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Alpin 45 - Gruppo Alpini Milano Centro

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Numero <strong>45</strong> - Anno VIII/7 - Frimaio 2007<br />

Fotocopiato in proprio da: Associazione Nazionale <strong>Alpin</strong>i - Sezione di <strong>Milano</strong> - <strong>Gruppo</strong> <strong>Milano</strong> <strong>Centro</strong> “Giulio Bedeschi”<br />

Redazione: Via Vincenzo Monti 36 - 20123 <strong>Milano</strong> - tel. 02 48519720 - Responsabile: Alessandro Vincenti - Inviato gratis ai Soci<br />

BUON NATALE 2007 E BUON 2008<br />

Guglielmo Caccia detto il<br />

Moncalvo [ogni riferimento<br />

al Capo <strong>Gruppo</strong> è voluto<br />

N.d.R.] Natività con San<br />

Girolamo e Pio V 1618-1625<br />

Pavia - Collegio Ghislieri,<br />

altare della cappella<br />

Buon Natale ed un felicissimo 2008!<br />

Fino a qui, caro Sandro, te la sei<br />

cavata egregiamente, anche senza<br />

particolari sforzi di immaginazione.<br />

Ma poi?...<br />

Il seguito è veramente semplice, se si<br />

vuole naufragare nel banale. Ma è<br />

proprio quello che non voglio: no il<br />

banale, desidero idee nuove, originali.<br />

Certo che, in duemila e otto anni,<br />

di auguri ne sono stati fatti, di frasi<br />

augurali ne sono state dette, per cui<br />

lo spazio per il nuovo è veramente<br />

esiguo. E allora? Chiudo qui? Certo<br />

che no.<br />

Immagino che i 365 giorni che abbiamo<br />

attraversato dall’ultima volta<br />

che vi ho trasmesso l’analogo saluto<br />

augurale non siano stati tutti allegri<br />

o tutti tristi. A me, personalmente,<br />

l’anno che rapidamente sta correndo<br />

in archivio ha riservato esperienze<br />

bellissime, come l’arrivo di una fru-<br />

goletta (per chi ancora non lo sapesse) che quotidianamente rallegra<br />

i nonni, come pure esperienze dolorose.<br />

Non ricordo quale filosofo ha detto che la fortuna dell’uomo è<br />

quella di avere la capacità di relegare – non di dimenticare - i<br />

momenti tristi in un angolino della nostra memoria; da questo<br />

angolino, ogni tanto, non solo inconsciamente, ma anche perché<br />

noi stessi li ricerchiamo, questi ricordi riaffiorano. E allora, lasciamo<br />

pure che in questi giorni di festa, nostalgicamente riaffiori<br />

il ricordo dei nostri cari e dei nostri amici che sono andati<br />

avanti, e sentiamoli vicini anche mentre brindiamo.<br />

Per contro, gli episodi lieti della nostra vita sono sempre sotto i<br />

nostri occhi: un bimbo che nasce, un matrimonio, una laurea,<br />

altre felici ricorrenze che quotidianamente allietano la nostra<br />

esistenza.<br />

E, ovviamente, per quel sano egoismo che regna sovrano in tutti<br />

noi, auguriamoci che il Nuovo anno ci riservi soprattutto lacrime<br />

sì, ma di gioia. E a tutti voi, a tutti noi, anche se con frasi che<br />

avrete già sentito innumerevoli volte, e che sentirete a raffica e a<br />

ripetizione nei prossimi giorni, all’ombra dell’albero di Natale o<br />

nei pressi del Presepe, tra un tacchino ripieno, un po’ di agnolotti,<br />

panettoni, pandori, torroni, auguro un felicissimo Natale ed<br />

un fausto Nuovo Anno, augurandovi altresì di realizzare la vera<br />

felicità, che consiste nel desiderare le cose che si hanno.<br />

Il Vostro natalizio Capo <strong>Gruppo</strong><br />

Fedeli e presenti da cinquant’anni<br />

Sono le otto. <strong>Milano</strong> dorme. O, meglio, dormono quelli che di<br />

qui a qualche ora riempiranno queste vie del centro, decorate con<br />

le luminarie, con le luci dei negozi accese anche di notte. Dormono<br />

quelli che fino a ieri sera e poi di nuovo più tardi nel pomeriggio<br />

correranno per gli ultimi acquisti natalizi. Dormono i barboni<br />

chic che hanno la loro esclusiva residenza di cartone in Largo<br />

Corsia dei Servi.<br />

Chi non dorme sono gli addetti dei trasporti (si sente vibrare l’asfalto<br />

al passaggio della Metropolitana), alla pulizia, e … gli <strong>Alpin</strong>i!<br />

