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nb - Il Poligrafo

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Gambarare. <strong>Il</strong> volume riporta un elenco<br />

analitico dei documenti raccolti, seguito<br />

dalla trascrizione integrale di questi stessi<br />

documenti; chiude il volume l’appendice<br />

nella quale sono raccolti i disegni con le<br />

proprietà oggetto delle singole transazioni.<br />

| Francesca Zanardo |<br />

<br />

Per un giardino della terra, a cura di Antonella<br />

Pietrogrande, Firenze, Leo S. Olschki,<br />

2006, 8°, pp. 429, ill., e 35,00 (Giardini e<br />

paesaggio, 17).<br />

Questo volume, curato da Antonella Pietrogrande,<br />

fa parte della collana “Giardini e<br />

paesaggio” della casa editrice Olschki. Sono<br />

qui raccolti i testi delle lezioni dei corsi degli<br />

anni 2000, 2001 e 2002 del Gruppo<br />

Giardino Storico del Dipartimento di Biologia<br />

dell’Università di Padova, che costituisce<br />

una delle più vivaci esperienze di ricerca<br />

del settore in Italia. In quasi vent’anni di<br />

attività il Gruppo Giardino Storico non solo<br />

ha compiuto una meritoria opera di formazione<br />

nei confronti di studiosi e appassionati,<br />

ma ha anche offerto alla comunità<br />

scientifica interventi di grande spessore, avviando<br />

uno studio approfondito di molte<br />

realtà paesaggistiche del Veneto, allargando<br />

il suo sguardo all’Italia e al mondo intero,<br />

come documenta molto bene il presente lavoro.<br />

Nella Premessa la curatrice sottolinea<br />

che, in risposta alle sfide della moderna urbanizzazione,<br />

occorre considerare la Terra<br />

come un grande giardino, i cui confini coincidono<br />

con i limiti stessi della biosfera.<br />

Così proprio l’idea della Terra come un<br />

giardino “invita a ripensare il giardino non<br />

come un’entità chiusa, separata, ma come<br />

un sistema aperto che dialoga con il paesaggio<br />

circostante”. Gli studi presentati, pur<br />

abbracciando diverse tematiche, sono tutti<br />

legati da questa prospettiva di fondo.<br />

<strong>Il</strong> volume si divide in quattro sezioni. La prima<br />

offre una definizione teorica del concetto<br />

di giardino planetario e una sua applicazione<br />

ad alcuni casi emblematici, dal giardino cinese<br />

a quello magrebino fino ai paesaggi<br />

americani. La seconda e la terza parte delineano<br />

i caratteri specifici dei giardini e del<br />

paesaggio del Vecchio Continente, tra continuità<br />

storiche e l’impatto della modernità.<br />

Infine la quarta parte si presenta come un insieme<br />

di “Frammenti di un viaggio in Italia”<br />

che guarda particolarmente al Veneto.<br />

L’apertura del libro è affidata alla voce di<br />

Andrea Zanzotto che concepisce il rapporto<br />

tra l’uomo e il paesaggio come “eros”, inteso<br />

in senso platonico: l’amore per la Terra<br />

nasce da una mancanza che viene ricom-<br />

pensata dalla ricchezza del desiderio. L’intervento<br />

che con maggior chiarezza metodologica<br />

ripensa il concetto di paesaggio è<br />

quello di Hervé Brunon e Monique Mosser.<br />

I due studiosi francesi, al fine di pensare il<br />

giardino nella sua corretta dimensione epistemologica,<br />

propongono per esso una definizione<br />

che lo colloca in una zona intermedia<br />

tra l’individuo (microcosmo) e la totalità<br />

(macrocosmo): il giardino è un “mesocosmo”,<br />

luogo che nella sua irripetibile individualità<br />

aspira a rappresentare l’insieme del<br />

mondo. Pertanto, per essere compreso, un<br />

paesaggio va posto in relazione con il contesto<br />

materiale e culturale che lo circonda.<br />

Massimo Venturi Ferriolo, nel suo intervento,<br />

trova l’essenza della concezione europea<br />

di giardino nel concetto di “bello”.<br />

Questa idea era già stata dibattuta dalla cultura<br />

inglese tra Sei e Settecento con Joseph<br />

Addison e Alexander Pope, come mostra nel<br />

suo magistrale saggio Mario Melchionda.<br />

<strong>Il</strong> paesaggio, donandosi all’uomo, manifesta<br />

anche gli interventi e le ferite che l’uomo<br />

stesso ha prodotto. Richiama a questi<br />

“segni sul corpo della terra” Luciano Morbiato,<br />

segni tracciati sulla carta (geografica<br />

o pagina letteraria) e sulla terra stessa.<br />

<strong>Il</strong> paesaggio può anche essere inventato o<br />

reinventato: Antonio Costa analizza, attraverso<br />

la campionatura di alcuni testi filmici,<br />

come il cinema italiano abbia inventato un<br />

paesaggio immaginario, o rappresentato<br />

quello reale. | Mirco Zago |<br />

<br />

FRANCESCO AMENDOLAGINE, GIUSEPPE BOC-<br />

CANEGRA, Molino Stucky, con una nota di<br />

Paolo Portoghesi, Padova, <strong>Il</strong> <strong>Poligrafo</strong>,<br />

2007, 4°, pp. 64, ill., e 23,00 (Territori dell’architettura.<br />

Opere, 6).<br />

Storia di grandezza, ma storia travagliata<br />

quella del Molino Stucky di Venezia, che<br />

riaffiora in una agile monografia illustrata<br />

della collana “Territori dell’architettura”, in<br />

cui viene descritto il recente restauro conservativo<br />

realizzato dagli architetti Francesco<br />

Amendolagine e Giuseppe Boccanegra.<br />

<strong>Il</strong> Molino, situato sull’estremità occidentale<br />

dell’isola di Giudecca, costituisce tuttora<br />

uno dei massimi esempi di architettura neogotica<br />

realizzata su un edificio di tipo industriale.<br />

Sorto alla fine dell’Ottocento per iniziativa<br />

dello svizzero Giovanni Stucky, il<br />

Molino omonimo, destinato molto presto a<br />

catturare l’immaginazione di tanti visitatori<br />

della città lagunare con la sua imponenza, è<br />

stato in seguito ampliato su progetto dell’architetto<br />

Wullekopf, anche se con gli anni<br />

Dieci del XX secolo avrebbe conosciuto una<br />

immagini tratte da<br />

Molino Stucky<br />

recensioni e segnalazioni<br />

notiziariobibliografico55 43

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