Tesi Bozzon - Archivi di Famiglia
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SAPIENZA UNIVERSITÀ DI ROMA<br />
FACOLTÀ DI FILOSOFIA<br />
CORSO DI LAUREA IN SCIENZE DELLʹEDUCAZIONE E DELLA FORMAZIONE<br />
ELABORATO DI LAUREA IN PEDAGOGIA GENERALE<br />
Laureanda<br />
Valentina <strong>Bozzon</strong><br />
Matricola<br />
1159145<br />
Relatore<br />
Chiar.mo prof.<br />
Nicola Siciliani de Cumis<br />
Correlatore<br />
Chiar.mo prof.<br />
Alessandro Sanzo<br />
Il cinema per amico<br />
Nino Giovanni Gianni Amelio<br />
nei pensieri <strong>di</strong> uno spettatore, 1983‐2010<br />
E<strong>di</strong>trice<br />
Nuova Cultura – Roma<br />
Anno Accademico<br />
2009 – 2010
SAPIENZA UNIVERSITÀ DI ROMA<br />
FACOLTÀ DI FILOSOFIA<br />
CORSO DI LAUREA IN SCIENZE DELLʹEDUCAZIONE E DELLA FORMAZIONE<br />
ELABORATO DI LAUREA IN PEDAGOGIA GENERALE<br />
Autore<br />
Nicola Siciliani de Cumis<br />
Con la collaborazione <strong>di</strong><br />
Valentina <strong>Bozzon</strong><br />
Il cinema per amico<br />
Nino Giovanni Gianni Amelio<br />
nei pensieri <strong>di</strong> uno spettatore, 1983‐2010<br />
E<strong>di</strong>trice<br />
Nuova Cultura – Roma
Composizione grafica a cura dell’Autrice
In<strong>di</strong>ce<br />
Premessa .......................................................................................................... XI<br />
Introduzione...................................................................................................XV<br />
Parte prima – Gli scritti degli anni ‘80‐‘90..................................................... 1<br />
Capitolo primo – Colpire al cuore, una storia paradossale ........................ 3<br />
1.1. La doppia posizione <strong>di</strong> Amelio verso la terra “d’origine” .................. 5<br />
1.2. Con la Calabria nell’animo..................................................................... 11<br />
Capitolo secondo – Ricor<strong>di</strong> “al futuro” ...................................................... 13<br />
Capitolo terzo – Robin Hood e l’eroe “ladro <strong>di</strong> bambini” ....................... 15<br />
Capitolo quarto – Il mestiere del critico ...................................................... 25<br />
Capitolo quinto – Diario pedagogico per il ladro <strong>di</strong> bambini (e<br />
<strong>di</strong>ntorni) ................................................................................................ 37<br />
Capitolo sesto – Ecce Lamelio alla scoperta della Merica......................... 63<br />
Capitolo settimo – A come Bambini B come Adulti .................................. 67<br />
7.1. Amelio, Labriola e la laurea in filosofia................................................ 69<br />
Capitolo ottavo – Lettere dall’università .................................................... 79<br />
8.1. “Porte aperte” alla giustizia, al giu<strong>di</strong>zio e al cambiamento .............. 79<br />
Capitolo nono – La Calabria <strong>di</strong> Amelio e per Amelio ............................... 83<br />
9.1. Prefazione (per un catalogo <strong>di</strong> una mostra su Gianni Ame‐<br />
lio) .............................................................................................................. 83<br />
9.2. Gianni Amelio, quattro elefanti e una Seicento................................... 87<br />
Capitolo decimo – Poveri noi a San Pietro Magisano................................ 91<br />
Parte seconda – Un’amicizia mai interrotta… gli scritti degli an‐<br />
ni 2000........................................................................................................ 93<br />
Capitolo primo – Poscritto 2001.................................................................... 95
VIII<br />
Capitolo secondo – Un “opposto” al cinema...............................................97<br />
2.1. Due domande Gianni...............................................................................97<br />
Capitolo terzo – Gianni Amelio e La terra è fatta così ................................101<br />
Capitolo quarto – Due domande Gianni… Amelio..................................115<br />
Capitolo quinto – Il misto d’avanguar<strong>di</strong>a..................................................119<br />
Capitolo sesto.................................................................................................125<br />
6.1. Gianni Amelio e i bambini del suo paese, in Calabria ......................125<br />
6.2. Gianni Amelio, <strong>di</strong> gioco in gioco..........................................................126<br />
Capitolo settimo – Siamo tutti “albanesi”..................................................133<br />
7.1. Decalogo in forma <strong>di</strong> <strong>di</strong>alogo su “Lamerica”.....................................133<br />
Biblio‐filmografia..............................................................................................145<br />
In<strong>di</strong>ce dei nomi .................................................................................................151<br />
In<strong>di</strong>ce delle tematiche .......................................................................................155
Al mio Dio,<br />
il Quale ha reso possibile<br />
il raggiungimento <strong>di</strong> questa meta<br />
e mi ha donato vali<strong>di</strong> sostegni:<br />
una famiglia e un marito<br />
meravigliosi!
Premessa<br />
Ho imparato che la fine <strong>di</strong> un percorso, spesso, è l’inizio <strong>di</strong> un altro,<br />
più lungo e più arduo, perché affrontato con maggiore maturità ed espe‐<br />
rienza. La vita, insomma, è un lungo cammino ad ostacoli e chi si volta<br />
in<strong>di</strong>etro rischia <strong>di</strong> cadere. Solo proiettando lo sguardo in avanti, con at‐<br />
teggiamento positivo e costruttivo, è possibile proseguire il cammino e<br />
superare gli ostacoli che si presentano, a mano a mano.<br />
Voglio iniziare così il mio elaborato <strong>di</strong> tesi, presentandolo come la fi‐<br />
ne <strong>di</strong> un percorso universitario durato tre anni… e come punto <strong>di</strong> par‐<br />
tenza <strong>di</strong> un altro percorso che finirà con l’essere, a sua volta, l’inizio <strong>di</strong><br />
un altro ancora: questa è la vita!<br />
Di sicuro mi attende ancora tanto lavoro, ma quello già svolto mi ha<br />
dato modo <strong>di</strong> crescere, <strong>di</strong> apprendere e anche <strong>di</strong> sbagliare, per poter ri‐<br />
tornare daccapo, fare meglio!<br />
In questo cammino, ovviamente, non sono mai stata sola; non si può<br />
crescere da soli! Certo, si impara dai propri errori, ma anche dai consigli<br />
e dalle esperienze <strong>di</strong> quanti ci circondano: genitori, professori, persone<br />
in cui riponiamo stima.<br />
Oltre alla mia famiglia, l’università ha svolto una funzione molto im‐<br />
portante nella mia formazione. Ogni corso ha arricchito il bagaglio <strong>di</strong><br />
conoscenze che porto con me, nel mio viaggio! Personalmente credo (e<br />
spero) che tale bagaglio non smetterà mai <strong>di</strong> arricchirsi <strong>di</strong> cose nuove…<br />
come quelle che devo, in particolare, ai corsi tenuti dal professor Nicola<br />
Siciliani de Cumis, docente <strong>di</strong> Pedagogia generale dell’Università degli<br />
Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Roma “La Sapienza” e al corso <strong>di</strong> Cinema e educazione tenuto<br />
dal professor Domenico Scalzo.<br />
Durante le lezioni, infatti, ho avuto modo <strong>di</strong> conoscere e stu<strong>di</strong>are sia<br />
le caratteristiche della pedagogia <strong>di</strong> Anton Semënovič Makarenko, pe‐<br />
dagogista ucraino, autore del Poema Pedagogico 1 , che quelle dei film <strong>di</strong><br />
Gianni Amelio, regista italiano, al quale è de<strong>di</strong>cato questo elaborato <strong>di</strong><br />
laurea.<br />
1 A. S. MAKARENKO, Poema pedagogico. A cura <strong>di</strong> N. Siciliani de Cumis con la col‐<br />
laborazione <strong>di</strong> F. Craba, E. Konovalenko, O. Leskova, E. Mattia, B. Paternò, A. Ri‐<br />
bčenko e gli studenti dei corsi <strong>di</strong> Pedagogia generale I nell’Università <strong>di</strong> Roma La<br />
Sapienza 1992‐2008, Roma, 2007 e Roma, 2009.
XII<br />
Premessa<br />
Nei tre anni passati all’università ho potuto realizzare quanto della<br />
mia vita e delle mie esperienze, si rispecchi negli stu<strong>di</strong> affrontati. La<br />
stessa visione della vita come <strong>di</strong> un “viaggio”, l’ho appresa dai lavori <strong>di</strong><br />
Amelio. In tutti i suoi film, come analizzeremo più approfon<strong>di</strong>tamente<br />
in seguito, egli comunica l’idea del viaggio.<br />
Come accade in ogni itinerario, anche nella vita è possibile incontrare<br />
persone <strong>di</strong>verse tra loro e fare esperienze positive o negative.<br />
Nel mio caso, l’esperienza al liceo, l’iscrizione all’università, i primi<br />
esami, la redazione della tesi… tutto questo ha rappresentato una pre‐<br />
ziosa opportunità <strong>di</strong> crescita e <strong>di</strong> appren<strong>di</strong>mento. Ogni <strong>di</strong>fficoltà, anche<br />
quelle affrontate con un pizzico <strong>di</strong> timore, mi ha portato avanti fino ad<br />
oggi, fornendomi strumenti utili per la vita universitaria e, soprattutto,<br />
per quella quoti<strong>di</strong>ana.<br />
Questo mio elaborato <strong>di</strong> laurea rappresenta, in qualche modo, la<br />
“summa” <strong>di</strong> tutto il lavoro universitario svolto in questi tre anni. Esso<br />
rappresenta anche me stessa, la mia vita, proprio come i film <strong>di</strong> Amelio<br />
rispecchiano la sua persona e raccontano <strong>di</strong> lui.<br />
Il mio percorso universitario ha avuto inizio con uno dei quattro e‐<br />
sami sostenuti con il professor Siciliani, incentrato sulla figura <strong>di</strong> Maka‐<br />
renko.<br />
Nel corso degli anni accademici, il <strong>di</strong>scorso su questo pedagogista<br />
russo è progre<strong>di</strong>to, fino a fondersi con quello sul cinema <strong>di</strong> Gianni Ame‐<br />
lio, sviluppato durante il corso <strong>di</strong> Cinema e educazione tenuto dal pro‐<br />
fessor Domenico Scalzo.<br />
In questi tre anni ho sostenuto poco più <strong>di</strong> trenta esami e ho avuto<br />
modo <strong>di</strong> svolgere un interessante tirocinio, <strong>di</strong> tre mesi, presso un asilo<br />
nido trilingue <strong>di</strong> Roma. L’esperienza del tirocinio ha arricchito il mio<br />
bagaglio <strong>di</strong> conoscenze ed esperienze in materia pedagogica. Mettere in<br />
pratica quanto appreso all’università e sperimentare realtà mai stu<strong>di</strong>ate,<br />
è stato molto formativo.<br />
Le esperienze sul campo mi hanno concesso l’opportunità <strong>di</strong> fronteg‐<br />
giare situazioni reali e provare emozioni per i risultati ottenuti, sia posi‐<br />
tivi che negativi.<br />
Infatti ho potuto sperimentare quanto i bambini siano capaci <strong>di</strong> inse‐<br />
gnare a “noi adulti”. Amelio mi ha dato modo <strong>di</strong> rilevare molto bene<br />
questo aspetto: i bambini possono darci tanto e, spesso, pensano in ma‐<br />
niera più profonda e più logica dei “gran<strong>di</strong>”. I bambini ci aiutano a ra‐<br />
gionare e perfino a comprendere gli errori che commettiamo.<br />
Ogni esame, insieme ad ogni esperienza, ha costituito un momento<br />
importante per la mia formazione. Non so ancora cosa farò <strong>di</strong> preciso
Premessa XIII<br />
dopo la laurea. Il mio intento sarebbe quello <strong>di</strong> proseguire gli stu<strong>di</strong>. Vor‐<br />
rei ottenere la tesi specialistica il cui argomento, sulla scia <strong>di</strong> questo ela‐<br />
borato, riguarderà ancora Amelio, ma dando uno sguardo più appro‐<br />
fon<strong>di</strong>to alle complesse tematiche in esso presentate. Tale progetto più<br />
ampio ha come presupposto la consapevolezza che i pensieri raccolti e<br />
or<strong>di</strong>nati provvisoriamente in questo mio elaborato sono solo parte <strong>di</strong> un<br />
“intero” e che potranno affiorare alla luce altri scritti e altro materiale da<br />
integrare, come ad esempio il nuovo film <strong>di</strong> Amelio, in procinto <strong>di</strong> uscire<br />
nelle sale cinematografiche.<br />
Spero che il futuro mi riservi lavori che abbiano a che fare con il ruolo<br />
del cinema o del teatro in ambito pedagogico. Lo stesso Amelio ha nutri‐<br />
to una spiccata passione per il cinema, fin da piccolo, una passione che<br />
lo ha portato a <strong>di</strong>ventare un apprezzato regista.<br />
L’idea non mi <strong>di</strong>spiacerebbe affatto, perché ho sempre provato inte‐<br />
resse per gli aspetti educativi del teatro e/o del cinema… interesse che,<br />
con lo stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> Amelio e l’analisi dei suoi film, è cresciuto notevolmen‐<br />
te, visto il materiale <strong>di</strong> cui si è potuto alimentare!<br />
Chissà che questa tesi, oltre a rappresentare la fine <strong>di</strong> tre meravigliosi<br />
anni d’intenso stu<strong>di</strong>o e <strong>di</strong> crescita, non segni pure l’inizio <strong>di</strong> una carriera<br />
pedagogica in campo cinematografico o teatrale!<br />
Intanto proseguo il cammino, sempre fiduciosa nell’aiuto del mio<br />
Dio, potente a guidarmi in ogni passo che dovrò fare e sempre attenta a<br />
cogliere i chiari segni della Sua volontà per la mia vita.
Introduzione<br />
Il presente elaborato <strong>di</strong> laurea intende esaminare il valore educativo e<br />
le caratteristiche del cinema <strong>di</strong> Gianni Amelio attraverso testimonianze<br />
scritte, da me raccolte e or<strong>di</strong>nate in or<strong>di</strong>ne cronologico.<br />
Tali testimonianze consistono principalmente in articoli, interventi,<br />
interviste e recensioni <strong>di</strong> un amico d’infanzia del regista: il professor Ni‐<br />
cola Siciliani de Cumis.<br />
Il materiale riportato nel presente lavoro, è uno strumento per riflet‐<br />
tere sugli elementi caratteristici dei film <strong>di</strong> Amelio.<br />
L’elemento preponderante è proprio il passato del regista che egli<br />
presenta nel suo cinema, attraverso tematiche ben precise riguardanti<br />
l’infanzia e l’educazione.<br />
Tale rapporto tra il passato del regista e il suo cinema, risulta eviden‐<br />
te dall’analisi cronologica degli scritti del professor Siciliani che verran‐<br />
no esaminati nei vari capitoli successivi a queste mie note introduttive;<br />
da essi traspare chiaramente l’amicizia che lo lega ad Amelio.<br />
L’attenzione, in questo elaborato, è rivolta in particolare agli aspetti<br />
educativi e alle caratteristiche che emergono nei tre film maggiormente<br />
citati nei testi <strong>di</strong> riferimento, vale a <strong>di</strong>re: Il ladro <strong>di</strong> bambini 2 , Lamerica 3 ,<br />
Porte aperte 4 .<br />
L’elaborato è <strong>di</strong>viso in due parti, la prima presenta le testimonianze<br />
degli anni ’90, la seconda quelle riguardanti gli scritti dal 2000 fino ad<br />
oggi. Alcuni capitoli dell’elaborato hanno il titolo degli articoli <strong>di</strong> cui<br />
trattano, altri invece hanno titoli da me ideati e riportano in nota la <strong>di</strong>ci‐<br />
tura “titolo redazionale”.<br />
2 G. AMELIO, Il ladro <strong>di</strong> bambini, Produzione: A. Rizzoli per Erre Produzioni (Ro‐<br />
ma), coproduzione: Arena Films (Parigi), con la collaborazione <strong>di</strong> Vega Film (Zuri‐<br />
go) e RAI TV ‐ Rete Due, produttore esecutivo: E. Porcelli per Alia Film, Italia, 1992,<br />
drammatico, 114 min.<br />
3 ID., Lamerica, produzione: M. e V. Cecchi Gori per Cecchi Gori Group Tiger<br />
(Roma), coproduzione: B. Pesery per Arena Films (Parigi), con la collaborazione <strong>di</strong><br />
Vega Film (Zurigo) e RAI TV ‐ Rete Uno, Italia, 1994, drammatico, 135 min.<br />
4 ID., Porte aperte, produzione: A. Rizzoli per Erre Produzioni/Istituto Lu‐<br />
ce/Urania Film, in collaborazione con la RAI TV – Rete Due, produttori esecutivi: C.<br />
Airol<strong>di</strong> e D. Di Dionisio, Italia, 1989, drammatico, 108 min. Film ispirato all’omoni‐<br />
mo romanzo <strong>di</strong> Leonardo Sciascia.
XVI<br />
Introduzione<br />
La stesura <strong>di</strong> questo elaborato <strong>di</strong> laurea può essere considerato come<br />
una sorta <strong>di</strong> viaggio formativo e conoscitivo nel cinema e nella vita <strong>di</strong><br />
Gianni Amelio. Il tema del viaggio è una costante nei film del regista. È<br />
stato semplice constatarlo! In ogni suo film da me analizzato, in ogni<br />
commento o critica ai suoi lavori e nelle <strong>di</strong>chiarazioni dello stesso regi‐<br />
sta, emerge il concetto <strong>di</strong> viaggio che, ben oltre l’essere uno spostamento<br />
geografico, si riferisce a quello formativo e, talvolta, viene tipificato con<br />
la figura del treno. Questo simbolo ricorrente, verrà esaminato in manie‐<br />
ra approfon<strong>di</strong>ta nelle prossime pagine.<br />
Le testimonianze scritte e verbali del professore, insieme a quelle <strong>di</strong><br />
Amelio, hanno arricchito la mia conoscenza e destata la mia attenzione<br />
sui messaggi che il regista, volontariamente ed involontariamente, veico‐<br />
la tramite i suoi film.<br />
Tra le tematiche che, in un modo o nell’altro, emergono da tutti i la‐<br />
vori cinematografici <strong>di</strong> Amelio, oltre al già citato viaggio, sono riportate<br />
e approfon<strong>di</strong>te quelle che riguardano l’autocritica e il giu<strong>di</strong>zio. Questo<br />
perché Amelio appare sempre molto attento ai giu<strong>di</strong>zi espressi sul pro‐<br />
prio operato; così egli è pronto, benché regista, a calarsi nel ruolo dello<br />
spettatore e, dalle poltrone del cinema, osservarsi e commentarsi.<br />
Un’altra costante dei film <strong>di</strong> Amelio sono i bambini. In particolare<br />
viene presentato sia il rapporto generico esistente tra bambini e adulti,<br />
sia quello tra padre e figlio, dove emerge fortemente una paradossale<br />
<strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> maturità: il bambino è l’adulto mentre il “grande” è una fi‐<br />
gura ancora in viaggio verso una crescita definitiva. Vi è, dunque, un<br />
capovolgimento <strong>di</strong> fronti e <strong>di</strong> ruoli operato dal regista.<br />
L’abbandono, seppur triste, è un’altra tematica ricorrente nel cinema<br />
<strong>di</strong> Amelio (specie nei tre film oggetto <strong>di</strong> questo elaborato) insieme<br />
all’infanzia rubata, al <strong>di</strong>sagio, all’ingiustizia, alla <strong>di</strong>versità e ai ladri...<br />
tutto questo parla in modo eloquente <strong>di</strong> quello che Amelio ha vissuto e<br />
continua a vivere e che esprime nei suoi film.<br />
Ne Il ladro <strong>di</strong> bambini, le tematiche che abbiamo accennato sono lar‐<br />
gamente presentate, nella storia <strong>di</strong> due bambini, Luciano e Rosetta, i<br />
quali, come Amelio, non conoscono il proprio padre. Essi crescono con<br />
la madre che, però, non è un esempio positivo e valido per la loro for‐<br />
mazione. Com’è facilmente intuibile, le vicende della vita del regista in‐<br />
fluenzano e si ritrovano nei suoi film, questo in particolare.<br />
Il ladro <strong>di</strong> bambini narra <strong>di</strong> due bambini costretti a vivere “da gran<strong>di</strong>”<br />
e senza punti <strong>di</strong> riferimento, se non negativi. La figura del padre è to‐<br />
talmente assente, quella della madre del tutto negativa mentre gli adulti<br />
che essi incontrano nella loro vita sono tutti scostanti e pieni <strong>di</strong> pregiu‐
Introduzione XVII<br />
<strong>di</strong>zi. Insomma Luciano e Rosetta conducono una vita <strong>di</strong>sagiata e piena<br />
<strong>di</strong> stenti. A tal riguardo, la sequenza del film che mostra Rosetta mentre<br />
si “lacca” le unghie è molto esplicativa. Il suo è un gesto che non ci si a‐<br />
spetterebbe mai da una bambina <strong>di</strong> un<strong>di</strong>ci anni, se non per gioco. Spesso<br />
accade che le bambine della stessa età <strong>di</strong> Rosetta giochino con i cosmeti‐<br />
ci, a “fare le gran<strong>di</strong>”. Ma per Rosetta tutto questo non è un gioco, è la vi‐<br />
ta. È una piccola donna instradata dalla madre nel mondo della prosti‐<br />
tuzione.<br />
Questi panni da adulto che i piccoli protagonisti debbono vestire, loro<br />
malgrado, com’è preve<strong>di</strong>bile, non calzano bene! Infatti la vita riserverà<br />
loro <strong>di</strong>verse tristi vicende, come la per<strong>di</strong>ta dell’unica figura positiva che<br />
incontrano: il carabiniere Antonio, l’unico che si prende cura <strong>di</strong> loro nel<br />
viaggio verso l’orfanotrofio e che fa provare a Luciano e Rosetta la gioia<br />
del gioco e dell’essere bambini. Antonio inizialmente è affiancato da un<br />
collega, ma si ritroverà solo con i bambini a metà tragitto verso la strut‐<br />
tura nella città <strong>di</strong> Civitavecchia. Il carabiniere, uomo gentile e sensibile,<br />
cerca in tutti i mo<strong>di</strong> <strong>di</strong> stabilire un <strong>di</strong>alogo con Luciano e Rosetta e <strong>di</strong><br />
rompere quel clima <strong>di</strong> <strong>di</strong>ffidenza nei suoi confronti, ma la durezza <strong>di</strong><br />
Rosetta ed il silenzio <strong>di</strong> Luciano, affetto da gravi problemi dʹasma, pre‐<br />
cludono la possibilità <strong>di</strong> una reciproca comprensione.<br />
Giunti a destinazione, il <strong>di</strong>rettore dellʹorfanotrofio rifiuta la ragazza,<br />
avendo sentito parlare della sua storia legata alla prostituzione. Per que‐<br />
sto Antonio costretto a cercare ospitalità presso un collega, la cui moglie<br />
ha un ristorante in zona. Qui i bambini possono <strong>di</strong>strarsi dalla loro con‐<br />
<strong>di</strong>zione e sembrano ritrovare il piacere del gioco. Durante un pranzo in<br />
occasione <strong>di</strong> una Comunione, Luciano e Rosetta stringono amicizia con<br />
alcuni coetanei e riescono a godere <strong>di</strong> momenti spensierati con loro. Fin‐<br />
ché, una giovane presente alla festa riconosce Rosetta da una foto sui<br />
giornali, provocandone l’isolamento da parte <strong>di</strong> tutti gli altri. Nella <strong>di</strong>‐<br />
sperata amarezza <strong>di</strong> Rosetta, il viaggio prosegue. A causa del tentato<br />
furto <strong>di</strong> uno scippatore, Antonio è costretto a recarsi con lui presso il<br />
commissariato, dove viene ricambiato da unʹaccusa per sequestro <strong>di</strong> mi‐<br />
nori. Da qui, le loro strade si separano, lasciando tracce profonde nei lo‐<br />
ro cuori.<br />
Ritroviamo il tema dello scambio dei ruoli, con gli adulti che sono<br />
immaturi e i bambini che si “educano da soli”. È presente anche il viag‐<br />
gio, che non riguarda solo i piccoli protagonisti, ma anche il carabiniere<br />
come opportunità <strong>di</strong> crescita e <strong>di</strong> cambiamento.
XVIII<br />
Introduzione<br />
Anche in Porte aperte è presente il tema dello scambio dei ruoli. Nel<br />
film troviamo un altro piccolo, Leonardo, <strong>di</strong> età inferiore al Leonardo<br />
protagonista de La fine del gioco 5 . Questo bambino appare poco nel film.<br />
Ma bastano le poche sequenze iniziali per in<strong>di</strong>viduare il sottile messag‐<br />
gio <strong>di</strong> cui è carica la sua persona. Leonardo si trova in cucina a preparare<br />
qualcosa da mangiare. Egli è lì fra le mura domestiche a fare il proprio<br />
dovere, mentre il padre, tale Tommaso Scalìa, è fuori dal “nido” a com‐<br />
mettere brutali omici<strong>di</strong>. Costui ha privato il bambino anche della figura<br />
materna, perché ha ucciso la propria moglie, determinando, così, un<br />
doppio abbandono. Nel corso del film non ci è dato <strong>di</strong> sapere cosa acca‐<br />
de al bambino durante il processo contro il padre, ma il personaggio la‐<br />
scia la scena con una frase che appare come una sottile accusa rivolta al<br />
papà: «Dove è la mamma?».<br />
In Porte aperte Amelio presenta la storia del giu<strong>di</strong>ce Vito Di Francesco,<br />
ambientata nella Palermo degli anni trenta, il quale, con lʹaiuto della<br />
legge, tenta <strong>di</strong> opporsi alla condanna a morte <strong>di</strong> Tommaso Scalìa. Questi<br />
è accusato dell’omici<strong>di</strong>o preme<strong>di</strong>tato del suo ex datore <strong>di</strong> lavoro, tale<br />
avvocato Spatafora, <strong>di</strong> un suo ex collega e <strong>di</strong> sua moglie.<br />
Il giu<strong>di</strong>ce si scontra con i poteri dello Stato e con lo stesso imputato, il<br />
quale, servo <strong>di</strong> un’ideologia aberrante, chiede <strong>di</strong> essere fucilato. Nono‐<br />
stante tutto, il Di Francesco riesce ad ottenere lʹergastolo per il suo assi‐<br />
stito, forte della sua convinzione che la pena <strong>di</strong> morte sia inefficace e più<br />
crudele degli omici<strong>di</strong> che è chiamata a sanzionare!<br />
La caparbietà del giu<strong>di</strong>ce Di Francesco salverà lʹimputato ma gli co‐<br />
sterà un trasferimento in una pretura <strong>di</strong> scarso rilievo che rovinerà la sua<br />
carriera. Il film si conclude con una <strong>di</strong>dascalia che informa della con‐<br />
danna a morte in appello e della fucilazione <strong>di</strong> Scalìa.<br />
Emergono in Porte aperte temi vari, quali la giustizia, il potere e la pas‐<br />
sione. Il tema del giu<strong>di</strong>zio, però, emerge prepotente nelle molte persone<br />
che animano la storia: coloro che vengono a conoscenza dei reati <strong>di</strong> An‐<br />
tonio; i giu<strong>di</strong>ci veri e propri del tribunale; gli avvocati della <strong>di</strong>fesa e<br />
dell’accusa, gli uni contrari gli altri a favore della pena <strong>di</strong> morte; il pro‐<br />
tagonista stesso e perfino il regista, il quale si pone sempre in atteggia‐<br />
mento critico verso il proprio lavoro ed è in perenne attesa <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>zi sui<br />
suoi film. Amelio ha spesso cambiato delle parti dei suoi film (oppure<br />
opinione circa i suoi lavori) in seguito al giu<strong>di</strong>zio costruttivo altrui.<br />
5 G. AMELIO, La fine del gioco, T. Dazzi per Dazzi & Sagliocco Film s.r.l., RAI TV,<br />
Italia, 1970.
Introduzione XIX<br />
Il titolo del film può essere ben compreso osservando una scena del<br />
film in particolare. Nella sequenza in analisi, il giu<strong>di</strong>ce Di Francesco (in‐<br />
terpretato da Gian Maria Volontè) è a tavola con altri legali. In questa<br />
scena si fa riferimento alla propaganda fascista, secondo la quale la pena<br />
<strong>di</strong> morte sarebbe un deterrente sufficiente a garantire agli italiani la pos‐<br />
sibilità <strong>di</strong> vivere con le “porte aperte” anche <strong>di</strong> notte. Una promessa che<br />
viene messa in dubbio dal protagonista.<br />
Legale: La gente è tutta uguale. Vuole vivere tranquilla.<br />
Giu<strong>di</strong>ce Di Francesco: la pena <strong>di</strong> morte serve a chi governa, non ai citta<strong>di</strong>ni.<br />
Legale: e se ti <strong>di</strong>mostrassi che abbattere gli assassini serve a <strong>di</strong>minuire la cri‐<br />
minalità, che faresti?<br />
Giu<strong>di</strong>ce Di Francesco: io non sparerei nessuno in ogni caso!” 6 .<br />
A questo punto della stessa scena, il legale mostra al giu<strong>di</strong>ce Di Fran‐<br />
cesco un anello, affermando che l’oggetto è dotato <strong>di</strong> poteri magici: può<br />
far sparire le persone non gra<strong>di</strong>te. Egli vorrebbe eliminare i criminali e le<br />
persone “scomode” usando l’anello “magico”. Il legale però, consapevo‐<br />
le <strong>di</strong> non possedere poteri magici, afferma con decisione <strong>di</strong> dover ricor‐<br />
rere a ben altri mezzi per <strong>di</strong>sfarsi del crimine e per permettere alla gente<br />
“perbene” <strong>di</strong> dormire a “porte aperte”.<br />
La risposta del giu<strong>di</strong>ce Di Francesco è decisa: «Io la porta <strong>di</strong> casa mia<br />
la chiudo sempre! 7 ».<br />
La battaglia del giu<strong>di</strong>ce Di Francesco gli costa la carriera, ma egli può<br />
andare fiero, insieme al giu<strong>di</strong>ce Conso, della sua presa <strong>di</strong> posizione. I<br />
due hanno scelto <strong>di</strong> non sparare e <strong>di</strong> vivere “aprendo le porte” alla giu‐<br />
stizia.<br />
Dunque, in Porte aperte è presente il tema del viaggio formativo che<br />
conduce ad un cambiamento <strong>di</strong> pensiero, come accade nel caso del giu‐<br />
<strong>di</strong>ce Conso. Il giu<strong>di</strong>ce, inizialmente, è dalla parte della “maggioranza”<br />
dei legali, favorevoli all’ideologia fascista sulle punizioni e la pena <strong>di</strong><br />
morte. Questo per evitare un’opposizione foriera <strong>di</strong> guai e danni <strong>di</strong> vario<br />
genere. Successivamente, egli cambia linea <strong>di</strong> pensiero, appoggiando il<br />
parere obiettivo del giu<strong>di</strong>ce Di Francesco:<br />
6 Dal film Porte Aperte, sequenza da 79ʹ a 80ʹ.<br />
7 Ivi, 80ʹ.
XX<br />
Introduzione<br />
Ognuno <strong>di</strong> noi ha un fucile in mano. Io non voglio sapere se gli altri spare‐<br />
ranno. Io vorrei sapere se io sparerò. E per saperlo tutta la vostra conoscenza<br />
non basta 8 .<br />
Un cambiamento come quello manifestatosi nella vita del giu<strong>di</strong>ce<br />
Conso, è presente anche nel film Lamerica, con l’esperienza vissuta da<br />
Gino.<br />
Il protagonista, come Fiore, il suo compagno <strong>di</strong> affari, è un faccen<strong>di</strong>e‐<br />
re italiano. I due intendono comprare per pochi sol<strong>di</strong> un calzaturificio<br />
sito nell’Albania post comunista. Le leggi locali, però, richiedono che il<br />
presidente della nuova azienda sia un citta<strong>di</strong>no albanese. Così, i due ita‐<br />
liani rime<strong>di</strong>ano in un’ex prigione del regime un prestanome, tale Spiro<br />
Tozaj, un vecchio malato e solo al mondo. Fiore, il più grande e il più<br />
esperto dei due faccen<strong>di</strong>eri, torna in Italia, lasciando Gino da solo a sbri‐<br />
gare le cose. Purtroppo alla vigilia <strong>di</strong> un appuntamento decisivo al mini‐<br />
stero dell’industria, il vecchio Spiro sparisce. Gino si mette alla sua ricer‐<br />
ca e lo ritrova nell’ospedale <strong>di</strong> una citta<strong>di</strong>na del nord, dove l’anziano è<br />
stato ricoverato in seguito ad un’aggressione. Qui il faccen<strong>di</strong>ere scoprirà<br />
le vere origini <strong>di</strong> Spiro: il vecchio è un siciliano convinto <strong>di</strong> vivere<br />
nell’Italia postbellica e <strong>di</strong> avere una ventina <strong>di</strong> anni. Pur <strong>di</strong> raggiungere i<br />
suoi scopi, Gino asseconda l’uomo. Il sogno <strong>di</strong> ricchezza e prosperità si<br />
infrange quando Fiore informa l’amico che l’affare è andato a monte.<br />
Gino, non avendo più bisogno <strong>di</strong> Spiro, lo abbandona senza esitare.<br />
Il lestofante finirà ridotto a vivere nelle terribili con<strong>di</strong>zioni degli alba‐<br />
nesi che guardano all’Italia come gli emigranti italiani <strong>di</strong> inizio secolo<br />
guardavano all’America (anzi, “Lamerica”). Sarà costretto a tornare in<br />
patria su una nave <strong>di</strong> clandestini albanesi, do‐<br />
ve incontra nuovamente l’anziano Spiro. Le<br />
scene finali sono emblematiche: tutti sulla<br />
stessa barca delle speranze <strong>di</strong>sperate! Alla fine<br />
del film Spiro si addormenta (o muore?) sulla<br />
spalla <strong>di</strong> Gino, sognando “Lamerica”.<br />
Gino e Spiro potrebbero quasi essere padre e figlio, legati da un rap‐<br />
porto poco affettuoso e fondato sull’interesse economico. Gino guarda<br />
solo al suo affare in Albania e vede in Spiro solo un mezzo per raggiun‐<br />
gere i suoi scopi, per realizzare il suo progetto. Ma alla fine del viaggio<br />
anche lui dovrà realizzare che “siamo tutti albanesi” e che, come <strong>di</strong>ce<br />
Amelio:<br />
8 Ivi, sequenza da 93ʹ 17ʹʹ a 93ʹ 24ʹʹ.
Introduzione XXI<br />
Siamo in una fase <strong>di</strong> passaggio tra un passato <strong>di</strong> ideologie utopistiche san‐<br />
guinose e un futuro <strong>di</strong> mercificazione <strong>di</strong> ogni rapporto umano, è una cronaca<br />
che riguarda questa terra <strong>di</strong> nessuno, questa mostra <strong>di</strong> un orrore e questo ac‐<br />
cenno <strong>di</strong> novità che viene da un altro orrore. Il film tenta <strong>di</strong> mostrare la transi‐<br />
zione tra un me<strong>di</strong>oevo della fame ed uno <strong>di</strong> segno totalmente <strong>di</strong>verso, un me‐<br />
<strong>di</strong>oevo del benessere, un me<strong>di</strong>oevo culturale e non economico. Il vecchio prota‐<br />
gonista è un emblema <strong>di</strong> quello che è stato il passato conta<strong>di</strong>no del mondo,<br />
nell’Europa in particolare, forse in Albania più che altrove. Quel mondo conta‐<br />
<strong>di</strong>no che è stato ridotto a carne da macello per le guerre, per le rivoluzioni.<br />
Diceva Pasolini che il vero genoci<strong>di</strong>o avvenuto nel Novecento è stato quello<br />
dei conta<strong>di</strong>ni. E se non c’è più il mondo conta<strong>di</strong>no, non c’è più la terra, il rap‐<br />
porto con le stagioni, non c’è più la natura, non c’è più la ra<strong>di</strong>ce biologica<br />
dell’appartenenza ad una cultura 9 .<br />
In Lamerica Amelio ripropone, come in Porte aperte, anche il concetto<br />
dell’abbandono e, in un senso ancora più ampio. Infatti il film è total‐<br />
mente imperniato su una storia <strong>di</strong> emigrazione e <strong>di</strong> abbandono. Anche<br />
se la trama presenta l’abbandono <strong>di</strong> un anziano con problemi mentali da<br />
parte <strong>di</strong> un giovane che vuole approfittarsi <strong>di</strong> lui per un affare economi‐<br />
co in Albania, in essa traspare l’abbandono <strong>di</strong> un’intera popolazione!<br />
Anche le parole del regista lo confermano:<br />
Mio padre era un emigrante, è partito per l’Argentina quando avevo 3 anni.<br />
Da sempre volevo raccontare una storia <strong>di</strong> emigrazione. Nel film non a caso il<br />
vecchio siciliano ricorda il figlio che aveva 3 anni quando è partito, e si chiama‐<br />
va Giovanni proprio come me. Avrei potuto fare un film in costume, invece ho<br />
trovato più giusto raccontare l’Albania che per molti versi può ricordare l’Italia<br />
della ricostruzione. Quello che ho cercato <strong>di</strong> <strong>di</strong>re è che siamo tutti albanesi 10 .<br />
Dal titolo del film e dal suo significato, è insito il tema del viaggio.<br />
Ogni sequenza, infatti, è un continuo procedere alla volta dell’Albania,<br />
verso l’Italia, verso un altro tempo…<br />
9 G. AMELIO, Viva L’Italia, «la Repubblica», 19 gennaio 1995.<br />
10 N. MENNITI‐IPPOLITO, Siamo tutti albanesi, in un’intervista a G. Amelio, 1994.<br />
L’articolo è pubblicato nel progetto Gianni Amelio: l’inizio del gioco e su «il Manife‐<br />
sto», 6 settembre 1994.
XXII<br />
Introduzione<br />
Tutti in Lamerica sono in viaggio, un viaggio formativo e <strong>di</strong> sviluppo<br />
o un viaggio <strong>di</strong> speranza <strong>di</strong> ricchezza e benessere.<br />
Anche Gino ha percorso un viaggio <strong>di</strong> vita che lo ha portato a cam‐<br />
biare idea, a comprendere cose che prima non vedeva.<br />
Lamerica può essere considerato uno dei film più autobiografico <strong>di</strong><br />
Amelio. L’emigrazione, la ricerca delusa <strong>di</strong> ricchezza, l’abbandono, il<br />
viaggio, le sofferenze <strong>di</strong> una popolazione, i danni della <strong>di</strong>ttatura… sono<br />
tutti temi che caratterizzano la vita del regista e che si rispecchiano nel<br />
suo lavoro cinematografico.<br />
Tutti i temi affrontati, riconducono, a ben vedere, all’infanzia (anzi è<br />
proprio da lì che partono) e all’intera vita <strong>di</strong> Amelio. La sua vita e le sue<br />
esperienze, così come le sue amicizie, si riflettono ed influenzano la sua<br />
carriera cinematografica. Proprio una sua amicizia, mai interrotta, ha da‐<br />
to vita al presente elaborato, fornendo testimonianze e materiale fonda‐<br />
mentale per la conoscenza del regista e del suo metodo “pedagogico”<br />
controcorrente.<br />
A mio avviso, tutti i suoi film contengono un “pezzetto” <strong>di</strong> Amelio e<br />
ne svelano anche sentimenti e pensieri.<br />
Un regista fa sempre lo stesso film. In fondo, la nostra natura ci obbliga a ri‐<br />
tornare sulle ossessioni che abbiamo. Quasi tutti i miei film affrontano il tema<br />
del rapporto padre‐figlio o quello del rapporto generazionale (Il piccolo Archi‐<br />
mede, La Città del Sole, I ragazzi <strong>di</strong> via Panisperna, La fine del gioco) 11 .<br />
Per tale motivo la stesura <strong>di</strong> questo elaborato ha rappresentato per<br />
me un viaggio verso la città chiamata “Lamelio”!<br />
Quello che le parole stesse del regista rivelano è che la sua infanzia fu<br />
tutt’altro che facile e serena. La figura del padre per lui fu totalmente as‐<br />
sente, mentre le figure che accompagnarono la sua crescita furono quelle<br />
della madre e della nonna. Quest’ultima in modo particolare come ci<br />
conferma il regista.<br />
La cosa che mi è rimasta “dentro”, della Calabria, è la mia famiglia, la storia,<br />
i problemi della mia famiglia […] Io vengo da una famiglia <strong>di</strong> emigrati a catena.<br />
Sono emigrati in Sud America il mio bisnonno, mio nonno, mio padre e i miei<br />
11 M.P. MUSSO e A. SANZO (a cura <strong>di</strong>), Punto e accapo. Un traguardo… per continua‐<br />
re, «Laboratorio Amelio», anno III, n. 1, gennaio‐giugno 2003, p. 23.
Introduzione XXIII<br />
zii. E tutta la mia famiglia è una storia <strong>di</strong> donne forti e <strong>di</strong> uomini invisibili, che<br />
si sono persi negli oceani, al <strong>di</strong> là degli oceani, e che non abbiamo mai conosciu‐<br />
to. Io, mio padre, l’ho conosciuto quando avevo già <strong>di</strong>ciotto anni. Mio padre<br />
non ha mai conosciuto suo padre 12 .<br />
Il cinema è stato ed è una costante della sua vita. Il bambino Amelio,<br />
futuro regista, iniziò ad interessarsi alla materia e a coltivare la sua pas‐<br />
sione molto presto. In compagnia della nonna, successivamente da solo,<br />
<strong>di</strong>ventò un assiduo frequentatore delle tre maggiori sale cinematografi‐<br />
che della città: il Politeama Italia (la sua preferita), il Comunale e il Ma‐<br />
sciari. Fu in questo periodo che Amelio venne a conoscenza della rivista<br />
<strong>di</strong> critica cinematografica Cinema Nuovo <strong>di</strong>retta da Guido Aristarco.<br />
Amelio si iscrisse al Liceo‐ginnasio P. Galluppi all’insaputa dei suoi<br />
familiari. Si trattava della scuola catanzarese riservata per lo più ai figli<br />
della buona borghesia citta<strong>di</strong>na. Gli anni del liceo furono quelli decisivi<br />
per il regista, dal punto <strong>di</strong> vista della sua formazione umana e intellet‐<br />
tuale. Amelio approfondì il suo interesse per il cinema e strinse forti a‐<br />
micizie come quella con il professor Siciliani, destinate a durare nel tem‐<br />
po. Amelio ricorda questi anni in modo contrad<strong>di</strong>ttorio, come un perio‐<br />
do non del tutto felice, ma anche fondamentale per la sua formazione.<br />
Del periodo al liceo, Amelio ricorda soprattutto due professori: quello<br />
<strong>di</strong> filosofia, Giovanni Mastroianni e quello <strong>di</strong> greco, Federico Procopio,<br />
riservando al primo un ruolo importantissimo nella sua crescita forma‐<br />
tiva.<br />
Amelio iniziò la sua carriera recensendo vari film, tra cui Il brigante <strong>di</strong><br />
Renato Castellani. Gli anni ’60 furono caratterizzati dal ritorno del padre<br />
dall’Argentina e dalla nascita del secondo fratello del regista, quando<br />
Amelio aveva ormai <strong>di</strong>ciassette anni. Altri due fratelli sarebbero nati dal<br />
secondo matrimonio del padre, avvenuto dopo la morte <strong>di</strong> Au<strong>di</strong>na, la<br />
madre <strong>di</strong> Gianni.<br />
Nel 1962 Amelio si iscrisse alla facoltà <strong>di</strong> Filosofia dell’università <strong>di</strong><br />
Messina, continuando però a vivere a Catanzaro. Abbandonò gli stu<strong>di</strong><br />
universitari nel 1968 dopo aver superato con ottimi voti i primi esami. In<br />
questo periodo insegnò come supplente in alcune scuole della provincia<br />
calabrese e <strong>di</strong>ede anche lezioni private.<br />
La partecipazione all’esperienza del Circolo culturale Piero Gobetti,<br />
contribuì alla formazione <strong>di</strong> Amelio. In esso confluivano giovani che,<br />
12 P. PISARRA, La Calabria che amo. Da un’intervista a G. Amelio, pubblicata sul<br />
progetto Gianni Amelio: l’inizio del gioco, 1983.
