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Osservazioni intorno agli animali viventi

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intitolato Ricreazione dell’occhio e della mente nell’osservazione delle chiocciole, al<br />

problema diciottesimo, costantemente afferma tutte le spezie delle chiocciole, tanto<br />

terrestri quanto marine, non avere il cuore, ed in esse, per quanto si studi l’occhio<br />

aiutato da’ microscopi, che fan veder cose alla debolezza di esso invisibili, mai non ne<br />

potrà riconoscer vestigio; e pur, se vi fosse, veder lo dovrebbe; siccome nella<br />

generazione di tutti gli <strong>animali</strong> che han sangue, appena formato si scuopre. Per vedere<br />

il cuor delle chiocciole terrestri non occorre aiutar la vista col microscopio, né vi è<br />

necessità di aguzzar le ciglia,<br />

Come il vecchio sartor fa nella cruna;<br />

imperocché l’occhio ignudo, ed anco di sua naturalezza debole, lo può da per sè<br />

stesso facilmente ravvisare e scorgere corredato di ramificazioni sanguigne, e può<br />

considerarne i moti e le regolate sue pulsazioni, purché miri e si affissi in quella parte<br />

del corpo, dove dalla natura fu collocato. Mi servirò delle parole di Marco Aurelio<br />

Severino, che nella parte seconda della Zootomia, al capitolo vigesimo, scrisse: Verum<br />

accidit quoque, ut multa sint cuique obvia, visuque et tactu familiaria, quae neque etiam<br />

extare advertuntur, et tamen revera sunt. Non alle sole chiocciole terrestri ha dato la<br />

natura il cuore; ella lo ha dato altresì all’ostriche marine, ed a tutte tutte quante le<br />

conchiglie che abitano nell’acqua dolce e nell’acqua salata, ed a tutti quanti gli altri<br />

<strong>animali</strong> che non hanno il sangne tinto di rosso, non essendo necessario il color rosso a<br />

dare l’essenza di sangue; in quella guisa appunto che tanto è veramente vino il vino<br />

vermiglio, quanto il bianco, il dorato ed il mezzo colore. Che più? Infino ne’ vilissimi<br />

lombrichi terrestri, infino in quegli stessi pinci marini che stanno perpetuamente<br />

attaccati <strong>agli</strong> scogli, infino in quegli altri zoofiti pur sempre radicati ne’ medesimi<br />

scogli, e talvolta radicati ancora sul groppone di altri zoofiti, e che da’ pescatori<br />

livornesi son chiamati carnumi, e da altri (perché, levata loro la prima durissima e<br />

scabrosissima pelle, appariscono nel colore, nella figura e nella sustanza simili ad un<br />

tuorlo d’uovo quasi cotto, sodo, avente due beccucci sporti in fuora, simili a quegli de’<br />

pinci marini) vengono appellati uova di mare; infino, dico, in essi trovasi il cuore bello,<br />

mostrabile e visibile senza occhiali. E si trova altresì infino in quei moltissimi e lunghi<br />

tarli, o vermi di mare che da’ marinai son chiamati brume, in quegli, dico, che si<br />

annidano in tutte quelle tavole delle navi, le quali stanno sempre sott’acqua, e laggiù<br />

sott’acqua le rodono, le trivellano e, per valermi di un vocabolo marinaresco, le<br />

verrinano tutte quante con grandissimo danno delle medesime navi. Dirò di vantaggio.<br />

Si trova il cuore in un certo animaletto che è il più bizzarro di quanti mai abitano e<br />

vivono ne’ fondi del mare; ed è così bizzarro, e forse per ancora non osservato da<br />

alcuno scrittore, che non posso rattenermi dal non farne una tal qual si sia rozza<br />

descrizione. Ben considerato esternamerte, questo animale con la vista e col tatto<br />

rassembra un pezzo di durissimo scoglio, fatto per adunamento di diverse fogge di sassi<br />

marini, di corallumi e di altre marine congelazioni e concrezioni, che elevandosi in<br />

monti ed in colline di differenti altezze, formano diverse valli. Ed in tali monti, colline e<br />

valli sono effettivamente radicate e vegetanti molte erbette ed arbuscelli marini,<br />

rappresentanti al vivo le selve ed i prati di questo piccolo ed animato mondo; e tra<br />

queste vere erbe e tra questi veri arbuscelli abitano minutissime conchiglie e molti altri<br />

animaluzzi, scolopendre, lombrichetti e vermicciuoluzzi, ognuno de’ quali sta intanato<br />

nella propria e particolar sua casa e caverna, non casuale, ma quivi da sè medesimo<br />

fabbricatasi. La figura dell’animale è lunga e biforcata (Fig. XXII, 1); e nelle punte

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