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Osservazioni intorno agli animali viventi

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lungo di tre dita traverse, e grosso quanto una penna dell’ale di un colombo; ed è aperto<br />

in punta, e dentro scanalato e pieno d’una materia bianca un poco più consistente del<br />

latte. Sdrucito per lo lungo, si vede che dalla sua punta insino al mezzo è tutto<br />

internamente rugoso di rughe talvolta longitudinali, e talvolta trasversali: ma dal mezzo<br />

insino all’estremità è rugoso di rughe longitudinali. Si rappresenta il suo esterno nella<br />

Fig. XIII, 3, alla lettera c.<br />

In quella stessa cavità membranosa, nella quale alzasi la suddetta papilla dell’arnese<br />

genitale, vi sono più intenamente due forami. Per uno di questi forami situato nel fondo<br />

intromettendosi la setola, penetra in un sacchetto bianco di pareti grosse e come<br />

cartilaginose, dentro del qual sacchetto sta collocato un ossetto lungo, bianco, spugnoso,<br />

angolare, scanalato, fatto quasi a piramide, che posa la sua base nel fondo del sacchetto<br />

sopra un piccolo globo cartilaginoso, il qual globo con una quasi sua papilla entra e<br />

penetra nella base dell’osso. Marco Aurelio Severino afferma, nella sua Zootomia<br />

Democritea, non esservi un osso solo, ma bensì due. Io non ne ho mai trovato se non<br />

uno, e non ci vedo luogo da potervene adattar due. Per l’altro forame, aperto nella<br />

soprammentovata cavità membranosa, intromettendosi la setola, entra in un canale<br />

bianco che è messo in mezzo da due altri corti canali, dall’estremità de’ quali si<br />

diramano molti e molti altri minutissimi canaletti sciolti sì, ma serrati nelle loro<br />

estremità; e per lo più son pieni di un fluido bianco o simile al latte, e rappresentano la<br />

figura di due spazzole (Fig. XIII, 3, lett. i, i). Quel canale, in cui dissi che entra la setola,<br />

si divide in due grossi rami. Uno di questi due rami, che a mio credere è il canale o vaso<br />

spermatico, grandemente si dilata, ed è fatto a piegoline trasversali, da una estremità<br />

sciolte e dall’altra legate e strettamente increspate come un collare a lattughe. Termina<br />

attaccato ad un grosso e lungo corpo giallognolo, il quale ne’ maschi potrebbe dirsi il<br />

testicolo; all’<strong>intorno</strong> del qual testicolo scappa fuora un sottil canaletto, che, sciolto e<br />

serpeggiante, va ad impiantarsi in un certo corpo rosso glanduloso, situato e nascosto<br />

nel mezzo di quella massa che fanno gl’intestini ed il fegato aggrovigliati insieme.<br />

Questo canaletto però non nasce dal testicolo, ma ha la sua origine, o per dir meglio,<br />

una delle sue estremità, più alta di esso, la ha al principio del canale spermatico, e<br />

cammina alla volta del testicolo, sempre attaccato strettamente ad uno de’ lembi di esso<br />

canale spermatico (Fig. XIII, 3). L’altro ramo, che è pur canale appartenente all’opera<br />

della generazione, cammina per tutta la lunghezza del canale spermatico, non sopra di<br />

esso, ma bensì attaccato ad uno de’ suoi lembi con una larga membrana tutta<br />

serpeggiata di minutissimi canaletti; ed arrivato al fìne del canale spermatico, termina<br />

come in una zucchetta piena di certa materia di color di ruggine simile al sapon tenero<br />

(Fig. XIII, 3, let. l).<br />

Dell’uova prodotte dalle chiocciole e da’ lumaconi ignudi veggasi il libro del sempre<br />

con lode mentovato Martino Lister. Veggasi il Trattato del virtuosissimo e<br />

diligentissimo Giacomo Ardero. Veggasi la Lettera scrittane al signor Marcello<br />

Malpighi dal signor Anton Felice Marsigli cavalier bolognese, che allo splendor de’<br />

natali aggiugne quello di una nobile litteratura, e di uno ardente commendabilissimo<br />

desiderio di svelare co’ suoi studi le molte, fino ad ora occultate, verità <strong>intorno</strong> alle<br />

operazioni della natura.<br />

Nella Fig. XIII, 4, accennata di sopra si può veder, abbozzato e tratto fuora de’ suoi<br />

invogli, il cuore delle chiocciole di un sol vestricolo, con le diramazioni della vena cava<br />

e dell’aorta; e nella Fig. XIX, 6, il cuore di quelle buccine marine che da’ pescatori<br />

livornesi son chiamate cangigli. Stimo che di queste due figure, per valermi della sua<br />

propria frase, si burlerà il padre Filippo Buonanni, il quale, nel suo eruditissimo libro

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