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espressioni come città-regione, città diffusa,<br />
città allargata, zapping city ecc.<br />
La prima parte (Geografie smarrite) contiene<br />
gli spunti più generali: Eugenio Turri,<br />
scomparso poco prima dell’uscita del libro e<br />
autore di saggi come La megalopoli padana,<br />
indaga l’anima del paesaggio veneto e le pesanti<br />
ricadute del miracolo economico su<br />
una cultura che era fondata sul territorio, su<br />
quel sentimento del luogo evocato da scrittori<br />
quali Piovene, Parise, Meneghello; l’editorialista<br />
del “Gazzettino” Francesco Jori<br />
si sofferma sui limiti di uno sviluppo che<br />
sembra segnato da un deficit strutturale di<br />
partecipazione civica e dal particolarismo;<br />
Bruno Anastasia, di Veneto Lavoro, traccia<br />
un profilo del decollo economico del Veneto<br />
dagli anni Settanta, con il tramonto del<br />
“pauperismo”, fino ai successi più recenti e<br />
alle nuove “strettoie” connesse alle dinamiche<br />
demografiche e sociali e alla saturazione<br />
del territorio; Graziano Rotondi, geografo<br />
dell’ateneo patavino, analizza le sfide legate<br />
al fenomeno dell’immigrazione e i<br />
suoi possibili scenari; Mauro Varotto esplora<br />
il Veneto centrale come area simbolo del<br />
modello socio-economico del Nordest, in<br />
cui convivono eclettismi edilizi, retoriche<br />
immobiliari, “paradisi terrestri individuali”,<br />
erosione del tessuto connettivo... Michele<br />
Zanetti e Graziella Andreotti, invece, focalizzano<br />
la propria attenzione su due realtà<br />
ambientali particolari come quelle dei litorali<br />
del Veneto orientale e del Polesine.<br />
La seconda parte del libro (Racconti del disagio)<br />
segue il filo di alcune narrazioni sul territorio<br />
e si apre con una riflessione di Zanzotto<br />
intorno ai rischi del “terribile mito” di<br />
una crescita illimitata. Francesco Vallerani<br />
raccoglie le voci e le testimonianze sul paesaggio<br />
veneto, tra un significativo documento<br />
“tecnico” (forse tardivo) come la Carta di<br />
Asiago, le inquietudini della stampa locale e<br />
le prospettive angosciate di autori come, ad<br />
esempio, Guido Ceronetti e Vitaliano Trevisan;<br />
Marta Bearzotti si concentra sull’opera<br />
di Carlo Sgorlon e sul rapporto uomo-natura<br />
espresso nei suoi romanzi; Tania Rossetto<br />
ripercorre le “visioni geofotografiche” che<br />
hanno catturato l’immagine del Veneto contemporaneo<br />
negli ultimi decenni.<br />
<strong>Il</strong> volume si chiude con alcuni resoconti più<br />
particolari o personali, fino alla postfazione<br />
dei due curatori, in cui si rimanda all’esigenza<br />
di una profonda rivoluzione culturale<br />
che, se vuole realmente far uscire il Veneto<br />
da una scriteriata congestione territoriale,<br />
deve anzitutto abbandonare l’etica della<br />
simultaneità e dell’immediatezza in nome<br />
di un’etica della previsione e della responsabilità.<br />
| Susanna Falchero |<br />
<br />
recensioni e segnalazioni<br />
SILVIO SCORTEGAGNA - ALESSANDRA LOCATELLI,<br />
Le Bregonze. Geologia. Flora. Vegetazione.<br />
Fauna, s.e. [Tip. Grafiche Marcolin di<br />
Schio], 2007, 8°, pp. 222, ill., s.i.p.<br />
Le Bregonze sono un territorio di collina<br />
delimitato dai sedimenti dell’alta pianura e<br />
dal corso dell’Astico, con accanto i boschi<br />
dove cresce la “dulcamara”, una pianta con<br />
rametti dal sapore dolciastro. Con notevole<br />
competenza, gli autori invitano gli abitanti<br />
ad adoperarsi al fine di rivalorizzare il territorio<br />
ripristinando sentieri, riaprendo antiche<br />
strade nel bosco, ricomponendo luoghi<br />
che stanno scomparendo.<br />
<strong>Il</strong> terreno delle colline mostra rocce sedimentarie<br />
quali arenarie, calcari e marne che<br />
spesso custodiscono, a mo’ di tesoro, il fossile<br />
di un antico pesce. Vi fu un tempo in<br />
cui le rocce erano sommerse da un mare di<br />
scarsa profondità; successivamente, l’orogenesi<br />
alpina provvide a modificarne lo stato<br />
con fenomeni di vulcanismo e si produsse<br />
un notevole sviluppo di coralli e alghe rosse<br />
all’interno di un vasto bacino delimitato da<br />
scogliere. La presenza dell’arcipelago corallino<br />
fa ritenere che, durante l’Oligocene, il<br />
clima fosse caldo e la flora presente ricca di<br />
conifere, angiosperme e palme. Un accurato<br />
esame stratigrafico ha permesso di ricostruire<br />
gli eventi geologici che hanno interessato<br />
le colline con un tipo di vulcanismo<br />
abbastanza tranquillo.<br />
La flora delle Bregonze ha interessato autorevoli<br />
studiosi, come testimoniano i numerosi<br />
campioni oggi conservati nel Museo Naturalistico<br />
Archeologico di Vicenza. Alla flora<br />
sono dedicate esaurienti spiegazioni sull’origine,<br />
la distribuzione territoriale, la presenza<br />
di piante pregevoli per rarità, sulla diffusione<br />
che raggiunsero nel tempo anche in<br />
rapporto a quelli che furono gli interventi<br />
dell’uomo. Oggi è necessaria una particolare<br />
attenzione perché il patrimonio naturale<br />
rappresentato dalla ricchezza floristica delle<br />
Bregonze possa continuare a mantenersi<br />
inalterato, anzi arricchito, considerate le caratteristiche<br />
ecologiche che lo distinguono.<br />
<strong>Il</strong> testo prosegue con l’elenco dei vertebrati<br />
presenti nell’area. Oltre alle diverse specie<br />
introdotte dall’uomo a scopo venatorio, è garantita<br />
la presenza di altri animali che sono<br />
stati fotografati e costituiscono la gran parte<br />
della popolazione naturale: la salamandra<br />
pezzata, la rana verde, il rospo comune, oltre<br />
ad una serie di uccelli come il gheppio, il<br />
fagiano e addirittura l’aquila reale. Insieme<br />
a loro volpi, tassi, donnole e tanti altri.<br />
<strong>Il</strong> volume è arricchito da carte geologiche e<br />
da foto che coadiuvano la comprensione del<br />
testo e la descrizione visiva degli eventi che<br />
si sono succeduti. | Franca Fabris |<br />
<br />
notiziariobibliografico55 33