XXIV<br />
Introduzione<br />
con <strong>di</strong>verse motivazioni, avevano deciso <strong>di</strong> occuparsi dei problemi poli‐<br />
tici e culturali della città. Amelio <strong>di</strong>ventò ben presto l’animatore <strong>di</strong> un<br />
cineclub collegato all’associazione. Negli stessi anni frequentò, a Cata‐<br />
nia, il gruppo <strong>di</strong> giovani intellettuali che ruotavano intorno alla rivista<br />
Giovane critica (organo del Centro Universitario Cinematografico <strong>di</strong> Ca‐<br />
tania).<br />
I primi lavori cinematografici <strong>di</strong> Amelio risalgono al 1963, anno in<br />
cui, insieme ad alcuni suoi ex compagni <strong>di</strong> liceo, realizzò tre brevi cor‐<br />
tometraggi in Super8: Luci d’estate, Risacca e Il viadotto.<br />
Fu nel ’65 che avvenne la svolta. Amelio si recò a Roma dove conobbe<br />
il regista Vittorio De Seta che era in procinto <strong>di</strong> girare il film Un uomo a<br />
metà. Amelio riuscì a convincere il regista perché gli concedesse un posto<br />
nella sua troupe; De Seta lo ingaggiò come assistente alla regia e segreta‐<br />
rio <strong>di</strong> e<strong>di</strong>zione. Da qui ebbe inizio la sua “gavetta” <strong>di</strong> aiuto regista ac‐<br />
canto a registi come Gianni Puccini, Anna Gobbi, Andrea Frezza, Ugo<br />
Gregoretti e Liliana Cavani.<br />
Nel 1967 realizzò due servizi per la rubrica settimanale della RAI<br />
“Sprint”: Un<strong>di</strong>ci immigrati, in cui intervista i calciatori della squadra <strong>di</strong><br />
calcio del Catanzaro e Il campione.<br />
Il film d’esor<strong>di</strong>o fu proprio La fine del gioco,<br />
prodotto nell’ambito dei programmi sperimen‐<br />
tali della RAI. Ambientato e girato, in parte, a<br />
Catanzaro, metteva in scena quello che sarebbe<br />
stato uno dei temi ricorrenti <strong>di</strong> tutti i suoi lavo‐<br />
ri cinematografici successivi vale a <strong>di</strong>re, il con‐<br />
fronto tra due caratteri esemplificato attraverso l’incontro‐scontro tra un<br />
adulto e un bambino quasi adolescente.<br />
Anche i suoi film seguenti furono produzioni televisive. Nel ’73 girò<br />
La Città del Sole, ispirato all’opera del filosofo Tommaso Campanella,<br />
progetto che Amelio aveva maturato nel periodo universitario. Il film<br />
venne presentato alla Quinzaine des Realisateurs del Festival <strong>di</strong> Cannes.<br />
Nel 1982 uscì Colpire al cuore, un film che segnò l’esor<strong>di</strong>o <strong>di</strong> Gianni<br />
Amelio nel circuito cinematografico vero e proprio e che suscitò <strong>di</strong>scus‐<br />
sioni per quello che apparve, ai più, il tema centrale del film: il terrori‐<br />
smo. In realtà, ad Amelio interessava analizzare i rapporti generazionali,<br />
la <strong>di</strong>alettica e l’inevitabile senso <strong>di</strong> sconfitta che si generano quando<br />
l’infanzia e l’adolescenza si confrontano con l’età adulta; più in generale<br />
il confronto fra caratteri, temi questi sempre presenti nelle sue opere.<br />
Colpire al cuore venne presentato al Festival <strong>di</strong> Venezia del 1982 (premio
Introduzione XXV<br />
A.I.C.) e fu premiato con il Nastro d’Argento come miglior soggetto e col<br />
Premio Ischia come migliore film italiano.<br />
Seguirono varie produzioni televisive, finché nel 1988 il regista ritor‐<br />
nò al lungometraggio con I ragazzi <strong>di</strong> via Panisperna. L’attività del gruppo<br />
<strong>di</strong> giovani fisici italiani raccolti intorno alla figura <strong>di</strong> Fermi e il mistero<br />
del caso Majorana <strong>di</strong>vennero, ancora una volta, il pretesto per appro‐<br />
fon<strong>di</strong>re il confronto fra due caratteri, qui rappresentati dai personaggi <strong>di</strong><br />
Enrico e <strong>di</strong> Ettore. Il film venne montato in due versioni: una televisiva<br />
<strong>di</strong> tre ore e una cinematografica più breve.<br />
Nel 1990, Amelio girò Porte aperte, tratto dall’omonimo libro <strong>di</strong> Leo‐<br />
nardo Sciascia. Il film, can<strong>di</strong>dato all’Oscar, tratta la vicenda del giu<strong>di</strong>ce<br />
Di Francesco che, nella Sicilia del ventennio fascista, combatte la sua per‐<br />
sonale battaglia contro la pena <strong>di</strong> morte. Questo film segnò un grande<br />
successo per il regista.<br />
Nel 1992 Amelio realizzò Il ladro <strong>di</strong> bambini, un film che, ad oggi, ha<br />
avuto il maggior successo <strong>di</strong> critica e <strong>di</strong> pubblico a livello internazionale.<br />
Presentato al Festival <strong>di</strong> Cannes nel maggio del 1992 il film ottenne il<br />
Gran Premio Speciale della Giuria. Vinse inoltre due Golden Globe e sei<br />
David <strong>di</strong> Donatello (tra i quali quelli per il miglior film dell’anno e la<br />
migliore regia).<br />
Il 1994 fu l’anno <strong>di</strong> Lamerica, un film ambientato nell’Albania post‐<br />
comunista degli anni 90. Le prime immagini sono quelle <strong>di</strong> un vecchio<br />
documentario propagan<strong>di</strong>stico del ventennio fascista, che mostra come<br />
gli italiani abbiano ʺcivilizzatoʺ lʹAlbania. Poi vengono le immagini mo‐<br />
derne, ambientate nel 1991. LʹAlbania è un paese in rovina, con un caos<br />
ovunque indescrivibile, che sogna lʹItalia vista alla televisione.<br />
Seguirono altri film <strong>di</strong> successo, premi e programmi televisivi.<br />
Nel 2000 Legambiente gli commissionò La terra è fatta così per ricorda‐<br />
re, a vent’anni <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza, il terremoto che devastò l’Irpinia. Il docu‐<br />
mentario fu realizzato sia utilizzando materiale <strong>di</strong> repertorio che riprese<br />
girate <strong>di</strong>rettamente da Amelio sui luoghi del terremoto.<br />
Alla domanda che molti mi rivolgono: «qual è il tema della tua tesi<br />
triennale?»; io rispondo: «gli elementi del cinema <strong>di</strong> Gianni Amelio, alla<br />
luce degli scritti <strong>di</strong> un suo caro amico <strong>di</strong> infanzia». A tale risposta segue<br />
quasi sempre questo interrogativo: «come mai hai scelto un argomento<br />
così particolare?!». Ebbene, l’origine del mio interesse verso il cinema <strong>di</strong><br />
Gianni Amelio è nato nel corso dei tre anni accademici trascorsi<br />
all’Università. In particolare perché ho avuto modo <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>are l’argo‐
XXVI<br />
Introduzione<br />
mento in occasione del corso Cinema e educazione tenuto dal prof. Dome‐<br />
nico Scalzo (a.a. 2007/2008).<br />
L’esame sostenuto chiedeva la produzione <strong>di</strong> una tesina scritta, ri‐<br />
guardante alcuni film <strong>di</strong> tre famosi registi, tra i quali Gianni Amelio.<br />
Stu<strong>di</strong>ando il manuale previsto dal corso ho iniziato a provare interesse<br />
per il cinema <strong>di</strong> questo regista, realizzando un elaborato scritto dal tito‐<br />
lo: Il treno…verso la vita. Nella tesina venivano confrontate le caratteri‐<br />
stiche che accomunano i seguenti film: Il cammino verso la vita 13 , <strong>di</strong> Niko‐<br />
laj Ekk, (1931); La fine del gioco 14 , <strong>di</strong> Gianni Amelio, (1970); Zero in condot‐<br />
ta 15 , <strong>di</strong> Jean Vigo, (1933).<br />
Il mio elaborato ha trattato i molteplici significati attribuiti all’imma‐<br />
gine del treno, presente nei tre film visionati durante il corso. Tutte le<br />
trame ruotano intorno alle tematiche dell’infanzia abbandonata e della rie‐<br />
ducazione, nelle quali è significativo e preponderante l’elemento treno.<br />
Nel capitolo riservato all’analisi del film del regista Nikolai Ekk, sono<br />
presenti anche dei riferimenti al Poema pedagogico <strong>di</strong> A. S. Makarenko. I<br />
due “prodotti”, quello cinematografico e quello letterario, sono stretta‐<br />
mente connessi tra loro per le tematiche affrontate, per gli scopi e per la<br />
trama. In particolare, entrambi raccontano una storia <strong>di</strong> rieducazione. Il<br />
termine qui acquisisce una duplice valenza: educare all’uomo nuovo ma,<br />
anche, inventare una nuova pedagogia e dei nuovi pedagoghi. Per moti‐<br />
vi cronologici è da escludere che Makarenko possa essersi ispirato al<br />
film <strong>di</strong> Ekk, nella stesura del suo Poema. Egli scrisse tale romanzo tra il<br />
1925 e il 1935, pubblicandolo poi in e<strong>di</strong>zione completa nel 1937, è proba‐<br />
bile che lo scrittore abbia avvertito alcune suggestioni del film solo nella<br />
fase <strong>di</strong> rifinitura della prima parte e nel corso della stesura delle ultime<br />
due parti del romanzo. Al contrario, risulta molto più probabile che il<br />
regista si sia ispirato, anche solo in parte, all’opera pedagogica <strong>di</strong> Maka‐<br />
renko. La realizzazione del film, infatti, durò un anno, dal 1930 al 1931.<br />
Nel capitolo riservato al film <strong>di</strong> Amelio La fine del gioco viene analiz‐<br />
zata la figura del treno sotto quattro aspetti da me stessa in<strong>di</strong>viduati e<br />
analizzati: il treno come “movimento”, come “opportunità”, come “fu‐<br />
ga” e come “fine del gioco”.<br />
13 N. EKK, Il cammino verso la vita, URSS, 1931, drammatico, 122 min., B/N.<br />
14 Op. cit.<br />
15 J. VIGO, Zero in condotta, produttore J.L. Nounez, Francia, 1933, comme‐<br />
<strong>di</strong>a/drammatico, 41 min., B/N.
Introduzione XXVII<br />
Il film ci presenta la realtà del riformatorio e in particolare la vicenda<br />
<strong>di</strong> Leonardo, un ragazzo calabrese <strong>di</strong> do<strong>di</strong>ci anni, chiuso in riformatorio<br />
da qualche anno. Un giornalista televisivo, interessato a riprendere e do‐<br />
cumentare la realtà dei riformatori italiani, si reca in una <strong>di</strong> queste strut‐<br />
ture correttive per scegliere un ragazzo da intervistare e seguire nella<br />
sua quoti<strong>di</strong>anità. Costui sceglie come soggetto proprio Leonardo.<br />
Durante l’intervista il giornalista pone delle domande al ragazzo sulla<br />
sua vita e sulla sua famiglia. Terminata l’intervista, i due partono in tre‐<br />
no per recarsi nel paese natale del ragazzo, in modo da completare il<br />
servizio televisivo. È qui che Leonardo, a telecamere spente e rimasto so‐<br />
lo con il giornalista, <strong>di</strong>venta più <strong>di</strong>sinvolto e naturale nei comportamen‐<br />
ti. Il ragazzo inizia a parlare <strong>di</strong> cose a cui non aveva accennato durante<br />
l’intervista, rivelando realtà interessanti ai fini dell’inchiesta televisiva. Il<br />
giornalista si accorge <strong>di</strong> questa interessante “aggiunta” e riaccende le te‐<br />
lecamere, rivelando a Leonardo <strong>di</strong> essere interessato della sua con<strong>di</strong>zio‐<br />
ne solo da un punto <strong>di</strong> vista professionale.<br />
Il ragazzo, percepiti i reali intenti dell’uomo e la sua <strong>di</strong>staccata atten‐<br />
zione ai problemi della devianza minorile, decide <strong>di</strong> fuggire. Così, alla<br />
prima occasione Leonardo, con molta <strong>di</strong>gnità, si prepara e scende dal<br />
treno.<br />
Il primo significato legato al treno si trova proprio nella sequenza ini‐<br />
ziale del film, nella quale vengono presentate due situazioni completa‐<br />
mente <strong>di</strong>fferenti. Una transenna separa un gruppo <strong>di</strong> bambini che gio‐<br />
cano liberamente a pallone da una fila <strong>di</strong> ragazzi che marciano in fila in‐<br />
<strong>di</strong>ana, quasi con passo cadenzato, seguiti da una macchina. Sono i ra‐<br />
gazzi del riformatorio della città, con l’educatore che fa loro da scorta.<br />
Alla voce libera ed allegra dei bambini che giocano, si contrappone il<br />
suono sordo <strong>di</strong> quei passi dalla cadenza quasi militare.<br />
Già da questa prima scena emerge la <strong>di</strong>fferenza fra il gioco dei ragaz‐<br />
zi che vivono fuori dal riformatorio e lo stile <strong>di</strong> vita imposto a quelli che<br />
vivono all’interno della struttura. La loro andatura non ha nulla <strong>di</strong> viva‐<br />
ce ed attivo, <strong>di</strong>versamente da quello che trasmette la libera corsa dei ra‐<br />
gazzi che non alloggiano in riformatorio.<br />
Questa libera corsa verrà sperimentata da Leonardo, il ragazzo scelto<br />
dall’intervistatore per il documentario sulla vita nei riformatori, una vol‐<br />
ta salito sul treno. È qui che egli può respirare un’aria nuova e muoversi<br />
in maniera relativamente libera.
XXVIII<br />
Introduzione<br />
Significativa a riguardo è l’inquadratura del viso <strong>di</strong> Leonardo, affac‐<br />
ciato dal finestrino del treno in corsa. Il suo<br />
volto è pieno <strong>di</strong> gioia e guarda avanti, respi‐<br />
rando un’aria <strong>di</strong> libertà, per lui nuova. «Ora ho<br />
fatto… ho preso un po’ una boccata d’aria […]<br />
per uscire» 16 .<br />
Il secondo significato attribuito al treno ri‐<br />
guarda l’opportunità… ossia, l’opportunità<br />
concessa a Leonardo <strong>di</strong> uscire, <strong>di</strong> provare la<br />
libertà, il mondo esterno e l’opportunità <strong>di</strong> <strong>di</strong>a‐<br />
logare. Inizialmente Leonardo accetta <strong>di</strong> segui‐<br />
re l’intervistatore, il quale gli propone <strong>di</strong> collaborare ad un’inchiesta te‐<br />
levisiva. Il ragazzo è chiamato a rispondere a delle domande che riguar‐<br />
dano la con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> tutti i ragazzi italiani chiusi in riformatorio.<br />
L’intervista prevede anche un viaggio in treno, la cui méta è la casa nata‐<br />
le <strong>di</strong> Leonardo. È lì che, lui e il giornalista, dovranno soggiornare per<br />
qualche giorno per completare l’inchiesta che desidera documentare le<br />
origini ed il vissuto familiare <strong>di</strong> Leonardo.<br />
Leonardo vede in questo viaggio un modo per uscire dalla struttura<br />
correttiva. Un’opportunità quasi unica per fare nuove esperienze ma,<br />
soprattutto, un’occasione per parlare liberamente ed essere compreso.<br />
Tutto questo si scorge nella già citata scena in cui viene inquadrato il<br />
viso del ragazzo sorridente, affacciato dal finestrino del treno in movi‐<br />
mento. L’immagine del treno, dunque, qui rappresenta la speranza e<br />
l’opportunità <strong>di</strong> cambiamento.<br />
In questo film, però, il treno è anche un’occasione <strong>di</strong> fuga. Durante il<br />
viaggio in treno, Leonardo cerca <strong>di</strong> aprirsi con l’intervistatore e <strong>di</strong> co‐<br />
municare con lui a prescindere dall’intervista, a telecamere spente e sen‐<br />
za il microfono del registratore puntato. Ma un vero <strong>di</strong>alogo fra i due si<br />
rivela impossibile! Leonardo comprende che gli intenti dell’uomo sono<br />
squisitamente professionali e che nulla lo interessa al <strong>di</strong> fuori del suo<br />
servizio giornalistico.<br />
Lo scontro con la freddezza professionale dell’intervistatore, pronto a<br />
mettere «[…] in funzione il registratore non appena Leonardo si abban‐<br />
dona ad un accenno <strong>di</strong> confidenza […] 17 », portano il ragazzo a trovare<br />
nel treno la via <strong>di</strong> fuga da tutte quelle figure adulte, paternali e anche<br />
16 Dal film La fine del gioco, <strong>di</strong> G. Amelio.<br />
17 E. MARTINI, Gianni Amelio, Milano, E<strong>di</strong>trice Il Castoro, 2006, p. 40.
Introduzione XXIX<br />
professionali, sulle quali desidera riven<strong>di</strong>care il suo <strong>di</strong>ritto al rispetto e<br />
all’ascolto.<br />
Leonardo scenderà dal treno alla prima occasione, fuggendo da quel‐<br />
la vita che fino ad allora non lo ha compreso, né tentato <strong>di</strong> ascoltarlo re‐<br />
almente. In questo caso il ragazzo trova nel treno l’opportunità <strong>di</strong> una<br />
fuga dall’incomunicabilità con la quale combatte da anni.<br />
Leonardo sceglie da quel momento in poi, <strong>di</strong> “educarsi da solo”, co‐<br />
me lui stesso afferma nel film in un <strong>di</strong>alogo con il giornalista.<br />
La fuga <strong>di</strong> Leonardo mette fine al gioco dell’intervistatore.<br />
All’inizio del film ai ragazzi del riformatorio è impe<strong>di</strong>to il gioco, co‐<br />
me evidenzia la prima scena, con la <strong>di</strong>cotomia fra i ragazzi che giocano e<br />
la fila <strong>di</strong> giovani <strong>di</strong>retti al riformatorio.<br />
Il vero adulto qui è Leonardo, un do<strong>di</strong>cenne che mette fine al gioco<br />
dell’adulto, rifiutandosi <strong>di</strong> scendere ai suoi compromessi. Lo scopo<br />
dell’intervistatore è meramente strumentale, mentre la realtà vissuta da<br />
Leonardo è reale.<br />
Questa incomunicabilità e questa totale se‐<br />
parazione fra il mondo adulto e quello adole‐<br />
scenziale, porta ad uno scambio <strong>di</strong> ruoli, nel<br />
quale l’adulto è il bambino. Leonardo, alla pri‐<br />
ma occasione, si lava, si veste, si toglie le scarpe<br />
e con grande <strong>di</strong>gnità <strong>di</strong> uomo, scende dal treno.<br />
Significativa è l’immagine del ragazzo ripreso<br />
<strong>di</strong> spalle con la valigia in una mano e con la<br />
giacca in spalla, come fosse un adulto.<br />
Durante il viaggio Leonardo più volte mette<br />
in <strong>di</strong>scussione il mondo degli adulti. Egli non sta al gioco<br />
dell’intervistatore che in questo scambio <strong>di</strong> ruoli è il reale bambino, il<br />
quale, come tutti gli adulti incontrati da Leonardo, gioca con la vita sua<br />
e quella degli altri.<br />
In una delle prime sequenze del film, il giornalista è insieme a Leo‐<br />
nardo nel riformatorio e gli impone le regole del suo gioco. Ci sono delle<br />
precise con<strong>di</strong>zioni che Leonardo deve seguire nel rispondere alle do‐<br />
mande dell’intervistatore e, prima <strong>di</strong> iniziare l’intervista, il giornalista si<br />
raccomanda con il ragazzo affinché segua dogmaticamente tali in<strong>di</strong>ca‐<br />
zioni.<br />
Alla fine del film, invece, è Leonardo a dettare le sue regole, metten‐<br />
do fine al gioco dell’adulto. Gioco al quale il piccolo Leonardo ha rinun‐<br />
ciato da tempo.
XXX<br />
Introduzione<br />
Nell’immaginario comune il treno è sempre associato al movimento,<br />
alla velocità e alla potenza. Anche quando è fermo, il treno esprime co‐<br />
munque un potenziale <strong>di</strong> movimento ed è associato soprattutto al viag‐<br />
gio. Il treno, dunque, rappresenta l’opportunità nell’itinerario della vita<br />
dei ragazzi che sono i protagonisti dei film prodotti da Amelio. Un viag‐<br />
gio compiuto su un treno in corsa, prende <strong>di</strong>fferenti <strong>di</strong>rezioni e significa‐<br />
ti: per ragazzi incompresi e repressi può rappresentare una via <strong>di</strong> fuga<br />
dalla dura realtà, un momento d’isolamento nel mondo dell’infanzia,<br />
un’opportunità <strong>di</strong> cambiamento e <strong>di</strong> progresso o anche luogo <strong>di</strong> incon‐<br />
tro/scontro con il mondo degli adulti.<br />
In tutte queste valenze il treno rimane comunque, a mio parere, un<br />
elemento positivo, poiché tutti questi possibili viaggi hanno apportato<br />
qualcosa <strong>di</strong> costruttivo nella vita dei protagonisti, anche se talvolta in<br />
maniera graduale.<br />
In ogni film il treno rappresenta un’occasione: cambiamento, crescita,<br />
presa <strong>di</strong> coscienza, fuga, libertà e gioco evasivo dalla dura realtà domi‐<br />
nata dalle regole degli adulti.<br />
La stesura <strong>di</strong> questa prima tesina d’esame su Amelio e sul cinema in<br />
generale mi ha reso molto attenta agli elementi e ai messaggi contenute,<br />
più o meno palesemente, nelle sequenze dei film. Il cinema, a mio pare‐<br />
re, può rappresentare un utile strumento <strong>di</strong> educazione e <strong>di</strong> appren<strong>di</strong>‐<br />
mento. Uno strumento <strong>di</strong>dattico che ho avuto modo <strong>di</strong> rivalutare e <strong>di</strong><br />
sperimentare durante il corso suddetto.<br />
Sostenuto l’esame <strong>di</strong> Cinema e educazione, il <strong>di</strong>scorso su Gianni Amelio<br />
è proseguito nei vari colloqui con il professor Siciliani, fonte primaria ri‐<br />
guardo la vita e il cinema del regista in quanto suo carissimo amico. Nel<br />
corso <strong>di</strong> questi colloqui è nato il progetto del presente elaborato <strong>di</strong> lau‐<br />
rea, il cui obiettivo è quello <strong>di</strong> presentare il cinema <strong>di</strong> Gianni Amelio nei<br />
suoi vari aspetti educativi. Il progetto non è rimasto in un cassetto ma ha<br />
dato vita a questo elaborato il quale è arricchito da una mia intervista al<br />
professor Siciliani. La riporto <strong>di</strong> seguito. Sono certa che tornerà utile alla<br />
comprensione e all’approfon<strong>di</strong>mento delle tematiche considerate in que‐<br />
sto elaborato. Ad alcune risposte del professore faranno seguito le mie<br />
riflessioni ed osservazioni maturate durante l’analisi dei suoi scritti.<br />
Valentina: professore, da quanto ci siamo raccontati posso dedurre che la sua amici‐<br />
zia con Amelio risale agli anni della gioventù, giusto?<br />
Professore: Le rispondo, Valentina. Con Amelio (per me, via via nel tempo,<br />
Nino, Giovanni, Gianni Amelio), ci siamo conosciuti che lui aveva quattor<strong>di</strong>ci
Introduzione XXXI<br />
anni, io quin<strong>di</strong>ci. Stiamo stati compagni <strong>di</strong> scuola nel ginnasio e nel liceo (in<br />
Gianni Amelio. Un posto al cinema, cʹè una foto della nostra classe in Quinta<br />
ginnasio). Vicinissimi, benché lontani Unʹamicizia straor<strong>di</strong>naria, che dura da<br />
più <strong>di</strong> mezzo secolo. In mo<strong>di</strong> assai <strong>di</strong>versa negli anni, ma intatta.<br />
Valentina: professore, rileggevo lʹarticolo su Robin Hood e il ladro <strong>di</strong> bambini, e fa‐<br />
cendo una piccola ricerca per integrare le mie conoscenze, ho notato che il titolo dato al<br />
film <strong>di</strong> Amelio in altri Paesi non è «Il ladro <strong>di</strong> bambini», ma, traducendo, «I bambini<br />
rubati». Mi sembra che nel titolo italiano il focus è sul ʺladroʺ, mentre negli altri titoli<br />
lʹattenzione tende a spostarsi sui bambini. Bambini ai quali è stata sottratta lʹinfanzia.<br />
Almeno secondo una mia modestissima e inesperta interpretazione, nei titoli in lingua<br />
straniera si parla <strong>di</strong> bambini derubati...forse derubati del loro essere bambini e costretti a<br />
crescere in fretta a causa delle loro vicissitu<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> vita. Lei cosa ne pensa? Quale è il<br />
punto <strong>di</strong> vista <strong>di</strong> Amelio?...i bambini e la loro infanzia <strong>di</strong>fficile immagino?<br />
Professore: Trovo molto intelligenti e produttive le osservazioni che fa sulla<br />
traduzione del titolo in questione... E mi chiedo, mi pare giusto: cosa ne ha pen‐<br />
sato e ne pensa ancora Amelio? La cosa più interessante è ovviamente quella<br />
che già sottolinea, cioè il fatto che il ʺfurtoʺ, il vero furto <strong>di</strong> bambini si trova esat‐<br />
tamente dalla parte opposta a quella che il ʺsenso comuneʺ carabinieresco im‐<br />
pone (nel film <strong>di</strong> Amelio, almeno, è così; ma mi rifiuto <strong>di</strong> pensare che sia sem‐<br />
pre così).<br />
Robin Hood? Come far crescere quella intuizione <strong>di</strong> tanti anni fa? Andrei in<br />
internet e mi chiederei: come si combina, per es. in Google la parola ʺAmelioʺ<br />
con lʹespressione ʺRobin Hoodʺ... Magari viene fuori una bella storia...<br />
I protagonisti del film sono certamente i due bambini, con un ruolo<br />
importante riservato anche al carabiniere, ma è proprio su lui che il tito‐<br />
lo in italiano pone tutta l’attenzione. Una breve ricerca ci mostrerà come<br />
i titoli in lingua straniera, ad esempio quello in francese Les enfantes volés<br />
e quello in spagnolo Niños robados, evidenziano invece la con<strong>di</strong>zione dei<br />
due piccoli protagonisti. Questi sono bambini derubati della loro infan‐<br />
zia, della loro semplicità e gioia <strong>di</strong> vivere.<br />
Il car<strong>di</strong>ne del film non ruota intorno alla figura dell’adulto, ma è rap‐<br />
presentato dalla con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> Luciano e Rosetta, due bambini “deruba‐<br />
ti” della loro infanzia e costretti a crescere in maniera precoce.<br />
Lei, ha conosciuto il mondo della prostituzione e lo sfruttamento già<br />
ad un<strong>di</strong>ci anni. Lui, a otto anni è molto introverso, silenzioso e affetto da<br />
forte asma. Tutti sintomi <strong>di</strong> un bambino sofferente, il quale non vive in<br />
maniera allegra e spensierata. A questi bambini è mancata la figura pa‐<br />
terna ma anche quella materna.
XXXII<br />
Introduzione<br />
Un’immagine significativa è presentata in una scena del film: Rosetta<br />
si lacca le unghie con grande sorpresa del carabiniere. Lo smalto è qui<br />
simbolo <strong>di</strong> crescita, <strong>di</strong> donna e <strong>di</strong> per<strong>di</strong>ta dell’innocenza. il gesto <strong>di</strong> Ro‐<br />
setta non si ad<strong>di</strong>ce ad una bimba <strong>di</strong> un<strong>di</strong>ci anni, e questo lascia com‐<br />
prendere allo spettatore il grave furto subito dai due protagonisti.<br />
Ma questa non è l’unica immagine che lascia comprendere allo spet‐<br />
tatore la situazione. Al termine <strong>di</strong> questa analisi, dunque, il titolo del<br />
film dovrebbe essere tradotto con Bambini derubati o Bambini rubati, o<br />
ad<strong>di</strong>rittura Il furto <strong>di</strong> bambini. Perché privarli anche del loro ruolo <strong>di</strong> pro‐<br />
tagonisti del film?<br />
Questa costituisce una delle prime domande poste al professore ri‐<br />
guardo il film <strong>di</strong> Amelio Il ladro <strong>di</strong> bambini a confronto con Robin Hood<br />
principe dei ladri <strong>di</strong> Kevin Reynolds/Kevin Costner. La ricerca proposta<br />
dal professore è stata effettuata ma non ha prodotto alcun risultato utile<br />
al tema in questione.<br />
Ma segue un’ulteriore domanda dalla lettura dell’articolo e scaturita<br />
dal confronto fra l’episo<strong>di</strong>o <strong>di</strong> vita personale del professore e la vita del<br />
regista:<br />
Valentina: professore, vorrei aggiungere unʹosservazione […] gliela espongo come<br />
mia osservazione personale e poi lei magari saprà integrare la cosa o perché no confutar‐<br />
la. Leggendo il suo «Diario pedagogico per il ladro <strong>di</strong> bambini (e <strong>di</strong>ntorni)», ma anche in<br />
altri suoi interventi, emerge il rapporto che lei ha con suo figlio. Lei appare come un pa‐<br />
dre molto presente, che segue suo figlio Matteo, il quale viene coinvolto attivamente e<br />
criticamente nella visione dei film in questione. Lei ascolta le opinioni <strong>di</strong> suo figlio e tra<br />
voi cʹè anche confronto e <strong>di</strong>alogo. Ciò si oppone totalmente allʹinfanzia <strong>di</strong> Amelio e alla<br />
sua storia, (da quel poco che fino ad ora ho potuto sapere sul suo passato). Il padre <strong>di</strong><br />
Amelio non è stato molto presente e non ha rappresentato la figura <strong>di</strong> padre quale punto<br />
<strong>di</strong> riferimento per la crescita del proprio figlio. Dunque, ho notato questa altra <strong>di</strong>fferenza<br />
della quale lei è il polo opposto. Lei e Amelio avete le stesse origini e unʹamicizia che du‐<br />
ra dai tempi della scuola, ma una storia <strong>di</strong>fferente con esiti <strong>di</strong>fferenti.<br />
Lei nella vita <strong>di</strong> tutti i giorni è il padre presente che Amelio non ha avuto, ma che è<br />
presente nei suoi film come una sorta <strong>di</strong> ombra […] il tema del padre assente e del con‐<br />
seguente rapporto padre/figlio, bambino/adulto e i suoi interventi che includono più vol‐<br />
te il suo rapporto stretto con suo figlio.<br />
Professore: La sua domanda sulla ʺpaternitàʺ è tuttʹaltro che ʺfuori luogoʺ<br />
e, invece, quanto mai appropriata. Direi acuta. Faccio la prova a rispondere:<br />
1. sia Amelio, sia io abbiamo vissuto, nei rapporti con i nostri rispettivi pa‐<br />
dri, esperienze complesse, <strong>di</strong>fficili, piena <strong>di</strong> asperità. Tuttavia non appiattirei le<br />
nostre vite lʹuna sullʹaltra. Le <strong>di</strong>fferenze tra i miei e i suoi problemi <strong>di</strong> ʺfiglioʺ
Introduzione XXXIII<br />
erano notevolissime: per ragioni sia oggettive sia soggettive (<strong>di</strong>versi Gianni e io,<br />
<strong>di</strong>versi i nostri padri, <strong>di</strong>verse le situazioni della nostra crescita, <strong>di</strong>versi gli atteg‐<br />
giamenti e i comportamenti <strong>di</strong> ciascuno <strong>di</strong> noi...)... Sebbene avessimo molte cose<br />
in comune, eravamo due personalità <strong>di</strong>stinte, che cercavamo noi stessi in modo<br />
autonomo... Gianni, in ogni caso, benché più giovane <strong>di</strong> un anno, umanamente<br />
e culturalmente più maturo <strong>di</strong> me... Per certe cose, non solo in fatto <strong>di</strong> cine‐<br />
ma, mi ha fatto da maestro...<br />
2. sia Amelio, sia io abbiamo vissuto, nei rapporti con i nostri rispettivi figli,<br />
esperienze importanti... Rispondo per quel che mi riguarda: essere padre ha vo‐<br />
luto <strong>di</strong>re per me qualcosa <strong>di</strong> molto impegnativo, <strong>di</strong> <strong>di</strong>versamente impegnati‐<br />
vo nei confronti <strong>di</strong> ciascuno dei miei figli, Daria, Li<strong>di</strong>a, Matteo... Ed è chiaro che<br />
nella mia esperienza <strong>di</strong> ʺme padreʺ è stata presente quella <strong>di</strong> ʺme figlioʺ... E ag‐<br />
giungo che tutta la problematica padre‐figlio, che è assolutamente centrale nel<br />
cinema <strong>di</strong> Amelio, è stata per me importantissima: mi ha segnato e, <strong>di</strong>rei, edu‐<br />
cato... Voglio <strong>di</strong>re che lʹopera cinematografica <strong>di</strong> Gianni, al <strong>di</strong> là della sua auto‐<br />
biografia (pur imprescin<strong>di</strong>bile) è unʹeducazione, magari in<strong>di</strong>retta, alla paterni‐<br />
tà... I risultati? Non so... Bisognerebbe chiederlo ai nostri figli, più che a noi stes‐<br />
si... Anche perché si tratta <strong>di</strong> esperienze in atto, tuttʹaltro che concluse...<br />
Un secondo elemento riguarda il rapporto padre/figlio che nel film<br />
emerge solo nel rapporto fra il bambino ed il carabiniere, ma soprattutto<br />
nella lettera scritta dal prof. Siciliani ad Amelio. Qui il professore parla<br />
ad Amelio <strong>di</strong> un’uscita al cinema con suo figlio e sua nipote, oltretutto<br />
(ai tempi), della stessa età <strong>di</strong> Luciano e Rosetta. In quella occasione il<br />
professore con i due bambini era andato a vedere il nuovo film Robin<br />
Hood 18 . La visione del film ha fatto scaturire dei confronti e dei pensieri<br />
nella mente del professore riguardo il film <strong>di</strong> Amelio da me preso in a‐<br />
nalisi. Nella lettera infatti il professore riporta il confronto fra i due tipi<br />
<strong>di</strong> “ladro”.<br />
Ad ogni modo, quello che maggiormente ha colpito la mia attenzione<br />
è il rapporto del professore col proprio figlio Matteo, il quale si oppone<br />
totalmente al rapporto padre/figlio presentato da Amelio, sia nei suoi<br />
film sia nella sua biografia. Quello del regista fu un padre assente, ma<br />
sempre presente come un’ombra nei suoi film e nei suoi personaggi.<br />
Mio padre non ha mai conosciuto suo padre 19 .<br />
18 K. REYNOLDS, Robin Hood principe dei ladri, 1991, avventura, 147 min., colore.<br />
19 G. AMELIO, La Calabria che amo, cit. Dichiarazione fatta in più occasioni e ripresa<br />
da più fonti: sulla stampa e in internet.
XXXIV<br />
Introduzione<br />
Dalla lettera riportata all’inizio del capitolo è chiaro il rapporto fra il<br />
professor Siciliani e suo figlio. Egli si mostra come un padre attento e<br />
presente, il quale, non solo accompagna il proprio figlio al cinema, ma si<br />
occupa della sua crescita, ascolta la sua opinione e lo aiuta a riflettere in<br />
maniera critica, sempre tenendo conto dell’età e degli interessi del figlio.<br />
Questa figura <strong>di</strong> padre è totalmente opposta a quella presente, o me‐<br />
glio assente, nella vita e nei film <strong>di</strong> Amelio. Nel film in analisi, non è<br />
presente un padre vero e proprio. Luciano e Rosetta crescono da soli e<br />
anche in maniera precoce. Non hanno punti <strong>di</strong> riferimento. Così come<br />
nella vita del regista, non sono presenti figure maschili paterne. Amelio<br />
non ha mai conosciuto suo padre, il quale a sua volta non aveva cono‐<br />
sciuto il suo. La sua famiglia <strong>di</strong> emigrati era caratterizzata dalla presenza<br />
in famiglia <strong>di</strong> figure femminili, in particolare della nonna.<br />
Il passato del regista e quello del professore sono simili sotto alcuni<br />
punti <strong>di</strong> vista, ma ovviamente anche molto <strong>di</strong>versi sotto altri. Il padre<br />
del professore era presente, mentre quello <strong>di</strong> Amelio no. Ognuno ha il<br />
proprio carattere e ogni genitore ha il suo modo <strong>di</strong> essere e <strong>di</strong> agire. Con<br />
ciascuno si determinano motivi <strong>di</strong> conflittualità. Ad ogni modo, sono si‐<br />
gnificativi anche la cultura e il luogo in cui si nasce e si cresce, i quali in<br />
questo caso coincidono. I due hanno frequentato le stesse scuole e hanno<br />
avuto entrambi un rapporto complesso con il proprio padre.<br />
Ma nel rapporto con i propri figli possiamo constatare come la situa‐<br />
zione sia <strong>di</strong>fferente rispetto a quella vissuta da entrambi.<br />
A loro volta il professore ed Amelio sono padri, presenti ed attenti,<br />
una situazione opposta a quella presentata nel film Il ladro <strong>di</strong> bambini.<br />
Qui l’unico “padre” è rappresentato dal carabiniere. È come se si for‐<br />
masse una uova famiglia dalle ceneri <strong>di</strong> quella tra<strong>di</strong>zionale. Ma anche in<br />
questo caso la figura paterna abbandona il nido lasciando nuovamente i<br />
due bambini soli.<br />
Valentina: professore, lei è mai andato al cinema con Gianni Amelio?<br />
Professore: Credo <strong>di</strong> averlo ricordato più volte. Io ho avuto nella vita due<br />
gran<strong>di</strong> fortune cinematografiche: <strong>di</strong> essere stato “iniziato” al cinema da Nino,<br />
Giovanni, Gianni Amelio, <strong>di</strong> avere imparato da lui a “vedere” un film, a recen‐<br />
sirlo, a memorizzarlo, a ricordarne i tratti salienti...<br />
Credo <strong>di</strong> avere visto con lui un centinaio <strong>di</strong> film: i classici del cinema e i film<br />
dei maggiori, me<strong>di</strong> e minori autori degli anni Sessanta; e i cosiddetti “polpetto‐<br />
ni”... Ricordo perfettamente i suoi giu<strong>di</strong>zi, allʹuscita dalla sala, per strada (lui a
Introduzione XXXV<br />
parlare, io ad ascoltare, qualche volta a ribattere); e la domenica mattina, a casa<br />
<strong>di</strong> sua nonna, in via Raffaelli e in via Case Arse, a Catanzaro. O a casa <strong>di</strong> mia<br />
nonna, sempre a Catanzaro... Si tratta <strong>di</strong> un <strong>di</strong>scorso assai lungo e complesso,<br />
che si prolungava a scuola, negli intervalli delle lezioni. Poi anche nei luoghi<br />
pubblici: riviste, sale cinematografiche, università... Potrei re<strong>di</strong>gere un dossier<br />
<strong>di</strong> mille pagine con le registrazioni mentali delle reazioni critiche del mio “ami‐<br />
co cinema” Nino Giovanni, Gianni.<br />
Lʹaltra fortuna, <strong>di</strong>cevo: <strong>di</strong> essere potuto andare al cinema, per un decennio,<br />
quasi tutti i sabati, con Guido e Teresa Aristarco... Ma questo è un altro <strong>di</strong>scor‐<br />
so...<br />
Valentina: professore, come definirebbe la pedagogia, o meglio “antipedagogia” <strong>di</strong><br />
Gianni Amelio? e, quanto ha influito secondo lei il passato <strong>di</strong> Amelio nella sua forma‐<br />
zione e nel suo cinema soprattutto?<br />
Professore: Come descriverei, rapidamente, il “metodo pedagogico” (fa bene<br />
a mettere le virgolette) <strong>di</strong> Amelio?<br />
La prima cosa che mi viene in mente è la descrizione della “pesantezza del‐<br />
lʹaria”: che certo si può fare, ma che io non so fare...<br />
Anche perché, a mio parere, <strong>di</strong> un vero e proprio metodo pedagogico <strong>di</strong><br />
Amelio non si può parlare. Tuttʹal più, possiamo pensare ad una in<strong>di</strong>retta pe‐<br />
dagogia, <strong>di</strong>rei ad<strong>di</strong>rittura ad unʹantipedagogia, che “passa”, involontariamente,<br />
nella sua poetica... Non solo nella “morale” dei suoi film (tutti i film ne hanno<br />
forse qualcuna), ma anche nei veri e propri <strong>di</strong>scorsi sulla morale, che tutti i suoi<br />
film veicolano intenzionalmente, viene fuori un Amelio “filosofo della morale”,<br />
a suo modo... Niente <strong>di</strong> “e<strong>di</strong>ficante”, né <strong>di</strong> “consolatorio”, certamente. Ma <strong>di</strong><br />
“costruttivo”, sulle macerie <strong>di</strong> un “negativo”, <strong>di</strong>rei <strong>di</strong> sì. Tra poche luci e mol‐<br />
te ombre... Ecco perché il “metodo pedagogico” che se ne ricava è un metodo<br />
del “togliere” non dellʹ”aggiungere”. Comporta <strong>di</strong>fficoltà, incertezza, rischio...<br />
Però, a pensarci bene, un “metodo pedagogico” può essere già questo <strong>di</strong> susci‐<br />
tare una “crisi”, tra certezza del dubbio e dubbio della certezza. Non è molto,<br />
ma qualcosa è. Forse. […]<br />
1. Intanto, non credo che unʹantipedagogia possa trovare una qualsiasi defi‐<br />
nizione... Perché essa coincide con qualcosa che riguarda ciò che non si sa, non<br />
quello che si sa... In questo senso la “pedagogia”, meglio lʹ”antipedagogia” <strong>di</strong><br />
Amelio coincide con la sua ricerca poetica, con unʹindagine, contenuti e forme<br />
non apriori... Con la rischiosa costruzione <strong>di</strong> uno stile... Con il rifiuto <strong>di</strong> una<br />
“stasi”... Con un gioco <strong>di</strong> emozioni capaci <strong>di</strong> emozionare e, dunque, <strong>di</strong> educare<br />
<strong>di</strong>seducando... Di qui il particolare umorismo <strong>di</strong> Amelio, lʹironie e lʹautoironia,<br />
talvolta il sarcasmo... Una pars destruens che prevale sulla pars construens...<br />
Unʹimmagine <strong>di</strong> “uomo nuovo” più invocata che attinta... Mai vista, solo im‐
XXXVI<br />
Introduzione<br />
maginata, forse intuita... Una moralità <strong>di</strong> senso comune che Amelio fa a pezzi e<br />
al posto della quale si vede solo una potenzialità della capacità <strong>di</strong> scelta: non la<br />
trasmissione <strong>di</strong> un modo <strong>di</strong> vedere, ma solo la produzione della possibilità <strong>di</strong><br />
una visione forse “altra” della realtà storica umana... Non è tutto ciò unʹantipe‐<br />
dagogia?<br />
2. Ha influito tantissimo, ma non come esperienza con<strong>di</strong>zionante automati‐<br />
camente produttiva <strong>di</strong> una reazione poetica... Come precon<strong>di</strong>zione, invece, <strong>di</strong><br />
una maturazione umana e artistica, che si libera del passato e che inventa i pro‐<br />
pri risultati fuori della sfera autobiografica... Lʹautobiografia, in altri termini,<br />
viene me<strong>di</strong>ata da una riflessione che lʹalleggerisce in quanto tale, appesantendo‐<br />
la invece <strong>di</strong> motivi linguistici, formali, stilistici tali da rendere lʹautobiografia un<br />
fatto solo remotamente in<strong>di</strong>viduale... Un fatto umano tendenzialmente univer‐<br />
sale... Lo stesso rapporto padre‐figlio, pur autobiograficamente fondamentale e<br />
certamente decisivo nella “resa” del questo cinema <strong>di</strong> Amelio, facendosi cine‐<br />
ma, non è altro che un pretesto, che consente <strong>di</strong> attingere a valori che superano<br />
il livello storico‐biografico personale e rappresentano emozionano negano spie‐<br />
gano affermano reinventano il mondo...<br />
Valentina: professore, nell’articolo A come bambini, B come Adulti, che ho trova‐<br />
to molto interessante, lei riporta lo spot della Mercedes Benz a favore dei bambini malati<br />
<strong>di</strong> AIDS, ideato da Amelio […] la mia attenzione si è soffermata su uno dei tanti ele‐<br />
menti che ha dato vita ad una domanda/osservazione nella mia mente.<br />
Ancora una volta si ripete in questo articolo il dualismo bambino/adulto, caro ad<br />
Amelio, e ancora si ripete il gioco <strong>di</strong> ruoli ed il capovolgimento degli stessi. Amelio stes‐<br />
so viene aiutato dal piccolo protagonista del film Il ladro <strong>di</strong> bambini per migliorare<br />
alcune parti del film, ed in particolare il finale. Nel suo articolo inoltre lei accenna al<br />
film Porte aperte, per ricordare l’intervento <strong>di</strong> Amelio al cinema Mignon <strong>di</strong> Roma, a<br />
favore della campagna <strong>di</strong> sensibilizzazione suddetta. Proprio a questo punto mi ha fatto<br />
molto riflettere sul ruolo <strong>di</strong> Leonardo, figlio <strong>di</strong> Tommaso Scalìa, il protagonista del film<br />
condannato a morte.<br />
Il piccolo Leonardo compare poco nel film, solo nelle prime sequenze, al ritorno del<br />
padre a casa dopo aver compiuto i suoi brutali omici<strong>di</strong>. Tralasciando tutte le molte e pro‐<br />
fonde tematiche presenti nel film, e concentrandoci solo sulla figura <strong>di</strong> Leonardo, che qui<br />
e ora più ci interessa, potrebbe essere presente ancora in questo caso un sottile cambio<br />
dei ruoli? Secondo lei, è sbagliato vedere in Leonardo un adulto che si trovava lì a casa a<br />
fare il suo dovere, mentre il padre compiva quei crimini che non rientravano nel suo<br />
ruolo <strong>di</strong> padre e <strong>di</strong> marito? Quando il bambino chiede al padre «dove è mamma?», sem‐<br />
bra <strong>di</strong> sentire la “vocina” della coscienza, un’accusa ancora debole e innocente…lei cosa<br />
ne pensa?
