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Benvenuti a “Novolandia”, città nella città - Il Reporter

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8 Aprile 2009<br />

l’inchiesta<br />

REPORTAGE. Nei due lotti del villaggio dell’Argingrosso vivono 440 persone<br />

Viaggio <strong>nella</strong> terra degli “zingari”<br />

Le casette di legno hanno poco a che vedere con le roulotte sgangherate<br />

del nostro immaginario, i bimbi scorrazzano negli spiazzi e molti degli adulti lavorano.<br />

Certo, le contraddizioni ci sono. Ma tanti luoghi comuni si sbriciolano in poche ore<br />

Giulia Righi<br />

Dici campo nomadi e ti viene in mente<br />

una cartolina sporca, fatta di capanne<br />

sudicie e roulotte sgangherate. Sbagliato,<br />

il luogo comune è da riedificare<br />

daccapo. Almeno qui, a Firenze. Ore quindici di<br />

un giorno a caso. Al Poderaccio non c’è un campanello<br />

da suonare. Ci si arriva trotterellando su<br />

una salita che si arrampica sulla collina, volti una<br />

curva e cambi mondo. Entri in un altro, governato<br />

da leggi uguali e diverse da quelle del “fuori”.<br />

<strong>Il</strong> villaggio del Poderaccio (nota bene: villaggio,<br />

non campo), lotto due, comincia con un bar. Con<br />

un furgoncino attrezzato, modello lampredottaio,<br />

che vende dolciumi, salatini, specialità etniche.<br />

E alcool. Molto, troppo, alcool, a detta di chi il<br />

villaggio lo conosce bene. Passato il bar, si arriva<br />

tra le case. Casupole, se si vuol essere fiscali.<br />

Bungalow. Tutto insomma, tranne le roulotte che<br />

uno s’immagina. In fila, a schiera, di legno. Chi<br />

ci abita, 440 persone in tutto divise nei due lotti,<br />

per queste case paga un affitto di dieci euro al<br />

mese. Ma questa è un’altra storia. <strong>Il</strong> Poderaccio è<br />

fatto di gente. Tanta gente: del Kosovo e della Macedonia<br />

soprattutto. E la prima cosa che si nota,<br />

entrandoci, è una pioggia di bambini. Nanerottoli<br />

dagli occhi grandi, che scorrazzano da una parte<br />

all’altra, in bici o sui pattini. Giocano, come tutti i<br />

bambini del mondo, si rincorrono, si nascondono.<br />

La base dei loro giochi è una macchina abban-<br />

donata con le ruote a terra. Si rintanano dentro,<br />

fanno cucù dai finestrini e non importa se la tappezzeria<br />

è una distesa di vetri. “State attenti che<br />

vi fate male alle manine” li ammonisce Giuseppina<br />

Baffè, responsabile dell’Ufficio Immigrazione<br />

del Quartiere 4. Giuseppina, detta Giusy, tra i<br />

corridoi del Poderaccio è un’istituzione. Una via<br />

di mezzo tra un’interfaccia con la pubblica amministrazione<br />

e una psicologa. Non si fanno cinque<br />

passi senza che qualcuno la fermi. “Giusy trovi<br />

un lavoro per me?”. “Giusy ma come faccio per<br />

rinnovare permesso soggiorno?”. E soprattutto,<br />

la frase più ripetuta è “Giusy, c’è problema con<br />

bagno”. I bagni sembrano essere la croce degli<br />

abitanti del Poderaccio. <strong>Il</strong> problema, spiega lei, è<br />

che gli scarichi sono comunicanti, e se qualcuno<br />

non li tratta come dovrebbe (pare che dentro ci<br />

finiscano pannoloni e scarpe) ne fanno le spese<br />

tutti. “Tutta la mattina, ho passato tutta la mattina<br />

a pulire. No possibile Giusy”. A parlare è una<br />

donna, una madre di famiglia. “Entrate, venite a<br />

vedere”. Entriamo. Ci si levano le scarpe, per non<br />

sporcare il tappeto. Capito bene. <strong>Il</strong> luogo comune<br />

dello “zingaro sporco” in questo caso si sbriciola<br />

alla svelta. E’ tutto in ordine, le pareti piastrellate<br />

luccicano, non c’è una cosa fuori posto. Accanto a<br />

questa mamma kosovara, c’è il capofamiglia e un<br />

ragazzo adolescente. “Vieni guarda mia camera”.<br />

E’ minuscola, un divanetto e una scrivania. Ma<br />

anche un televisore, un computer e uno stereo. “E’<br />

piccola, ma non ti manca niente”. <strong>Il</strong> ragazzo quasi<br />

si risente. “Guarda che io lavoro”. Ci si siede in-<br />

torno a un tavolo e si beve un caffè. In questa casa<br />

lavorano tutti, ma la crisi fa paura anche qui, e la<br />