Questi dovrebbero esserci, ma, dove sono? Qualcuno si<br />

scalda nei bar con un ultimo cappuccino bollente prima di arrivare<br />

in Piazza Fontana, dietro al Duomo, luogo previsto per l’ammassamento.<br />

Sono però pochi, meno dell’anno scorso. Sarà il<br />

freddo che li ha tenuti lontani?<br />

Da Piazza Fontana si muove, ruotando dietro all’abside dai finestroni<br />

gotici, il piccolo corteo, con vessilli, gagliardetti e lo striscione<br />

dei Donatori del Sangue. Sul sagrato del Duomo, già transennato<br />

in vista anche di una manifestazione di protesta che si<br />

dovrebbe tenere nel mezzogiorno, sono inquadrati gli <strong>Alpin</strong>i in<br />

armi, le fanfare, e via via che arrivano, i vessilli, i gagliardetti,<br />

altri striscioni (quello che ricorda Peppino Prisco, che stava in<br />

posizione defilata, viene chiamato ad una postazione di maggiore<br />

visibilità). Ma gli <strong>Alpin</strong>i, quelli che non debbono rappresentare il<br />

loro <strong>Gruppo</strong>, la loro Sezione, dove<br />

sono? Le mogli o compagne, dove<br />

sono? I bambini? Il folto pubblico<br />

cui siamo, forse senza motivo, abituati,<br />

dov’è? Eppure questa di oggi<br />

sarà la cinquantesima volta che si<br />

vogliono commemorare gli <strong>Alpin</strong>i e<br />

tutti i soldati caduti per la Patria in<br />

tempo di pace e di guerra. In cinquant’anni<br />

questa S. Messa è stata<br />

celebrata qui a <strong>Milano</strong>, in centro, nel<br />

Tempio Civico di S. Sebastiano in<br />

via Torino, in S. Carlo al Corso in<br />

Corso Vittorio Emanuele, con crescente<br />

partecipazione di pubblico<br />

tanto da guadagnarsi, alla fine, l’onore<br />

e l’onere della Cattedrale e,<br />

ultimamente, della celebrazione<br />

presieduta da S.E. il Cardinale Dio-<br />

nigi Tettamanzi.<br />

Uscendo dalla cornice della Galleria<br />

Vittorio Emanuele, si inserisce nello<br />

schieramento il Labaro della Associazione<br />

Nazionale <strong>Alpin</strong>i, scortato<br />

Il presidente Perona e il<br />

generale Novelli attendono il<br />

momento di “entrare in<br />

scena” per la Rassegna dello<br />

Schieramento<br />

<strong>Alpin</strong> del Domm – 1


da tutto il Consiglio. Passano in rassegna<br />

gli inquadrati il Generale di C.A. Armando<br />

Novelli, Comandante delle Truppe<br />

<strong>Alpin</strong>e e il Presidente Corrado Perona.<br />

Poi, dopo l’Alzabandiera, con ordine, si<br />

entra in Duomo: sono presenti molte autorità<br />

civili e militari. Per la Città di <strong>Milano</strong>,<br />

in rappresentanza del Sindaco Letizia Moratti,<br />

il Vicesindaco Dr. Riccardo De Corato.<br />

Per la Provincia di <strong>Milano</strong>, in rappresentanza<br />

del Presidente Filippo Penati,<br />

l’assessore Alberto Grancini. Per la Regione<br />

Lombardia, in rappresentanza del<br />

Presidente Roberto Formigoni, l’assessore<br />

Piergianni Prosperini. Tra le autorità militari,<br />

il Generale C.A. Bruno Job, Comandante<br />

delle Forze Operative Terrestri, il<br />

Generale Camillo De Milato, Comandante<br />

del Comando Militare dell’Esercito Lombardia,<br />

il Dr. Antonio Bufano, Comandante<br />

del Compartimento Lombardia della<br />

Polizia Stradale, il Colonnello Giuseppe<br />

Affini, Comandante della Scuola Militare<br />

Teulié, il Maggiore Ferruccio Martinetti,<br />

del Comando 1 a Regione Aerea, il Generale.<br />

Cassano Vice Presidente Nazionale e<br />

Presidente Provinciale del Nastro Azzurro.<br />

In rappresentanza della CRI dieci crocerossine.<br />

Tra gli <strong>Alpin</strong>i, il Generale Serra,<br />

Comandante della Julia e il Generale Bruno<br />

Petti, Comandante del <strong>Centro</strong> Addestramento<br />

<strong>Alpin</strong>o.<br />

Ecco dove sono gli <strong>Alpin</strong>i! Ecco le compagne,<br />

ecco i bambini. Il Duomo è ricolmo<br />

di persone, fino all’ultima fila. Anche<br />

nelle navate laterali e nel transetto si fatica<br />

a trovare posto. Si nota il silenzio, il raccoglimento,<br />

favorito dalla maestosità delle<br />

campate, dallo splendore dei teleri che<br />

raccontano la vita di S. Carlo Borromeo.<br />

La luce rosso-dorata penetra dalle vetrate<br />

istoriate. E mentre con la processione dalla<br />

sacrestia all’altare si avvia la celebrazione,<br />

il Coro ANA della Sezione di <strong>Milano</strong><br />

intona: “Ai preat la biele stele … che il<br />

Signor fermi la guere”. Per questo sono<br />

