IL RITRATTO DI DORIAN GRAY.pdf

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Una mosca ronzava rumorosamente per la stanza e i battiti dell'orologio sembravano colpi di martello. Quando l'orologio batté il tocco, Campbell si girò e, guardando Dorian Gray, vide che aveva gli occhi pieni di lacrime. Nella purezza e nella finezza di quel volto attristato c'era qualcosa che sembrò renderlo furioso. - Sei infame, assolutamente infame! - balbettò. - Taci, Alan. Mi hai salvato la vita - disse Dorian. - La tua vita! Buon Dio, che vita è la tua! Sei passato di corruzione in corruzione e ora sei arrivato al delitto. Se faccio quello che sto per fare, quello che mi costringi a fare, non è certo alla vita tua che penso. - Ah, Alan - mormorò Dorian sospirando, - vorrei che tu sentissi per me la millesima parte della pietà che io provo per te. Dette queste parole si allontanò e si mise a guardare in giardino. Campbell non rispose. Dopo una decina di minuti bussarono alla porta ed entrò il servitore, portando una grossa cassa di mogano piena di sostanze chimiche, un lungo rotolo di filo d'acciaio e di platino e due pinze di ferro di forma piuttosto strana. - La lascio qui questa roba, signore? - chiese a Campbell. - Sì - disse Dorian. - Ma ho paura di avere un'altra commissione da darvi, Francis. Come si chiama quell'uomo di Richmond che fornisce le orchidee per Selby? - Harden, signore. - Appunto, Harden. Andate subito a Richmond, parlate personalmente con Harden e ditegli di mandare il doppio delle orchidee che avevo ordinato e di mandarne il meno possibile di bianche; anzi, di quelle bianche non ne voglio. E' una bella giornata, Francis, e Richmond è un luogo graziosissimo, altrimenti non vi avrei dato questo fastidio. - Nessun fastidio, signore. A che ora devo tornare? Dorian guardò Campbell e disse, con voce calma e indifferente: - Quanto tempo ci vuole per il tuo esperimento, Alan? La presenza nella stanza di un terzo sembrava infondergli un coraggio straordinario. Campbell aggrottò le sopracciglia e si morse il labbro. - Circa cinque ore - rispose. - Allora, Francis, basterà che siate di ritorno alle sette e mezzo. O meglio, tirate fuori quello che mi occorre per vestirmi e prendetevi una serata di libertà. Non pranzo a casa e perciò non ho bisogno di voi. - Grazie, signore - rispose l'uomo, uscendo dalla stanza. - Ora, Alan, non c'è un minuto da perdere. Come pesa questa cassa! La porterò io; tu porta le altre cose. Parlava con un accento rapido e autoritario e Campbell si sentì dominato da lui. Uscirono insieme dalla stanza. Quando arrivarono all'ultimo pianerottolo, Dorian tirò fuori la chiave e la fece girare nella toppa; poi si fermò e nei suoi occhi apparve un'espressione turbata. Rabbrividì. - Non credo che potrò entrare, Alan - mormorò. - Non fa niente. Non ho bisogno di te - disse freddamente Campbell. Dorian aprì la porta a metà e in quest'atto vide la faccia del ritratto ghignare alla luce del sole. Davanti ad esso giaceva in terra la cortina lacerata. Gli tornò in mente che la sera prima, per la prima volta in vita sua, si era dimenticato di nascondere la tela fatale. Stava per precipitarsi in avanti, ma si fermò con un brivido. Che cos'era quell'orribile rugiada rossa che brillava, umida e scintillante, su una delle mani, come se la tela avesse sudato sangue? Che cosa orrenda! In quel momento gli sembrò ancora più orrenda di quella cosa muta che, lo sapeva, era stesa attraverso la tavola; quella cosa la cui ombra 92

grottesca e deforme sul tappeto macchiato mostrava che non s'era mossa, che era ancora là dove lui l'aveva lasciata. Respirò profondamente, aprì un po' di più la porta ed entrò rapido, con gli occhi semichiusi e girando la testa da un'altra parte, deciso a non guardare il morto nemmeno una volta: poi chinandosi raccolse il panno porpora e oro e lo gettò sul ritratto. Si fermò perché l'idea di doversi girare indietro lo atterriva. I suoi occhi erano fissi sugli intrichi del disegno che gli stava davanti. Sentì Campbell portare dentro la cassa pesante, i ferri e le altre cose che gli servivano per il suo tremendo lavoro. Cominciò a chiedersi se lui e Basil Hallward si erano mai conosciuti e, in caso affermativo, che cosa avevano pensato l'uno dell'altro. - Vattene ora - disse una voce severa dietro di lui. Si girò e corse fuori, rendendosi appena conto che il morto era stato rigettato sulla sedia e che Campbell stava osservando una faccia gialla e lucida. Nello scendere le scale sentì che la chiave veniva girata nella toppa. Le sette erano passate da un pezzo, quando Campbell tornò in biblioteca. Era pallido, ma perfettamente calmo. - Ho fatto quello che mi avevi chiesto di fare - balbettò - e ora addio. Non ci vedremo mai più. - Mi hai salvato dalla rovina, Alan. Non lo dimenticherò mai disse Dorian con semplicità. Appena Campbell fu andato via, salì di sopra. Nella stanza c'era un orribile puzzo di acido nitrico; ma quella cosa che era stata seduta al tavolino era scomparsa. 93