mamma cerca rassicurazioni da Giusy, ha paura<br />

di essere licenziata. Un copione simile si ripete<br />

<strong>nella</strong> casetta davanti, ordinata e pulita alla stessa<br />

maniera. Anche qui gli adulti lavorano e i bimbi<br />

vanno a scuola. I lavoratori al Poderaccio sono<br />

tanti. Certo, camminando in giro per il villaggio<br />

scopri che Tizio aspetta un processo, Caio è in<br />

carcere per spaccio. L’occhio cade anche su un<br />

paio di Mercedes fiammanti, e viene da chiedersi<br />

da dove arrivi cotanta ricchezza. “Appartengono<br />

a famiglie di lavoratori”, taglia corto Giuseppina<br />

Baffè. Posta questa contraddizione, resta un<br />

dato: visti da qui, quelli che chiamiamo zingari<br />

non fanno paura. Anche se, fuori le cose stanno in<br />

un’altra maniera e i residenti della zona si lamentano.<br />

Piuttosto sono certe loro dinamiche interne<br />

a spaventare un po’. Come la prassi delle spose<br />

bambine, il mercimonio di giovanissime vendute<br />

alla famiglia del futuro sposo. Spesso arrivano<br />

da altri campi, ancora rigorosamente minorenni.<br />

E al Poderaccio, racconta Giuseppina Baffè, trascorrono<br />

lunghi mesi nell’ombra, <strong>nella</strong> casa dei<br />

suoceri, quasi recluse. “Solo quando partoriscono<br />

in ospedale diventano ‘visibili’, anche se noi<br />

le segnaliamo subito”. Eppure tecnicamente si<br />

tratta di minori non accompagnate, “e proprio<br />

per questo - conclude la responsabile dell’Ufficio<br />

immigrazione- occorrerebbe maggior attenzione,<br />

andrebbe attivato subito l’iter previsto dalla legge<br />

per tutelarle”.<br />

1021292<br />

L’INDAGINE<br />

irenze è terza fra le grandi <strong>città</strong><br />

Fitaliane quanto a “percezione di<br />

sicurezza” da parte dei suoi abitanti.<br />

A raccontarlo è una ricerca sulla percezione<br />

dell’insicurezza fra i cittadini,<br />

realizzata a gennaio e presentata<br />

da poco da Anci-Cittalia a Novara.<br />

Secondo questo dossier il 62 per cento<br />

dei fiorentini considera la sua <strong>città</strong><br />

“molto o abbastanza sicura”. La percentuale<br />

per questo parametro è più<br />

alta solo a Venezia (81 per cento) e a<br />

Cagliari (77 per cento), mentre sotto<br />

di noi s’incontra Genova (55 per<br />

cento), Milano (52 per cento), Torino<br />

e Bologna (51 per cento), Roma (45<br />

per cento), Bari (38 per cento), Palermo<br />

(30 per cento). A chiudere la<br />

lista ci pensa Napoli, dove a sentirsi<br />

sicuro è il 9 per cento dei residenti.<br />

Ad alimentare il senso di insicurezza<br />

per gli abitanti di Firenze concorrono:<br />

la mancanza o la precarietà del<br />

lavoro, la scarsa efficacia della giustizia,<br />

l’aumento delle diseguaglianze<br />

e la crisi economica. Ancora, per i<br />

fiorentini, i fattori che fanno ritenere<br />

un luogo insicuro sono soprattutto lo<br />

spaccio di droga, il pericolo di furti<br />

e scippi e l’alta concentrazione di<br />

immigrati. Curiosa la classifica dei<br />

posti e delle situazioni che invece<br />

fanno sentire tranquilli: Firenze al<br />

Uno scorcio del lotto 2<br />

<strong>Il</strong> 62% degli abitanti si sente tranquillo<br />

Firenze? Terza in sicurezza<br />

primo posto mette “quando si va a<br />

fare la spesa” (7,2), seguito dai “centri<br />

commerciali (6,9) e da “quando<br />

si cammina per le vie del centro”<br />

(6,6). Quanto alla geografia della<br />

sicurezza, il 52 per cento dei fiorentini<br />

considera la propria <strong>città</strong> sicura<br />

“<strong>nella</strong> maggior parte dei luoghi”. <strong>Il</strong><br />

66 per cento ritiene il proprio quartiere<br />

“molto o abbastanza sicuro”,<br />

mentre il 34 per cento “poco sicuro”.<br />

Ma come sono cambiate le cose nel<br />

tempo? <strong>Il</strong> 54 per cento degli abitanti<br />

di Firenze pensa che il suo quartiere<br />

sia sicuro allo stesso modo, mentre<br />

guardando al futuro, il 48 per cento<br />

pensa che il problema sicurezza diventerà<br />

più acuto.<br />

/G.R.

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