tutti qui: per ricordare chi dalla “guere” è<br />

stato rapito, chi ha combattuto ed è caduto<br />

dove la sua Patria lo ha destinato. Ricordano,<br />

di riflesso, anche coloro che sono<br />

rimasti orfani o vedove, e chi ha dovuto<br />

loro dare loro la triste notizia.<br />

Sua Eminenza il Cardinale, documentatis-<br />

Ecco gli impavidi eroi che da anni si svenano.<br />

Non voglio far nomi, ma qualcuno ha anche<br />

paura dell’ago ...<br />

2 – <strong>Alpin</strong> del Domm<br />

Un piccolo scorcio della gran copia di<br />

gagliardetti presenti<br />

simo su come gli <strong>Alpin</strong>i onorano i morti<br />

aiutando i vivi, in Patria ed all’estero, riprende<br />

le letture di Isaia (dite agli smarriti<br />

di cuore: “coraggio!”), di S. Giacomo (la<br />

venuta del Signore è vicina!) e del Vangelo<br />

(sei tu quello che deve venire? i ciechi vedono,<br />

i muti parlano …) e invita ad aprire il<br />

cuore all’Amore di Dio, a proclamarlo ed a<br />

testimoniarlo, andando incontro a chi ha<br />

bisogno, facendo sbocciare nella quotidianità<br />

il miracolo dell’Amore e della Speranza:<br />

“la sorgente sta nel cuore, capace di donare<br />

se stesso agli altri, per i bisognosi”.<br />

La Santa Messa continua. La cinquantina di<br />

vessilli sezionali schierati e gli oltre centocinquanta<br />

gagliardetti disposti lungo tutta la<br />

navata centrale allo squillo di tromba si alzano<br />

per l’elevazione e poi, con un felice<br />

qui pro quo, in attesa della Preghiera dell’-<br />

<strong>Alpin</strong>o (che tra l’altro il coro aveva proposto<br />

in canto), per la preghiera in vista della<br />

canonizzazione di Don Carlo Gnocchi:<br />

“Signore Iddio,<br />

che sei glorificato nei Tuoi Santi,<br />

concedi che possa risplendere nella Tua<br />

Chiesa<br />

la luce eroica delle virtù del Tuo Servo<br />

don Carlo Gnocchi,<br />

il quale, sulle orme di Cristo Maestro e Sacerdote<br />

Ti ha amato e servito nei “piccoli”,<br />

nel servizio educativo e pastorale,<br />

nella dedizione al “dolore innocente”<br />

degli orfani, dei mutilatini, dei vulnerati<br />

nel corpo e nello spirito.<br />

Per i Suoi meriti e per la Sua intercessione<br />

Concedi la grazia che con fiducia ti chiediamo.<br />

Per Cristo nostro Signore.”<br />

Dopo il congedo, sfilano di nuovo fuori sul<br />

sagrato gagliardetti, vessilli e gonfaloni.<br />

Quanti sono! e quanti <strong>Alpin</strong>i sindaco! Sarà<br />

il senso del dovere? In prima fila, dopo <strong>Milano</strong>,<br />

Provincia e Regione, c’è Sesto San<br />

Giovanni, decorato di Medaglia d’Oro. Iniziano<br />

le allocuzioni, quelle di saluto del<br />

Presidente della Sezione di <strong>Milano</strong> Giorgio<br />

Urbinati che, con allusioni al tempo prospero,<br />

lascia la parola all’assessore regionale<br />

Prosperini. Questo, pur lombardo, arringa la<br />

folla come un tribuno romano. Poi l’assessore<br />

provinciale Grancini ringrazia gli <strong>Alpin</strong>i<br />

per quello che fanno per la comunità, non<br />

solo in occasione di calamità ma anche<br />

tutti i giorni. Chiaro è il riferimento alla<br />

Protezione Civile, di cui un plotoncino è<br />

sulla sinistra della piazza. Il vicesindaco<br />

De Corato sottolinea il richiamo allo spirito<br />

di servizio che gli <strong>Alpin</strong>i, con la loro<br />

manifestazione, fanno alla città ogni anno,<br />

sotto Natale.<br />

Lo speaker introduce l’oratore “ufficiale”:<br />

è sempre difficile prendere il posto di Peppino<br />

Prisco, con la sua mordente ironia.<br />

Quest’anno è Tito Dagrada, amico di Peppino,<br />

che racconta il momento da cui prese<br />

le mosse questa S. Messa. L’occasione<br />

fu un incontro, negli anni ’50, nello studio<br />

legale di Prisco, ove era presente anche<br />

don Carlo Gnocchi, che con voce sottile<br />

diceva la sua stanchezza del prendere ogni<br />

sabato la sua macchina per inerpicarsi<br />

sulle strade di una Valle (Valcamonica?<br />

Valtellina? Valchiavenna?) e poi in valli<br />

laterali, sempre uguali, per arrivare dopo<br />

uno sterrato, sempre uguale, ad una cascina,<br />

sempre la stessa, dove lo aspettava una<br />

donna vestita<br />

di nero cui<br />

raccontare<br />

(mentendo) di<br />

belle morti<br />

con la parola<br />

“mamma”,<br />

sulle labbra di<br />

giovani partiti<br />

forti e baldanzosi<br />

ed ora<br />

morenti in<br />

terre lontane.<br />

