“Dove sei, come faccio a stare con te? Come si fa a ... - L'imprevisto

“Dove sei, come faccio a stare con te? 

Come si fa a trovare un altro come te?” 

(...continua in tatzebao) 

(Raffaele) 

OTTOBRE 2012 

Anno X - N.139

EDITORIALE 

PAOLO CEVOLI 

di Silvio Cattarina 

In questo numero capita che parliamo più del solito di Paolo Cevoli. E’ nota la speciale 

amicizia che da tempo lo lega con i ragazzi e con tutto l’Imprevisto. In questo ultimo 

mese peraltro siamo stati chiamati a Piacenza – Paolo Cevoli e noi dell’Imprevisto – a 

parlare della famiglia. 

Durante il mio intervento sentivo la presenza di Paolo, con la coda dell’occhio vedevo 

il suo inconfondibile volto. Mi dicevo: devo nominarlo, devo trovare un modo per 

nominarlo e, nello stesso tempo, per ringraziarlo. 

A un certo punto, mentre esprimevo con foga il mio pensiero circa il valore dei genitori… 

“il loro valore non sta in quel che sono o in quel che fanno ma in quello che portano, 

in quello di cui sono portatori…” ho sbottato: “come Paolo Cevoli quando viene 

a trovare i nostri ragazzi. Con la sua persona è facilissimo equivocare: lui è famoso, 

un uomo di successo, conosciuto, fa sbellicare dal ridere… E’ tutto e solo questo? Io 

penso che i nostri ragazzi sono così contenti, così toccati dalla sua presenza perché 

sì ridono a crepapelle delle sue battute, per quello che dice, che insegna, ma lo sono 

soprattutto perché presi da due domande: 

1- se ci viene a trovare uno come Paolo Cevoli allora chi sono io, quanto valgo, che 

valore ho? 

2 - chi ce lo manda, Chi ci manda un dono di questa portata e perché, per quale compito, 

per quale responsabilità? 

Penso davvero che il valore più grande di ogni persona sia quello che per suo tramite 

si vede e si tocca di molto, molto più grande di lei. Vedere e toccare un segno che passa 

e trapassa la persona che lo porta con sicura certezza e fermo amore. 

Così sicuramente vorrei che anche noi operatori fossimo sempre guardati e accolti dai 

nostri ragazzi. 

SCRIVETECI TESTIMONIANZE, IMPRESSIONI, 

CONTRIBUTI a: 

imprevisto@imprevisto.net 

IL GIORNALINO SI TROVA ANCHE SUL 

NOSTRO SITO: 

www.imprevisto.net

All’attenzione di Silvio Cattarina. 

A nome del Direttivo del Forum Famiglie e di tutte le persone che erano 

presenti domenica a Palazzo Gotico, vorrei dire un grande grazie 

per la vostra presenza tra noi e per la testimonianza di vita che ci avete 

portato e che ci aiuterà sicuramente ad avere uno sguardo diverso nei 

confronti della vita. 

Un caloroso abbraccio a te e tutti i ragazzi. 

Carlo Dionedi -- vice-presidente Forum Famiglie Piacenza 

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8 Mercoledì 12 settembre 2012 il nuovo giornale 

Speciale 

GrandeFesta 

dellaFamiglia 

DOMENICA 

16 SETTEMBRE 

Palazzo Gotico 

“M 

i faccio”. L’espres- 

sione più comune 

tra i tossicodipen- 

denti Silvio Catta- 

rina non l’ha mai digerita. Al 

punto da dedicare la sua vita 

alla lotta contro la droga. 

Classe 1954, trentino, socio- 

logo e psicologo, Silvio si av- 

vicina al mondo della tossico- 

dipendenza come operatore 

nella Comunità terapeutica di 

Gradara e poi in quella di San 

Carlo a Cesena, di cui è uno 

dei fondatori. Nel 1990 con 

don Gianfranco Gaudiano dà 

vita alla Comunità terapeuti- 

ca per minori devianti e tossi- 

codipendenti a cui fa seguito 

a Pesaro la Cooperativa socia- 

le “L’Imprevisto” che in oltre 

30 anni di attività accoglie più 

di 800 ragazzi. 

“Mi faccio - spiega Cattari- 

na - è la frase di chi, ritenendo 

di non aver ricevuto niente 

dalla vita, cerca di costruirsi 

da solo: è drammatico e im- 

possibile. A me, invece, sono 

stati offerti molti doni: la fa- 

miglia, la fede, i parroci della 

mia infanzia”. 

“Dove sei stato finora? 

Ti aspettavamo!” 

Domenica 16 settembre alle 

ore 10.15 nel Salone dei Cin- 

quecento di Palazzo Gotico 

Silvio Cattarina sarà ospite 

della “Grande Festa della Fa- 

miglia” in coppia con l’amico 

Paolo Cevoli, il comico reso 

noto dagli schermi di “Zelig” 

per l’incontro “Un imprevisto 

è la sola speranza”: pensieri e 

parole a ruota libera. 

Introduce la giornalista 

Barbara Tondini. 

— Dalla consapevolezza di 

aver ricevuto tanto dalla vita 

ha mossi i primi passi nel suo 

impegno accanto ai tossico- 

dipendenti. Ce li racconta? 

All’inizio, cercavo di aiuta- 

re i tossicodipendenti uno a 

uno, nella quotidianità, ma 

svoltato l’angolo il richiamo 

della droga era troppo forte. 

Occorreva fondare una comu- 

nità terapeutica, cioè un luo- 

go appartato, basato su rego- 

le e su un progetto di vita in 

grado di fornire una proposta 

totale, significativa. 

— Nasce cosi “L’imprevisto”. 

“L’imprevisto è la sola spe- 

ranza”, scriveva Montale 

nella poesia “Prima del viag- 

gio”. 

Don Giussani ci spiegava 

questa poesia e ci affascinava. 

L’imprevisto è un grande in- 

contro, un avvenimento che ti 

sorprende e ti abbraccia, co- 

me se ti avesse aspettato da 

sempre . 

— A chi arriva in comunità 

lei ripete spesso: “Ma dove 

sei stato in questi anni? Ti 

aspettavamo!”. Chi aspetta 

chi? 

Un giorno dissi a un ragaz- 

zo che se mi avesse accolto 

con la prospettiva di realizza- 

re insieme qualcosa di gran- 

de, sarei stato molto felice. È 

un’attesa reciproca, ma chi 

veramente attende sempre è 

Dio, che non ci abbandona 

mai. Vale anche per i ragazzi 

più sfortunati: se Dio ti toglie 

un padre, subito te ne manda 

tanti altri, anche se a volte 

non li vedi. Nella realtà c’è 

sempre una sovrabbondanza 

di grazie. 

— La sua famiglia l’avrebbe 

preferita nelle vesti di psico- 

logo d’ufficio? 

Mia moglie ha sempre cre- 

duto nel mio lavoro. Dopo al- 

cuni anni trascorsi senza per- 

cepire stipendio, le chiesi se 

fosse stato meglio rinunciare. 

Si oppose: disse che avevo un 

carisma da seguire e avrebbe 

lavorato lei. Così è stato. A 

poco a poco ho iniziato a gua- 

dagnare e oggi abbiamo quat- 

tro figli. 

L’amicizia con Cevoli 

— Anche Paolo Cevoli ha cre- 

duto nel suo progetto e tra voi 

è nata una profonda amicizia. 

Come vi siete conosciuti? 

A La Thuile, in Val d’Aosta, 

dove soggiornava con la fa- 

miglia. I miei ragazzi, chia- 

mati a offrire una testimo- 

nianza, lo riconobbero subito 

tra il pubblico. “Silvio, c’è 

quello di Zelig”, mi fecero no- 

tare. Erano stupiti perché lui 

ascoltava noi e non il contra- 

rio. Quel giorno cenammo in- 

sieme e in seguito, quando 

venne a trovarci in comunità, 

iniziò a raccontarci di sé. 

Ancora oggi, ogni due me- 

si, trascorre con noi un pome- 

riggio. Dice che la voglia di 

vivere e la profondità dei ra- 

gazzi è una verità strabilian- 

te, che non proviene dalle no- 

stre mani. 

— Identikit dei giovani che 

entrano in comunità. 

Sono orfani privati di 

un’eredità. Nessuno li ha in- 

formati che su questa terra c’è 

una Presenza che rende pos- 

sibile il vivere. Per certi aspet- 

ti sono la parte più vera di noi 

stessi perché i loro sbagli mo- 

strano che esiste qualcosa che 

salva, diverso dalla droga e 

per cui vale la pena rendere 

l‘omaggio del cuore. La liber- 

tà dell’uomo è il grido a Dio, 

la richiesta di renderlo degno 

di compiere cose grandi. Mia 

mamma mi ripeteva: “Silvio, 

cerca di avere un cuore gran- 

de, il resto verrà di conse- 

guenza”. 

I giovani d’oggi inseguono 

il desiderio di essere perfetti, 

ma non sanno che la forza e la 

bellezza ti vengono incontro e 

ti offrono doni che, se confe- 

zionati con le nostre mani, sa- 

rebbero piccoli e miseri. 

L’amore non si divide, 

si moltiplica 

— E lei da ragazzo com’era? 

Desideravo che mi accades- 

sero grandi cose. Quando un 

amico mi propose di iniziare 

l’avventura, con i drogati non 

volevo avere nulla da sparti- 

re. Insistette e 

ci rivolgem- 

mo a un sa- 

cerdote che ci 

propose di 

iniziare la 

mattina se- 

guente. Alle 

otto mi pre- 

sentai, il mio 

amico no. Ve- 

di come av- 

vengono le 

cose? La no- 

stra vita è condotta da un Al- 

tro. 

— Lei si è recentemente oppo- 

sto alla proposta delle “sale 

dell’iniezione” avanzata dal 

sindaco di Milano Giuliano 

Pisapia. Perché non servono? 

Sono esperienze effimere e 

non risolvono il problema del 

cuore dell’uomo. Si può ucci- 

dere con un colpo di pistola o 

con un cuscino sulla bocca, 

ma sempre di morte si tratta. 

Occorre rispondere al biso- 

gno del cuore. 

Un genitore mi confidò di 

essersi interrogato a lungo su 

ciò che era successo al figlio. 

La vera domanda è “perché è 

successo”, non “che cosa”. 

L’idea di Pisapia è sul “che 

cosa”. 

— Qual è il pensiero più si- 

gnificativo che le ha rivolto 

un ragazzo? 

L’ultimo giorno di perma- 

nenza, un giovane mi ha chie- 

sto se per me lui era stato il 

più importante. Gli ho rispo- 

sto di sì, ma lo avrei fatto con 

tutti. Non ho elargito il 25% 

di amore a ciascuno dei miei 

quattro figli, ma il 100%. 

L’amore non si divide, si mol- 

tiplica. 

— Perché la sua comunità è 

diversa dalle altre? 

Non usiamo metodologie 

predefinite, ma siamo noi 

stessi. Con i ragazzi mi com- 

porto come con mia moglie e 

i miei figli: se 

mi aspetto 

grandi proget- 

ti o se sono ar- 

rabbiato con 

Dio lo comu- 

nico. Noi ope- 

ratori ci impe- 

gniamoaffin- ché i ragazzi 

non si leghino 

soltanto a noi, 

ma capiscano 

che l’aiuto che 

offriamo proviene da qualcun 

Altro. Papà e mamma, come 

mi veniva insegnato da bam- 

bino, sono ciò che portano. 

Tra la roccia e il mare 

— È singolare anche l’am- 

biente. Ci si alza e si vede il 

mare. 

Davanti agli occhi il mare, 

dietro le spalle un monte. 

