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Osservazioni intorno agli animali viventi

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giuoco con semplici fuscelli non impiastrati di veleno viperino, siccome non morirono<br />

alcuni altri, a’ quali sforacchiai con uno spillo fino a sedici e a venti volte i grossi<br />

muscoli del petto, arrivando all’osso del medesimo petto con le punture.<br />

Tutte queste esperienze le ho rifatte replicatamente ne’ mesi di novembre e di<br />

dicembre e di gennaio, con vipere pigliate al settembre e fatte venir da Napoli dal<br />

Serenissimo Granduca Cosimo Terzo mio signore, succedendone sempre gli<br />

avvenimenti simili a’ sopraccennati. Solamente ho osservato di vantaggio che le teste<br />

t<strong>agli</strong>ate alle vipere in quei tre mesi mantengono il veleno per dieci o per dodici giorni,<br />

ed anco più e meno, secondoché prima o poi si rasciuga e si risecca nelle guaine de’<br />

denti quel liquor velenoso, il quale, per l’apertura della ferita fatta da essi denti, dee<br />

penetrare nelle carni ad infettarne i fluidi.<br />

Debbo ora favellare storicamente di que’ vermi che talvolta abitano in diverse parti<br />

de’ corpi degli <strong>animali</strong> <strong>viventi</strong>, conforme fu mia prima intenzione, e conforme promisi<br />

allora, quando riferii che non solamente negl’intestini del serpentello da due teste<br />

ritrovai de’ lombrichetti bianchi e rossigni, ma che di più nel di lui fegato destro vidi<br />

che tondeggiavano cinque rilevate vescichette, ciascuna delle quali racchiudeva un<br />

vermicciuolo della stessa razza di quegli che stavano impantanati tra le lordure<br />

degl’intestini. E v<strong>agli</strong>a il vero, che di sì fatti vermicciuoli soventemente ne ho trovati e<br />

negli stomachi e ne’ budelli delle vipere e di altre serpi, non meno che in quegli de’<br />

ramarri, delle lucertole nostrali e de’ lucertoloni africani. Anzi in uno di questi<br />

lucertoloni africani lungo un braccio e due terzi, che l’anno 1677 venutomi dalle coste<br />

delI’ Africa, era vissuto in Firenze più di otto mesi senza mangiare e senza bere<br />

racchiuso in una gabbia di ferro, e finalmente si era morto o di fame, o di stento, o di<br />

freddo, o di che che si fosse, non solamente ritrovai di tali vermicciuoli nello stomaco e<br />

nelle budella, ma ne trovai altresì alcuni bianchissimi racchiusi tra ‘l peritoneo ed i<br />

muscoli dell’addomine, ed erano vivi e lunghi quattro in cinque dita traverse, e grossi<br />

quanto un grosso filo di refe addoppiato. Di più tutti i muscoli dell’addomine erano<br />

tempestati d’innumerabili glandulette o tubercoletti, simili di colore e di grandezza a’<br />

granelli del panico e del miglio, ciascuno de’ quali tubercoletti conteneva internamente<br />

racchiuso un verme. Di quelle glandulette o tubercoli ve n’erano ancora de’ più<br />

grossetti, e quasi della grandezza delle vecce, de’ piselletti e de’ ceci, e conservavano<br />

anch’essi il loro proprio verme, quasi della stessa lunghezza e della stessa grossezza di<br />

quegli che, come ho detto, camminavano sciolti in quegli spazi che sono tra ‘l peritoneo<br />

ed i muscoli dell’addomine. Inoltre il peritoneo medesimo dalla parte interna era tutto<br />

pieno de’ suddetti tubercoli, e là dove parimente il peritoneo va ad unirsi al mesenterio<br />

<strong>intorno</strong> all’intestino colon, e nel mesenterio stesso, ve n’era una quantità innumerabile.<br />

Una quantità innumerabile parimente se ne vedea sotto il peritoneo in quei luoghi che<br />

son chiamati l’anguinaie, dove trovai due corpi glandulosi di color dorè, o, per dir<br />

meglio, due glandule conglomerate, lunghe sette dita traverse, divise in molte strisce<br />

attaccate l’una all’altra per mezzo di molti canaletti e di molte sottilissime fibre<br />

membranose, le quali tutte strisce erano gremite di quegli stessi tubercoletti verminosi.<br />

Il polmone del riccio terrestre, che per altro nome dicesi spinoso, è diviso in due<br />

parti, una delle quali posa nel lato destro del torace e l’altra nel lato sinistro. La parte<br />

che posa nel lato destro trovasi per lo più scompartita in tre lobi, ed anco talvolta in<br />

quattro: ma la parte del lato sinistro è sempre constantemente di un sol lobo. In così fatti<br />

polmoni di un riccio femmina, grassissima e lattante, che apersi viva, tanto nel lato<br />

destro quanto nel lato sinistro osservai che in tutti i loro bronchi, o ramificazioni<br />

dell’asperarteria vi si aggiravano molti lombricuzzi vivi, bianchi, sottilissimi, e non più

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