IL RITRATTO DI DORIAN GRAY.pdf
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malattia del sogno, che gli toglieva ogni coscienza del finire del giorno e dell'avanzare delle ombre. Attraverso le finestre brillava un cielo color verderame, senza nuvole e ornato da una stella solitaria. Alla sua luce tenue egli lesse, finché non fu più in grado di leggere. Allora, dopo che più volte il servitore lo aveva avvertito che l'ora era tarda, si alzò e, andato nella stanza vicina, posò il libro sul tavolinetto fiorentino che stava sempre al suo capezzale e cominciò a vestirsi per il pranzo. Prima che arrivasse al circolo erano quasi le nove. Trovò Lord Henry seduto nel salone, solo e con un'aria molto annoiata. - Scusami tanto, Harry - gridò; - ma in realtà è tutta colpa tua. Quel libro che mi hai mandato mi ha talmente affascinato da farmi dimenticare che il tempo passava. - Sì, lo sapevo che ti sarebbe piaciuto - replicò il suo ospite, alzandosi. - Non ho detto che mi è piaciuto. Ho detto che mi ha affascinato. C'è una grande differenza. - Ah, l'hai scoperto, questo? - mormorò Lord Henry. Passarono in sala da pranzo. 68
Capitolo undicesimo Per molti anni Dorian Gray non poté liberarsi dall'influenza di quel libro, e forse sarebbe più giusto dire che non cercò mai di liberarsene. Fece venire da Parigi non meno di nove esemplari non rilegati della prima edizione e li fece rilegare in colori diversi, così che potessero accordarsi con i suoi vari stati d'animo e con le mutevoli fantasie di una natura sulla quale, a volte, sembrava che lui stesso avesse perso ogni controllo. L'eroe, quel meraviglioso giovane parigino nel quale il temperamento romantico e quello scientifico erano così stranamente mischiati, diventò per lui quasi una prefigurazione di se stesso; e davvero il libro gli sembrava che contenesse la storia della sua vita scritta prima che lui l'avesse vissuta. In un punto però egli era più fortunato del fantastico eroe di quel romanzo. Egli non conobbe mai, anzi, non ebbe mai motivo di conoscere, quel terrore un po' grottesco degli specchi, delle superfici metalliche lucide, delle acque immobili, dal quale il giovane parigino fu colto tanto presto nella sua vita, dovuto all'improvviso disfacimento di una bellezza che un tempo, a quanto pare, era stata eccezionale. Con una gioia quasi crudele- e forse un po' di crudeltà entra in quasi tutte le gioie, come entra sicuramente in ogni piacere - leggeva l'ultima parte del libro, con la sua descrizione davvero tragica, anche se un po' troppo accentuata, dell'angoscia e della disperazione di un uomo che aveva perso quello che, negli altri e nel mondo, aveva apprezzato di più. Dato che quella bellezza meravigliosa, che aveva tanto affascinato Basil Hallward e molti altri con lui, sembrava non dovesse mai abbandonarlo. Nemmeno quelli che avevano sentito dire le cose più gravi sul suo conto, poiché ogni tanto si diffondevano per Londra strane voci sul suo modo di vivere e diventavano l'argomento dei pettegolezzi dei circoli, potevano credere di lui, quando lo vedevano, niente di disonorante. Aveva sempre l'aspetto di chi è riuscito a conservarsi immune da qualunque sporcizia del mondo. Uomini che usavano un linguaggio scurrile stavano zitti, non appena Dorian Gray entrava nella stanza; nel suo volto c'era un che di puro che ai loro occhi sembrava come un rimprovero. La sua presenza era sufficiente a rievocare in loro il ricordo dell'innocenza che avevano macchiato, ed essi si meravigliavano che un essere pieno di fascino e di grazia come lui fosse riuscito a sottrarsi all'impronta di un'età che era insieme sordida e sensuale. Spesso, tornando a casa da una di quelle sue misteriose e prolungate assenze che facevano nascere tante strane congetture tra quelli che erano o credevano di essere suoi amici, saliva nella stanza chiusa al piano superiore, apriva la porta con la chiave dalla quale non si separava mai e si sistemava, con uno specchio, di fronte al ritratto dipinto da Basil Hallward, guardando ora la faccia cattiva e invecchiata sulla tela, ora il bel volto giovanile che gli sorrideva dal vetro pulito. L'intensità stessa del contrasto sembrava acuire in lui la sensazione voluttuosa. Di giorno in giorno crescevano in lui di pari passo l'amore per la propria bellezza e l'interessamento alla corruzione della propria anima. Esaminava le linee ripugnanti che solcavano quella fronte rugosa o che circondavano quella pesante bocca sensuale con una cura minuziosa e a volte con una voluttà mostruosa e terribile, chiedendosi a volte se fossero più orribili le impronte dell'età oppure quelle del peccato. Metteva le mani bianche vicino a quelle ruvide e gonfie del ritratto e sorrideva. Derideva quel corpo deformato e quelle membra infiacchite. Di notte, quando giaceva insonne nella sua camera delicatamente profumata o nella lurida stanza di qualche taverna malfamata del porto che era solito frequentare sotto falso nome e travestito, c'erano momenti nei quali gli capitava di pensare alla rovina che aveva attirato sulla sua anima, con una compassione tanto più acuta in quanto era squisitamente egoistica; ma quei momenti erano rari. Pareva che quella curiosità della vita che Lord Henry aveva risvegliato in lui per la prima volta quando si erano seduti insieme nel giardino del loro amico, tanto più aumentasse quanto più era appagata. Più sapeva e più desiderava sapere; più soddisfaceva i suoi folli appetiti e più questi diventavano famelici. Peraltro non aveva abbandonato ogni riguardo, almeno nei suoi rapporti con la società. Un paio di volte al mese durante l'inverno e ogni mercoledì sera durante la "season" londinese era solito aprire la sua bella casa al mondo elegante e faceva venire i più celebri musicisti del momento a 69