Una mamma mi ha confidato 

che nei primi mesi in cui ac- 

compagnava il figlio riusciva 

a vedere solo la roccia in tutta 

la sua drammaticità. A poco a 

poco, il suo sguardo ha ini- 

ziato a posarsi sull’acqua e 

sulla luce dell’orizzonte, in 

cui intravedeva la speranza. 

Quando i ragazzi scrutano 

il mare, mi fermo ad osser- 

varli. A volte ho la sensazio- 

ne, come diceva don Giussa- 

ni, che possa emergere qual- 

cuno che ti abbraccia. E ti fa 

capire che sei sempre stato 

desiderato e il tuo passaggio 

sulla terra non è vano: serve a 

tutto il mondo, ai secoli pas- 

sati, a quelli che verranno. 

Silvia Manzi 

Silvio Cattarina è fondatore della comunità per minori “L’Imprevisto” di Pesaro 

“I GIOVANI CHE SI DROGANO? 

ORFANI PRIVATI DI UN’EREDITÀ” 

Cattarina insieme 

alla moglie 

e ai quattro figli. 

A lato, Silvio Cattarina 

insieme all’amico 

Paolo Cevoli, con cui 

interverrà alla “Grande 

Festa della Famiglia”. 

A Pesaro c’è un lembo di 

terra tra la roccia e il mare. 

Quando il vento increspa 

l’acqua e soffia verso riva, il 

mare lo senti anche un po’- 

dentro. 

Su questo confine in bili- 

co - come gli ospiti, “ragaz- 

zi pericolanti”, scherza Sil- 

vio Cattarina - sorge dal 

1990 la Cooperativa Sociale 

“L’Imprevisto”, finalizzata 

a soddisfare il bisogno edu- 

cativo e terapeutico di ra- 

gazzi devianti e/o tossico- 

dipendenti. 

La Cooperativa è iscritta 

all'Albo delle Comunità Te- 

rapeutiche della Regione 

Marche, è certificata con 

UNIEN ISO 9001, conven- 

zionata con l'Azienda Sani- 

taria Locale n. 1 di Pesaro, 

con il Comune di Pesaro e il 

Ministero della Giustizia. I 

ragazzi sono accolti in colla- 

borazione con i Servizi So- 

ciali dei Comuni, delle 

Aziende Sanitarie Locali, 

con i Servizi Sociali del Mi- 

nistero della Giustizia e con i 

Tribunali dei Minorenni. 

Sociologi, psicologi ed 

educatori si prodigano per 

favorire un clima di conforto e proporre fi- 

gure adulte significative. “Molti ragazzi 

provengono da famiglie divise e sono privi 

di riferimenti”, spiega Cattarina, autore de 

“Torniamo a casa. L’imprevisto: storia di un 

pericolante e dei suoi ragazzi”, Itaca, 2010. 

L’accoglienza contempla tre strutture: 

“CTE” (comunità maschile rivolta a mino- 

renni con problemi di devianza e\o tossi- 

codipendenza e\o giudiziari, ma indiriz- 

zata anche a un gruppo di maggiorenni); 

“Tingolo per tutti” (comunità femminile 

per ragazze minorenni con 

identici problemi); “Luci- 

gnolo” (per minorenni vitti- 

me di disagio). 

Agli ospiti - in media tren- 

ta - sono destinate svariate 

attività: il dialogo con gli 

operatori, la discussione di 

gruppo, gli incontri formati- 

vi e culturali, la definizione 

delle basi della convivenza, 

la concreta organizzazione 

della giornata, l'educazione allo studio e al 

lavoro, gli incontri mensili con i familiari, 

la realizzazione di un giornalino, periodi- 

camente spedito a parenti e amici. 

Viene così a poco a poco sviluppato il 

senso della responsabilità personale: c’è 

chi si impegna a recuperare gli esami non 

superati, chi studia Shakespeare e magari 

si appassiona, chi in cucina taglia ordinata- 

mente la verdura per il pranzo. Tutto è or- 

dinato. Fuori e dentro. Mare dentro. 

S. M. 

Sopra, Silvio Cattarina durante 

un incontro in un liceo 

bolognese. A lato, la copertina 

del libro che racconta la storia 

della comunità “L’Imprevisto”. 

“Nessuno li ha informati che 

su questa terra c’è una Presenza 

che rende possibile il vivere. 

Mia mamma mi ripeteva: 

«Silvio, cerca di avere un cuore 

grande. Il resto verrà 

di conseguenza». 

“I miei “ragazzi pericolanti” 

Ricreare un clima di famiglia con figure adulte significative. 

L’obiettivo: sviluppare il senso di responsabilità 

8 Mercoledì 12 settembre 2012 ilnuovogiornale 

Speciale 

GrandeFesta 

dellaFamiglia 

DOMENICA 

16 SETTEMBRE 


“M 

i faccio”. L’espres- 

sione più comune 

tra i tossicodipen- 

denti Silvio Catta- 

rina non l’ha mai digerita. Al 

punto da dedicare la sua vita 

alla lotta contro la droga. 

Classe 1954, trentino, socio- 

logo e psicologo, Silvio si av- 

vicina al mondo della tossico- 

dipendenza come operatore 

nella Comunità terapeutica di 

Gradara e poi in quella di San 

Carlo a Cesena, di cui è uno 

dei fondatori. Nel 1990 con 

don Gianfranco Gaudiano dà 

vita alla Comunità terapeuti- 

ca per minori devianti e tossi- 

codipendenti a cui fa seguito 

a Pesaro la Cooperativa socia- 

le “L’Imprevisto” che in oltre 

30 anni di attività accoglie più 

di 800 ragazzi. 

“Mi faccio - spiega Cattari- 

na - è la frase di chi, ritenendo 

di non aver ricevuto niente 

dalla vita, cerca di costruirsi 

da solo: è drammatico e im- 

possibile. A me, invece, sono 

stati offerti molti doni: la fa- 

miglia, la fede, i parroci della 

mia infanzia”. 

“Dove sei stato finora? 

Ti aspettavamo!” 

Domenica 16 settembre alle 

ore 10.15 nel Salone dei Cin- 

quecento di Palazzo Gotico 

Silvio Cattarina sarà ospite 

della “Grande Festa della Fa- 

miglia” in coppia con l’amico 

Paolo Cevoli, il comico reso 

noto dagli schermi di “Zelig” 

per l’incontro “Un imprevisto 

è la sola speranza”: pensieri e 

parole a ruota libera. 



— Dalla consapevolezza di 

aver ricevuto tanto dalla vita 

ha mossi i primi passi nel suo 

impegno accanto ai tossico- 

dipendenti. Ce li racconta? 
















gio”. 







sempre . 





chi? 















di grazie. 














tro figli. 

























stre mani. 




















guenza”. 

















ci rivolgem- 

mo a un sa- 


propose di 

iniziare la 

mattina se- 


otto mi pre- 


amico no. Ve- 


vengono le 

cose? La no- 


tro. 




















cosa”. 



un ragazzo? 








quattro figli, ma il 100%. 

L’amore non si divide, si mol- 

tiplica. 

— Perché la sua comunità è 


Non usiamo metodologie 

predefinite, ma siamo noi 

stessi. Con i ragazzi mi com- 

porto come con mia moglie e 

i miei figli: se 

mi aspetto 

grandi proget- 

ti o se sono ar- 

rabbiato con 

Dio lo comu- 

nico. Noi ope- 

ratori ci impe- 

gniamoaffin- ché i ragazzi 

non si leghino 

soltanto a noi, 

ma capiscano 

che l’aiuto che 

offriamo proviene da qualcun 

Altro. Papà e mamma, come 

mi veniva insegnato da bam- 



— È singolare anche l’am- 

biente. Ci si alza e si vede il 

mare. 

Davanti agli occhi il mare, 

dietro le spalle un monte. 

Una mamma mi ha confidato 

che nei primi mesi in cui ac- 

compagnava il figlio riusciva 

a vedere solo la roccia in tutta 

la sua drammaticità. A poco a 

poco, il suo sguardo ha ini- 

ziato a posarsi sull’acqua e 

sulla luce dell’orizzonte, in 

cui intravedeva la speranza. 

Quando i ragazzi scrutano 

il mare, mi fermo ad osser- 

varli. A volte ho la sensazio- 

ne, come diceva don Giussa- 

ni, che possa emergere qual- 

cuno che ti abbraccia. E ti fa 

capire che sei sempre stato 

desiderato e il tuo passaggio 

sulla terra non è vano: serve a 

tutto il mondo, ai secoli pas- 


Silvia Manzi 

Silvio Cattarina è fondatore della comunità per minori “L’Imprevisto” di Pesaro 

“I GIOVANI CHE SI DROGANO? 

ORFANI PRIVATI DI UN’EREDITÀ” 

Cattarina insieme 

alla moglie 

e ai quattro figli. 

A lato, Silvio Cattarina 

insieme all’amico 

Paolo Cevoli, con cui 

interverrà alla “Grande 

Festa della Famiglia”. 

A Pesaro c’è un lembo di 

terra tra la roccia e il mare. 

Quando il vento increspa 

l’acqua e soffia verso riva, il 

mare lo senti anche un po’- 

dentro. 

Su questo confine in bili- 

co - come gli ospiti, “ragaz- 

zi pericolanti”, scherza Sil- 

vio Cattarina - sorge dal 

1990 la Cooperativa Sociale 





dipendenti. 






















































S. M. 






“Nessuno li ha informati che 

su questa terra c’è una Presenza 

che rende possibile il vivere. 

Mia mamma mi ripeteva: 

«Silvio, cerca di avere un cuore 

grande. Il resto verrà 

di conseguenza». 

“I miei “ragazzi pericolanti” 

Ricreare un clima di famiglia con figure adulte significative. 

L’obiettivo: sviluppare il senso di responsabilità 
















gio”. 







sempre . 





chi? 















di grazie. 














tro figli. 

























stre mani. 




















guenza”. 

















ci rivolgem- 

mo a un sa- 


propose di 

iniziare la 

mattina se- 


otto mi pre- 


amico no. Ve- 


vengono le 

cose? La no- 


tro. 




















cosa”. 



un ragazzo? 








quattro figli, ma il 100% 

L’amore non si divide, si mo 

tiplica. 

— Perché la sua comunità 


Non usiamo metodolog 

predefinite, ma siamo n 

stessi. Con i ragazzi mi com 

porto come con mia moglie 

i miei figli: s 

mi aspett 

grandi proge 

ti o se sono a 

rabbiato co 

Dio lo comu 

nico. Noi op 

ratori ci imp 

gniamo affin 

ché i ragaz 

non si leghin 

soltanto a no 

ma capiscan 

che l’aiuto ch 

offriamo proviene da qualcu 

Altro. Papà e mamma, com 

mi veniva insegnato da bam 



— È singolare anche l’am 

biente. Ci si alza e si vede 

mare. 

Davanti agli occhi il mar 

dietro le spalle un mont 

Una mamma mi ha confida 

che nei primi mesi in cui a 

compagnava il figlio riusciv 

a vedere solo la roccia in tut 

la sua drammaticità. A poco 

poco, il suo sguardo ha in 

ziato a posarsi sull’acqua 

sulla luce dell’orizzonte, i 

cui intravedeva la speranza 

Quando i ragazzi scrutan 

il mare, mi fermo ad osse 

varli. A volte ho la sensazio 

ne, come diceva don Giuss 

ni, che possa emergere qua 

cuno che ti abbraccia. E ti 

capire che sei sempre sta 

desiderato e il tuo passagg 

sulla terra non è vano: serve 

tutto il mondo, ai secoli pa 


Silvia Man 





dipendenti. 






















































S. M. 






“Mi faccio”. L’espressione 

più comune tra i tossico- 

dipendenti Silvio Cattari- 

na non l’ha mai digerita. 