E don Gnocchi,nonostante<br />

dicesse “se<br />

Schieramento al Sacrario di<br />

piazza Sant’Ambrogio<br />

Cristo non mi aiuta, non ce la faccio più”,<br />

si chiedeva che sarebbe successo della<br />

memoria di questi morti, quando non ci<br />

fossero più state persone come lui. I Caduti<br />

sarebbero diventati solo nomi freddi su<br />

lapidi fredde. Questo episodio, unito al<br />

ricordo spesso ossessivo dei Reduci di<br />

Russia, è stato l’origine della Messa per i<br />

Caduti.<br />

Gli <strong>Alpin</strong>i ora sono tantissimi, e nello<br />

sfilamento verso il Sacrario debbono essere<br />

divisi in tre blocchi. Il Servizio d’Ordine<br />

è preciso nell’assegnare ad ognuno il<br />

suo posto. Le tre fanfare (<strong>Alpin</strong>i in Armi,<br />

Congedati della Cadore e Civica di Abbiate<br />

Guazzone) sono dislocate a debita distanza,<br />

gli striscioni in modo che siano<br />

visibili (Donatori di Sangue, Giovani con<br />

due striscioni, Battaglione Val d’Intelvi).<br />

Al Sacrario i momenti conclusivi: la deposizione<br />

della Corona e il Silenzio, toccante<br />

come sempre. La cerimonia è finita. Ovunque<br />

ci si stringe le mani, ci si abbraccia.<br />

“Buon Natale”, “All’anno prossimo”,<br />

“Hai visto dov’è Bepi? ha la fodera del<br />

gagliardetto!”<br />

Paul Wilcke


Ricordare Peppino Prisco è facile. Bastano<br />

poche parole:: alpino, avvocato, milanese,<br />

interista.<br />

Sottotenente del glorioso 9° Reggimento<br />

<strong>Alpin</strong>i durante la campagna di Russia, decorato<br />

di medaglia d’argento al valor militare e<br />

della croce di ferro germanica.<br />

Dirigente di prima importanza dell’Associazione<br />

Nazionale <strong>Alpin</strong>i, Presidente dell’Ordine<br />

degli Avvocati di <strong>Milano</strong> per oltre 14<br />

anni, Vice presidente storico dell’Inter …<br />

anima autentica del popolo nerazzurro,<br />

cittadino illustre e benemerito della città di<br />

<strong>Milano</strong>. Uomo dotato di una straordinaria<br />

ironia che lo rendeva simpatico anche al più<br />

accanito contraddittore. Questi sono i principali<br />

titoli del nostro Peppino, che dicono<br />

molto e nulla nella stesso tempo. Se a tutto<br />

questo si aggiunge la “Russia”, forse,<br />

alcune sfumature si comprendono<br />

meglio.<br />

Sessantacinque anni fa, proprio di<br />

questi giorni, il giovane sottotenente<br />

Peppino Prisco diveniva maggiorenne<br />

nella sconfinata desolazione della<br />

steppa russa. Era al caldo, nei rifugi<br />

presso il Don che gli alpini approntato<br />

per l’inverno. Il Battaglione L’Aquila<br />

era di rincalzo, nelle retrovie,<br />

lontano dai combattimenti. Quella<br />

sera avrà festeggiato con i suoi alpini,<br />

semplicemente con un bicchiere di<br />

vino attorno ad una stufa, cantando<br />

qualche canzone e pensando alla casa<br />

lontana con una punta di malinconia.<br />

Certo non sapeva che di lì a 5 giorni si sarebbe<br />

trovato catapultato direttamente nella<br />

più tragica e dura esperienza che la storia<br />

militare ricordi, esperienza che lo avrebbe<br />

segnato per sempre.<br />

Non poteva sapere che, dopo pochi giorni,<br />

lo avrebbero caricato in fretta e furia su<br />

un’autocarretta, per trasferirlo a Selèny Jar,<br />

il quadrivio insanguinato.<br />

Non sapeva che si sarebbe trovato a combattere<br />

per circa un mese all’aperto, con una<br />

semplice coperta per ripararsi dal freddo<br />

terribile.<br />

Non poteva sapere che avrebbe visto i suoi<br />

alpini morire, uno ad uno, pur di non lasciare<br />

terreno al nemico, spinti solo dalla consapevolezza<br />

di dover fare fino in fondo il loro<br />

Un alpino nel pallone<br />

dovere per proteggere i fratelli al fronte.<br />

Non sapeva che, dopo poco più di un mese,<br />

avrebbe fortunosamente affrontato il tragico<br />

ripiegamento e le gigantesche battaglie che<br />

servirono a rompere l’accerchiamento e tornare<br />

finalmente a baita.<br />

Ma quello che non poteva certo immaginare,<br />

quella sera del 10 dicembre del 1942, era che,<br />

una volta tornato a casa, quella stessa Italia<br />

che in Russia lo aveva mandato, avrebbe fatto<br />

di tutto per nasconderlo e per dimenticare il<br />

sacrificio degli alpini e dei soldati italiani morti<br />

e dispersi nella steppa o ancora detenuti<br />

negli orrendi campi di sterminio sovietici.<br />

