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Osservazioni intorno agli animali viventi

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al peso di trentasei once; ed in un altro delfìno che pesava trecentottanta libbre, il suo<br />

cervello arrivava alle cinquantotto once, il che in un pesce è degno di considerazione;<br />

mentre i pesci, per ordinario, piccola e molto lieve hanno la mole del cervello, come può<br />

vedersi nel cane carcaria descritto in Firenze dal dottissimo Stenone, perché, pesando<br />

quell’animale più di tremila libbre, non giungeva ad avere tre once di cervello. E mi<br />

sovviene che io stesso ho trovato in una tartaruga marina di sessantanove libbre il<br />

cervello suo non arrivar al peso della sesta parte di una miserabile oncia, ed in una volpe<br />

marina, che tutta intera e non isventrata era ventotto libbre, il cervello essere un solo<br />

quarto di oncia. Dirò di più: un tonno ben netto dagl’interiori, e pesante trecennovanta<br />

libbre, passava di poco un ottavo di oncia di cervello; ed un altro tonno di<br />

trecenquarantadue libbre, pur netto ancor esso da tutte le viscere, non arrivava col peso<br />

del cervello a quell’ottavo dell’oncia. Onde credo che possa affermarsi per cosa<br />

singolare, e non più osservata, che tra gli <strong>animali</strong> non ragionevoli il solo pesce delfino<br />

sia quegli che, non ostante la maggiore o minor mole del corpo, abbia il cervello<br />

maggiore di tutte quante l’altre razze di bestie. I manzi ed i bufoli, che talvolta pesano<br />

mille cinquecento libbre, appena hanno due libbre o poco più di cervello. Forse maggior<br />

di tutti lo avrà quel grande animalaccio volante, di cui la celebre famosissima satira:<br />

Metton certe appendici del botero<br />

Nell’India pastinaca un uccellaccio<br />

Ch’alza da terra un elefante intero.<br />

Apicio ed Ateneo mi sgriderebbono se lasciassi in dimenticanza quest’altra<br />

osservazione, ancorché non sia a proposito, che il cervello del delfino è una<br />

delicatissima vivanda e non cede, né poco né punto, a quella del cervello delle vitelle di<br />

latte, o di qual si sia altro costumato nelle più laute e più ingegnose cucine; anzi direi<br />

per esperienza che fosse molto migliore, e più dilicato e gentile. Se poi in tutte le razze<br />

de’ delfini avvenga lo stesso non saprei affermarlo. Favello qui di que’ delfini che<br />

frequentemente si pescano nel mar di Toscana, e nello esaminar le loro viscere, gli ho<br />

veduti quasi in tutte le parti similissimi a quegli che dal dottissimo Tommaso Bartolini e<br />

dal celebre Giovanni Daniel Maiore furono notomizzati e descritti col nome latino di<br />

phocaena e di tursio.<br />

Quando favellai de’ vermi dell’orso e della fabbrica de’ suoi reni, dissi che il delfino<br />

avea anch’esso i reni distinti in particelle, e lo dissi con verità, perché veramente tutti i<br />

pesci, conforme ancora tutti gli uccelli, hanno i reni scompartiti in varie particelle di<br />

differenti figure, che non sono altro che altrettanti piccoli reni. I quali piccoli reni in<br />

alcuni <strong>animali</strong> sono numerosissimi a segno tale, che in un sol rene di un delfino, il qual<br />

rene pesava nove once, ne ho contati trecensettantuno, e nel rene compagno ne numerai<br />

infine in trecentottanta, e tutti corredati delle loro proprie tuniche, e de’ propri canali<br />

sanguigni, e de’ propri canaletti ureteri che con molte sottili ramificazioni s’impiantano<br />

nel tronco principale degli ureteri maestri. I quali, scorrendo da capo a piede per tutta la<br />

lunghezza interna de’ due reni, ed usciti fuor di essi reni, camminando solitari per lo<br />

spazio di sedici dita traverse, s’impiantano nel principio del collo della vescica urinaria<br />

e, proseguendo tra tunica e tunica il lor cammino, sboccano nell’interna cavità del collo<br />

di essa vescica; ciascheduno de’ quali con la propria apertura vicinissima l’una all’altra,<br />

senza rilevarsi in papille o capezzoli, conforme ho osservato che si rilevano in due<br />

grossi capezzoli gli ureteri della tartaruga marina, allora quando sono penetrati<br />

internamente nell’orlo estremo del collo di essa vescica, là dove ella con una ben larga

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