Al punto di dedicare la 

sua vita alla lotta contro 

la droga. 

Classe 1954, trentino, so- 

ciologo e psicologo, Silvio 

si avvicina al mondo della 

tossicodipendenza come 

operatore nella Comuni- 

tà terapeutica di Gradara 

e poi quella di San Carlo 

a Cesena, di cui è uno dei 

fondatori. Nel 1990 con 

Don Gianfranco Gaudia- 

no dà vita alla Comunità 

terapeutica per minori 

devianti e tossicodipen- 

denti a cui dà seguito a 

Pesaro la Cooperativa 

sociale “L’Imprevisto” 

che in oltre 30 anni di at- 

tività accoglie più di 800 

ragazzi. 

“Mi faccio – spiega Cat- 

tarina – è la frase di chi, 

ritenendo di non aver ri- 

cevuto niente dalla vita, 

cerca di costruirsi da solo: 

è drammatico e impossi- 

bile. A me, invece, sono 

stati offerti molti doni: la 

famiglia, la fede, i parroci 

della mia infanzia”. 

Domenica 16 settembre 

alle ore 10.15 nel Salone 

dei Cinquecento di Palaz- 

zo Gotico Silvio Cattarina 

sarà ospite della “Gran- 

de Festa della Famiglia” 

in coppia con l’amico 

Paolo Cevoli, il comico 

reso noto dagli schermi 

di ”Zelig” per l’incontro 

“Un imprevisto è la sola 

speranza”: pensieri e pa- 

role a ruota libera. 



- Dalla consapevolezza 

di aver ricevuto tanto 

dalla vita ha mossi i pri- 

mi passi nel suo impegno 

accanto ai tossicodipen- 

denti. Ce li racconta? 

All’inizio, cercavo di aiu- 

tare i tossicodipendenti 

uno a uno, nella quoti- 

dianità, ma svoltando 

l’angolo il richiamo della 

droga era troppo forte. 

Occorreva fondare una 

comunità terapeutica, 

cioè un luogo appartato, 

basato su regole e su un 

progetto di vita in grado 

di fornire una proposta 


- Nasce così “L’imprevi- 

sto”. 

“L’imprevisto è la sola 

speranza”, scriverà 

Montale nella poesia 

“Prima del viaggio”. 

Don Giussani ci spiega- 

va questa poesia e ci 

affascinava. 

L’imprevisto è un gran- 

de incontro , un avveni- 

mento che ti sorprende 

e ti abbraccia, come se 

ti avesse aspettato da 

sempre. 

- A chi arriva in comu- 

nità lei ripete spesso: 

“Ma dove sei stato in 

questi anni? Ti aspet- 

tavamo!”. Chi aspetta 

chi? 

Un giorno dissi a un ra- 

gazzo che se mi avesse 

accolto con la prospetti- 

va di realizzare insieme 

qualcosa di grande, sa- 

rei stato molto felice. È 

un’attesa reciproca, ma 

chi veramente attende 

sempre è Dio, che non 

ci abbandona mai. Vale 

anche per i ragazzi più 

sfortunati: se Dio ti to- 

glie un padre, subito 

te ne manda tanti altri, 

anche se a volte non li 

vedi. Nella realtà c’è 

sempre una sovrabbon- 

danza di grazie. 

-La sua famiglia l’avreb- 

be preferita nelle vesti 

di psicologo d’ufficio? 

Mia moglie ha sempre 

creduto nel mio lavo- 

ro. Dopo alcuni anni 

trascorsi senza perce- 

pire stipendio, le chiesi 

se fosse stato meglio 

rinunciare. Si oppose: 

disse che avevo un cari- 

sma da seguire e avreb- 

be lavorato lei. Così è stato. 

A poco a poco ho iniziato a 

guadagnare e oggi abbiamo 

quattro figli. 

- Anche Paolo Cevoli ha cre- 

duto nel suo progetto e tra 

voi è nata una profonda 

amicizia. Come vi siete cono- 

sciuti? 

A la Thuile, in Val d’Aosta, 


miglia. I miei ragazzi, chiama- 

ti a offrire una testimonianza, 

lo riconobbero subito tra il 

pubblico. “Silvio, c’è quello di 

Zelig”, mi fecero notare. Era- 

no stupiti perché lui ascolta- 

va noi e non il contrario. Quel 

giorno cenammo insieme e in 

seguito , quando venne a tro- 

varci in comunità, iniziò a rac- 

contarci di sé. Ancora oggi, 

ogni due mesi, trascorre con 

noi un pomeriggio. Dice che 

la voglia di vivere e la profon- 

dità dei ragazzi è una verità 

strabiliante, che non provie- 

ne dalle nostre mani. 

- Identikit dei giovani che en- 

trano in comunità. 

Sono orfani privati di un ere- 

dità. Nessuno li ha informati 

che su questa terra c’è una 

Presenza che rende possibile 

vivere. Per certi aspetti sono 

la parte più vera di noi stessi 

perché i loro sbagli mostra- 

no che esiste qualcosa che 



l’omaggio del cuore. La liber- 

tà dell’uomo è il grido di Dio, 



mamma mi ripeteva: “Sil- 

vio, cerca di avere un cuore 

grande, il resto verrà di con- 

seguenza”. I giovani d’oggi in- 

seguono il desiderio di essere 

perfetti, ma non sanno che la 

forza e la bellezza ti vengono 

incontro e ti offrono doni che, 

se confezionati con le nostre 

mani, sarebbero piccoli e mi- 

seri. 

E lei da ragazzo com’era? 






re. Insistette e ci rivolgemmo 

a un sacerdote che ci propose 

di iniziare la mattina seguen- 

te. Alle otto mi presentai, il 

mio amico no. Vedi come avvengo- 

no le cose? La nostra vita è condotta 

da un Altro. 

- Lei si è recentemente opposto alla 

proposta delle “sale dell’iniezione” 

avanzata dal sindaco di Milano Giu- 

liano Pisapia. Perché non servono? 

Sono esperienze effimere e non 

risolvono il problema del cuore 

dell’uomo. Si può uccidere con un 

colpo di pistola o con un cuscino 

sulla bocca, ma sempre di morte si 

tratta. Occorre rispondere al biso- 

gno del cuore. Un genitore mi con- 

fidò di essersi interrogato a lungo su 

ciò che era successo al figlio. La vera 

domanda è “perché è successo”, 

non “che cosa “. 

L’idea di Pisapia è sul “che cosa”. 

- Qual è il pensiero più significativo 

che le ha rivolto un ragazzo? 

L’ultimo giorno di permanenza, un 

giovane mi ha chiesto se per me lui 

era stato il più importante. Gli ho 

risposto di si, ma lo avrei fatto con 

tutti. Non ho elargito il 25% di amo- 

re a ciascuno dei miei quattro figli, 

ma il 100%. 

L’amore non si divide, si moltiplica. 

- Perchè la sua comunità è diversa 

dalle altre? 

Non usiamo metodologie predefini- 

te, ma siamo noi stessi. Con i ragazzi 

mi comporto come con mia moglie 

e i miei figli: se mi aspetto grandi 

progetti o se sono arrabbiato con 

Dio lo comunico. Noi operatori ci 

impegniamo affinchè i ragazzi non si 

leghino soltanto a noi, ma capisca- 

no che l’aiuto che offriamo proviene 

da qualcun Altro. Papà e Mamma, 

come mi veniva insegnato da bam- 


- È singolare anche l’ambiente. Ci si 

alza e si vede il mare. 

Davanti agli occhi il mare, dietro 

alle spalle un monte. Una mamma 

mi ha confidato che nei primi mesi 

in cui accompagnava i figlio riusciva 

a vedere solo la roccia in tutta la sua 

drammaticità. A poco a poco, il suo 

sguardo ha iniziato a posarsi sull’ac- 

qua e sulla luce dell’orizzonte, in cui 

intravedeva la speranza. Quando i 

ragazzi scrutano il mare, mi fermo 

ad osservarli. A volte ho la sensazio- 

ne, come diceva don Giussani, che 

possa emergere qualcuno che ti ab- 

braccia. E ti fa capire che sei sempre 

stato desiderato e il tuo passaggio 

sulla terra non è vano: serve a tutto 

il mondo, ai secoli passati, a quelli 

che verranno. 

Silvia Manzi

dellaFamiglia 

dellaFamiglia 

CA “Lo “Lo scopo scopo della della vita vita è servi è s 

BRE DOMENICA 

tico 6 SETTEMBRE 

parola parola di Paolo di Paolo Cevoli 


Cev 

ose belle 

e l’amici- Il comico romagnolo ha imparato dai genitori albergatori che amare il prossimo è il m 

voli ome e Sil- tutte le cose belle 

della vita, anche l’amici- Il comico romagnolo ha imparato dai genitori albergatori che amare il pros 

nata in 

zia tra Paolo Cevoli e Sil- 

cat 

Il fondaerapeutivio 

Cattarina Come è tutte nata le in cose belle 

cer 

iera inaspettata. Il fonda- 

all 

denti di della vita, anche l’amidella 

comunità terapeuti- 

gli 

o” era incizia 

tra Paolo Cevoli e 

er tossicodipendenti di 

sp 

Aosta. È 

ro “L’Imprevisto” Silvio Cattarina era in è nata 

de 

e la sua 

nza in in Val maniera d’Aosta. inaspettata. 

ubblico, i 

È 

qu 

mato lto cono- a Il portare fondatore la sua della comu- 

cio 

di rienza. Zelig”, Tra nità il terapeutica pubblico, i per tos- 

C 

zzi a un notano insicodipendenti 

un volto cono- di Pesaro 

all 

to.casuale, “C’è quello di Zelig”, 

no 

“l’Imprevisto” era in va- 

icono. unisce E il così, da un in- 

sal 

ro all’apparenza canza in casuale, Val d’Aosta. 

Paolo Ce- 

de 

to un legame Chiamato che unisce a ilportare 

la 

ilvioCat- an 

a ico mistero romagnolo sua esperienza. Paolo Ce- 

ai 

allocomuni- psicologo Tra il Silvio pubblico, Cat- i ragazzi 

è e 

oia.ragaz- Cevoli notano non fa mistero un volto cono- 

mi 

l’amicizia te per lasciuto. 

con la comuni- “C’è quello di Ze- 

tra 

i Cattarina fondo - e i suoi ragaz- 

tra 

a molto imporante 

lig” gli dicono. 

per la 

E così, da 

faceto co- 

A lato, nella A foto lato, di Pagani, nella foto Cevoli di Pagani, durante lo Cevoli spettacolo durante qu 

vita. “Perché un incontro in fondo all’apparenza 

anche io 

- 

“La penultima cena” lo scorso anno al Municipale. 

lo spettacolo “La penultima cena” lo scorso te, 

, tra il serio e il faceto co- 

A lato, nella foto di Pagani, Cevoli durante lo spettaco 

ante», cocasuale, 

è nato un lega- 

Sopra, ad una cena alla comunità “L’Imprevisto”. 

ma 

sua abitudine - anche io 

anno “La al Municipale. penultima cena” Sopra, lo scorso ad una anno cena al alla Municipale. 

munità”.me che unisce il comico 

un po’ «pericolante», co- 

comunità Sopra, “L’Imprevisto”. 

ad una cena alla comunità “L’Imprevisto”. 

ito ospiteromagnolo 

Paolo Cevoli 

voli ha attinto una variegata con i nomignoli, la mamma 

ragazzi della comunità”. 