Introduzione XXXVII<br />
Professore: sono molto fini le osservazioni che fa, in generale ed in particola‐<br />
re, sul “gioco delle parti”, tra adulti e bambini, nel cinema <strong>di</strong> Amelio. Credo che<br />
sia una chiave che apre le porte <strong>di</strong> un po’ tutti i film <strong>di</strong> Gianni: non solo quelle<br />
lasciate aperte dal Procuratore a latere De Francesco, per l’appunto, in Porte a‐<br />
perte. Si tratta <strong>di</strong> un criterio interpretativo unificante, <strong>di</strong> una sorta <strong>di</strong> “filo rosso”<br />
che attraversa tutto Amelio: la sua biografia e la sua poetica.<br />
Valentina: professore, rileggendo il suo articolo su «Cinema Nuovo» mi sono soffer‐<br />
mata su questa frase <strong>di</strong> Amelia Paparazzo: «incontravo spesso allora, dentro e fuori il<br />
liceo, Gianni Amelio… Si aggirava per il liceo, e fuori sempre in compagnia <strong>di</strong> Nino Si‐<br />
ciliani (non ho mai capito cosa legasse quelle due persone, l’uno estroso ed impreve<strong>di</strong>bi‐<br />
le, l’altro meto<strong>di</strong>co e ben educato)».<br />
Come risponderebbe a questa “domanda”? E cosa ne pensa <strong>di</strong> questo commento?<br />
Magari sarebbe interessante conoscere il suo commento aggiuntivo a questa osservazio‐<br />
ne.<br />
Professore: La prima cosa che mi viene da rispondere è che bisognerebbe<br />
chiedere spiegazioni della sua persuasione ad Amelia Paparazzo, piuttosto che<br />
a me. Anche io sarei curioso <strong>di</strong> conoscere i suoi mo<strong>di</strong> <strong>di</strong> osservazione (forse un<br />
tantino esteriori) e i suoi criteri <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>zio (che rispetto)... Amelia è una cara<br />
persona, unʹamica, una seria stu<strong>di</strong>osa <strong>di</strong> materie storiche; e il fatto che si pones‐<br />
se il problema dei “perché” <strong>di</strong> unʹamicizia come quella <strong>di</strong> Giovanni e Nino, può<br />
avere un suo significato... La stessa domanda bisognerebbe poi rivolgerla ad<br />
Amelio... Anche se la cosa <strong>di</strong>fficile è ora <strong>di</strong> proiettarsi nel passato, <strong>di</strong> “extraloca‐<br />
lizzarsi”, <strong>di</strong> ricostruire come eravamo davvero nella nostra “meglio gioventù”...<br />
Quanto a me, che posso <strong>di</strong>re? Che vedevo in Giovanni soprattutto un amico che<br />
leggeva libri in modo intelligente e vedeva criticamente film da maestro... Spes‐<br />
so e volentieri non eravamo dʹaccordo, ma quello che <strong>di</strong>ceva lui in me lasciava<br />
un segno. Aveva una sensibilità, unʹumanità straor<strong>di</strong>naria, una verve pedagogi‐<br />
ca, <strong>di</strong>dattica, polemica, eccezionale... Imparavo da lui unʹinfinità <strong>di</strong> cose... Che<br />
cosa gli restituissi e a che livello, francamente non so.<br />
So però che stavano ore e ora insieme a parlare, a <strong>di</strong>scutere <strong>di</strong> tutto... Anche<br />
dei miei casini interiori e della mia “<strong>di</strong>seducazione” culturale... Giovanni, allora<br />
è stato per me proprio questo: il mio più importante “<strong>di</strong>seducatore”. Non gli<br />
sarò mai abbastanza riconoscente...<br />
Valentina: professore, finiti gli stu<strong>di</strong> e prese strade <strong>di</strong>fferenti, come è avvenuto lʹulte‐<br />
riore incontro tra lei e Amelio da adulti, lui ormai regista e lei professore universitario?<br />
Oppure i vostri contatti in realtà non si sono mai interrotti?<br />
Professore: I nostri contatti non si sono mai interrotti, anche quando hanno<br />
avuto delle pause... A maggior ragione in quegli anni <strong>di</strong> cui lei vuol sapere,
XXXVIII<br />
Introduzione<br />
tra la fine degli stu<strong>di</strong> liceali e lʹesito dellʹAmelio regista, i nostri rapporti sono<br />
stati intensissimi. Mi risultano in<strong>di</strong>menticabili gli atti <strong>di</strong> reciproca amicizia, le<br />
occasioni <strong>di</strong> ospitalità a casa sua a San Pietro a Magisano o a casa mia a Roma,<br />
lʹintensa corrispondenza epistolare, i miei rapporti personali con suo padre, sua<br />
madre, sua nonna, i suoi zii, i nostri incontri fugaci, per tante ragioni, a Messi‐<br />
na, a Catanzaro, a Roma, ecc.<br />
Cʹè dʹaltra parte una memorabile sequenza <strong>di</strong> La fine del gioco, quella con i<br />
correggen<strong>di</strong> che sfilano <strong>di</strong> fronte allʹIstituto industriale a via In<strong>di</strong>penden‐<br />
za/piazza Matteotti: ebbene quella sequenza fu “girata” da casa <strong>di</strong> mia nonna...<br />
E poi il protagonista, per desiderio <strong>di</strong> Amelio, avrebbe potuto essere un mio<br />
scolaro... Ma io ebbi paura per il bambino, che potesse succedergli qualcosa; e<br />
non se ne fece niente. Amelio non se la prese; e la scelta che poi fece fu a mio<br />
parere eccellente...<br />
E poi... e poi... No, con Amelio, in quegli anni, siamo stati molto vicini... Cre‐<br />
do, del resto, <strong>di</strong> averne scritto e detto pubblicamente in <strong>di</strong>verse occasioni... Vo‐<br />
lendo, potrei tirare fuori un grosso libro <strong>di</strong> ricor<strong>di</strong>...<br />
Valentina: professore, quanto ha influito secondo lei il passato <strong>di</strong> Amelio nella sua<br />
formazione e in particolare nel suo cinema?<br />
Prof. Siciliani: Ha influito tantissimo, ma non come esperienza con<strong>di</strong>zionante<br />
automaticamente produttiva <strong>di</strong> una reazione poetica... Come precon<strong>di</strong>zione, in‐<br />
vece, <strong>di</strong> una maturazione umana e artistica, che si libera del passato e che in‐<br />
venta i propri risultati fuori della sfera autobiografica... Lʹautobiografia, in altri<br />
termini, viene me<strong>di</strong>ata da una riflessione che lʹalleggerisce in quanto tale, appe‐<br />
santendola invece <strong>di</strong> motivi linguistici, formali, stilistici tali da rendere lʹauto‐<br />
biografia un fatto solo remotamente in<strong>di</strong>viduale... Un fatto umano tendenzial‐<br />
mente universale... Lo stesso rapporto padre‐figlio, pur autobiograficamen‐<br />
te fondamentale e certamente decisivo nella “resa” del questo cinema <strong>di</strong> Ame‐<br />
lio, facendosi cinema, non è altro che un pretesto, che consente <strong>di</strong> attingere a va‐<br />
lori che superano il livello storico‐biografico personale e rappresentano emo‐<br />
zionano negano spiegano affermano reinventano il mondo...<br />
Valentina: professore, come è nato il suo <strong>di</strong>scorso su Makarenko con Amelio? da<br />
quanto mi ha detto, le è capitato più volte <strong>di</strong> associare la pedagogia e le caratteristiche<br />
dei film <strong>di</strong> Amelio con la pedagogia <strong>di</strong> o “antipedagogia” <strong>di</strong> Makarenko. Come è iniziato<br />
il <strong>di</strong>alogo “Makarenkiano”?<br />
Professore: Rispondo.<br />
Con Amelio non cʹè stato mai alcun <strong>di</strong>scorso su Makarenko. Non credo che<br />
lo scrittore ucraino‐russo rientri nella sua cultura, nei suoi interessi. Lʹavere ac‐<br />
costato Amelio a Makarenko è unʹiniziativa tutta mia, in omaggio al principio
Introduzione XXXIX<br />
metodologico <strong>di</strong> Michail M. Bachtin, della relativa legittimità dellʹinserimento<br />
<strong>di</strong> un autore (in questo caso <strong>di</strong> due autori, Amelio e Makarenko) nel nostro con‐<br />
testo ad essi estraneo. Sono infatti numerose le ragioni <strong>di</strong> un ipotetico rapporto<br />
ideale. Numerosi i punti in comune: lʹumanità elementare “altra”, lʹautocritica<br />
del sé, il “gioco”, lʹantipedagogismo, lo humour... Direi perfino una sorta <strong>di</strong><br />
“meri<strong>di</strong>onalismo” sui generis. E dunque lʹintercultura.<br />
Altrettanto importanti e imprescin<strong>di</strong>bili sono però le <strong>di</strong>fferenze tra <strong>di</strong> due:<br />
per esempio mancano in Amelio lʹelemento propositivo makarenkiano del “col‐<br />
lettivo”, il costruzionismo, la problematica dellʹ”uomo nuovo”, il tema della<br />
“pedagogia della lotta” e della “gioia del domani” ecc.<br />
Tuttavia è proprio la possibilità <strong>di</strong> un qualche rapporto, il “gioco” <strong>di</strong>rei del‐<br />
la analogie e delle <strong>di</strong>fferenze, che rende possibile almeno un inizio <strong>di</strong> <strong>di</strong>scorso<br />
(del tipo <strong>di</strong> quello da me avviato su Lamerica in rapporto al Poema pedagogico).<br />
Un <strong>di</strong>scorso <strong>di</strong> tipo a sua volta pedagogico e... antipedagogico.<br />
È proprio dallo stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> Makarenko e del Poema dal primo Anno Ac‐<br />
cademico che ha avuto inizio tutto l’ampio <strong>di</strong>scorso su Amelio. Come<br />
già accennato in precedenza, il mio interesse per il regista e per gli ele‐<br />
menti educativi emergenti dai suoi lavori, è nato e cresciuto sia durante i<br />
corsi <strong>di</strong> Pedagogia generale e <strong>di</strong> Cinema e educazione, sia durante i colloqui<br />
con il professore. Il progetto generale è proseguito fruttuosamente, pro‐<br />
gredendo <strong>di</strong> volta in volta in progetti secondari sempre più ampi. È pre‐<br />
vista, infatti, una tesi <strong>di</strong> laurea specialistica che approfon<strong>di</strong>sce le temati‐<br />
che qui analizzate in maniera meno specifica.<br />
I film <strong>di</strong> Amelio sono ricchi <strong>di</strong> tematiche e <strong>di</strong> messaggi profon<strong>di</strong> che<br />
non possono essere affrontati in maniera adeguata in una tesi <strong>di</strong> laurea<br />
triennale come questa. Infatti, molti sarebbero gli aspetti interessanti e<br />
significativi da analizzare con cura in ogni film del regista. Io mi sono<br />
limitata ad accennarne ed affrontarne solo alcuni. Fin qui le mie rifles‐<br />
sioni introduttive. Ora saranno riportati i documenti scritti dal professor<br />
Siciliani, quelli <strong>di</strong> cui ho fatto accenno nelle pagine precedenti.
Parte prima<br />
GLI SCRITTI DEGLI ANNI ’80‐‘90
Capitolo primo<br />
Colpire al cuore, una storia paradossale 20<br />
1. In Colpire al cuore <strong>di</strong> Gianni Amelio (Mostra <strong>di</strong> Venezia ‘82, in circo‐<br />
lazione per il pubblico più ampio dalla fine del marzo ‘83) non sono po‐<br />
chi né irrilevanti i temi e i problemi che dallo specifico punto d’osserva‐<br />
zione <strong>di</strong> Scuola e Città del gruppo <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o “Quale società” e <strong>di</strong> questa<br />
rubrica in particolare, vale certamente la pena <strong>di</strong> segnalare.<br />
In primo luogo i due protagonisti. La storia intrecciata, complessa,<br />
paradossale, <strong>di</strong> Dario ed Emilio. Dell’educando (come usava <strong>di</strong>re) e del<br />
maestro: figlio e padre a confronto in un serrato, polivoco rapporto <strong>di</strong><br />
“cause” ed “effetti” ben oltre l’identità imme<strong>di</strong>ata dei loro reciproci ruoli<br />
sociali, al centro quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> un sottile, sfuggente, e per ciò stesso dramma‐<br />
tico gioco delle parti.<br />
E dunque: «Emilio, quasi a ricordarci <strong>di</strong>datticamente Rousseau, è un<br />
giovane chiuso, introverso, prigioniero dell’universo misterioso ma so‐<br />
lenne <strong>di</strong> molti quin<strong>di</strong>cenni <strong>di</strong> oggi. È attivo, compunto, stu<strong>di</strong>oso, cattura‐<br />
to da più <strong>di</strong> un interesse» 21 . Esercita l’hobby della fotografia e, con<br />
quest’ultimo, una sua tendenza catalogativa, documentativa, propedeu‐<br />
tica (<strong>di</strong>resti) per un più fondato giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> valore sul mondo, sulle per‐<br />
sone che gli stanno accanto. A cominciare dal padre (fragile personalità<br />
<strong>di</strong> intellettuale, <strong>di</strong> professore universitario) e da chi lo frequenta: nella<br />
specie, un ex allievo (che risulterà essere un terrorista) e la sua compa‐<br />
gna (i due hanno un figlio). E ciò — sembra — allo scopo <strong>di</strong> evidenziar‐<br />
ne e valutarne gli atti, <strong>di</strong> inserire le “prove” dei loro comportamenti in<br />
ipotetiche caselle (<strong>di</strong> “sicurezza”), questa del “bene” quella del “male”.<br />
Tanto è vero che, in presenza <strong>di</strong> alcune coincidenze obiettive che accuse‐<br />
rebbero il padre <strong>di</strong> favoreggiamento nei confronti del terrorista e della<br />
donna che l’accompagna (e che Dario continuerà a proteggere <strong>di</strong> nasco‐<br />
sto), Emilio non ha dubbi. Dopo un duro confronto con il padre, su qua‐<br />
le, appunto, sia il “dovere” <strong>di</strong> ciascuno (del “padre” anzitutto), va dai<br />
carabinieri e lo fa arrestare.<br />
20 N. SICILIANI DE CUMIS, Colpire al cuore, una storia paradossale. Titolo tratto da<br />
«Scuola e Città», a. 34°, n. 8, 31 agosto 1983, pp. 356‐358. Recensione pubblicata nella<br />
rubrica «Cronache bibliografiche».<br />
21 F. BO, Mirare alla testa, Colpire al cuore: il terrorismo dei sentimenti in «Pace e Ar‐<br />
reug», 14 aprile 1983.
4<br />
Parte prima – Capitolo primo<br />
Questo il ruolo del “figlio”. Il tipo del suo “gioco”, che consuma ogni<br />
altro possibile gioco <strong>di</strong> bambino, <strong>di</strong> adolescente. E che, invece, lo pre<strong>di</strong>‐<br />
spone ad essere “uno sgobbone primo della classe”; a riparare <strong>di</strong>ligen‐<br />
temente i vecchi giocattoli usati a suo tempo dal padre (un trenino elet‐<br />
trico); a giu<strong>di</strong>care come “stupida, stupida” la neutralità‐estraneità‐<br />
passività della madre (accentuata dal mestiere che fa, forse la traduttrice,<br />
con le cuffiette isolanti); a <strong>di</strong>sprezzare i mo<strong>di</strong> ripetitivi, rituali, sciocchi<br />
<strong>di</strong> una sorella tele<strong>di</strong>pendente e (come pare) incapace <strong>di</strong> far da sé i “com‐<br />
piti a casa”; a sovrapporre un suo presunto or<strong>di</strong>ne geometrico, fatto <strong>di</strong><br />
musica e fotografia, su ciò che non intende (per es. la danza della nonna<br />
col terrorista: due <strong>di</strong>versi, forse opposti, irrazionalismi che simpatica‐<br />
mente consentono); a contrapporsi infine al padre, fino alle estreme con‐<br />
seguenze, ma già dal principio, quando in atteggiamento osservativo,<br />
<strong>di</strong>ffidente, a tratti ostile, lo vede <strong>di</strong>vertirsi a fare il footing, a raccontar<br />
barzellette, a canticchiare, a prendergli la bicicletta ecc.<br />
La nevrosi che Emilio si porta addosso, del resto, traspare non a caso<br />
specialmente da un particolare, su cui il regista variamente insiste. Dalle<br />
mani. Da come Emilio muove, meglio non muove, ma agita le mani. Dal<br />
grado <strong>di</strong> presumibile a‐socialità che attraverso il linguaggio spasmo<strong>di</strong>co<br />
delle mani si esprime a tratti. Un in<strong>di</strong>zio rivelatore, per citare proprio<br />
Rousseau, del suo non “essere felice”, del suo “niente giocare, saltare,<br />
correre tutto il giorno”, e dunque del suo non riuscire ad “innalzarsi allo<br />
stato <strong>di</strong> falegname”: a quella situazione cioè che gli consentirebbe <strong>di</strong> a‐<br />
prirsi alla novità <strong>di</strong> “contatti umani” internamente rigenerati, <strong>di</strong> subire e<br />
<strong>di</strong> trasmettere quin<strong>di</strong> positive, rivoluzionarie “influenze <strong>di</strong> tipo sociale e<br />
morale” storicamente “<strong>di</strong>verse” anche rispetto al tema della “giusti‐<br />
zia” 22 .<br />
2. Da un siffatto punto <strong>di</strong> vista, si spiega com’è che l’Emilio <strong>di</strong> Colpire<br />
al cuore si muova con quell’aria un po’ arcigna <strong>di</strong> professore che ha in‐<br />
cominciato, fin dai banchi delle elementari (quando segnava alla lavagna<br />
i “buoni” e i “cattivi”, per conto della maestra), ad imparare il come si<br />
“dà una lezione”. Così si capisce perché riferisca (quasi facendo la spia)<br />
alla madre, tra l’incredulo e il risentito, che Dario non sta nel ruolo <strong>di</strong><br />
marito‐padre‐uomo: giacché — nientemeno! — “sta lavando il culo al<br />
bambino” (cioè del piccolo Matteo, figlio della coppia che è andata a far<br />
visita a Dario). Egualmente s’intende com’è che ad un certo punto Emi‐<br />
lio assapori (non <strong>di</strong>ciamo, come pur <strong>di</strong>ce, l’idea <strong>di</strong> “assaggiare bambini”,<br />
22 Cfr. J. J. ROUSSEAU, Emilio, a cura <strong>di</strong> A. Visalberghi, Bari, Laterza, 1953, pp. 37,<br />
170 n., 187 sgg.
Colpire al cuore, una storia paradossale 5<br />
che è solo una battuta antipatica, ad effetto, però del tutto funzionale al<br />
personaggio) il gusto rancido delle superfetazioni linguistiche, del pen‐<br />
sar passivo per anagrammi (“mela” svuotata <strong>di</strong> “alme/male/elma”; “ar‐<br />
pe/apre/pare” al posto <strong>di</strong> “pera”; “seta” ridotta in “tesa/aste/esta”). E co‐<br />
sì via.<br />
Ma fino a che punto, questo Emilio, è in se stesso rappresentativo del<br />
modo <strong>di</strong> essere più generale dei quin<strong>di</strong>cenni “<strong>di</strong> oggi”? Come resistono<br />
alla luce della nostra quoti<strong>di</strong>anità le “ragioni” <strong>di</strong> questa figura <strong>di</strong> quin<strong>di</strong>‐<br />
cenne immaginata dall’autore <strong>di</strong> Colpire al cuore un quinquennio fa, ed<br />
ora riproposta “per <strong>di</strong>fferenza”, tra cronaca e storia, da Amelio stesso?<br />
Dichiara il regista in proposito (e ciò serve intanto come spunto <strong>di</strong> ri‐<br />
flessione per noi): «I quin<strong>di</strong>cenni <strong>di</strong> oggi li vedo molto <strong>di</strong>versi dai quin‐<br />
<strong>di</strong>cenni <strong>di</strong> ieri. Secondo me i quin<strong>di</strong>cenni <strong>di</strong> oggi mostrano una chiara<br />
propensione a chiedere il conto <strong>di</strong> ciò che è avvenuto e che ha provocato<br />
dei veri e propri traumi. Nel film Dario (il padre) <strong>di</strong>ce: “Vorrei cancellare<br />
questi quin<strong>di</strong>ci anni che l’hanno fatto (Emilio, il figlio) crescere così”. Il<br />
rigore che Emilio mostra nei confronti del padre, fino al punto <strong>di</strong> erigersi<br />
a giu<strong>di</strong>ce del padre stesso, non è dovuto al suo carattere ma al clima che<br />
ha respirato nel Paese in cui è cresciuto».<br />
E più avanti: «A mio avviso — i quin<strong>di</strong>cenni <strong>di</strong> oggi — sono <strong>di</strong>versi<br />
non soltanto da coloro che oggi hanno venticinque anni ma anche da co‐<br />
loro che oggi hanno vent’anni. Ho letto nelle loro facce una sorta <strong>di</strong> infe‐<br />
licità anche nel <strong>di</strong>vertimento, una specie <strong>di</strong> oscura volontà <strong>di</strong> appiattirsi<br />
e <strong>di</strong> riconoscersi soltanto fra loro, <strong>di</strong> fare muro non solo nei confronti<br />
della generazione dei padri ma anche delle generazioni che li hanno<br />
imme<strong>di</strong>atamente preceduti, ossia nei confronti dei venticinquenni e dei<br />
ventenni <strong>di</strong> oggi». E i venticinquenni? «Secondo me hanno un atteggia‐<br />
mento più passivo. Perché sono costretti a scontrarsi con i problemi reali<br />
(lavoro, casa, inserimento nella società, etc.) si sentono meno sicuri dei<br />
quin<strong>di</strong>cenni. Vivono le contrad<strong>di</strong>zioni sociali in tutta la loro flagranza e<br />
quin<strong>di</strong> perdono ogni certezza, ogni forma <strong>di</strong> sicurezza. I ventenni o i<br />
venticinquenni <strong>di</strong> oggi sono un po’ come Giulia, la compagna del terro‐<br />
rista ucciso: hanno avuto contatti con la violenza ma più per ragioni sen‐<br />
timentali o emotive che per volontà o scelta politica, e alla fine si ritro‐<br />
vano senza niente fra le mani. Giulia, infatti, dubita ormai <strong>di</strong> tutto, anche<br />
del suo rapporto sentimentale, e non può fare altro che aggrapparsi al
6<br />
Parte prima – Capitolo primo<br />
bambino che ha avuto dal terrorista come alla sua unica ancora <strong>di</strong> sal‐<br />
vezza» 23 .<br />
3. Quanto all’altro personaggio, quello <strong>di</strong> Dario, egli è in Colpire al<br />
cuore certo assai più che un «uomo tormentato dal suo infantilismo emo‐<br />
tivo»; <strong>di</strong> più che un semplice «professore universitario, <strong>di</strong> sinistra, rele‐<br />
gato, non senza problemi, nel tunnel <strong>di</strong> un conformismo innocente» 24 .<br />
Però è indubbiamente <strong>di</strong> meno dell’incarnazione storica «della tenuta<br />
e della possibilità <strong>di</strong> sopravvivenza della cultura <strong>di</strong> sinistra, intesa e col‐<br />
ta non come insieme <strong>di</strong> ideologie, ma come linguaggio del quoti<strong>di</strong>ano,<br />
come insieme <strong>di</strong> reazioni spontanee e naturali» 25 .<br />
Se per un verso, infatti, il personaggio dell’intellettuale umanista che<br />
finisce denunciato dal figlio è veramente emblematico, per un altro ver‐<br />
so, non ci sembra che incarni gran che <strong>di</strong> innovativo in quanto padre che<br />
semplicemente «rifiuta la sua naturale funzione <strong>di</strong> autorità per fare “l’a‐<br />
mico”»; né ci pare <strong>di</strong>ca alcunché, nell’ottica <strong>di</strong> un’altra e migliore società,<br />
questa «immagine del professore “democratico”, che stabilisce con gli<br />
allievi sodalizi extrascolastici, che finiscono poi col rovesciarsi<br />
nell’ambiguità più totale». Insomma: è tutt’altro che progressivo «lo<br />
stu<strong>di</strong>oso che vuole trasmettere tutta la “ricchezza” del suo messaggio<br />
culturale, ma rischia <strong>di</strong> violare le norme più elementari della <strong>di</strong>dattica».<br />
Tutt’altro che rivoluzionario «il messaggio che scaturisce dal comporta‐<br />
mento sempre più affannato e nevrotico <strong>di</strong> questo genitore, nel tentativo<br />
<strong>di</strong> mantenere insieme e <strong>di</strong> preservare scelte e comportamenti che si scon‐<br />
trano ormai non solo con le cose, e con i dati <strong>di</strong> fatto, ma anche, in defi‐<br />
nitiva, con un altro tipo <strong>di</strong> società...» 26 .<br />
Va bene. Però rimane il fatto della genesi storica del film. La possibili‐<br />
tà e la plausibilità della domanda: per chi parteggia l’autore del film?<br />
Per il padre “democratico” o per il figlio “d’or<strong>di</strong>ne”? Risponde Amelio<br />
(e va tenuto presente, ben oltre la pura e semplice professione <strong>di</strong> intenti<br />
“artistici”): «L’idea del film è nata quattro anni fa, come reazione a quel<br />
23 C. COSTANTINI, (in un’intervista a cura <strong>di</strong>), Uno sguardo perduto sul futuro, «Il<br />
Messaggero», 18 marzo 1983. (Per qualche riscontro obiettivo dei giu<strong>di</strong>zi su riporta‐<br />
ti, cfr. i risultati <strong>di</strong> alcune recentissime inchieste giornalistiche sui giovani e i “valo‐<br />
ri” su «Il Messaggero», «la Repubblica», «Il Tempo», «l’Unità » dell’aprile 1983; e,<br />
prima, quanto rilevato nell’ambito delle ricerche <strong>di</strong> Quale società, e registrato<br />
nell’omonima rubrica <strong>di</strong> «Scuola e Città».<br />
24 F. BO, op. cit.<br />
25 L. PAGGI, Padre e figlio negli anni <strong>di</strong> piombo, «Rinascita», 22 aprile 1983.<br />
26 Ibidem.
Colpire al cuore, una storia paradossale 7<br />
clima da caccia alle streghe: parteggiavo per il padre, poi con il passare<br />
del tempo il film ha acquistato maggiore articolazione e sono venute<br />
fuori anche le ragioni del figlio». Il risultato cinematografico? «Comples‐<br />
so, <strong>di</strong>rei, non ambiguo, né tantomeno doppio. Spero che il film sia ora il<br />
risultato <strong>di</strong> quello che volevo, un’opera non consolatoria per tutti gli<br />
schieramenti. Rispetto e sollecito invece una totale libertà <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>zio,<br />
contro coloro che hanno bisogno <strong>di</strong> in<strong>di</strong>cazioni definitive sul “buono” e<br />
il “cattivo”, come Emilio, che ha l’alibi almeno <strong>di</strong> avere quin<strong>di</strong>ci anni» 27 .<br />
4. Giustamente, pertanto, Amelio si guarda bene dal fornire o dal<br />
con<strong>di</strong>videre ricette; ed è mille miglia lontano da qualunque posizione<br />
catechetica, moralisticheggiante: questa società, questa università in al‐<br />
ternativa, quest’altro rapporto “positivo” tra padri e figli, ecc. ecc. Va<br />
però alla ra<strong>di</strong>ce delle questioni, riflette impietosamente sui termini più<br />
“avanzati” della crisi, si assume fino in fondo la responsabilità <strong>di</strong> un<br />
giu<strong>di</strong>zio... Comincia dalle “bibliografie” (che «tra colleghi d’università<br />
non si scambia più»); e sa bene che non basta mutare qualche parola per<br />
avere un <strong>di</strong>scorso <strong>di</strong>verso (così come non è sufficiente sostituire<br />
l’espressione La casta <strong>di</strong>va a La Cucaracha per ottenere l’ascolto <strong>di</strong> un pez‐<br />
zo d’opera al posto <strong>di</strong> una canzonetta). Né basterà rigovernare la cono‐<br />
scenza (nelle aule semivuote dell’università, un’«università che oggi non<br />
boccia più nessuno»), per avere un’altra e più adeguata prospettiva co‐<br />
noscitiva. Il problema è produrre un <strong>di</strong>fferente modo <strong>di</strong> far cultura, le<br />
finalità stesse del sapere. Un altro mondo.<br />
Un mondo cioè, che non sia la caricatura dell’attuale che non finisca<br />
col confondersi — mettiamo — con il “mindo” dell’errore <strong>di</strong> stampa, in‐<br />
vece <strong>di</strong> mondo appunto, nelle <strong>di</strong>spense <strong>di</strong> Dario, e che una studentessa<br />
impara pe<strong>di</strong>ssequamente a memoria. La nuova filologia del quoti<strong>di</strong>ano<br />
che più conta è, in primo luogo, quella che comincia con il mettere in<br />
guar<strong>di</strong>a contro la facile retorica delle “magnifiche sorti e progressive”<br />
(ed è appunto della Ginestra leopar<strong>di</strong>ana che <strong>di</strong>scorre Dario con Emilio);<br />
ma che fornisce strumenti idonei a riscrivere <strong>di</strong> sana pianta la storia.<br />
Qualsiasi storia: compresa quella della cultura cui rimandano, in Colpire<br />
al cuore, le estemporanee citazioni <strong>di</strong> Parmenide, Zenone, Platone; la sto‐<br />
ria stessa <strong>di</strong> questo regista autore <strong>di</strong> film dai titoli <strong>di</strong> per sé assai elo‐<br />
quenti (La fine del gioco, La Città del Sole, Il piccolo Archimede, La morte al<br />
lavoro ecc.), e della sua ultima opera...<br />
27 G. BUTTAFAVA, Mio padre terrorista, «L’Espresso», in un’intervista a G. Amelio,<br />
20 marzo 1983.
8<br />
Parte prima – Capitolo primo<br />
Vogliamo <strong>di</strong>re che, proprio nella misura in cui Colpire al cuore non<br />
vuol essere, come in effetti non è, una astratta esercitazione accademica<br />
sulle ragioni storiche e politiche del terrorismo, ma un’ipotesi <strong>di</strong> lavoro<br />
(storico e politico), <strong>di</strong> interpretazione del fenomeno in relazione a noi<br />
stessi, ciò comporta la necessità della continuità successiva della verifica.<br />
Dalla fase ideazionale a quella fattuale, formativa del testo cinematogra‐<br />
fico; da quella del controllo critico tra competenti a quella della durata<br />
sociale, contestuale, della sua fruizione.<br />
In altre parole, se è stato essenziale ad Amelio ed ai suoi collaboratori,<br />
fin dal principio, procedere per la via delle indagini empiriche allo scopo<br />
<strong>di</strong> costruire il film — cominciando proprio dalla “ricerca <strong>di</strong> sfondo”, dal‐<br />
le “inchieste a tappeto” a livello <strong>di</strong> “innumerevoli licei e istituti tecni‐<br />
ci” 28 —, ciò dovrà continuare ad essere metodologicamente non perduto<br />
<strong>di</strong> vista. Soprattutto adesso che il film, da progetto da realizzare in pro‐<br />
spettiva, <strong>di</strong>venta un fatto compiuto, retrospettivamente (e/o qualitati‐<br />
vamente) perfetto. Quasi a <strong>di</strong>re anche noi, con Amelio, che «il miglior<br />
omaggio che il pubblico potrà fare al regista, come ad uno scrittore, è<br />
quello <strong>di</strong> mostrargli un’altra lettura da quella che si aspetta in base al te‐<br />
sto, nuova, che paradossalmente esprima non tanto (o non solo) le ra‐<br />
gioni che hanno spinto l’autore a fare l’opera, quanto il fascino che la sua<br />
storia ha esercitato sugli altri, che appunto interpretano, criticano<br />
l’opera» 29 .<br />
Con tali propositi meto<strong>di</strong>ci, pertanto, si tratterà certo <strong>di</strong> ritornare su<br />
Colpire al cuore e sull’altra produzione cinematografica e televisiva <strong>di</strong><br />
Amelio. Sul rapporto, per es., tra il film <strong>di</strong> cui qui ci siamo occupati e il<br />
pressoché contemporaneo I velieri: anche questa una storia <strong>di</strong> bambino,<br />
della sua voglia (frustrata) <strong>di</strong> giocare, meglio <strong>di</strong> ritornare a giocare, sen‐<br />
za più trasgre<strong>di</strong>re alle regole della società che gli appartiene, ma che sot‐<br />
to il profilo del gioco, appunto, non è la sua...<br />
Qual è quin<strong>di</strong>, nell’insieme dell’opera <strong>di</strong> Amelio, il ruolo <strong>di</strong>stintivo e<br />
non<strong>di</strong>meno organico, complessivo, <strong>di</strong> ciascun “capitolo” <strong>di</strong> quel lungo,<br />
unico film che l’autore viene girando da un quin<strong>di</strong>cennio a questa parte<br />
(più o meno), sul <strong>di</strong>fficile mondo dell’adolescente, così <strong>di</strong>viso com’è tra<br />
“gioco” e “lavoro” (nella società che non gioca, che mantiene invece la<br />
<strong>di</strong>visione sociale del lavoro)? Qual è l’apporto che, in termini formativi,<br />
la società stessa che produce ed accoglie e <strong>di</strong>scute un siffatto risultato‐<br />
28 Cfr. intervista cit., «Il Messaggero», 18 marzo 1983.<br />
29 Cfr. P. D’AGOSTINI, E la pagina scritta <strong>di</strong>venta televisione con <strong>di</strong>sobbe<strong>di</strong>enza, «la Re‐<br />
pubblica», in un’intervista a G. Amelio, 6 marzo 1983.
Colpire al cuore, una storia paradossale 9<br />
cinema, con le sue contrad<strong>di</strong>zioni e lacerazioni, incomincia <strong>di</strong> volta in<br />
volta, ad ogni “capitolo”‐ film, continua poi, e finisce col dare all’autore?<br />
E nella specie: perché è nelle scuole, dove Colpire al cuore è in un certo<br />
senso “ritornato”, che si verificano adesso tra i più interessanti episo<strong>di</strong><br />
<strong>di</strong> critica aperta, costruttiva al film, in mo<strong>di</strong> ad<strong>di</strong>rittura che il regista<br />
“non s’aspettava” 30 ? Non è estremamente significativo che proceda da<br />
qui anzitutto l’invito a contestualizzare, a storicizzare, a datare il film? A<br />
rivederlo piuttosto che a vederlo? A ricostruirlo sul terreno <strong>di</strong> un più<br />
consapevole “senso comune”, piuttosto che lasciarlo intatto, costruito<br />
com’è, quantunque impeccabilmente, da Gianni Amelio? (Sono quin<strong>di</strong><br />
da riprendere “transattivamente” in tale ottica storico‐genetica ed opera‐<br />
tiva le centinaia <strong>di</strong> reazioni critiche ottenute in generale, e non solo in I‐<br />
talia, dal cinema <strong>di</strong> Amelio, e in specie da Colpire al cuore, dall’estate ‘82<br />
in avanti 31 .<br />
1.1. La doppia posizione <strong>di</strong> Amelio verso al terra “d’origine 32 ”<br />
Qual è la Calabria che ami?<br />
Io sono nato e vissuto in Calabria per venti anni. Mi sono formato lì,<br />
le mie ra<strong>di</strong>ci sono lì, però mi è <strong>di</strong>fficile rispondere. Mi sembra che sia ne‐<br />
cessario (e non solamente perché non vivo più in Calabria) abbattere le<br />
frontiere, superare ogni forma <strong>di</strong> regionalismo.<br />
La cosa che mi è rimasta “dentro”, della Calabria, è la mia famiglia, la<br />
storia, i problemi della mia famiglia. Io sono nato in provincia <strong>di</strong> Catan‐<br />
zaro, dopo la guerra, in un momento in cui la situazione sociale era mol‐<br />
to più pesante <strong>di</strong> quella <strong>di</strong> oggi. E ho vissuto sulla mia pelle vicende e<br />
vicissitu<strong>di</strong>ni che, a raccontarle, sembrano proprio un romanzo tipico del<br />
Sud. Anzitutto, l’emigrazione. Io vengo da una famiglia <strong>di</strong> emigrati a ca‐<br />
tena. Sono emigrati in Sudamerica il mio bisnonno, mio nonno, mio pa‐<br />
dre e i miei zii. E tutta la mia famiglia è una storia <strong>di</strong> donne forti e <strong>di</strong><br />
uomini invisibili, che si sono persi negli oceani, al <strong>di</strong> là degli oceani, e<br />
che non abbiamo mai conosciuto. Io, mio padre, l’ho conosciuto quando<br />
30 Cfr. A.M. MORI, Tanti “figli” dalla parte del padre. Amelio al “Pasteur” ha rispo‐<br />
sto alle domande degli studenti su Colpire al cuore, in «la Repubblica», 20 aprile 1983.<br />
31 Cfr., N. SICILIANI DE CUMIS, Filologia, politica e <strong>di</strong>dattica del buon senso, Torino,<br />
Loescher, 1980, pp. 87 sgg., 137 sgg.<br />
32 P. PISARRA, La doppia posizione <strong>di</strong> Amelio verso la terra “d’origine” in «Cittacala‐<br />
bria», agosto, 1983, pp. 69‐72.
10<br />
Parte prima – Capitolo primo<br />
avevo già <strong>di</strong>ciotto anni. Mio padre non ha mai conosciuto suo padre.<br />
Della Calabria mi è rimasto il peso della miseria (ed anche della forza), il<br />
peso della sopravvivenza, della lotta. Io vengo da una famiglia <strong>di</strong> conta‐<br />
<strong>di</strong>ni o <strong>di</strong> gente che non aveva un mestiere, <strong>di</strong> gente aggrappata solamen‐<br />
te alla terra e alle chimere americane, quin<strong>di</strong> non conosco la Calabria<br />
della borghesia, che, anzi, quando ero in Calabria, detestavo. La Calabria<br />
che amo è quella della terra, dei Calabresi veri, che si esprime nei valori<br />
<strong>di</strong> una cultura antica.<br />
La mia esperienza in Calabria è stata <strong>di</strong> assoluta e totale lotta per la<br />
sopravvivenza. E quando sono andato via per lavorare, sono emigrato<br />
anch’io in fondo.<br />
Non c’è in te come si <strong>di</strong>ce oggi, nessuna «nostalgia delle ra<strong>di</strong>ci»?<br />
No. Non so cosa sia la nostalgia. Penso che ognuno <strong>di</strong> noi debba vive‐<br />
re proiettandosi nel futuro. In fondo, se c’è un <strong>di</strong>fetto in molti calabresi,<br />
questo è un certo adagiarsi su situazioni nostalgiche <strong>di</strong> comodo, che de‐<br />
rivano da un atteggiamento molto preciso: il fatto <strong>di</strong> vivere, talvolta, au‐<br />
tocommiserandosi. È il vittimismo <strong>di</strong> cui bisogna liberarsi, una volta per<br />
tutte.<br />
Io non so quanto le cose siano cambiate in Calabria. Però la situazione<br />
che mi porto <strong>di</strong>etro mi stringe ancora il cuore, solo a pensarci. Tant’è ve‐<br />
ro che, dopo le primissime esperienze, dopo i primi due film che sono<br />
stati in qualche modo legati alla Calabria, ho sempre raccontato delle<br />
storie sulla borghesia. Mi sono sempre proiettato su un altro mondo, an‐<br />
che perché sento una specie <strong>di</strong> <strong>di</strong>sagio sentimentale a rioccuparmi <strong>di</strong> cer‐<br />
te cose.<br />
(Pietro Pisarra, «Cittacalabria», agosto 1983)<br />
Io in un certo senso vorrei staccare la Calabria dalla mia vita. Io non<br />
voglio sentirmi calabrese, perché ritengo la vera malattia del Sud questo<br />
sentirsi privilegiati nell’abbandono e nell’orgoglio... Io sono nato in una<br />
comunità <strong>di</strong> poveri. Ero affratellato a tutti coloro che avevano dei biso‐<br />
gni elementari e non riuscivano se non con molta fatica a sod<strong>di</strong>sfarli, e<br />
mi sentivo parte <strong>di</strong> una comunità che ha dei bisogni forti, duri, primor‐<br />
<strong>di</strong>ali: il pane, le scarpe, il vestito. Se questa persona è calabrese, che mi<br />
stia accanto e combatta insieme a me oppure non combatte, è comunque<br />
mio fratello e mio compagno. Allo stesso modo sento mio fratello e mio<br />
compagno qualcuno che ha gli stessi problemi a Nichelino, o a Sesto San<br />
Giovanni. O<strong>di</strong>o con tutte le mie forze, perché li conosco, quelli accanto a<br />
me che questi problemi non li hanno, perché essi sono — lo <strong>di</strong>co e lo sot‐<br />
tolineo — gli artefici delle mie mancanze, gli artefici primi della mia po‐
Colpire al cuore, una storia paradossale 11<br />
vertà. Io so che il Sud non è tale solo perché c’è un Nord, ma è Sud per‐<br />
ché c’è anche un Sud sbagliato. Questo <strong>di</strong>scorso sarà impopolare, ma va<br />
fatto. È il Sud sbagliato la vera grande iattura <strong>di</strong> tutti i Sud del mondo: è<br />
ancora più terribile essere accanto a un tuo fratello che ha bisogno e tu<br />
non fai niente perché possa uscire dalla sua situazione...<br />
Kadarè — se invece <strong>di</strong> abitare a Parigi vivesse in Albania, si rende‐<br />
rebbe conto <strong>di</strong> come il suo Paese si è trasformato in questi anni, e <strong>di</strong> co‐<br />
me continua a cambiare adesso, <strong>di</strong> giorno in giorno. Ha detto delle stu‐<br />
pidaggini fragorose, è un trombone, un vate retorico, che crede <strong>di</strong> avere<br />
l’esclusiva sull’Albania, per cui solo lui può parlarne. Vada in Albania, ci<br />
torni!<br />
(Gianni Amelio)<br />
1.2. Con la Calabria nell’animo 33<br />
[...] Così continuerà ad essere oggetto <strong>di</strong> <strong>di</strong>scussione la Calabria <strong>di</strong><br />
Amelio. La Calabria, che continua ad essere la vera protagonista dei suoi<br />
film. Benché fisicamente non vi appaia, o quasi. Ma è Amelio stesso a<br />
<strong>di</strong>rlo: «Io parto sempre dalla Calabria, la mia terra, quando scrivo un<br />
film. Poi vado a scegliere gli attori e quasi sempre la mia scelta cade su<br />
un siciliano...<br />
Forse per me la Sicilia è una Calabria più fotogenica. Insomma, giro<br />
siciliano e penso in calabrese. Però vorrei evitare <strong>di</strong> regionalizzare trop‐<br />
po, perché il Sud è in realtà il Sud del mondo» 34 .<br />
Ecco perché il nuovo film è davvero la continuazione, la spiegazione<br />
forse, la complicazione certamente del <strong>di</strong>scorso avviato con Lamerica. E,<br />
del resto, non si chiamava Giovanni, come il fratello maggiore <strong>di</strong> Così ri‐<br />
devano, il figlio <strong>di</strong> Michele Talarico (Spiro), il vecchio siciliano smemora‐<br />
to in Albania? Si chiamava Giovanni, proprio come Amelio. Di qui la ra‐<br />
gione dell’importanza del chiarimento all’origine, in Calabria [...].<br />
In realtà, gli ultimi anni Cinquanta e i primi anni Sessanta, gli stessi<br />
non a caso in cui si svolge l’azione <strong>di</strong> Così ridevano, furono un’educazio‐<br />
ne, una formazione che ha lasciato il segno.<br />
33 Titolo tratto dall’articolo <strong>di</strong> N. SICLIANI DE CUMIS, «Il quoti<strong>di</strong>ano della Cala‐<br />
bria», 8 settembre 1989.<br />
34 in Film Tv, 6‐12 settembre 1998.
12<br />
Parte prima – Capitolo primo<br />
Di qui il senso del remake poetico <strong>di</strong> Amelio a ridosso per analogia e<br />
per <strong>di</strong>fferenza (vedremo) del Visconti <strong>di</strong> Rocco e i suoi fratelli (1960). Di<br />
qui, pure, il significato ed il valore dell’utopia etico‐estetica del non fare<br />
vedere volutamente, in film calabresi, la Calabria: forse per averne, al <strong>di</strong><br />
là del reale, uno sguardo “altro” ed assolutamente migliore.<br />
Lo sguardo <strong>di</strong> una Calabria‐utopia che, in attesa delle sue necessarie<br />
rivoluzioni, si presenta intanto come assenza priva <strong>di</strong> nostalgia, come<br />
vicinanza della lontananza, come sentimento (almeno) del progetto (che<br />
non c’è). E dunque, fin dal principio come stile del dramma [...].
Capitolo secondo<br />
Ricor<strong>di</strong> “al futuro 35 ”<br />
[...] una faticosa ricerca della politica e la certezza ingenua <strong>di</strong> averla<br />
per intanto trovata nello stesso gusto <strong>di</strong> leggere libri e giornali, nelle <strong>di</strong>‐<br />
scussioni ora patetiche ora confuse, ma sempre oneste, che avevamo con<br />
Gianni Amelio o con Maria Donzelli (e con Andrea Pisani, Gigetto Fan‐<br />
tasia, Guido Raffaelli, Luisa Citriniti, Aldo Rapex della classe avanti<br />
ecc.), ed infine nella lezione <strong>di</strong>versa, per rigore e ricchezza <strong>di</strong> prospetti‐<br />
va, del professore Mastroianni.<br />
[...] tornano alla mente le “regole <strong>di</strong> Gramsci” su come si legge un li‐<br />
bro che già scoprivo al liceo, e che sperimentavo su il Sentiero <strong>di</strong>scorren‐<br />
do dell’enau<strong>di</strong>ano Lettere <strong>di</strong> condannati a morte della Resistenza (il libro me<br />
lo aveva imprestato don Giorgio Bonapace) [...].<br />
Di qui, forse, la ragione segreta <strong>di</strong> una tendenza che sembra parados‐<br />
salmente contrad<strong>di</strong>stinguere i miei ricor<strong>di</strong> del “Galluppi”: nel senso cioè<br />
<strong>di</strong> ricordarmene, per così <strong>di</strong>re, al futuro. Faccio alcuni esempi. Di quan‐<br />
do la mattina, poniamo, vado all’e<strong>di</strong>cola dei giornali e ritrovo più o me‐<br />
no la stessa tensione che provavo uscendo dal Liceo per entrare<br />
nell’e<strong>di</strong>cola <strong>di</strong> Paparazzo e rovistare fra riviste e giornali. O quando nel‐<br />
la biblioteca <strong>di</strong> Villa Mirafiori, lo studente che mi chiede <strong>di</strong> aiutarlo nella<br />
ricerca <strong>di</strong> un libro mi fa ricordare il professore Procopio che, nella ferrea<br />
biblioteca del “Galluppi”, mi spiegava come fare a reperire un libro,<br />
«perché servirà». O quando, occupandomi del cinema <strong>di</strong> Gianni Amelio<br />
per ragioni professionali, il ricordo <strong>di</strong> uomini e cose del Liceo (e ad<strong>di</strong>rit‐<br />
tura del primo cortometraggio con Franca Paparazzo, Enzo Papaleo, e<br />
con la macchina <strong>di</strong> Gianni Ansani) mi aiuta a precisare un giu<strong>di</strong>zio e a<br />
intravedere il senso genetico <strong>di</strong> questo o quell’altro film dell’autore, da<br />
La Città del Sole a Colpire al cuore, da La fine del gioco a I ragazzi <strong>di</strong> via Pani‐<br />
sperna ecc. [...].<br />
35 Articolo tratto da E. GALIANO “Vecchio Galluppi” un liceo, una città, Soneria<br />
Mannelli (CZ), E<strong>di</strong>tore Rubbettino, 1991, pp. 313‐315.
Capitolo terzo<br />
Robin Hood e il “ladro <strong>di</strong> bambini” come “eroe” 36<br />
Spero davvero che il film sia l’opposto <strong>di</strong> un “politically correct”; e<br />
che continuerai a darci, a darmi, soprattutto l’emozione del dubbio, il<br />
piacere della scontentezza, in una parola il gusto della “<strong>di</strong>fferenza”.<br />
Scrive Siciliani de Cumis in questa lettera appunto della “<strong>di</strong>fferenza”.<br />
A Gianni Amelio, Roma<br />
Carissimo Nino, sono andato al cinema con mio figlio Matteo (9 anni)<br />
e mia nipote Ilaria (11 anni), a vedere il Robin Hood principe dei ladri <strong>di</strong><br />
Kevin Reynolds/Kevin Costner. Record <strong>di</strong> incassi in tutt’Italia, anche a<br />
Catanzaro il film ha sbancato. Avevo appena appreso dai giornali che<br />
nelle 95 piazze principali italiane (le 83 città‐chiave più le 12 capo‐zona)<br />
l’opera ha rastrellato 13 miliar<strong>di</strong> e 400 milioni: un dato parziale, visto<br />
che il film è uscito in 196 copie, ma che fa intravedere la vetta dei 30 mi‐<br />
liar<strong>di</strong> (cioè il triplo del costo). Ora potevo aggiungere <strong>di</strong> mio, a questi<br />
dati, che a Catanzaro la proiezione veniva ottenendo un enorme succes‐<br />
so; e che, il 26 <strong>di</strong> <strong>di</strong>cembre, il Supercinema era stracolmo <strong>di</strong> gente sia al<br />
primo che al secondo spettacolo: visto che, quando siamo usciti dal loca‐<br />
le alle 19,00, c’era una fila <strong>di</strong> persone che bloccando il traffico in via XX<br />
Settembre arrivava praticamente fino alla piazzetta della chiesa del<br />
Monte... Ma perché vengo a <strong>di</strong>rlo proprio a te? Per nessuna ragione pre‐<br />
cisa, forse; oppure — a volerne cercare qualcuna — per una quantità <strong>di</strong><br />
motivi vecchi e nuovi. A cominciare dal fatto che aspetto con impazien‐<br />
za il tuo Ladro <strong>di</strong> bambini: proprio l’opposto, <strong>di</strong>rei, <strong>di</strong> questo Prince of<br />
thieves; ed un invito a ragionare sulla “<strong>di</strong>fferenza” ancor prima <strong>di</strong> essere<br />
concluso — se sono esatte le tue <strong>di</strong>chiarazioni, raccolte dai cronisti in oc‐<br />
casione della “retrospettiva” per il Festival del cinema italiano al Palazzo<br />
delle Esposizioni <strong>di</strong> Roma, in novembre:<br />
Il mio ultimo film? Molto rischioso, <strong>di</strong> quelli che ci si può permettere<br />
una volta nella vita e mai più. Nessun attore <strong>di</strong> richiamo, nessun libro<br />
conosciuto alla base della sceneggiatura. Un film <strong>di</strong>fficile da raccontare<br />
36 Titolo redazionale. Dalla recensione <strong>di</strong> N. SICILIANI DE CUMIS, Gianni Amelio e il<br />
suo ladro <strong>di</strong> bambini, marzo‐aprile 1992, apparsa in «Cinema Nuovo», rivista cinema‐<br />
tografica, fondata da Guido Aristarco nel 1952.