Una mosca ronzava rumorosamente per la stanza e i battiti dell'orologio sembravano colpi di<br />

martello.<br />

Quando l'orologio batté il tocco, Campbell si girò e, guardando Dorian Gray, vide che aveva gli<br />

occhi pieni di lacrime. Nella purezza e nella finezza di quel volto attristato c'era qualcosa che<br />

sembrò renderlo furioso.<br />

- Sei infame, assolutamente infame! - balbettò.<br />

- Taci, Alan. Mi hai salvato la vita - disse Dorian.<br />

- La tua vita! Buon Dio, che vita è la tua! Sei passato di corruzione in corruzione e ora sei arrivato<br />

al delitto. Se faccio quello che sto per fare, quello che mi costringi a fare, non è certo alla vita tua<br />

che penso.<br />

- Ah, Alan - mormorò Dorian sospirando, - vorrei che tu sentissi per me la millesima parte della<br />

pietà che io provo per te.<br />

Dette queste parole si allontanò e si mise a guardare in giardino.<br />

Campbell non rispose.<br />

Dopo una decina di minuti bussarono alla porta ed entrò il servitore, portando una grossa cassa di<br />

mogano piena di sostanze chimiche, un lungo rotolo di filo d'acciaio e di platino e due pinze di ferro<br />

di forma piuttosto strana.<br />

- La lascio qui questa roba, signore? - chiese a Campbell.<br />

- Sì - disse Dorian. - Ma ho paura di avere un'altra commissione da darvi, Francis. Come si chiama<br />

quell'uomo di Richmond che fornisce le orchidee per Selby?<br />

- Harden, signore.<br />

- Appunto, Harden. Andate subito a Richmond, parlate personalmente con Harden e ditegli di<br />

mandare il doppio delle orchidee che avevo ordinato e di mandarne il meno possibile di bianche;<br />

anzi, di quelle bianche non ne voglio. E' una bella giornata, Francis, e Richmond è un luogo<br />

graziosissimo, altrimenti non vi avrei dato questo fastidio.<br />

- Nessun fastidio, signore. A che ora devo tornare?<br />

Dorian guardò Campbell e disse, con voce calma e indifferente:<br />

- Quanto tempo ci vuole per il tuo esperimento, Alan?<br />

La presenza nella stanza di un terzo sembrava infondergli un coraggio straordinario. Campbell<br />

aggrottò le sopracciglia e si morse il labbro.<br />

- Circa cinque ore - rispose.<br />

- Allora, Francis, basterà che siate di ritorno alle sette e mezzo. O meglio, tirate fuori quello che mi<br />

occorre per vestirmi e prendetevi una serata di libertà. Non pranzo a casa e perciò non ho bisogno<br />

di voi.<br />

- Grazie, signore - rispose l'uomo, uscendo dalla stanza.<br />

- Ora, Alan, non c'è un minuto da perdere. Come pesa questa cassa!<br />

La porterò io; tu porta le altre cose.<br />

Parlava con un accento rapido e autoritario e Campbell si sentì dominato da lui. Uscirono insieme<br />

dalla stanza.<br />

Quando arrivarono all'ultimo pianerottolo, Dorian tirò fuori la chiave e la fece girare nella toppa;<br />

poi<br />

si fermò e nei suoi occhi apparve un'espressione turbata. Rabbrividì.<br />

- Non credo che potrò entrare, Alan - mormorò.<br />

- Non fa niente. Non ho bisogno di te - disse freddamente Campbell.<br />

Dorian aprì la porta a metà e in quest'atto vide la faccia del ritratto ghignare alla luce del sole.<br />

Davanti ad esso giaceva in terra la cortina lacerata. Gli tornò in mente che la sera prima, per la<br />

prima volta in vita sua, si era dimenticato di nascondere la tela fatale. Stava per precipitarsi in<br />

avanti, ma si fermò con un brivido.<br />

Che cos'era quell'orribile rugiada rossa che brillava, umida e scintillante, su una delle mani, come<br />

se la tela avesse sudato sangue? Che cosa orrenda! In quel momento gli sembrò ancora più<br />

orrenda di quella cosa muta che, lo sapeva, era stesa attraverso la tavola; quella cosa la cui ombra<br />

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