Pe 

della Faallo 

psicologo Silvio Cattarina. 

gamma di metafore culinarie, col bambino...”. 

voli aCatta- torna 

Cevoli 

gradito 

non 

ospite 

fa mistero che l’amicizia 

capaci di far sbellicare voli ha dalle attinto ri- una Allo variegata stesso modo, con il i comico nomignoli, I 

o, “Grande dome- Festa della Fa- 

gamma di metafore culinarie, col bambino...”. pe 

ia”alle 2012 ore 

con insieme la comunità a Catta- di Cattarina e i suoi 

sate gli ascoltatori, eppure ca- che ama il suo pubblico, prenriche 

di significati capaci profondi. di far sbellicare dendosi dalle in giro, ri- prende Allo bona- stesso mod res 

la agiorna- Palazzo ragazzi Gotico, sia dome- molto importante per la 

Come quella della sate vita gli che ascoltatori, “è riamente eppure in cagiro 

che anche ama chi il lo suo pub gra 

ni, 16 dialo- settembre, sua vita. alle ore 

La vita è “fare il cameriere”. È una intuizione che il comico ro- 

come le lasagne: riche fatichi di a significati di- ascolta. profondi. Cevoli cita dendosi ancora una in giro, fro pr 

. “Un Introdotto im“Perché 

dalla giorna- in fondo - dice, tra il serio e 

magnolo ha maturato poco alla 

Come quella della vita che “è riamente volstinguere 

la sfoglia dal ragù e volta Gesù: “Amare il prossi- in giro vaa 

ranza”. Barbara il Tondini, faceto com’è dialo- sua abitudine - an- Quella del comico, per dalla Cevoli, besciamella; è – come così ta, il ma le bello lasagne: che e è mo impressa fatichi come a se dinel 

stessi suo ascolta. è il dna motore Cevoli cita ba 

à riempito attorno che al tema io sono “Un imun 

po’ , la definizione è sua il ed brutto è ironica nella vita stinguere grazie è mescolato all’esempio la sfoglia del dal mondo. ragù dei Ma egenitori. 

se volta non Gesù: cerchi Il “Ama ti 

con isto il è suo la sola speranza”. 

dalla besciamella; così il bello e mo come se stessi 

ltima scorso ceanno 

come ha i riempito ragazzi della comunità”. quanto il personaggio tutto – “una insieme vocae 

le cose papà, più morto bella nell’ottobre vera felicità per 2011 te, cosa a 84 tra- de 

le sono quelle che il ti brutto fanno nella ri- vita smetterai è mescolato al tuo pubblico? del mondo. So- Ma l’a se 

tro panni Municipale di Cevoli con torna il suo gradito ospite alla zione adulta”. 

anni, dopo dieci anni di dialisi, “che 

dere e piangere tutto allo insieme stesso e le lo cose del più cinismo. bel- Ognuno la vera - felicità riec- per co 

tacolo travolto “La “grande penultima festa ce- della famiglia”2012 Nato a Riccione nel 1958 tempo”. da genito- non si è mai lamentato, ma ha semle 

sono quelle che co ti il passato fanno rida 

cameriere smetterai che al tuo co pu 

in incontro cui vestiva insieme i panni a Cattarina di a palazzo gori albergatori, ha passato Il mestiere l’infanzia pre avuto il sorriso sulle labbra, la 

del comico, dere e visto piangere riemerge allo stesso - serve lo la del pietanza cinismo. Og seg 

o uoco con Ge- truffaldino tico, domenica travolto 16 settembre, alle in una sorta di famiglia in allargata, questa prospettiva, in battuta pronta 

tempo”. somi- che anche ha”. quando co il è passato ar- da to ca 

che mozione, lui! - ore da 10.15. un incontro Introdotto dalla giorna- cui - spiega- genitori, fratelli, glia a quello clien- del rivato vasaio Il mestiere il cheprete 

del comico, poche visto ore prima riemerge di - serve l’u 

revisto: ie cui lo l’incontro con Ge- 

in questa prospettiva, somi- che ha”. 

ntro, ra risate finolista 

e commozione, 

Barbara Tondini, dialogherà ti erano una cosa sola. prende Senza la materia per- morire”, prima - “laha 

spiegato Cevoli. “E ri- L 

Foto di famiglia: Paolo Cevoli (primo da destra) con i genitori e il realtà, gli incontri glia che a faccio, quello i del Gesù vasaio parla cheromagnolo 

onta improba- le attorno peripezie al cui tema lo “Un imprevisto è la cepire confini tra pubblico e privadeva sempre non perché fosse uno sm 

fratello Luca. 

vizi miei ed altrui” prende - e la lavo- la materia prima - “la 

za 

”. uce E, questo così sola incontro, speranza”. fino 

to, tra lavoro e tempo libero, fin da scemo – ha proseguito In termini di con pedagogia 

Foto di famiglia: Paolo Cevoli (primo da destra) con i genitori e il realtà, gli incontri che faccio, i Gesù schiet- parla crira. 

Nella realtà c’è dentro tut- 

rom 

stiana, si chiama principio del- ne 

evoli rganizzare racLo 

una scorso improba- anno ha fratello riempito Luca. il teatro bambino ha cominciato vizi miei ed altrui” - e la lavo- In termini di ped 

“penultima ersonale cena”. mano alla E, così pensione, nei panni mentato, ma ha sempre avuto to, a il dare bene e una tezza tutta romagnola – ma perché 

il male, il dolore e la testimonianza. “Quando ho un 

Municipale con il suo spettacolo mano alla pensione, nei ra. Nella realtà c’è dentro tut- stiana, si chiama pr 

ndo, Uno il che comico del Cevoli cameriere, rac- il mestiere che il sorriso sulle labbra, la bat- la felicità. panni Cosa del aveva capito che la vita comunque, 

fa la differen- pensato allo spettacolo «La pe- ren 

“La 

a anche il suo personale mano alla pensione, nei panni mentato, ma ha sempre avuto to, il bene e il male, il dolore e 

sguardo Benigni penultima nel film cena”, “La in vita cui èvestiva 

tuta pronta cameriere, anche quando il mestiere è za? che “Non Benigni la tecnica è tutta - avvisa positiva, che della vita non 

nultima cena» - ha la raccontato testimonianza. è “ q 

ntro con Gesù. Uno che del cameriere, il mestiere che il sorriso sulle labbra, la bat- la felicità. Cosa fa la differen- 

o la geni 

panni bella” di definisce un cuoco “il più truffaldino nobile tra- arrivato nel il prete film poche “La vita ore pri- è bella” Cevoli definisce - ma la «mano» si butta di chi via niente, alla platea come di del catechisti maiale”. 

pensato - all’ini- allo spetta co 

isce per lo sguardo Benigni nel film “La vita è tuta pronta anche quando è za? “Non la tecnica - avvisa 

ine dellovolto 

del anche mondo, lui perché da un è incontro il memaim- di “il morire”, più nobile ha spiegato del mondo, impasta”, perché proprio è come quella zio avevo tenuto, per nultima pudore, cena» i - og ha 

ore che ha verso la gen- bella” definisce “il più nobile arrivato il prete poche ore pri- Cevoli - ma la «mano» di chi 

le bene a stiere che più somiglia a quel- Cevoli. “E rideva sempre non della mamma che fa le taglia- 

alla platea di catech la 

previsto: l’incontro con Gesù. il mestiere che più somiglia a quel- Il comico trasmette brani evangelici quel così che come è. sono 

- dice alla fine dello del mondo, perché è il mema di morire”, ha spiegato impasta”, proprio come quella 

osì come lo di Dio, che è servo di tutti, perché fosse uno scemo - ha telle. In altre parole “l’amore no. Il mio regista, zio ateo, avevo mi tenuto, ha su 

Tra risate e commozione, racconta lo di Dio, che è servo p 

tacolo - che vuole bene a stiere che più somiglia a quel- Cevoli. “E rideva sempre non della mamma che fa le taglia- 

difetti e ma non è servo di nessuno”. proseguito con schiettezza per di le tutti, persone ma che le mange- fatto riflettere: i brani Vangeli evangelici non bru co 

le peripezie cui lo conduce questo non è servo di nessuno”. 

La verve da animale da palcosceni- 

uomo i. e donna 

E 

così 

del 

come 

mestiere lo di di cameriere Dio, che è servo tutta di romagnola tutti, perché - ma perché fosse uno 

ranno”. 

scemo 

O, 

- ha 

fuor telle. di metafora, In altre parole sono “l’amore la fredda registrazione no. Il mio di regista, me 

incontro, 

. Anche coi 

Cevoli 

loro difetti 

ha fino fatto ad 

e 

una ma organizzare non metafora è servo di una E del mestiere di cameriere 

aveva nessuno”. capito che proseguito la vita, co- con 

per 

schiettezza 

coloro Cevoli co Cevoli l’ha ereditata proprio dal 

che beneficeranno 

per le persone che quanto le mange- accaduto, fatto sono riflettere: filtrati i gnV 

improbabile 

ro contraddizioni. 

di vita che “penultima lo accompagna E del mestiere cena”. anmunque, di cameriere ha è fatto tutta tutta positiva, una metafora 

romagnola che del di tuo lavoro, sia 

- ma 

vita 

perché 

che lo babbo, 

ranno”. tu comico, in gioventù 

O, fuor dall’esperienza 

soprannomina- 

di metafora, di sono chi la scrive. fredda regiI 

E, così che oggi facendo, che calca Cevoli il il palcosce- comico ha fatto Cevo- una della metafora vita accompagna non aveva si butta anche capito via insegnante, operaio, 

che oggi la che vita, calca co- per topanettie- coloro “Macario”, che beneficeranno 

Nello barzellettiere spettacolo io quanto sono incal- un accaduto, te- cit 

li racconta nico da anche professionista. di il vita suo che personale 

“Lo lo accompagna niente, il come an- palcoscenico del munque, maiale”. re o che altro. 

è da tutta professionista. 

positiva, che del lito tuo e lavoro, adorato sia stimone dai tu comico, suoi e posso clienti, parlare dall’esperienza che di Ge- ste di 

ita è “fare scopo della vita che - ha oggi dichiara- che calca il palcosce- 

La risata in sé, 

della vita non si butta via insegnante, allora, nonoperaio, 

sù nella panettie- misura in Nello cui ho spettacolo vis- lan 

incontro con Gesù. Uno che colpi- “Lo scopo della vita – ha dichiarato non mancavano di andarlo a trova- io 

er Cevoto intervenendo meriere” 

nico lo da scorso professionista. “Lo 

basta. Dipende quel 

niente, come del maiale”. re o che che altro. c’è suto questo incontro. stimone E e così posso all pa 

sua ed è 

sce 

aprile 

per lo 

alla 

sguardo 

Bellotta 

d’amore 

scopo al della master 

che 

vita - Il ha 

ha comico intervenendo 

dichiaratrasmette 

lo scorso dentro aprile e chi alla re anche ad anni di distanza dalla 

c’è dietro. La risata “Lain 

sé, anche allora, Gesù non finisce sù col nella parlare misura so in 

onaggio ella di comico, -verso 

organizzato la gente. 

per Cevo-dagli 

Uno 

to Uffici – dice 

intervenendo Cate- alla fine Bellotta al master organizzato 

quel lo che scorso è 

molla del riso da- chiusura della sua attività. 

può basta. essere Dipende mol- romagnolo...”. 

quel che c’è suto questo incon am 

ta”. - la definizione dello chistici spettacolo è sua di ed Emilia è – aprile Romagna che alla vuole Bellotta e bene al master gli Uffici Il Catechistici comico trasmette di teplice: Emilia si può Ro- ridere Dalla 

dentro per e cini- mamma, invece, Cevoli ha 

chi c’è La dietro. gente “La ama i comici, anche Gesù è benfinisce 

ge 

ca l 1958 quanto daa 

il ogni personaggio Lombardia uomo - e è donna servire, organizzato ossia così dagli come Uffici La verve magnaCate- da animale e da palsmo, per cattiveria, 

quel Lombardia che è – è servire, os- attinto 

molla dietro del riso le una 

può disposta variegata 

essere mol- ad ascoltarli. gamma 

romagnolo...”. Di di Ce- pu 

ha vocazione passasono. 

adulta”. donare Anche se stessi, con chistici i come loro ha di difetti fat- Emilia e coscenico Romagna le sia Cevoli donare e l’ha se ereditata stessi, come spalle ha - avverte fatto Cevoli teplice: metafore -. si Per può culinarie, ridere voli è per rimasta cini- capaci nell’immagina- di La gente far ama ge i c 

ato sorta a Riccione di to nel Gesù”. 1958 È daun’intuizione 

Lombardiache - è servire, proprio dal ossia babbo, in La gioventù verve da animale me, per da come pal- sono smo, stato per edu- cattiveria, rio collettivo dietro lel’icona 

disposta dell’asses- ad ascolt me 

loro contraddizioni. 