16<br />
Parte prima – Capitolo terzo<br />
perché narra il <strong>di</strong>sagio dei nostri tempi attraverso i sentimenti [...] È la<br />
storia <strong>di</strong> un carabiniere cui è stato affidato l’incarico <strong>di</strong> condurre due<br />
bambini a “rischio” in un istituto <strong>di</strong> correzione, un fratello e una sorella<br />
<strong>di</strong> 11 e 9 anni, figli <strong>di</strong> un latitante e <strong>di</strong> una madre che si arrabatta come<br />
può per sbarcare il lunario. Una storia <strong>di</strong> miseria e <strong>di</strong> emarginazione, in<br />
cui i personaggi raccontano la vita dell’Italia <strong>di</strong> oggi senza mai alzare la<br />
voce, senza nessuna volontà o pretesa <strong>di</strong> emblematicità. I miei preceden‐<br />
ti lavori hanno sempre avuto bisogno come <strong>di</strong> un alibi. Porte aperte offri‐<br />
va il destro per parlare della pena <strong>di</strong> morte. I ragazzi <strong>di</strong> via Panisperna mi<br />
permetteva <strong>di</strong> affrontare il tema del nucleare. Il ladro <strong>di</strong> bambini non ha<br />
un alibi, semmai nasce da un lapsus [...] Sarà un film <strong>di</strong> <strong>di</strong>aloghi, <strong>di</strong> at‐<br />
mosfere, ma denso <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> eventi. Magari scatenati da piccole cose,<br />
dallo stupore ad esempio che il carabiniere può provare vedendo una<br />
ragazza così piccola laccarsi le unghie [...] Sarà perché una volta mi sono<br />
lasciato andare, c’è molto sentimento in questo film, l’ho costruito come<br />
se fosse un documentario, applicando però il metodo del documentario<br />
ad una realtà frutto della fantasia. E con la speranza <strong>di</strong> riuscire a tra‐<br />
smettere un’idea <strong>di</strong> un grande <strong>di</strong>sagio che riguarda l’oggi, ma senza sot‐<br />
tolineature, senza maiuscole.<br />
Un “Robin Hood”, <strong>di</strong>rei, che insomma sta tutto da un’altra parte ri‐<br />
spetto a questo <strong>di</strong> Reynolds/Costner; e che, già nella fase attuale, al solo<br />
immaginarlo come una nuova tappa del tuo cinema, contribuisce certa‐<br />
mente alla mia chiara presa <strong>di</strong> posizione negativa rispetto all’entusiasmo<br />
<strong>di</strong> Ilaria e Matteo (coetanei, nemmeno a farlo apposta, dei tuoi due pic‐<br />
coli protagonisti):<br />
— Che bello, papà! Com’era bravo, Robin Hood!<br />
— Kevin Costner, che forza, zio!<br />
— Che polpettone, però! A me non è piaciuto gran<br />
che.<br />
— Ma perché <strong>di</strong>ci così!<br />
— Un fumettone, non vedete che bamboccio, che<br />
falso eroe...<br />
— Ma a noi ci piace papà...<br />
— Zio, lo rive<strong>di</strong>amo?<br />
— No, con me no, non ci penso nemmeno. Se volete vi spiego per‐<br />
ché...<br />
— Era bello! Ti ricor<strong>di</strong> quando Robin Hood...<br />
— Hai visto quando la ragazza...
Robin Hood e il “ladro <strong>di</strong> bambini” come “eroe” 17<br />
Così, strada facendo, mi son ritornate alla memoria vecchie situazioni<br />
catanzaresi <strong>di</strong> trenta e passa anni fa: quando tu ti battevi pro o contro<br />
questo o quel film, ora riuscendo ora no a far valere il tuo punto <strong>di</strong> vista;<br />
e m’è venuto in mente, per stretta associazione <strong>di</strong> idee, il ricordo che <strong>di</strong><br />
quei tempi ancora serba Amelia Paparazzo nel Vecchio Galluppi. Un liceo,<br />
una città <strong>di</strong> Ezio Galiano (Soveria Mannelli/CZ, Rubbettino, 1991, p. 342),<br />
quando scrive <strong>di</strong>ce:<br />
Incontravo spesso allora, dentro e fuori il liceo, Gianni Amelio. Gianni fre‐<br />
quentava la III A ed era una delle eccezioni ammesse a frequentare le classi de‐<br />
stinate alla formazione dei figli della Catanzaro‐bene. Avevo avuto modo <strong>di</strong> co‐<br />
noscerlo all’e<strong>di</strong>cola dove mio padre gli aveva dato l’autorizzazione a sfogliare le<br />
terze pagine e quelle de<strong>di</strong>cate al cinema <strong>di</strong> tutti i quoti<strong>di</strong>ani. Si aggirava per il<br />
liceo, e fuori sempre in compagnia <strong>di</strong> Nino Siciliani (non ho mai capito cosa le‐<br />
gasse quelle due persone, l’uno estroso ed impreve<strong>di</strong>bile, l’altro meto<strong>di</strong>co e ben<br />
educato). Gianni proveniva da un paesino del catanzarese, aveva pochi sol<strong>di</strong> e<br />
mo<strong>di</strong> il più delle volte bruschi. Amava il cinema e tutto ciò che <strong>di</strong> esso faceva<br />
parte, ed era innamorato, allora, <strong>di</strong> mia sorella Francesca, che per i lunghi capel‐<br />
li bion<strong>di</strong> e la voce un po’ afona ricordava i personaggi dei film <strong>di</strong> Michelangelo<br />
Antonioni. Canticchiava sempre, a bassa o alta voce a seconda del suo umore, la<br />
canzone Brigitte Bardot e mi dava in prestito le sceneggiature <strong>di</strong> molti film — <strong>di</strong>‐<br />
ceva lui fondamentali —che non potevo vedere perché vietati. Un giorno,<br />
quando io già facevo il primo liceo e Gianni si era Iscritto all’Università, venne<br />
nella mia classe quale docente — aveva avuto una supplenza in storia dell’arte<br />
— e, fra l’ironico e il <strong>di</strong>vertito, ci illustrava <strong>di</strong>pinti e prospettive con commenti<br />
che a <strong>di</strong>r poco <strong>di</strong>sorientavano e scandalizzavano i più e facevano ridere quanti<br />
già lo conoscevano.<br />
In effetti, quello tuo <strong>di</strong> allora era un sano invito a “strappare” le pagi‐<br />
ne <strong>di</strong> certi libri <strong>di</strong> testo, un po’ come il professore dell’Attimo fuggente; e,<br />
se ti riusciva, da persona matura e forte della sua specializzazione in fat‐<br />
to <strong>di</strong> cinema, era un indurre in tentazione critica un po’ tutti noi della<br />
“setta dei poeti estinti”: ma, così facendo, educavi il gusto, la capacità <strong>di</strong><br />
scelta, la facoltà <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>care in proprio... Ecco perché a Matteo e ad Ila‐<br />
ria, mentre ci lasciavamo alle spalle il Robin Hood in questione, per spie‐<br />
gare che è facile confondersi, ho cominciato a raccontare dei miei appas‐<br />
sionamenti <strong>di</strong> bambino a film anche più melensi <strong>di</strong> questo <strong>di</strong> Re‐<br />
ynolds/Costner (tipo La pattuglia dell’Amba Alagi, con Luciano Tajoli e
18<br />
Parte prima – Capitolo terzo<br />
Milly Vitale o Scapricciatiello, con Fulvia Franco e Gabriele Tinti); e <strong>di</strong><br />
com’è che — <strong>di</strong>ventatoti amico e giovandomi delle tue competenze ci‐<br />
nematografiche (però baccagliavamo pure) — m’è sembrato poi <strong>di</strong> saper<br />
<strong>di</strong>stinguere le “lucciole” dalle “lanterne”, i film brutti e me<strong>di</strong>ocri da<br />
quelli belli (più o meno) e, talvolta, dai capolavori. Se adesso questo Ro‐<br />
bin Hood non m’è piaciuto granché, sono sicuro che c’entri in parte co‐<br />
spicua ancora tu...<br />
Occorre però avere pazienza. Dire qualcosa ai ragazzi, certo, nella <strong>di</strong>‐<br />
rezione che può sembrare giusta; ma non forzare troppo la mano, tutta‐<br />
via; non arrivare al punto <strong>di</strong> parlare del tutto un altro linguaggio, e <strong>di</strong><br />
farsi rifiutare in blocco come un vecchio e noioso bacucco. È sufficiente<br />
che Ilaria e Matteo sappiano che ad altri il loro “bel” film può non piace‐<br />
re. Basta intanto che essi avvertano il senso <strong>di</strong> una <strong>di</strong>scussione in corso;<br />
che dubitino in qualche modo delle loro infantili certezze, non traumati‐<br />
camente però, per arrivare da sé a costruire un “perché” un tantino più<br />
consapevole, meno assoggettato al fascino illusorio e fasullo <strong>di</strong> questo<br />
tipo <strong>di</strong> cinema. Allora sai che ho fatto? Quella sera stessa, ritornato a ca‐<br />
sa, sono andato a ripescare i ritagli <strong>di</strong> giornale che avevo messo assieme<br />
da quando nel giugno scorso il Robin Hood principe dei ladri era stato pre‐<br />
sentato a New York, a quando, per le feste <strong>di</strong> fine d’anno, era avvenuto<br />
il lancio in Italia... Di modo che, mentre figlio e nipote ragionavano <strong>di</strong><br />
rivedere il film, sul come e sul quando averlo in cassetta, io ho comincia‐<br />
to deliberatamente a <strong>di</strong>sturbarli invitandoli a guardare le mie scartoffie:<br />
Che ve ne pare <strong>di</strong> queste fotografie? Vi ricordate che cosa succedeva<br />
qui? E qui, dove siamo? Lo sapete che la storia <strong>di</strong> Robin Hood che ab‐<br />
biamo visto stasera a qualcuno è sembrata un’avventura <strong>di</strong> Tarzan, a<br />
qualche altro un’impresa un po’ Rambo, un pò In<strong>di</strong>ana Jones, o <strong>di</strong> Gatto<br />
Silvestro e Titti il canarino? Guardate un pò qua: questo giornalista ne<br />
parla bene quest’altro giornalista ne parla male... Sapete cosa ha scritto<br />
un critico? Che forse, anziché vedere il Robin Hood che abbiamo visto<br />
noi, sarebbe meglio rivedere il Robin Hood a colori <strong>di</strong> tanti anni fa con Er‐<br />
rol Flynn. Sapete che questo Robin Hood è un personaggio che non ha<br />
niente a che fare con quello vero? Che il Moro Azeem, Lady Marian, lo<br />
Sceriffo <strong>di</strong> Nottingham e il suo seguace Guy <strong>di</strong> Gisborne, la strega e un<br />
po’ tutti gli altri personaggi sono stati inventati apposta per lanciare dei<br />
messaggi sulla pace e sulla guerra, sul razzismo, sull’emancipazione del‐<br />
le donne, sulla libertà come l’intendono gli americani, ecc, ecc.? Io mi<br />
sento un pò preso in giro, e voi? E poi: quanti aggettivi, tutti per questo<br />
stesso film! Tenebroso, sfocato, violento, deprimente, stravolgente, scol‐
Robin Hood e il “ladro <strong>di</strong> bambini” come “eroe” 19<br />
lato, pasticciato, lugubre, opaco, sonnolento, spettacolare, favoloso, at‐<br />
traente, avventuroso, ironico, pesante, impacciato, noioso, anacronistico,<br />
ipocrita, contrad<strong>di</strong>ttorio, trasparente... Quale <strong>di</strong> questi aggettivi vi sem‐<br />
bra più azzeccato? Volete fare la prova a cercare voi degli aggettivi, che<br />
vi paiano più appropriati? Anche se non siete d’accordo, <strong>di</strong>te pure..<br />
E ancora: avete notato quel ministro che si teneva le mani come An‐<br />
dreotti? Sapete che il personaggio <strong>di</strong> Robin Hood/Kevin Costner è pia‐<br />
ciuto a Papa Woytila (perché vuol sempre andare a Messa, ed è devotis‐<br />
simo al culto <strong>di</strong> Maria)? e che fra qualche tempo, in Italia (come scrivono<br />
alcuni giornalisti), ci sarà un nuovo Robin Hood? (Fanno già il nome <strong>di</strong><br />
Michele Santoro, <strong>di</strong> Umberto Bossi ecc.; ma può succedere tutto, perfino<br />
che gli stessi democristiani e socialisti smettano <strong>di</strong> rubare ai poveri per<br />
dare ai ricchi, e che — per l’appunto come Robin Hood —incomincino a<br />
rubare ai ricchi per dare ai poveri). Non vi pare che tutti noi, ogni gior‐<br />
no, viviamo in una specie <strong>di</strong> foresta <strong>di</strong> Sherwood?<br />
Niente da fare. Un Robin Hood è sempre un Robin Hood: e Matteo ha<br />
continuato a <strong>di</strong>re quant’era stato bravo quando con la freccia a mulinello<br />
per l’aria aveva segato il cappio degli impiccan<strong>di</strong> suoi amici; Ilaria inve‐<br />
ce ha ripreso a parlare della simpatia <strong>di</strong> Costner, dei suoi occhi e dei suoi<br />
capelli particolari, <strong>di</strong> quant’era stato stupendo con la ragazza dopo che<br />
si era fatto il bagno nel laghetto ecc. ecc. Io però, ti confesso, che non sta‐<br />
vo già a sentirli più; e, mentre mi veniva <strong>di</strong> ricordare qualche sequenza<br />
della Leggenda <strong>di</strong> Robin Hood <strong>di</strong> Michael Curtiz e William Keighley e del‐<br />
le versioni curate dagli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Disney (il Robin Hood <strong>di</strong> Wolfgang Rei‐<br />
therman o Robin Hood e i compagni della foresta <strong>di</strong> Harold French), ovvero<br />
delle “traduzioni” californiane, messicane, spagnole, italiane del celebre<br />
personaggio, mescolavo a siffatti scampoli <strong>di</strong> memoria altre reminiscen‐<br />
ze catanzaresi per così <strong>di</strong>re <strong>di</strong> contesto. E ho ripensato alle sale cinema‐<br />
tografiche com’erano, nella Catanzaro <strong>di</strong> quando eravamo bambini e ra‐<br />
gazzi noi (Il Màsciari, il Politeama Italia, il Supercinema... e poi l’Odeon,<br />
il Comunale; e magari il Kursal o il Corso, rispettivamente <strong>di</strong> Fondachel‐<br />
lo e Catanzaro Marina). Ho riflettuto su che volesse <strong>di</strong>re il cinema in un<br />
piccolo centro citta<strong>di</strong>no come il nostro: e, daccapo per questa strada, mi<br />
risono venuti incontro gli Amarcord <strong>di</strong> Vincenzo Citriniti, Nino Ci‐<br />
migliano, Maria Borelli, Pasquale Alcaro, Giampiero Nisticò, Mario Al‐<br />
caro, Gianfranco Migliaccio, Eugenio Ripepe, Piero Bevilacqua, Gigi Da‐<br />
ga, Raffaele Teti, Dino Vitale ecc. nello stesso volume Vecchio Galluppi.<br />
Un liceo,una città, che ti ho citato prima.
20<br />
Parte prima – Capitolo terzo<br />
Il Supercinema, soprattutto il Supercinema (ma eravamo più cresciu‐<br />
ti, studenti universitari) ha voluto <strong>di</strong>re qualcosa <strong>di</strong> in<strong>di</strong>menticabile per<br />
me: un tutt’altro “Robin Hood”, quasi trent’anni fa, con la proiezione e il<br />
relativo <strong>di</strong>battito <strong>di</strong> Ban<strong>di</strong>ti a Orgosolo <strong>di</strong> Vittorio De Seta, a cura del<br />
gruppo <strong>di</strong> “Il Manifesto” (niente a che fare con il successivo movimento<br />
scissionista <strong>di</strong> Pintor e della Rossanda). E c’eravate, in quell’occasione,<br />
tu, Quirino Ledda, Sanno Maida, Bruno Sirianni, Franco Santopolo, tanti<br />
altri compagni ed amici. E poi ancora un <strong>di</strong>verso, possibile, “Robin Ho‐<br />
od”, se mi fosse riuscito, nei primi anni Settanta, <strong>di</strong> far proiettare per le<br />
mie classi dell’Istituto Magistrale il tuo La Città del Sole. Ma, come sai, mi<br />
fu impe<strong>di</strong>to: così niente <strong>di</strong>scorsi su Tommaso Campanella e sui briganti<br />
del Cinque‐Seicento.<br />
Eppure, dei tuoi “Robin Hood” e dei tuoi bambini, dei tuoi “ban<strong>di</strong>ti”<br />
e dei tuoi ragazzini, dei tuoi “ladri <strong>di</strong> bambini” e dei tuoi adolescenti,<br />
dovremo pur occuparci una volta o l’altra, al Supercinema. E I velieri,<br />
dove lo mettiamo un film come i velieri? Sta in linea o no (e se si, quanto<br />
e come) con La fine del gioco, La morte al lavoro, Effetti speciali, Il piccolo Ar‐<br />
chimede, Colpire al cuore, Porte aperte? Che cosa ci <strong>di</strong>rà <strong>di</strong> nuovo e <strong>di</strong> vec‐<br />
chio, dopo Il ladro <strong>di</strong> bambini, il tuo prossimo film, che girerai in In<strong>di</strong>a, La<br />
felicità impura? Dove sono, insomma, le ra<strong>di</strong>ci robinu<strong>di</strong>ane della tua in<strong>di</strong>‐<br />
retta pedagogia cinematografica? Vorrei poterlo spiegare, un giorno<br />
(purché abbiano voglia <strong>di</strong> ascoltarmi) a Matteo e ad Ilaria. Proprio ieri,<br />
scartabellavo tra le carte che conservo nella casa <strong>di</strong> Catanzaro: e sai che<br />
m’è venuto incontro? Un numero del «Sentiero» (il giornalino <strong>di</strong> Don<br />
Giorgio, ricor<strong>di</strong>?), un numero “storico” del 24 novembre 1961, con tra<br />
l’altro, a p. 2, due recensioni: una mia, la prima recensione che abbia mai<br />
scritto in assoluto, del volume Lettere <strong>di</strong> condannati a morte della Resistenza<br />
italiana (8 settembre 1943 ‐25 aprile 1945) 37 , un’altra tua <strong>di</strong> Il Brigante <strong>di</strong><br />
Renato Castellani, (anche questa, forse, la prima cosa che tu abbia mai<br />
pubblicato sul cinema).<br />
Ebbene, sorvolo sui miei moralismi <strong>di</strong> allora (anche se per me la “Re‐<br />
sistenza” rimane ancora la Resistenza, e come “Il signor Hood” <strong>di</strong> De<br />
Gragoni “calpesta nuove aiuole” per quanto “qualcuno ha sperato che<br />
fosse morto li”); e rileggo invece, tutto d’un fiato, il tuo testo, per rin‐<br />
francarmi e per ritrovare in qualche modo pure la ra<strong>di</strong>ce ideale e magari<br />
ideologica della tua brigantologia successiva. Quin<strong>di</strong> scrivevi:<br />
37 P. Malvezzi e G. Pirelli (a cura <strong>di</strong>) Lettere <strong>di</strong> condannati a morte della Resistenza i‐<br />
taliana (8 settembre 1943 ‐25 aprile 1945), prefazione <strong>di</strong> E. E. Agnoletti, Torino, Einau‐<br />
<strong>di</strong>, 1952, pp. 252.
Robin Hood e il “ladro <strong>di</strong> bambini” come “eroe” 21<br />
Il brigante ha un ampio panorama umano e sociale da rappresentare; e<br />
nel suo vastissimo arco narrativo attraverso la storia <strong>di</strong> un uomo, <strong>di</strong> una<br />
amicizia, <strong>di</strong> un amore, si snoda l’o<strong>di</strong>ssea della gente del sud in lotta con<br />
la tragica realtà <strong>di</strong> una guerra e <strong>di</strong> un dopoguerra <strong>di</strong>fficili.<br />
Un’opera dunque <strong>di</strong> ambizioni vastissime, degne in tutto <strong>di</strong> un gran‐<br />
de film. Il brigante tuttavia riesce solo a tratti ad elevarsi ad un livello <strong>di</strong><br />
autentica grandezza mentre la sua struttura complessiva risulta per mol‐<br />
ti versi debole, <strong>di</strong> scarsa omogeneità.<br />
Al film nuoce, come i critici hanno notato unanimemente, l’eccesso <strong>di</strong><br />
materia; la vastità e la <strong>di</strong>fficoltà dei suoi temi, dosati con mano incerta,<br />
gli impe<strong>di</strong>sce <strong>di</strong> svolgere un <strong>di</strong>scorso drammatico unitario e coerente fi‐<br />
no in fondo e il racconto si presenta perciò <strong>di</strong>stinto in tre blocchi narrati‐<br />
vi scarsamente fusi, il primo e l’ultimo dei quali pongono al centro una<br />
vicenda privata, mentre il secondo tende ad un respiro corale e a tratti<br />
epico.<br />
Di questa <strong>di</strong>scontinuità tematica i primi a risentire sono i personaggi<br />
stessi del film le cui ragioni umane e psicologiche vengono a tratti stra‐<br />
namente sot‐taciute e altre volte eccessivamente amplificate. E la più<br />
colpita in questo senso è certo la figura del protagonista caricata da un<br />
lato <strong>di</strong> una simbologia eccessiva e sprovvista dall’altro <strong>di</strong> efficaci <strong>di</strong>men‐<br />
sioni reali. Tanto che Michele Rende, riven<strong>di</strong>catore sfortunato dei giusti<br />
<strong>di</strong>ritti <strong>di</strong> una massa sfruttata e tra<strong>di</strong>ta, finisce per rivelarsi troppo poco<br />
personaggio e troppo scopertamente un’idea. Grave incertezza pesa an‐<br />
che sulla figura <strong>di</strong> Milella che, tenuta per tre quarti del film quasi sem‐<br />
pre in secondo piano, assume nell’ultima parte un peso del tutto ec‐<br />
cessivo senza perdere tuttavia i connotati <strong>di</strong> una scialba inconsistenza.<br />
Le cose vanno assai meglio col personaggio <strong>di</strong> Nino e con le figure se‐<br />
condarie sempre abilmente delineate, inette in brevi tratti, spesso <strong>di</strong><br />
straor<strong>di</strong>naria evidenza, come quella <strong>di</strong> Patàro.<br />
Nino è senz’altro il personaggio del film più sentito <strong>di</strong> Castellani: si<br />
veda con che affettuoso intuito il regista coglie, in tutta la prima parte,<br />
gesti e reazioni, con quanta sensibilità ne interpreta il brusco trapasso<br />
dalla povera infanzia alle durezze <strong>di</strong> una realtà che ha dovuto affrontare<br />
troppo presto.<br />
In definitiva sono le gran<strong>di</strong> qualità della regia a riscattare nel Brigante<br />
gli eccessi e i <strong>di</strong>fetti del copione.<br />
E così via <strong>di</strong> seguito, a spiegarne le ragioni fino alla conclusione:
22<br />
Parte prima – Capitolo terzo<br />
Particolarmente felice il nodo in cui Castellani ha <strong>di</strong>retto il piccolo<br />
Seminario nella parte <strong>di</strong> Nino: uno sguardo vivo e patetico, un’espres‐<br />
sione dolorosa in cui affiorano a tratti una grande tristezza, una gran‐<br />
<strong>di</strong>ssima <strong>di</strong>gnità.<br />
Carissimo Nino, il tempo passa. Ma che cosa è cambiato veramente<br />
nelle tante, tantissime cose che pur sono a prima vista cambiate? Ilaria e<br />
Matteo, proprio mentre vengo scrivendo queste parole, seguono un film<br />
d’avventura su Canale 5; e qualche minuto fa hanno lanciato un urletto<br />
<strong>di</strong> gioia, perché uno spot pubblicitario <strong>di</strong> Robin Hood principe dei ladri, in‐<br />
terrompendo il film, riportava alla loro vista le gesta <strong>di</strong> Kevin Costner.<br />
Mi hanno chiamato, perché guardassi anch’io; perché partecipassi della<br />
loro sorpresa ed allegria. Io sono stato al gioco. Prima o poi, ho promes‐<br />
so, lo rivedremo assieme, questo Robin Hood. E siccome il professore<br />
perde il pelo ma non il vizio, ho soggiunto: «Ma lo sapete che all’e<strong>di</strong>cola<br />
<strong>di</strong> Paparazzo ci sono le cassette <strong>di</strong> un Robin Hood in cartoni animati, e del<br />
Robin Hood con Errol Flynn? Costano 19.900 lire cadauno.»<br />
E ho continuato a pensare, per fatti miei, che mi sarei regalato due li‐<br />
bri appena arrivati a Catanzaro, ed in vetrina dalla libreria Mauro: Le<br />
ballate <strong>di</strong> Robin Hood 38 , ed il Robin Hood <strong>di</strong> James C. Holt 39 ... Il solito noio‐<br />
so, come ve<strong>di</strong>, perfino oggi; e mi par già <strong>di</strong> sentire un coretto <strong>di</strong> bambini<br />
(Matteo, Ilaria, ed un po’ tutti gli altri della loro età conquistati, presi,<br />
rubati da un qualche Robin Hood): «chi è noioso a Capodanno, è noioso<br />
tutto l’anno; chi è noioso a Capo‐danno è noioso tutto l’anno...»<br />
Ti abbraccio, e mille auguri,<br />
Nino Siciliani de Cumis<br />
Postscriptum. Tra tutti gli articoli che m’è capitato <strong>di</strong> leggere in questi<br />
giorni e prima sul film <strong>di</strong> Reynolds/Costner, ce n’è uno, in particolare,<br />
che ti voglio segnalare: è <strong>di</strong> Gabriella Turnaturi, e Robin Hood vi racconta<br />
gli Usa, ed è uscito sull’Unità del 20 <strong>di</strong>cembre, in prima pagina. Il tema<br />
del pezzo è questo: Problemi, ossessioni, contrad<strong>di</strong>zioni dell’America sono<br />
tutti lì in due ore <strong>di</strong> un ottimo film d’avventura. Sull’“ottimo film”, come ti<br />
<strong>di</strong>cevo, non sono d’accordo. Però mi convincono le osservazioni sul con‐<br />
testo. E dunque. Non è senza rilievo che Kevin Costner sia lo stesso in‐<br />
terprete <strong>di</strong> Balla coi lupi. «l’eroe senza macchia né paura, il <strong>di</strong>fensore de‐<br />
gli in<strong>di</strong>ani d’America». Di più, e meglio (Un attore very politically correct.<br />
38 N. GRUPPI (a cura <strong>di</strong>), Le ballate <strong>di</strong> Robin Hood , Torino, Einau<strong>di</strong> 1991, pp. 140.<br />
39 JAMES C. HOLT, Robin Hood, Milano, Rusconi, 1991, pp. 280.
Robin Hood e il “ladro <strong>di</strong> bambini” come “eroe” 23<br />
Ovvero un attore che sta dalla parte giusta, magari si schiera a favore<br />
della guerra del Golfo, ma che <strong>di</strong>fende le minoranze e tutte le subcultu‐<br />
re». Come non pensare qui a certi nostri intellettuali (cineasti e pedago‐<br />
gisti non esclusi), in quei giorni terribili del gennaio‐ febbraio‐ marzo<br />
dell’anno scorso, ed oggi che tanto si <strong>di</strong>scute <strong>di</strong> razzismi, <strong>di</strong> subalternità<br />
linguistiche e sessuali e culturali varie? Sempre pronti a battersi il petto<br />
per le astrazioni guppuscolari e universalistiche, ma in anticipo pure a<br />
legittimare bombardamenti <strong>di</strong> massa più che mai tangibili, ad<strong>di</strong>rittura<br />
“sperimentali”.<br />
Ma scrive più avanti la Tumaturi: «le minoranze, i politically correct<br />
sono cosi sistemati: ognuno ha il suo momento <strong>di</strong> gloria ed i suoi cinque<br />
minuti <strong>di</strong> tribuna politica autogestita. E le vicende <strong>di</strong> Robin Hood rie‐<br />
scono miracolosamente a sanare quelle contrad<strong>di</strong>zioni fra le <strong>di</strong>verse fa‐<br />
zioni che stanno travagliando la società americana. La guerra <strong>di</strong> tutti<br />
contro tutti e le rimostranze degli ispanici contro i neri, dei neri contro i<br />
bianchi, dei musulmani contro gli ebrei, degli uomini contro le donne,<br />
rende ormai complicata non solo la vita quoti<strong>di</strong>ana negli Stati Uniti, ma<br />
anche impossibile la pubblicazione <strong>di</strong> un libro o l’uscita <strong>di</strong> un film che<br />
possa anche lontanamente <strong>di</strong>menticare che appunto esistono le donne,<br />
gli ebrei, i neri ecc. Insomma bisogna sempre ricordarsi <strong>di</strong> tutti, e ripro‐<br />
durne fedelmente linguaggi, ideologie, auto‐rappresentazioni, pena l’in‐<br />
successo, il boicottaggio e l’accusa <strong>di</strong> razzismo. Se ormai tutti scrivono<br />
riempiendo i fogli con sbarrette del tipo lui/lei, bianco/nero per non in‐<br />
correre appunto nelle ire delle donne e dei neri e non si parla più<br />
dell’oppressione dell’uomo sull’uomo e sulla donna, anzi dell’uomo<br />
sull’uomo, la donna ed i gay, e si procede così all’infinito, anche i film<br />
cominciano a rispettare le regole del gioco». E, conclusivamente, si chie‐<br />
de: «C’è da aspettarsi per il prossimo futuro quin<strong>di</strong> solo storie che ripro‐<br />
ducono la babele americana e che incarnano, come nella migliore tra<strong>di</strong>‐<br />
zione del cinema statunitense, quei sogni e quelle speranze che la società<br />
non riesce a realizzare? Robin Hood è un buon esempio».<br />
E il tuo Ladro <strong>di</strong> bambini? Spero davvero che sia l’opposto <strong>di</strong> un film<br />
politically correct nel senso suddetto; e che continui a darci, a darmi, so‐<br />
prattutto l’emozione del dubbio, il piacere delta scontentezza, in una pa‐<br />
rola il gusto della <strong>di</strong>fferenza, dell’obiezione politica al conformismo degli<br />
anticonformisti e all’anticonformismo dei conformisti. Va bene la robi‐<br />
nooddata?
Capitolo quarto<br />
Il mestiere del critico 40<br />
Caro Amico, qui a San Pietro Magisano (Catanzaro) non se ne è sapu‐<br />
to poi molto: “Le ciel est bleu la mer est belle”, “L’élégance du coeur”,<br />
“Le voleur d’enfants, lent voyage”, “La italiana Ladròn de niños se sitùa en‐<br />
tre las can<strong>di</strong>datas a la Palma de Oro”, “L’Italie des exclus, L’Italie des<br />
enfants perdus, Il ladro <strong>di</strong> bambini est peut‐ètre le seul film vraiment é‐<br />
mouvant qu’on ait vu en compétition à Cannes”, “Le grand prix du jury<br />
attribué a l’italien Gianni Amelio [...] semble suggérer un plus petit dé‐<br />
nominateur commun dans les choix du jury”... Un’eco della critica attor‐<br />
no al “capolavoro”, tuttavia, è arrivata anche da noi: “Il ladro <strong>di</strong> bambini<br />
rapisce il Festival”, “Amelio salva il mondo dei ragazzini”, “Applausi<br />
all’Italia povera ma bella”, “Amelio riscalda il cuore <strong>di</strong> Cannes”, “Il La‐<br />
dro <strong>di</strong> Amelio colpisce al cuore”, “Amelio sulla strada dei sentimenti”,<br />
“Un ladro con molte virtù”, “L’innocenza ferita <strong>di</strong> Amelio”, “Viaggio<br />
amaro nel Sud con l’infanzia depredata”, “Amelio <strong>di</strong>vide la critica stra‐<br />
niera”, “Amelio, italiano <strong>di</strong> qualità”, “Il Ladro <strong>di</strong> Amelio ha salvato il fe‐<br />
stival”, “Tre le ‘stellette’ per Amelio, ma il Ladro è troppo lento”... E fi‐<br />
nalmente: “Ha Vinto anche Amelio (il gran premio della Giuria)”, “Ladro<br />
<strong>di</strong> bambini vince senza rubare”, “Amelio vale un Gran Premio”, “Amelio:<br />
vittoria, anzi beffa”, “Palma svedese, trionfo italiano”, “Colpo al cuore<br />
sulla Croisette”, “Amelio ce la fa”, “Salutiamo in lui il nuovo De Sica”,<br />
“L’Italia invisibile? Guardatela a Cannes”, “Premiato Amelio contro la<br />
Malitalia”, “Amelio regista senza confini”, “Amelio piace perché raccon‐<br />
ta la vita”, “Amelio: ha vinto l’Italia che perde”, “Con Amelio ha vinto la<br />
Poesia”, “Amelio: Grazie Cannes”, “Pensavo che Cannes fosse solo<br />
mondanità, ma ho cambiato idea”... Ha cambiato idea? Avrà certo avuto<br />
le sue brave ragioni. Amelio rimane sempre e comunque “uno <strong>di</strong> noi”.<br />
Non pensiamo che a lui, a quand’era bambino, e adesso...<br />
Adesso che, nonostante tutto, a San Pietro Magisano <strong>di</strong> Catanzaro,<br />
quasi niente è avvenuto. Come è stato scritto sul «Corriere della Sera»<br />
del 20 maggio, in una corrispondenza in<strong>di</strong>menticabile come una scossa<br />
<strong>di</strong> terremoto, nel paese natale del regista non s’è mai avuto un cinema:<br />
“Qui il cinema non c’è, non c’è mai stato. Come è potuto accadere, dun‐<br />
40 Titolo tratto dall’articolo <strong>di</strong> N. SICILIANI DE CUMIS, Il ladro <strong>di</strong> bambini. Lettera della<br />
<strong>di</strong>fferenza da San Pietro Magisano (Cz) ad uno “spettatore che non ha tra<strong>di</strong>to”, in «Cinema<br />
Nuovo», novembre‐<strong>di</strong>cembre 1992, pp. 41‐47.
26<br />
Parte prima – Capitolo quarto<br />
que, che il ragazzino “Nino” Amelio fosse travolto da quell’irrefrenabile<br />
passione? Tutta colpa della fantasia, della fame <strong>di</strong> vita e <strong>di</strong> emozioni <strong>di</strong><br />
un ragazzo <strong>di</strong> paese, nato fra questi monti color verde cupo per via dei<br />
boschi <strong>di</strong> querce e <strong>di</strong> castagni”. E <strong>di</strong>fatti: “San Pietro Magisano: alle spal‐<br />
le dell’abitato incombe il monte Femminamorta, quasi duemila metri,<br />
maestoso ingresso della Sila; ma a levante la vista spazia sulla valle, fino<br />
alle marine gialle e azzurre e al riverbero dello brio che abbaglia quando<br />
l’aria è tersa. Oggi nello sguardo del regista de Il ladro <strong>di</strong> bambini c’è<br />
quello del ragazzino che tanti anni fa dalle quattro case <strong>di</strong> San Pietro<br />
guardava lontano, immaginando la vita, le storie e gli uomini dei paesi<br />
che <strong>di</strong> sera si illuminavano nella valle, come un presepe”.<br />
Quanta verità, ed, insieme, quanta retorica: le testimonianze, i ricor<strong>di</strong><br />
della prima infanzia; i fotoromanzi come merce culturale <strong>di</strong> scambio,<br />
all’origine <strong>di</strong> una formazione artistica; il liceo Galluppi <strong>di</strong> Catanzaro; le<br />
successive esperienze a Roma, contro il destino delle poche centinaia <strong>di</strong><br />
anime che allora vivevano e vivono a San Pietro; i genitori <strong>di</strong> Amelio, i<br />
parenti stretti e quelli meno stretti, gli amici, i conoscenti, i conoscenti<br />
dei conoscenti, e così via <strong>di</strong> seguito. Con tutte le conseguenze: citta<strong>di</strong>‐<br />
nanza catanzarese onoraria compresa (una volta scartata l’idea, sembra,<br />
<strong>di</strong> intitolargli una piazza già “vita natural durante”; e ad<strong>di</strong>rittura <strong>di</strong> farlo<br />
sindaco, “coram populo”). È necessaria una pausa <strong>di</strong> riflessione, non ti<br />
pare?<br />
Di qui, per l’appunto, l’idea, amico mio, <strong>di</strong> una lettera a te che più <strong>di</strong><br />
chiunque altro, forse, inten<strong>di</strong> il senso <strong>di</strong> questa sventagliata <strong>di</strong> aggettivi<br />
usati fino ad oggi dai vari recensori del Ladro <strong>di</strong> bambini: e che ti trasmet‐<br />
to ora come promemoria, anche se alla rinfusa. Il film, cioè, è<br />
tutt’insieme “semplice e bello”, “bellissimo”, “uno dei film italiani più<br />
belli dell’ultimo tempo”, “ambivalente”, “paradossale”, “molto paso‐<br />
liniano”, “rosselliniano”, “desichiano”, “storico”, “omerico”, “politico”,<br />
“il più politico <strong>di</strong> Amelio”, “realista”, “neoneorealista”, “fantasioso”,<br />
“ottimista”, “<strong>di</strong>dattico”, “morale” ma non “moralistico” “e<strong>di</strong>ficante” ma<br />
non “consolatorio”, “geometrico”, “<strong>di</strong>egetico” (che, <strong>di</strong>zionario greco alla<br />
mano, vuol <strong>di</strong>re narrativo, espositivo, descrittivo) ma “inerte”, “mono‐<br />
corde”, “monotono”, “mini‐male”, “ellittico” e “arti‐ellittico”, “fluido”,<br />
“spoglio”, “alto”, “antropologicamente fiero”, “simbolico”, “metafori‐<br />
co”, “il più emozionato e sapiente” dei film <strong>di</strong> Amelio, “uno dei più<br />
ammirevoli film italiani degli ultimi anni”, “la novità vera del cinema<br />
italiano” “arrischiato”, “rischioso”, “a rischio”, dalla “freschezza accora‐<br />
ta, testimoniale e coinvolta”, “<strong>di</strong>sor<strong>di</strong>nato”, “in movimento” e “falsa‐<br />
mente statico”, “asciutto”, “rigoroso”, “poetico”, “sociale”, “civile”, “ar‐
Il mestiere del critico 27<br />
rembante in senso sentimentale”, “sincero e commovente”, “autentico”,<br />
“intelligente”, “in stile”, “elaborato” “grezzo”, “drammatico”, “comi‐<br />
co?”, “duro”, “emozionato”, “emozionante”, libero”, “casual”, “arric‐<br />
chente” “educativo”, “un bellissimo lavoro <strong>di</strong> gruppo”, dallo “stile dut‐<br />
tile e versatile” (“che quasi non si vede, ma si sente eccome”), un “capo‐<br />
lavoro annunciato”, un “capolavoro”, “il capolavoro <strong>di</strong> Amelio”, “forse<br />
il più bello” dell’autore, “un gran bel film”, “il più bel film della stagio‐<br />
ne”, “forse il più importante dei nostri ultimi anni”, un film (per la nota<br />
ragione) che “colpisce al cuore”, quin<strong>di</strong> “da non perdere “, “un po’ o<br />
molto ruffiano?”, “compromissorio?”, fra “realtà crudele”, e “castità <strong>di</strong><br />
sguardo”, <strong>di</strong> “spessore drammatico” e “colori niti<strong>di</strong>”, un film “turco”,<br />
un film “maghrebino”, un’educazione sentimentale alla felicità”, ed in<br />
conclusione “una sorta <strong>di</strong> Messia, il vero Messia, dopo tanti falsi Mes‐<br />
sia”... Come Gesù, insomma.<br />
C’è da stare in pensiero? Non <strong>di</strong>rei. Anche perché Amelio mi sembra<br />
avere notevoli capacità autocritiche, ed una istintiva tendenza<br />
all’autoironia (aggiungessi “<strong>di</strong> stampo socratico”, mi manderebbe giu‐<br />
stamente a farmi strafottere): <strong>di</strong> modo che egli regge benissimo, senza<br />
esserne sopraffatto, la serie delle etichette del tipo “affabulatore neorea‐<br />
lista con o senza alibi”, “viandante né sociologistico nè psicologistico”,<br />
“artista che trasmette ipotesi attraverso certezze”, visionario dagli occhi<br />
“forti e delicati, teneri e luci<strong>di</strong>, equanimi e imperturbabili”; manovratore<br />
dalla mano “ferma e sobria, audace e carezzevole, flessibile ed esatta”;<br />
cineasta “che non cita ma persegue un suo originale, tenacissimo senti‐<br />
mento delle cose, della storia, della natura” e che “insomma, è democra‐<br />
tico perché colpisce al cuore”; autore <strong>di</strong> un cinema indubitabilmente “ci‐<br />
vile e nel contempo morale”; “corrispondente <strong>di</strong> una guerra in tempo <strong>di</strong><br />
pace, la più pericolosa”; e dunque “forse già uno dei maestri del nostro<br />
cinema”, l’“Omero” una O<strong>di</strong>ssea o “mini‐o<strong>di</strong>ssea” del giorno d’oggi; il<br />
cantore <strong>di</strong> un viaggio e non è solo “verso il Sud”, “nella cultura popola‐<br />
re”, “nella desolazione nell’emarginazione dell’Italia”, “un Paese fati‐<br />
scente e degradato”, “nel paesaggio meri<strong>di</strong>onale” ecc.<br />
Ma che è anche e soprattutto un viaggio “nella profon<strong>di</strong>tà e comples‐<br />
sità dei sentimenti”, un viaggio nel “deterioramento morale e<br />
nell’in<strong>di</strong>fferenza”, il viaggio come “pretesto”, come “simbolo <strong>di</strong> cono‐<br />
scenza”, come un “on the road più mentale che fisico, dove ognuno impa‐<br />
rerà, o si illuderà, che ci può essere altro modo <strong>di</strong> stare con la gente e che<br />
in un attimo, si possono gettare le proprie convinzioni alle spalle”.<br />
In quest’ottica, si capisce com’è che anche senza tirare in ballo Dante<br />
e Caronte, Virgilio e Beatrice, l’itinerario guar<strong>di</strong> oltretutto l”’autenticità
28<br />
Parte prima – Capitolo quarto<br />
del cinema”, e che riferimenti d’obbligo sia quin<strong>di</strong> il Viaggio in Italia <strong>di</strong><br />
Rossellini, l’Atalante <strong>di</strong> Vigo, La joven <strong>di</strong> Buñuel ecc.: dopo avere, com’è<br />
giusto, stabilire l’importanza autogenetica, imme<strong>di</strong>ata esplicita, <strong>di</strong> un<br />
film come La fine del gioco, che è per l’appunto il primo <strong>di</strong> cui Amelio ab‐<br />
bia firmato la regia, e che s’incentra su un viaggio in treno, su un piccolo<br />
correggendo, sulla reciproca ricerca del “padre” e del “figlio” ecc.<br />
Senonché, il <strong>di</strong>scorso si complica se da un lato ti vengono a ricordare<br />
con riferimenti generici a monte il Rossellini <strong>di</strong> Paisà, il Germi <strong>di</strong> Il cam‐<br />
mino della speranza ed il Monicelli <strong>di</strong> Totò e Carmelina; e da un altro lato ti<br />
trovi a ripensare (con Tullio Kezich) al Visconti Rocco e i suoi fratelli per il<br />
prologo, Fellini <strong>di</strong> La strada per il personaggio della bambina ritardata,<br />
all’Antonioni L’avventura per la piazza barocca Noto, al Pasolini dei<br />
primi film per l’emarginazione <strong>di</strong> una certa Italia, De Sica <strong>di</strong> Ladri <strong>di</strong> bici‐<br />
clette per la fragilità del pretesto, e così via <strong>di</strong> seguito, fino ad arrivare,<br />
più facilmente, alla serie delle autocitazioni interne alla stessa filmogra‐<br />
fia <strong>di</strong> Amelio sia come ti <strong>di</strong>cevo da La fine del gioco (1970); sia da La città<br />
del sole (1973), da Bertolucci secondo il cinema (1976) da La morte al lavoro<br />
(1978), da Effetti speciali (1978) da Il piccolo Archimede (1979), da Colpire al<br />
cuore (1982), da I velieri (1983), da I ragazzi <strong>di</strong> via Panisperna (1988), da Por‐<br />
te aperte (1990)... La organicità dei riferimenti puntuali da un film<br />
all’altro, in Amelio, è in realtà evidente.<br />
Eccoti la ragione per cui, mio caro spettatore del Ladro <strong>di</strong> bambini,<br />
questa mia <strong>di</strong> adesso — più che una lettera, o se vogliamo anche un re‐<br />
soconto quasi <strong>di</strong>aristico del film — è già un’altra cosa. Una cosa, che non<br />
sono io soltanto ad inviarti da San Pietro. Sebbene sia materialmente io a<br />
mettere nero su bianco; ma che ti scriviamo un po’ tutti quanti noi, i 600<br />
abitanti del paese, e con un intento molto preciso: col proposito, cioè, <strong>di</strong><br />
sfidare il tempo e lo spazio, e le solite regole della convenienza letteraria<br />
(ed epistolare), avendo ad<strong>di</strong>rittura la presunzione <strong>di</strong> scrivere sì una re‐<br />
censione in<strong>di</strong>viduale‐collettiva <strong>di</strong> uno splen<strong>di</strong>do film; ma, come si con‐<br />
viene ad un’opera che è riuscita a mettere in moto una gran macchina<br />
organizzativa e molti cervelli <strong>di</strong> critici, <strong>di</strong> giornalisti, <strong>di</strong> pubblicitari ecc.<br />
In altri termini, non soltanto questo o quello, ma tutti quanti coloro che<br />
sono intervenuti fin qui <strong>di</strong>ventano per bocca nostra gli autori <strong>di</strong> un dos‐<br />
sier progressivo <strong>di</strong> idee più o meno attinenti, più o meno originali, più o<br />
meno riproponibili, cosicché a noi del tuo paese, ed a me, non tocca <strong>di</strong><br />
fare altro che rinvenire e mettere a fuoco i termini della suddetta lettura<br />
testuale e <strong>di</strong> contesto. Ci spetta <strong>di</strong> far da notai in un certo senso, <strong>di</strong> <strong>di</strong>rit‐<br />
to; ma ne abbiamo anche il dovere. Della Lettera da San Pietro ad uno spet‐<br />
tatore che non ha tra<strong>di</strong>to noi vogliamo, dobbiamo, essere al tempo stesso
Il mestiere del critico 29<br />
gli autori e gli e<strong>di</strong>tori (senza <strong>di</strong>menticare il dato economico‐finanziario<br />
essenziale che Il ladro <strong>di</strong> bambini, mentre ancora era a Cannes, è stato ac‐<br />
quistato da 32 Paesi “esclusi gli Usa”; e che in Italia, ora che i Paesi ac‐<br />
quirenti sono arrivati a 40, si avvia a battere in popolarità Jonny Stecchino<br />
e Hook, capitano uncino). Spetta a noi l’onore e l’onere del work in progress,<br />
che da instant book sappia farsi best seller; a noi la fatica ed il piacere della<br />
realizzazione del progetto e della costruzione del miglior strumento per<br />
una lettura critica <strong>di</strong> massa del film <strong>di</strong> Nino Amelio; a noi il compito <strong>di</strong><br />
non rimanere estranei, non solo nella facciata ma anche nella sostanza, al<br />
<strong>di</strong>alogo che si è svolto e si continua a svolgere tra chi <strong>di</strong> cinema si inten‐<br />
de e chi al cinema ci va con la voglia <strong>di</strong> capire. A me, quin<strong>di</strong>, la funzione<br />
<strong>di</strong> render pubblica con la massima tempestività (però comunque in ri‐<br />
tardo, anche se può sembrare in anticipo) la recensione del libro che<br />
stiamo scrivendo; e che già si configura come un’opera <strong>di</strong> un certo im‐<br />
pegno, <strong>di</strong> circa trecento pagine, <strong>di</strong>stribuite in trentacinque capitoli, a loro<br />
volta or<strong>di</strong>nati in cinque parti.<br />
Nella “Premessa” al volume sono poi descritti i criteri ed i limiti del<br />
dossier; mentre una “Conclusione provvisoria” offre soprattutto le linee<br />
<strong>di</strong> sviluppo <strong>di</strong> un’indagine critica ulteriore su tutta l’opera <strong>di</strong> Amelio. In<br />
chiusura, c’è quin<strong>di</strong> una filmografia ed una bibliografiaemerografia ita‐<br />
liana e straniera <strong>di</strong>/sull’autore del Ladro <strong>di</strong> bambini; e, quasi, in appen<strong>di</strong>‐<br />
ce, una tavola con “Le cifre del film” (costi e ricavi; luoghi e locali <strong>di</strong> cir‐<br />
colazione‐proiezione; giorni <strong>di</strong> programmazione; quantità degli spetta‐<br />
tori; numero delle stellette <strong>di</strong> valutazione nei <strong>di</strong>versi contesti, e relativi<br />
confronti ecc.). In quarta <strong>di</strong> copertina, da ultimo, una quin<strong>di</strong>cina <strong>di</strong> righe<br />
chiarificatrici della complessiva proposta e<strong>di</strong>toriale (vi si rende conto, tra<br />
l’altro, del perché del titolo Lettera da San Pietro ad uno spettatore che non<br />
ha tra<strong>di</strong>to, e del suo ascendente volutamente zavattiniano, giacché ri‐<br />
prende la celebre Lettera da Cuba ad una donna che ha tra<strong>di</strong>to); mentre sullo<br />
sfondo, quasi in filigrana e ad illustrazione della stessa copertina, risulta<br />
leggibile l’intero in<strong>di</strong>ce degli argomenti del libro. Che è dunque il se‐<br />
guente:<br />
Premessa<br />
I. Alle origini del Ladro <strong>di</strong> bambini<br />
1. Tra spunti <strong>di</strong> cronaca e appunti <strong>di</strong> storia. 2. Autobiografia <strong>di</strong><br />
un’idea. 3. Tutto il mondo è paese. 4. Dalla moralità delle emozioni alle<br />
emozioni della moralità. 5. Il film come fonte. 6. La forza <strong>di</strong> uno sguar‐<br />
do. 7. Una scuola <strong>di</strong> cinema.
