci sarà mai una terra<br />
se la tua lacrima<br />
non avrà luce dentro di noi.<br />
respiro nomade<br />
riscrive i conf<strong>in</strong>i <strong>del</strong> pianeta,<br />
ridissem<strong>in</strong>a i mondi<br />
nostri,<br />
ridà i nomi alle antiche <strong>città</strong>,<br />
ci ricorda<br />
Il tuo<br />
123
le nostre responsabilità verso i deserti.<br />
Nessun luogo è un‟isola. Nessun<br />
luogo è lontano.<br />
Nessun filo d‟erba è randagio<br />
sul pianeta<br />
se è ospitato dal sole.<br />
sul globo <strong>in</strong> un cappio<br />
Siamo<br />
per respirazione bocca a bocca.<br />
<strong>del</strong>le <strong>città</strong><br />
è il corpo <strong>del</strong>le nostre vite,<br />
disegna i nostri domani, ma<br />
cerca un‟anima<br />
e un nome.<br />
Non ha razza<br />
il dolore, la paura, la morte,<br />
l‟amore,<br />
ed è tutti i colori <strong>del</strong> cosmo<br />
il nostro respiro.<br />
fame di viso,<br />
bamb<strong>in</strong>o,<br />
è la nostra<br />
se l‟anima nostra<br />
si accorge<br />
La tua<br />
Lo spazio<br />
di esser seduta su un ramo <strong>del</strong>la tua.<br />
Nessuno<br />
può salvarsi<br />
se non scopre<br />
di spezzarsi,<br />
spezzandoti.<br />
Gli occhi sono lacrime e fuoco,<br />
e tutta la Terra è un rimorso<br />
124
se dimentica il sole.<br />
Tutti fummo <strong>in</strong> camm<strong>in</strong>o<br />
nel cosmo,<br />
nel globo,<br />
<strong>sulle</strong> faglie dei cont<strong>in</strong>enti,<br />
sul plasma <strong>del</strong>le viscere buie<br />
<strong>del</strong>la Terra,<br />
ma l‟essenziale è <strong>in</strong>visibile<br />
agli occhi, perché <strong>in</strong>visibile è la radice<br />
da cui guardiamo<br />
e immobile<br />
è l‟orizzonte <strong>del</strong> viaggio<br />
nel suo eterno mutare.<br />
che cosa so <strong>del</strong> mondo<br />
e di me<br />
Bamb<strong>in</strong>o,<br />
se saperlo non basta a salvarmi,<br />
a salvarci<br />
dal nostro essere spezzati?<br />
Tutto è nuovo,<br />
se un uomo<br />
sa di essere nuovo. E un solo<br />
lampo<br />
di notte<br />
è la resurrezione <strong>del</strong> mare.<br />
c‟importa<br />
da dentro<br />
Ognuno<br />
anche se è sconosciuto e lontano.<br />
nuovi crepacci<br />
un giorno àzzimo svela.<br />
Sia<br />
notizie di perle ogni volto, porti<br />
Forse<br />
125
<strong>in</strong>trecci di mani, ci apra<br />
la nuova scoperta <strong>del</strong> fuoco,<br />
che nacque dalle diversità:<br />
come a Vulcani e a Promètei<br />
r<strong>in</strong>ati<br />
ad altra generazione <strong>del</strong> fuoco,<br />
nuovo per era,<br />
<strong>in</strong>namorato <strong>del</strong>la pietà.<br />
le vite <strong>in</strong> viaggio<br />
non macchie separate,<br />
Siano<br />
ma l<strong>in</strong>gue di un‟unica fiamma<br />
diffusa fra noi.<br />
Passerà<br />
tutta l‟era dei nostri rapporti<br />
all‟universo <strong>del</strong> fuoco<br />
nuovo,<br />
scoppiato da fissione a fusione.<br />
le <strong>città</strong> spazi aperti,<br />
<strong>in</strong>croci di rond<strong>in</strong>i<br />
che ebbero sapienza <strong>del</strong> viaggio<br />
e <strong>del</strong> proprio ritorno.<br />
le nostre <strong>città</strong><br />
il sapere <strong>del</strong> sole<br />
che discese<br />
negli abissi <strong>del</strong>l‟atomo<br />
svelando gl‟Inferi a noi,<br />
azzerando anni luce<br />
Saranno<br />
Abbiano<br />
di varchi fra luoghi, fra il pensiero e l‟azione,<br />
<strong>in</strong>ventando l‟iride <strong>del</strong> fuoco,<br />
per risorgere alla letizia <strong>del</strong>la luce. Abbiano<br />
visi le <strong>città</strong>:<br />
126
fili d‟erba, lacrime, memorie, scoiattoli all‟alba,<br />
l‟architettura <strong>del</strong> cielo stellato<br />
sbarcato come dialogo fra noi,<br />
perché ora sappiamo<br />
che da sempre è meticcio il sole.<br />
le scienze nane<br />
Siano<br />
i giganti che aprono col sesamo il futuro,<br />
estraendo l‟oro dei sorrisi.<br />
Anacoluti di uom<strong>in</strong>i,<br />
<strong>in</strong> debito con le regole nostre,<br />
renderanno scaleno ogni sguardo,<br />
saranno un‟altra grammatica<br />
se è universale ogni fiore.<br />
le labbra <strong>del</strong>la notte<br />
Qui<br />
str<strong>in</strong>gano d‟assedio il fuoco<br />
come farfalle<br />
per dilatarlo al còmpito <strong>del</strong> sole.<br />
Saranno le storie<br />
di ognuno e la scienza<br />
il corpo vivo <strong>del</strong>le <strong>città</strong>,<br />
cerca un‟anima,<br />
ma ogni <strong>città</strong><br />
e l‟anima è istituita dai poeti.<br />
Solo i poeti<br />
dànno il rosso <strong>del</strong> sole alle cose.<br />
Perché i poeti hanno l‟anima<br />
a strapiombo sul cielo,<br />
sentono il sangue<br />
e dànno i nomi alle rose.<br />
127
29.<br />
CADORE<br />
Miagola ai vetri<br />
la matt<strong>in</strong>a<br />
e mi desta.<br />
Faccio le fusa.<br />
Una chiarità di glic<strong>in</strong>e mi aspira<br />
<strong>in</strong> fondo all‟acqua sospesa.<br />
L‟aquila <strong>del</strong>l‟aria si è levata<br />
dal suo rosso tiziano<br />
e mi tocca. Brillo<br />
al br<strong>in</strong>disi fresco. Fuori<br />
un mondo possibile bussa<br />
alla porta<br />
come un perdono <strong>del</strong>la luce.<br />
ho deciso di essere felice.<br />
Ora e per sempre<br />
La felicità<br />
è solo l‟altro nome <strong>del</strong>la fecondità<br />
128
30.<br />
LISBONA<br />
Rivengo a te<br />
sull‟aquila reale<br />
dei miei ricordi,<br />
a te risorta<br />
dai miei giorni ciechi<br />
e, nata all‟alba<br />
di azzurrissimo angelo,<br />
ti adagi<br />
a calde ali <strong>in</strong> bàttiti di mare<br />
ora sotto di me.<br />
Amo il tuo oro,<br />
il tuo cuore,<br />
T‟amo Lisbona.<br />
il tuo cielo di zucchero,<br />
il tuo collo di fragola sul mare.<br />
colomba<br />
La storia <strong>del</strong>la civiltà occidentale è quasi la storia<br />
di un unico,complesso viaggio fenicio dall‟Asia m<strong>in</strong>ore verso l‟ovest.<br />
Forse Lisbona ne è stata un punto di approdo epocale e un nuovo volo.<br />
T‟amo,<br />
dai sette colli e dall‟anima fenicia.<br />
Amo<br />
i tuoi tetti, i tuoi suoni, i tuoi borghi, i tuoi santuari, le tue torri,<br />
le azulejas <strong>del</strong> tuo lucido costato,<br />
il tuo ponte di rond<strong>in</strong>e sull‟acqua.<br />
Amo<br />
Una <strong>città</strong> può essere bella come un‟esplosione di colori.<br />
O bella come L‟esplosione <strong>del</strong>la cattedrale di Max Ernst.<br />
129
la tua letizia, il tuo <strong>onore</strong>,<br />
la tua perla<br />
di verde e luce,<br />
regalata all‟oceano dal Tago.<br />
Qui venni<br />
con la fanciulla carmica nel cuore<br />
e i nostri bimbi<br />
e il mio dolore.<br />
mi soccorresti<br />
Qui<br />
col tuo bianco lucente,<br />
con la tua fede nel mare,<br />
con le ali <strong>del</strong> tuo Santo paduano, cui fu devota mia madre, col tuo canto di sirena.<br />
con i tuoi castelli,<br />
i tuoi colori, i tuoi acquari,<br />
con le tue piazze <strong>in</strong>vase dalla luce.<br />
sono il pudore <strong>del</strong>le cose<br />
e le labbra <strong>del</strong> mondo.<br />
Conf<strong>in</strong>ano col sole.<br />
Un falco alto li alleva<br />
e li consola.<br />
Lisbona,<br />
T‟amai<br />
mentre calavo da Braga,<br />
dall‟orgoglio alto <strong>del</strong> suo nido<br />
custodito dal tempo<br />
I nomi<br />
come un sole rosso e un falco medievale,<br />
sognando Guimarães e Madera.<br />
i tuoi porti, i tuoi v<strong>in</strong>i,<br />
le tue piccole vie,<br />
Amai<br />
e a te venivo<br />
Mi soccorresti<br />
130
i pasticci iridati <strong>del</strong> tuo pesce bianco,<br />
la chiarità dei tuoi calici alla notte,<br />
mentre cantavano il Fado<br />
le melagrane dei tuoi uom<strong>in</strong>i scuri,<br />
lucidi come bai, e le tue donne al ciliegio, petali d‟un popolo<br />
mediterraneo sull‟oceano, arduo, polícromo, tenace.<br />
la tua anima fenicia,<br />
che spicca il volo<br />
ancóra,<br />
a una potenza seconda, a tutte le rotte <strong>del</strong>l‟ovest,<br />
non solo ago magnetico ma rosa dei venti<br />
e margherita.<br />
i tuoi punti più alti<br />
Str<strong>in</strong>si d‟assedio<br />
fra l‟<strong>in</strong>dice e il medio <strong>del</strong> respiro,<br />
come farfalle di labbra,<br />
per ascoltarne il vento<br />
e per farne petali di mare.<br />
sul tuo tren<strong>in</strong>o rosso,<br />
come un lombrico<br />
versàtile,<br />
fe<strong>del</strong>e.<br />
tenero<br />
Sgomitolai <strong>in</strong> un filo,<br />
fra i mille echi <strong>del</strong>l‟alba, tutte<br />
M‟<strong>in</strong>erpicai<br />
le frammentate vite di Pessoa, cristalli<br />
di specchi e di lacrime, traversate da lame<br />
di bellezze ultime e di morsi.<br />
Lisbona.<br />
E <strong>in</strong> te<br />
amai il mio dolore<br />
T‟amai,<br />
Amai<br />
131
e il tuo pianto,<br />
confitto come un dardo nel tramonto.<br />