Gesù”. 

sbellicare dalle risate gli ascoltatotori 

in cui albergatori, - il comico ha passa- romagnolo donare ha se ma- stessi, soprannominato come ha fatcoscenico “Macario”, Cevoli cato l’ha e ereditata per la storia spalle che ho - avu- avverte sore Cevoli Cangini -. Perimmortalato 

voli è rimasta dal nell se 

infanzia fratelli, in una turato sorta poco di alla volta, to Gesù”. ma che È un’intuizione barzellettiere cheincallito 

proprio e adora- dal babbo, to, in ridere gioventù vuol dire me, prendersi per come sono piccolo stato schermo edu- rio in collettivo “Zelig”. l’icon d’e 

iglia osa sola. allargata, è impressa in cui nel - suo il comico dna grazie romagnolo to dai ha suoi ma- clienti, soprannominato che non in “Macario”, giro, perché ci si cato vede e per come la storia Chi che va ho a vedere avu- “La sore penultima Cangini 5 imm av 

ga nfini - tra genitori, all’esempio fratelli, dei genitori. turato poco alla volta, mancavano ma che di andarlo barzellettiere a trova- incallito si è. In e adora- fondo, pensiamoci to, ridere be- vuol dire cena” prendersi a teatro, forse, piccolo si aspetta schermo ne 

ra ti lavoro erano una Il cosa papà, sola. morto è impressa nell’ottobre nel suo re dna anche grazie ad anni to di dai distanza suoi clienti, ne: chi che è che nonsi 

prende in giro, in perché giro? ci un si vede Cevoli come differente. Chi Eppure va a vedere è “L be 

a bambi- percepire 2011 confini a 84 tra anni, dopo all’esempio dieci di dei genitori. dalla chiusura della mancavano sua attividi 

andarlo Le persone a trova- che si si vogliono è. In fondo, be- pensiamoci sempre lo be- stesso, cena” capace a - teatro, co- forsB 

blico dare e una privato, dialisi, tra lavoro “che non si Il è papà, mai la- morto tà. nell’ottobre Dalla mamma, re invece, anche Ce- ad anni ne: di i fidanzati distanza che ne: si chiamano chi è che si prende me nella in giro? mattinata un dedicata Cevoli different ai

6 

sua vita. “Perché in fondo - 

dice, tra il serio e il faceto com’è 

sua abitudine - anche io 

sono un po’ «pericolante», come 

i ragazzi della comunità”. 

Cevoli torna gradito ospite 

alla “Grande Festa della Famiglia” 

2012 insieme a Cattarina 

a Palazzo Gotico, domenica 

16 settembre, alle ore 

10.15. Introdotto dalla giornalista 

Barbara Tondini, dialogherà 

attorno al tema “Un imprevisto 

è la sola speranza”. 

Lo scorso anno ha riempito 

il teatro Municipale con il suo 

spettacolo “La penultima cena”, 

in cui vestiva i panni di 

un cuoco truffaldino travolto 

- anche lui! - da un incontro 

imprevisto: l’incontro con Gesù. 

Tra risate e commozione, 

racconta le peripezie cui lo 

conduce questo incontro, fino 

ad organizzare una improbabile 

“penultima cena”. E, così 

facendo, il comico Cevoli racconta 

anche il suo personale 

incontro con Gesù. Uno che 

colpisce per lo sguardo 

d’amore che ha verso la gente. 

Uno - dice alla fine dello 

spettacolo - che vuole bene a 

ogni uomo e donna così come 

sono. Anche coi loro difetti e 

le loro contraddizioni. 

ri, eppure cariche di significati 

profondi. Come quella della vita 

che “è come le lasagne: fatichi a 

distinguere la sfoglia dal ragù e 

dalla besciamella; così il bello e 

il brutto nella vita è mescolato 

tutto insieme e le cose più belle 

sono quelle che ti fanno ridere e 

piangere allo stesso tempo”. 

Il mestiere del comico, visto in 

questa prospettiva, somiglia a 

quello del vasaio che prende la 

materia prima -“la realtà, gli incontri 

che faccio, i vizi miei ed fratello Foto Luca. di famiglia: Paolo Cevoli (primo da de- 

altrui”-e la lavora. 

stra) con i genitori e il fratello Luca. 

Nella realtà c’è dentro tutto, il mano alla pensione, nei panni 

bene e il male, il dolore e la felidel 

cameriere, il mestiere che 

Benigni nel film “La vita è 

cità. Cosa fa la differenza? “Non bella” definisce za di “il chi più scrive. nobile 

la tecnica -avvisa Cevoli - ma del la mondo, perché è il me- 

Nello spettacolo io sono un 

di chi impasta”, proprio stiere che più somiglia a quello 

di Dio, che testimone è servo di tutti, e posso parlare di 

come quella della mamma che ma non è servo Gesù di nessuno”. nella misura in cui ho 

fa le tagliatelle. In altre parole E del mestiere di cameriere 

Cevoli ha vissuto fatto una metafora questo incontro. 

“l’amore per le persone che le di vita che E lo così accompagna anche anGesù 

finisce col 

mangeranno”. La vita è O, “fare fuor di metafoche oggi che calca il palcosce- 

parlare romagnolo…”. 

ra, per coloro il cameriere” che beneficeranno nico da professionista. “Lo niente, come del maiale”. 

scopo della La vita gente - ha dichiara- ama i comici, è ben 

del tuo lavoro, Quella di sia comico, tu per comico, Cevointo intervenendo disposta lo scorso ad ascoltarli. Di Cesegnante,li, 

è - operaio, la definizione panettiere è sua ed è aprile o alla Bellotta al master Il comico trasmette 

ironica quanto il personaggio - voli è rimasta nell’immagina- 

che altro. 

organizzato dagli Uffici Cate- quel che è 

“una vocazione adulta”. chistici di rio Emilia collettivo Romagna e l’icona dell’As- 

La risata in Nato sé, a Riccione allora, nel non 1958 basta. da Lombardia - è servire, ossia 

genitori albergatori, ha passasessor Cangini immortalato 

Dipende quel che c’è dentro e chi donare se stessi, come ha fatto 

l’infanzia in una sorta di to Gesù”. È dal un’intuizione piccolo schermo che in “Zelig”. 

c’è dietro. famiglia “La allargata, molla del in cui riso - può il comico Chi romagnolo va a ha vedere ma- “La penulti- 

essere molteplice: spiega - genitori, si può fratelli, ridere turato poco alla volta, ma che 

clienti erano una cosa sola. è impressa ma nel suo cena” dna grazie a teatro, forse, si 

per cinismo, per cattiveria, dietro 

Senza percepire confini tra all’esempio aspetta dei genitori. un Cevoli differente. 

le spalle pubblico -avverte e privato, Cevoli-. tra lavoro Per me, Il papà, morto nell’ottobre 

Eppure è sempre lo stesso, 

per come e tempo sono libero, stato fin da educato bambi- 2011 e a 84 anni, dopo dieci di 

no ha cominciato a dare una dialisi, “che capace non si è - mai come la- nella matti- 

per la storia che ho avuto, ridere 

nata dedicata ai catechisti 

vuol dire prendersi in giro, perché 

alla Bellotta e, siamo certi, 

ci si vede come si è. In fondo, pen- 

nel dialogo con Cattarina alla 

siamoci bene: chi è che si prende 

Grande Festa della Famigliain 

giro? Le persone che si voglio- 

di far ridere e riflettere, di 

no bene: i fidanzati che si chiama- 

spararle grosse dicendo però 

no con i nomignoli, la mamma col 

delle sacrosante verità. 

bambino…”. 

Anche questa è una forma di 

Allo stesso modo, il comico che 

annuncio ai “lontani”. Così 

ama il suo pubblico, prendendosi 

all’ex gestore di locali alla 

in giro, prende bonariamente in 

moda tra Bologna e Milano 

giro anche chi lo ascolta. 

-solo nel 2002 è avvenuto il 

Cevoli cita ancora una volta Gesù: 

salto alla “vocazione adulta” 

”Amare il prossimo come se stessi 

del comico - capita spesso di 

è il motore del mondo. Ma se non 

andare nelle scuole, di parla- 

cerchi la vera felicità per te, cosa 

re ai ragazzi di sé e di come 

trasmetterai al tuo pubblico? Solo 

Gesù è entrato nella sua vita. 

del cinismo. Ognuno - riecco il 

“Tu, comico, rappresenti quel 

passato da cameriere che riemer- 

che sei, trasmetti quel che hai 

ge - serve la pietanza che ha”. 

incontrato - osserva Cevoli - 

Ma questo vale per tutti: per 

Gesù parla romagnolo 

il prete, il catechista, la mamma, 

il marito, i figli...”. 

In termini di pedagogia cristiana, 

si chiama principio della testimo- 

Perche gli angeli volano? 

nianza. “Quando ho pensato allo 

spettacolo 

Il grande confronto, anche 

-ha raccontato alla platea di ca- 

per chi fa ridere per mestietechisti 

- all’inizio avevo tenuto, 

re, resta quello con la paura 

per pudore, i brani evangelici così 

più grande di ogni uomo: il 

come sono. 

confronto con la morte. “L’at- 

Il mio regista, ateo, mi ha fatto 

tore va sul palco, la gente 

riflettere: i Vangeli non sono la 

ride, ti batte le mani, ossia ti 

fredda registrazione di quanto ac- 

dice che ti vuol bene, ma la 

caduto, sono filtrati dall’esperien- 

Foto di famiglia: Paolo Cevoli (primo da destra) con i genitori e il 

mentato, ma ha sempre avuto 

il sorriso sulle labbra, la battuta 

pronta anche quando è 

arrivato il prete poche ore prima 

di morire”, ha spiegato 

Cevoli. “E rideva sempre non 

perché fosse uno scemo - ha 

proseguito con schiettezza 

tutta romagnola - ma perché 

aveva capito che la vita, comunque, 

è tutta positiva, che 

della vita non si butta via 

La verve da animale da palcoscenico 

Cevoli l’ha ereditata 

proprio dal babbo, in gioventù 

soprannominato “Macario”, 

barzellettiere incallito e adorato 

dai suoi clienti, che non 

mancavano di andarlo a trovare 

anche ad anni di distanza 

dalla chiusura della sua attività. 

Dalla mamma, invece, Ce- 

A lato, nella foto di Pagani, Cevoli durante lo spettacolo 

“La penultima cena” lo scorso anno al Municipale. 