Peppino Prisco, come tanti altri e più di tanti<br />

altri, non si è perso d’animo e ha fatto tutto<br />

quello che ha potuto, non solo per evitare che<br />

un simile sacrificio fosse dimenticato, ma<br />

anche per continuare ad essere un buon italiano<br />

e per ricostruire un’Italia migliore, fondata<br />

su quei sentimenti e quei valori che proprio<br />

nella steppa di Russia erano stati sublimati.<br />

Ed allora ha messo a disposizione le proprie<br />

energie, la propria fama, la propria notorietà,<br />

la cultura e la potenza della sua dialettica, per<br />

imporre ad una società sempre più distratta il<br />

culto della memoria.<br />

Lo ha fatto con semplicità, concretezza e<br />

tenacia, doti che mai sono mancate agli alpini.<br />

Lo fatto, anzitutto, con l’esempio, lavorando<br />

con coscienza e scrupolo.<br />

Lo ha fatto con la devozione che ha sempre<br />

mostrato nei confronti della sua famiglia, e di<br />

tutti i sodalizi che lo hanno visto protagonista:<br />

l’Associazione Nazionale <strong>Alpin</strong>i, l’Ordine<br />

degli Avvocati e l’Inter: i suoi tre grandi<br />

amori.<br />

Lo ha fatto andando a trovare le famiglie<br />

dei suoi alpini abruzzesi, anche solo per<br />

portare l’ultimo abbraccio e una parola di<br />

conforto.<br />

Peppino Prisco, insomma, è stato semplicemente<br />

un uomo straordinario: amico di<br />

tutti, disponibile con tutti e sempre pronto a<br />

dare una mano o anche solo a regalare un<br />

sorriso.<br />

Era un uomo di altri tempi: affrontava tutto<br />

con profonda serietà e tenacia in una società<br />

dove tutto è superficiale; sapeva scherzare<br />

in una società dove ogni sciocchezza assume<br />

il tono della tragedia, perché sapeva<br />

bene cosa fosse la tragedia per averla vissuta<br />

sulla sua pelle.<br />

Sapeva parlare al cuore delle persone in<br />

una società dove nessuno cerca più di<br />

comunicare i sentimenti. Sapeva ascoltare<br />

e stare con tutti: dall’illustre collega,<br />

al contadino dell’ultima malga, senza<br />

distinzione.<br />

Mi sono spesso fermato a pensare<br />

quanto fosse strano che l’Ordine degli<br />

Avvocati di <strong>Milano</strong>, che Peppino Prisco<br />

ha presieduto per 14 anni consecutivi,<br />

o che l’Inter, della quale era stato<br />

un vero e proprio pilastro, non avessero<br />

organizzato nulla per ricordarne la<br />

prestigiosa figura nel 5° anniversario<br />

della scomparsa.<br />

Pensandoci bene, però, ho compreso<br />

che era giusto e naturale così, che non si è<br />

trattato di dimenticanza o di scarsa considerazione.<br />

Semplicemente credo che sia dipeso<br />

dal fatto che, nonostante siano passati<br />

più di cinque anni, ne percepiamo ancora la<br />

presenza con forza immutata tanto che, se<br />

ad un tratto, dovessimo incontrarlo per<br />

strada, nessuno di noi si stupirebbe più di<br />

tanto.<br />

E’ stata, per tutti noi, così forte e determinante<br />

la sua personalità e così importanti gli<br />

insegnamenti che ne abbiamo tratto, che la<br />

semplice dipartita dalla materialità terrena<br />

non ci ha privato della sua presenza.<br />

Del resto gli uomini straordinari non ci<br />

lasciano mai.<br />

Cesare Lavizzari<br />

Peppino Prisco nel ricordo<br />

di Silvio Anselmi<br />

Il “mito” era lui, che con papà anche lui <strong>Alpin</strong>o, ghisa e interista aveva stretto un rapporto meraviglioso di vera amicizia alpina<br />

sin dai tempi della presidenza Belotti.<br />

Con lui che da <strong>Alpin</strong>o aveva introdotto il mio papà ai convivi degli Avvocati, avevo avuto solo pochi contatti.<br />

Ma non potrò mai dimenticare la Sua figura, quel ghigno degno del miglior Caravaggio, che sprigionava un magnetismo ineguagliabile.<br />

Ti faceva sentire suo pari, pur nella differenza del rango, con la capacità di intercettare e coinvolgere chiunque lo avvicinava.<br />

Da mio papà interista della prima ora, che aveva, come calciatore, calcato il campo dell’Ambrosiana FiC dell’Acquabella,<br />

ho ereditato la passione per il nerazzurro.<br />

Ci eravamo incontrati allo stadio (vecchio San Siro) e a papà aveva anche inviato un opuscolo sulle glorie nerazzurre!<br />

Ma la lezione più bella è sempre stata un riferimento trasversale di mio padre per l’Uomo, l’Avvocato, l’<strong>Alpin</strong>o con i tormenti per<br />

tutti quelli che non era riuscito a riportare a Baita. Nella saga del Suo ricordo, per sempre grazie Avvocato Prisco!<br />

