31.05.2013 Views

nb - Il Poligrafo

nb - Il Poligrafo

nb - Il Poligrafo

SHOW MORE
SHOW LESS

Create successful ePaper yourself

Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.

ecensioni e segnalazioni<br />

immagini tratte da “Vertuosi” e artisti...<br />

40 notiziariobibliografico55<br />

relazioni, operarono tra Padova e Venezia<br />

nei secoli XVI e XVII.<br />

Come scrive Mancini, “nell’applicazione<br />

del patriziato agli studi umanistici sembra<br />

trasparire una strategia culturale ambiziosa<br />

di prestigiose omologazioni”; e proprio il<br />

collezionismo ebbe, per le famiglie aristocratiche<br />

venete, un ruolo primario nella manifestazione<br />

dello status sociale, politico ed<br />

economico, che le antichità – soprattutto<br />

quelle greco-romane – confermavano e in<br />

qualche modo concretizzavano agli occhi<br />

della collettività d’élite.<br />

Se i collezionisti veneziani nel Cinquecento<br />

erano attratti soprattuto dall’arte figurativa,<br />

quelli padovani preferivano invece frammenti<br />

marmorei, epigrafi, statuette, monete.<br />

Tra le figure che emergono in questo panorama,<br />

una posizione di spicco spetta, nel<br />

XVI secolo, a Gerolamo Quirini e al figlio<br />

Francesco, patrizi veneziani – attorno alla<br />

loro famiglia ruotavano personalità della<br />

portata di Nicolò Tiepolo, Pietro Bembo,<br />

Andrea Loredan – la cui eccezionale collezione<br />

era custodita nella residenza di borgo<br />

Ognissanti, a Padova. La raccolta dei Quirini,<br />

a disposizione di dotti ed eruditi, era caratterizzata<br />

da un consapevole e mirato interesse<br />

per una categoria precisa di oggetti,<br />

vale a dire le reliquie marmoree, in particolare<br />

epigrafiche.<br />

Marco Mantova Benavides, jureconsulto,<br />

rappresentava invece l’umanista erudito<br />

cultore di statue, calchi, monete, rilievi,<br />

iscrizioni, insomma il tipo di collezionista<br />

più diffuso nella Padova del XVI secolo. Egli<br />

aveva inoltre fama di mecenate di pittori,<br />

tra cui il padovano d’adozione Domenico<br />

Campagnola, e scultori, tra gli altri Jacopo<br />

Sansovino.<br />

Ma non era, il collezionismo, un diletto per<br />

soli aristocratici: a Venezia per esempio, all’interno<br />

di una classe medio-alta di “cittadini<br />

originari”, si distingueva per questa pratica<br />

la categoria degli avvocati. Citiamo ad<br />

esempio Nicolò Crasso, famoso oratore, cui<br />

erano particolarmente graditi oggetti in materiali<br />

preziosi e finemente lavorati; o Francesco<br />

Assonica, che esplicava la propria attività<br />

quasi unicamente nella commissione o<br />

nell’acquisto di opere del Tiziano.<br />

Proprio all’Assonica si deve un’importante<br />

raccolta di quadri, che l’avvocato acquistava<br />

a Venezia e trasferiva nella sua casa padovana,<br />

nella zona tra Santa Giustina e l’Orto<br />

Botanico.<br />

Nel XVII secolo si colloca infine l’attività di<br />

Giovanni Galvano, insigne erudito e docente<br />

dell’Ateneo patavino, la cui attenzione<br />

era soprattutto rivolta alla numismatica greca<br />

e romana. | Valentina Ventura |<br />

<br />

GIOVANNA TERZARIOL FABRIZIO, Vittorio Celotti<br />

scultore (1866-1942), prefaz. di Eugenio<br />

Manzato, fotografie di Andrea Barsotti e<br />

Francesco Galifi, Mariano del Friuli (GO),<br />

Edizioni della Laguna, 2006, 4°, pp. 205,<br />

ill., e 38,00.<br />

La pubblicazione di Giovanna Terzariol Fabrizio,<br />

volta a celebrare Vittorio Celotti a<br />

140 anni dalla nascita, rende conto della vastissima<br />

produzione dello scultore nel territorio<br />

della provincia di Treviso e non solo.<br />

Vittorio Celotti nasce a San Fior nel 1866<br />

da Francesco, falegname, e da Teresa Roveda,<br />

discendente di una famiglia benestante<br />

di Colle Umberto dove, intorno al 1868, il<br />

padre trasferisce la propria attività. Nella<br />

bottega paterna, che frequenta sin da piccolo,<br />

Vittorio ha modo di comprendere e sviluppare<br />

un’innata propensione all’arte.<br />

A diciotto anni ottiene il diploma presso la<br />

Scuola gratuita di disegno di Vittorio Veneto<br />

che nell’anno scolastico 1884-1885 gli attribuisce<br />

il primo premio per la plastica.<br />

Successivamente, come tramandato da ricordi<br />

familiari, dà seguito alla sua formazione,<br />

frequentando probabilmente la Libera<br />

scuola di nudo di Venezia.<br />

La prima opera di cui si hanno notizie certe,<br />

il baldacchino pensile per l’altare maggiore<br />

della chiesa arcipretale di Colle Umberto,<br />

risale al 1891. Tre anni dopo esegue il<br />

rilievo in marmo per la tomba del padre e<br />

nel 1898 lavora per la parrocchiale di San<br />

Vendemiano. Le opere di carattere sacro saranno<br />

una costante di tutto il suo percorso<br />

artistico, una produzione che gli permetterà,<br />

sempre nel rispetto dell’iconografia tradizionale,<br />

di esprimere al meglio la sua competenza,<br />

a proprio agio con i diversi materiali<br />

scultorei: pietra, marmo, gesso, terracotta<br />

e legno.<br />

Nel 1907 è testimoniata la sua partecipazione<br />

alla “Prima mostra d’arte Trevigiana”, in<br />

occasione della quale espone insieme ad artisti<br />

di fama tra cui i pittori Luigi Serena e<br />

Noè Bordignon, gli scultori Umberto Feltrin<br />

e Mario Fabris, nonché il giovanissimo<br />

Arturo Martini.<br />

Nel 1915 stabilisce la sua attività a Conegliano<br />

dove, a partire dal 1920, è chiamato a insegnare<br />

ai corsi serali della Scuola di Arti e<br />

Mestieri, divenendo una figura di riferimento<br />

per molti giovani e promettenti artisti<br />

del luogo. Gli anni venti rappresentano<br />

per Vittorio Celotti il momento di maggior<br />

soddisfazione professionale: numerose sono<br />

le commissioni per l’esecuzione di monumenti<br />

ai caduti della Grande Guerra e,<br />

nel contempo, continua ininterrotta fino<br />

alla morte, sopraggiunta nel 1942, l’attività<br />

dedicata alle sculture liturgiche.<br />

La prefazione al volume, affidata a Eugenio<br />

Manzato, delinea una panoramica sull’atti

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!