Sopra, ad una cena alla comunità “L’Imprevisto”. 

sensibilità voli ha attinto dell’artista una variegata capisce con i nomignoli, la m 

gamma di metafore culinarie, col bambino...”. 

che capaci quell’applauso di far sbellicare dalle finisce, ri- Allo che stesso modo, il 

tutte sate gli le ascoltatori, cose sono eppure destinate ca- che ama a il suo pubblico 

riche di significati profondi. dendosi in giro, prend 

finire, Come quella compreso della vita te che stesso. “è riamente Però in giro anche 

- prosegue come le lasagne: Cevoli fatichi - chi a diha 

incon- ascolta. Cevoli cita anco 

tratostinguere Cristo la sfoglia sa che dal ragù la morte e volta non Gesù: “Amare il 

dalla besciamella; così il bello e mo come se stessi è il 

è il l’ultima brutto nella parola”. vita è mescolato del mondo. Ma se non 

La tutto gioia insieme del e cristiano le cose più bel- è realismo la vera felicità per te, c 

le sono quelle che ti fanno ri- smetterai al tuo pubbli 

che non esclude la tristezza, ma 

dere e piangere allo stesso lo del cinismo. Ognuno 

salva tempo”. dalla disperazione. “Tutto co il passato da cameri 

acquista Il mestiere un del senso, comico, un vistosignifica 

riemerge - serve la p 

in questa prospettiva, somi- che ha”. 

to,glia anche a quello le del sofferenze”. 

vasaio che 

Il prende centuplo la materia per prima Cevoli - “laè 

questo 

realtà, gli incontri che faccio, i Gesù parla romagn 

gusto nuovo che l’incontro con 

vizi miei ed altrui” - e la lavo- In termini di pedago 

Gesù ra. Nella Risorto realtà c’è dà dentro ad tut- ogni stiana, cosa, si chiama princi 

per to, il chi bene accetta e il male, il - dolore nella e libertà la testimonianza. - “Qua 

di la accoglierlo felicità. Cosa fa nella la differen- sua vita. pensato allo spettacolo 

za? “Non la tecnica - avvisa nultima cena» - ha rac 

Con Cevoli il bello - ma la e «mano» con il di brutto, chi alla tut- platea di catechisti 

to impasta”, mescolato proprio insieme, come quellaappunto. 

zio avevo tenuto, per p 

della mamma che fa le taglia- 

Come telle. In le altre lasagne. parole “l’amore In fondo brani - evangelici fa così co 

no. Il mio regista, ateo 

notare per le persone il comico che le citando mangel’auto- fatto riflettere: i Vang 

reranno”. inglese O, Chesterton fuor di metafora, - gli sono ange- la fredda registraz 

per coloro che beneficeranno quanto accaduto, sono 

li, del perché tuo lavoro, volano? sia tu comico, “Perché dall’esperienza san- di chi 

no insegnante, prendersi operaio, alla panettie- leggera”. Nello spettacolo io sono 

E re non o che sarà altro. un caso se è lo stimone stes- e posso parlare 

La risata in sé, allora, non sù nella misura in cui 

so basta. scrittore Dipende tanto quel che amato c’è suto anche questo incontro. 

da dentro Papa e chi Ratzinger c’è dietro. ad “La ipotizza- anche Gesù finisce col 

molla del riso può essere molre 

romagnolo...”. 

teplice: che Gesù, si può ridere che per pur cini- non aveva La gente ama i comic 

paura smo, per di cattiveria, piangere dietro in lepubblico, 

disposta ad ascoltarli. 

in spalle alcuni - avverte momenti Cevoli -. Per si isolava. voli è rimasta nell’imm 

me, per come sono stato edu- rio collettivo l’icona del 

Quando? cato e per la Forse storia che - ho dice avuChester- sore Cangini immortal 

tonto, ridere - quand’era vuol dire prendersi troppo piccolo felice. schermo in “ 

Allora, in giro, perché avrebbe ci si vede compiuto come Chi cose va a vedere “La pen 

si è. In fondo, pensiamoci be- cena” a teatro, forse, si 

che ne: chi nemmeno è che si prende i suoi in giro? amici un Cevoli sa- differente. Ep 

rebbero Le persone stati che si in vogliono grado bedi 

capire. sempre lo stesso, capa 

ne: i fidanzati che si chiamano me nella mattinata ded 

Benedetto umorismo. 

Barbara Sartori 

H 

S 

Fi 

Preno 

la tua 

Per 

tel. 019.68 

e-mail: info 

www.ho

LA COMUNITA’ OVUNQUE! 

Venerdì 7 la CTE ha voluto fare un regalo a dieci di noi: visitare le grotte di Frasassi! E con noi sono venuti 

Dicio, Valeria e Fabrizio Rossi. 

Quando ho saputo che avrei fatto parte anch’io del gruppo 

speleologico dell’Imprevisto lì per lì ho stentato a crederci… 

ma invece era così! 

Alle sette del mattino ci siamo messi in viaggio verso le 

grotte e nonostante l’orario, Dicio ci ha subito trasmesso 

l’entusiasmo che aveva nel passare insieme a noi un’intera 

giornata ridendo e scherzando e coinvolgendoci in tutta la 

durata del tragitto. 

Intorno alle nove, siamo arrivati all’ingresso principale delle 

grotte dove ognuno di noi è stato fornito di un caschetto, un 

paio di stivali ed una tuta e qui incominciano le comiche tra 

chi aveva il cavallo troppo stretto o chi indossava gli stivali 

al contrario, ma nonostante questi intoppi nel giro di poco 

eravamo tutti pronti per addentrarci nelle famose grotte di 

Frasassi. 

Assistiti da due guide ed insieme ad un altro gruppo bello numeroso abbiamo percorso strettissimi cunicoli, 

sdraiandoci a terra, attraversando cavità sospese sopra profondi dirupi bui, arrampicandoci su giganti stalagmiti 

di calcare e nel mentre di tutto questo l’atmosfera veniva animata dalla presenza (fondamentale) della 

guida, che si divertiva a prendere in giro e a fare battute a chi gli pareva, rendendo partecipe di questo anche 

Dicio che la guida preferiva chiamare “Micio”. 

Dopo circa tre ore di percorso sotterraneo, animato da risate e battute, siamo arrivati ad una scala che ci ha 

riportati in superficie. 

Fatta una bella doccia nei bagni vicini agli spogliatoi e indossati gli abiti puliti, alle due del pomeriggio ci 

siamo diretti affamati nei pressi di un santuario in aperta campagna anconetana per pranzare all’aria aperta. 

Trovato il luogo adatto in un prato con un paio di tavoli e un braciere abbiamo iniziato i preparativi, chi apparecchiava 

e chi come me ha preparato 

la brace per cucinare la carne. 

Devo dire che in momenti come 

questi, stando in rapporto coi miei 

compagni e stando insieme a Dicio, 

Valeria e Fabrizio, è stato come ricevere 

un forte abbraccio che mi ha 

comunicato semplicemente l’affetto 

che la comunità ha nei nostri confronti, 

lo sguardo che ci viene dato 

ogni giorno e che ci dice a tutti che 

anche noi abbiamo la possibilità e le 

carte in regola per essere felici e di 

non dimenticarci mai che la comunità 

non si vive solo a Pesaro, ma 

ovunque noi andiamo. 

Riccardo L. 

7

8 

INTERVISTA A... 

1) Cosa ti ha portato a svolgere il tirocinio in comunità? 

Ero in cerca di un posto dove poter svolgere il tirocinio post–lauream 

qui a Pesaro e ho iniziato ad informarmi su quale poteva essere la scelta 

migliore. Girando un po’ su internet ho notato il sito de “L’imprevisto” 

e devo dire che il tutto mi è sembrato molto interessante. Allora ho 

chiamato e mi hanno messa in contatto con Grazia. Il colloquio con lei 

ha dato il via a questa bellissima esperienza. 

2) L’esperienza qui con noi ti sta facendo cambiare qualche aspetto della 

tua persona? 

Quest’esperienza mi mette sempre di fronte ai miei limiti e alle mie difficoltà. Però questo è accompagnato 

da una gran voglia di crescere, di andare oltre. Sto vivendo sulla mia pelle quant’è difficile, 

ma anche quante soddisfazioni dà quando ciò avviene in voi come in me stessa. 

3) Com’è stato l’impatto iniziale nel rapporto con noi, e come sta procedendo adesso? 

L’impatto iniziale è stato una via di mezzo tra il sentirmi incuriosita ed impacciata. 

Giorno dopo giorno sentivo di voler sapere sempre di più delle vostre storie, dei vostri percorsi per 

potervi conoscere e capirvi meglio. 

E questa è una fonte inesauribile che mi dà sempre la spinta per starvi vicino come meglio posso in 

quest’esperienza. 

4) Qual è la cosa che ti colpisce e continua a colpirti di più ogni giorno? 

DORINA 

Ce ne sono tante di cose che ogni giorno mi colpiscono di voi. Principalmente è il vedervi nello sforzo 

di stare a ciò che questo percorso vi chiede e capire che grandi potenzialità avete, anche se a volte le 

perdete di vista. 

Spesso, mentre vi sento parlare e ragionare in assemblea, penso alle splendide donne che diventerete 

un giorno, che state diventando anche un po’ sotto i miei occhi che vi seguono da cosi breve tempo.

LE TIROCINANTI 

1) Cosa ti ha portato a svolgere il tirocinio in comunità? 

Mi sono sempre chiesta come poteva essere l’ambiente in una comunità 

e come si riuscisse in questi posti a convincere ragazzi tossicodipendenti 

a cambiare vita, a cercare qualcosa di meglio per se stessi della 

droga. 

Ho scelto L’Imprevisto, perchè gli ospiti sono tutti molto giovani e credo 

sia importante che la rieducazione e il cambiamento inizino quando 

si è ancora dei ragazzi, quando si ha ancora una lunga vita davanti. 

2) L’esperienza qui con noi ti sta facendo cambiare qualche aspetto della 

tua persona? 

Non so se l’esperienza in comunità abbia cambiato qualche aspetto del mio carattere, ma sono certa 

che mi ha influenzata nel modo di affrontare la vita di tutti i giorni. 

Ho sempre vissuto le assemblee come un momento di riflessione, non solo per i ragazzi, ma anche per 

me stessa. Tutto ciò che viene detto dagli operatori è importante a prescindere dai trascorsi di ognuno. 

Ai ragazzi viene insegnato che niente è facile nella vita e bisogna guadagnare tutto con fatica. Questo 

mi ha aiutata a non lamentarmi troppo, ad apprezzare le piccole cose e a non dare mai niente per 

scontato. 

Cerco di impegnarmi, anche quando le situazioni non vanno come vorrei, perchè in C.T.E. ho imparato 

che non posso cambiare il corso degli eventi ma posso cambiare “il modo di starci davanti”. 

3) Com’è stato l’impatto iniziale nel rapporto con noi, e come sta procedendo adesso? 

Quando ho iniziato il tirocinio mi sono ritrovata in un mondo completamente nuovo, pieno di regole 

che mi era stato detto avrei imparato a conoscere pian piano. All’inizio mi sentivo un pesce fuor 

d’acqua! Man mano che passava il tempo mi sono resa conto di quanto aiuto mi veniva dato dagli 

operatori, ma allo stesso tempo, di quanto fossi lasciata libera di interagire con i ragazzi. 

Non mi sono mai sentita controllata, ma guidata. 

4) Qual è la cosa che ti colpisce e continua a colpirti di più ogni giorno? 