<strong>Alpin</strong> del Domm – 3


4 – <strong>Alpin</strong> del Domm


<strong>Alpin</strong> del Domm – 5


6 – <strong>Alpin</strong> del Domm


Il pastorello dalla sciarpa rossa si risvegliò<br />

lentamente, depose ai suoi piedi l’agnellino<br />

che teneva sempre al collo e allungò le<br />

braccia per sgranchirsi.<br />

Ogni anno, durante la Notte Santa, per<br />

un’ora, tutte le statuine del presepe avevano<br />

la possibilità di muoversi, parlare e<br />

spostarsi ovunque, insomma di sentirsi<br />

vive.<br />

Il pastorello si guardò intorno, aspettandosi<br />

di vedere il solito brulicante movimento<br />

e di udire una miriade di rumori<br />

conosciuti. Ma, questa volta, sul grande<br />

tavolo non c’era nulla, a parte tante scatolette<br />

vuote e coperchi rovesciati in disordine,<br />

mentre le cordicelle che le avevano<br />

tenute legate pendevano fuori dai bordi<br />

del ripiano, in un’atmosfera di tristezza e<br />

di abbandono. Il tutto era avvolto dalla<br />

penombra.<br />

Invece del vocio dei pastori e del suono<br />

dei campanacci e delle cornamuse, solo il<br />

silenzio. O, meglio, tendendo bene l’orecchio,<br />

gli pareva di udire un brusio lontano<br />

e soffocato, proveniente dal basso.<br />

Spinto dalla curiosità, decise di controllare<br />

di persona.<br />

Si rimise al collo l’agnellino e, aggrappandosi<br />

ad una corda, si lasciò scivolare fino<br />

a terra, scostò il drappo di velluto che<br />

ricopriva il tavolo … e subito il cuore gli<br />

si allargò: ecco dove erano finiti tutti!<br />

Il presepe si trovava sotto il tavolo, protetto<br />

e nascosto come in una catacomba.<br />

Come al solito era illuminato dalle stelline<br />

che occhieggiavano in cielo e dalle fioche<br />

lanternine rosse appese agli angoli delle<br />

SPIRITO NATALIZIO<br />

casupole, il muschio ricopriva le rocce e<br />

cascatelle argentee di carta stagnola lambivano<br />

i ponticelli sospesi sui burroni. Si avviò<br />

sul sentiero ricoperto di sassolini bianchi,<br />

delimitato da staccionate di rametti<br />

intrecciati, oltrepassò una stia di maialini e,<br />

dopo aver deposto a terra l’agnellino, prese<br />

la rincorsa per la solita scivolata sulla superficie<br />

del laghetto che rifletteva la sua immagine<br />

come uno specchio, riuscì ad evitare la<br />

fila delle ochette e, giunto sull’altra riva,<br />

salutò la giovane lavandaia intenta a sciacquare<br />

i panni. Incrociò un carretto stracolmo<br />

di fieno trainato da un asinello e si diresse<br />

al pozzo, nel quale calò il secchio,<br />

così, solo per divertirsi.<br />

Accarezzò con lo sguardo le capanne dei<br />

pastori e l’aia, sulla quale razzolavano galline,<br />

galli, pulcini; notò gli indumenti di carta<br />

velina colorata distesi ad asciugare, la ruota<br />

del mulino che girava, il mugnaio al lavoro,<br />

i sacchi di farina e, più su, il cardatore con i<br />

mucchi di lana e il garzone del panettiere<br />

che reggeva un lungo asse con i grossi pani<br />

appena sfornati.<br />

Li aveva ritrovati proprio tutti. Riconosceva<br />

i suoni famigliari: i belati, i ragli, i muggiti, il<br />

suono ritmato prodotto dal fabbro che colpiva<br />

l’incudine, i vari richiami.<br />

E là, in fondo, la grotta che tanto lo affascinava,<br />

con quella corona di angioletti cantori<br />

e la Madonna dal manto azzurro, inginocchiata<br />