la tua fiamma verde<br />
di Natale<br />
<strong>in</strong>nalzata <strong>in</strong> un albero alla notte<br />
come un pugno di stelle <strong>in</strong>namorate.<br />
i tuoi visi, i tuoi soli,<br />
la tua grande strada bianca,<br />
che avvampa di candore,<br />
spuntata sulla schiena a un terremoto.<br />
gli antichi migratori<br />
e la nuova frontiera<br />
sull‟ovest<br />
- altro lido sul mondo,<br />
altro Libano,<br />
altri cedri,<br />
altra Fenicia<br />
sul magnete liquido <strong>del</strong> mare –<br />
e lo sguardo sul vento<br />
e la fame di ignoto<br />
e l‟avventura<br />
e la gloria dei ripidi padri<br />
che fecondarono la notte,<br />
Amai<br />
Amai<br />
alla Gorgóne <strong>del</strong> sole offrendo il mare.<br />
In te rividi<br />
In te rividi<br />
i gesti, le risacche, i giorni smunti, il mio cuore scavato,<br />
le mille civiltà<br />
terrazzate<br />
<strong>in</strong> un tempo<br />
immobile,<br />
come lunazioni di colori<br />
132
e popoli, come elevazioni di ziggurrat<br />
alla luna.<br />
Lisbona.<br />
T‟amo<br />
Amo il tuo cuore, il tuo oro, il tuo canto,<br />
amo la matt<strong>in</strong>ale purezza <strong>del</strong> tuo pianto,<br />
bello come la misericordia di Dio.<br />
Amo come zàffiro al tramonto<br />
la tua saudade che dà fuoco al mare.<br />
l‟oro bianco <strong>del</strong> nuovo e sei l‟antico,<br />
bordo d‟Europa e <strong>del</strong>le genti<br />
<strong>del</strong> mare nostro, stele bianca<br />
di Rosetta fra mondi, chiave di conf<strong>in</strong>e<br />
fra le due l<strong>in</strong>gue mitiche <strong>del</strong> sole.<br />
Tu,<br />
Tu sei<br />
gemma di papaveri e di lampi, ospiti <strong>onore</strong>,<br />
sei scavo di millenni<br />
a cuore aperto<br />
nel macerarsi <strong>del</strong> mare.<br />
Ormai<br />
è polvere la gloria dei padri, ma questa polvere è gloria.<br />
Tutta l‟ardimentosa follia<br />
degli antichi<br />
lupi di mare<br />
mediterranei<br />
è qui bocconi,<br />
sotto il lavacro di una pioggia ipnotica,<br />
sulla striscia <strong>del</strong>la bàttima e nelle tracce<br />
<strong>del</strong> costato <strong>del</strong> fiume,<br />
a frugarsi <strong>in</strong> gola una preghiera<br />
alla sua fame di paura,<br />
alla sua <strong>in</strong>gordigia di volo come<br />
a un dio <strong>in</strong>saziabile:<br />
133
un cach<strong>in</strong>no al magnesio<br />
tante volte si accese<br />
qui, dove<br />
quando si slabbrarono le vele<br />
<strong>del</strong>l‟anima, perché un ruggito d‟oro come una rauca<br />
maga verdigna gli uom<strong>in</strong>i divora.<br />
è striature di l<strong>in</strong>ee di magnete<br />
agglut<strong>in</strong>ate<br />
<strong>in</strong> geometrie di passi e lacrime,<br />
glic<strong>in</strong>i di universi e di Pierrot,<br />
di risa e di frammenti<br />
di creato.<br />
La nostra storia<br />
è cristallo di scale,<br />
traforo di angeli e dolori,<br />
cartografia di farfalle vive,<br />
immobili,<br />
immortali,<br />
specchio ustorio di pene,<br />
astrolabio di r<strong>in</strong>ascite e memorie<br />
Forse l‟<strong>in</strong>tero cosmo<br />
sotterranee <strong>del</strong>l‟essere, spirali a s<strong>in</strong>ghiozzo di preghiere,<br />
caleidoscopio di foto vive, di stormi e di mondi<br />
<strong>in</strong> frantumi,<br />
cascata a rovescio di frattàli.<br />
Nel ruotare dei mondi<br />
e nell‟alluvione dei secoli<br />
un bimbo<br />
è una rond<strong>in</strong>e che torna.<br />
Porta un ramoscello nel becco:<br />
nuovo, fatto di stelle antiche.<br />
Lisbona,<br />
E tu,<br />
il suo vissuto<br />
134
grembo di Ulisse,<br />
gli dài ricovero e volo.<br />
La tua letizia è misura.<br />
nel sangue<br />
Vorrei<br />
le mareggiate <strong>del</strong>le tue iridi sul mare,<br />
destate dal tramonto,<br />
andare<br />
<strong>in</strong> fondo al cigno rosso <strong>del</strong> tuo cuore,<br />
essere l‟uovo <strong>del</strong> cosmo<br />
d‟una notte,<br />
il tuo seme d‟altrove,<br />
l‟ascensione<br />
<strong>del</strong> tuo tremito all‟aurora<br />
a partire dall‟ovest,<br />
vivere<br />
nel pulc<strong>in</strong>o appena nato<br />
dalle crepe <strong>del</strong> buio,<br />
scoppiato al bianco <strong>del</strong>la prima luce,<br />
e poi pentirmi di essermi svegliato.<br />
135
31.<br />
L‟ORA DELLA CITTA‟<br />
Tu sgrani gli occhi, bamb<strong>in</strong>o,<br />
e ci racconti<br />
la favola <strong>del</strong> mondo e di noi.<br />
fu il globo <strong>in</strong> fiamme,<br />
scheggia <strong>del</strong> vuoto. Poi<br />
fu l‟aria, la Pangéa, il mare,<br />
il fulm<strong>in</strong>e <strong>del</strong> Dio<br />
che con l‟<strong>in</strong>dice scrive<br />
il corpo <strong>del</strong> pianeta e <strong>in</strong>cendia<br />
i derelitti di paura.<br />
Tutti<br />
nascemmo dalle stelle. Tutti<br />
fummo polvere di stelle.<br />
Acqua, aria, terra, fuoco<br />
furono le radici <strong>del</strong> tutto,<br />
e <strong>del</strong>l‟<strong>in</strong>sieme fu concime il sole.<br />
All‟<strong>in</strong>izio<br />
i cont<strong>in</strong>enti <strong>del</strong> mondo e i loro nidi<br />
Nacquero<br />
<strong>del</strong> cuculo: la Mesopotamia, le Indie, le Americhe, l‟Egitto,<br />
e l‟Europa e le terre <strong>del</strong> freddo<br />
e la Grecia e questa<br />
emergenza giovane <strong>del</strong>l‟era quaternaria,<br />
l‟Italia.<br />
Migrarono a orde<br />
di popoli gli umani<br />
Solo per chi non ha più speranza<br />
ci è data la speranza<br />
(Walter Benjam<strong>in</strong>, Angelus Novus).<br />
136
fra terremoti e rettili, fra mondi<br />
nomadi. E vennero i profondi nostri<br />
progenitori <strong>del</strong>l'Africa e i figli <strong>del</strong> cielo: i C<strong>in</strong>esi, i Mongoli, i Vich<strong>in</strong>ghi<br />
f<strong>in</strong>o all'ultima Thule, f<strong>in</strong>o al passaggio a Nord-Ovest; e i pellerossa, gli Aztechi, gl'Incas, i Maya<br />
e i primi Australiani fondatori<br />
<strong>del</strong>le vie dei canti.<br />
Nacquero<br />
le ali dei Fenici, la civiltà mobile dei Greci, e l‟Etruria, e gli Osci<br />
e Roma.<br />
Sui fianchi fertili di fiumi<br />
sedettero <strong>città</strong>. Nate dal fuoco<br />
di Prometeo, da un fuoco <strong>in</strong>telligente<br />
che miscelò tutte le radici, foggiando<br />
arcipelaghi di pietre<br />
erette al cielo, a specchio<br />
con le geometrie <strong>del</strong>le stelle.<br />
<strong>del</strong> pasto crebbero gli uom<strong>in</strong>i<br />
Intorno alla fiamma<br />
e impararono vivendo: sorse l'era <strong>del</strong> fuoco,<br />
il dio m<strong>in</strong>ore che illum<strong>in</strong>a,<br />
dà calore, cuoce, alimenta, protegge dalle fiere, vive nella mente<br />
a una potenza seconda come forza<br />
che trae opere al sole, crea. Tutti<br />
ci diede alla luce la <strong>città</strong>, come sgorgati<br />
dal grembo <strong>in</strong>esorabile d‟un Dio.<br />
Era alta la sfida<br />
f<strong>in</strong>ché un dest<strong>in</strong>o<br />
spezzò <strong>in</strong> lacerti le radici,<br />
perché la mente <strong>del</strong> connettere impazzì.<br />
il vaso di Pandora<br />
Si frantumò<br />
contenente gli umani, che strariparono implumi.<br />
l‟oro dei visi,<br />
Persero le <strong>città</strong><br />
137
gli spazi dei legami,<br />
le memorie, le storie, i templi, i tempi<br />
<strong>del</strong> possibile fiore,<br />
il posto <strong>del</strong>le fragole.<br />
la semplicità <strong>del</strong>le radici<br />
che le nutriva, squadernate<br />
Persero le <strong>città</strong><br />
da una mente tecnica impazzita<br />
per eccesso di ragione.<br />
i desideri e l‟<strong>in</strong>telligenza<br />
Vennero alle armi<br />
f<strong>in</strong>o ad aprire il baratro a ist<strong>in</strong>ti corazzati<br />
dalle tecnologie <strong>del</strong>la Ragione.<br />
Che cosa divenne la <strong>città</strong>?<br />
Una corrida di carboni ardenti,<br />
un olocausto di uom<strong>in</strong>i <strong>in</strong> fretta, una guerra<br />
di Rane e Topi, una strage di rumori,<br />
una Secchia rapita<br />
fra Iconoclasti e Riciclatori, il divertente gioco<br />
di scavare una buca<br />
per colmarne un‟altra,<br />
un pugno di m<strong>in</strong>uti <strong>in</strong> un barattolo<br />
attaccato a ogni gola,<br />
un‟architettura di barriere, una sfilata<br />
anonima di bipedi seduti<br />
soli,<br />
separati da scatole a motore,<br />
un‟<strong>in</strong>dustria di veleni<br />
prodotti <strong>in</strong> proprio dai consumatori, una selezione<br />
di sani e forti, un mosaico di paure<br />
di segregati a domicilio,<br />
deboli di forze e piccoli d‟età, un pestaggio di miseri<br />
sotto gli occhi di tutti<br />
<strong>in</strong> un‟<strong>in</strong>differenza pubblica, simile<br />
138
a un segreto,<br />
da tutti condiviso al sole, una Beatitud<strong>in</strong>e mondana<br />
di benedizione agl‟ Indifferenti, un apostrofo iroso<br />
