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nb - Il Poligrafo

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l’editoria nel veneto<br />

posizione di apposite bollature. L’ampia introduzione,<br />

oltre a descrivere il manoscritto<br />

e tracciarne la traditio e il contenuto, dà<br />

esaustivo conto del complesso meccanismo<br />

di organizzazione dell’Arte, si sofferma sulle<br />

vicende della sede della corporazione e<br />

dell’archivio della stessa, che andò disperso<br />

e distrutto in diversi momenti precedenti e<br />

successivi alla caduta della Repubblica. Corposi<br />

e dettagliati indici chiudono il secondo<br />

volume.<br />

Relativa a situazioni completamente differenti<br />

è l’edizione delle Lettere di Vincenzo<br />

Priuli, capitano delle galee di Fiandra, al doge<br />

di Venezia (1521-1523), a cura di Francesca<br />

Ortalli, con appendice documentaria e indici<br />

a cura di Bianca Lanfranchi Strina (2005,<br />

pp. LXI-149, 8 tavv. f.t.). <strong>Il</strong> manoscritto oggetto<br />

dell’edizione si configura come un copialettere<br />

cartaceo contenente le minute dei<br />

dispacci inviati agli organi di governo veneziani<br />

dal capitano della “muda” di Fiandra,<br />

il patrizio veneto Vincenzo Priuli, nel corso<br />

di una drammatica crisi politica che coinvolse<br />

lui e le navi sotto il suo comando,<br />

bloccati per intervento del re d’Inghilterra<br />

Enrico VIII a Southampton sotto fosche<br />

nubi di crisi. <strong>Il</strong> testo si conserva presso l’Archivio<br />

di Stato di Venezia, nell’archivio privato<br />

Papadopoli, ove è giunto probabilmente<br />

per acquisto sul mercato antiquario.<br />

L’ampia introduzione della curatrice, dopo<br />

un’opportuna disamina del sistema commerciale<br />

veneziano delle “mude” (convogli<br />

di galere pubbliche prese a nolo da armatori<br />

privati per esercitare la mercatura in Levante<br />

o in Occidente, Fiandre e Inghilterra<br />

specialmente), analizzato in quel primo<br />

quarto del XVI secolo che ne vide la rapida<br />

trasformazione e poi l’estinzione a favore di<br />

modalità di trasporto ritenute più sicure e<br />

redditizie, dà conto del particolare e drammatico<br />

contesto in cui le galere mercantili<br />

veneziane si trovarono ad operare, intrecciandosi<br />

le ragioni della mercatura con le situazioni<br />

della “grande storia” e dell’alta diplomazia,<br />

in un momento in cui l’Europa<br />

del neoeletto imperatore Carlo V acquistava<br />

forma nei confronti della Francia di Francesco<br />

I e dei suoi alleati e simpatizzanti, tra<br />

cui anche i Veneziani.<br />

L’ultima e attesissima pubblicazione del Comitato,<br />

nella sezione dedicata agli archivi<br />

pubblici, è quella del Codex publicorum (Codice<br />

del Piovego), vol. II, a cura di Bianca Lanfranchi<br />

Strina (2006, pp. IV-VIII-263-902),<br />

con cui trova conclusione (il primo volume<br />

è stato pubblicato nel 1985) la magistrale<br />

edizione del famosissimo Codice. <strong>Il</strong> prezioso<br />

registro, oggi al Museo Correr, fu individuato<br />

a metà XVIII secolo dall’architetto<br />

Tommaso Temanza tra i documenti dei<br />

Savi ed esecutori alle Acque, e riporta la trascrizione<br />

delle sentenze emanate dal 1282<br />

56 notiziariobibliografico55<br />

alla metà del Trecento dai Giudici del Piovego<br />

(super publicis), magistratura veneziana<br />

creata verso la fine del Duecento per dirimere<br />

questioni relative alla repressione dell’usura,<br />

all’assetto urbanistico della città e,<br />

soprattutto, per rivendicare allo Stato le pretese<br />

e usurpazioni di parte privata su barene,<br />

valli, peschiere ed altre realtà lagunari.<br />

<strong>Il</strong> codice pergamenaceo, unico documento<br />

superstite dell’attività più remota dell’organismo,<br />

dà quindi conto dell’intensa attività<br />

dello Stato marciano, già ad una precoce altezza<br />

cronologica, nell’ambito della problematica<br />

tutela e organizzazione dei delicatissimi<br />

assetti peculiari della Laguna veneziana,<br />

e offre così uno spaccato ineguagliabile<br />

su queste situazioni nella tarda età di mezzo.<br />

L’analisi del Codex apre agli studiosi<br />

l’opportunità di approfondimenti in numerosi<br />

percorsi di ricerca, da quelli storico-istituzionali<br />

sulle modalità d’azione degli organi<br />

pubblici nei confronti dei privati, a quelli<br />

di carattere più strettamente urbanistico,<br />

ai riflessi di carattere sociale circa i beni impropriamente<br />

sottratti alla fruizione collettiva.<br />

<strong>Il</strong> testo è, come nel primo volume, confrontato<br />

e collazionato con le diverse copie<br />

esistenti in altri istituti di conservazione a<br />

Venezia e fuori, e completato dal notevole<br />

indice che ne consente una fruizione ottimale.<br />

Codex publicorum (Codice del Piovego),<br />

vol. II, a cura di Bianca Lanfranchi Strina,<br />

Venezia, Comitato per la pubblicazione delle<br />

Fonti relative alla storia di Venezia,<br />

2006, 8°, pp. VIII-263-902, con cui trova<br />

conclusione la magistrale edizione del famosissimo<br />

Codice (il primo volume è stato<br />

pubblicato nel 1985).<br />

in questa pagina<br />

Codex publicorum, cc. 521 v e 508 r.<br />

Venezia, Museo Civico Correr, Manoscritti Cicogna,<br />

2562 (3824)<br />

nella pagina di destra<br />

Prima carta (1 r) del libretto contabile<br />

del pittore Tiberio Tinelli.<br />

Venezia, Archivio di Stato, Gradenigo Rio Marin,<br />

b. 28, fasc. 7M

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