in atteggiamento di protezione e adorazione,<br />

davanti a Gesù Bambino.<br />

Era abituato a quel mondo, un mondo in<br />

cui il giorno e la notte convivevano armoniosamente<br />

e tutto era gioia e serenità.<br />

Ma il tempo che le statuine avevano a<br />

disposizione per muoversi era scaduto.<br />

Esse avevano appena riacquistato la loro<br />

immobilità che il drappo di velluto venne<br />

scostato da quattro manine, due bianche e<br />

due color caffelatte e due visi infantili,<br />

uno chiaro e uno scuro, apparvero.<br />

“Adesso purtroppo dobbiamo disfarlo<br />

perché, se le maestre si accorgono che<br />

abbiamo disubbidito, ci sgridano,” disse<br />

Emiliano, “quest’anno è vietato fare il<br />

presepe.” “Sono contento di averti aiutato,”<br />

disse Farid, “è stato molto divertente,<br />

mi hai insegnato tante cose interessanti e<br />

adesso siamo più amici di prima. Peccato<br />

però non poterlo mostrare a tutti! Quando<br />

verrai a casa mia, a Kabul, io ti insegnerò<br />

a costruire gli aquiloni, a farli volare<br />

facendoli risalire quando stanno precipitando<br />

e a fare i combattimenti. Imparerai<br />

a scortecciare i bambù per l’intelaiatura, a<br />

immergere il filo nella miscela di vetro<br />

polverizzato e colla e a ritagliare la carta<br />

velina. Ti piacerà vedrai, anche se alla fine<br />

avrai dei taglietti sulle mani. Anche questa<br />

è una tradizione bellissima, ma i grandi<br />

spesso la proibiscono, purtroppo.”<br />

Il pastorello dalla sciarpa rossa, prima di<br />

addormentarsi completamente, udì le<br />

parole dei bambini, fece alcune riflessioni,<br />

e concluse: “I bambini sono molto più<br />

saggi dei grandi … un mondo guidato da<br />

loro funzionerebbe a meraviglia … speriamo<br />

che … l’anno venturo …” E si<br />

abbandonò ad un sogno bellissimo, un<br />

sogno lungo dodici mesi.<br />

Ornella<br />

SQUILLI DI TROMBA: CADORE A MILANO<br />

Si è tenuto sabato 15 dicembre, presso<br />

il Teatro dal Verme, il magnifico con‐<br />

certo della Fanfara dei Congedati della<br />

Brigata <strong>Alpin</strong>a Cadore.<br />

La Sezione di <strong>Milano</strong>, con la collabora‐<br />

zione della Fondazione Don Carlo<br />

Gnocchi, l’Associazione Donatori di<br />

midollo osseo (ADMO) e con il patro‐<br />

cinio della Provincia di <strong>Milano</strong> e Re‐<br />

gione Lombardia, ha organizzato in<br />

modo impeccabile l’evento, riscal‐<br />

dando – ed era proprio necessario,<br />

visto il freddo polare che ha attana‐<br />

gliato <strong>Milano</strong> – i numerosissimi pre‐<br />

senti.<br />

La serata è stata anche occasione per<br />

la presentazione del libro “Il segno<br />

degli <strong>Alpin</strong>i”. Questo libro contiene i<br />

disegni, con i quali gli alunni delle<br />

scuole elementari friulane interpretano<br />

in modo originale (come solo i loro oc‐<br />

chi puri e semplici sanno fare), gli Alpi‐<br />

ni in armi e congedo.<br />

Il Concerto, dopo i vari interventi di<br />

rito, è iniziato con il nostro inno Trenta‐<br />

tre proseguendo con Principe Eugenio,<br />

una Raccolta di Canti popolari (un mix<br />

creato ad hoc), Trenta sold, la Marcia delle<br />

Tofane (con un nuovo arrangiamento<br />

per la fanfara e suonato per la quarta<br />

volta dopo novant’anni di oblio), Fre‐<br />

miti d’Indipendenza (altro mix di mu‐<br />