tra le parole „t‟armo‟,<br />
un‟assuefazione a gocce di dolori, una strage di<br />
frutti per punire i fiori, un penitenziario<br />
<strong>del</strong>l‟<strong>in</strong>telligenza, un ergastolo <strong>del</strong> sole, un pendolo<br />
che oscilla tra l‟<strong>in</strong>differenza e l‟ostilità.<br />
Divenne la <strong>città</strong><br />
la broda dei separati <strong>in</strong> razze, la caccia scientifica agli untori,<br />
la nomenclatura dei sudditi<br />
uno scambio cont<strong>in</strong>uo di casacche<br />
tra accusati e accusatori, una concerìa di pregiudizi<br />
generata<br />
da una polvere pirica<br />
di paure, governate da governatori<br />
più paurosi dei loro governati.<br />
Un morbo di alzheimer collettivo<br />
prese la <strong>città</strong>: diroccò<br />
le sue memorie di pietra, i natali<br />
<strong>del</strong>la sua dignità, le ostruì la voce, strozzò<br />
il suo varco al futuro.<br />
Questo fu la <strong>città</strong>. E <strong>in</strong> nome <strong>del</strong>l‟<strong>in</strong>ferno fu con noi.<br />
Nacquero <strong>in</strong> tutti<br />
orrore e meraviglia per il suo<br />
essere così scientificamente disegnata.<br />
né madri a riconoscerla,<br />
ma solo candidati alla denuncia<br />
di tutti gli altri. Nessuno riconosce la sua parte<br />
<strong>in</strong> una cloaca comune.<br />
<strong>del</strong>irio d'<strong>in</strong>nocenza<br />
Sbocc<strong>in</strong>o dal nostro<br />
Non ci furono padri<br />
la Carta dei semplici e il diritto alla <strong>città</strong>, il diritto<br />
139
a un vivere <strong>in</strong> comune aperto al mondo.<br />
Come furono quattro le radici, quattro<br />
furono i colori <strong>del</strong>la pelle degli uom<strong>in</strong>i. Ogni radice<br />
ebbe radice <strong>in</strong> un‟altra, e nessuna<br />
senza l‟altra fu radice.<br />
Come una goccia d‟acqua non è fiume<br />
e come una sc<strong>in</strong>tilla non è fuoco, ma<br />
non c‟è fiume senza gocce<br />
né senza sc<strong>in</strong>tilla fuoco. Così<br />
ogni colore è luce perché<br />
tutti i colori sono un‟unica luce.<br />
Quattro colori<br />
si fecero più l<strong>in</strong>gue, più usi, più etnìe<br />
e popolarono di opere il pianeta<br />
miscelandosi <strong>in</strong> storie. Foggiarono<br />
metalli di popoli e dolori<br />
e sogni. Condivisero pesi. Raccontarono civiltà.<br />
si visse e raccontò. Lavorare<br />
è raccontarsi con le mani<br />
ed è l‟esperanto <strong>del</strong> mondo. Ogni viso<br />
fu poll<strong>in</strong>e e ricordo,<br />
trasportato da un vento<br />
che soffia dove vuole,<br />
e senza poll<strong>in</strong>e<br />
non avremmo i fiori.<br />
Ogni viso è racconto, e una <strong>città</strong><br />
è un racconto di racconti. Racconta<br />
<strong>in</strong> pag<strong>in</strong>e di pietre<br />
e spazi, di piazze verdi e concerti di colori<br />
tutte le ore <strong>del</strong> fiume<br />
<strong>del</strong>la propria civiltà.<br />
Non espropriateci i ricordi, governi <strong>del</strong>le <strong>città</strong>, e aprite<br />
all‟ospite che viene<br />
Intorno al fuoco<br />
140
a raccontarci le sue mani, il suo <strong>onore</strong>, i suoi bimbi,<br />
la fame e la speranza e il clandest<strong>in</strong>o<br />
nostro bisogno di lui.<br />
al trapianto <strong>in</strong>evitabile<br />
di altre l<strong>in</strong>gue, altri visi<br />
Prepariamoci<br />
da ogni parte <strong>del</strong> globo, <strong>in</strong> un pr<strong>in</strong>cipio<br />
di Archimede dei fluidi, che ci ricorda i disagi<br />
di ogni punto <strong>del</strong>l‟<strong>in</strong>sieme<br />
mentre portiamo all‟<strong>in</strong>contro i disagi<br />
nostri, <strong>in</strong> un nuovissimo patto <strong>del</strong> pianeta. Ma su tutto<br />
maturi lo spirito comune<br />
<strong>del</strong>la sapienza e <strong>del</strong>la civiltà. Potrà<br />
accendersi all‟<strong>in</strong>contro fra i diversi<br />
un fuoco nuovo, una sc<strong>in</strong>tilla, nata<br />
dall‟<strong>in</strong>telligenza <strong>del</strong>l‟urto, un meticciato<br />
alto, fatto di umane<br />
biodiversità, l‟unico capace<br />
di traversare e sprigionare mondi,<br />
di spalancare il nuovo <strong>del</strong> futuro.<br />
i nostri volti perché<br />
sono il volgersi degli occhi<br />
all‟altro<br />
Noi siamo<br />
<strong>in</strong> un ist<strong>in</strong>to comune, come fanno i girasoli e come<br />
nel nostro abisso si destano rivolti<br />
i neuroni a specchio.<br />
Uomo di colore e d‟altra l<strong>in</strong>gua,<br />
ospite, bamb<strong>in</strong>o<br />
che mi racconti le tue mani col lavoro<br />
e mi porgi il tuo pane mentre credo<br />
di porgerti il mio,<br />
il mio volto è lo specchio nei tuoi occhi: se cancello<br />
lo specchio, io cancello me.<br />
141
Videro la persona<br />
a fondamento e a vertice <strong>del</strong> mondo<br />
i padri <strong>del</strong>la patria<br />
nostra.<br />
Che cos'è la persona?<br />
È il tuo volto<br />
unico, il tuo vissuto che nessuno<br />
può sostituire<br />
nè abrogare nè ridurre <strong>in</strong> concetto<br />
nè clonare, il tuo atto di esistere<br />
nuovo<br />
nella storia di tutto l‟universo, il tuo essere<br />
<strong>in</strong>separabile dagli altri perché<br />
<strong>in</strong> te stesso li contieni, il tuo mondo possibile che preme<br />
e cerca varchi alla luce: è la s<strong>in</strong>gola goccia di fiume<br />
<strong>in</strong> cui fu impresso<br />
l‟orig<strong>in</strong>ale suo concorrere all‟<strong>in</strong>tero.<br />
che da un angolo di strada<br />
ci porgi gli occhi, mentre<br />
si spegne il sorriso<br />
Bamb<strong>in</strong>o<br />
nella peste <strong>in</strong>visibile <strong>del</strong>l‟aria, tra i fiati <strong>in</strong> corsa<br />
e i gabbiani avvelenati,<br />
quale immag<strong>in</strong>e di noi restituirà<br />
il nostro specchio se ancora pagheremo<br />
col tuo pianto di fango e con le piaghe<br />
dei derelitti e di tutti<br />
questo nostro progresso compressore<br />
di macerie di miseri e di croci? Nostro dest<strong>in</strong>o<br />
sarà non quello di Narciso ma l‟opposto:<br />
ci guarderemo allo specchio<br />
e non troveremo nessuno.<br />
Sia spazio e tempo<br />
e arte e silenzio<br />
142
e gusto <strong>del</strong>l‟<strong>in</strong>tero alla <strong>città</strong>.<br />
Sia il vivere <strong>in</strong>sieme<br />
il diritto alla <strong>città</strong>. Sia<br />
passaporto ogni viso per<br />
l‟alfabeto <strong>del</strong>le Dignità. Sia la <strong>città</strong><br />
il nostro bene comune e sia ogni persona<br />
bene comune <strong>del</strong>la <strong>città</strong>.<br />
Venga<br />
il tempo dei passeri, il tempo<br />
<strong>in</strong> cui si aff<strong>in</strong>a senza limiti l‟ascolto: sentire<br />
il brusio <strong>del</strong>la farfalla<br />
che racconta un segreto a chi l'ama<br />
e morde piano con un bacio il fiore.<br />
Si aprano l‟architettura <strong>del</strong> dialogo,<br />
la riduzione <strong>del</strong>le lontananze tra le fonti<br />
produttive e le necessità <strong>del</strong> quotidiano,<br />
il talento <strong>del</strong>la prevenzione<br />
che guarisce <strong>in</strong> anticipo gli effetti, l‟arte <strong>del</strong>la prossimità, l‟affondo nelle <strong>in</strong>timità nane<br />
<strong>del</strong>l‟essere, l‟azione <strong>sulle</strong> cause<br />
che ha la conoscenza <strong>del</strong>l‟<strong>in</strong>tero.<br />
sia misura la persona,<br />
e di ogni misura sia misura il bamb<strong>in</strong>o,<br />
Del vivere <strong>in</strong>sieme<br />
la sua fame di spazi, la sua sc<strong>in</strong>tilla di futuro, la sua fragilità, la sua statura<br />
di cucciolo fra i mul<strong>in</strong>i giganti<br />
dei gas mefitici e <strong>del</strong>le velocità.<br />
Si dilati nel mondo<br />
l‟ora <strong>del</strong>la <strong>città</strong>.<br />
Torni a essere bella la <strong>città</strong><br />
nel suo viso, nelle sue storie immerse nella luce. Torni<br />
con la Scienza nuova<br />
che sa <strong>del</strong>l‟erba e <strong>del</strong>l‟aria,<br />
<strong>del</strong>la sc<strong>in</strong>tilla e <strong>del</strong>l‟<strong>in</strong>fanzia nei colori<br />
e <strong>del</strong> pudore che crea. Possa<br />
143
essere salvata dalle grida<br />
dei bamb<strong>in</strong>i a frotte<br />
che non temono il sole.<br />
ai poeti,<br />
perché la vita<br />
sarà redenta solo<br />
dalle notti di luna<br />
Apra la mano<br />
e dai possibili sorrisi, dal soccorrersi di occhi<br />
che si raccontano le patrie<br />
<strong>del</strong>l‟anima e i domani: visse <strong>in</strong>vano<br />
chi mai guardò le stelle<br />
perché nelle stelle sono le radici<br />
<strong>in</strong> custodia. Di tutti e ognuno,<br />
uno per uno.<br />
Solo i poeti le vedono,<br />
perché solo a essi toccò<br />
l‟<strong>in</strong>nocenza colpevole<br />