30<br />
Parte prima – Capitolo quarto<br />
II. Le “storie”e la “Storia”<br />
1. Di viaggio in viaggio. 2. Il “ladro <strong>di</strong> emozioni”. 3. I bambini come<br />
metafora. 4. Il Sud come “relativo‐assoluto”. 5. Umorismo a prova <strong>di</strong> ca‐<br />
rabiniere. 6. Una chiesa “marocca”. 7. Una <strong>di</strong>dattica del visivo.<br />
III. Testi, contesti, pretesti<br />
1. Transazioni <strong>di</strong> stile (e <strong>di</strong> contenuto). 2. Il vecchio e il nuovo neorea‐<br />
lismo. 3. Una critica dell’ideologia italiana. 4. L”’aria del tempo”. 5. L’i‐<br />
percomplessità dei contenuti (e dello stile). 6. Il cinema‐sottrazione. 7. La<br />
regia come educazione.<br />
IV. La formazione <strong>di</strong> un giu<strong>di</strong>zio<br />
1. Il “capolavoro annunciato”. 2. Il tira e molla dei giornali. 3. Miraco‐<br />
lostica cinematografica. 4. Il gioco delle opinioni <strong>di</strong> “valore”. 5. Il cinema<br />
italiano salvato. 6. Spectator in fabula. 7. L’antipedagogia <strong>di</strong> un film “pe‐<br />
dagogico”.<br />
V. Problemi <strong>di</strong> interpretazione.<br />
1. I nipotini <strong>di</strong> Rocco. 2. Un ladro <strong>di</strong> biciclette, per bambini? 3. Il<br />
“comico” <strong>di</strong> un dramma all’italiana. 4. Etica e giuri<strong>di</strong>ca d’intrattenimen‐<br />
to. 5. Una critica del “senso comune”. 6. Il muro, la morte. La <strong>di</strong>‐<br />
scussione sul finale. 7. I bambini ci recitano, Zavattini docet.<br />
Fin qui il libro, e i suoi in<strong>di</strong>catori <strong>di</strong> massima. Quanto al merito, è suf‐<br />
ficiente sottolineare, in questa sede, l’effettiva singolarità del saggio e la<br />
sua funzione per così <strong>di</strong>re propedeutica, tra ricostruzioni d’insieme e i‐<br />
potesi <strong>di</strong> lettura critica. Basti a tal proposito sottolineare il taglio genetico<br />
della narrazione (dagli elementi <strong>di</strong> una formazione <strong>di</strong> idee alla storiciz‐<br />
zazione dell’immagine); ed il carattere decisamente istruttorio, procedu‐<br />
rale, quasi maieutico, dell’esposizione. Non è un caso, del resto, che le<br />
esemplificazioni <strong>di</strong> tipo <strong>di</strong>dattico in un po’ tutta la Lettera siano frequen‐<br />
ti; e che l’ultimo capitolo <strong>di</strong> ciascuna “parte” del libro abbia proprio una<br />
valenza educativa, pedagogica, esplicita. Una caratteristica, quest’ ulti‐<br />
ma, che se rimanda alla <strong>di</strong>mensione biografica come motivo <strong>di</strong> riflessio‐<br />
ne e d’immaginazione visiva, consente tanto <strong>di</strong> essere opportunamente<br />
introdotti nella principale, forse, delle tematiche <strong>di</strong> Amelio (il rapporto<br />
adulti/bambini, padri/figli, e viceversa); quanto <strong>di</strong> cogliere la vasta<br />
gamma degli “appren<strong>di</strong>menti”/”insegnamenti” <strong>di</strong> cui Il ladro <strong>di</strong> bambini,<br />
come tutta quanta la precedente cinematografia ameliana (e parrebbe
Il mestiere del critico 31<br />
pure quella in arrivo, con il mercante e Lamerica) offre ampia testimo‐<br />
nianza. Basti ricordare il rilievo <strong>di</strong> certe notazioni “scolastiche”<br />
nell’istituto <strong>di</strong> Civitavecchia o durante la festa <strong>di</strong> prima comunione in<br />
Calabria, per rendersene conto subito; ma assai più efficaci risultano (e il<br />
libro <strong>di</strong> cui parlo ha il merito <strong>di</strong> documentarlo assai chiaramente) le usci‐<br />
te dello stesso Amelio “maestro” ed appren<strong>di</strong>sta stregone” in alcune del‐<br />
le interviste rilasciate sul suo Ladro 41.<br />
Ma esempi potrebbero essere a questo proposito anche più numerosi:<br />
come provano le sottolineature <strong>di</strong> qualche critico a cominciare dalla<br />
Tornabuoni, pur recepite nelle ricche note a piè <strong>di</strong> pagina alcuni capitoli<br />
della Lettera da San Pietro, e dunque nella bibliografia‐emerografia cui<br />
esse rimandano.<br />
Il libro pertanto risulta complessivamente assai stimolante, ed una<br />
“base (come si <strong>di</strong>ce) per una gamma assai vasta <strong>di</strong> ricerche pedagogiche<br />
a margine del film, e sull’opera del regista nell’insieme. Occorrerà tutta‐<br />
via, qui in paese, ottenere al più presto una copia del Ladro bambini e de‐<br />
gli altri lavori <strong>di</strong> Nino, perché tutti i Sanpietresi siano messi in grado <strong>di</strong><br />
vedere e rivedere magari su un lenzuolo come schermo, in piazza, la sto‐<br />
ria <strong>di</strong> Chiriano Antonio (il carabiniere) e Rosetta e Luciano (i due bam‐<br />
bini protagonisti); ma soprattutto sarà necessario un locale <strong>di</strong> proiezio‐<br />
ne, un cinematografo, un luogo dove <strong>di</strong>battere il film dunque quel cinema<br />
che ci è negato sempre.<br />
Di qui pure ha ragione <strong>di</strong> questa lettera a te, carissimo spettatore che<br />
non hai tra<strong>di</strong>to, nell’ipotesi che tu possa fare qualcosa <strong>di</strong> utile nel senso<br />
suddetto. Non siamo noi, noi calabresi, che innanzitutto dobbiamo<br />
muoverci, come del resto non fa che <strong>di</strong>rci e ri<strong>di</strong>rci lo stesso Amelio con le<br />
parole, quasi quasi, <strong>di</strong> un Gramshi. Ed a questo proposito bene hanno<br />
fatto gli autori della Lettera da San Pietro a raccogliere (soprattutto nella<br />
Parte prima, sulle “origini”del Ladro <strong>di</strong> bambini una serie <strong>di</strong> luoghi <strong>di</strong>alo‐<br />
gici alti in cui il regista, a chi lo intervista, non fa che ban<strong>di</strong>re il suo pun‐<br />
to <strong>di</strong> vista: cfr. quin<strong>di</strong> tra le citazioni più significative, le due vere e pro‐<br />
prie “chicche” che in tal senso rappresentano i bei servizi <strong>di</strong> Torino Seco‐<br />
li, Rinascita e sviluppo non possono essere delegati agli altri, in Paese set 21<br />
agosto 1980; e <strong>di</strong> Pietro Pisarra, ragioni del cuore ma senza nostalgia, Città‐<br />
Calabria, agosto 1983, pp. 69‐’(dove tra l’altro è il primo annunzio, <strong>di</strong>eci<br />
anni fa, del film che qui ci interessa: “La notizia è questa: nel suo pros‐<br />
simo film la Calabria e il Sud saranno al centro del racconto”). I concetti<br />
espressi in siffatte lontane uscite in pubblico li ritroviamo ora, variamen‐<br />
41 Cfr. per es. quella ad A.M. MORI su «la Repubblica» del 5 gennaio 1991.
32<br />
Parte prima – Capitolo quarto<br />
te approfon<strong>di</strong>ti e torniti, in una quantità <strong>di</strong> interventi giornalistici sul La‐<br />
dro <strong>di</strong> bambini, dal 25 gennaio ‘91 ad oggi; e costituiscono per cosi <strong>di</strong>re la<br />
trama ideologica paradossale (un ossimoro poetico?) dell’anti‐<br />
meri<strong>di</strong>onalismo meri<strong>di</strong>onalistico <strong>di</strong> Amelio: un’etichetta forse non del<br />
tutto felice, ma sulla quale dovremmo sul serio riflettere, qui a San Pie‐<br />
tro e nel Sud in genere (magari alla luce degli scritti <strong>di</strong> Antonio Gramsci<br />
sulla “questione meri<strong>di</strong>onale”, <strong>di</strong> prima e <strong>di</strong> dopo il ‘26). Ma non è anco‐<br />
ra tutto. Il “tra<strong>di</strong>mento” dello spettatore comincia quando la critica ab‐<br />
bandona; quando lo stesso spettatore — una volta visto un film come Il<br />
ladro <strong>di</strong> bambini — non viene stimolato a pensare il modo <strong>di</strong> sollecitare<br />
gli altri a pensare. Se il cerchio si chiude è finita. Ciò che più conta sono i<br />
problemi, le domande, gli interrogativi: e la Lettera da San Pietro è<br />
tutt’altro che avara in tal senso. Invita anzi chi la legge, te in primo luo‐<br />
go, spettatore che ne sei il destinatario più <strong>di</strong>retto, ad una precisa ricerca<br />
in questa <strong>di</strong>rezione, nella <strong>di</strong>rezione per l’appunto dei problemi, delle<br />
domande, degli interrogativi. Ho voluto quin<strong>di</strong> fare la prova a leggere<br />
una volta <strong>di</strong> più le pagine del libro, alla luce <strong>di</strong> questa ipotesi: e, ben ol‐<br />
tre le questioni su questioni racchiuse nei trentacinque capitoli del volu‐<br />
me, anche <strong>di</strong> nuove se ne affacciano allo spettatore‐lettore; sicché è pro‐<br />
prio alla presenza <strong>di</strong> siffatta ulteriorità euristica, che si può misurare e<br />
valutare sia il peso ed il significato <strong>di</strong> un film come Il ladro <strong>di</strong> bambini, sia<br />
l’utilità effettiva <strong>di</strong> un dossier come questo della Lettera <strong>di</strong> cui continuo a<br />
parlarti.<br />
In altre parole (e gli esempi qui appresso addotti non esauriscono cer‐<br />
tamente il campo dell’indagine questionaria in ipotesi), mi chiedo, e ti<br />
chiedo: se nel primo capitolo del Libro “Tra spunti <strong>di</strong> cronaca e appunti<br />
<strong>di</strong> storia” si analizza in particolare il motivo occasionale della spinta a<br />
“vedere” e a fare il film, cioè il “dato” <strong>di</strong> quella “fotografia della nostra<br />
vergogna” (la foto <strong>di</strong> un paio d’anni fa apparsa su un giornale, del cara‐<br />
biniere in borghese con la piccola prostituta presi <strong>di</strong> spalle), non siamo<br />
ancora in questo caso — come in Colpire al cuore ( con il terrorismo), in I<br />
ragazzi <strong>di</strong> via Panisperna (il nucleare), in Porte aperte (la pena <strong>di</strong> morte) —<br />
in presenza <strong>di</strong> un pretesto, <strong>di</strong> un contenuto, <strong>di</strong> un <strong>di</strong>scorso in qualche misu‐<br />
ra “a tesi”? Niente <strong>di</strong> male, naturalmente; ma perché invocare, come è<br />
stato fatto dallo stesso Amelio, lo “stato <strong>di</strong> grazia” romantico e mistico,<br />
la de‐ideologizzazione dell’intento, la purezza ed assolutezza del lato<br />
emozionale dell’approccio al reale? Hanno fatto bene o hanno fatto ma‐<br />
le, gli autori <strong>di</strong> Lettera da San Pietro ad uno spettatore che non ha tra<strong>di</strong>to a<br />
rinvenire quella memorabile foto del febbraio dell’89, e a riproporla ad<br />
illustrazione del testo?
Il mestiere del critico 33<br />
E su un altro piano, a livello <strong>di</strong> contesto (cfr. quin<strong>di</strong>, in particolare,<br />
tutta la terza parte del libro dal titolo Testi, contesti, pretesti): ha un qual‐<br />
che senso storico‐culturale e critico‐metodologico l’aver de<strong>di</strong>cato un cer‐<br />
to spazio ad un confronto “<strong>di</strong> contenuto” tra Il ladro <strong>di</strong> bambini e Le voleur<br />
d’enfants “Il ladro <strong>di</strong> ragazzi” <strong>di</strong> Christian de Chalonge (ma ve<strong>di</strong> il ro‐<br />
manzo omonimo <strong>di</strong> Jules Supervielle, uscito a Parigi da Gallimard e tra‐<br />
dotto in italiano da C. Pellicanò, nel ‘92, nei tipi dell’e<strong>di</strong>tore romano<br />
Corso)? Non sarebbe stato anche opportuno, visto che <strong>di</strong> collegamenti <strong>di</strong><br />
idee pur sempre si tratta <strong>di</strong> mettere in relazione — già nella Lettera da<br />
San Pietro — l’uscita del film <strong>di</strong> Amelio e l’entrata in circolazione, a li‐<br />
vello culturale <strong>di</strong> massa sul terreno dei mass me<strong>di</strong>a, <strong>di</strong> espressioni del<br />
tipo “l’infanzia rubata”, “guerra ladra <strong>di</strong> bambini”, “carabinieri e ladri<br />
<strong>di</strong> etruschi”, “burattini ladri <strong>di</strong> sentimenti”, “ladri <strong>di</strong> futuro ? (Ma c’è un<br />
film <strong>di</strong> Enzo De Caro, Ladri <strong>di</strong> futuro appunto, del ‘90, che si sovrappone<br />
a sua volta).<br />
Fino a che punto, poi, è da mettere in relazione sul piano della pre‐<br />
veggenza <strong>di</strong>alettica dell’artista, della sua forza d’urto tra immaginazione<br />
poetica e critica del reale, il “furto” raccontato in Il ladro <strong>di</strong> bambini e<br />
l’exploit <strong>di</strong> Tangentopoli ‘92, il rapimento vero (con tanto dettaglio<br />
d’orecchio) <strong>di</strong> Faruk in Sardegna, e la storia <strong>di</strong> quel ladro che — proprio<br />
nei giorni <strong>di</strong> Cannes — ha deciso <strong>di</strong> autopunirsi, qui in Calabria, sotto‐<br />
ponendo la propria colpevole mano a supplizio sotto le ruote <strong>di</strong> un treno<br />
giustiziere? C’entra o no, in ultima analisi, con la specificità emotiva ed<br />
immaginativa del film, la “gran festa” ad Amelio e a tutto il cast del La‐<br />
dro dal 1° all’8 agosto a Giffoni? («Caccia ai ladri <strong>di</strong> bambini: da<br />
quest’anno il Giffoni Film Festival si è dato un impegno in più. Ogni se‐<br />
ra, nella piazza del paese che da 22 anni ospita serate e proiezioni, si par‐<br />
lerà della violenza, dei soprusi, dei danni che i ragazzi subiscono dalla<br />
società e dai mass me<strong>di</strong>a governati dagli adulti») 42 .<br />
D’altra parte, non è casuale che in due capitoli tra <strong>di</strong> loro strettamente<br />
connessi (Una critica dell’ideologia italiana e L’aria del tempo, sempre nella<br />
terza parte del libro), si considerino <strong>di</strong>ciamo pure le due facce dello stes‐<br />
so problema: <strong>di</strong>stanza dalle “cose” o aderenza alle “cose”? Amore dei<br />
personaggi, della situazione, della storia raccontata fino al punto che i<br />
personaggi, la situazione, la storia arrivino saldamente e perfino con<br />
forza a prendere la mano; oppure costruzione sapiente, preor<strong>di</strong>nata, <strong>di</strong>‐<br />
retta a produrre determinati effetti ed affetti, una pietas trasversale, un<br />
42 Così G. PEIRCE, A Giffoni contro i ladri <strong>di</strong> bambini, in «la Repubblica», 18 luglio<br />
1992.
34<br />
Parte prima – Capitolo quarto<br />
unanimismo e<strong>di</strong>ficante? C’è un “senso comune” che agisce, nel film,<br />
quasi per cause seconde, una sorta <strong>di</strong> provvidenzialismo cinematografi‐<br />
co o <strong>di</strong> astuzia della ragion visiva, che prevarica sulle migliori intenzioni<br />
del miglior Amelio; oppure la “novità” consiste proprio nella grande,<br />
gran<strong>di</strong>ssima abilità dell’équipe (regista in testa, ma anche sceneggiatori,<br />
attori, musicista e fotografo, ecc.) a costruire con e magari contro lo spet‐<br />
tatore un altro e <strong>di</strong>verso “buon senso”, una razionalità e quasi una reli‐<br />
giosità alternative, una sorta <strong>di</strong> real‐utopia decisamente oppositiva, con‐<br />
testativa, sostitutiva del quadro ideologico esistente?<br />
Non è facile certamente rispondere a queste domande: e se pure<br />
l’autore/gli autori Lettera da San Pietro ad uno spettatore che non ha tra<strong>di</strong>to,<br />
come possono, ci provano, non sono pochi tuttavia gli elementi che ri‐<br />
mangono nei <strong>di</strong>versi capitoli in ombra. Basterebbe per un attimo riflette‐<br />
re su quanto scrivono per es. a proposito del “cinema sottrazione”, del<br />
“capolavoro annunciato”, dello “spectator in fabula”, della “comme<strong>di</strong>a<br />
all’italiana” come presupposto del “dramma”, del “senso comune”, e del‐<br />
la “<strong>di</strong>scussione sul finale”. Tutti temi e problemi <strong>di</strong> grande interesse, che<br />
andranno ripresi; e che toccherà ancora a noi <strong>di</strong> San Pietro Magisano <strong>di</strong>‐<br />
battere criticamente prima <strong>di</strong> chiunque altro. È, come si <strong>di</strong>ce (ma nel<br />
senso opposto a quello noto) Cosa nostra.<br />
Toccherà innanzitutto a te, fedelissimo amico mio, tenere elevato il<br />
tono della <strong>di</strong>scussione. Se è vero l’adagio già aristotelico Amicus Plato,<br />
sed magis amica veritas, (o se preferisci, Amicus Plato, amicus Socrates, sed<br />
praehonoranda veritas nella versione che ne fa Lutero in De servo arbitrio),<br />
è da qui che tu e noi dobbiamo partire per rendere sul serio omaggio al<br />
nostro conterraneo. Nino Amelio è troppo intelligente per non accettarci,<br />
magari ipercritici, come un regalo del Signore. Rechiamoci al cinema<br />
(anche se non, purtroppo, a San Pietro), a rivedere Il ladro <strong>di</strong> bambini; e<br />
poi facciamo in modo <strong>di</strong> riparlarne, con calma.<br />
Un caro saluto, dal tuo<br />
Nicola Siciliani de Cumis<br />
PS. Dimenticavo <strong>di</strong> <strong>di</strong>rti che La lettera da San Pietro contiene, fuori te‐<br />
sto, una quantità <strong>di</strong> splen<strong>di</strong>de illustrazioni (foto <strong>di</strong> scena dai film <strong>di</strong> A‐<br />
melio; immagini della vita del regista, <strong>di</strong> San Pietro, <strong>di</strong> Catanzaro, della<br />
Calabria montana e marina; riproduzioni <strong>di</strong> articoli <strong>di</strong> giornali, <strong>di</strong> coper‐<br />
tine <strong>di</strong> riviste e <strong>di</strong> libri significativi nella formazione ameliana, manifesti<br />
cinematografici; spartiti musicali; volti <strong>di</strong> attori; pagine <strong>di</strong> fotoromanzi;<br />
cartoline illustrate da un po’ tutte le parti del mondo; documenti <strong>di</strong> vario<br />
tipo, dal certificato <strong>di</strong> nascita al primo passaporto, dalla pagella della
Il mestiere del critico 35<br />
maturità il libretto universitario, dai primi contratti <strong>di</strong> lavoro agli ultimi,<br />
per exempla; e perfino manoscritti <strong>di</strong> lettere, selezionati con cura sul te‐<br />
ma dell’itinerario intellettuale ed artistico del cineasta).<br />
Molto utile è ancora l’in<strong>di</strong>ce dei nomi e dei film: anche se, per<br />
quest’ultima parte, tenendo anche conto dell’Amelio cinéfilo e intatti e‐<br />
norme il numero <strong>di</strong> videocassette che possiede), si sarebbe potuto cer‐<br />
tamente fare meglio — fino a ricostruire, per questa strada, la rete fittis‐<br />
sima delle citazioni omaggio che Il ladro <strong>di</strong> bambini contiene come con<strong>di</strong>‐<br />
zione (<strong>di</strong>resti) della sua originalità ed imme<strong>di</strong>atezza stilistica. Una cosa<br />
che manca al libro, infine (ma si potrà riparare alla seconda e<strong>di</strong>zione), è<br />
un in<strong>di</strong>ce dei temi ricorrenti nella Lettera: il che sarebbe valso, soprattut‐<br />
to, a sottolineare la compattezza e l’interna coerenza del testo collettivo;<br />
e plurivocità e lo spessore <strong>di</strong>alettico della critica, <strong>di</strong> cui il dossier si so‐<br />
stanzia. Tanto per esemplificare ed a titolo <strong>di</strong> semplice promemoria,<br />
traggo dalle mie schede <strong>di</strong> lettura quanto mi risulta in proposito e ti pas‐<br />
so il tutto, avvertendoti però che si potrà certamente fare meglio alla lu‐<br />
ce <strong>di</strong> una ulteriore rilettura dell’opera.<br />
I temi più spesso ricorrenti nella Lettera da San Pietro ad un amico che<br />
non ha tra<strong>di</strong>to sono pertanto i seguenti: Abbraccio, Acqua, Adulti, Alibi,<br />
Ambientazione, America, Amicizia, Aria del tempo, Architettura, Attua‐<br />
lità, Attore, Autobiografia, Autore, Azione, Bambini, Barzellette, Berlino<br />
(Festival), Bontà, Calabria, Cannes (Festival) Capolavoro, Carabiniere,<br />
Catanzaro, Centro sperimentale <strong>di</strong> cinematografia, Cinema, Cinemato‐<br />
grafo, Colonna sonora, Colore, Comicità, Comme<strong>di</strong>a all‘italiana, Com‐<br />
mozione, Confronti, Contenuti, Contesto, Coscienza, Cose, Critica, Da‐<br />
vid <strong>di</strong> Donatello (Premio). Definizioni, Degrado, Didattica, Distribuzion‐<br />
e, Dio del cinema, Divismo, Documentarismo; Educazione, Educazione<br />
sentimentale, Emozioni; <strong>Famiglia</strong>, Familismo, Felicità, Filosofia, Filmo‐<br />
gra‐fia precedente, Finale, Fonti, Forma, Furto; Genesi, Gente, Giornali,<br />
Giornalisti, Giu<strong>di</strong>zi, Giuri<strong>di</strong>ca, Globi d’oro (Premio); Ideologia, Infanzia,<br />
Innocenza, Interessi, Interviste, Ironia, Italia; Lapsus, Lentezza, Lettere al<br />
<strong>di</strong>rettore, Letture, Libertà, Linguaggio; Metafore, Moralismo, Moralità,<br />
Musica; Narrazione, Neo‐neorealismo, Neorealismo, Nouvelle vague;<br />
O<strong>di</strong>ssea, Oscar (Premio); Pagelle <strong>di</strong> valutazione, Personaggi, Personalità,<br />
Poesia, Polemiche, Preannunzi, Premi, Presa <strong>di</strong>retta, Pretesti, Produzio‐<br />
ne, Progetto, Protesta, Prostituzione minorile, Provvidenzialismo, Psico‐<br />
logismo, Pubblicità, Pubblico; Qualità della vita, Questione femminile,<br />
Questione meri<strong>di</strong>onale, Quoti<strong>di</strong>anità; Rapporti, Realismo, Recitazione,<br />
Reggio Calabria, Registi, (De Sica, Rossellini, De Santis, Visconti, An‐<br />
tonioni Vigo, Fellini, Buñuel, Hitchcock, Germi, Pasolini, Bertolucci ecc.,
36<br />
Parte prima – Capitolo quarto<br />
oltre che Amelio stesso), Resistenza, Ringraziamenti, Riserve critiche,<br />
Riviste <strong>di</strong> cinema, Rivoluzione; San Pietro Magisano (Cz), Sceneggiatura,<br />
Scrittori (Banti, Čechov, Sciascia, Cerami, Consolo, Morante, Marotta,<br />
Zavattini, Porporati ecc.), Scrittura, Senso comune, Sentimenti, Sessuali‐<br />
tà, Sguardo, Silenzio, Società civile, Sociologismo, Soggetto cinematogra‐<br />
fico, Speranza, Specifico filmico, Spettatori, Stile, Storia, Successo; Tecni‐<br />
ca, Televisione; Umorismo, Utopia; Valori, Ven<strong>di</strong>ta del film all’estero,<br />
Viaggio, Videocassette, Vita; Zavattini.
Capitolo quinto<br />
Diario pedagogico per il ladro <strong>di</strong> bambini<br />
(e <strong>di</strong>ntorni) 43<br />
Roma, 15 settembre 1992. Vado in libreria, da Rinascita in Via delle<br />
Botteghe Oscure, e come faccio <strong>di</strong> solito, entro per prima cosa nella stan‐<br />
za dei perio<strong>di</strong>ci. Sosto <strong>di</strong> fronte alla parete delle riviste <strong>di</strong> cinema; ma<br />
non trovo, dalla fine <strong>di</strong> luglio, particolari novità sul Ladro <strong>di</strong> bambini. Un<br />
mese e mezzo fa, più o meno, ho consegnato un intervento sul film <strong>di</strong><br />
Gianni Amelio a «Cinema nuovo»; e mentre attendo che venga pubblica‐<br />
to, mi incuriosisce sapere delle cose uscite nel frattempo. In agosto men‐<br />
tre ero al mare, un po’ ho letto qualche pezzo che mi era stato dato pri‐<br />
ma <strong>di</strong> partire, a Roma (così, per esempio, il servizio <strong>di</strong> L. Ravera su «Ma‐<br />
rie Claire», luglio 1992, pp. 55‐58); un po’ ho fatto anch’io le mie brave<br />
scoperte (tipo l’articolo <strong>di</strong> A. Piccar<strong>di</strong>, Un autore al lavoro, su «Rockerilla»<br />
<strong>di</strong> luglio‐agosto pp. 48‐49; un po’ infine, ho continuato a seguire i quoti‐<br />
<strong>di</strong>ani, le programmazioni del film, qualche tar<strong>di</strong>va recensione, l’uso in‐<br />
<strong>di</strong>retto‐traslato‐metaforico dell’espressione “ladro <strong>di</strong> bambini” nei con‐<br />
testi più <strong>di</strong>versi, tutto il <strong>di</strong>scorso sulla XXII e<strong>di</strong>zione del Giffoni Film Fe‐<br />
stival (Marco D’Arcangeli è stato inviato da «Cinema nuovo» ad occu‐<br />
parsi della cosa, e scriverà un articolo in chiave pedagogica).<br />
Niente <strong>di</strong> strettamente cinematografico, dunque, che già non sappia;<br />
niente <strong>di</strong> nuovo, per il momento, sul Ladro <strong>di</strong> bambini. La sorpresa, inve‐<br />
ce, mi viene tutta da un’altra parte: dal bancone con le riviste degli E<strong>di</strong>‐<br />
tori Riuniti. Su «Riforma della scuola» <strong>di</strong> settembre infatti, appena usci‐<br />
ta, c’è un’intervista ad Amelio, dal titolo Ciak educazione, a cura della<br />
stessa Erica Ghini che firma poi, poco più sotto, una nota sul film. Da p.<br />
67 a p. 70, quin<strong>di</strong>, posso leggere qualcosa <strong>di</strong> molto interessante. In parti‐<br />
colare, la precisazione ameliana che segue mi fa riflettere un momento:<br />
Conosco «Riforma della scuola», non solo perché quando vado in li‐<br />
breria mi <strong>di</strong>rigo subito verso le riviste <strong>di</strong> carattere educativo e <strong>di</strong>dattico,<br />
ma anche perché mia zia era abbonata e riceveva la vostra rivista, che io<br />
sfogliavo con interesse.<br />
43 Titolo tratto da F. BRUGIAMOLINI, L. CAPELLI, S. GABELLI (a cura <strong>di</strong>), La fine del<br />
gioco. La rappresentazione dell’infanzia nel cinema <strong>di</strong> Gianni Amelio, Ancona, Assessora‐<br />
to Beni e Attività Culturali, 1993, pp. 41‐61.
38<br />
Parte prima – Capitolo quinto<br />
Mi ritorna in mente la signora Edda la “zia” in questione, maestra e‐<br />
lementare; e mi ricordo all’improvviso pure <strong>di</strong> quella volta che Gianni,<br />
andando ad incontrare Vittorio De Seta sui set <strong>di</strong> Un uomo a metà, nel ‘64,<br />
aveva con sé, come portafortuna, proprio un fascicolo <strong>di</strong> «Riforma»: per<br />
l’esattezza, quello del maggio 1964, per il XX Anniversario della Resi‐<br />
stenza (regalatogli da me, giacché dentro c’era una cosetta che mi inte‐<br />
ressava fargli leggere, su “educazione e con<strong>di</strong>zionamento sociale” e via<br />
<strong>di</strong>cendo).<br />
Compro la rivista, e vengo via. Chissà cos’altro avrà detto Gianni su<br />
cine ma e scuola. Ripenso al passato, a quello più lontano: e rivedo, qua‐<br />
si la vedessi ora, quella pagina del «Sentiero» (il giornalino del Liceo<br />
«Galluppi» <strong>di</strong> Catanzaro, si era nel 1961) con la recensione <strong>di</strong> Gianni su<br />
Il Brigante <strong>di</strong> Castellani accanto alla mia su Lettere <strong>di</strong> condannati a morte<br />
della Resistenza italiana, curate per Einau<strong>di</strong> da Piero Malvezzi e Giovanni<br />
Pirelli. Vecchi tempi. Quante cose sono cambiate da allora. Ma che cosa è<br />
cambiato davvero, da allora ad oggi (ai vari livelli)?<br />
17 settembre. Incontro Guido Aristarco. Tra l’altro, il <strong>di</strong>scorso cade<br />
sul Ladro <strong>di</strong> bambini e su Amelio. Guido ha delle riserve su quest’ultimo<br />
film. Io non ho ancora le idee del tutto chiare in proposito. Mi augurerei<br />
in particolare che Aristarco ne scrivesse. Lo farà?<br />
18 settembre. A San Pietroburgo (dove sono stato tre settimane, tra<br />
l’agosto e il settembre), nessuna delle persone con cui ho parlato del La‐<br />
dro <strong>di</strong> bambini conosceva Amelio. L’Italia cinematografica, a giu<strong>di</strong>care dai<br />
numerosi colloqui sul tema che ho potuto avere con questo o quest’altro<br />
personaggio, si riduce nell’imme<strong>di</strong>ato a Michele Placido e a la Piovra; e,<br />
risalendo via via più su nel tempo, a Marcello Mastroianni, Sofia Loren,<br />
Silvana Mangano, i film del neorealismo... Ci sono poi anche film <strong>di</strong> rus‐<br />
si su italiani, ma questo è un altro <strong>di</strong>scorso... Eppure Amelio dovrebbe<br />
piacere nell’ex URSS; e, quando uscirà Lamerica, potrà essere un utile ar‐<br />
gomento <strong>di</strong> <strong>di</strong>battito e <strong>di</strong> critica (anche <strong>di</strong> autocritica). Vedremo. In<strong>di</strong>‐<br />
menticabili, intanto, certi personaggi cecoviani <strong>di</strong> un film per la televi‐<br />
sione <strong>di</strong> qualche tempo fa... (Passeggeri, mi pare; ma potrei sbagliare).<br />
20 settembre. Non mi è riuscito ancora <strong>di</strong> leggere del tutto le pagine<br />
<strong>di</strong> «Riforma della scuola» de<strong>di</strong>cate a Gianni e al suo Ladro. Ci ho pensato<br />
varie volte in questi giorni, ma sono stato un po’ impicciato e non ho<br />
trovato la calma necessaria. In compenso, mettendo or<strong>di</strong>ne nelle carte e
Diario pedagogico per il ladro <strong>di</strong> bambini (e <strong>di</strong>ntorni) 39<br />
nei libri dell’estate (quelli che hanno viaggiato con me tra la Calabria,<br />
Roma e San Pietroburgo; e quelli che si sono ammassati a casa e<br />
all’Università, in mia assenza), ho tirato fuori una notevole documenta‐<br />
zione su Amelio e Giffoni Valle Piana. Peccato che Gorbačёv non sia po‐<br />
tuto venire in Italia a ritirare il Premio Truffaut: un film come Il ladro <strong>di</strong><br />
bambini dovrebbe interessarlo particolarmente. Chissà quando potranno<br />
vederlo a Mosca. Di Amelio, come ho già detto, in Russia non conoscono<br />
un tubo. Bisognerebbe darsi da fare in questa <strong>di</strong>rezione (Sta fermo, muori<br />
e resuscita <strong>di</strong> Kanevskij è molto piaciuto a Gianni; e non a caso. Che cosa<br />
<strong>di</strong>rebbero <strong>di</strong> un’opera come il Ladro, in un momento come questo, in un<br />
mondo come quello?).<br />
22 settembre. Parlo <strong>di</strong> Gianni, e del Ladro <strong>di</strong> bambini con alcuni amici e<br />
colleghi d’Università. Ne ho <strong>di</strong>scusso e continuo a <strong>di</strong>scuterne con Fabri‐<br />
zio Zangolini. Parlando con quest’ultimo, capisco meglio cose che da so‐<br />
lo ho appena intuito. La stessa cosa mi succede talvolta con Annamaria.<br />
Sul finale del Ladro <strong>di</strong> bambini abbiamo <strong>di</strong>scusso a lungo: e io sono arriva‐<br />
to alla conclusione che è proprio la querelle innescata da «La Stampa» la<br />
“vera” soluzione del problema: che cioè, in altri termini, è proprio nel<br />
finale (ambiguo, ambivalente) del film che si concentra la funzione<br />
maieutica della storia (tra <strong>di</strong>sperazione e speranza, tra rottura degli e‐<br />
quilibri ed e<strong>di</strong>ficazione). Il “<strong>di</strong>fetto” dell’opera tuttavia però rimane: e<br />
consiste, a mio parere, nella non‐scelta dell’autore; ovvero nella scelta <strong>di</strong><br />
non scegliere una delle due (o anche più?) soluzioni. In questo senso va<br />
intesa la <strong>di</strong>fesa <strong>di</strong> Amelio dell’attuale conclusione del racconto. Egli sa<br />
bene che il carabiniere, come personaggio “positivo” non dorme ma è<br />
morto nell’ automobile; che quel muro, in quella livida alba, consentirà <strong>di</strong><br />
integrare la battuta mammesca della bambina; e che penseranno i critici<br />
ad integrare la privatezza (anche come privazione) del messaggio... edu‐<br />
cativo (nel senso pure <strong>di</strong> educandato).<br />
24 settembre. Bella e commovente la risposta <strong>di</strong> Gianni ad Erica Ghi‐<br />
ni, nell’intervista su «Riforma» (alla domanda sui ricor<strong>di</strong> scuola):<br />
Io ho anche fatto l’insegnante, nei due anni successivi alla licenza liceale.<br />
Avevo 19 anni ed ero supplente: ho fatto un anno intero <strong>di</strong> supplenza in una<br />
scuola me<strong>di</strong>a e poi tre mesi in un liceo. Poi ho anche insegnato regia per quattro<br />
anni. Quando ero bambino non sapevo parlare italiano, perché anche alla scuola<br />
elementare si parlava in <strong>di</strong>aletto: era la scuola <strong>di</strong> paese. L’im‐patto più duro è<br />
stato quin<strong>di</strong> quello con la città (anche se <strong>di</strong>stava solo quaranta chilometri) per‐
40<br />
Parte prima – Capitolo quinto<br />
ché io ho dovuto imparare l’italiano. Il mio problema con i temi non era dovuto<br />
a mancanza <strong>di</strong> idee, ma alla maniera per <strong>di</strong>rle: capire a quale parola <strong>di</strong> <strong>di</strong>aletto<br />
corrispondesse un’altra in lingua italiana. Tant’è vero che poi, quando ho fatto<br />
l’insegnante alle me<strong>di</strong>e, io utilizzavo come base le parole in <strong>di</strong>aletto che i ragaz‐<br />
zi usavano nel quoti<strong>di</strong>ano e cercavamo poi le parole corrispondenti in italiano.<br />
Era una cosa che piaceva molto: insegnavo lettere in una seconda me<strong>di</strong>a, e loro<br />
amavano molto questo tipo <strong>di</strong> gioco e <strong>di</strong> ricerca. Anche nello stu<strong>di</strong>o della poesia<br />
cercavamo il vocabolo <strong>di</strong>alettale corrispondente a quella certa parola del Pasco‐<br />
li: abbiamo realizzato anche una ricerca molto bella sulle derivazioni.<br />
Come si è formata una certa parola? Anche nel mio film, c’è una parola che<br />
usavamo in Calabria da bambini: «mi spagnu». Vuol <strong>di</strong>re «ho paura» e deriva<br />
dalla dominazione spagnola, dall’arrivo degli spagnoli intorno al Seicento. A‐<br />
vrei voluto che questo tipo <strong>di</strong> insegnamento l’avessero proposto anche a me.<br />
Invece l’insegnamento dell’italiano a noi bambini <strong>di</strong> paese era imposto in modo<br />
autoritario, anche se gli insegnanti forse non se ne rendevano conto. La Calabria<br />
del dopoguerra era molto povera e non c’era nessun tipo <strong>di</strong> scambio, a parte la<br />
ra<strong>di</strong>o.<br />
Non c’era, come oggi, la televisione, che omogeneizza tutto: io vedevo rara‐<br />
mente il giornale, in mano a chi veniva dalla città una volta alla settimana. Noi<br />
vivevamo delle favole che ci raccontavano le donne anziane, del <strong>di</strong>aletto come<br />
lingua abituale, <strong>di</strong> letture legate soprattutto alle proposte del prete in chiesa 44 .<br />
Poi ancora una domanda, sempre <strong>di</strong> carattere scolastico; ed una ri‐<br />
sposta molto significativa (per ciò che mi riguarda, visto che avevamo<br />
gli stessi professori, posso solo <strong>di</strong>re che sono perfettamente d’accordo<br />
con Gianni: anche nella buona dose <strong>di</strong> <strong>di</strong>plomazia, che vien fuori dalle<br />
sue parole). E <strong>di</strong>fatti:<br />
D. Qualche figura <strong>di</strong> adulto che abbia particolarmente contato per la costru‐<br />
zione della sua personalità, soprattutto nel periodo dell’adolescenza?<br />
R. Hanno contato un po’ tutti, ma in realtà più che le figure sono i<br />
rapporti che contano. Ho avuto tanti insegnanti al liceo, perché si alter‐<br />
navano: la professoressa <strong>di</strong> matematica faceva un figlio all’anno, la pro‐<br />
fessoressa <strong>di</strong> storia dell’arte si ammalava <strong>di</strong> continuo, abbiamo cambiato<br />
44 Su Amelio a scuola, non solo in Calabria, e in vari sensi pedagogici, cfr. i miei<br />
contributi in Filologia, politica e <strong>di</strong>dattica del buon senso, Torino, Loescher, 1980, pp.<br />
137‐143, 159‐160 e passim; in «Scuola e Città», agosto 1983, pp. 356‐358, a proposito<br />
<strong>di</strong> Colpire al cuore; in E. GALIANO, “Vecchio Galluppi” un liceo, una città, Soveria Manel‐<br />
li (CZ), Rubbettino, 1991, pp. 313‐315.
Diario pedagogico per il ladro <strong>di</strong> bambini (e <strong>di</strong>ntorni) 41<br />
tre o quattro volte il professore <strong>di</strong> latino. Però chi mi ha formato è stato il<br />
mio professore <strong>di</strong> filosofia al liceo, proprio perché è riuscito a costruire<br />
un rapporto al <strong>di</strong> là del ruolo canonico. Cercava <strong>di</strong> costruire un <strong>di</strong>alogo,<br />
andando oltre il mero insegnamento. E ciò proprio nel momento in cui<br />
un adolescente ha maggiormente bisogno <strong>di</strong> un interlocutore adulto.<br />
Avevo anche un professore <strong>di</strong> greco straor<strong>di</strong>nario, dal quale non mi ri‐<br />
cordo <strong>di</strong> essere mai stato interrogato. Non interrogava quasi mai, non<br />
usava il registro, ma miracolosamente capiva quanto noi sapessimo <strong>di</strong><br />
greco guardandoci in faccia durante le spiegazioni. A volte più che in‐<br />
terrogare faceva una conversazione con qualcuno e la prendeva molto<br />
alla larga. Spesso ci sconcertava perché pensavamo che lui dovesse cor‐<br />
reggere soprattutto le versioni <strong>di</strong> greco, invece spaziava su letture e altri<br />
argomenti, così a noi veniva voglia <strong>di</strong> leggere per saperne <strong>di</strong> più. Gli al‐<br />
tri professori erano più scolastici. Se io un domani dovessi smettere <strong>di</strong><br />
fare il lavoro che faccio credo che riprenderei il mestiere <strong>di</strong> insegnante,<br />
senza rimpianti. Penso che sia il mestiere più <strong>di</strong>fficile che esista, però an‐<br />
che tra i più belli e gratificanti.<br />
Le successive domande, e le relative risposte (pedagogiche), sono tut‐<br />
te importanti; ma ben altre se ne potrebbero avere, dallo stesso punto <strong>di</strong><br />
vista educativo. In fondo, tutto il cinema <strong>di</strong> Gianni può essere letto in<br />
questa chiave. Come se avesse deciso <strong>di</strong> fare l’insegnante, l’uomo <strong>di</strong><br />
scuola, servendosi della macchina da presa, e vedendo e facendo vedere<br />
il mondo. Il suo mondo <strong>di</strong> rapporti, costitutivamente, pedagogici (e/o an‐<br />
tipedagogici: che è poi sempre un modo <strong>di</strong> intervenire nei processi edu‐<br />
cativi, formativi).<br />
26 settembre. Sul «Roma» <strong>di</strong> ieri, una lettera <strong>di</strong> Clau<strong>di</strong>o Gubitosi, <strong>di</strong>‐<br />
rettore artistico del Giffoni Film Festival. Una “lettera aperta” con una<br />
replica a Valerio Caprara, <strong>di</strong>rettore artistico degli Incontri del Cinema <strong>di</strong><br />
Sorrento (che aveva rilasciato una intervista un po’ polemica nei con‐<br />
fronti <strong>di</strong> Giffoni). Una guerra tra poveri, o tra ricchi, ovvero tra antichi<br />
ricchi e nuovi arricchiti? Pedagogicamente parlando la polemica giova sì<br />
e no: sarebbe utile se si gareggiasse in attività critica <strong>di</strong> base, con la par‐<br />
tecipazione effettiva <strong>di</strong> insegnanti e studenti. Intorno al Ladro <strong>di</strong> bambini,<br />
da questo punto d’osservazione, c’è stato meno interesse che per Colpire<br />
al cuore o I ragazzi <strong>di</strong> via Panisperna. Eppure la materia educativa c’è e<br />
come. Che Amelio e il produttore si siano dati poco da fare, in tal senso?<br />
Non posso crederlo. Che la scuola si sia tirata e si tiri fuori dalla <strong>di</strong>scus‐<br />
sione,in un momento <strong>di</strong> grave riflusso come questo, mi sembra più pro‐
42<br />
Parte prima – Capitolo quinto<br />
babile. In ogni caso, è l’opinione dei ragazzi italiani che mi manca, che<br />
vorrei conoscere. Il ladro <strong>di</strong> bambini ha bisogno più che mai del parere dei<br />
giovani <strong>di</strong> oggi: ha bisogno, nel senso proprio della “costitutività” <strong>di</strong> un<br />
siffatto parere, sui piano etico ed estetico, sui terreno cioè dell’in‐<br />
terpretazione, della circolazione e della traduzione del messaggio poeti‐<br />
co e morale. La politica dei nostri giorni e <strong>di</strong> quelli che verranno passa<br />
anche da esperienze del genere. La sezione del festival giffoniano Ladri<br />
<strong>di</strong> bambini (ispirata appunto al film <strong>di</strong> Amelio) è stata un’ottima idea.<br />
Un’idea isolata però, che andrebbe ripresa e potenziata (in un modo o<br />
nell’altro).<br />
28 settembre. All’Università viene a trovarmi una studentessa. Par‐<br />
liamo del Ladro <strong>di</strong> bambini e del cinema <strong>di</strong> Amelio. Concor<strong>di</strong>amo dei<br />
punti <strong>di</strong> vista, per una “tesina” <strong>di</strong> seconda annualità <strong>di</strong> Pedagogia. Mi<br />
avverte però che ha bisogno <strong>di</strong> tempo, perché si trova “in<strong>di</strong>etro” con gli<br />
esami. Che si rifarà vedere più in là. Va bene. Aspettiamo i risultati della<br />
ricerca. Per la bibliografia e per la filmografia, intanto, può bastare il<br />
quaderno <strong>di</strong> E. Soci e A. Maffettone, Gianni Amelio 45 .<br />
30 settembre. Ho fatto delle fotocopie del servizio (intervista più arti‐<br />
colo) <strong>di</strong> «Riforma della scuola» e le ho mandate a Giovanni Mastroianni<br />
e a Federico Procopio: i due professori, rispettivamente <strong>di</strong> Storia e Filo‐<br />
sofia e <strong>di</strong> Greco, ricordati con gratitu<strong>di</strong>ne da Gianni. Per Mastroianni,<br />
però il <strong>di</strong>scorso da fare sarebbe più complesso: io l’ho trovato annunzia‐<br />
to (magari sbaglio!) in <strong>di</strong>verse situazioni, nel cinema <strong>di</strong> Amelio: e non<br />
solo nei Ragazzi <strong>di</strong> via Panisperna (dove l’aggancio può essere più facile);<br />
pure invece in qualche passaggio <strong>di</strong> La fine del gioco e <strong>di</strong> La Città del Sole;<br />
e altrove. Dovrei rivedere tutta la produzione ameliana, per rispondere<br />
con precisione ad una domanda tanto delicata e <strong>di</strong>fficile: che rapporto<br />
c’è, insomma, tra le esperienze formative proprie <strong>di</strong> Amelio, e le espe‐<br />
rienze formative che egli rappresenta nel suo cinema? E più in generale,<br />
che relazione si stabilisce tra le fonti culturali <strong>di</strong> un cinema che produce<br />
cultura, e la fortuna culturale dell’opera, del prodotto appunto, <strong>di</strong> quel<br />
“cinema”?.<br />
5 ottobre. Qualcuno mi fa osservare che io scrivo quasi esclusivamen‐<br />
te <strong>di</strong> Amelio, trascurando altri (e magari altrettanto meritevoli) autori.<br />
45 E. SOCI E A. MAFFETTONE, Gianni Amelio, Venezia, Circuitocinema, s.d. (ma<br />
1991), <strong>di</strong> pp. 40.