siche risalenti al 1850/60), la Canzone<br />

del Grappa (in onore alla prossima A‐<br />

dunata), sul Ponte di Bassano, Wien<br />

Bleibt Wien (in omaggio ai Kaiserjae‐<br />

gher), Signore delle Cime, la Leggenda<br />

del Piave, la Colpa Fu e, per concludere<br />

l’Inno di Mameli.<br />

Questo secondo il programma uffi‐<br />

ciale; infatti la Fanfara ha voluto ren‐<br />

dere omaggio al pubblico presente<br />

con la milanesissima O mia bela Ma‐<br />

dunina seguita dalla cadorinissima<br />

La Bella del Cadore.<br />

Insomma: una serata dove anche la<br />

Fanfara ha lasciato … il segno!<br />

Andrea Bianchi<br />

<strong>Alpin</strong> del Domm – 7


L’era tant che se sbatevum pùu inscì per fàa un quaijcoss!<br />

El noster Capo <strong>Gruppo</strong>, l’avocat, ti houì un Roman trepiantàa chi al Nord, una sera d’un mes fàa,… el dàa i numer.<br />

El vegn fòra stò “ fijo de ‘na lupa” (no vun de quei là) con la trouvada de combinà una serada in Milanes.<br />

T’e dit nagott! Un cenacol, me ghe ciamum num de Porta Ticines.<br />

Perché lùu, a furia de vess chi, ghe se missciàa el sang e ghe piass sentì parlà el nost dialett.<br />

Sem mis in ses malnatt e em tràa a l’ari un gibillèe.<br />

Alora sotta a cù bijott! Em scominciàa a legg, a copià, scernì i paroll e i poesii del nos Milan.<br />

M’ha ciapàa a tücc la frenesia, cont l’incouragiament del Zanocoli ( ma è bellissimo… l’è una antologia), la voija del<br />

Marchesi che in del fratemp el g’ha vùu la dislippa de la sua mamma, el piasè de lavouràa col Profesur, l’ansia che non i<br />

vegniss i sonador, corgess la sira prima … che g’hera no el telon di projezion. Andàa a tòo i paneton; met giò i cadreggh…<br />

saran assèe?<br />

Taija e medega, finalment em mis in pèe el spetacol !<br />

Finalment come di fioulett, sem presentà; em dit i nost robett, canta, sounàa e per finila ghem fina vùu el piasèe che la<br />

gent, poussè de quela che speciavum, la sera divertida.<br />

Adess che sem che l’idea la quaija, pouderem prouvà a fàa un quaijcoss pussè, centrà ben l’argoument… per remescià la<br />

storia del nos Milan e de la soa gent.<br />

La Compagnia dj Baltrescan<br />

È uscito l’ultimo CD del coro ANA<br />

della Sezione di <strong>Milano</strong> dal titolo<br />

“La preghiera degli <strong>Alpin</strong>i”<br />

Per la prima volta la nostra preghiera<br />

(quella tradizionale, ovviamente)<br />

viene messa in musica.<br />

Qui troverete una doppia versione, a<br />

cappella o accompagnata dagli strumenti.<br />

Son belle entrambe.<br />

8 – <strong>Alpin</strong> del Domm<br />

Assemblea del<br />

<strong>Gruppo</strong><br />

Domenica<br />

20 Gennaio 08<br />

Ore 10.30 in Sede<br />

Segue aperitivo e,<br />

per chi si prenota,<br />

il pranzo sociale.<br />

L’appuntamento è<br />

immancabile!<br />

Anche la scalcinata Redazione di<br />

questi quattro fogli in croce vuole<br />

fare gli auguri ai suoi lettori aficionados.<br />

Quindi: che il prossimo Santo<br />

Natale sia occasione di letizia e di<br />

(piccole) gioie; che a San Silvestro<br />

buttiamo dalla finestra (usanza del<br />

Sud) un nostro difetto; che il 1° gennaio<br />

sia davvero la Giornata della<br />

Pace, inizio di un anno stupendo.<br />

Luca e Paul<br />

Tempo di austerity per tutti.<br />

Babbo Natale “arrotonda”<br />

il magro bilancio posando “nature”

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