di vedere il non visto,<br />
come il bimbo <strong>del</strong>la fiaba; solo ai poeti toccò<br />
di essere al soldo<br />
bucato di un'idea senza divisa<br />
e senza gloria. Perché il poeta<br />
visse un'età diversa nei suoi occhi<br />
e seppe <strong>del</strong> dolore, custodí la follia<br />
di essere il frammento di una stella<br />
ed egli è solo un bimbo<br />
che nulla perse dall‟essere cresciuto.<br />
144
32.<br />
IL FIGLIO<br />
Il <strong>figlio</strong><br />
è l‟ora <strong>del</strong> risveglio,<br />
è la stella allo zenith,<br />
lo scricciolo verde,<br />
è l‟argento <strong>del</strong> pesco appena nato,<br />
è il lampo d‟un fuoco <strong>in</strong> fondo al mare.<br />
è l‟occhio che ti guarda da dentro,<br />
lo specchio ustorio <strong>sulle</strong> tue bandiere,<br />
la carta assorbente di fiabe<br />
raccontate da angeli,<br />
il diamante <strong>del</strong>l‟anima sul vetro<br />
per mordere il futuro, l‟atto<br />
<strong>del</strong> tuo perdono al passato.<br />
è la lacrima nascosta<br />
sul tuo berretto di clown,<br />
irrequieta di letizia.<br />
Il <strong>figlio</strong><br />
è la tenerezza <strong>del</strong> gelso,<br />
il cielo di fragola,<br />
il cuore <strong>del</strong> papavero nel sole,<br />
è l‟alba alta,<br />
l‟albatro sospeso,<br />
il viso <strong>del</strong>la spiga che matura.<br />
Il <strong>figlio</strong><br />
Il <strong>figlio</strong><br />
Il <strong>figlio</strong><br />
Un bamb<strong>in</strong>o non è un cucciolo <strong>del</strong>l‟universo, perché<br />
è l‟universo a essere un cucciolo per ogni bamb<strong>in</strong>o.<br />
145
è la fede sem<strong>in</strong>ata nel vento<br />
per raccogliere universi,<br />
è la promessa di Sherazade alla morte<br />
per trasformarla <strong>in</strong> favole d‟amore.<br />
è l‟accensione <strong>del</strong> raggio<br />
nel punto <strong>in</strong> cui tocca il circolo di Dio.<br />
È la porta stretta <strong>del</strong>l‟angelo;<br />
<strong>del</strong>l‟anima<br />
il tonfo da cavallo <strong>del</strong> Dest<strong>in</strong>o<br />
folgorato<br />
dalla liberazione <strong>del</strong> varco.<br />
Il <strong>figlio</strong><br />
sulla strada di Damasco<br />
Il <strong>figlio</strong><br />
è la tua patria mobile, la tua stella trapiantata<br />
oltre la sera, è il frattale di seme<br />
alla scala <strong>in</strong>f<strong>in</strong>itesima che cova<br />
spirali di mondi<br />
lanciati come poll<strong>in</strong>i di fiori.<br />
è l‟angelo nuovo,<br />
è la rond<strong>in</strong>e che torna,<br />
Il <strong>figlio</strong><br />
l‟orchidea rispuntata da un sogno<br />
come grazia a una speranza di perdono.<br />
è l‟annuncio di mondo,<br />
la terra apparsa da albero di nave,<br />
sul filo carovaniero di deserti<br />
da parole sepolte a vólti di pòsteri lontani.<br />
è la porpora <strong>in</strong>zuppata<br />
nella luna rossa dei padri,<br />
nella corrente trafelata di visi a sobbalzi<br />
Il <strong>figlio</strong><br />
la perla <strong>in</strong> bottiglia raccontata<br />
Il <strong>figlio</strong><br />
146
sgomitolati <strong>in</strong> camm<strong>in</strong>o, è l‟alba sem<strong>in</strong>ata<br />
nell‟ubriachezza <strong>del</strong>la loro anima che spera.<br />
è la visitazione <strong>del</strong> lampo<br />
che pianse<br />
nel farsi filo d‟erba.<br />
Il <strong>figlio</strong><br />
È il fendersi <strong>del</strong>l‟anima <strong>in</strong> un velo, il tuo tralcio di sp<strong>in</strong>e, il tuo sole nel buio,<br />
il fulm<strong>in</strong>e di un‟ansia nella luce.<br />
è il mare alto di luna,<br />
Il <strong>figlio</strong><br />
l‟iride <strong>del</strong>l‟aquila, il galoppo <strong>del</strong> cuore<br />
e il tuo rimorso di non essere immortale.<br />
è il sogno filante d‟una stella<br />
confessato alla notte,<br />
è la roccia lavorata<br />
dal maestrale, è l‟odore <strong>del</strong> mare.<br />
è il filo, il bulbo, il sorgo, la radice<br />
randagia<br />
tua che si arrampica e sale<br />
dai lombrichi <strong>del</strong>le viscere <strong>del</strong> buio,<br />
gettata nel cosmo<br />
per trarre <strong>in</strong> salvo<br />
al cesto <strong>del</strong>le orig<strong>in</strong>i<br />
tutti i germogli dei pesci<br />
sbocciati al tempo <strong>del</strong>la fragilità,<br />
carsica <strong>del</strong> pianto<br />
di fiumi asciutti<br />
che non persero il varco per il mare.<br />
Il <strong>figlio</strong><br />
è la rete<br />
è la forza<br />
Il <strong>figlio</strong><br />
è il sale, il sangue, il seme, lo stelo d‟ala<br />
Il <strong>figlio</strong><br />
147
che sale,<br />
è ciò che lasciandoti tu lasci<br />
nelle braccia <strong>del</strong> mare,<br />
il tuo muro <strong>in</strong>visibile <strong>del</strong> pianto<br />
sul sole rosso, il pane <strong>del</strong>la tua fame di preghiere.<br />
è l‟elezione<br />
Il <strong>figlio</strong><br />
<strong>del</strong> tempo a luce, <strong>del</strong> perduto a forza, degli occhi nuovi<br />
a battiti di „sì‟ alla creazione,<br />
è l‟ora <strong>del</strong> traboccare, l‟orgoglio <strong>del</strong> dono,<br />
la ferita nel costato, il tuo tuffo<br />
<strong>del</strong> morire <strong>in</strong> un seme<br />
di rigenerazione.<br />
è l‟ora <strong>del</strong> passo<br />
e la sua luce,<br />
Il <strong>figlio</strong><br />
la benedizione <strong>del</strong>l‟esodo,<br />
il lievito che fa grande la paura,<br />
il filo nella cruna <strong>del</strong> tuo grido.<br />
è il sasso nel sangue,<br />
Il <strong>figlio</strong><br />
l‟ora zero <strong>del</strong> cuore, la fierezza rubata alla morte,<br />
è le labbra che baciano labbra,<br />
separate da un vetro,<br />
il respiro arrestato sull‟abisso<br />
per non nuocere al fiore,<br />
è il tremore <strong>del</strong>la gioia e <strong>del</strong> pianto<br />
nascosto come un ladro tra le rose.<br />
148
33.<br />
L‟ANGELO SULLE CITTA‟ 6<br />
<strong>L'</strong><strong>Angelo</strong> venne dall'alto<br />
e vide le <strong>città</strong>: le miserie degli uom<strong>in</strong>i<br />
aggrovigliati <strong>in</strong> un gorgo<br />
di risse sicarie e di <strong>in</strong>differenze<br />
bl<strong>in</strong>date. Vide le ipocrisie <strong>in</strong> toga, le macerie dei rifiuti<br />
e dei rifiutati, le montagne russe dei ricchi e dei poveri<br />
nel luna park <strong>del</strong> pianeta, le giungle degli scartati.<br />
i venditori di guerre e di paci, i mercanti<br />
di sensazioni, i buratt<strong>in</strong>ai di miseri <strong>in</strong> fila<br />
per zero con resto nessuno, dest<strong>in</strong>ati<br />
Il Timeo platonico è il primogenito dei Miti aperti<br />
nel costato <strong>del</strong> Logos.<br />
Vide<br />
a vite-giocattolo. Vide i lussi lucenti e gli avanzi di affamati, i pentimenti<br />
apòcrifi e le coscienze morali bisestili, il lazzeretto <strong>del</strong>le buone <strong>in</strong>tenzioni, le bombe<br />
di oro ipnotico <strong>in</strong> vetr<strong>in</strong>a<br />
disposte per sedurre, gl‟<strong>in</strong>ganni scientifici, le astuzie al miele<br />
e tanti piccoli e statici uom<strong>in</strong>i proni. L‟<strong>Angelo</strong> vide<br />
e la compassione l'<strong>in</strong>cantò.<br />
Il cielo era lucente,<br />
le anime nere di pece. Non c'era tempo<br />
da perdere. Svenò all'improvviso<br />
le acque <strong>del</strong>la Terra e attese.<br />
Riguardò gli uom<strong>in</strong>i e pensò. Cercò<br />
nei loro corpi le vene dei rimpianti e dei rimorsi, per farli risalire<br />
6 Dedico questa mia lirica a Pasquale D<strong>in</strong>apoli, amico nuovo scoperto <strong>in</strong> ospedale, mio piccolo e grande scrivano amalfitano, genio<br />
semplice <strong>del</strong>le giostre per bamb<strong>in</strong>i, <strong>in</strong>stancabile vedetta sull‟albero maestro <strong>del</strong>la Fondazione Maugeri, pirata bianco dall'anima<br />
leggera.<br />
149
alle sorgenti <strong>del</strong>l'anima come salmoni.<br />
S<strong>in</strong>cronizzò i bàttiti dei cuori<br />
con le geometrie <strong>del</strong>le stelle. Scavò<br />
un pozzo nei deserti dei vivi<br />
per estrarne l'alba. Rivide la samaritana <strong>del</strong> vangelo. Con un bisturi<br />
nel creato e la fantasia <strong>del</strong>le nevi<br />
eterne dettò l'<strong>in</strong>izio nuovo: somm<strong>in</strong>istrò<br />
nelle vene degli uom<strong>in</strong>i un cauto e profondo dolore<br />
sul filo d'un burrone, perché capissero non con la mente,<br />
ma con le viscere e il cuore, <strong>in</strong>fuse<br />
il sentimento <strong>del</strong>la ruota<br />
<strong>in</strong>defettibile e attese. Congiunse<br />
le anime all'albero <strong>del</strong>la vita<br />
e slegò le <strong>in</strong>telligenze dal Dest<strong>in</strong>o.<br />
Benedisse il fuoco di Prometeo<br />
e le risorse <strong>del</strong> capire. Aprì<br />
il corpo <strong>del</strong>la scienza e vi soffiò la vita<br />