Diario pedagogico per il ladro <strong>di</strong> bambini (e <strong>di</strong>ntorni) 43<br />
Rispondo così: intanto l’osservazione è fattualmente infondata, giacché<br />
da che collaboro a «Cinema nuovo» (dal 1987), mi sono occupato <strong>di</strong> va‐<br />
rie altre cose, che non sto qui ad elencare. In secondo luogo, io mi sento<br />
un critico cinematografico per così <strong>di</strong>re, in soprannumero: nel senso che,<br />
se vedo un film e ne tratto recensivamente, lo faccio sempre dall’interno<br />
<strong>di</strong> una mia esigenza conoscitiva e pratico‐politica, pedagogica per il me‐<br />
stiere che mi ritrovo, che mi obbliga a fare delle scelte <strong>di</strong> merito e <strong>di</strong> me‐<br />
todo. D’altro canto, non nego che la mia strada al cinema si chiami Ame‐<br />
lio; è vero che le mie esperienze filmiche più “culturali” passino attraver‐<br />
so questa e non un’altra opzione critica (ancora prima che espressiva);<br />
non c’è dubbio che sia stata inizialmente nel mio rapporto <strong>di</strong> amicizia<br />
con Gianni, la ragione stessa del privilegiamento della “forma d’arte”<br />
cinema sulle altre. Ed è tuttavia ovvio che dei giu<strong>di</strong>zi, che esprimo sui<br />
film <strong>di</strong> cui mi capita <strong>di</strong> <strong>di</strong>re, sia responsabile io e soltanto io (tutt’al più<br />
anche la rivista che mi ospita). A cominciare dal film <strong>di</strong> Amelio stesso.<br />
9 ottobre. Ho rivisto Il ladro <strong>di</strong> bambini. Regge, regge bene, alla secon‐<br />
da, alla terza (e <strong>di</strong>rei alla quarta, ma parziale) visione. Mi è venuta la vo‐<br />
glia <strong>di</strong> rivedere gli altri film precedenti <strong>di</strong> Amelio. In cassetta ci sono so‐<br />
lo Colpire al cuore, I ragazzi <strong>di</strong> via Panisperna e Porte aperte; e gli altri? Co‐<br />
me fare per gli altri? Elio Testoni, che possiede un videoregistratore da<br />
assai più tempo <strong>di</strong> me, per sua bontà, mi ha registrato qualcosa (I Velieri,<br />
Il piccolo Archimede). Così ha fatto mio nipote Andrea con altri titoli; ma<br />
mi mancano i film dei primi anni Settanta; e, poi, mi sarebbe necessario<br />
ritrovare ed esaminare pure gli altri materiali: i caroselli e i film cui A‐<br />
melio ha prestato la sua collaborazione variamente (da Un uomo a metà in<br />
giù), qualche fotoromanzo degli anni Settanta, gli sceneggiati televisivi,<br />
ecc.<br />
12 ottobre. Rileggendo per motivi professionali Le fonti <strong>di</strong> una scienza<br />
dell’educazione <strong>di</strong> John Dewey, ed occupandomi in questi giorni in parti‐<br />
colare del Socrate <strong>di</strong> Eugenio Garin (dall’interno del mio Laboratorio La‐<br />
briola), mi chiedo quali siano in effetti le fonti del cinema <strong>di</strong> Amelio. Tra<br />
“matrici culturali” e “matrici biologiche” occorrerà certamente fare delle<br />
<strong>di</strong>stinzioni “logiche”; ma sarà da qui, dal rapporto tra le due matrici in<br />
questione, che bisognerà partire. Inoltre, rimarrà da chiederci: che rela‐<br />
zione si è instaurata, formativamente parlando, tra le letture <strong>di</strong> Gianni<br />
(da quando era ragazzo a oggi) e il suo cinema? Quale contributo pro‐<br />
viene (<strong>di</strong>rettamente e/o in<strong>di</strong>rettamente) dalle riviste cinematografiche<br />
collezionate, recensite, memorizzate in tanti anni? E le migliaia <strong>di</strong> film
44<br />
Parte prima – Capitolo quinto<br />
visti e rivisti quanto e come hanno inciso nel farsi <strong>di</strong> un lessico, <strong>di</strong> un<br />
linguaggio, <strong>di</strong> uno stile? Difficile, forse impossibile rispondere esaurien‐<br />
temente a siffatte domande. Eppure esse, per quanto ardue e frustranti<br />
possano essere, sono essenziali, imprescin<strong>di</strong>bili. Il lavoro “pedagogico” e<br />
“storiografico” da fare sul cinema <strong>di</strong> Amelio, come quello <strong>di</strong> qualunque<br />
altro autore, incomincia da qui. Il criterio “educativo” e non<strong>di</strong>meno<br />
“scientifico” (alla Dewey) può essere in realtà un utile lasciapassare<br />
“tecnico”. E Gramsci? Che cosa conosce Gianni <strong>di</strong> Gramsci? Mi piace‐<br />
rebbe saperlo.<br />
16 ottobre. C’è un rapporto preciso, genetico, procedurale, tra Il ladro<br />
<strong>di</strong> bambini e gli altri film <strong>di</strong> Gianni. Ho rivisto Colpire al cuore (e sono an‐<br />
dato a rileggere il pezzo che scrissi su «Scuola e Città» a proposito<br />
dell’”Emilio” <strong>di</strong> Amelio). Ha un bel ripetere l’autore, della <strong>di</strong>fferenza,<br />
del salto, della <strong>di</strong>scontinuità da Colpire al cuore (il capolavoro, forse, <strong>di</strong><br />
Gianni), a Il ladro <strong>di</strong> bambini. Direi <strong>di</strong> più: non c’è soluzione <strong>di</strong> continuità<br />
stilistica e <strong>di</strong> impegno critico; ma, se questa ci fosse, la cosa tornerebbe a<br />
tutto danno dell’insieme. Però, per parlarne seriamente, occorrerebbe<br />
vedere e rivedere le singole opere; e ri<strong>di</strong>scuterne con calma. (Avevamo<br />
cominciato, una sera, Patrizia e Silvia Di Mario ed io, ma poi, interrom‐<br />
pemmo il <strong>di</strong>battito, e tutto fini lì. Riprenderemo il <strong>di</strong>scorso? Chissà).<br />
19 ottobre. Gli E<strong>di</strong>tori Riuniti pubblicano a cura <strong>di</strong> G. Falaschi e con<br />
prefazione <strong>di</strong> G.C. Ferretti, un volume <strong>di</strong> P. P. Pasolini, I <strong>di</strong>aloghi. Non so<br />
se il giovane Amelio sia in qualche modo “coinvolto” a livello delle pp.<br />
71‐72 (Invito in Calabria già su «Vie nuove» dei 10 <strong>di</strong>cembre 1960). Certo<br />
è però che i film <strong>di</strong> Pasolini, fino al ‘65 li abbiamo visti insieme a Catan‐<br />
zaro (subendone tutto il fascino); ed è un fatto che Gianni partecipò va‐<br />
riamente alle attività del gruppo <strong>di</strong> «Il Manifesto» (con M. Furriolo, F.<br />
Santopolo, P. Bevilacqua, N. Marullo, C. Scalfaro ecc.), e dei Circolo Cul‐<br />
turale «Pietro Gobetti», che ebbe rapporti coi Pasolini quando ritornò<br />
qualche anno dopo a Catanzaro, con Eisa Morante. Però io stavo a Ro‐<br />
ma, e quin<strong>di</strong> mi sfuggono parecchie circostanze catanzaresi <strong>di</strong> allora: cfr.<br />
il «Numero unico» del «Manifesto» (tutt’altra cosa rispetto alla testata <strong>di</strong><br />
Pintor, Rossanda ecc.), dell’aprile 1964, con in prima pagina l’Intervista a<br />
Pasolini (a cura <strong>di</strong> M. Furriolo: lo stesso che <strong>di</strong> recente, in varie se<strong>di</strong>, ha<br />
rievocato “quei tempi” <strong>di</strong>scorrendo appunto <strong>di</strong> Il ladro <strong>di</strong> bambini). Oc‐<br />
corre partire comunque da questi ricor<strong>di</strong>, per intendere alcuni aspetti<br />
non secondari della formazione <strong>di</strong> Amelio regista e uomo <strong>di</strong> cultura.<br />
Egualmente significativa (anche se già più tecnica) l’esperienza con
Diario pedagogico per il ladro <strong>di</strong> bambini (e <strong>di</strong>ntorni) 45<br />
«Giovane critica» del CUC <strong>di</strong> Catania (Giampiero Mughini) e col circolo<br />
«Mondo nuovo» <strong>di</strong> Cosenza (Tottonno Lombar<strong>di</strong>, mi pare).<br />
24 ottobre. Mi è arrivata una lettera dell’Assessorato Beni e Attività<br />
Culturali del Comune <strong>di</strong> Ancona. Vogliono procedere ad una pubblica‐<br />
zione sul tema (il titolo è provvisorio) Il viaggio, la fuga, l’abbandono. La<br />
rappresentazione dell’infanzia nel cinema <strong>di</strong> Gianni Amelio. Chiedono quin<strong>di</strong><br />
la mia collaborazione. L’idea è buona, ma io ho appena finito <strong>di</strong> occu‐<br />
parmi <strong>di</strong> Gianni per «Cinema nuovo». Cosa potrò fare ancora <strong>di</strong> even‐<br />
tualmente utile. Non so. Voglio pensarci.<br />
26 ottobre. Per decidere se fare e che cosa fare per Amelio, in occasio‐<br />
ne dell’iniziativa del Comune <strong>di</strong> Ancona, non mi ci vorrà poi molto. In<br />
effetti, anche dopo aver dato a Guido Aristarco la «lettera della <strong>di</strong>fferen‐<br />
za» per «Cinema nuovo», non sono state poche le volte che ho preso ap‐<br />
punti su temi e problemi relativi a Il ladro <strong>di</strong> bambini e <strong>di</strong>ntorni. Il lavoro<br />
che sto facendo per l’Università e per la rivista non mi consentono <strong>di</strong><br />
“mollare” i miei argomenti <strong>di</strong> riflessione. E poi l’amicizia si può intende‐<br />
re anche così: rieducare continuamente quella parte <strong>di</strong>te, che è stata in<br />
qualche modo educata nel corso <strong>di</strong> un’amicizia. Ed è una operazione,<br />
questa, del tutto <strong>di</strong>sinteressata, autogratificante, prospettica solo nel sen‐<br />
so dell’ottenere nuovi risultati (educativi) per te stesso e per gli altri (po‐<br />
sto, ovviamente, che gli altri la con<strong>di</strong>vidano). Ecco perché operazioni<br />
preliminari come rior<strong>di</strong>nare l’archivio, rivedere i film che mi riuscirà <strong>di</strong><br />
rivedere, integrare con ulteriori riflessioni il già pensato, sottoporre a<br />
controllo filologico e <strong>di</strong>alogico i punti provvisoriamente fermi, ed altro,<br />
questo potrà essere il modo <strong>di</strong> reintervenire su una materia già trattata e<br />
che, <strong>di</strong> primo acchito, non dovrebbe presentare sorprese. Ci saranno poi<br />
i giornali <strong>di</strong> oggi, <strong>di</strong> domani, <strong>di</strong> dopodomani, che continueranno a for‐<br />
nirmi materiali viventi (nel senso gramsciano della parola) su Amelio,<br />
con cui fare e rifare i conti. E infine non mancheranno gli ulteriori con‐<br />
tributi critici: riviste e libri, bilanci annuali, e previsioni <strong>di</strong> massima.<br />
Gianni stesso sarà certamente interpellato per questo o quest’altro ar‐<br />
gomento, e la cosa si rifletterà sulla stampa. Mi basterà cogliere il senso<br />
formativo dell’impatto tra la <strong>di</strong>mensione in<strong>di</strong>viduale e quella collettiva,<br />
per essere forse utile.<br />
29 ottobre. Ho scritto a quelli dell’Assessorato del Comune <strong>di</strong> Ancona<br />
una lettera interlocutoria. Devo capire meglio cosa vogliono con esattez‐<br />
za da me, e cosa posso dare, nei miei limiti, io. In questi giorni ho pensa‐
46<br />
Parte prima – Capitolo quinto<br />
to a varie soluzioni possibili. I temi da trattare, nell’ambito<br />
dell’argomento stabilito dagli organizzatori dell’iniziativa (cui per altro<br />
si deve il buon risultato del volume I bambini del cinema: Luigi Comencini,<br />
a cura <strong>di</strong> E. Capulli e S. Gambelli, Ancona, Assessorato Beni e Attività<br />
Culturali del Comune <strong>di</strong> Ancona) sarebbero in realtà tanti. Però ci vuole<br />
tempo; e una strumentazione tecnica (i film, tutti i film anzitutto), che io<br />
non ho a <strong>di</strong>sposizione. Rimane il fatto che le <strong>di</strong>mensioni <strong>di</strong> uno stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong><br />
un’opera come quella <strong>di</strong> Amelio possono essere tante; che l’aspetto “in‐<br />
fanzia” non è marginale, e che su questo io posso avere qualche voce in<br />
capitolo; e che, da quando ho consegnato l’articolo a «Cinema nuovo» io<br />
non ho smesso in realtà a riflettere su Il ladro <strong>di</strong> bambini...<br />
I bambini. Zavattini, mi torna in mente Zavattini e i nostri colloqui del<br />
sabato (due anni <strong>di</strong> seguito, tutti i sabati) sempre e solo su questo argo‐<br />
mento dei bambini. Incontrando gli amici <strong>di</strong> Ancona <strong>di</strong>rò proprio que‐<br />
sto: che bisognerà pensare ai bambini <strong>di</strong> Zavattini, e intanto (ma la ri‐<br />
flessione su questo punto è già collettiva) ai nessi effettivi tra questi<br />
bambini <strong>di</strong> Amelio e quei bambini del Neorealismo... Questo <strong>di</strong>scorso<br />
del rapporto Amelio‐Neorealismo, quanto più può essere svolto, tanto<br />
più corre il rischio <strong>di</strong> risultare fuorviante. Penso cioè che occorre stare<br />
attenti, e non smettere nemmeno un attimo <strong>di</strong> “storicizzare” le <strong>di</strong>verse<br />
esperienze: storicizzare, quin<strong>di</strong> misurare e valutare non tanto le analogie<br />
quanto piuttosto le <strong>di</strong>fferenze da un autore all’altro, da un periodo <strong>di</strong><br />
tempo all’altro, da un’opera all’altra. Se per un verso, in altri termini, la<br />
lezione del Neorealismo è indubbia, nel cinema <strong>di</strong> Amelio, in<strong>di</strong>scutibile<br />
per un altro verso è la quantità <strong>di</strong> riman<strong>di</strong> a <strong>di</strong>verse matrici (De Sica, Pa‐<br />
solini e Fellini, Antonioni e Visconti, Bergman e chissà quanti altri), e<br />
dunque la ricerca via via sempre più sod<strong>di</strong>sfatta <strong>di</strong> uno stile proprio. Per‐<br />
fino il debito, indubbio, con il meglio <strong>di</strong> una certa comme<strong>di</strong>a all’italiana<br />
e con Hitchcock nel cinema <strong>di</strong> Gianni acquista un suo valore genetico‐<br />
formativo; e serve forse, almeno un po’ a spiegarne il successo <strong>di</strong> pubbli‐<br />
co oggi. Ma l’argomento è delicato, e non va banalizzato.<br />
30 ottobre. Nemmeno a farlo apposta. Sul «Corriere della Sera», <strong>di</strong> ie‐<br />
ri, un ampio servizio <strong>di</strong> Giovanna Grassi, Cinema e bambini. Gli attori in<br />
calzoni corti, sugli schermi <strong>di</strong> tutto il mondo, interpretano storie <strong>di</strong> oggi<br />
o in costume, realistiche o fantastiche. Ll lungo giorno degli anni in tasca<br />
ecc. ecc. Ebbene: come si colloca il <strong>di</strong>scorso <strong>di</strong> Amelio (quello <strong>di</strong> Il ladro<br />
<strong>di</strong> bambini e quello complessivo) in questo contesto? Occorrerà appro‐<br />
fon<strong>di</strong>re la questione, non solo dal punto <strong>di</strong> vista strettamente filmico, ci‐<br />
nematografico, ma anche da quello storico‐culturale ed etico‐politico. I
Diario pedagogico per il ladro <strong>di</strong> bambini (e <strong>di</strong>ntorni) 47<br />
rapporti, le interferenze tra i due piani sono evidenti. Bisogna impegnar‐<br />
si ad indagare sui nessi e sui plessi, sui termini del problema, quelli che<br />
sono e quali che siano.<br />
8 novembre. Ho trovato la soluzione per Ancona. Scriverò un <strong>di</strong>ario,<br />
un <strong>di</strong>ario‐recensione. Darò il mio contributo al tema del viaggio, propo‐<br />
nendo un viaggio nella memoria; scaverò ben oltre l’articolo‐lettera pre‐<br />
<strong>di</strong>sposto per «Cinema nuovo»; tenterò <strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduare un certo numero<br />
<strong>di</strong> percorsi d’indagine tra cronaca e storia a ridosso dello stesso itinera‐<br />
rio <strong>di</strong> Amelio (da quando era ragazzo a oggi). Da <strong>di</strong>versi punti <strong>di</strong> vista,<br />
il viaggio si farà via via fuga e abbandono: fuga da un luogo per raggiun‐<br />
gerne un altro; abbandono <strong>di</strong> qualcosa per non abbandonare ciò che più<br />
sta a cuore. Lo stesso vale per l’aspetto rappresentazione dell’infanzia. Il ci‐<br />
nema <strong>di</strong> Gianni lo è variamente: sia nel senso dell’imme<strong>di</strong>atezza dei suoi<br />
contenuti (sono dei bambini, quasi sempre, al centro delle sue storie; c’è<br />
comunque la figura <strong>di</strong> un bambino nel corso dei <strong>di</strong>versi racconti); sia più<br />
me<strong>di</strong>atamente (è la sua vicenda <strong>di</strong> bambino che riaffiora in un modo o<br />
nell’altro nelle singole rappresentazioni; c’è sempre una infantilità del<br />
personaggio, che tende a venir fuori). E non è tutto: senza scomodare<br />
goffamente Pascoli e la poetica del “fanciullino”, è l’intero mondo <strong>di</strong><br />
Amelio a farsi pedagogicamente bambino, nella misura in cui la prospet‐<br />
tiva d’insieme consiglia <strong>di</strong> rifare eticamente e politicamente il mondo<br />
che rimane fuori. La sensibilità dell’artista, insomma, avverte la necessi‐<br />
tà della rigenerazione‐rinascita‐ricrescita ecc.; ma opportunamente ri‐<br />
mane al <strong>di</strong> qua dello “scolastico , non prevarica.<br />
10 novembre. Sta per uscire un volume <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> in onore <strong>di</strong> Giovanni<br />
Mastroianni, in occasione dei settanta anni. Gli era dovuto. È stata<br />
l’Università della Calabria, il Dipartimento <strong>di</strong> filosofia (a proposito, in<br />
Colpire al cuore, c e un errore <strong>di</strong> tipo... definitorio in tema <strong>di</strong> funzioni u‐<br />
niversitarie; ma non è importante) a volerlo. Vi hanno collaborato stu‐<br />
<strong>di</strong>osi come Eugenio Garin, Valentino Gerratana, Guido Oldrini, Giusep‐<br />
pe Prestipino, Vittorio Strada, Salvatore Veca ecc., e scolari ed amici del<br />
professore <strong>di</strong> varie generazioni (Augusto Placanica, Mario Alcaro, Maria<br />
Donzelli, Piero Bevilacqua, Domenico Corra<strong>di</strong>ni, Giuseppe Spadafora,<br />
Antonio Samà ecc...). Io vi ho partecipato con un saggetto, ed ho curato,<br />
in collaborazione con Gabriella Fiorenza, Marisa Macri, Antonio Samà, e<br />
Giuseppe Spadafora, la Bibliografia. Faccio ora questa riflessione: in fon‐<br />
do, anche il film <strong>di</strong> Gianni sono un “omaggio” all’opera <strong>di</strong> Mastroianni.<br />
Si tratterà <strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduare pazientemente le ragioni del rapporto, i mo<strong>di</strong>
48<br />
Parte prima – Capitolo quinto<br />
in cui questo (non imme<strong>di</strong>atamente, certo) si realizza (nonostante la <strong>di</strong>‐<br />
stanza “fisica” tra i due). E un tema <strong>di</strong> ricerca, su cui voglio ritornare in<br />
seguito.<br />
12 novembre. L’intervista che Gianni ha concesso a Gianna Schelotto<br />
sul «Corriere della sera/Sette», del 20 giugno scorso (pp. 13‐20), è molto<br />
importante, chiarificatrice. La riassumo dopo qualche mese, giacché<br />
l’avevo letta frettolosamente, e vi ritrovo più d’un passaggio pedagogico<br />
significativo. Non solo quello (a p. 19) in cui si parla per esplicito <strong>di</strong><br />
scuola; ma soprattutto quelli che svolgono il tema generale ripreso nel<br />
titolo: Quel mio irrisolto complesso <strong>di</strong> E<strong>di</strong>po. Inoltre sono notevoli i richiami<br />
formativi per così <strong>di</strong>re in<strong>di</strong>retti: il <strong>di</strong>fficile e sofferto rapporto col padre<br />
(io lo chiamavo Don Peppino, e chi se lo <strong>di</strong>mentica!); l’affetto viscerale<br />
per la madre (la signora Au<strong>di</strong>na, una donna straor<strong>di</strong>naria, una delle<br />
due‐tre persone migliori che io abbia conosciuto nella mia vita); il desi‐<br />
derio struggente <strong>di</strong> paternità trasfigurato nel film (in tutti i film <strong>di</strong> Ame‐<br />
lio); ecc. ecc. E poi: quante informazioni sulle “fonti” culturali del cine‐<br />
ma <strong>di</strong> Gianni; quanta chiarezza sul suo modo <strong>di</strong> essere, <strong>di</strong> registrare<br />
pensieri e <strong>di</strong> mettere in moto sentimenti ed idee; quanta forza critica<br />
(anche al <strong>di</strong> là <strong>di</strong> qualche caduta “ideologica” ‐ magari imputabile alla<br />
giornalista intervistatrice) ecc.<br />
14 novembre. Mi tornano alla mente le cose dette da Gianni su «Ri‐<br />
forma della scuola», sul tema adulti‐bambini. Sono idee in parte nuove,<br />
in parte ripetitive rispetto a quelle già espresse in precedenti occasioni<br />
<strong>di</strong>alogiche. Ri‐prendo in mano in particolare alcuni servizi giornalistici<br />
<strong>di</strong> qualche tempo fa, per verificare le mie impressioni: e rileggo i prezzi<br />
<strong>di</strong> «la Repubblica», 25 gennaio 1991; <strong>di</strong> «Ciak», marzo 1992, <strong>di</strong> «Vivi il<br />
cinema», marzo‐aprile 1992; «Linea d’ombra», aprile 1992; «la Repubbli‐<br />
ca», 8 aprile 1992, ecc. E rivedo il lungo girotondo dei bambini <strong>di</strong> Ame‐<br />
lio: il ragazzino <strong>di</strong> La fine del gioco, quello <strong>di</strong> La Città del sole, il protagoni‐<br />
sta <strong>di</strong> Il piccolo Archimede e quell’altro <strong>di</strong> Colpire al cuore, il bambino <strong>di</strong> I<br />
velieri e quelli <strong>di</strong> I ragazzi <strong>di</strong> via Panisperna (Majorana da piccolo), <strong>di</strong> Porte<br />
aperte (il figlio <strong>di</strong> Tommaso Scalia e la figlia <strong>di</strong> Vito Di Francesco) ecc, fi‐<br />
no a questi due ultimi magnifici personaggi <strong>di</strong> Il ladro <strong>di</strong> bambini. Penso<br />
che una ricerca da fare dovrebbe essere proprio questa:<br />
cioè raccogliere tutte le idee <strong>di</strong> Gianni sui bambini e metterle in serie,<br />
esaminarne le ricorrenze e le ripetizioni, tirarne fuori un <strong>di</strong>scorso unita‐<br />
rio, complessivo, articolato. L’operazione dovrebbe servire, anche se poi<br />
andrebbe considerata nei suoi limiti interni (all’ideologia dell’autore) e
Diario pedagogico per il ladro <strong>di</strong> bambini (e <strong>di</strong>ntorni) 49<br />
valutata criticamente dall’esterno (per un giu<strong>di</strong>zio estetico ed etico‐<br />
storico‐politico).<br />
17 novembre. Parlo dei film <strong>di</strong> Gianni con tanti comuni amici. Quasi<br />
sempre, delusione, delusione profonda. In fondo, pochi pochissimi han‐<br />
no capito il suo cinema. E questi non si ritrovano certo, ahimé tra gli a‐<br />
mici comuni. Anche tra le persone colte, magari coltissime, permane poi<br />
un pregiu<strong>di</strong>zio (idola, con l’accento sulla o) duro a morire: che il cinema<br />
sia cosa culturalmente effimera, per la quale non vale la pena perdere<br />
tempo («il giorno lavoro, la sera sono stanco, non ho quin<strong>di</strong> tempo per<br />
andare a cinema», l’avrò sentita più <strong>di</strong> cento volte in questa forma o si‐<br />
mili). Ora, invece, credo che i lavori <strong>di</strong> Amelio vanno proprio a rendere<br />
vecchie chiusure ideologiche; e a rendere possibile <strong>di</strong>scorso (a suo modo<br />
unico) sui rapporti tra cinema ed educazione: non come educazione solo<br />
“al cinema”, ma anche come educazione senz’altro.<br />
20 novembre. Feltrinelli l’ha azzeccata. Pubblica G. Amelio, Il ladro <strong>di</strong><br />
bambini. Sceneggiatura <strong>di</strong> G. Amelio, S. Petraglia e Stefano Rulli. Prefa‐<br />
zione <strong>di</strong> G. Fofi (trascrizione della sceneggiatura <strong>di</strong> C. Balestrazzi). Data<br />
<strong>di</strong> uscita del libro nell’«Universale Economica» l’ottobre 1992. Alla fine<br />
del volume, un’utilissima Biofilmografia (pp. 107‐150). In tutto 156 pagi‐<br />
ne, che regalerò come strenna ai miei amici in occasione delle prossime<br />
feste <strong>di</strong> Natale‐CapodannoEpifania (magari assieme alle fotocopie del<br />
mio pezzo uscito su «Cinema nuovo»). Spero che avranno voglia <strong>di</strong> leg‐<br />
gere. Quanto a me, mi sono per il momento limitato a segnare le pp. VI,<br />
IX, X, XI, 20, 22, 26, 65, 102, 113, 115, 121, 123, 126, 150, come imme<strong>di</strong>a‐<br />
tamente significative dal punto <strong>di</strong> vista pedagogico. Ci ritornerò su,<br />
quando la cosa potrà servire.<br />
24 novembre. Il professore Mastroianni mi <strong>di</strong>ce <strong>di</strong> avere una copia<br />
registrata <strong>di</strong> I ragazzi <strong>di</strong> via Panisperna; si aspetta che Gianni gli regali la<br />
videocassetta (giacché gliela ha promessa). Chiedo al professore se ha<br />
visto Il ladro <strong>di</strong> bambini. Mi <strong>di</strong>ce <strong>di</strong> no. Che non va al cinema: e che, anche<br />
in questo caso, si aspetta la copia del film dall’autore... La circostanza mi<br />
fa ricordare una <strong>di</strong>scussione tra il maestro e l’allievo, in classe, l’anno<br />
che uscì La dolce vita <strong>di</strong> Fellini (1960). Gianni <strong>di</strong>fendeva allora a spada<br />
tratta il film, contro il “detrattore” Mastroianni (successivamente, sul<br />
piano critico, anche Amelio muoverà alcune precise obiezioni all’opera<br />
felliniana). Ma non è dei termini <strong>di</strong> quel confronto che mi interessa ri‐<br />
cordare ora. Il motivo del flash back è un altro: vedendo Il ladro <strong>di</strong> bambini
50<br />
Parte prima – Capitolo quinto<br />
e ripensando alla accezione <strong>di</strong> “ladro”, mi è tornata in mente la spiega‐<br />
zione che mi dava Gianni del finale della Dolce vita: «Fellini è ambiguo:<br />
la “dolce vita” non è tanto e solo quella che credono tutti (Via Veneto,<br />
sesso in abbondanza, alienazioni, stravaccamenti ecc.); la “dolce vita” è<br />
quella che Marcello riesce e non riesce ad intravedere sul volto <strong>di</strong> Vale‐<br />
ria Ciangottini, al <strong>di</strong> là della rete...». Ci fosse o meno lo zampino <strong>di</strong> Gian<br />
Luigi Ron<strong>di</strong> o <strong>di</strong> Giuseppe Marotta (quest’ultimo piaceva molto a Gian‐<br />
ni), non saprei <strong>di</strong>re. Certo è però che è qui, forse, la genesi <strong>di</strong> un atteg‐<br />
giamento “<strong>di</strong>alettico” verso la realtà, che mi sembra tipico <strong>di</strong> Amelio.<br />
26 novembre. La funzione dell’umorismo. Nel Ladro <strong>di</strong> bambini è no‐<br />
tevole. Però l’umorismo gioca un ruolo preciso in un po’ tutto il cinema<br />
<strong>di</strong> Gianni. Mi piacerebbe, quando sarà il momento, che egli leggesse il<br />
lavoro <strong>di</strong> Clau<strong>di</strong>a Gioia su umorismo e educazione (e che Clau<strong>di</strong>a esa‐<br />
minasse attentamente, dal suo punto <strong>di</strong> vista, le singole opere <strong>di</strong> Ame‐<br />
lio). Umorismo, cinema, educazione. Un tema rilevante. Su cui impe‐<br />
gnarsi ancora. A fondo. E chissà se Daria e Li<strong>di</strong>a, le mie figlie, avranno<br />
voglia <strong>di</strong> impegnarsi anche loro su questo terreno. Credo ne varrebbe la<br />
pena.<br />
27 novembre. Ripensando al finale <strong>di</strong> Il ladro <strong>di</strong> bambini, non so per‐<br />
ché mi torna in mente il finale dell’Eclisse <strong>di</strong> Antonioni. Non ho le idee<br />
chiare: ma sento che il mancato incontro del carabiniere (ormai daccapo<br />
nell’esercizio delle sue funzioni) con il carabiniere (che travalica un sif‐<br />
fatto esercizio, abbandonandosi alla sua umanità), sta a capo della stessa<br />
impossibilità d’incontrarsi ormai tra i ragazzi e per l’appunto Antonio....<br />
Senonché, è il “pedagogismo” <strong>di</strong> Amelio a complicare le cose. Quei due<br />
bambini che fanno un salto <strong>di</strong> qualità (si fa per <strong>di</strong>re), sul piano <strong>di</strong> una<br />
rinnovata malinconia e <strong>di</strong> una evidente <strong>di</strong>sillusione, pervengono co‐<br />
munque ad un preciso (irreversibile, <strong>di</strong>resti) livello <strong>di</strong> in<strong>di</strong>pendenza e <strong>di</strong><br />
solitu<strong>di</strong>ne e <strong>di</strong> forza. Nessuna e<strong>di</strong>ficazione, solo uno spiraglio <strong>di</strong> speran‐<br />
za (in questo senso, Amelio non è Antonioni). E conviene ricordare qui<br />
la serie dei finali ameliani. In fondo è quasi sempre lo stesso <strong>di</strong>scorso,<br />
con articolazioni interne e varianti esterne. Ma, più o meno, siamo lì.<br />
30 novembre. Papaleo, è, nel Sud, un cognome assai <strong>di</strong>ffuso (storica‐<br />
mente pare, in odore <strong>di</strong> “ndragheta”). Ma il de Cumis, per il giurato <strong>di</strong><br />
Porte aperte, come <strong>di</strong>avolo gli è venuto in mente, a Gianni?! Ci siamo nel<br />
mondo (sembra) solo noi <strong>di</strong> famiglia. E meno male che non gli fa fare<br />
una brutta figura! Tutto sommato una parte <strong>di</strong> conformista, in quella si‐
Diario pedagogico per il ladro <strong>di</strong> bambini (e <strong>di</strong>ntorni) 51<br />
tuazione (se la ricordo bene). E domani? Che succederà domani nella<br />
scelta dei nomi e dei cognomi dei personaggi, nel cinema <strong>di</strong> Amelio?<br />
Quali nuovi messaggi educativi ci manderà il caro Nino (per me Gio‐<br />
vanni, Giovanni, assai prima che Gianni, il Gianni <strong>di</strong> tutti, ormai), a me,<br />
a te, agli altri?<br />
3 <strong>di</strong>cembre. Faccio parte della Commissione <strong>di</strong> laurea che deve esa‐<br />
minare Paolo V. Minuto. Argomento della tesi, Il cinema <strong>di</strong> Gianni Amelio.<br />
Relatore Giovanni Spagnoletti, Correlatrice Paola Quarenghi. Il can<strong>di</strong>da‐<br />
to sarà <strong>di</strong>chiarato dottore in lettere con 110 e lode, e farà a tutti una otti‐<br />
ma impressione. Guido Aristarco, che presiede la Commissione, mi dà la<br />
parola; e posso accertare anch’io la competenza del can<strong>di</strong>dato. In parti‐<br />
colare su mia richiesta, egli <strong>di</strong>rà cose giuste sul finale <strong>di</strong> Il ladro <strong>di</strong> bambi‐<br />
ni; e si <strong>di</strong>mostrerà informato delle bibliografie e filmografie recenti e re‐<br />
centissime concernenti Amelio. Mi auguro che il lavoro <strong>di</strong> Minuto abbia<br />
un seguito, e che ne possa dar conto agli specialisti.<br />
10 <strong>di</strong>cembre. Mi viene incontro un piccolo libro, Regia <strong>di</strong> Gianni Ame‐<br />
lia, a cura <strong>di</strong> Mario Sesti, Napoli, E<strong>di</strong>zioni Scientifiche Italiane, 1992, pp.<br />
64. Gli dò una scorsa: l’«Autoritratto <strong>di</strong> Gianni Amelio», con cui si apre il<br />
volumetto, poteva forse essere ritagliato meglio. Non si offre poi alcuna<br />
spiegazione critica del fatto che è proprio con l’uscita <strong>di</strong> Il ladro <strong>di</strong> bambi‐<br />
ni che Amelio trovi necessario accompagnare il film con una quantità<br />
davvero notevole <strong>di</strong> uscite autobiografiche. Secondo me c’è un motivo<br />
che non è solo psicologico o pubblicitario, ma che è anche metodologico:<br />
e che si realizza (<strong>di</strong>ciamo così) nel proposito <strong>di</strong> integrazione dell’opera<br />
compiuta sul terreno della comunicazione pedagogica. L’autobiografia,<br />
insomma, come fatto educativo ed autoeducativo intrinseco ad una poe‐<br />
tica propria e nuova. Ho parlato varie volte <strong>di</strong> questo approccio al “pro‐<br />
blema” Amelio con i miei studenti romani. Qualcuno <strong>di</strong> loro mi ha fatto<br />
notare che Il ladro <strong>di</strong> bambini può essere considerato (per l’aspetto auto‐<br />
biografico, appunto) come un’introduzione al film già annunciato, Lame‐<br />
rica. Per confermare, dovrei saperne <strong>di</strong> più; ma, ad occhio e croce, lo stu‐<br />
dente ha visto probabilmente giusto. In ogni caso, la <strong>di</strong>mensione auto‐<br />
biografica non manca in un po’ tutto il cinema <strong>di</strong> Gianni. Adesso è que‐<br />
sta maggiore imme<strong>di</strong>atezza che ti fa pensare, e domandare perché. Però<br />
c’è un rapporto indubbio, evidente (per chi è in grado <strong>di</strong> scoprirlo, ovve‐<br />
ro con l’aiuto <strong>di</strong> Amelio stesso) tra formazione dell’autore e formazione<br />
<strong>di</strong> questo risultato cinematografico, tra genesi del film e genesi dello spet‐<br />
tatore (Amelio stesso, tutti gli altri).
52<br />
Parte prima – Capitolo quinto<br />
15 <strong>di</strong>cembre. Ho saputo che Piero Bevilacqua e l’E<strong>di</strong>tore Donzelli, per<br />
un loro libro + videocassetta sulla questione meri<strong>di</strong>onale anche ad uso<br />
<strong>di</strong>dattico, hanno ottenuto da Rizzoli una sequenza del Ladro <strong>di</strong> bambini.<br />
L’idea mi sembra davvero buona: spero che sia la scena del pranzo <strong>di</strong><br />
Prima Comunione (praticamente sulle ra<strong>di</strong>ci della mafiosità <strong>di</strong> base nella<br />
società civile). Sarà istruttivo per i ragazzi delle me<strong>di</strong>e <strong>di</strong>scutere su quel‐<br />
la <strong>di</strong>scussione tra il geometra Papaleo, il carabiniere Antonio, la signora<br />
Papaleo, Nicola e la sorella <strong>di</strong> Antonio... Anche da un punto <strong>di</strong> vista cri‐<br />
tico‐cinematografico quel passaggio è importante. Abbiamo mai riflettu‐<br />
to su quanto siano moralmente e poeticamente significativi, nel cinema<br />
<strong>di</strong> Amelio, i <strong>di</strong>scorsi a tavola? Sia in I ragazzi <strong>di</strong> via Panisperna, che in Por‐<br />
te aperte ci sono, in tal senso, momenti esemplari. Occorrerebbe però<br />
considerare anche gli altri film precedenti. Lo stesso <strong>di</strong>casi per l’atto<br />
dell’abbracciarsi (due volte, una più espressiva dell’altra in Colpire al<br />
cuore; una volta, drammaticissima, in Porte aperte. E altrove?). Un’ultima<br />
osservazione: sulle mani. Quanto sono importanti le mani, non sono nel<br />
Ladro <strong>di</strong> bambini (la manina <strong>di</strong> Rosetta, all’inizio, vale quanto «E la scia‐<br />
gurata rispose» <strong>di</strong> manzoniana memoria); ma pure in Colpire al cuore, nei<br />
Ragazzi <strong>di</strong> via Panisperna, in I velieri,ecc.? Presentando il cinema <strong>di</strong> Ame‐<br />
lio in funzione pedagogica, <strong>di</strong>dattica, bisogna sottolineare questo tipo <strong>di</strong><br />
cose: per far capire il linguaggio delle singole opere, e per entrare nella<br />
mentalità dell’autore e nei suoi meccanismi comunicativi.<br />
16 <strong>di</strong>cembre. E uscito il numero <strong>di</strong> «Cinema nuovo» con la «Lettera<br />
della <strong>di</strong>fferenza» su Il ladro <strong>di</strong> bambini. Lo rileggo a <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> sei mesi.<br />
Trovo solo due errori <strong>di</strong> bozze; ed ho ancora l’impressione che funzioni.<br />
Stiamo a vedere se qualcuno lo leggerà. E Gianni, avrà la pazienza <strong>di</strong><br />
leggerlo, Gianni? Chissà come la prenderà 46 .<br />
19 <strong>di</strong>cembre. «Giuseppe Jeracitano in una scena del film Il ladro <strong>di</strong><br />
bambini <strong>di</strong> Gianni Amelio premiato coi premio Felix (l’Oscar europeo) e<br />
fra i probabili can<strong>di</strong>dati all’Oscar» ‐ è la <strong>di</strong>dascalia a margine <strong>di</strong> una fo‐<br />
to‐simbolo, che illustra una pagina <strong>di</strong> «La Gazzetta del Mezzogiorno» <strong>di</strong><br />
oggi, con un servizio dal titolo Il bambino? Quello maltrattato ci piace <strong>di</strong><br />
più, (autrice A. Rivera). Del film <strong>di</strong> Gianni si parla con lode proprio al<br />
centro dell’articolo principale. Ma quanti e quali sono gli scritti<br />
46 Su Amelio ‘92 cfr. ora L. Tornabuoni, ‘92 al cinema, Milano, Bal<strong>di</strong>ni e Castol<strong>di</strong>,<br />
1992, pp. 11, 28, 43, 101‐102, 149, 158.
