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Osservazioni intorno agli animali viventi

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ne’ primi giorni della prigionia non facesse altro che bere ingordissimamente e con<br />

frequenza. Quattro giorni prima della sua morte allentò grandemente il bere, e<br />

finalmente, passato il ventesimo giorno, si morì. Ed un altro cappone, tenuto in chiusa<br />

con la medesima libertà di poter bere, arrivò a vivere ventiquattro giorni, ed io, dopo la<br />

lor morte, ne’ ventrigli di tutt’a due trovai le solite pietre, conforme le avea trovate ne’<br />

primi, e conforme le ho trovate ne’ ventrigli di alcuni colombacci, che dopo aver<br />

campato senza cibo e senza bevanda chi dodici e chi tredici giornate intere, finalmente<br />

si morirono. Un’aquila reale campò ventotto giorni senza mangiare; un’altr’aquila<br />

simile, in tempo del sollione, ne campò ventuno. Ventuno ne campò parimente un<br />

avoltoio, diciotto un bozzagro, ed altrettanto una albanella: e pure l’aquila, l’avvoltoio,<br />

il bozzagro e l’albanella e tutti gli altri simili uccelli di rapina non costumano<br />

d’inghiottir volontariamente le pietruzzole, siccome non le inghiottiscono molti altri<br />

uccelli che non hanno corredato il ventriglio di quei muscoli così grossi e così forti, che<br />

si vedono ne’ ventrigli de’ capponi, de’ fagiani, dell’oche, dell’anitre, de’ cigni, delle<br />

grue e di altri uccelli che sogliono soventemente beccare i sassolini. Gli <strong>animali</strong> non<br />

muoiono così prestamente per cagione del digiuno, come crede il volgo. Tra’ cani che<br />

ho fatti morir di fame, vi sono stati di quegli che, senza mangiare e senza bere, son<br />

campati trentaquattro e trentasei giorni. Un piccolo cagnuolo, ne’ giorni più caldi della<br />

state, arrivò fino a venticinque giorni senza bere e senza mangiare; e molto più oltre<br />

sarebbe trascorso, se spinto dal gran rovello della fame non fosse saltato da un’altissima<br />

finestra. Un gatto del zibetto, che iena odorifera fu chiamato da Pietro Castello<br />

messinese, indugiò a morire dieci giorni, e un grossissimo gatto selvatico ne indugiò<br />

venti. Venti giorni mi campò una gazzella. Un tasso, in tempo di verno, campò un mese<br />

intero. I topi domestici e campagnuoli possono poco soffrir la fame imperocché, in<br />

molte prove che ne ho fatte, non son mai arrivati a tre giorni interi senza mangiare. Pel<br />

contrario, le tartarughe terrestri le ho condotte fino in diciotto mesi, le vipere fino in<br />

dieci; e come ho detto di sopra, un lucertolone africano campò più di otto mesi senza<br />

voler mai assaggiare veruna sorta di cibo: ma queste tre ultime razze di <strong>animali</strong> sogliono<br />

per lo più naturalmente nell’inverno o non cibarsi, o prendere scarsissimo e radissimo il<br />

nutrirnento. Negli altri <strong>animali</strong> giova molto la robustezza e l’età per poter lungamente<br />

soffrir la fame. Ma in molte generazioni d’insetti è naturalezza. Non è immaginabile<br />

quanto si trovino belle le viscere degli <strong>animali</strong> fatti morir di fame; il che dovrebbe<br />

servire per insegnamento che la dieta ben regolata è la più sicura medicina per rimettere<br />

in sesto le viscere degli uomini, e per istasare gl’intrigatissimi canali e andirivieni de’<br />

loro corpi.<br />

Io diceva di sopra che l’intestino di tutti i lombrichi terrestri, per tutta la sua<br />

lunghezza, è pieno di terra. Sdrucito quest’intestino dal podice infino allo stomaco, e<br />

ben ripulito da quella terra, si trova nella cavità di esso intestino un altro grosso canale<br />

che vi serpeggia quasi per tutta la sua lunghezza, come se fosse un intestino dentro ad<br />

un altro intestino. Ho detto quasi per tutta la sua lunghezza; imperocché non iscorre,<br />

come dice il Willis, toto ductu, scilicet a cauda usque ad ventriculum; imperocché<br />

quella estremità di questo canale, che giù per l’intestino va verso il podice, termina<br />

dentro alla cavità di esso intestino, in lontananza di quattro buone dita traverse<br />

dall’apertura del podice, e poscia sommamente assottigliandosi, fora la tunica del<br />

medesimo intestino, e cammina alla volta del podice fra la tunica mentovata ed il dorso;<br />

siccome l’altra estremità superiore, quando è arrivata ne’ contorni dello stomaco, ne<br />

fora la tunica e passa esternamente alla volta della testa con una somma sottigliezza di<br />

canale. Non tutti i lombrichi lo hanno figurato nella stessa maniera: imperocché, ne’

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