<strong>del</strong>l'<strong>in</strong>nocenza, levandone il pulc<strong>in</strong>o<br />
<strong>del</strong>l'ora alta, matura per il Bene.<br />
Spaccò la roccia col dito, aprendo il varco al filo d'erba, bucando<br />
la Necessità con lo spillo<br />
<strong>del</strong> possibile.<br />
Guardò <strong>in</strong> alto Dio e contò<br />
tutti i visi dei bimbi appena nati, a uno a uno,<br />
smunti di luce f<strong>in</strong>o all'ultimo, malato<br />
di carestie d'amore,<br />
liberò le acque<br />
e dalla materia grigia degli uom<strong>in</strong>i<br />
r<strong>in</strong>ati all‟alba sprigionò<br />
la via lattea <strong>del</strong>le orig<strong>in</strong>i, il sole <strong>del</strong>la scienza<br />
nuova, i canti<br />
spirituali dei redenti<br />
<strong>in</strong> camm<strong>in</strong>o, i visi orig<strong>in</strong>ali, il colore comune, le vette<br />
abissali <strong>del</strong>le anime, i battiti <strong>del</strong>le Dignità, il diritto<br />
150
al firmamento <strong>del</strong>l‟essere <strong>in</strong>sieme, <strong>in</strong> una<br />
comunità di fragole e ricordi, il pane <strong>del</strong>le rose, il pesce<br />
azzurro <strong>del</strong>la speranza,<br />
l'<strong>in</strong>telligenza e il perdono.<br />
151
L‟arrivo al mare<br />
AD ANGELO GIUSEPPE<br />
Abbi cura di te<br />
e dei tuoi occhi cèruli, miscelati nel sole<br />
al grigio <strong>del</strong>l‟argento<br />
segreto e al verde che spera,<br />
amore di fanciullo.<br />
Ma non dimenticare mai gli altri<br />
che <strong>in</strong> silenzio si torcono su una strada<br />
senza il soccorso di chi ama.<br />
e per la gioia di donare.<br />
Sappi<br />
Abbi sensibilità per l‟<strong>onore</strong><br />
essere sopraffatto dalla fragilità di chi prega. Studia con forza<br />
serena, str<strong>in</strong>gendo d'assedio il tuo oggetto e lasciando<br />
spazio al pensiero che respira. Guàrdati<br />
dalla f<strong>in</strong>ta morale, che è solo civetteria<br />
pubblicitaria o rancore <strong>in</strong> toga, e cresci nell‟unica vera, <strong>in</strong> cui<br />
nell‟ascolto maturi alla perla<br />
La tappa f<strong>in</strong>ale d‟un viaggio è il momento <strong>in</strong> cui accade<br />
come ai personaggi di un‟opera teatrale nell‟ultimo<br />
atto: simultaneamente ritornano <strong>in</strong> campo tutti i vissuti<br />
che f<strong>in</strong> lì accompagnarono il percorso.<br />
«La quantità ammette un solo pensiero: sbriciolarsi»<br />
(Karl Kraus).<br />
Non chiedermi chi è il mio bamb<strong>in</strong>o. Chiedimi chi è<br />
quel bamb<strong>in</strong>o che, chiamandomi papà, scuote il mio<br />
sangue con l‟<strong>onore</strong> di questo nome.<br />
152
<strong>del</strong>la tua identità. Non dimenticare<br />
che il cuore ha l‟<strong>in</strong>telligenza più alta,<br />
come già sapeva Pascal,<br />
perché libera dalla crisalide dei calcoli<br />
la farfalla orig<strong>in</strong>aria dei pensieri. Non farti<br />
depredare dall‟ira<br />
e anticipa l‟attesa con la fecondità. Sii<br />
l‟eroe <strong>del</strong>la Glaucòpide<br />
e il cavaliere <strong>del</strong>l‟alba.<br />
nell‟<strong>in</strong>cedere degli anni<br />
a essere uomo tutto cuore<br />
Impara<br />
e cuore tutto uomo. Ma sappi<br />
leggere il male<br />
e difenderti: esso<br />
brilla di forme<br />
leggiadre<br />
ed è nascosto. E tu<br />
percorri il tempo <strong>del</strong> vivere aprendolo ai passi<br />
come uno sfavillìo di sorgenti, come un oro di stagione, come un campo da arare,<br />
come nell'aria<br />
una sem<strong>in</strong>a di uccelli nasce<br />
dalla scossa <strong>del</strong>l'albero, come un ruotare di volàtili<br />
a stormo <strong>in</strong> alto,<br />
come un ordito di api, come una passione di viaggio, come<br />
un soccorrersi di mani. E sappi<br />
andare oltre la superficie dei visi<br />
per aprire all‟anima che cerca.<br />
le sp<strong>in</strong>e<br />
Non temere<br />
se sono sofferte per l‟<strong>onore</strong> e sappi viverle<br />
<strong>in</strong> nome d‟un fuoco<br />
che sia messaggio di pace e non artiglio di guerriero.<br />
Resisti<br />
153
al male<br />
e disonóralo con un sorriso.<br />
Èducati e educa al sole<br />
e, dopo la giustizia,<br />
cura i germogli <strong>del</strong> perdóno.<br />
Ama la sorella e la madre<br />
e i tuoi cari<br />
e tuo padre, e soprattutto<br />
<strong>in</strong>segna ad amare. Sapendo<br />
che è il bene <strong>del</strong>l‟amato<br />
la prova <strong>del</strong> nove <strong>del</strong>l‟amore. Onora la donna<br />
virtuosa: nelle sue qualità profonde vive una gemma<br />
che fa ricco l‟universo. Cerca<br />
<strong>in</strong> ogni uomo il segreto<br />
filo verde di luce che lo salva,<br />
come nel tramonto sa fare l‟amore.<br />
cura la speranza.<br />
Apri il varco al possibile<br />
e, come Zanna Bianca, sdràiati al sole.<br />
custodendo il tuo sogno e la radice<br />
dei nomi che <strong>in</strong>contri<br />
e l‟aurora profonda <strong>del</strong> tuo viso puro.<br />
nel calice <strong>in</strong>teriore<br />
E dopo le ferite<br />
Viaggia<br />
Fai fermentare<br />
l‟utopia <strong>del</strong>la speranza, il candore e la misericordia<br />
<strong>del</strong>le altezze<br />
e i dolori irredenti e le miserie<br />
che cercarono il soccorso <strong>del</strong> tuo <strong>in</strong>tenso<br />
cuore, seme di stella alta, aquila <strong>in</strong> volo.<br />
<strong>del</strong> tuo cielo stellato<br />
e il cielo stellato <strong>del</strong> dovere.<br />
Coltiva la bellezza<br />
154
Insisti nell‟essere buono alimentando la fede<br />
che la grazia può rompere il Dest<strong>in</strong>o. Non cedere<br />
a chi ferisce i gigli <strong>del</strong> creato. Abbi<br />
la fantasia corsara che scomb<strong>in</strong>a il consueto e lo r<strong>in</strong>nova, la carità difficile<br />
che compensa il suo travaglio<br />
traboccando dalla notte. Vivi<br />
la casa degli affetti, la vertig<strong>in</strong>e <strong>del</strong>l‟ora,<br />
il colore <strong>del</strong> sogno<br />
e la spada <strong>del</strong>l‟<strong>in</strong>tenzione che l‟onora<br />
restituendo agli scacchi la pietà. Cura<br />
l‟<strong>in</strong>telligenza e la luce<br />
nutrendoti al suo fuoco<br />
nel castigato resistere alla banalità dei giorni<br />
ciechi, vicari <strong>del</strong> male.<br />
Sappi scavare nell‟anima<br />
<strong>del</strong> misero il suo<br />
<strong>in</strong>f<strong>in</strong>itamente piccolo che prega<br />
per piantare <strong>in</strong> quel punto la fede<br />
<strong>del</strong>la pietà che lo sostiene.<br />
neanche se il male trionfa, perché<br />
è fatto di vile sabbia il suo valore,<br />
né durerà, e noi<br />
saremo giudicati sull‟amore.<br />
E non scorarti. Non farlo<br />
Sii lo scricciolo<br />
degno <strong>del</strong> doppio nome che porti, nome bamb<strong>in</strong>o<br />
<strong>del</strong> Papa buono, «Pastor et nauta»,<br />
cucciolo d'ottantenne ritrovato<br />
al timone di Pietro<br />
per uno scherzo dei marosi, pesce azzurro<br />
<strong>del</strong>la speranza di Cristo, chiamata<br />
al valico <strong>del</strong> nuovo:<br />
a ospitare con l‟<strong>in</strong>telligenza il pericolo,<br />
ad aprire il mal d'anima al volo.<br />
155
a estrarre dalle ferite la forza<br />
Impara, <strong>figlio</strong>,<br />
come il Cosmo sa estrarre la neve dal sole. Sii bello<br />
nelle congiure <strong>del</strong> male, stella impavida. Sappi<br />
<strong>in</strong>terpretare la mano ai ricordi e leggere<br />
nel pensiero ai sogni<br />
per rubarne il fuoco che ti salva.<br />
Non dissipare il brivido che vivi<br />
nel saperti uomo nuovo, chiamato al tuo posto da una stella<br />
e diffondi come fiamma la speranza,<br />
perché essa è la forza <strong>in</strong>visibile<br />
che restituisce a ogni persona il suo viso.<br />
dalla maturità degli anni<br />
l‟<strong>in</strong>nocenza che da ogni lato la eccede. Ma<br />
Estrai<br />
non sprecarti. Impara dal calcio: ad aggirare<br />
i molesti, a giocare alto<br />
con i bassi, a superare col tunnel i superbi. Sii come<br />
il lottatore giapponese che estrae<br />
dall‟avversario stesso la forza<br />
con cui l‟abbatte: scava<br />
nella tua sorte l‟occasione per la tua libertà. Coltiva<br />
l‟ironia e l‟autoironia, che sono<br />
le f<strong>in</strong>ezze dei grandi. Abbi pazienza e passione. Smeriglia<br />
l'<strong>in</strong>telligenza come una lente<br />
che concentra i raggi, brucia e salva. Spaesa<br />
l‟ovvio facendolo<br />
migrare <strong>in</strong> altri mondi, per capirlo daccapo, sottecchi,<br />
e criticarlo a sorpresa, senza<br />
perderne la storia; <strong>in</strong>cidilo<br />
come un ostetrico aprendolo allo scoppio<br />
<strong>del</strong> tuorlo rosso <strong>del</strong> nuovo. Dalla sassaiola dei sogni<br />
nell‟acqua <strong>del</strong>la mente nasce a cerchi<br />