ROSSELLA 

Quello che mi è piaciuto di più della C.T.E. è vedere che, nonostante la maggior parte dei ragazzi 

all’inizio faccia fatica a fidarsi ed affidarsi alla comunità, pian piano inizia a capire che gli operatori 

e i compagni attraverso le critiche e i giudizi dimostrano il loro bene, il loro affetto, il loro interesse. 

Quando il ragazzo inizia a sentire ciò, inizia a compiere qualche piccolo passo. 

Il cambiamento durante il lungo percorso, insieme al rapporto che si crea tra tutti coloro che fanno 

parte della comunità sono sicuramente gli aspetti che mi hanno colpita di più. 

9

10 

E dUrANTE I pErMEssI? 

“CI gUAdAgNO IL COLOrE dEL grANO!” 

Mi ha colpito una volta in permesso con mio padre e mia sorella, un pomeriggio 

dopo pranzo, in cui ho pensato: “perché non fare un gioco tutti e tre insieme?!”, 

allora ho proposto di fare un gioco che facciamo in comunità ed è stato stupendo, 

lì seduti su quel tavolo della cucina, con i fogli di carta incollati sulla testa, alla 

scoperta del personaggio che ognuno di noi aveva scelto e poi attaccato sulla fronte 

dell’altro. Penso che sia stata la prima volta in vita mia che ho scoperto che si può 

stare bene con così poco anche fuori dalla comunità. 

Un’altra cosa che mi ha colpito è stata nel mio primo permesso a casa di mia madre: 

sono entrata in bagno, mi giro verso di lei e le chiedo quando aveva comprato lo 

specchio... mia madre sorpresa mi risponde “ma Tatiana, c’è sempre stato, da quando 

sei nata!” In confronto a prima le cose ora le noto di più e tutto quello che ho 

rivisto a casa, anche in cucina, cose che già c’erano, per me era tutto nuovo! 

Come ogni volta che scendo giù, guardando fuori dal finestrino, ammiro tutti quegli 

ulivi che mi scorrono di fianco e mi accorgo di quanto sono stupendi...questo mi scatena dentro un sacco di 

emozioni, mi commuove, e mi dico che tutto questo è per me, mi è stato regalato. 

Quello che prima davo per scontato ora mi soffermo a guardarlo e mi rendo conto del grande valore che ha. 

Tatiana 

Domenica 30 Settembre sono andata per la prima volta a casa. Le cose che mi hanno 

colpito sono state quando dopo pranzo mi sono messa insieme a mamma a pulire la 

cucina, cosa che non ho mai fatto, e sono stata contenta perché mi sono sentita molto 

vicina a lei. Mio fratello Cristian che non mi ha mai lasciata da sola, mia cognata, 

che si è emozionata nel vedermi, l’odore di casa, mio papà, che nonostante non stesse 

bene ha sempre avuto un occhio di riguardo. E’ stato bello perché ho visto ancor meglio 

che l’esperienza che sto facendo mi sta servendo a riscoprire le persone e le cose 

che mi circondano, mentre prima le davo per scontate. 

Giulia 

Il primo permesso mi ha risvegliato emozioni che raramente ho provato. 

Mi sentivo tornata bambina…il non riuscire a dormire la notte prima, il magone 

allo stomaco e tutte le mille domande che ti vengono e ti fanno stare con la testa 

per aria, tutte emozioni splendide ma che racchiudono anche una grande paura per 

quello che potremmo trovare di diverso tornando a casa… 

Nel viaggio d’andata ero agitatissima e non riuscivo a stare un attimo in silenzio. 

Quando siamo arrivati in Basilicata, ho aperto il finestrino della macchina, per assaporare 

a pieno tutto il bello che quella terra mi aveva donato per 25 anni ma che io 

non ero riuscita a cogliere. Per la prima volta, sono riuscita a vedere quello che mi 

circondava e ad ammirare tutta la fertilità della mia terra natìa. 

Quando siamo arrivati davanti casa è stato stupendo vedere che erano tutti là ad 

aspettarmi, e leggere l’emozione negli occhi dei miei nonni e dei miei fratelli. 

Riscoprire la gioia di stare insieme ai familiari nei piccoli gesti, come lo stare tutti insieme a tavola o davanti 

alla tv. Può sembrare una cosa scontata e ovvia, ma è certo che il percorso che sto facendo in comunità mi sta 

servendo anche per dar valore alle piccole cose e a trovare la felicità in tutta la semplicità che la vita ci offre. 

Caterina

Ciò che mi colpisce sempre quando vado in permesso è l’attesa che provo in aereo 

al ritorno. 

E’ un’emozione strana nel senso che so che all’aeroporto troverò Gianchi ad aspettarmi, 

e durante il volo raccolgo tutti i tre giorni passati a casa per raccontarglieli. 

Appena metto piede all’aeroporto mi sento subito riaccolta da lui, perché appena ci 

incontriamo mi da un abbraccio fortissimo e mi sono resa conto che per me è una 

cosa preziosa, che ogni due mesi aspetto. Sento che non lo vorrei tutti i giorni, ma 

che quel momento è quello più giusto. 

La cosa più bella è scoprire quanto l’esperienza che sto facendo mi fa aprire gli occhi, 

anche al di fuori della comunità; come ad esempio quando torno a casa: il piacere di 

vedere che non è indispensabile la “botta” per stare bene, per viversi a pieno i momenti, 

ma che attraverso quello che sto facendo posso ancora godere e lavorare per 

ciò che Qualcuno di più grande mi sta offrendo in continuazione: lo stupore di combattere 

il torpore mattutino con mamma impegnandoci a sistemare accuratamente la 

cucina e le altre stanze, essere accolta da papà, con una cena passata a scambiarci ciò 

che di concreto ci accade ogni giorno, conquiste, sconfitte e quel suo sguardo positivo 

che mi richiama a non guardarmi mai indietro. 

Mi ha colpito molto come un giorno che ero a casa ho incontrato una vecchia conoscenza 

e, non sapendo stare di fronte alla realtà a cui lei mi riportava, per rimanere 

bene con i piedi per terra ho sentito il bisogno di chiedere immediatamente aiuto a 

i miei genitori che mi hanno instradato a usare la testa e chiamare subito in comunità… 

la sensazione più importante di quel momento è che da loro mi sono sentita accompagnata e quando ho 

chiamato in comunità ho ricevuto subito un nuovo modo per affrontare il resto della giornata senza fermarmi 

sull’accaduto. Questa è libertà!!! 

Carolina 

L’ultimo permesso sono rimasta molto colpita da una cosa che potrà sembrare semplicissima, 

ossia raccogliere la frutta! 

Il secondo giorno in cui ero a casa, mio padre è passato a prendere me e mio fratello 

da mamma e mi ha detto che saremmo dovuti andare a sistemare una cosa per il 

lavoro. Lui si occupa di piscine e quindi mi immaginavo di andare in qualche casa 

in campagna, come al solito, ma quando siamo arrivati mi è sembrato tutto diverso 

da come vedevo questa cosa in passato. 

Prima mi sembrava tutto scontato e noioso, quando andavo a lavorare con lui e molto 

spesso lo facevo pesare, mentre quel giorno a distanza di due anni, sono rimasta 

colpita sia per il paesaggio che per tutto quello che mi circondava. 

C’erano tantissimi alberi da frutta e pomodori coltivati, e così io, mio fratello e mio 

padre, preso un sacco ci siamo messi a raccogliere mele, pere, prugne, pomodori e 

noci. Sono stata benissimo e mi sono sentita molto soddisfatta anche perché sapevo che tutto il raccolto l’avrei 

regalato ai miei nonni che ne sono stati felicissimi. 

Dopo aver raccolto la frutta ci siamo messi a slegare le corde delle amache che erano appese agli alberi e che, 

con il brutto tempo dei giorni prima, si erano intrecciate e con quelle rimaste appese abbiamo creato un’altalena 

con la quale ci siamo divertiti tantissimo. Era molto tempo che non mi divertivo così tanto con loro e in 

un modo così semplice. 

Un’altra cosa importante è stata quando ho rivisto dopo due anni mio zio Andrea e i miei due cugini Paride e 

Manuel. Già da quando Grazia me l’aveva detto il giorno prima ero molto emozionata e la sera dopo, quando 

ci siamo trovati tutti riuniti a casa di mia nonna è stato molto commovente vedere mio cugino Manuel piangere 

e starmi vicino tutta la sera, o vedere l’abbraccio così forte e vero che io e zio ci siamo dati, che non sentivo 

così intenso da tantissimo tempo, per come c’eravamo lasciati male prima che io entrassi in comunità, e mi ha 

fatto molto piacere anche rivedere la sua compagna. 

Alice 

Anastasia 

11

12 

BEATA IGNORANZA!!! 

Il 15 agosto, giocando a “Nomi, cose e città” 

è emersa tutta la nostra grande cultura: 

-Daphne: Città italiana: Damasco! 

-Benedetta: Città straniera: Sandoria! 

-Eleonora: Automobile: Swagen! 

-Eleonora: Città straniera: Glacovia! 

-Tatiana: Città straniera: Senigallia!! 

-Anastasia: Città straniera: Scotland Yard! 

Le nostre immancabili risposte alle 

definizioni dei cruciverba 

Carolina: un tipo di pulce = 

“la pulce poiana.” 

Anastasia: fabbrica pomi = “Adamo.” 

Martina:uccello rapace diurno = cicala. 

Seconda ipotesi = donnola! 

Benedetta: ritrovo per giovani = 

“bocciofila.” 

SfMndM 

Tatiana raccontandoci un aneddoto 

del permesso dice: “c’era tanta gente 

IMPOSTATA al bar che mi aspettava!” 

Benedetta in assemblea: “sono partita 

per la tangenziale!”

ness 

Benedetta: “Lo devo fare in quattro e 

quattr’occhi” 

Giulia: “No, perché io sono rimasta 

TRAUMATA!” 

Tatiana: “Il mio bicchiere rimane 

anonimato?” 

Anastasia: “L’America è negli Stati 

Uniti?” 

Tatiana a tavola, parlando con Stefano 

e volendo usare un linguaggio ricercato, 

dice: “Eh, con tutti questi metodi 

scienziatici…” 

Fabrizio a tavola dice ad Eleonora: 

“parla un altro idioma!” ed Eleonora 

offesissima: “oooooh idioma a chi???” 

BEATA IGNORANZA!!! 

Luca in assemblea parlando a Daphne: “allora, 

che cosa dici Dante?” 

Benedetta parlando del the alla menta dice: “è 

buono, basta che ci metti dentro gli intrusi…” 

Anastasia in sala tv: 

“aprite la tapparella, non sopporto 

la luce artificiosa!” 

Giulia: “lo spazio tra i tavoli sembra lo stretto 

d’Inghilterra!” 

13

Dopo un duro lavoro e una lunga attesa di più di un 

anno, lunedì 10 Settembre ho visto Andrea, mio fratello 

per la prima volta. E’ stata un’emozione fortissima 

perché ritrovarci insieme, pronti a riscoprirci era 

una cosa che mai avrei pensato 

ma tutto questo è stato possibile 

grazie a questa esperienza che mi 

ha portata ad un cambiamento. 

La preparazione fatta in vista di 

quest’incontro mi è servita tanto 

per riuscire ad affrontarlo in maniera 

giusta cioè cercare di parlare 

a mio fratello di me e passargli 

quello che sto facendo. 

Una cosa che mi ha colpito particolarmente 

della preparazione 

dell’incontro è stato l’esempio 

che mi ha fatto Stefano, il nostro 

operatore, dicendomi: “Giulia è come se tu andassi 

al mare con una persona i primi di Dicembre, se ti 

tuffi in acqua e fai vedere che poi non è così fredda, 

SONO TOMMASO, HO VISSUTO IN C.T.E. PER 25 MESI E 

HO FINITO IL MIO PERCORSO IL 15 SETTEMBRE 2012. 

