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ecensioni e segnalazioni<br />
immagini tratte da<br />
La Barchessa Soranzo Crotta...<br />
44 notiziariobibliografico55<br />
lenta, inesorabile decadenza, fino alla chiusura<br />
avvenuta nel 1955. Risale invece al 2003<br />
l’incendio che ha distrutto la parte centrale<br />
dello stabile. <strong>Il</strong> restauro del Molino Stucky<br />
ha quindi avuto il merito di riconsegnare al<br />
capoluogo lagunare una delle tracce più importanti<br />
della sua economia industriale di<br />
un tempo. <strong>Il</strong> libro, attraverso un serrato confronto<br />
con il glorioso passato dell’edificio,<br />
esprime le intime ragioni del progetto ed<br />
espone per la prima volta, servendosi di<br />
un’accurata documentazione fotografica, gli<br />
esiti di un intervento nato con l’intenzione,<br />
tra le altre cose, di contribuire a rilanciare<br />
uno dei “margini” di Venezia più cari agli<br />
stessi veneziani: la Giudecca. <strong>Il</strong> volume riporta<br />
le considerazioni di Massimo Cacciari,<br />
Roberto D’Agostino, Francesco e Ignazio<br />
B. Caltagirone, Paolo Portoghesi (che scrive<br />
una nota su “le piere” di Venezia), per concludere<br />
con il commento di Francesco<br />
Amendolagine e Giuseppe Boccanegra, e<br />
naturalmente con le immagini circostanziate<br />
di progetto e cantiere. | Diego Crivellari |<br />
<br />
La Barchessa Soranzo Crotta (Bragato) a Piove<br />
di Sacco - Pd, a cura dell’Associazione<br />
Amici del Gradenigo, Piove di Sacco (PD),<br />
2006, 8°, pp. 142, ill., s.i.p.<br />
La penetrazione delle famiglie veneziane<br />
nella terraferma, iniziata nel Quattrocento,<br />
si intensificò nel Cinquecento, dopo la guerra<br />
della Lega di Cambrai, e nel territorio si<br />
moltiplicarono le ville con funzioni di residenza<br />
e di produzione agricola. Qui i proprietari<br />
si recavano in due periodi distinti<br />
dell’anno a sorvegliare i lavori della campagna<br />
e a ricrearsi in festosa compagnia.<br />
A Piove di Sacco, un po’ fuori del centro,<br />
nella seconda metà del Seicento sorgeva la<br />
villa Soranzo-Crotta, con “barchesse, foresteria,<br />
stalle, et altro”. All’inizio dell’Ottocento<br />
il complesso fu ceduto ai Bragato, imprenditori<br />
agricoli che affittarono la barchessa<br />
ad artigiani e commercianti. Nella foresteria<br />
i solai vennero abbassati, deturpando<br />
gli affreschi con le nuove travi, e la parte<br />
inferiore, con il ciclo pittorico della guerra<br />
tra Venezia e i Turchi, in gran parte sparì.<br />
Alla metà del Novecento la corte Bragato<br />
ospitava una trentina di residenti in caotica<br />
coabitazione, negli anni Sessanta le famiglie<br />
si trasferirono altrove e nel 1977 morì<br />
l’ultima proprietaria. L’edificio andò in rovina<br />
fino al 2002, quando fu salvato dalla<br />
distruzione dall’Associazione Amici del<br />
Gradenigo e, dopo un lavoro di restauro durato<br />
quattro anni, oggi ospita un ristorante<br />
e una sala per conferenze.<br />
La barchessa consta di due fabbricati: quello<br />
a est ad uso rurale, con portico a tre archi<br />
e stanze su due piani, e quello a ovest, adibito<br />
a foresteria, con portico a sette archi e<br />
stanze affrescate. <strong>Il</strong> complesso si articola su<br />
un nucleo originario più antico, al quale nel<br />
Seicento si aggiunsero le stanze laterali e il<br />
portico con paraste ioniche.<br />
La decorazione a fresco (350 metri quadrati),<br />
pur lacunosa, testimonia la cultura e l’atmosfera<br />
del vivere in villa nei secoli passati<br />
e celebra le glorie della famiglia Crotta al<br />
momento del matrimonio di Alessandro<br />
con la nobile Elisabetta Soranzo. <strong>Il</strong> ciclo si<br />
inserisce in un sistema di finte architetture<br />
molto semplici che comprende La stanza<br />
delle Stagioni, La stanza della Grotta, La stanza<br />
delle Divinità, il salone centrale con i ritratti<br />
di personaggi illustri, La stanza delle<br />
Imprese e La stanza dei Trofei. Gli affreschi<br />
risalgono agli ultimi decenni del Seicento e<br />
furono eseguiti da maestranze locali ispirate,<br />
negli episodi migliori, a Pietro Liberi.<br />
| Marilia Ciampi Righetti |<br />
<br />
La chiesa di San Francesco. <strong>Il</strong> restauro, a cura<br />
di Giuliana Ericani, Bassano del Grappa<br />
(VI), Comune di Bassano del Grappa - Parrocchia<br />
di Santa Maria in Colle, 2006, 8°,<br />
pp. 112, ill., e 12,00.<br />
Un ricco apparato di documenti illustra l’origine<br />
della chiesa di San Francesco a Bassano,<br />
iniziata nel 1270 da terziari o fratres de<br />
penitentia e terminata nel 1306 con il completamento<br />
dell’edicola su colonne al centro<br />
della facciata. <strong>Il</strong> capitellum a pianta quadrata<br />
che copriva la tomba introduce all’austera<br />
aula rettangolare con tetto a capanna, simile<br />
alla coeva chiesa degli Eremitani a Padova.<br />
La sobria decorazione esterna a girali vegetali<br />
fu compiuta in due fasi all’inizio e alla<br />
fine del XIV secolo e quella interna in tre<br />
momenti, evidenziati dal restauro. Gli affreschi,<br />
spesso sovrapposti, sono chiusi da<br />
cornici di tipo cosmatesco; i più antichi risalgono<br />
al primo Trecento e si ispirano a<br />
Giotto e a Guariento: Madonna col Bambino,<br />
Santa Maddalena e Sant’Antonio Abate (ora<br />
al Museo Civico di Bassano del Grappa),<br />
Madonna col Bambino e San Francesco, Madonna<br />
in trono tra gli angeli, San Michele.<br />
Al 1331 risale il Crocifisso su tavola del Guariento,<br />
già davanti al presbiterio e ora al<br />
Museo Civico.<br />
Tra Trecento e Quattrocento Battista da Vicenza,<br />
sull’esempio di Altichieri da Zevio,<br />
rinnovò la decorazione della chiesa: Madonna<br />
in trono con i Santi Caterina e Antonio<br />
Abate nel transetto sinistro, Annunciazione