di spirale il gorgo <strong>del</strong>la creazione.<br />
156
Dove attecchiscono i tiranni<br />
passa parola sulla libertà. Abbi cura di te,<br />
che sei la nostra palpabilità <strong>del</strong>l‟amore. Impara<br />
a essere evento di grazia per gli altri<br />
aprendo al tempo un <strong>in</strong>izio nuovo<br />
e volando più alto <strong>del</strong> dolore.<br />
e <strong>del</strong>l‟anima<br />
allatta piano al filo di una stella<br />
la notte e la pietà, aprendo<br />
il deserto alla preghiera,<br />
Nel silenzio <strong>del</strong>la luce<br />
e nell‟ora <strong>del</strong> dolore sappi che t‟amo.<br />
Da‟ l‟<strong>onore</strong> <strong>del</strong>le armi alle sp<strong>in</strong>e e sii forte. Scala<br />
gli abissi alti <strong>del</strong>la mente con purezza di passione<br />
e abbi l‟umiltà <strong>del</strong>le cime<br />
che sanno contemporaneamente <strong>del</strong> cielo<br />
e <strong>del</strong> piccolo fiore. Alleva<br />
come corallo pregiato il cómpito che sei. Ama<br />
la fioritura dei bamb<strong>in</strong>i nel mondo<br />
imparando dai loro occhi. Osserva le cose dalle stelle, estrai<br />
dal poll<strong>in</strong>e dei m<strong>in</strong>uti le piccole gioie, apri col sesamo il dolore,<br />
cura la lietezza. Alimenta<br />
nella cava <strong>del</strong> cuore<br />
la sapienza e l'umiltà. Da‟ la sveglia al cosmo ascoltandoti<br />
nella lentezza <strong>del</strong> silenzio, ch<strong>in</strong>o sull‟orlo<br />
<strong>del</strong> tuo pozzo per coglierne<br />
la nota <strong>del</strong> fondale. Non <strong>del</strong>uderti. Sii<br />
imperfetto ma vero, e bello per questo,<br />
<strong>in</strong> viaggio verso il bene. Abbi<br />
la calma <strong>del</strong> sole. Ama il filo d'erba.<br />
Sii degno di ciò che sei: un <strong>figlio</strong> <strong>del</strong>l‟universo,<br />
offerto alle prime stelle un ottobre<br />
di f<strong>in</strong>e millennio <strong>in</strong> un giuramento d‟amore<br />
da una madre e da un padre che ti colmarono d‟angeli<br />
157
perché tu fossi una rond<strong>in</strong>e nuova, il loro cucciolo biondo di aquila <strong>in</strong> volo,<br />
<strong>in</strong>viato come sem<strong>in</strong>a al futuro. Passa<br />
per la cruna degli sguardi altrui<br />
col filo d‟oro <strong>del</strong>la semplicità. Sii il tuo sorriso.<br />
Sbriciola l‟onniscienza <strong>del</strong> mondo con lo stupore <strong>del</strong>la luna<br />
e potrai essere il primo nell‟alba a dare il nome alle rose.<br />
158
POSTFAZIONI<br />
159
160
R<strong>in</strong>graziando <strong>Giuseppe</strong> <strong>Limone</strong> per avermi portata con sé nel viaggio<br />
di Maria Teresa Ciammaruconi<br />
Prima <strong>del</strong>le parole è stato lo spazio bianco a chiamarmi, quella sospensione anche visiva che<br />
dando respiro alla chiusa di un verso la esalta nel grad<strong>in</strong>o che distanzia l‟ultima parola.<br />
Un vuoto che diventa culla di un‟immag<strong>in</strong>e nuova.<br />
L‟enjambement si <strong>in</strong>carna nella pulsione che è <strong>in</strong>sieme ritmo e spazio, rivive nella sola metrica<br />
che questo tempo concede ai poeti. Un tempo che, trasformando anche la ciclicità <strong>del</strong> giorno e <strong>del</strong>la<br />
notte, ai poeti ha sottratto il computo antico <strong>del</strong>le sillabe e li ha lasciati soli, nell‟<strong>in</strong>venzione<br />
solitaria di musiche non codificate.<br />
Un viaggio senza il ticchettio <strong>del</strong>l‟orologio, per compiere il quale ognuno deve trovare il tempo<br />
giusto nel farsi stesso <strong>del</strong> proprio universo, cercare nella carne <strong>del</strong>la creazione le accelerazioni e i<br />
riposi.<br />
Ho viaggiato con <strong>Giuseppe</strong> <strong>Limone</strong> e l‟ho visto <strong>in</strong>seguire armonie rubando note alle rote celesti<br />
da accordare alle grida degli uom<strong>in</strong>i, l‟ho visto abbandonato ai moti <strong>del</strong>l‟acqua consapevole di<br />
quale tradimento sia capace l‟onda.<br />
Ha fatto cronometro <strong>del</strong> suo fragile corpo consegnandosi alla necessità <strong>del</strong> suo respiro <strong>in</strong> gara col<br />
respiro <strong>del</strong> mare. Eccolo che si concede una pausa breve, prima <strong>del</strong>l‟impennata necessaria al<br />
raggiungimento di una prima meta. E più profondamente, allora, riprende fiato perché l‟immag<strong>in</strong>e<br />
attraverso paragoni a contrasto tutta si dispieghi nella fioritura di una strofa. No, non è una strofa,<br />
ma spazio di compiutezza dove il tempo millenario <strong>del</strong>le stelle possa nelle mani diventare pane<br />
(poesia n.1). È spazio dove contenere il respiro devastante <strong>del</strong>l‟<strong>in</strong>vettiva, sosta dove placare il<br />
rantolo <strong>del</strong>la voce che comunque deflagra nel verso che si allunga, o si spezza per non cadere nel<br />
compiacimento di sé stesso.<br />
Ho sentito il respiro di <strong>Giuseppe</strong> <strong>Limone</strong> farsi pioggia silenziosa e monocorde come litania nella<br />
bocca dei vecchi, quando si è <strong>in</strong>g<strong>in</strong>occhiato accanto al letto di Eluana (poesia n. 19). La sua voce ha<br />
r<strong>in</strong>unciato all‟ossigeno degli spazi bianchi per rendere sommesso il mormorio <strong>del</strong>la preghiera. Un<br />
filo di voce per il pudore <strong>del</strong>l‟impotenza quando davanti alla catastrofe <strong>del</strong>l‟Aquila ha sentito<br />
l‟anima macilenta come un mare di sale (poesia n. 23).<br />
Ho viaggiato accanto a <strong>Giuseppe</strong> <strong>Limone</strong> perché nel suo it<strong>in</strong>erario ho riconosciuto il mio sogno<br />
di sempre, quello che non confesso neanche a me stessa.<br />
161
Forse perché il suo viaggio è quello necessario, disperato e meraviglioso di chi sa che per vedere<br />
bisogna cogliere al volo il momento <strong>in</strong> cui chiudere gli occhi e più profondamente vivere e credere.<br />
Bisogna imparare ad amare quello spazio-tempo dove ogni creatura, dove tutti noi respiriamo nella<br />
consapevolezza che passato e futuro appartengono alla responsabilità <strong>del</strong> presente che ci è stato dato<br />
– o meglio – che abbiamo misteriosamente scelto.<br />
È un viaggio <strong>in</strong> cui la nostra storia di esseri precari si dilata nel respiro <strong>del</strong>l‟<strong>in</strong>commensurabile e<br />
contemporaneamente si prostra nella perdita degli altri mondi possibili che ci furono tolti… noi,<br />
verruche <strong>del</strong>l‟essere e vulcani… cicatrici/ d‟altre vite non nate (poesia n.2).<br />
Ho viaggiato accanto a <strong>Giuseppe</strong> <strong>Limone</strong> per salire con lui verso la cima e sono cresciuta nel suo<br />
affanno visionario, sul cr<strong>in</strong>ale dei precipizi dove solo la fragilità salva dallo schianto. Purché si<br />
sappia che un nostro gesto/ ha responsabilità verso le stelle (poesia n. 17).<br />
Insieme a lui ho raggiunto la cima tra cadute dolci come preludio di resurrezione e resurrezioni<br />
paurose come certezza di caduta. Ma le sue parole mi hanno sostenuta perché germogliano e si<br />
ramificano <strong>in</strong> un cont<strong>in</strong>uum di sfida senza odio, nel rischio che nulla ha da salvare se non l‟amore.<br />
Le sue parole ad ogni passo dischiudevano mondi, ed io tutti li ho riconosciuti, vivi dentro di me,<br />
da sempre, <strong>in</strong> attesa di chi li chiamasse per nome. Le immag<strong>in</strong>i, imprevedibili nel canto che le<br />
<strong>in</strong>formava, mi facevano sussultare di meraviglia e subito dopo mi colavano dentro come la<br />
medic<strong>in</strong>a necessaria, la promessa di una guarigione.<br />
Ad ogni tappa fiorivano metafore nuove a dire vite vissute da me, o da altri – che non fa<br />
differenza.<br />
Le metafore… i retori faticherebbero a lungo nell‟isolare una ad una tutte le figure che emergono<br />
dall‟<strong>in</strong>candescenza poematica di <strong>Giuseppe</strong> <strong>Limone</strong>: paragoni, ossimori, s<strong>in</strong>estesie, chiasmi e<br />
ancora… paradossi, iperboli.<br />
Conoscenza retorica <strong>in</strong>goiata nel grande mare di una sapienza esistenziale educata al sacrificio<br />
<strong>del</strong> vivere. Rito antico che tutto metabolizza non per onnivoro possesso, ma per umiltà<br />
d‟accoglienza, bisogno di acquisire i canoni e i costumi letterari dei padri e diventare figli per farsi a<br />
propria volta nuovamente padri.<br />
E si espande <strong>in</strong>tanto la tela <strong>in</strong>f<strong>in</strong>ita <strong>del</strong>l‟<strong>in</strong>venzione dove il mondo rispecchiandosi cresce tra i<br />
codici condivisi e gli ardimenti <strong>del</strong>la trasgressione.<br />
Ma qualunque rito perde ogni luce di sacralità se non si r<strong>in</strong>vigorisce alla fonte primaria che dà<br />