Diario pedagogico per il ladro <strong>di</strong> bambini (e <strong>di</strong>ntorni) 53<br />
d’argomento non cinematografico (in senso tecnico), che s’occupano del<br />
cinema <strong>di</strong> Amelio? In particolare, tra i pedagogisti e gli uomini <strong>di</strong> scuola,<br />
in che misura è rilevabile un interesse specifico? Il ladro <strong>di</strong> bambini riusci‐<br />
rà a smuovere le acque, e a porre il problema della <strong>di</strong>mensione forte‐<br />
mente educativa <strong>di</strong> tutta l’opera dell’autore?<br />
23 <strong>di</strong>cembre. Sono alla vigilia della partenza per Catanzaro. Ricordo<br />
lo scorso anno, <strong>di</strong> questi tempi. Aspettavo l’uscita <strong>di</strong> Il ladro <strong>di</strong> bambini; e<br />
finii poi col sublimare l’attesa, andando a vedere il Robin Hood principe<br />
dei ladri, <strong>di</strong> Kevin Reynolds, con Matteo ed Ilaria 47 . Ora ripenso a quelle<br />
ore natalizie stando in compagnia <strong>di</strong> Alfonso Galliano. Ci scambiamo<br />
amichevolmente delle idee su Amelio e il suo cinema. In particolare Al‐<br />
fonso mi fornisce qualche spunto che utilizzerò alla prima occasione cri‐<br />
tica; mi colpisce nella conversazione la sensibilità del mio interlocutore;<br />
e penso che il merito sia pure del Ladro <strong>di</strong> bambini, oggetto del <strong>di</strong>alogo tra<br />
<strong>di</strong> noi. Gianni, in altri termini, produce una certa maieutica suo malgra‐<br />
do; e perfino ‐ <strong>di</strong>rei ‐ per interposta persona. Come ai vecchi tempi, a Ca‐<br />
tanzaro, continua a darmi lezioni <strong>di</strong> cinema. Che cosa offrirgli in cam‐<br />
bio? Comunicargli quel che mi riesce della mia esperienza <strong>di</strong>versa. Tra‐<br />
smettergli il possibile della mia professionalità <strong>di</strong> ricercatore e <strong>di</strong> inse‐<br />
gnante. Spe<strong>di</strong>rgli insomma le uniche prove <strong>di</strong> amicizia <strong>di</strong> cui sono capa‐<br />
ce.<br />
26 <strong>di</strong>cembre. Esercizi <strong>di</strong> stile, ecco come chiamerei queste primissime<br />
composizioni <strong>di</strong> Gianni: Risacca (1963), produzione G.E.G. (cioè Gianni<br />
Amelio, Enzo Papaleo, Gianni Anzani), <strong>di</strong> minuti 1,48; Viadotto (1963),<br />
produz. Amelio/Anzani, <strong>di</strong> minuti 3,20; e Luci d’estate (1963), produz.<br />
Amelio/Anzani, <strong>di</strong> minuti 3,10. I primi due in bianco e nero, il terzo a co‐<br />
lori. Tutti e tre girati con una 8 mm. Yashica (zoom). Non si tratta co‐<br />
munque del fumino <strong>di</strong> famiglia, per la prima comunione; e sarebbe ec‐<br />
cessivo mettersi a ragionare sui valori genetici, <strong>di</strong> stile e <strong>di</strong> contenuto, tra<br />
queste cosette e i successivi lavori d’autore <strong>di</strong> Amelio. Tuttavia qualcosa<br />
c’è. C’è un Antonioni che fa capolino e un Bergman che protegge<br />
dall’alto. C’è il motivo del mare, dell’acqua, che risulterà poi essenziale<br />
(cfr. Il ladro <strong>di</strong> bambini in particolare). C’è un in<strong>di</strong>menticabile sequenza<br />
circolare, che offre il Viadotto della Fiumarella <strong>di</strong> Catanzaro prima nella<br />
sua realtà strutturale, poi come immagine riflessa nel torrente. Ci sono<br />
poi tante altre cosette interessanti, che è valso la pena andare a vedere o<br />
47 Vd. la lettera a G. Amelio su «Cinema nuovo» marzo‐aprile 1992, pp. 18‐22.
54<br />
Parte prima – Capitolo quinto<br />
rivedere a casa <strong>di</strong> Gianni e Carmen Anzani (gentilissimi, emozionati, <strong>di</strong>‐<br />
sponibili a ricordare e a collaborare con me nel cercare le ragioni <strong>di</strong> que‐<br />
ste visioni quasi‐archeologiche e tuttavia affascinanti.<br />
Exercices de style. Si proprio Raymond Queneau mi torna prepotente‐<br />
mente in mente (<strong>di</strong> Zazie nel metrò Gianni mi parlò lui per primo, tanti<br />
anni fa). Rivado alle pp. 176‐177 dell’e<strong>di</strong>zione Einau<strong>di</strong> (trad. U. Eco); e in<br />
tale “esercizio <strong>di</strong> stile” ritrovo la giustificazione <strong>di</strong> questo pomeriggio<br />
catanzarese, in compagnia dei primi tentativi filmici <strong>di</strong> Gianni:<br />
Parties du <strong>di</strong>scours<br />
Articles: le, la, les, une, des, du, au.<br />
Substantifs: jour, mi<strong>di</strong>, plate‐forme, autobus, ligne S, côté, parc, Monceau,<br />
homme, cou, chapeau, galon, lie, ruban, voisin, pied, fois, voyageur, <strong>di</strong>scussion,<br />
place, heure, gare, saint, Lazare, conversation, camarade, échancrure, pardes‐<br />
sus, tailleur, bouton.<br />
Adjectifs: arrière, complet, entouré, grand, libre, long, tressé.<br />
Verbes: apercevoir, porter, interpeller, prétendre, faire, marcher, descendre,<br />
abandonner, jeter, revoir, <strong>di</strong>re, <strong>di</strong>minuer, faire, remonter.<br />
Pronoms: je, il, se, le, lui, son, qui, celuici, que, chaque, tout, quelque.<br />
Adverbes: peu, près, fort, exprès, ailleurs, rapidement, plus, tard.<br />
Prépositions: vers, sur, de, en, devant, avec, par, à, avec, par, à.<br />
Conjonctions: que, ou.<br />
Parti del <strong>di</strong>scorso<br />
Articoli: il, la, gli, un, dei, del, al.<br />
Sostantivi: giorno, mezzogiorno, piattaforma, autobus, linea, parco, Monce‐<br />
au, uomo, collo, cappello, gallone, posto, nastro, vicino, piede, volte, passeggeri,<br />
<strong>di</strong>scussione, luogo, ora, stazione, Saint‐Lazare, conversazione, amico, sciancra‐<br />
tura, soprabito, bottone.<br />
Aggettivi: posteriore, completo, circondato, grande, libero, lungo, intreccia‐<br />
ta.<br />
Verbi: scorgere, portare, interpellare, pretendere, fare, camminare, montare,<br />
scendere, abbandonare, gettarsi, rivederlo, <strong>di</strong>re, ridurre, fare, risalire.<br />
Pronomi: io, lui, suo, costui, quello, che, chiunque, qualche.<br />
Avverbi: poco, vicino, forte, apposta, altrove, rapidamente, più tar<strong>di</strong>.<br />
Preposizioni: <strong>di</strong>, a, da, in, con, su, per, fra, tra.<br />
Congiunzioni: e, o.<br />
29 <strong>di</strong>cembre. Ladri <strong>di</strong>... presepe, in «La Gazzetta del Mezzogiorno»<br />
del 27 scorso. E la spiegazione: in azione all’ingresso della stazione fer‐
Diario pedagogico per il ladro <strong>di</strong> bambini (e <strong>di</strong>ntorni) 55<br />
roviaria. Razzia <strong>di</strong> pupi la notte della vigilia. Prima le minacce, poi alcu‐<br />
ni giovani fanno “piazza pulita”. Una scheggia tra le altre, su cui riflette‐<br />
re.<br />
31 <strong>di</strong>cembre. Ancora su «La Gazzetta del Mezzogiorno» <strong>di</strong> ieri, un<br />
«Dizionario»: Cinema 1993/Alfabeto dei protagonisti. E dunque: A come<br />
Amelio (senza <strong>di</strong>scussione). Seguono i soliti luoghi comuni sul «realismo<br />
poetico e la limpida vena drammaturgica», che collocano Amelio «fra i<br />
rari maestri delle nuove generazioni <strong>di</strong> cineasti». Occorre andare oltre<br />
questo giu<strong>di</strong>zio, scavare nelle fonti e indagare sull’incidenza effettiva del<br />
lavoro <strong>di</strong> Gianni nella cultura e nella società <strong>di</strong> cui siamo testimoni. E<br />
necessario vedere e rivedere i suoi film criticamente: con la stessa dose<br />
<strong>di</strong> atteggiamento critico‐autocritico che sta a monte delle singole opere.<br />
Bisogna gareggiare con l’autore sul piano della ricerca. Ad ognuno il suo<br />
mestiere, certo; ma c’è un punto in cui i piani s’intrecciano, un luogo<br />
privilegiato dove le <strong>di</strong>verse funzioni dell’immaginare e del fruire<br />
l’immagine si incontrano e si scontrano. La pedagogia comincia proprio<br />
qui: nel tentativo <strong>di</strong> vederci chiaro, e d’intervenire nell’interesse della<br />
“cosa”. Di che cosa? Di questi uomini innanzi tutto, in mezzo ai quali<br />
viviamo e operiamo.<br />
È uscita «Movie» <strong>di</strong> gennaio ‘93. Alle pp. 24‐25 c’è un articolo‐<br />
intervista Gianni Amelio. L’età d’oro, a cura <strong>di</strong> Federica Taddei. Una no‐<br />
terella esplicativa: Un cinema definito <strong>di</strong> “effetti speciali”, parafrasando<br />
sia il gergo cinematografico che il titolo <strong>di</strong> una sua opera del ‘75. Effetti<br />
speciali, storia del tormentato rapporto tra un vecchio regista e il suo <strong>di</strong>‐<br />
scepolo. Il servizio è ovviamente su Il ladro <strong>di</strong> bambini; però le ragioni<br />
pedagogiche che ne scaturiscono vanno certamente ben al <strong>di</strong> là <strong>di</strong><br />
quest’ultimo film. Direi anzi che, in Effetti speciali (1978), c’è un vero e<br />
proprio saggio <strong>di</strong> pedagogia cinematografica e <strong>di</strong> pedagogia tout‐court.<br />
Da mettere accanto, in specie, a La morte al lavoro (1978) e Il piccolo Ar‐<br />
chimede (1979). Sullo sfondo: Bertolucci secondo il cinema (1976).<br />
2 gennaio 1993 ‐ Su «Liberazione» <strong>di</strong> 1‐8 gennaio c’è una segnalazio‐<br />
ne <strong>di</strong> «Cinema nuovo» (a p. 14) e dunque del mio pezzo: «su Ladro <strong>di</strong><br />
bambini un’inconsueta recensione/lettera <strong>di</strong> Siciliani de Cumis, concitta‐<br />
<strong>di</strong>no <strong>di</strong> Amelio». Chissà che avrà voluto <strong>di</strong>re Stefanutto‐Rosa. Del film si<br />
era già egregiamente occupato sulla rivista Franco Prono (ma non avevo<br />
potuto tenerne conto nel mio articolo, per ragioni <strong>di</strong> tempo). Una ricerca<br />
da fare (a più livelli): sui rapporti <strong>di</strong> Amelio con «Cinema nuovo», da<br />
quando cominciò a leggere il perio<strong>di</strong>co (dal numero 93, nel novembre
56<br />
Parte prima – Capitolo quinto<br />
1956: cfr. «Cinema nuovo», maggio‐giugno 1986, p. 22, testimonianza su<br />
«Il fascicolo più caro») ad oggi...<br />
Oggi: cfr. intanto F. Giannella, Quel ladro nipote <strong>di</strong> Rossellini. Si ri‐<br />
propone il neorealismo con le vicende dei piccoli protagonisti, in<br />
«L’In<strong>di</strong>pendente», 2 gennaio 1993.<br />
8 gennaio, Roma. Di ritorno dalla Calabria, metto in or<strong>di</strong>ne le carte<br />
che mi sono portato <strong>di</strong>etro da Catanzaro. In particolare, nella vecchia ca‐<br />
sa <strong>di</strong> mia nonna (la stessa da cui Gianni girò un “esterno” per La fine del<br />
gioco, e che tanto incuriosiva Ugo Gregoretti per le sue porte chiuse a<br />
chiave, per i suoi ambienti un po’ tetri, un po’ misteriosi), ho ripescato<br />
un articolo, un ritaglio dalla «Gazzetta del Sud», a firma <strong>di</strong> Albino Leva‐<br />
to, e dal titolo Storie <strong>di</strong> emigrazione. San Pietro Magisano in provincia <strong>di</strong><br />
Catanzaro.<br />
La data: 1° ottobre 1982. Dell’anno <strong>di</strong> Colpire al cuore... Nell’80 Gianni<br />
era venuto a Cosenza; e mi raccontò la storia <strong>di</strong> Emilio. Poi andammo a<br />
Rai tre/Regione: serviva un “filosofo” che parlasse <strong>di</strong> La Città del Sole, e<br />
io mi prestai volentieri alla cosa. Peccato non riuscire a trovare il testo <strong>di</strong><br />
quella mia intervista <strong>di</strong> allora. Non che fosse gran che (in uno stu<strong>di</strong>o te‐<br />
levisivo la prima volta che c’entravo, io ero del tutto un pesce fuor<br />
d’acqua), ma, come che sia, mi piacerebbe ritrovarmi in quell’uscita cri‐<br />
tica estemporanea o quasi... Così come trovo <strong>di</strong> mio giusto ritornare <strong>di</strong><br />
tanto in tanto sui miei passi: e perché, forse, nei giorni scorsi sono anda‐<br />
to a far visita alla signora Carmela (la nonna <strong>di</strong> Gianni, una delle due<br />
nonne “vere” che si risolvono nel personaggio <strong>di</strong> fantasia della nonna<br />
del Ladro <strong>di</strong> bambini). Una serata in<strong>di</strong>menticabile. Lo zio Ciccio, pure<br />
lui, che persona simpatica, gentile.<br />
15 gennaio. Ancora rimettendo a posto ritagli <strong>di</strong> giornale, ne salta<br />
fuori uno <strong>di</strong> sicuro interesse: S. Zavoli, Noi, ladri <strong>di</strong> bambini, in «l’Unità»<br />
del 31 <strong>di</strong>cembre ‘92. Si tratta <strong>di</strong> questo: della “foto dell’anno” secondo<br />
«l’Unità» (quella <strong>di</strong> un bimbo somalo ucciso dalla fame), commentata da<br />
Sergio Zavoli, e illustrata a sua volta dal titolo forse più significativo del<br />
1992, quello appunto <strong>di</strong> Il ladro <strong>di</strong> bambini. Aggiunge la redazione del<br />
giornale: «Ogni mese sarà pubblicata una foto significativa e alla fine del<br />
prossimo anno saranno i lettori dell’«Unità» a scegliere la più bella del<br />
1993». Non vorrei essere cinico: ma Lamerica corre seri rischi <strong>di</strong> fare an‐<br />
cora una volta centro. Che ne <strong>di</strong>ci Gianni?
Diario pedagogico per il ladro <strong>di</strong> bambini (e <strong>di</strong>ntorni) 57<br />
19 gennaio. De<strong>di</strong>cherò le prossime ore libere a rivedere Colpire al cuo‐<br />
re, I ragazzi <strong>di</strong> via Panisperna, Porte aperte... In tutti i film <strong>di</strong> Amelio ci sono<br />
vari gra<strong>di</strong> (per così <strong>di</strong>re) pedagogici: un livello <strong>di</strong> pedagogia <strong>di</strong>retta, un<br />
altro <strong>di</strong> pedagogia in<strong>di</strong>retta; poi trovi l’etica che si combina con la politi‐<br />
ca e, quin<strong>di</strong>, con la pedagogia (<strong>di</strong>retta e/o in<strong>di</strong>retta); ancora, c’è una criti‐<br />
ca del “senso comune” che è, a suo modo, pedagogica; infine, c’è l’idea<br />
<strong>di</strong> un’antipedagogia che è, non<strong>di</strong>meno, pedagogica. In questo or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong><br />
osservazioni, sono da considerare determinati elementi realistici o sim‐<br />
bolici: la mano; l’abbraccio; l’acqua; il passo; ecc. L’acqua, per l’appunto:<br />
nel Ladro <strong>di</strong> bambini ha un po’ la funzione del “ghiaccio” nella canzone<br />
Titanic <strong>di</strong> Francesco De Gregori. E bisognerebbe però in<strong>di</strong>viduare in tut‐<br />
to il <strong>di</strong>scorso <strong>di</strong> Gianni questo intercalare acqueo, in rapporto agli altri<br />
intercalari significativi (la mano, l’abbraccio, la camminata dei perso‐<br />
naggi, lo sguardo pedagogico, maieutico, del regista in relazione a quel‐<br />
lo che <strong>di</strong> educativo si sollecita nello spettatore ecc.).<br />
20 gennaio. Sono riuscito a pescare la cassetta video <strong>di</strong> Totò e Caroli‐<br />
na <strong>di</strong> Mario Monicelli (1954, con Totò e Anna Maria Ferrero). Qualcuno<br />
l’ha citato come precedente <strong>di</strong> Il ladro <strong>di</strong> bambini. Ho visto e rivisto il film<br />
con questa ipotesi in testa. Si tratta <strong>di</strong> un’altra cosa, non c’è dubbio; ma<br />
non è da escludere che taluni moduli “comici” passino da un’opera<br />
all’altra. (Ricordare i fasti<strong>di</strong> avuti da Totò e Carolina dalla censura, e la<br />
<strong>di</strong>fesa <strong>di</strong> «Cinema nuovo» nel ‘34).<br />
25 gennaio. Anton Giulio Mancino su «Paese sera» del 7 gennaio ha<br />
recensito il volume feltrinelliano con la sceneggiatura del Ladro <strong>di</strong> bambi‐<br />
ni: Un meraviglioso film da leggere tutto d’un fiato (è il titolo<br />
dell’articolo). Ne parlo con Aristarco. Discutiamo a lungo la tesi della<br />
“novità” che rappresenterebbe la proposta e<strong>di</strong>toriale in questione. Gene‐<br />
rosamente, il mio interlocutore mi fa avere un dossier <strong>di</strong> cose rarissime<br />
sul film‐sceneggiatura. Le leggo con attenzione, e penso che Amelio non<br />
ha colpa se gli altri gli attribuiscono meriti che finiscono col <strong>di</strong>minuirlo.<br />
Un’idea interessante la tornisce Goffredo Fofi, in un punto della sua in‐<br />
troduzione al volumetto <strong>di</strong> cui sopra: «Che Il ladro <strong>di</strong> bambini sia piaciuto<br />
un po’ a tutti ‐ a troppi, magari anche agli artefici e ai complici dei <strong>di</strong>sa‐<br />
stri che descrive e condanna, gli effetti della cui azione o della cui inazio‐<br />
ne i piccoli protagonisti dei film debbono soffrire ‐ non è imputabile ad<br />
Amelio, è il risultato <strong>di</strong> una congiuntura» 48 . Verissimo. Però, che vuoi <strong>di</strong>‐<br />
48 G. Amelio, Il ladro <strong>di</strong> bambini, cit., p. VI.
58<br />
Parte prima – Capitolo quinto<br />
re “congiuntura”? C’è o non c’è un rapporto <strong>di</strong> organica in<strong>di</strong>pendenza<br />
(almeno in qualche misura) tra il modo in cui si denunzia, e le cose, le<br />
persone, le situazioni che vengono denunziate? Non vedeva bene il<br />
grande Altan, quando alcuni anni fa sintetizzava il problema con quella<br />
celebre vignetta dei topi che invadevano la nave, del marinaio che trafe‐<br />
lato portava la notizia al capitano, e del capitano per l’appunto egli stes‐<br />
so niente altro che un topo male<strong>di</strong>cente («Maledette bestiacce!»)?<br />
(Cfr. su «l’Unità» <strong>di</strong> oggi, l’articolo <strong>di</strong> D. Manera, Un ladro <strong>di</strong> bambini a<br />
Barcellona).<br />
29 gennaio. Mi hanno telefonato in molti per l’articolo su «Cinema<br />
nuovo». Annamaria Murdocca, che sta scrivendo un saggio su Amelio,<br />
ad<strong>di</strong>rittura da Milano, per avere ulteriori ragguagli sul dossier “in pre‐<br />
parazione?” dal titolo Lettera da S. Pietro ad uno spettatore che non ha tra<strong>di</strong>‐<br />
to. Maria Pia Valentini mi rimprovera garbatamente <strong>di</strong> non essere, tutto<br />
sommato, un vero recensore del film. Roberto Donini mi da notizie sulla<br />
“fortuna” del mio pezzo. Alcuni studenti entrano criticamente nel meri‐<br />
to <strong>di</strong> certe soluzioni letterarie. Il professore Mastroianni stigmatizzava le<br />
mie ar<strong>di</strong>tezze stilistiche («un collage, invece che un mimmorotelliano de‐<br />
collage»?). Non saprei.<br />
Firenze, 31 gennaio. Faccio visita a Eugenio Garin. Gli offro il nume‐<br />
ro <strong>di</strong> «Cinema nuovo» con l’articolo‐lettera sul Ladro. Ottengo una serie<br />
<strong>di</strong> preziose informazioni su Garin e il cinema (sui film del neorealismo<br />
in specie).<br />
Roma, i febbraio. Su «Ciak» del febbraio ‘93, alcune informazioni su<br />
Il ladro <strong>di</strong> bambini, ipotetico Oscar (in un servizio a cura <strong>di</strong> P. Detassis, a<br />
p. li). Su «Cinema nuovo» <strong>di</strong> gennaio‐febbraio ‘93, finalmente, esce la<br />
cronaca giffoniana a cura <strong>di</strong> D’Arcangeli e un mio pezzo su Antonioni,<br />
Caivino e la rivista <strong>di</strong> Aristarco. Lo de<strong>di</strong>co a Gianni, assieme alla nota su<br />
Benvenuti.<br />
2 febbraio. «Amelio, ladro <strong>di</strong> Nastri?», (cioè ai Nastri d’argento), in<br />
«Il Resto del Carlino» <strong>di</strong> oggi (cronaca non firmata). Così sulla «Gazzetta<br />
del Sud»:<br />
«Le cinquine per i Nastri d’argento (consegna il 20 marzo). Il ladro <strong>di</strong><br />
bambini è can<strong>di</strong>dato sei volte». Ma la notizia rimbalza da un giornale<br />
all’altro (ne parlano anche la ra<strong>di</strong>o e la televisione).
Diario pedagogico per il ladro <strong>di</strong> bambini (e <strong>di</strong>ntorni) 59<br />
13 febbraio. Augusto Sartorelli, l’amico e<strong>di</strong>colante, mi fa avere un<br />
pensiero gentile per me <strong>di</strong> Valeria, sua figlia: l’ultimo numero <strong>di</strong> «Video<br />
news» gennaio 1993), con l’annunzio della imminente videocassetta <strong>di</strong> Il<br />
ladro <strong>di</strong> bambini («in occasione della notte degli Oscar»); e con una serie<br />
<strong>di</strong> pezzi: una intervista ad Amelio, a cura <strong>di</strong> A. Frigerio; e alcune meda‐<br />
gliette (foto, <strong>di</strong>dascalie ecc.) illustrative. Faccio le fotocopie <strong>di</strong> queste pa‐<br />
gine e restituisco il perio<strong>di</strong>co. Noto quin<strong>di</strong> che alcuni giornali (per es. «Il<br />
Messaggero») offrono servizi sullo stesso tema del video che sta per es‐<br />
sere messo in circolazione. Resto in attesa <strong>di</strong> saperne <strong>di</strong> più, e <strong>di</strong> avere la<br />
possibilità (col nuovo mezzo) <strong>di</strong> rivedere il film. Ripetere l’esperienza<br />
della visione cinematografica a casa, senza fretta, tornando in<strong>di</strong>etro e<br />
andando avanti sul nastro, è un’operazione tecnica e insieme pedagogica<br />
importantissima. Si tratta finalmente <strong>di</strong> trattare il film come il libro, co‐<br />
me il quadro, come la registrazione <strong>di</strong> un fatto musicale ecc. Certo, non è<br />
lo stesso che andare al cinema (le variabili <strong>di</strong> contesto e <strong>di</strong> visione, in tal<br />
caso, sono notevoli); ma è un’integrazione <strong>di</strong> approccio essenziale al<br />
momento critico, un’ulteriore apertura ad una educazione al fatto filmi‐<br />
co che interessa.<br />
15 febbraio. Mio figlio Matteo mi chiede aiuto. Vuol scrivere una let‐<br />
tera a «l’Unità», però <strong>di</strong>retta a Gillo Pontecorvo. Ci lavoriamo un paio<br />
d’ore. Eccola (alla fine, il riferimento ad Amelio è implicito, per mio de‐<br />
siderio):<br />
Caro Gillo Pontecorvo, ieri domenica 14 febbraio io ero tra quelli che al ci‐<br />
nema «Mignon» hanno visto Kapò. All’ingresso vendevano «l’Unità» e davano<br />
anche un foglietto con la pubblicità del libro che verrà offerto con il giornale<br />
prossimamente (cioè Lettere <strong>di</strong> condannati a morte della Resistenza italiana). Tu,<br />
dopo la proiezione, hai parlato <strong>di</strong> un altro film, bellissimo, che conosci e che<br />
vorresti che i ragazzi italiani vedessero a scuola: Notti e nebbie <strong>di</strong> Alain Resnais.<br />
Ci hai anche invitato a scrivere tutti una lettera al Ministro della Pubblica Istru‐<br />
zione, per far entrare questo film in Italia e per farlo circolare tra noi. Anche<br />
Kapò, secondo me, dovrebbe essere visto dagli scolari italiani e non solo italiani.<br />
Mi piacerebbe infatti poterlo rivedere con i miei compagni e con i miei inse‐<br />
gnanti e <strong>di</strong>scuterne tra noi e con te. Ma tu, se ti invitassimo, ci verresti a parlare<br />
con noi del tuo film? Ti <strong>di</strong>spiacerebbe fare pubblicare sull’«Unità» questa lettera<br />
(così la leggerebbe anche la Jervolino), o pensi che <strong>di</strong>cendo <strong>di</strong> sì a me, poi chissà<br />
quanti altri ragazzi ti vorrebbero nelle loro classi? E se invece il Ministero della<br />
Pubblica Istruzione organizzasse <strong>di</strong>rettamente una proiezione per ogni città ita‐<br />
liana <strong>di</strong> Kapò: in questo caso <strong>di</strong>resti <strong>di</strong> sì?
60<br />
Parte prima – Capitolo quinto<br />
A me Kapò è piaciuto molto, perché non dovrebbe piacere a tutti gli altri ra‐<br />
gazzi come me? Ho detto a mio padre questa idea, e lui l’ha approvata. Mi ha<br />
anzi raccontato <strong>di</strong> quando lui era studente <strong>di</strong> liceo ed ha visto per la prima volta<br />
Kapò a Catanzaro. Mi ha anche fatto la fotocopia <strong>di</strong> un giornalino scolastico del<br />
«Galluppi», la sua scuola, con articolo su Lettere <strong>di</strong> condannati a morte della<br />
Resistenza italiana. Sullo stesso giornalino ci sono anche altri pezzi interessanti,<br />
curiosi (per es. sul cinema). Quei ragazzi avevano la stessa età <strong>di</strong> Nicole (E<strong>di</strong>th),<br />
la protagonista del tuo film. Che bello però, questo Kapò! Vorrei rivederlo.<br />
Matteo Siciliani de Cumis<br />
Sì, vorrei rivederlo, anch’io Kapò, magari assieme a Gianni, al Comu‐<br />
nale <strong>di</strong> Catanzaro, come in quel non vicino 1960. Per fargli il pelo e il<br />
contropelo della critica.<br />
16 febbraio Su «Il Giorno» <strong>di</strong> oggi, una pagina intera (p. 5) intitolata<br />
Ladri <strong>di</strong> bambini L’occhiello: Dopo le retate, i mercanti riportano i piccoli la‐<br />
vavetri ai semafori. E il sommario: Quattro storie esemplari sullo sfruttamento<br />
degli “Sciuscià” <strong>di</strong> colore. In 10 anni cambiano i padroni, ma il fenomeno resta.<br />
Vari articoli quin<strong>di</strong>, <strong>di</strong> cui uno <strong>di</strong> carattere esplicitamente pedagogico,<br />
scolastico, sui 2500 ragazzi (almeno 2500) <strong>di</strong> provenienza extracomunita‐<br />
ria a Milano... Chissà Gianni se avrà visto questa pagina del «Giorno». Io<br />
credo che sia qui (senza fare torto alla “cosa”, cioè al film in quanto tale)<br />
la maggiore importanza <strong>di</strong> Il ladro <strong>di</strong> bambini: in questa capacità <strong>di</strong> en‐<br />
trare nei pensieri della gente, ben al <strong>di</strong> là dei suoi “limiti”; in questa ca‐<br />
pacità <strong>di</strong> tendere a <strong>di</strong>ventare un fatto culturale complesso, metacinema‐<br />
tografico, <strong>di</strong> “senso comune” (egemonico).<br />
Passando ad un altro argomento (tuttavia non <strong>di</strong>stante da questo che<br />
precede). La ra<strong>di</strong>o, la televisione, i giornali celebrano oggi “il primo<br />
compleanno” <strong>di</strong> Tangentopoli. Quanti anni ha Il ladro <strong>di</strong> bambini? Uno<br />
anch’esso, da che è venuto alla luce; ma due, tre, <strong>di</strong>eci ed assai <strong>di</strong> più, se<br />
riflettiamo gli aspetti formativi del film: al tempo occorso materialmente<br />
per produrlo, al tempo impiegato per pensarlo... Perfino quel 1983 quan‐<br />
do Gianni ne parlò per la prima volta ad un giornalista calabrese, è <strong>di</strong><br />
gran lunga successivo alla genesi interna dell’opera nella cultura e nella<br />
sensibilità del regista informazione. Bisognerà raccogliere tutti gli ele‐<br />
menti necessari per vederci più chiaro. È questa, forse, la prima delle<br />
operazioni pedagogiche da compiere. E opportuno rifletterci ancora. Da<br />
principio.
Diario pedagogico per il ladro <strong>di</strong> bambini (e <strong>di</strong>ntorni) 61<br />
19 febbraio. Nessuna nomination per l’Oscar, per Il ladro <strong>di</strong> bambini.<br />
Vari articoli sui giornali (continueranno certamente domani). Peccato.<br />
Però chissà, che non sia meglio così. Lo pensa anche Gianni, ne sono cer‐<br />
to.<br />
22 febbraio. Su «La Repubblica» <strong>di</strong> oggi‐ieri (domenica‐lunedì), Giu‐<br />
seppe Jeracitano in una scena del Ladro illustra la sentenza <strong>di</strong> Lecce:<br />
«Schiaffo a un bimbo: reato. Il pretore condanna la madre manesca».<br />
Quante responsabilità sulle tue spalle, Gianni. Non ti sembra che esage‐<br />
rino? (Cfr. pure «La Stampa», <strong>di</strong> oggi, a p. 10, la stessa citazione del tuo<br />
film).<br />
24 febbraio. Faccio la pace con Matteo mio figlio (avevamo litigato<br />
per una questione <strong>di</strong> videocassette da usare in un modo anziché in un<br />
altro), invitandolo a vedere assieme a me Colpire al cuore. Per lui è la<br />
prima volta. Per me la sesta o la settima. L’effetto rappacificatore è stra‐<br />
or<strong>di</strong>nario. Ancora più straor<strong>di</strong>nario, il risultato critico‐pedagogico. Mat‐<br />
teo ha <strong>di</strong>eci anni e mezzo, la stessa identica età <strong>di</strong> Colpire al cuore ma è<br />
assai più maturo (fisicamente e mentalmente) della me<strong>di</strong>a dei bambini<br />
come lui. Vorrebbe rivedere subito il film; e ha fretta <strong>di</strong> incontrarsi con Il<br />
ladro <strong>di</strong> bambini (ancora non l’ha mai fatto). Conosce invece Porte aperte e<br />
ritrova subito un punto <strong>di</strong> contatto con Colpire al cuore («il padre che ab‐<br />
braccia il figlio»). Cerco <strong>di</strong> fargli notare le <strong>di</strong>fferenze, da un film all’altro.<br />
Si incaponisce sul suo punto <strong>di</strong> vista. Litighiamo nuovamente. Ripren‐<br />
<strong>di</strong>amo a parlare, con la promessa <strong>di</strong> riconsiderare entrambi le nostre o‐<br />
pinioni, in presenza delle sequenze oggetto <strong>di</strong> <strong>di</strong>scussione.<br />
«Inoltre» ‐ io aggiungo ‐ «anche nel Ladro <strong>di</strong> bambini c’è un abbraccio<br />
importante, significativo. Dobbiamo vedere in che si rassomigliano, e in<br />
che si <strong>di</strong>fferenziano, questi abbracci. Va bene, Matteo?».<br />
Matteo però preferisce passare ad altro argomento: «La scena più bel‐<br />
la, secondo me, è quella quando stanno per arrestare il padre e la donna<br />
del terrorista, e si vede il cortile attraverso il vetro rotto dal mattone.... e<br />
prima, quando il figlio giochicchia con il pallone». Ascolto ciò che ha an‐<br />
cora da <strong>di</strong>re, e non lo contrad<strong>di</strong>co. Ma penso: Il ladro <strong>di</strong> bambini, da un<br />
certo punto <strong>di</strong> vista, comincia proprio come Colpire al cuore finisce (con<br />
un arresto <strong>di</strong> un genitore “responsabile” in vario modo, si intende, della<br />
“sorte” dei figli). Quando Matteo vedrà il film che ancora non ha visto,<br />
sentirò da lui cosa ne pensa. L’argomento è delicato, soprattutto in quan‐<br />
to bisogna non fermarsi all’evidenza della situazione (l’arresto, genitori
62<br />
Parte prima – Capitolo quinto<br />
e figli ecc.), ma occorre approfon<strong>di</strong>re la <strong>di</strong>versità del “testo”, e, special‐<br />
mente, del contesto.<br />
25 febbraio. La musica, la musica del Ladro <strong>di</strong> bambini, mi sembra<br />
svolga una funzione che andrebbe meglio spiegata. Ma, a parte Franco<br />
Piersanti, e lo stesso Amelio, non mi pare che altri se ne sia occupato con<br />
cognizione <strong>di</strong> causa. Più in generale, è il tema della musica (del suono e<br />
dell’”ascolto” nei film <strong>di</strong> Gianni, da La fine del gioco / La Città del Sole a Il<br />
ladro <strong>di</strong> bambini) ad esigere qualche supplemento d’indagine. Chissà che<br />
l’argomento non interessi all’amico Dante Di Mauro, o a qualcuno del<br />
suo gruppo. Gliene parlerò 49 .<br />
27 febbraio. Siamo ancora in attesa, Matteo ed io, <strong>di</strong> una qualche ri‐<br />
sposta da parte <strong>di</strong> Gillo Pontecorvo. Anche il silenzio, in fondo, sarà una<br />
risposta. Ed è curioso per me come questa esperienza della lettera a<br />
«l’Unità» da parte <strong>di</strong> Matteo, con la mia assistenza, entri a pieno titolo<br />
nei contenuti <strong>di</strong> un Diario pedagogico per Il ladro <strong>di</strong> bambini (con annessi<br />
e connessi). In fondo, la vera educazione che deriva dal cinema <strong>di</strong> Ame‐<br />
lio è <strong>di</strong> tipo in<strong>di</strong>retto: <strong>di</strong> modo che è proprio l’ulteriorità <strong>di</strong> un risultato<br />
pedagogico (per l’appunto Matteo e le sue prime prove critiche), che pur<br />
rimanda per interposta persona alla lezione <strong>di</strong> Gianni (un’Università per<br />
ciò che mi riguarda), a decidere del portato formativo dei suoi film tra<br />
“genesi” e “fortuna”. E proprio la combinazione verificatasi in quel lon‐<br />
tano 24 novembre del 1961, sulla seconda pagina <strong>di</strong> «Il Sentiero», a con‐<br />
tribuire variamente alla nascita e alla sorte <strong>di</strong> una “pedagogia” che va<br />
ben al <strong>di</strong> là delle singole persone (Gianni, Matteo, me). E proprio la scel‐<br />
ta (<strong>di</strong>dattica ed auto<strong>di</strong>dattica) <strong>di</strong> ritornare criticamente a leggere e a ri‐<br />
leggere le prime prove <strong>di</strong> ciascuno, nella sede <strong>di</strong> un giornalino scolastico<br />
del “vecchio «Galluppi»”, a spiegare ‐ forse il perché e il come <strong>di</strong> queste<br />
note <strong>di</strong> <strong>di</strong>ario. E dei testi‐contesti‐pretesti cui esse rimandano, <strong>di</strong>ciamo<br />
pure, tra cronaca e storia.<br />
49 Cfr. intanto L. Gasparini, nota su Il ladro <strong>di</strong> bambini, in «Rumore», giugno 1992,<br />
p. 30; e anche le pp. 54‐55, «ladri <strong>di</strong> saponette, un alfabeto per Cannes ‘92».
Capitolo sesto<br />
Ecce Lamelio alla scoperta della “Merica” 50<br />
L’ultimo film <strong>di</strong> Gianni Amelio è un’opera interrogativa, aperta, e‐<br />
spressivamente non sempre risolta ma, in forza dei suoi stessi limiti, za‐<br />
vattinianamente “utile”.<br />
A Guido Aristarco<br />
Carissimo Guido, ti devo una spiegazione. Se ancora non riesco a<br />
formulare un giu<strong>di</strong>zio a tutto tondo su Lamerica <strong>di</strong> Gianni Amelio (ti <strong>di</strong>‐<br />
cevo) è perché io non ho ancora “finito” <strong>di</strong> “vedere” il film. Di più, ag‐<br />
giungevo, l’opera in se stessa non è compiuta, in quanto — per la sua<br />
forte, fortissima valenza pedagogica — recupera geneticamente al suo<br />
interno un feed back formativo <strong>di</strong> sicuro spessore educativo, <strong>di</strong>dattico.<br />
Ragion per cui io, che non sono un critico cinematografico stricto sensu,<br />
ma solo una persona che si occupa <strong>di</strong> altre persone capaci in qualche<br />
modo <strong>di</strong> reagire al film interattivamente, sfaccettando, moltiplicando,<br />
riqualificando se possibile le situazioni <strong>di</strong> lettura, ho davvero <strong>di</strong>fficoltà a<br />
decidere dopo tanto poco tempo: e avendo visto Lamerica una sola volta,<br />
per giunta in con<strong>di</strong>zioni tecniche non ottimali (lo schermo del locale era<br />
non adeguato al Panavision, espressamente voluto da Amelio; e anche<br />
l’au<strong>di</strong>o lasciava a desiderare). Inoltre, il contesto è frastornante fino al<br />
punto <strong>di</strong> imporre la domanda: il testo, cioè il film, ovvero noi stessi nei<br />
suoi confronti, possiamo <strong>di</strong>rcene estranei? Non è proprio il contesto, in‐<br />
vece, a mo<strong>di</strong>ficare i termini del rapporto tra l’autore e lo spettatore, e<br />
dunque anche la “cosa”, Lamerica, e la nostra in<strong>di</strong>viduale capacità <strong>di</strong> va‐<br />
lutazione? In che conto tenere le sollecitazioni esterne, soggettivo‐<br />
oggettive, a decidere in questa o in quella <strong>di</strong>rezione del giu<strong>di</strong>zio?<br />
Lasciamo perdere per il momento il <strong>di</strong>datticismo esplicito <strong>di</strong> Amelio,<br />
che pure ha svolto e svolge un ruolo, intervenendo nella recensione col‐<br />
lettiva del film con una evidenza e con una insistenza che non possono<br />
non fare riflettere: perché volere, da parte sua, spiegare Lamerica? perché<br />
continuare a fare il regista, anche mentre il film è nelle sale cinematogra‐<br />
fiche <strong>di</strong> tutt’Italia, e si appresta a conquistare il pubblico internazionale?<br />
per quale motivo mescolarsi così senza pudore ai critici, da autore critico <strong>di</strong><br />
se stesso, che non accetta le solite regole <strong>di</strong> un ritroso “sottoporsi a giu‐<br />
<strong>di</strong>zio”? E consideriamo piuttosto un altro aspetto della questione: dal<br />
punto <strong>di</strong> vista dei cosiddetti critici. Hai notato, Guido, che casino? Un<br />
titolista si chiede, a proposito <strong>di</strong> Lamerica: «ma dove sta il capolavoro?»<br />
(quasi a <strong>di</strong>re che in molti hanno esagerato); però, dopo poco più d’una<br />
settimana, sullo stesso giornale, probabilmente l’identica mano scrive<br />
50 Titolo tratto da un articolo <strong>di</strong> N. SICILIANI DE CUMIS, «Cinema Nuovo », n. 6,<br />
(352), novembre‐<strong>di</strong>cembre 1994, pp. 2‐3.
64<br />
Parte prima – Capitolo sesto<br />
del medesimo film: «Finalmente un capolavoro italiano, coinvolgente<br />
grazie alla sua potenza drammatica 51 ». Ancora, la Repubblica, pure la Re‐<br />
pubbica: fino al 19 settembre, Lamerica viene valutato con il quadratino dei<br />
film “da vedere”; il giorno dopo, e fino a tutt’oggi (che è il 13 ottobre),<br />
gli è attribuita invece una stelletta, che è il contrassegno dei film “da non<br />
perdere”. Così sul Corriere della Sera: un critico, Tullio Kezich, esprime<br />
delle riserve; un altro, Paolo Mereghetti (suppl. Sette dello stesso quoti‐<br />
<strong>di</strong>ano), decide che Lamerica è “magistrale”; una terza voce, Giovanna<br />
Grassi, raggiunge gradualmente un equilibrio.<br />
Il problema è tuttavia più generale. Vuoi sentirne <strong>di</strong> belle, Guido? In‐<br />
ventariando le parole, ad un primo sguardo d’insieme vien fuori questo:<br />
che Lamerica, da un lato, è per alcuni un’opera “magistrale”, “<strong>di</strong> classe”,<br />
“straor<strong>di</strong>naria”, “universale”, («socialmente necessaria e obbligatoria‐<br />
mente educativa», “interiore”, “umanistica”, «<strong>di</strong> purezza narrativa in‐<br />
consueta», «ricca <strong>di</strong> forza epica» senza mai “retorica” né “artificiosità”,<br />
«un film cosmico, biblico, planetario», «in<strong>di</strong>spensabile che turba, spiazza e<br />
inquieta», «<strong>di</strong> seria, rigorosa tensione creativa», “esplorativo”, “allar‐<br />
mante”, “itinerante”, “metaforico”, «destinato a rimanere proverbiale» e<br />
«a rappresentare [...] lo spirito del Tempo», «un’avventura interiore vista<br />
con sguardo epico», un film “shock”, un «pugno nello stomaco», un «af‐<br />
fresco sociale», un «<strong>di</strong>ario intimista» e un «bilancio storico», «un’opera<br />
compiuta: non solo sull’emigrazione albanese, ma sul dramma universa‐<br />
le, passato e presente, delle sue <strong>di</strong>namiche», un film “emozionante”, “in‐<br />
trigante”, un’analisi dei «nostri peccati capitali» «una vera e propria e‐<br />
popea», uno «spettacolo coinvolgente». «generoso, ispirato», un “capo‐<br />
lavoro”, <strong>di</strong> «ampio respiro», un film “bachtiniano”, «eminentemente<br />
morale [...] da proporre nelle scuole» ecc. ecc.<br />
Per altri, lo stesso Lamerica, si colloca su un piano <strong>di</strong>verso. È forse<br />
un’opera “utile” ma non “bella” (non “estetica”), un film «<strong>di</strong> non perfet‐<br />
ta resa stilistica e contenutistica», “extracinematografico”, «gremito, de‐<br />
vastante, infernale», «intriso <strong>di</strong> un acido ed attonito sentimento del Ma‐<br />
le», «un film duro con gli albanesi e con gli italiani», “imballato”, “len‐<br />
to”, “scontato”, con «molti squilibri e <strong>di</strong>fetti», “nobile” negli “intenti”<br />
ma «senza baricentro», «appesantito da particolari superflui», “am‐<br />
biguo” (un «ambiguo ladro <strong>di</strong> vecchi», <strong>di</strong> “vecchietti”, <strong>di</strong> “albanesi”),<br />
con “chiaroscuri”, un «capolavoro che convince a metà», giacché Amelio<br />
«ha perso la bussola», un film “cinico”, “razzista”, un “formicaio”, «un<br />
po’ puttanesco», un’opera “furba” ecc. ecc.<br />
Ebbene, cosa con<strong>di</strong>videre o obiettare? che sostenere pro e contra,<br />
cos’altro aggiungere, togliere, correggere, mo<strong>di</strong>ficare, variare, dei pareri<br />
fino ad ora raccolti su Lamerica? Eccoti la mia domanda. Quale la rispo‐<br />
sta? La tua risposta. Guido. La mia è intanto, effettivamente, una<br />
empasse; ma è pure, forse, un punto <strong>di</strong> partenza tecnicamente necessario.<br />
Un luogo “pedagogico” quanto basta (nelle intenzioni, almeno) per sti‐<br />
51 Vd. «L’Opinione» del 6 e del 16 settembre ’94.
Ecce Lamelio alla scoperta della “Merica” 65<br />
molare la voglia <strong>di</strong> un’indagine “altra” su Lamerica, e sullo stesso pe‐<br />
dagogismo sia in<strong>di</strong>retto (nel film) sia <strong>di</strong>retto (nelle se<strong>di</strong> del <strong>di</strong>battito in<br />
corso), <strong>di</strong> Gianni Amelio. Educatore <strong>di</strong> educatori, per quel che mi ri‐<br />
guarda. Almeno in un certo senso. In che <strong>di</strong>rezione, ed in che limiti? Ec‐<br />
coli. Questi che <strong>di</strong>scendono dai seguenti interrogativi, e dalla ricerca che<br />
in via <strong>di</strong> ipotesi ne consegue. E dunque: da quanti e quali profili educa‐<br />
tivi, <strong>di</strong>dattici può essere “letto”, stu<strong>di</strong>ato anche a scuola un film come<br />
Lamerica? È possibile supporre che gli insegnanti e gli studenti italiani<br />
delle me<strong>di</strong>e e dell’università trovino buone ragioni per collegare il loro<br />
lavoro scolastico e ricercativo normale, stando ai “programmi”, con<br />
un’esperienza culturale parallela ed aperta agli approfon<strong>di</strong>menti delle<br />
cosiddette ricerche? Come procedere, nell’ipotesi <strong>di</strong> un oggettivo inte‐<br />
resse “pedagogico” per l’opera più recente (e non solo per questa) del<br />
regista calabrese in <strong>di</strong>rezione degli strumenti utili a strutturare un piano<br />
<strong>di</strong> indagini intelligenti, significativamente <strong>di</strong>rette a stabilire un rapporto<br />
autenticamente critico tra l’autore e i potenziali non frettolosi spettatori?<br />
Lamerica è un fatto cinematografico (e non solo) utile, utilissimo; e il<br />
suo scenario effettivo, il suo ambito topo‐geografico ed etico reale, non è<br />
solo l’Albania o l’Italia (né l’America o Lamerica, ovvero la Merica, come<br />
pure è stato detto da Amelio stesso), ma il mondo intero: quel Sud, quei<br />
Sud del mondo, i quali il resto del pianeta Terra non si capisce nelle sue<br />
ricchezze e nelle sue povertà. Nelle sue contrad<strong>di</strong>zioni, che sono le no‐<br />
stre stesse contrad<strong>di</strong>zioni. Lamerica, in questo senso, siamo noi stessi,<br />
siamo ciascun uomo. Conviene non <strong>di</strong>menticarlo, al <strong>di</strong> là <strong>di</strong> ogni ap‐<br />
parenza ed evidenza <strong>di</strong> esteriorità.<br />
Grato dell’attenzione che potrai prestarmi, Guido carissimo, ti saluto<br />
affettuosamente,<br />
Nicola Siciliani de Cumis
Capitolo settimo<br />
A come Bambini, B come Adulti 52<br />
Sia in televisione che su alcuni giornali, è comparso uno spot abba‐<br />
stanza <strong>di</strong>verso dal solito, <strong>di</strong> quelli che, come si <strong>di</strong>ce, stimolano a pensare<br />
<strong>di</strong> più. È della Mercedes‐Benz, e si riassume nella massima: «Aiutare un<br />
bambino fa grande un adulto». E consiste in ciò: un filmato <strong>di</strong> trenta se‐<br />
con<strong>di</strong>, ovvero un fotogramma assai eloquente, riproducenti entrambi un<br />
bimbo che intuiamo ammalato <strong>di</strong> AIDS, che si sforza <strong>di</strong> andare in bici‐<br />
cletta assieme ad altri suoi coetanei, e che per l’appunto vi riesce dopo<br />
essere stato un po’ sorretto da un “grande”. Ce la farà.<br />
Nella versione televisiva, poi, a pronunziare (voce fuori campo) quel‐<br />
le parole è lo stesso autore dell’idea pubblicitaria, che è Gianni Amelio...<br />
Sì, proprio lui, l’autore <strong>di</strong> La fine del gioco, <strong>di</strong> Il piccolo Archimede, <strong>di</strong> Il la‐<br />
dro <strong>di</strong> bambini e ora <strong>di</strong> Lamerica: che però, com’è noto, non è nuovo alle<br />
imprese spottistiche. Con la macchina da presa e con poche battute, un<br />
lungo ragionamento e l’esplicitazione <strong>di</strong> una prassi: «Questo bambino<br />
ha bisogno <strong>di</strong> aiuto. Aiutare un bambino fa grande un adulto». C’è tutto<br />
Amelio, qui, la sua filosofia.<br />
Sui rotocalchi, invece, dove non arriva l’immagine‐sequenza in mo‐<br />
vimento, sovrabbonda la parola, e più si impone la spiegazione scritta:<br />
«Tutti i bambini hanno bisogno del sostegno degli adulti. Alcuni però<br />
hanno bisogno dell’aiuto <strong>di</strong> adulti un po’ speciali, con il cuore più gran‐<br />
de. Proprio per questo l’Organizzazione Mercedes‐Benz in Italia realizza<br />
una raccolta <strong>di</strong> fon<strong>di</strong> a favore dei bambini affetti dal virus HIV». Ancora:<br />
«Le Concessionarie Mercedes‐Benz destineranno al progetto parte dei<br />
loro utili. La somma raccolta sarà devoluta all’ospedale Bambino Gesù<br />
<strong>di</strong> Roma, per la ristrutturazione, l’ampliamento e la modernizzazione<br />
del reparto Malattie Infettive, consentendo così <strong>di</strong> migliorare ulterior‐<br />
mente l’assistenza a favore dei bambini e delle loro famiglie». E infine:<br />
«La realtà AIDS in Italia e la solidarietà nei suoi confronti meritano<br />
l’attenzione <strong>di</strong> tutti. Le Concessionarie Mercedes‐Benz possono aiutarvi<br />
a saperne <strong>di</strong> più». Firmato Mercedes‐Benz, con tanto <strong>di</strong> timbro <strong>di</strong> convali‐<br />
da: Campagna a favore della raccolta fon<strong>di</strong> per i bambini affetti da AIDS.<br />
Fin qui lo spot della stampa, più anonimo, meno prensile del filmato.<br />
E Amelio? Certo, lo ritrovi con tutta la sua bravura tecnica nei movimen‐<br />
52 Titolo tratto dall’articolo <strong>di</strong> N. SICILIANI DE CUMIS, «Adultità», n. 3, aprile<br />
1996, pp. 199‐200.
68<br />
Parte prima – Capitolo settimo<br />
ti <strong>di</strong> macchina che, televisivamente, fanno andare avanti la sequenza del<br />
bambino, dei bambini in bicicletta, e dell’adulto che interviene ad aiuta‐<br />
re il piccolo malato. Però, riflettendoci un po’ su, capisci anche altro. Ti<br />
spieghi, per esempio, com’è che il 2 aprile scorso, durante l’incontro che<br />
è seguito alla proiezione del film Porte aperte al cinema Mignon <strong>di</strong> Roma,<br />
sul più bello Amelio si sia messo a parlare degli ammalati <strong>di</strong> AIDS, però<br />
sostenendo che il vero problema sono gli altri, i non‐ammalati, le perso‐<br />
ne sane e “perbene” che si ritengono estranee alla cosa, e dunque in <strong>di</strong>‐<br />
ritto <strong>di</strong> non occuparsene: o, peggio, in dovere <strong>di</strong> farlo moralisticamente,<br />
dall’alto della propria estraneità e innocenza presunte. Ma non è tutto.<br />
«Aiutare un bambino fa grande un adulto», come espressione etico‐<br />
pedagogica pensata e recitata da Amelio, è <strong>di</strong>fatti una funzionatissima<br />
chiave per entrare nel mondo poetico e morale <strong>di</strong> questo autore [...]. Al<br />
bambino usato dai mass me<strong>di</strong>a e dagli adulti (che è tema tipico del cinema<br />
ameliano, da La fine del gioco a Lamerica), si contrappone un uso giusto<br />
dei mass me<strong>di</strong>a a vantaggio dell’infanzia, a partire da quella più svantag‐<br />
giata. Alla pubblicità che con la forza della volgarità svilisce e tra<strong>di</strong>sce il<br />
reale (ah quegli albanesi attratti dall’Italia consumista e felice, che solo<br />
una certa televisione può contrabbandare per vera), si sostituisce<br />
un’altra ipotesi <strong>di</strong> pubblicità “<strong>di</strong>alettica”, critica, capace <strong>di</strong> mettere in <strong>di</strong>‐<br />
scussione i luoghi comuni dell’”aiuto” a senso unico e della “crescita”<br />
unilaterale: non è in ultima analisi l’adulto che aiuta il bambino colpito<br />
da HIV; è quel bimbo piuttosto che, nel momento in cui viene aiutato, fa<br />
assai <strong>di</strong> più per l’adulto: gli consente, cioè, <strong>di</strong> <strong>di</strong>ventare umanamente più<br />
umano, in un gioco delle parti che rovescia i termini del problema e,<br />
sconvolgendo la banalità dell’esistente, costruisce un’ipotesi <strong>di</strong> novità<br />
non fittizia, l’effettiva grandezza dell’adulto, la sua “adultità” riqualifi‐<br />
cata e riqualificante.<br />
Del resto, non si ostina proprio Amelio a <strong>di</strong>re che Il ladro <strong>di</strong> bambini<br />
non è un film sull’infanzia, ma sui “gran<strong>di</strong>”? E ripete che Porte aperte<br />
non era un’opera sulla pena <strong>di</strong> morte senz’altro, e che Lamerica non un<br />
documentario sull’Albania del post‐comunismo. Perché non credere<br />
dunque che in questo stesso spot sull’AIDS si riflettono invece ben altri<br />
<strong>di</strong>scorsi, sulla vita che noi viviamo e sulle sue magagne, e sull’Italia e sul<br />
Mondo <strong>di</strong> ieri e <strong>di</strong> oggi e le nostre drammatiche tragiche crisi <strong>di</strong> crescen‐<br />
za?
