Il Conservatorio delle Fieschine: un esempio di Welfare nel Settecento

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e e vagamente spregiativo, di “donna attempata non ancora sposata”. Della vita di Domenico Fieschi (1682- 1762) non si è scritto molto. Apparteneva al ramo dei conti di Savignone della grande famiglia guelfa, che ha dato alla Chiesa due papi, Innocenzo IV e Adriano V, e innumerevoli cardinali, e della quale un dotto saggio di Marina Firpo, fresco di stampa nella collana di studi della Fondazione Conservatorio Fieschi – La famiglia Fieschi dei conti di Lavagna – ripercorre la vicenda due e trecentesca. Sposo di Giovannetta Pinelli, ebbe da lei una figlia, mancata in tenera età e fu senatore estratto nel 1741 e nel 1748. Una bella tesi di laurea di Guido Zucchini Solimei, del 1997, Nuovi interventi per l’assistenza genovese: il Conservatorio delle Fieschine, ha ripercorso invece con grande rigore la storia originaria dell’istituto, richiamando alcuni punti importanti sia in sé sia in relazione con la questione storiografica del Welfare genovese del Settecento. Scrive Zucchini Solimei Storia che le fanciulle alle quali doveva essere data la precedenza erano «quelle prive di entrambi i genitori, dovevano avere un’età compresa tra i dodici e i vent’anni ed essere state battezzate a Genova. L’essere cittadino genovese di nascita è un requisito co- stante richiesto dagli istituti benefici genovesi tanto da suscitare in alcuni dubbi sul reale disinteresse dell’intervento caritativo». Piuttosto, questa norma sembra portare in primo piano l’oggettiva inarginabilità con gli strumenti caratteristici del Welfare genovese dell’emergenza – già sensibile prima del XVIII secolo e particolarmente incisiva ancora nel XIX secolo – dei fenomeni di inurbazione e di nomadismo gravitanti sullo spazio metropolitano. Una delle specializzazioni artigianali delle “fieschine” fu la creazione di fiori “artificiali”. Il fondatore del Conservatorio, del resto, aveva idee assai chiare, e in parte convergenti con quelle di chi puntava a una revisione illuminata del sistema caritativo-assistenziale, sulla destinazione del beneficio. Domenico Fieschi, scrive ancora Zucchini Solimei, vuole le fanciulle «capaci “di qualche abilità” e di apprendere “qualche lavoro per guadagnarsi il pane a suo tempo”, in sostanza di imparare un mestiere che le rendesse autosuf- 37
ficienti, escludendo assolutamente dall’attività dell’istituto quella di assistere “le invalide e le inferme”». Un’offerta di “opportunità”, dunque, piuttosto che un semplice ricovero caritativo: e a questo punto si legava anche la volontà di mantenere l’istituto «sotto la protezione del Serenissimo Governo», evitando ingerenze ecclesiastiche: le “fieschine” non dovevano assumere le forme di una comunità religiosa e dovevano essere libere di rientrare nella società, per farne pienamente parte con un proprio ruolo e una propria collocazione. Del resto, soltanto alcuni anni dopo la creazione di questo Conservatorio, anche l’Albergo dei Poveri avrebbe adottato regole non troppo diverse. Con questo progetto, il Conservatorio è rimasto in 245 anni di storia la più importante istituzione filantropico-assistenziale privata di Genova, capace fino a oggi di rinnovarsi nel tempo, sotto la direzione della famiglia Fieschi e dal 1829 sotto l’amministrazione dei suoi eredi più diretti. Gente schiva, come doveva essere Domenico Fieschi, e non bramosa di apparire alla gloria del mondo per la propria attività benefica, al punto di pregare chi scrive di serbarla nell’anonimato; gente che senza clamori – ma con entusiasmo e umano calore – cerca da sé o attraverso segnalazioni discrete (per sottrarsi ai rischi di deteriori compiacenze, caratteristici di tanti “carrozzoni” assistenziali), con caparbia sensibilità i soggetti da aiutare, che adesso non sono più le “zitelle”, ma giovani meritevoli ai quali offrire un’occasione di studio. Il Conservatorio Fieschi, dilà delle benemerite sue attività, s’identifica anche con un sito architettonico importante nel paesaggio urbano genovese, fin già per dimensioni, 16 mila metri quadrati. L’edificio, la cui prima pietra ven- A fronte: I ritratti di Domenico Fieschi, fondatore del Conservatorio, e della moglie Giovannetta Pinelli. Sotto: “Sansone e Dalila” di Giovanni Raffaele Badaracco. 38 Storia
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Page 7: ne posta nel gennaio 1763 e che ven
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