senso a tutto il viaggio. Ho visto <strong>Giuseppe</strong> <strong>Limone</strong> rallentare il camm<strong>in</strong>o, fermarlo e fare silenzio<br />
per dare spazio alla contemplazione. Gli sono rimasta vic<strong>in</strong>a, anche quando, nel punto più alto <strong>del</strong><br />
nostro viaggio mi ha mostrato ciò che io ancora non vedo: la forza <strong>in</strong>telligente collocata/ presso la<br />
162
matrice <strong>del</strong>l‟anima, il respiro… la forza che restando <strong>in</strong>visibile/ depone/ l‟alito sul vetro <strong>del</strong> tuo<br />
nome (poesia n.17).<br />
Ma… durò troppo poco la luna.<br />
Ora aspetto, aspetto che anche per me arrivi l‟ora nona, quella <strong>del</strong> soccorso che genera il matt<strong>in</strong>o<br />
e alimenta la speranza. La fede, direbbe <strong>Giuseppe</strong> <strong>Limone</strong>, di essere un punto irripetibile di quella<br />
retta <strong>in</strong>f<strong>in</strong>ita, una goccia che nell‟<strong>in</strong>f<strong>in</strong>ito mare ha il suo proprio nome.<br />
Intanto scendo, seguendo sempre le sue impronte e <strong>in</strong>contro i volti <strong>del</strong>la sua storia che è diventata<br />
anche la mia.<br />
Incontro Carmen che sa di poesia e di ascesa, <strong>in</strong>contro l‟avventura nel volto di Fenicia e ancora<br />
l‟<strong>Angelo</strong> che dà il nome a uom<strong>in</strong>i e donne. <strong>Angelo</strong> che attraversa le generazioni e si fa certezza di<br />
discendenza, affidatario ultimo di quel bagaglio cresciuto tra immag<strong>in</strong>i e visioni, riflessione e<br />
abbandono.<br />
A lui consegna le chiavi <strong>del</strong>le mille <strong>città</strong>, corpo vivo <strong>del</strong>le nostre vite (poesia n.28),<br />
concentrazione di <strong>in</strong>eludibili rimorsi e occasione di quell‟eterna scoperta <strong>del</strong> fuoco/ che nacque<br />
dalle diversità.<br />
Il microcosmo <strong>del</strong>la <strong>città</strong> diventa caleidoscopio dove le moltitud<strong>in</strong>i si scoprono nel nomadismo<br />
che le condanna alla solitud<strong>in</strong>e. Le mura non ci difendono dal crogiolo <strong>del</strong>le passioni discordi, dalla<br />
paura che ci fa schiavi di una mente tecnica impazzita/ per eccesso di ragione (poesia n.31).<br />
Con <strong>Giuseppe</strong> <strong>Limone</strong> ho attraversato le <strong>città</strong> e pur sapendole arcipelaghi di pietre non ho avuto<br />
voglia di fuggire o condannare la cloaca comune, ma piuttosto ho desiderato più <strong>in</strong>tensamente<br />
succhiare ogni radice che ebbe radice <strong>in</strong> un‟altra, e nessuna/ senza l‟altra fu radice (poesia n.31).<br />
Alla f<strong>in</strong>e <strong>del</strong> viaggio il <strong>figlio</strong>: sasso nel sangue,/ la fierezza rubata alla morte (poesia n. 32), la<br />
discendenza non necessariamente biologica che cont<strong>in</strong>uerà l‟avventura terrestre con la certezza che<br />
i suoi passi riecheggeranno <strong>in</strong> più ampio firmamento.<br />
Con la certezza che l‟<strong>Angelo</strong> veglierà sugli uom<strong>in</strong>i a somm<strong>in</strong>istrare un cauto e profondo dolore<br />
(poesia n.33). Non c‟è trionfo, né pal<strong>in</strong>genesi dove sola certezza sia l‟amore.<br />
E così anch‟io mi sono riconosciuta figlia, figlia e madre <strong>in</strong> forza di quell‟ossimoro vivente che è<br />
nell‟umana natura.<br />
Non so se questo poetare sia civile, lirico o filosofico, dopo questo viaggio non so più quale sia il<br />
conf<strong>in</strong>e che circoscrive i generi secondo le def<strong>in</strong>izioni degli studiosi.<br />
So che viaggiare con <strong>Giuseppe</strong> <strong>Limone</strong> mi ha fatto ascoltare il lamento dei sofferenti senza<br />
dimenticare mai la luce <strong>del</strong>le stelle, mi ha fatto viaggiare dentro me stessa riconoscendomi<br />
nell‟<strong>in</strong>f<strong>in</strong>ito dei volti altrui.<br />
163
E soprattutto r<strong>in</strong>grazio <strong>Giuseppe</strong> <strong>Limone</strong> per il coraggio <strong>del</strong>la parola che altro non è se non<br />
coraggio di vivere.<br />
164
<strong>L'</strong>arrivo al mare: ad <strong>Angelo</strong> <strong>Giuseppe</strong>. Per una postilla<br />
di Aldo Masullo<br />
La poesia di <strong>Giuseppe</strong> <strong>Limone</strong> mi richiama alla mente un rigo di Thomas Dumm: «noi scriviamo<br />
e leggiamo per dirci come essere soli <strong>in</strong>sieme» (Apologia <strong>del</strong>la solitud<strong>in</strong>e (tr. it. Di Cater<strong>in</strong>a<br />
D'Amico, Bollati Bor<strong>in</strong>ghieri, Tor<strong>in</strong>o 1910, p. 181).<br />
Cosa può turbare un rigoroso critico <strong>del</strong>la filosofia come <strong>Giuseppe</strong> <strong>Limone</strong>, al punto di sp<strong>in</strong>gerlo<br />
spesso a sconf<strong>in</strong>are con commovente urgenza nei liberi pascoli <strong>del</strong>l'<strong>in</strong>venzione poetica ?<br />
Il fatto è che il pensiero assiduamente esercitato nell'emeneutica <strong>del</strong>la vita si chiude, né purtroppo<br />
può fare altrimenti, nello splendido isolamento <strong>del</strong>la sua logica.<br />
La logica, nell'<strong>in</strong>contro con altre logiche, si esercita ad annetterle assimilandole a sé, e di ciò si<br />
soddisfa. Ma la vita non si accontenta <strong>del</strong>la sua ermeneutica né si lascia acquietare dall'esercizio<br />
logico. Essa rompe ogni arg<strong>in</strong>e da lei stessa <strong>in</strong>ventato ed è irresistibilmente sp<strong>in</strong>ta fuori di ogni<br />
apprestata difesa, fuori di ogni ermeneutica e di ogni logica, nel mare aperto <strong>del</strong> patire che essa è,<br />
dei casi e <strong>del</strong>le occasioni che ne costellano il tempo.<br />
La vita è tanto <strong>in</strong>separabilmente confitta al suo patir casi e occasioni, che questo patire si chiude<br />
su se stesso come una sigillata conchiglia, ne rimane prigioniero, ed è appunto il sé da cui nessun io<br />
per quanto potente riesce a sv<strong>in</strong>colarsi. Il sé è la vita stessa, <strong>in</strong>troversa, sentita, il suo puntuale e<br />
<strong>in</strong>comunicativo senso, <strong>in</strong> cui sta la radice <strong>del</strong>l'io.<br />
Non v'è io che sia fuori <strong>del</strong>la chiusa riflessività <strong>del</strong> patire, <strong>in</strong>somma <strong>in</strong>dipendente dal sé, o evaso<br />
dalla propria solitud<strong>in</strong>e. Provate a spiegare a un <strong>in</strong>dividuo, colpito da una malattia, attraverso quali<br />
oggettivi processi biochimici ciò possa avvenire, e sia dunque <strong>del</strong> tutto «naturale». Il malcapitato vi<br />
risponderà gridando: «Ma perché proprio a me ?».<br />
Certo, neppure nella poesia la vita può sciogliersi dal suo essere v<strong>in</strong>colata a sé, al suo patire casi<br />
e occasioni. Però la parola poetica non si lascia costr<strong>in</strong>gere nei paludamenti ermeneutici e logici,<br />
utili a gestire l'ord<strong>in</strong>e dei corpi viventi e i loro l<strong>in</strong>guaggi, dissimulando così nelle civili f<strong>in</strong>zioni <strong>del</strong>le<br />
persone l'irriducibilità <strong>del</strong> patire, l'<strong>in</strong>comunicatività <strong>del</strong> sé.<br />
La parola, quando non si risolve nella verbalità, ossia nella funzionale appartenenza alla<br />
macch<strong>in</strong>a <strong>del</strong> l<strong>in</strong>guaggio, alle codificate significanze regolarmente manipolate <strong>in</strong> favore di<br />
commerci sociali, allora è poetica, letteralmente creativa, produttrice «dal nulla», ricca d'<strong>in</strong>edito<br />
significato o, più precisamente, non di significato, ma di senso.<br />
165
Qui irrompe la domanda decisiva. Se la poesia è parola, al di là d'ogni significato, carica di senso,<br />
non è allora, priva ormai d'ogni funzione pratica, d'ogni utilità sociale, nient'altro che l' «ombra»<br />
<strong>del</strong>la vita, la solitud<strong>in</strong>e tutta esposta, gridata ?<br />
In verità, la poeticità <strong>del</strong>la parola non m'illude di farmi entrare nell'altrui solitud<strong>in</strong>e, e di uscire<br />
dalla mia, facendovi entrare l'altro, bensì mi fa certo <strong>del</strong>l'altrui solitud<strong>in</strong>e, anzi mi conforta <strong>del</strong>la mia<br />
e, rivelandomi la dest<strong>in</strong>alità <strong>del</strong>la solitud<strong>in</strong>e, mi fa «pietoso» <strong>del</strong>l'altrui e <strong>del</strong>la mia.<br />
La parola poetica <strong>in</strong>somma non risolve né annulla <strong>in</strong> un unico sentirsi le molteplici solitud<strong>in</strong>i, ma<br />
le scopre tutte come sue possibili «compagne», anzi le sollecita ad esserlo.<br />
La vita è sempre e soltanto unica, il suo patire, cioè il suo sentirsi vivere, il suo esser tutta la vita<br />
