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ecensioni e segnalazioni<br />
cura secondo convenzioni scientifiche in<br />
uso accessibili anche al lettore non specialista;<br />
inoltre, di ogni testo è riportata una traduzione<br />
in italiano fedele all’originale. Positiva<br />
la scelta di presentare i testi per narratore<br />
e non per genere, permettendo di osservare<br />
intorno a una matrice comune le diversità<br />
di stili narrativi nei diversi informatori.<br />
Ricca anche l’introduzione dell’autrice<br />
che parte dal resoconto delle metodologie<br />
adottate nel lavoro di raccolta dei testi e allarga<br />
lo sguardo più in generale a modalità<br />
e temi della narrazione, tracciandone un<br />
esauriente profilo.<br />
Completano il volume un indice dei testi in<br />
base al genere e al soggetto, una nota linguistica<br />
sui criteri di trascrizione dal dialetto<br />
e la bibliografia. Trova spazio anche una<br />
raccolta di foto d’epoca che cerca di restituire<br />
al lettore il mondo perduto della comunità<br />
rurale in cui idealmente collocare i testi<br />
fiabeschi raccolti dalla voce dei narratori.<br />
Tutti aspetti che mostrano come l’impostazione<br />
del volume sia in grado di soddisfare<br />
sia le esigenze dello studioso di folclore o di<br />
dialettologia sia il lettore curioso di accostarsi<br />
a testimonianze vive della cultura e della<br />
tradizione popolare veneta. | Matteo Viale |<br />
<br />
GIANFRANCO CAVALLIN, Gli ultimi veneti, prefaz.<br />
di Sabino Acquaviva, Venezia, Regione<br />
Veneto - Padova, Provincia di Padova, Assessorato<br />
all’Identità veneta, Panda Edizioni,<br />
2006, 8°, pp. 336, ill., s.i.p. (I Veneti, 1).<br />
L’autore del libro incentra la propria cavalcata<br />
storica intorno agli avvenimenti che<br />
hanno segnato la millenaria vicenda della<br />
Serenissima rifacendosi ad almeno due<br />
principali assunti di fondo: da un lato, il porre<br />
alla base della propria sintesi una continuità<br />
che parte dai primi Veneti stanziati<br />
nell’Italia preromana giungendo nel corso<br />
dei secoli fino all’apogeo della Repubblica<br />
Veneta e oltre; dall’altro, ciò che segue alla<br />
scomparsa della Repubblica dopo Campoformio<br />
è la cronaca di una lenta ma inesorabile<br />
perdità d’identità dei veneti, che sfocia<br />
essenzialmente nella decadenza della loro<br />
lingua (relegata alla precaria e sempre più<br />
marginale sopravvivenza garantita dall’universo<br />
dialettale), nella scomparsa di una effettiva<br />
consapevolezza relativa alla propria<br />
cultura e, quindi, in una sorta di grande<br />
emigrazione, di “diaspora”, che porterà tra<br />
Otto e Novecento alla costituzione di colonie<br />
di veneti in tutto il mondo, dagli Stati Uniti<br />
all’Argentina, dal Brasile all’Australia.<br />
Queste sono le tracce che Cavallin insegue,<br />
soprattutto nella seconda parte del suo libro,<br />
36 notiziariobibliografico55<br />
e queste sono anche le possibili premesse<br />
per coltivare la speranza di una rinascita,<br />
una possibilità concreta di riallacciarsi ad<br />
antiche radici e di restituire il Veneto alla<br />
sua dignità di lingua. Proprio l’Europa post<br />
1989 ha visto l’emergere e l’affermarsi di<br />
una nuova stagione politica e culturale in cui<br />
il ruolo e il riconoscimento delle culture regionali<br />
e delle cosiddette “piccole patrie”<br />
hanno avuto una parte rilevante; forse potrà<br />
essere questo l’orizzonte utile per immaginare<br />
un’inversione di tendenza rispetto allo<br />
sradicamento in atto e, specialmente se accompagnata<br />
da un ruolo attivo delle istituzioni,<br />
per una serena riscoperta dell’identità<br />
culturale (e linguistica) dei veneti, lontana<br />
da chiusure e tentazioni localistiche. Scrive<br />
il sociologo Sabino Acquaviva nella Prefazione:<br />
“il libro di Cavallin, raccontando il<br />
lento declino di una identità potrebbe essere<br />
un primo strumento per la sua riscoperta e<br />
la sua ricostruzione. E un contributo indiretto,<br />
forse involontario, alla costruzione<br />
dell’identità europea”. | Giovanna Battiston |<br />
<br />
L’Antica Fiera di Cavalcaselle, a cura di Giuditta<br />
Bolognesi, Castelnuovo del Garda (VR),<br />
Comune - Associazione Pro Loco Castelnuovo<br />
del Garda, 2006, 4°, pp. 83, ill., s.i.p.<br />
La documentazione sul paese di Cavalcaselle<br />
non permette di far luce sul nome né di<br />
spingersi più indietro del XV secolo per chi<br />
volesse indagarne le origini: un documento<br />
del 5 luglio 1408 attesta che in quel giorno<br />
il territorio di Cavalcaselle veniva in possesso<br />
di una nobile famiglia veneta e questo<br />
sembrerebbe essere ad oggi il primo capitolo<br />
ufficiale della storia rievocata dal libro,<br />
con l’intento di passare in rassegna le suggestioni<br />
e le memorie di un evento come la<br />
“fiera di Cavalcaselle”, che risulta tuttora<br />
profondamente radicato nell’identità del<br />
luogo e dei suoi abitanti. La sua valenza<br />
identitaria affiora non soltanto nelle parole<br />
del sindaco di Castelnuovo del Garda o in<br />
quelle del presidente della Pro Loco, che<br />
aprono il libro, perché in realtà è tutto l’insieme<br />
dei proverbi, delle citazioni, delle<br />
poesie, delle foto e delle descrizioni che<br />
compongono questa breve ricerca, curata da<br />
una giornalista, Giuditta Bolognesi, ad<br />
esprimere in modo eloquente il perdurare<br />
del legame della comunità di Cavalcaselle<br />
con un avvenimento quale la cosiddetta<br />
“Fiera dei mussi”.<br />
Non è stato ancora possibile trovare una collocazione<br />
precisa per la nascita effettiva di<br />
questa “antica” manifestazione, nonostante<br />
lo zelo e la passione profusa da diversi, più<br />
in questa pagina immagini tratte da<br />
Gli ultimi veneti<br />
nella pagina di destra<br />
L’Antica Fiera di Cavalcaselle