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nb - Il Poligrafo

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ecensioni e segnalazioni<br />

psicologico. E rispetto alla quale il volume<br />

intende sensibilizzare il lettore, prendendo<br />

in esame le reazioni e i vissuti emotivi delle<br />

vittime superstiti, a quarant’anni di distanza<br />

dalla tragedia. Un accumulo impressionante<br />

di storie, ricordi, immagini, lampi di<br />

memoria che risultano pressoché impossibili<br />

da dimenticare o da lasciarsi alla spalle,<br />

ma allo stesso tempo difficili da ricordare<br />

per chi li ha vissuti.<br />

Le interviste ai superstiti sono state condotte<br />

da Micaela Coletti – che è pure autrice dell’introduzione<br />

– e Gino Mazzorana, animatori<br />

del Comitato Sopravvissuti del Vajont:<br />

ognuna di loro è il resoconto privato e toccante,<br />

umanissimo nella sua singolarità e<br />

drammaticità, di ciò che successe il 9 ottobre<br />

1963 – e per diversi intervistati si è trattato<br />

della prima volta in cui è stato possibile<br />

parlare in prima persona della terribile esperienza<br />

attraversata. La cronologia del Vajont<br />

è opera del giornalista Guido Toffolo, che recupera<br />

e ripropone anche una serie di articoli<br />

che riportano a quei tragici fatti, mentre<br />

la parte più specifica sulla psicologia dell’emergenza<br />

e le conclusioni sono affidate a<br />

Oddone Demichelis. | Susanna Falchero |<br />

32 notiziariobibliografico55<br />

ambiente<br />

EUGENIO TURRI, La Lessinia, pref. di Ugo<br />

Sauro, Sommacampagna (VR), Cierre, 2007,<br />

8°, pp. 151, ill., e 12,50.<br />

Viene qui proposta un’analisi dettagliata del<br />

paesaggio e delle vicende storiche della Lessinia,<br />

regione che l’autore ha amato ed<br />

esplorato. <strong>Il</strong> padre era il gastaldo dei conti<br />

Arvedi, e Turri, fin da giovane, fu affascinato<br />

dal paesaggio che lo circondava, ricco di<br />

boschi, prati, pascoli, corsi d’acqua, mentre,<br />

in lontananza, ammirava un’imponente corona<br />

di montagne.<br />

L’autore propone una morfologia accurata<br />

della zona, delle rocce, dei tanti fossili che vi<br />

si ritrovano, dei movimenti tettonici cui è<br />

soggetta e del fenomeno generale del carsismo<br />

che rende particolarmente aride alcune<br />

parti; descrive, inoltre, i centri abitati,<br />

dall’epoca romana alle ville sei-settecentesche,<br />

che qualificano i piccoli borghi della<br />

collina e della montagna.<br />

<strong>Il</strong> territorio della Lessinia è piuttosto ricco<br />

di coltivazioni che, fino ai 900 metri di altitudine,<br />

producono quanto necessario alla<br />

vita e alle varie attività creatrici di lavoro e di<br />

beneficio economico: frumento, ortaggi, alberi<br />

da frutta e da legname, le viti che tanto<br />

hanno contribuito a creare benessere con la<br />

produzione di vini pregiati; nella fascia<br />

900-1500 metri, foreste di conifere e faggi<br />

arricchiscono l’ambiente; più in alto la fanno<br />

da padroni rododendri e mughi, piante<br />

di alta montagna. La fauna non è numerosa,<br />

e quei pochi esemplari di lepri, volpi,<br />

tassi e uccelli ci ricordano che una volta erano<br />

probabilmente presenti in numero tale<br />

da costituire anche una riserva di cibo per<br />

gli abitanti.<br />

Tutta la zona ha conservato tracce dei sentimenti<br />

religiosi e del rispetto per il sacro: ne<br />

sono testimonianza i crocifissi agli incroci<br />

dei sentieri, le chiesette sui pendii o sui culmini,<br />

le piccole cappelle e le erme. Mentre<br />

hanno conservato lo stesso aspetto le case<br />

con i loro tetti a spiovente, le facciate con le<br />

piccole finestre per difendersi dal freddo, i<br />

pozzi preziosi per l’acqua. Tutto è cambiato<br />

negli ultimi 60 anni: l’alpeggio, le casere in<br />

alta quota, la fienagione sono stati abbandonati<br />

ed è stata privilegiata la costruzione di<br />

strade di collegamento con i centri della pianura,<br />

lo sviluppo dello sci invernale e soprattutto<br />

la costruzione di edifici destinati<br />

al turismo estivo. Una profonda malinconia<br />

accompagna le pagine di Turri che conserva<br />

i sentimenti di attaccamento ai ricordi<br />

della sua giovinezza. | Franca Fabris |<br />

<br />

<strong>Il</strong> grigio oltre le siepi. Geografie smarrite e racconti<br />

del disagio in Veneto, a cura di Francesco<br />

Vallerani e Mauro Varotto, Portogruaro<br />

(VE), Nuovadimensione - Padova, Dipartimento<br />

di Geografia “G. Morandini” - Università<br />

degli Studi di Padova, 2005, 8°,<br />

pp. 298, ill., e 14,50.<br />

“Salvare il paesaggio della propria terra è<br />

salvarne l’anima e quella di chi l’abita”:<br />

è forse proprio prendendo spunto da questa<br />

frase di Andrea Zanzotto, riprodotta in copertina,<br />

che i curatori del volume, entrambi<br />

geografi, hanno voluto raccogliere in queste<br />

pagine gli interventi di studiosi appartenenti<br />

a vari ambiti disciplinari, ma anche quelli<br />

di semplici cittadini, di persone impegnate<br />

spontaneamente nella difesa e tutela del<br />

paesaggio, una galleria di riflessioni e di<br />

contributi ugualmente preoccupati dalla<br />

crescente espansione di un Veneto “grigio”,<br />

caratterizzato dall’avanzata inarrestabile del<br />

cemento. In particolare, l’area presa in considerazione<br />

è quella centrale della regione,<br />

il “centro senza centro” che risulta compreso<br />

tra i poli urbani di Venezia, Treviso, Bassano,<br />

Vicenza e Padova, già assimilato da alcuni<br />

al nuovo modello planetario della “città<br />

postmoderna” e variamente definito con<br />

in questa pagina immagini tratte da<br />

La Lessinia<br />

nella pagina di destra<br />

<strong>Il</strong> grigio oltre le siepi...

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