chiusa dentro di sé, voce a cui echeggiando solo la sua voce risponde: «sogno» appunto o, più<br />
prosaicamente, «monade senza porte e senza f<strong>in</strong>estre». Ogni vivente è tutta la vita, la quale<br />
solamente così sentendosi, solamente come sé, è propriamente vita.<br />
Perciò ogni vivente è solo. Anzi, tanto più lo è quando, come nel caso <strong>del</strong>la vita storica,<br />
l'<strong>in</strong>tensità relazionale di ogni suo luogo, di ogni vivente corpo, con lo svilupparsi <strong>del</strong>la ragione<br />
come calcolo mentale e comunicazione l<strong>in</strong>guistica permette di avvertire, e di soffrirne, la vita come<br />
totalità esclusiva, <strong>in</strong>sopportabile impossibilità <strong>del</strong>la piena «<strong>in</strong>timità comune» romanticamente<br />
idealizzata da Hölderl<strong>in</strong>.<br />
Non resta che la poesia, la quale non è solo, si badi bene, quella verbale, letteraria, ma pur quella<br />
di figure e suoni e ogni altra gratuita modificazione di cose, anche i semplici gesti non mo<strong>del</strong>lati<br />
dalla vita, ma da cui <strong>in</strong>edita vita ogni volta orig<strong>in</strong>almente si mo<strong>del</strong>la.<br />
Peraltro non v'è senso <strong>del</strong>la vita umana, <strong>del</strong>la vita vissuta, che non sia storico, ossia che non sia<br />
senso <strong>del</strong> tempo, e non riassuma <strong>in</strong> sé tutti i sensi vissuti nei momenti precedenti e non si protenda<br />
verso la possibilità, verso il non ancor vissuto.<br />
Ne era profondamente conv<strong>in</strong>to Wilhelm Dilthey, allorché agl'<strong>in</strong>izi <strong>del</strong> '900 scriveva: «Solo<br />
all'ultimo momento <strong>del</strong>la vita si può trarre una conclusione sul suo senso, il che può avvenire<br />
soltanto al suo term<strong>in</strong>e [...]» (Critica <strong>del</strong>la ragione storica, <strong>in</strong>tr. e tr. di Pietro Rossi, E<strong>in</strong>audi.<br />
Tor<strong>in</strong>o1954, p. 343). Dunque, se pur si vuole, mentre la vita è <strong>in</strong> corso, coglierne il senso, non v'è<br />
altra per quanto ardua via se non pensare anticipatamente il compimento <strong>del</strong>la sua totalità. In questa<br />
prospettiva Heidegger suppose che la vita, solo se assunta nel suo «essere per la morte», può offrire<br />
all'uomo «la possibilità ontologica <strong>del</strong> poter-essere-un-tutto autentico», e rivelare dunque il suo<br />
senso (Essere e tempo [1927], § 53, tr. it. di Pietro Chiodi, Longanesi, Milano 1978, p. 324).<br />
Questa è la chiave che per la lettura <strong>del</strong>la sua poesia <strong>L'</strong>arrivo al mare <strong>Giuseppe</strong> <strong>Limone</strong><br />
apertamente suggerisce, se dei tre motti posti <strong>in</strong> capo ad essa il primo, col tono di una confessione,<br />
avverte: «La tappa f<strong>in</strong>ale d'un viaggio è il momento <strong>in</strong> cui accade come ai personaggi di un'opera<br />
166
teatrale nell'ultimo atto: simultaneamente tornano <strong>in</strong> campo tutti i vissuti che f<strong>in</strong> lì accompagnarono<br />
il percorso».<br />
Ora la «tappa f<strong>in</strong>ale», come «l'anticipazione <strong>del</strong>la totalità autentica», e come «il morire», è lo<br />
smascheramento <strong>del</strong>l'assoluta solitud<strong>in</strong>e.<br />
La parola filosofica può criticamente rilevare la solitud<strong>in</strong>e, anzi «dedurne» la necessità: può cioè<br />
debitamente convertire <strong>in</strong> categoria pensata, logico-trascendentale, un fatto, la vissuta <strong>in</strong>superabilità<br />
<strong>del</strong>la solitud<strong>in</strong>e. Il filosofo non può far nulla di più che prendere radicale coscienza <strong>del</strong>la solitud<strong>in</strong>e<br />
come <strong>del</strong>l' «autenticità» <strong>del</strong>la vita che egli vive: senza solitud<strong>in</strong>e, non vi sarebbe «autenticità»,<br />
ovvero la corrispondenza <strong>del</strong> proprio apparire al proprio essere.<br />
Fermo restando tutto ciò, la parola poetica non persegue atteggiamenti né scientistici né<br />
moralistici con la vana pretesa di dare alla solitud<strong>in</strong>e un senso che la trascenda, cioè un pubblico e<br />
regolarmente comunicabile significato. La poesia vive, patisce, la solitud<strong>in</strong>e. È la sofferenza <strong>del</strong>la<br />
solitud<strong>in</strong>e che però, non potendo dire l'<strong>in</strong>dicibile che essa è, anziché tacere grida, convoca le altre<br />
solitud<strong>in</strong>i, le avverte che nessuna di esse è la sola, però ognuna nella sua unicità è «sacra», va<br />
rispettata, e onorata con la «pietà».<br />
La poesia si rivela gesto di solitud<strong>in</strong>e generosa.<br />
Nel testo di <strong>Giuseppe</strong> <strong>Limone</strong> le solitud<strong>in</strong>i cantano.<br />
Canta la solitud<strong>in</strong>e di chi ama l'<strong>in</strong>nocenza <strong>del</strong> bamb<strong>in</strong>o, chiunque sia suo padre. Canta la<br />
solitud<strong>in</strong>e di chi «non dimentica di donare», di chi «resiste all'ira», di chi «sa soffrire le sp<strong>in</strong>e», di<br />
chi possiede «la fede <strong>del</strong>la pietà», di chi «non si scoraggia per il trionfo <strong>del</strong> male», di chi «apre il<br />
varco alla speranza». Canta la solitud<strong>in</strong>e di chi «onora la donna», di chi «sa andare oltre la<br />
superficie dei visi» per cercare «<strong>in</strong> ogni uomo il segreto che lo salva», di chi «dopo la giustizia cura<br />
i germogli <strong>del</strong> perdono». Canta la solitud<strong>in</strong>e di chi sa «essere evento di grazia per gli altri aprendo<br />
al tempo un <strong>in</strong>izio nuovo», e di chi riesce ad essere «il primo nell'alba a dare il nome alle rose».<br />
Perf<strong>in</strong>o la solitud<strong>in</strong>e di filosofi, non nom<strong>in</strong>ati, diviene canto. Certamente kantiana è la solitud<strong>in</strong>e<br />
di chi «coltiva la bellezza <strong>del</strong> suo cielo stellato e il cielo stellato <strong>del</strong> dovere», ma non meno<br />
certamente vichiana è la solitud<strong>in</strong>e di chi «scava nella sua sorte l'occasione per la sua libertà».<br />
<strong>L'</strong>umanità di <strong>Giuseppe</strong> <strong>Limone</strong> è più forte <strong>del</strong>la sua filosofia. Da filosofo egli scopre la solitud<strong>in</strong>e<br />
assoluta. Come uomo non si rassegna a sopportarla da solo. Allora prova con la parola poetica a<br />
richiamare le altre assolute solitud<strong>in</strong>i, aff<strong>in</strong>ché ognuna nella solidarietà di tutte scopra la possibilità<br />
di salvarsi dalla disperazione.<br />
In fondo, <strong>Giuseppe</strong> scrive e io leggo «per dirci come essere soli <strong>in</strong>sieme». Le nostre solitud<strong>in</strong>i<br />
sono compagne.<br />
167
168
INDICE<br />
Prefazioni<br />
Cercando l‟<strong>Angelo</strong> che è <strong>in</strong> noi, di Francesco D‟Episcopo<br />
Per un approccio al viaggio, di Eugenio Nastasi<br />
IN LIMINE: PER LA GRAMMATICA DI UN VIAGGIO<br />
A) INTENZIONI DI VIAGGIO<br />
B) VIATICO PER CHI LEGGE E PER CHI SCRIVE<br />
C) MAPPA DI NAVIGAZIONE<br />
IL VIAGGIO<br />
L‟ANÀBASI (I PARTE)<br />
Preludio. Bamb<strong>in</strong>o che da un angolo<br />
1. Di qui<br />
2. Dentro il tempo <strong>del</strong> sole<br />
3. Non scorarti<br />
4. Uom<strong>in</strong>i<br />
5. Chernobyl<br />
6. Pianto di bimbo<br />
7. Barack Obama<br />
8. A Fenicia<br />
9. Venisti<br />
10. Siamo<br />
11. Gli elettroni assomigliano<br />
12. Bamb<strong>in</strong>o dagli occhi di rugiada<br />
13. Il vento che qui passa<br />
14. A mia madre<br />
15. Ricordami<br />
16. Il bimbo arde<br />
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LA SOSTA IN ALTO (INTERMEZZO)<br />
17. Durò troppo poco<br />
LA CATÀBASI (II PARTE)<br />
18. Due <strong>in</strong>f<strong>in</strong>iti<br />
19. Eluana<br />
20. Dentro i tuoi occhi<br />
21. Da tempo ti devo<br />
22. In sala <strong>in</strong>tensiva<br />
23. L‟Aquila, 6 aprile 2009<br />
24. Frate Francesco<br />
25. La luna a sorsi<br />
26. Fenicia, compi gli anni<br />
27. Ho sette perle da darti<br />
28. C'erano le <strong>città</strong><br />
29. Cadore<br />
30. Lisbona<br />
31. L‟ora <strong>del</strong>la <strong>città</strong><br />
32. Il <strong>figlio</strong><br />
33. <strong>L'</strong><strong>Angelo</strong> <strong>sulle</strong> <strong>città</strong><br />
L‟arrivo al mare. Ad <strong>Angelo</strong> <strong>Giuseppe</strong><br />
Postfazioni<br />
Ciammaruconi<br />
R<strong>in</strong>graziando <strong>Giuseppe</strong> <strong>Limone</strong> per avermi portata con sé nel viaggio, di Maria Teresa<br />
<strong>L'</strong>arrivo al mare: ad <strong>Angelo</strong> <strong>Giuseppe</strong>. Per una postilla, di Aldo Masullo<br />
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