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Capitolo undicesimo<br />
Per molti anni Dorian Gray non poté liberarsi dall'influenza di quel libro, e forse sarebbe più giusto<br />
dire che non cercò mai di liberarsene. Fece venire da Parigi non meno di nove esemplari non<br />
rilegati della prima edizione e li fece rilegare in colori diversi, così che potessero accordarsi con i<br />
suoi vari stati d'animo e con le mutevoli fantasie di una natura sulla quale, a volte, sembrava che<br />
lui stesso avesse perso ogni controllo.<br />
L'eroe, quel meraviglioso giovane parigino nel quale il temperamento romantico e quello scientifico<br />
erano così stranamente mischiati, diventò per lui quasi una prefigurazione di se stesso; e davvero<br />
il libro gli sembrava che contenesse la storia della sua vita scritta prima che lui l'avesse vissuta.<br />
In un punto però egli era più fortunato del fantastico eroe di quel romanzo. Egli non conobbe mai,<br />
anzi, non ebbe mai motivo di conoscere, quel terrore un po' grottesco degli specchi, delle superfici<br />
metalliche lucide, delle acque immobili, dal quale il giovane parigino fu colto tanto presto nella sua<br />
vita, dovuto all'improvviso disfacimento di una bellezza che un tempo, a quanto pare, era stata<br />
eccezionale. Con una gioia quasi crudele- e forse un po' di crudeltà entra in quasi tutte le gioie,<br />
come entra sicuramente in ogni piacere - leggeva l'ultima parte del libro, con la sua descrizione<br />
davvero tragica, anche se un po' troppo accentuata, dell'angoscia e della disperazione di un uomo<br />
che aveva perso quello che, negli altri e nel mondo, aveva apprezzato di più.<br />
Dato che quella bellezza meravigliosa, che aveva tanto affascinato Basil Hallward e molti altri con<br />
lui, sembrava non dovesse mai abbandonarlo. Nemmeno quelli che avevano sentito dire le cose<br />
più gravi sul suo conto, poiché ogni tanto si diffondevano per Londra strane voci sul suo modo di<br />
vivere e diventavano l'argomento dei pettegolezzi dei circoli, potevano credere di lui, quando lo<br />
vedevano, niente di disonorante.<br />
Aveva sempre l'aspetto di chi è riuscito a conservarsi immune da qualunque sporcizia del mondo.<br />
Uomini che usavano un linguaggio scurrile stavano zitti, non appena Dorian Gray entrava nella<br />
stanza; nel suo volto c'era un che di puro che ai loro occhi sembrava come un rimprovero. La sua<br />
presenza era sufficiente a rievocare in loro il ricordo dell'innocenza che avevano macchiato, ed<br />
essi si meravigliavano che un essere pieno di fascino e di grazia come lui fosse riuscito a sottrarsi<br />
all'impronta di un'età che era insieme sordida e sensuale.<br />
Spesso, tornando a casa da una di quelle sue misteriose e prolungate assenze che facevano<br />
nascere tante strane congetture tra quelli che erano o credevano di essere suoi amici, saliva nella<br />
stanza chiusa al piano superiore, apriva la porta con la chiave dalla quale non si separava mai e si<br />
sistemava, con uno specchio, di fronte al ritratto dipinto da Basil Hallward, guardando ora la faccia<br />
cattiva e invecchiata sulla tela, ora il bel volto giovanile che gli sorrideva dal vetro pulito.<br />
L'intensità stessa del contrasto sembrava acuire in lui la sensazione voluttuosa. Di giorno in giorno<br />
crescevano in lui di pari passo l'amore per la propria bellezza e l'interessamento alla corruzione<br />
della propria anima. Esaminava le linee ripugnanti che solcavano quella fronte rugosa o che<br />
circondavano quella pesante bocca sensuale con una cura minuziosa e a volte con una voluttà<br />
mostruosa e terribile, chiedendosi a volte se fossero più orribili le impronte dell'età oppure quelle<br />
del peccato. Metteva le mani bianche vicino a quelle ruvide e gonfie del ritratto e sorrideva.<br />
Derideva quel corpo deformato e quelle membra infiacchite.<br />
Di notte, quando giaceva insonne nella sua camera delicatamente profumata o nella lurida stanza<br />
di qualche taverna malfamata del porto che era solito frequentare sotto falso nome e travestito,<br />
c'erano momenti nei quali gli capitava di pensare alla rovina che aveva attirato sulla sua anima,<br />
con una compassione tanto più acuta in quanto era squisitamente egoistica; ma quei momenti<br />
erano rari. Pareva che quella curiosità della vita che Lord Henry aveva risvegliato in lui per la prima<br />
volta quando si erano seduti insieme nel giardino del loro amico, tanto più aumentasse quanto più<br />
era appagata. Più sapeva e più desiderava sapere; più soddisfaceva i suoi folli appetiti e più questi<br />
diventavano famelici.<br />
Peraltro non aveva abbandonato ogni riguardo, almeno nei suoi rapporti con la società. Un paio di<br />
volte al mese durante l'inverno e ogni mercoledì sera durante la "season" londinese era solito<br />
aprire la sua bella casa al mondo elegante e faceva venire i più celebri musicisti del momento a<br />
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