DA QUESTO PERCORSO PORTO A CASA TANTE EMO- 

ZIONI MA SOPRATTUTTO GRAZIE A SILVIO, DICIO E 

VALERIA SONO CAMBIATO. 

HO IMPARATO AD ASCOLTARE E A 

FIDARMI, PUR CON FATICA PER- 

CHE’ IO VOLEVO FARE TUTTE LE 

COSE DA SOLO, VOLEVO ESSE- 

RE IO DIO E NESSUNO POTEVA 

CONTESTARMI, MA LA COSA PIU’ 

DRAMMATICA ERA CHE ERO SEM- 

PRE ARRABBIATO. I MIEI GENI- 

TORI ERANO VITTIME DI QUESTO 

MIO ATTEGGIAMENTO, INFATTI SE 

MI DICEVANO QUALCOSA CON- 

TRARIO AL MIO PENSIERO IO IN- 

COMINCIAVO A SCLERARE CON 

LORO. CON QUESTO ATTEGGIA- 

MENTO PENSAVO DI ESSERE LIBERO, PER ME LIBER- 

TA’ SIGNIFICAVA FARE TUTTO CIO’ CHE VOLEVO. 

GUARDANDO ALESSIO ED ASCOLTANDOLO HO CAPI- 

TO PER LA PRIMA VOLTA CHE ESSERE LIBERI E’ DIRE 

DI SI AD UNA PROPOSTA DI BENE E SEGUIRLA. 

14 

UN TUFFO I prIMI dI dICEMBrE! 

“TOrNIAMO A CAsA” 

che tutto sommato si sta bene vedrai che anche quella 

persona si tufferà, ti seguirà!”. 

Un’altra cosa che non mi è passata per nulla indifferente 

sono state le figure adulte di Gianchi, Grazia 

e dei miei genitori, lì presenti durante 

l’incontro. Queste presenze 

mi hanno fatta stare tranquilla nel 

raccontare di me senza la paura di 

ferirlo con il mio cambiamento. 

In questa situazione mi sono sentita 

accompagnata, sostenuta,come 

fossi a casa; e difatti questa cosa 

ha portato dei frutti perché anche 

Andrea ha riconosciuto il fatto 

che bisogna seguire qualcun altro, 

bisogna avere dei punti di riferimento, 

non noi stessi, ma degli 

adulti. 

Si è accorto che questa Giulia sta molto meglio dell’altra. 

Questo è stato il nostro primo incontro! 

Giulia 

HO IMPARATO IN QUESTI DUE ANNI AD ESSERE SIN- 

CERO CON ME STESSO E CON GLI ALTRI. TUTTO QUE- 

STO, COMPRESA LA SERIETA’, MI FA ESSERE SERENO 

MA SOPRATTUTTO FELICE. OGGI GUARDO CON OC- 

CHI E CUORE DIVERSO I MIEI GENITORI E DI FRONTE 

A LORO MI SENTO PICCOLO 

PERCHE’ MI DANNO TUTTO 

QUELLO DI CUI HO BISOGNO, 

MA CHE PRIMA MI RIFIUTAVO 

DI VEDERE. 

OGGI PER CONCLUDERE POS- 

SO DIRE CHE SONO CERTO DI 

VALERE. POSSO AFFERMARE 

DI NON ESSERE SOLO, PER- 

CHE’ DI FIANCO A ME C’E’ 

SEMPRE UN ALTRO CHE E’ LO 

STESSO CHE MI HA MESSO DI 

FIANCO I COMPAGNI DI CAM- 

MINO E GLI OPERATORI. 

IN QUESTI POCHI GIORNI DAL MIO RITORNO A CASA 

RIESCO A VALORIZZARE TUTTE LE COSE SENZA 

DARE NIENTE PER SCONTATO, AD ESEMPIO L’AB- 

BRACCIO DEI COMPAGNI, UNA LEZIONE A SCUOLA 

OPPURE UNA CENA PREPARATA DALLA MAMMA.

Arianna (16/10): cara Arianna... con l’arrivo di 

questi 20 anni si conclude il tuo periodo da 

teenager. Pur avendo ancora qualche lato sbarazzino, 

stai crescendo sempre di più insieme 

a noi, facendoci scoprire tutte le doti che hai 

realmente e che prima volevi nascondere. Si 

vede che stai prendendo tanto da quest’esperienza, 

soprattutto quando a volte la tua presenza 

e i tuoi richiami ci fanno tornare con i 

piedi per terra, ma non per questo devi accontentarti… 

ti vogliamo bene. 

Valerie (23/10): questo giorno tanto nominato 

è arrivato con i tuoi 18 anni. In questi mesi 

abbiamo scoperto una persona bellissima e tu 

hai trovato un’amicizia grande, che ti rimarrà 

sicuramente dentro. Ti conosciamo come la 

ragazza selvaggia, da “addomesticare”... 

“che cosa vuol dire addomesticare ?” 

“È una cosa da molto dimenticata (...). Ma se 

tu mi addomestichi, noi avremo bisogno l’uno 

dell’altro, tu sarai per me unico al mondo e io 

sarò per te unico al mondo”...ma per lasciarsi 

addomesticare ci vuole tempo...lo dice “Il Piccolo 

Principe!” Non te ne andare...ci guadagnerai 

anche tu il “colore del grano” e tutta la 

realtà, quella qui dentro e quella a casa! 

Tatiana (28/10): 21 anni stanno per bussare alla 

tua porta e noi stiamo attendendo insieme a 

te… Ormai la tua presenza qui al Tingolo è diventata 

molto importante, ed essendo la più 

anziana della comunità, sei diventata per noi 

un’amica, una compagna e tanto altro ancora. 

Forza Tatiana, non fermarti all’impatto iniziale, 

ma scava sempre più in profondità, cercando 

le risposte non solo in te stessa, ma soprattutto 

nell’aiuto che gli altri possono darti… ti 

vogliamo bene. 

Antonietta (18/10): Tanti auguri alla nostra 

Etta! Sei la veterana degli uffici che ha visto 

nascere e crescere la comunità. 

Il tuo essere sempre indaffarata dietro la tua 

scrivania straripiena di carte e lavoro non ti 

impedisce di riservarci ogni giorno una parola 

ed un sorriso e di questo ti siamo grati. 

Un abbraccio dai ragazzi. 

Mamemor (22/10): Buon compleanno Mamemor! 

Anche se sei con noi da poco sei una 

presenza importante per tutti. 

Sappiamo che non è facile per te, nonostante 

ogni giorno ci doni i tuoi sorrisi…che forse a 

volte vorrebbero dire anche altro! Noi vogliamo 

sentirti di più! Ancora auguri dai ragazzi. 

Matteo (23/10): Tanti auguri Matteo! Sei uno 

degli ultimi arrivati e il primo periodo qui con 

noi non è stato facile per te. Festeggi il tuo 

18° compleanno, è un traguardo importante, 

l’occasione giusta per sentirti un po’ più vicino 

a noi ed affrontare bene questa grande 

esperienza che è la comunità. Buon compleanno 

dai tuoi compagni. 

Alberto Marchetti (23/10): tanti auguri! È 

tantissimo che non vieni a trovarci il sabato 

con Silvio... sappiamo che ti dai da fare per 

noi e per la nostra NUOVA SEDE, quindi vorremmo 

ringraziarti e magari festeggiare il tuo 

compleanno insieme! Le ragazze del Tingolo. 

La tua vera età per noi resta un mistero, e rimarrà 

tale. Sappiamo però che ti è molto cara 

la comunità. Tutto questo lo notiamo dai tuoi 

sopralluoghi, le tue perizie, i tuoi progetti passati, 

presenti e futuri. Tanti auguri da tutti i 

ragazzi della cte. 

Valentina (28/10): Buon compleanno Valentina! 

Nonostante ci conosciamo poco siamo affezionati 

alla tua presenza. È un esempio per noi 

vedere la serenità che metti nel tuo lavoro e 

la voglia con la quale affronti la giornata con 

la tua solarità che ci accompagna nelle pulizie 

del mattino. Ancora auguri, dai tuoi ragazzi. 

Disma (15/10): Buon compleanno Disma! Già 

è passato un anno dalla tua nascita... ogni 

volta che ti vediamo ci rendiamo conto che 

la nostra Mascotte cresce sempre di più! Ci 

emoziona molto vederti nelle simpatiche tutine 

che mamma Augu ti mette! Un bacio sulle 

guanciotte. Le tue 17 zie! 

15

l’angolo tatzebao 

“PER ME. SOLO PER ME” 

Raffaele, uno dei primi ragazzi de “L’Imprevisto”, in occasione del XIX 

anniversario della morte di Don Gianfranco Gaudiano ha scritto questo 

pezzo che pubblicchiamo fedelmente non cambiando niente... così è più 

spontaneo, vero, affettuoso. 

MI CHIAMO RAFFAELE, SONO UNO DEI POCHI RAGAZZI CHE NEL 

LONTANO 1991 HO AVUTO LA FORTUNA DI CONOSCERE DON 

GAUDIANO, UN SACERDOTE CON UNA PERSONALITÀ VERAMENTE 

VERA E UNICA A PRENDERSI A CUORE I PIÙ DEBOLI. 

IO NON HO MAI CONOSCIUTO UN PRETE COSÌ CONCRETO NEL SUO 

CREDO. I MALATI DI ENDIGAP, TOSSICO DIPENDENTI, ESTRACOMU- 

NITARI, SENZA TETTO, MALATI DI ADS, EBBE QUESTO DESIDERIO, 

SOPRATUTTO QUESTO OBIETTIVO CHE FOSSERO SEGUITE E CU- 

RATE CON DELLE PERSONE, E CON DELLE STRUTTURE PENSATE E 

NATE DA LUI CON AMORE X TUTTI NOI. 

QUINDI PER ME. SOLO PER ME. 

DON GAUDIANO ERA UNA PERSONA CHE QUANDO LA VEDEVI IN 

COMUNITÀ A TROVARCI ERAVAMO NOI AD ANDARGLI INCONTRO 

E ABBRACCIARLO, E TI TRASMETTEVA TRANCUILLITÀ E AMORE 

VERO. AVEVA QUEL PANCIONE CHE QUANDO TI ABBRACCIAVA, 

VERAMENTE TI TRASMETTEVA TANTO CALORE E SERENITÀ X CUI 

DOVE STAVI TI SENTIVI TRANCUILLO E SERENO DI TANTA FIDU- 

CIA. 

IO SONO STATO DA SILVIO CATTARINA, UNA COMUNITÀ UNICA NEL 

LORO PROGRAMMA EDUCATIVO MA SOPRATTUTTO PERSONALE X 

OGNI SINGOLO RAGAZZO O RAGAZZA A TRASMETERTI AMORE E 

FIDUCIA IN TE STESSO. 

CONCLUDO X RICORDARE DON GAUDIANO, GRAZIE PERCHÉ MI AI 

MESSO HA DISPOSIZIONE UNA “CASA” E DELLE PERSONE CHE A 

ME MI ANNO DATO TANTO, MA MI ANNO FATTO CREDERE E CRE- 

SCERE TANTO SUL LIVELLO UMANO. 

ADESSO MI CHIEDO: DOVE SEI, COME FACCIO A STARE CON TE? 

COME SI FA A TROVARE UN ALTRO COME TE? 

Periodico de “L’imprevisto” realizzato dalla Comunità terapeutica femminile ”Tingolo”

“Dove sei, come faccio a stare con te? Come si fa a ... - L'imprevisto

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