7.1. Amelio, Labriola e la laurea in filosofia 53<br />
A come Bambini B come Adulti 69<br />
A Gianni Amelio<br />
Caro Gianni, una volta Eugenio Garin... (parlo della fine degli anni<br />
Cinquanta, quando Gianni Amelio era studente <strong>di</strong> ginnasio‐liceo e co‐<br />
minciava a stu<strong>di</strong>are “filosofia”: ma <strong>di</strong> filosofia e pedagogia in qualche mo‐<br />
do sapeva già dalla zia Edda, maestra elementare; e dai perio<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> cul‐<br />
tura cinematografica come «Cinema Nuovo», dal libretto rosso dei “filo‐<br />
sofi in libertà” <strong>di</strong> Umberto Eco pubblicato nel ‘58 da Marianne Taylor<br />
Abbagnano, e soprattutto ne aveva appreso dagli scritti <strong>di</strong> Giuseppe<br />
Marotta, dal suo moralismo ed umorismo barocchi, da quella sorta <strong>di</strong><br />
“poesia dei valori” che civettava con l’iconoclastia) — un po’ meno <strong>di</strong><br />
quarant’anni fa, <strong>di</strong>cevo, Eugenio Garin, chiedendosi chi sono i filosofi?, ar‐<br />
rivava provvisoriamente a questa conclusione: <strong>di</strong> assumere sì, come vo‐<br />
leva Giulio Preti, come punto <strong>di</strong> partenza i nomi inclusi in un buon ma‐<br />
nuale corrente, ma <strong>di</strong> ampliare pure il quadro storico e teorico delle po‐<br />
tenzialità qualitative riconoscibili, considerando dunque filosofico tutto<br />
quanto, nei vari tempi, a ragion veduta, si è chiamato filosofia e filosofo.<br />
Gramsci, del resto... E sono circostanze, queste, che mi ritornano in men‐<br />
te riflettendo sul nostro Amelio “dottore” Disciplinarum ad artes, musi‐<br />
cam, spectacula pertinentium, domani, nell’Università della Calabria, <strong>di</strong><br />
cui <strong>di</strong>ranno certo convenientemente i colleghi che lo laureeranno honoris<br />
causa.<br />
A me spetta <strong>di</strong> parlare <strong>di</strong> valori (in<strong>di</strong>rettamente <strong>di</strong> <strong>di</strong>s‐valori). I “valo‐<br />
ri”, meglio con le virgolette, ma quali valori? Ricordando Antonio La‐<br />
briola, e il professore Giovanni Mastroianni 54 che ne riferiva in tema <strong>di</strong><br />
idee platoniche e <strong>di</strong> “αϕετη”, <strong>di</strong>rei che, nel caso <strong>di</strong> Amelio, i «caciocaval‐<br />
lo appise», le idee e per l’appunto i valori «non cascano dal cielo»: cam‐<br />
minano invece sulle gambe degli uomini, traducendosi quin<strong>di</strong> in precisi<br />
atteggiamenti, comportamenti, sentimenti, emozioni. Il che non esclude,<br />
anzi avvalora, la questione posta a suo tempo da Carlo Giulio Argan, e<br />
da me ripresa su «Cinema Nuovo» <strong>di</strong> gennaio‐aprile 1996, p. 4: «Il gran‐<br />
de problema è, anche per il cinema, quello del valore. Produce valore?<br />
Destituisce e sostituisce altri valori, come quello dell’arte, o istituisce<br />
53 ID., Amelio, Labriola e la laurea in filosofia, «Cinema Nuovo», a. 45°, n. 2 (360),<br />
maggio‐agosto 1996, pp. 2‐6.<br />
54 Successivamente, non a caso, professore <strong>di</strong> Filosofia morale all’Università della<br />
Calabria per molti anni.
70<br />
Parte prima – Capitolo settimo<br />
nuovi valori». E Amelio? Per rispondere, io comincerei ad immaginare la<br />
piazza <strong>di</strong> una città, <strong>di</strong> un paese, <strong>di</strong> un luogo qualsiasi del mondo, San<br />
Pietro Magisano o Tirana o KuriaΩfi nei pressi <strong>di</strong> Char’chov: ed un<br />
grande lenzuolo bianco tirato su in alto, dove si proiettano i film <strong>di</strong> A‐<br />
melio... I piani, le sequenze scorrono, i film si susseguono e ad un certo<br />
punto viene la domanda: ma a che stanno sospese queste storie, ci sono<br />
dei chio<strong>di</strong>, dei ganci ideologici, delle idee <strong>di</strong> valore, che reggono la “co‐<br />
sa”, cioè i film che stiamo vedendo? (C’entra qualcosa Labriola? Forse sì,<br />
forse no).<br />
Dichiara Amelio nel ‘73 a proposito delle sue prime opere La fine del<br />
gioco (1970) e La Città del Sole (1973):<br />
Nei miei film tre elementi mi pare siano in risalto: l’adolescenza, la storia, il<br />
cinema. Innanzitutto il cinema. Il problema del linguaggio cinematografico è<br />
per me essenziale [...] non mi serve il cinema per costruire pezzo dopo pezzo un<br />
prodotto‐film ma mi sta a cuore una <strong>di</strong>mensione stilistica che trasformi la scrit‐<br />
tura cinematografica in uno strumento <strong>di</strong> analisi [...] per togliere qualsiasi illu‐<br />
sione riproduttiva e in<strong>di</strong>care quel che si nasconde sotto l’apparenza delle cose 55 .<br />
Ebbene, si può tranquillamente affermare che dal ‘70 al ‘94, da La fine<br />
del gioco a Lamerica, i tre elementi qui sopra messi in risalto, le tre sottoli‐<br />
neature <strong>di</strong> valore, non si mo<strong>di</strong>ficano. Restano uguali: anche se cambiano<br />
(e come se cambiano!) il punto <strong>di</strong> vista, il contesto, l’intenzione, la moda‐<br />
lità soggettiva dell’approccio, i contenuti, la cifra stilistica (ma è <strong>di</strong>scorso<br />
che trascende i limiti <strong>di</strong> questa conversazione). Il cinema pertanto, come<br />
supremo valore etico‐estetico, nel quadro <strong>di</strong> una poetica del <strong>di</strong>socculta‐<br />
mento, rimane un punto fermo: uno strumento d’azione a valenza malgré<br />
lui pedagogica, ed impegnato a sollevare da sé e dalla realtà quella spe‐<br />
cie <strong>di</strong> velo <strong>di</strong> maya, che impe<strong>di</strong>sce <strong>di</strong> vivere «senza ricatti e mistificazio‐<br />
ni», «alla maniera degli uomini semplici» 56 . Di qui una sorta <strong>di</strong> morale<br />
della sottrazione, della <strong>di</strong>fferenza: e cioè la tecnica del sottrarre <strong>di</strong>fferen‐<br />
ziandolo il personaggio immaginato dalla vicenda reale, legata alla quo‐<br />
ti<strong>di</strong>anità o alla storia (Leonardo <strong>di</strong> La fine del gioco e Campanella, Guido<br />
<strong>di</strong> Il piccolo Archimede e Majorana, Jean <strong>di</strong> I velieri e Leonardo <strong>di</strong> Porte a‐<br />
perte, Rosetta e Luciano <strong>di</strong> Il ladro <strong>di</strong> bambini e la massa degli albanesi <strong>di</strong><br />
55 G. AMELIO, Per La Città del Sole ingresso libero, in «Il Dramma», marzo‐aprile<br />
1973, pp. 157‐58.<br />
56 Ibidem.
A come Bambini B come Adulti 71<br />
Lamerica ecc.), che viene quin<strong>di</strong> riproposta in una chiave poetica propria<br />
e nuova. (Qui Labriola non c’entra).<br />
Spetterà quin<strong>di</strong> agli storici e ai critici dell’opera <strong>di</strong> Amelio stabilire,<br />
quanto al contesto, i termini della incidenza manipolatrice; e misurare e<br />
valutare la questione <strong>di</strong> valore del film, <strong>di</strong> ciascun film, rispetto<br />
all’insieme. Io mi limito qui a segnalare l’evidenza <strong>di</strong> qualche scarto.<br />
Faccio solo questo esempio, concernente tre film. La Città del Sole è del<br />
‘73, e te ne accorgi: da un lato senti quella tensione politica che viene<br />
dalla fine degli anni Sessanta; da un altro lato, avverti pure il bilancio <strong>di</strong><br />
una sconfitta (la sconfitta <strong>di</strong> Campanella non è che la per<strong>di</strong>ta<br />
dell’intellettuale e del suo ruolo), ma ciò non esclude, anzi esige,<br />
l’ulteriorità della prospettiva rivoluzionaria e dunque il rilancio dell’utopia.<br />
Dieci anni dopo, Colpire al cuore: un consuntivo <strong>di</strong> “valore”, dramma‐<br />
tico, la presa d’atto della <strong>di</strong>storsione del progetto e non<strong>di</strong>meno della ra‐<br />
<strong>di</strong>calità del fallimento ex‐rivoluzionario.<br />
Lamerica infine, <strong>di</strong> decennio in decennio, rilancia l’intera questione su<br />
basi esplicitamente etico‐planetarie, trans‐culturali, da “O<strong>di</strong>ssea” così<br />
nello spazio come nel tempo, da oggi agli anni Quaranta, da un secolo‐<br />
millennio ad un altro secolo‐millennio. La storia, quin<strong>di</strong>. Quale il suo va‐<br />
lore nella poetica <strong>di</strong> Amelio?<br />
È come se egli ci <strong>di</strong>cesse: tutto ciò che ricostruiamo filologicamente,<br />
storicamente, <strong>di</strong> questo nostro mondo presente‐passato in corsa verso il<br />
futuro, ha una sua intrinseca illusorietà, e a me, Amelio, non interessa<br />
impegnarmi nella “documentazione”. L’unica cosa che esiste davvero,<br />
assolutamente, è il cinema, in quanto esiste per me; benché irreale<br />
anch’esso, come tutte le cose <strong>di</strong> questo mondo. Il cinema è tuttavia il mio<br />
mondo: è e non è. Tertium datur, quasi alla memoria del vecchio Çamkara<br />
(cui Arthur Schopenhauer attinse): se tu sei all’ombra e, scorgendo un<br />
pezzo <strong>di</strong> corda, lo scambi per un serpente, per un istante avrai paura:<br />
ebbene, quella paura è una realtà, in<strong>di</strong>pendentemente dal fatto che il ser‐<br />
pente non è un serpente, ma solo un pezzo <strong>di</strong> corda. È la realtà<br />
dell’emozione, del sentimento, che nessuno può negare, e che produce<br />
in ogni caso una reazione: e, con la fondatezza dell’espressione poetica,<br />
una sorta <strong>di</strong> recensione estetica del mondo etico. Una sottrazione, come<br />
<strong>di</strong>cevo, cioè un’acquisizione <strong>di</strong> valore. (Labriola, il Labriola pre‐marxista,<br />
avrebbe avuto qui molto da <strong>di</strong>re).<br />
Ecco perché, in Amelio, la morale della favola (come si <strong>di</strong>ce) tende a<br />
coincidere con la sua stessa problematicità e <strong>di</strong>fficoltà, tra fallimento e<br />
speranza. Pren<strong>di</strong>amo La fine del gioco. Tra l’intervistatore, Ugo Gregoret‐<br />
ti, e Leonardo il correggendo do<strong>di</strong>cenne, si stabilisce un rapporto desti‐
72<br />
Parte prima – Capitolo settimo<br />
nato, come tale, a fare fiasco. Leonardo tuttavia, rispetto a se stesso, in‐<br />
staura un’altra relazione, <strong>di</strong> curiosità, <strong>di</strong> indagine, <strong>di</strong> scoperta via via<br />
sempre più libera, che è insieme fuga e avventura, per<strong>di</strong>ta e guadagno, fi‐<br />
ne <strong>di</strong> quel “gioco” (tra Leonardo e l’intervistatore) e inizio <strong>di</strong> un’altra<br />
“cosa” (a partire dalla rottura <strong>di</strong> quel rapporto falso, sbagliato, senza<br />
prospettiva, né spazio <strong>di</strong> “gioco” ulteriore. Senza utopia). Bisognerebbe<br />
considerare tutti i film <strong>di</strong> Amelio in quest’ottica, guardando ai finali <strong>di</strong><br />
ciascun film: e verificare strada facendo, se possibile, le traduzioni e le<br />
variazioni, le correzioni e trasfigurazioni, <strong>di</strong> questo schema. Penso, per<br />
esemplificare, alla favola del finale <strong>di</strong> La Città del Sole, sulla spiaggia, che<br />
trapassa da Campanella al ragazzo, cioè da Campanella a Campanella,<br />
dal presente al futuro. E ritrovo, lo stesso finale (cambiato il contesto) in<br />
un punto cruciale <strong>di</strong> Il piccolo Archimede: un film che tuttavia si conclude<br />
con la solita ambivalenza sull’immagine del Duomo <strong>di</strong> Firenze, la bel‐<br />
lezza für ewig, corresponsabile anch’essa, come la signora Bon<strong>di</strong> e Al‐<br />
fred, della morte del ragazzino protagonista.<br />
In Colpire al cuore i toni e la durezza sono maggiori, più netti (stilisti‐<br />
camente assai ben risolti): eppure, non è detto che la nuova, non impos‐<br />
sibile salvezza <strong>di</strong> Emilio non stia proprio, finita la storiaccia,<br />
nell’incominciare a giocare anche lui, come non è mai riuscito a fare, e<br />
come invece l’età vorrebbe. Così in Porte aperte: al fallimento <strong>di</strong> questa<br />
giustizia, potrà opporsi la pianticella <strong>di</strong> una <strong>di</strong>versa giustizia (sebbene le<br />
“cose” documentino il contrario). Egualmente in Il ladro <strong>di</strong> bambini e in<br />
Lamerica: nel primo film, un muro, un’illusione che crolla, un gesto <strong>di</strong><br />
speranza, un “buonismo” voluto dalle “cose” più che da Amelio stesso o<br />
dal piccolo Giuseppe Ieracitano (ovvero “previsto” dall’Antonioni espli‐<br />
citamente citato): nel secondo film, è la speranza dei <strong>di</strong>sperati, l’illusione<br />
(l’utopia) che si fa prospettiva (antistoria), a non consentire <strong>di</strong> chiudere<br />
frettolosamente il <strong>di</strong>scorso (magari appiattendolo sul finale <strong>di</strong> La dolce<br />
vita).<br />
E vengo ai bambini, all’infanzia e all’adolescenza. Sono un “valore”? Se<br />
sì, a quali con<strong>di</strong>zioni? A con<strong>di</strong>zione, nel cinema <strong>di</strong> Amelio, che si veda<br />
oltre la nozione generazionale imme<strong>di</strong>ata, pur evidente ed imprescin<strong>di</strong>‐<br />
bile. Non solo Leonardo <strong>di</strong> La fine del gioco, cioè il piccolo protagonista:<br />
ma pure la realtà‐bambina e il cinema‐bambino (delle esperienze cine‐<br />
matografiche <strong>di</strong> Leonardo al riformatorio, dei rotocalchi letti e abbando‐<br />
nati dall’ignoto compagno <strong>di</strong> viaggio ecc.). Il ragazzo, nel finale <strong>di</strong> La<br />
Città del Sole, come ho già accennato è significativo; ma anche il padre <strong>di</strong><br />
Campanella, un conta<strong>di</strong>no che dà del “voi” al figlio, è un bambino. Così<br />
la “storia” <strong>di</strong> Bertolucci secondo il cinema, è una storia‐bambina, in cresci‐
A come Bambini B come Adulti 73<br />
ta, all’incrocio degli stili, regista contro regista; e in La morte al lavoro, in<br />
Il piccolo Archimede, in I velieri ecc., i bambini sono esplicitamente la<br />
“morte”, cioè la cattiva coscienza degli adulti. Nessuno è innocente! In<br />
Colpire al cuore e in I ragazzi <strong>di</strong> via Panisperna il gioco delle parti è eviden‐<br />
te: tra figlio e padre, e tra padre e figlio. Anche i bambini <strong>di</strong> Porte aperte,<br />
varianti degli adulti; tuttavia il vero “bambino” è Consolo, l’agricoltore‐<br />
giurato, decisamente “in crescita” nel corso dell’esperienza processuale.<br />
In Il ladro <strong>di</strong> bambini, il carabiniere Criaco Antonio si fa bambino.<br />
E finalmente Lamerica: accanto a singoli casi <strong>di</strong> personaggi bambini,<br />
c’è tutto un popolo bambino: ed, in filigrana, la Calabria‐emigrante‐<br />
bambina, e noi stessi così come siamo oggi, immaturi fanciulli, ragazzi<br />
incoscienti, rispetto agli eventi planetari incombenti. Esplosivi. Ecco al‐<br />
lora che (parafrasando il Michail Michajlovisfi Bachtin <strong>di</strong> un luogo fa‐<br />
moso) Amelio interviene in questi termini: io riesco a rivelarmi più pie‐<br />
namente e più profondamente, se entro in rapporto con questa cultura<br />
straniera, infantile. Sennonché, una volta arrivato in Albania, ed inco‐<br />
minciato il <strong>di</strong>alogo, e posto le mie domande serie, autentiche, non solo<br />
ho avuto le risposte che chiedevo; <strong>di</strong> più mi trovo davanti a nuovi aspet‐<br />
ti, a nuove profon<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> senso. Io non sono più io, sono un altro rispetto<br />
al prima... Tutti noi possiamo, se lo cre<strong>di</strong>amo, metterci in gioco, egual‐<br />
mente ed universalmente in gioco... Siamo qui, evidentemente, al capo<br />
opposto dell’itinerario previsto dallo stesso Labriola per l’educazione<br />
morale del papuano: io tutto d’un pezzo, con i miei valori occidentali,<br />
eurocentrici; il papuano da fare preliminarmente schiavo, «salvo a vedere<br />
se pei suoi nipoti e pronipoti si potrà cominciare ad adoperare qualcosa<br />
della pedagogia nostra»... Piuttosto, intrave<strong>di</strong>amo un certo Gramsci, cri‐<br />
tico <strong>di</strong> Labriola.<br />
La fanciullezza, l’adolescenza hanno dunque un loro valore specifico,<br />
che risulta nel cinema <strong>di</strong> Amelio assai variato e complicato alla luce <strong>di</strong><br />
una precisa Weltanschauung che cogli e non cogli <strong>di</strong> primo acchito nella<br />
sua peculiarità; ma che poggia su alcune precise idee‐forza, del tipo:<br />
l’infanzia non è consumabile (come non sono consumabili la storia e il ci‐<br />
nema), anche se la realtà <strong>di</strong>ce il contrario, visto che gli adulti usano i<br />
bambini e ne abusano (una costante da La fine del gioco a Il ladro <strong>di</strong> bambi‐<br />
ni a Lamerica); i bambini tuttavia non sono passivi, e la loro reazione, la<br />
loro crescita, la loro salute fisica e morale, tutto ciò coinvolge e sconvol‐<br />
ge, emancipa moralmente, “salva” in un certo qual modo gli adulti. Le<br />
medesime infanzia e adolescenza, poi, sono intransitive (come del resto, a<br />
<strong>di</strong>spetto della grammatica, è intransitivo lo stesso verbo educare): nel<br />
senso, voglio <strong>di</strong>re, che la delicatezza propria dell’esperienza infantile e
74<br />
Parte prima – Capitolo settimo<br />
giovanile è irripetibile, non trasmissibile; e quella <strong>di</strong> Amelio è<br />
un’educazione in<strong>di</strong>retta, <strong>di</strong>fficile, che passa autocriticamente il guado<br />
delle sue possibilità formative: è un’antipedagogia. Dunque intraducibile<br />
(come lo è lo stile) ed impreve<strong>di</strong>bile (come la stessa storia, come la realtà)<br />
— (Labriola è sullo sfondo, lontano).<br />
Di qui, ancora, il valore del cinema. Il cinema, meglio, come valore.<br />
Non tanto e non solo il cinema, come specifica scelta <strong>di</strong> vita e come moti‐<br />
vo linguistico, come contenuto della narrazione, e come citazione e rein‐<br />
terpretazione (ve<strong>di</strong>, nei film <strong>di</strong> Amelio, in particolare i richiami a Paisà,<br />
Ladri <strong>di</strong> biciclette, Bellissima, L’avventura, Rocco e i suoi fratelli, La dolce vita<br />
ecc.). Il cinema, anche, come qualcosa <strong>di</strong> più profondo: come pretesto fi‐<br />
losofico‐espressivo, come categoria etico‐mentale, come fatto ideologico<br />
utile a mettere in gioco e a smascherare l’ideologia, e quin<strong>di</strong> come <strong>di</strong>‐<br />
mensione morale “altra”, come dover essere del vivere quoti<strong>di</strong>ano, ben<br />
oltre la storia, la realtà, le cose, come “sono”. In quest’ambito pertanto<br />
recupererei i “valori”, anche, <strong>di</strong> film come Bertolucci secondo il cinema, La<br />
morte al lavoro, Effetti speciali (1976‐1978): più utili questi, forse, <strong>di</strong> altri,<br />
data la loro parenteticità ed interlocutorietà; ed eloquenti, amelianamen‐<br />
te più eloquenti, sul terreno della spiegazione del “sé” e del proprio mo‐<br />
do <strong>di</strong> vedere “cinematografico”. Tuttavia è dall’insieme della filmografia<br />
<strong>di</strong> Amelio, che scaturisce un’idea <strong>di</strong> cinema come fatto <strong>di</strong> responsabilità:<br />
come responsabilità degli autori, dei produttori, degli attori; e come re‐<br />
sponsabilizzazione del pubblico (anche nel senso che deve essere il pub‐<br />
blico a responsabilizzare i responsabilizzatori). Il cinema, quin<strong>di</strong>, come<br />
scepsi e come maieutica in<strong>di</strong>viduale/collettiva: non la solita, stucchevole<br />
solfa e<strong>di</strong>ficante del “socratismo” a buon mercato; ma la parvenza alme‐<br />
no <strong>di</strong> una torpe<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> massa, che dà la scossa alla testa e al cuore, e <strong>di</strong><br />
più alle viscere degli spettatori. Un cinema, questo <strong>di</strong> Amelio, come con‐<br />
sumo culturale non volgare (che fronteggia la televisione, snaturata, pes‐<br />
sima maestra) e come laboratorio <strong>di</strong> prospettive morali e <strong>di</strong> valori etici in<br />
progress, tendenzialmente oppositivi alle situazioni <strong>di</strong> stasi mentali, <strong>di</strong><br />
comportamento, <strong>di</strong> attività: il che rinvia al concetto dello «zavattiniana‐<br />
mente utile», espresso <strong>di</strong> recente da Guido Aristarco per Lamerica.<br />
D’altra parte siamo il più lontano possibile da qualsiasi <strong>di</strong>datticismo e<br />
<strong>di</strong>dascalismo “morale”. Il cinema <strong>di</strong> Amelio non è riducibile a “massi‐<br />
me” per due or<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> motivi: perché, come <strong>di</strong>cevo prima, è del sentimen‐<br />
to dei valori, non dei “valori”, che esso si occupa; la filosofia che ne risulta<br />
è pertanto una «filosofia <strong>di</strong> secondo grado», nell’accezione gramsciana<br />
dell’espressione. E perché, poi (ma è un prima), oggetto <strong>di</strong> rappresenta‐<br />
zione critica è, nell’autore, proprio l’opposto del pistolotto etico, in forza
A come Bambini B come Adulti 75<br />
<strong>di</strong> quell’umorismo pedagogico, che ritroviamo via via come facezia nei <strong>di</strong>a‐<br />
loghi, come barzelletta o tentativo <strong>di</strong> barzelletta in determinate situazio‐<br />
ni, come ironia latente o esplicita (talvolta straziante, come nel caso <strong>di</strong> Il<br />
ladro <strong>di</strong> bambini, fin nel titolo), come scherzo sarcastico degli uomini e<br />
della sorte (e della morte: ve<strong>di</strong> l’imitazione <strong>di</strong> Chaplin in La morte al lavo‐<br />
ro, le finte morti <strong>di</strong> Marconi, dello stesso Majorana in I ragazzi <strong>di</strong> via Pani‐<br />
sperna ecc.).<br />
Ciò che vale, naturalmente, è invece l’elementarità ovvia, essenziale e<br />
fondamentale, <strong>di</strong> alcune “cose”: della “vita”, per esempio, supremo va‐<br />
lore (inutile stare a <strong>di</strong>scutere con i<strong>di</strong>oti, moralisti e professori: la pena <strong>di</strong><br />
morte è un male, inammissibile per principio). E c’è una simbologia che<br />
ne scaturisce, semplicemente ma ripetutamente: l’acqua (così in La fine del<br />
gioco, La Città del Sole, Il piccolo Archimede, Colpire al cuore, I velieri, I ragaz‐<br />
zi <strong>di</strong> via Panisperna, Porte aperte, Il ladro <strong>di</strong> bambini, Lamerica ecc.), il cibo, il<br />
pane (in La Città del Sole, I ragazzi <strong>di</strong> via Panisperna, Porte aperte, Il ladro <strong>di</strong><br />
bambini, Lamerica ecc.), le mani (La fine del gioco, Colpire al cuore, I ragazzi <strong>di</strong><br />
via Panisperna, Porte aperte, Il ladro <strong>di</strong> bambini, Lamerica ecc.), la lingua, le<br />
parole (da <strong>di</strong>versi punti <strong>di</strong> vista, un po’ in tutti i film) ecc.<br />
Ti spieghi allora come è che, per Amelio, le volgarità culturali siano<br />
anch’esse un <strong>di</strong>s‐valore, da denunziare: e come la presunta innocenza<br />
dei “buoni”, delle “persone perbene”, <strong>di</strong> fronte alle trage<strong>di</strong>e <strong>di</strong> oggi, alla<br />
violenza <strong>di</strong>ffusa, alla mafia, all’Aids (lo spot televisivo <strong>di</strong> Amelio per<br />
“Pubblicità progresso”, andato in onda <strong>di</strong> recente, è quanto mai elo‐<br />
quente), sia il peggiore dei mali. Guar<strong>di</strong>amo ai personaggi dei film ame‐<br />
liani: giornalisti pedagoghi, gerarchi ecclesiastici, intellettuali scrii‐scrii,<br />
padri invisibili, madri a qualunque costo, uomini politici e notabili loca‐<br />
li, giu<strong>di</strong>ci, ufficiali, industrialotti se<strong>di</strong>centi altruisti ecc., tutta gente ben<br />
altrimenti colpevole dei “colpevoli” confessi: corrigen<strong>di</strong>, filosofi eversivi,<br />
assassini, ladri, prostitute, <strong>di</strong>sertori ecc. Per esempio, consideriamo la<br />
perfi<strong>di</strong>a perbenistica, protetta dal senso comune e socialmente trionfan‐<br />
te, della donna che in Il ladro <strong>di</strong> bambini, durante la festa <strong>di</strong> prima comu‐<br />
nione in Calabria, scopre il segreto <strong>di</strong> Rosetta e glielo sbatte in faccia ad‐<br />
<strong>di</strong>tandola a mostro da copertina <strong>di</strong> rotocalco. Essa si tiene perfettamente,<br />
organicamente, con la filosofia familistica e mafiosa del geometra Papa‐<br />
leo, durante la famosa <strong>di</strong>scussione col carabiniere, a tavola, sugli abusi<br />
e<strong>di</strong>lizi. Ugualmente, in Porte aperte, la bonomia protettiva, amicale e<br />
mammesca, della vecchia maestra verso l’ex scolaro Vito, Vituzzu, ora<br />
giu<strong>di</strong>ce Di Francesco, rassomiglia troppo alla “concezione del mondo”<br />
del procuratore, filosofo dei sonni tranquilli («con le porte aperte», ap‐<br />
punto), e si regge funzionalmente con la retorica dell’amicizia che non
76<br />
Parte prima – Capitolo settimo<br />
ha prezzo, che trascende le regole della trasparenza democratica, quan‐<br />
do non conviene agli «amici» e agli «amici degli amici», secondo le leggi<br />
<strong>di</strong> un palese co<strong>di</strong>ce mafioso. D’altro canto, è la stessa vittima del sistema,<br />
l’assassino confesso Tommaso Scalìa, ad interiorizzare e a <strong>di</strong>fendere dal<br />
dubbio il ruolo del “mostro” socialmente attribuitogli, e a volersi colpe‐<br />
vole, a desiderarsi punito...<br />
Rimane, sull’altra faccia della medaglia, il valore (relativo) dell’utopia.<br />
Il “Campanella”, La Città del Sole, certamente. Però, già la fuga progetta‐<br />
ta, annunziata <strong>di</strong> Leonardo in La fine del gioco, è una tappa della corsa<br />
verso la “Città del Sole”, verso l’America‐Serra San Bruno <strong>di</strong> Majorana,<br />
verso “Lamerica” (“La Merica”)... E io considererei con attenzione<br />
l’ipotesi <strong>di</strong> un rapporto preciso tra l’Amelio che recupera i versi campa‐<br />
nelliani degli Scritti letterari del filosofo <strong>di</strong> Stilo, l’Amelio che privilegia<br />
George Orwell <strong>di</strong> Il Mondo Nuovo e che ad<strong>di</strong>ta all’attenzione un certo<br />
Dostoevskij (rispettivamente in I ragazzi <strong>di</strong> via Panisperna e in Porte aper‐<br />
te), e le letture precedenti o successive <strong>di</strong> Mastroianni, per l’appunto su<br />
Campanella, Orwell, Dostoevskij (Bachtin) ecc. ecc. Non starei a sottiliz‐<br />
zare sulla “fisicità”, sulla “effettività” e sulla “durata” della combinazio‐<br />
ne formativa della “lezione”. Considererei invece, sul terreno delle “af‐<br />
finità elettive”, il valore culturale delle analogie e, più ancora, delle <strong>di</strong>f‐<br />
ferenze: dal maestro all’allievo, e viceversa. E sottolinierei, piuttosto,<br />
l’originalità della traduzione <strong>di</strong> un’esperienza pedagogica concreta (co‐<br />
me che sia stata, nel suo tempo e nel suo spazio, vissuta), e dei suoi esiti<br />
inconfon<strong>di</strong>bili <strong>di</strong> valore, in Amelio, come cinema. E vengo, nell’avviarmi<br />
alle conclusioni, ai tre valori che ne connotano ancora la peculiarità:<br />
1. la tecnica, supremo valore per Amelio, sapiente tecnico del suo lin‐<br />
guaggio, del suo mestiere <strong>di</strong> regista, del suo modo <strong>di</strong> porsi filmicamente<br />
<strong>di</strong> fronte alla realtà. E non è un caso che, proprio i film in cui il cinema è<br />
il centro (Bertolucci secondo il cinema, La morte al lavoro, Effetti speciali), of‐<br />
frano varie prove esplicite in tal senso: ma, per saperne <strong>di</strong> più, occorre<br />
ripassare in bell’or<strong>di</strong>ne un po’ tutta la produzione cinematografica ame‐<br />
liana. E non escluderei, nell’approfon<strong>di</strong>mento, sia il richiamo all’Amelio<br />
<strong>di</strong>dattico, come docente al Centro Sperimentale <strong>di</strong> Cinematografia; sia la<br />
forza, incisiva, del contributo <strong>di</strong> alcuni tecnici a vario titolo importanti<br />
per lui, come per esempio, Aldo Tonti, Sven Nykvist e Tonino Nar<strong>di</strong>,<br />
(per importanza) la capacità autoeducativa <strong>di</strong> Amelio stesso, il rilievo<br />
della memoria tra sindrome Fahrenheit 451 e conseguente sviluppo<br />
dell’abilità mnemonica: una mnemotecnica funzionale alla costruzione<br />
della propria arte del film.
A come Bambini B come Adulti 77<br />
2. l’altrove, un valore ineffabile: in quanto Amelio stesso sa e non sa, e<br />
vuole che sia così degli spostamenti, degli itinerari, dei viaggi in atto del<br />
suo cinema a partire dall’“ora” e dal “qui”... L’essenziale per lui è l’im‐<br />
medesimazione nell’oggetto in<strong>di</strong>viduale della visione cinematografica, ed<br />
al tempo stesso il trarsene fuori. Così è, per esempio, per quelle coste del‐<br />
la Calabria fisica che intuisci o ve<strong>di</strong>, da La fine del gioco a Il ladro <strong>di</strong> bambi‐<br />
ni, una certa quantità <strong>di</strong> volte; ma che pensi e ripensi nella loro <strong>di</strong>men‐<br />
sione morale, anche quando non ce le hai davanti, anche quando, in cir‐<br />
costanze e forme visive <strong>di</strong>verse, ti trovi <strong>di</strong> fronte una Toscana‐Calabria<br />
(La Città del Sole, Il piccolo Archimede) o una Albania‐Calabria (Lamerica)<br />
ecc. ecc. In questo senso si capisce forse meglio la contrad<strong>di</strong>zione che ri‐<br />
sulta oggettivamente dalle due affermazioni: a) «Io in un certo senso<br />
vorrei staccare la Calabria dalla mia vita. Io non voglio sentirmi calabre‐<br />
se», con quel che segue; e b) «Kadarè – se invece <strong>di</strong> abitare a Parigi vi‐<br />
vesse in Albania, si renderebbe conto [...]. Vada in Albania, ci torni!»,<br />
con quel che precede.<br />
3. il ruolo in <strong>di</strong>scussione, i “valori” in gioco. Per concludere. Se dovessi<br />
dare un sottotitolo a questa mia conversazione <strong>di</strong> stasera, sceglierei subi‐<br />
to questo: Il naso <strong>di</strong> Dorian Gray e l’ombelico <strong>di</strong> Schubert. Perché? Una volta<br />
avvertito che non si tratta del celebre personaggio <strong>di</strong> Oscar Wilde, ma<br />
dell’attrice <strong>di</strong> Il grido <strong>di</strong> Antonioni, nota anche per le sue plastiche al na‐<br />
so, e che il grande Franz, qui, non c’entra, trattandosi invece dello stilista<br />
Emilio Federico, giustificherei la trovata così: che le due immagini spie‐<br />
gano bene, forse, la natura cangiante ed insieme la fissità dei valori nel<br />
cinema <strong>di</strong> Amelio. Con il quale Amelio, quasi <strong>di</strong>menticavo <strong>di</strong> <strong>di</strong>re, <strong>di</strong>‐<br />
scutemmo a lungo del fascino <strong>di</strong> quel naso mutevole, e della eventuale<br />
bellezza <strong>di</strong> un <strong>di</strong>amante, incastonato nel bel mezzo della pancia del<br />
suddetto sarto. Come suggeriva Marotta, d’accordo con Leopar<strong>di</strong> (e col<br />
Labriola <strong>di</strong> Mastroianni): «Nessuno è meno filosofo <strong>di</strong> chi vorrebbe tutto<br />
il mondo filosofico, e filosofica tutta la vita umana, che è quanto <strong>di</strong>re,<br />
che non vi fosse più vita al mondo» 57 .<br />
Garin a parte, per ciò che ricordavo all’inizio, la filosofia dei valori che<br />
nel cinema <strong>di</strong> Amelio si esprime, ha una sua logica, intima coerenza. E<br />
va riconosciuto. Del resto, c’è bisogno dell’autorità del Labriola, del La‐<br />
briola delle lauree in filosofia, per una conferma della tesi che «alla filoso‐<br />
fia ci si deve poter arrivare <strong>di</strong>datticamente per qualunque via, come per<br />
qualunque via ci arrivarono sempre i veri pensatori»? Auguri, auguri<br />
carissimi, dottor Amelio! [...]<br />
57 Zibaldone, 1252.
Capitolo ottavo<br />
Lettere dall’università 58<br />
A Gianni Amelio<br />
Caro Gianni, come saprai, il prossimo ottobre, presso l’istituto Italia‐<br />
no <strong>di</strong> Cultura e l’Università Marc Bioch <strong>di</strong> Strasburgo, si svolgerà la<br />
Quinta e<strong>di</strong>zione della Settimana della lingua italiana nel mondo, orga‐<br />
nizzata dal Ministero Italiano degli Affari Esteri, in questo quadro, sono<br />
previste alcune conferenze sul tema “La lingua italiana tra narrativa e<br />
cinema nei film <strong>di</strong> Gianni Amelio”; e la proiezione <strong>di</strong> due tue opere, Le<br />
chiavi <strong>di</strong> casa e Porte aperte. Domenico Scalzo ed io siamo stati impegnati<br />
come relatori. Spero vivamente che anche tu possa essere presente ai la‐<br />
vori.<br />
Ecco perché, nel prepararmi all’appuntamento, ho ripreso in mano<br />
alcune mie vecchie carte, con appunti relativi ad attività <strong>di</strong>dattiche da<br />
me svolte otto anni fa con Teresa Aristarco e Paolo Finn a Terni, per<br />
l’appunto su Porte aperte. Appunti che, con qualche aggiustamento <strong>di</strong><br />
forma, trascrivo in parte qui <strong>di</strong> seguito; e che potranno forse tornare utili<br />
nel corso delle suddette conferenze. Quanto a Le chiavi <strong>di</strong> casa, Scalzo ed<br />
io porteremo con noi a Strasburgo le “tesine”, che i tuoi studenti “Cine‐<br />
ma e educazione” della Facoltà <strong>di</strong> Filosofia dell’Università “La Sapien‐<br />
za” hanno redatto per l’esame nel corso <strong>di</strong> quest’ultimo anno accademi‐<br />
co. Ne parleremo.<br />
Intanto, un caro abbraccio,<br />
Nino<br />
8.1. “Porte aperte” alla giustizia, al giu<strong>di</strong>zio e al cambiamento 59<br />
Nicola Siciliani de Cumis (dopo la visione del film): «Per aiutarvi a ri‐<br />
flettere sulla materia <strong>di</strong> questo film, sull’opera cinematografica che avete<br />
visto, io <strong>di</strong>rei <strong>di</strong> concentrare l’attenzione su alcuni punti. Per esempio<br />
voi avete visto che c’è una serie <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>ci, e che questi giu<strong>di</strong>ci sono <strong>di</strong><br />
<strong>di</strong>verso tipo: c’è il Presidente, c’è il giu<strong>di</strong>ce a latere, poi c’è ancora un al‐<br />
58 N. SICILIANI DE CUMIS, A proposito del film Porte Aperte, (1990), trimestrale cul‐<br />
turale, anno VI n. 4, ottobre‐<strong>di</strong>cembre 2005, Terni, Provve<strong>di</strong>torato agli stu<strong>di</strong>, 1997, p.<br />
99.<br />
59 Titolo redazionale. Articolo pubblicato su «l’albatros», cit. a. VI, n. 4, ottobre‐<br />
<strong>di</strong>cembre 2005, Terni, 1997, pp. 99‐106.
80<br />
Parte prima – Capitolo ottavo<br />
tro giu<strong>di</strong>ce; i giu<strong>di</strong>ci si incontrano a tavola e parlano <strong>di</strong> giustizia; poi ci<br />
sono i giurati popolari; ma ci sono anche giu<strong>di</strong>ci che non si vedono, i<br />
giu<strong>di</strong>ci che non stanno a Palermo, i politici che a Roma si sostituiscono ai<br />
giu<strong>di</strong>ci; e c’è d’altra parte la gente, la gente che giu<strong>di</strong>ca: quella che è pre‐<br />
sente al processo e quella fuori dell’aula <strong>di</strong> tribunale, in strada, in piaz‐<br />
za. Ed infine ci siamo anche noi, noi che oggi abbiamo visto questo film,<br />
e che siamo pure, in qualche modo, dei giu<strong>di</strong>ci. Ecco, io vorrei che voi<br />
rifletteste innanzitutto su questo tema, il tema della varietà dei giu<strong>di</strong>ci<br />
presenti in questo film o relazionabili ad esso. Altra cosa importante: si<br />
<strong>di</strong>scute <strong>di</strong> un fatto grosso grosso, che è la pena <strong>di</strong> morte. Ci avrete riflet‐<br />
tuto? Chi <strong>di</strong> voi ha fatto in passato un qualche tema in classe o a casa,<br />
dove si parlava della pena <strong>di</strong> morte? C’è qualcuno? Nelle me<strong>di</strong>e, <strong>di</strong> soli‐<br />
to, si incomincia a ragionare su questo tema.<br />
Ancora: il film è ambientato in un preciso momento storico, alla fine<br />
degli anni Trenta. Per cui vi chiedo: tra i presenti, chi ha stu<strong>di</strong>ato il pe‐<br />
riodo che viene denominato Fascismo e cioè il periodo in cui avvengono<br />
i fatti raccontati in questo film? C’è poi un altro elemento da non sotto‐<br />
valutare: noi, come ve<strong>di</strong>amo noi questo stesso periodo attraverso il film?<br />
Ancora due cose: avete notato quanti bambini ci sono questo film? Ce ne<br />
sono molti <strong>di</strong> più <strong>di</strong> quelli che imme<strong>di</strong>atamente non si pensi: c’è Nardo,<br />
il figlio <strong>di</strong> Tommaso Scalia, il bambino figlio dell’assassino; ci sono poi i<br />
nipoti del giu<strong>di</strong>ce, ricordate? Tipi <strong>di</strong> bambini molto <strong>di</strong>versi tra loro: gli<br />
uni, i piccoli parenti del giu<strong>di</strong>ce Di Francesco, che appartengono ad una<br />
famiglia dove tutto funziona, dove tutto va bene, tutto è tranquillo;<br />
dall’altra parte un bambino, invece, che ha la ventura, la <strong>di</strong>sgrazia, <strong>di</strong><br />
vivere questa doppia terribile trage<strong>di</strong>a famiglia: l’uccisione della madre<br />
ed il padre assassino. Ancora, ci sono altri bambini: quelli che compaio‐<br />
no ogni tanto sulle scale o che si vedono solo <strong>di</strong> sfuggita. C’è lo stesso<br />
giu<strong>di</strong>ce Di Francesco, che viene ricordato dalla propria maestra elemen‐<br />
tare, quand’era bambino... Sono tutti elementi del racconto, tutti mo‐<br />
menti da considerare. Un altro aspetto su cui riflettere è, per l’appunto,<br />
la figura della maestra. Sulla quale vorrei che si ragionasse un momento,<br />
perché questa figura mi pare molto importante nell’insieme del film. La<br />
“maestra” come si caratterizza? Badate a quella sua bontà intrigante, in‐<br />
teressata; a quella sua sostanziale falsità <strong>di</strong> comportamento; all’idea che<br />
ha <strong>di</strong> amicizia e <strong>di</strong> giustizia come una “cosa nostra” casalinga... film su<br />
cui riflettere. Ma ci sarebbero altri aspetti per esempio sul testimone,<br />
sull’uomo dai bottoni d’oro... E si potrebbe ragionare poi sugli sfon<strong>di</strong>,<br />
sugli esterni, sulla luce solare dell’ultima sequenza; e sul finale, sugli at‐
Lettere dall’università 81<br />
tori, sulla bravura <strong>di</strong> Volonté, e sulla bravura pure degli altri attori <strong>di</strong>ret‐<br />
ti da Amelio [...].<br />
Allo stesso modo, si potrebbe ragionare sui temi della giustizia, sui<br />
<strong>di</strong>versi mo<strong>di</strong> <strong>di</strong> intendere la lotta alla criminalità; e dunque sull’idea<br />
dell’eliminazione fisica degli assassini. Un’idea che nel film c’è esatta‐<br />
mente quando, a tavola, un giu<strong>di</strong>ce ‐ quello che racconta la storia<br />
dell’anello magico ‐ ad un certo punto <strong>di</strong>ce: “Se io vi <strong>di</strong>mostrassi che ab‐<br />
battendo gli assassini la delinquenza <strong>di</strong>minuirebbe, non saremmo tutti<br />
più tranquilli?”. Ecco, questa posizione è una posizione, <strong>di</strong>ciamo, tra<strong>di</strong>‐<br />
zionale, alquanto semplicistica, no?.<br />
[…] Osservate che la pena <strong>di</strong> morte è <strong>di</strong>stribuita in tutto il mondo, e<br />
lo è in maniera molto evidente e molto funzionante. Ci troviamo in pre‐<br />
senza <strong>di</strong> un fatto che non <strong>di</strong>pende dal cosiddetto progresso, tocca e non<br />
tocca la ricchezza <strong>di</strong> un paese, il sistema politico, le stesse convinzioni<br />
religiose. La pena <strong>di</strong> morte è qualcosa su cui si trovano stranamente<br />
d’accordo i paesi più <strong>di</strong>versi: magari non si è d’accordo sul modo <strong>di</strong> co‐<br />
me usarla, <strong>di</strong> come torturare e far fuori chi viene giu<strong>di</strong>cato degno della<br />
pena <strong>di</strong> morte. Aggiungo che in alcuni paesi dove la pena <strong>di</strong> morte non<br />
c’è sul piano giuri<strong>di</strong>co, come in Italia, essa in realtà tuttavia c’è nella re‐<br />
altà... Ci sono infatti tanti sottopoteri, tante situazioni in<strong>di</strong>viduali e socia‐<br />
li, che la rendono largamente effettiva. Basta sentire il telegiornale o leg‐<br />
gere i giornali, per rendersi conto del fatto che il sistema della “condan‐<br />
na a morte” (non solo in virtù <strong>di</strong> mafia, camorra, ‘ndrangheta, Sacra co‐<br />
rona unite e altre violenze interpersonali e collettive, ma anche in forza<br />
<strong>di</strong> inquinamento atmosferico, <strong>di</strong> sofisticazioni alimentari, <strong>di</strong> <strong>di</strong>sfunzioni<br />
sanitarie, <strong>di</strong> sottoculture ra<strong>di</strong>cate ecc.), è pervasivo ed è variamente inte‐<br />
riorizzata come un qualche cosa <strong>di</strong> normale, <strong>di</strong> costitutivo della nostra<br />
vita. Evidentemente, ci troviamo in presenza <strong>di</strong> una <strong>di</strong>mensione del<br />
comportamento mentale e morale, dove forse non sarebbe male, per una<br />
volta, parlare <strong>di</strong> “principi assoluti”... Tornando al film, nel caso del giu‐<br />
<strong>di</strong>ce Di Francesco, la “questione <strong>di</strong> principio” è presente in tutto il film;<br />
nel caso invece del giurato Conso, “la forza del principio” si matura, si<br />
forma strada facendo: e alla fine, Conso, finisce col proferire le parole<br />
più chiare per tutti (così quando <strong>di</strong>ce: “io non so se gli altri spareranno,<br />
io so soltanto che io non sparerò”). Qui c’è proprio la trasformazione<br />
morale del personaggio e il film <strong>di</strong> Amelio <strong>di</strong>venta anche in questo senso<br />
un “film <strong>di</strong> educazione”... Sicché c’è una bella <strong>di</strong>fferenza tra chi riflette<br />
sui fatti, chi ne vede i lati criminosi e, ragionandoci sopra, <strong>di</strong>ce “io non<br />
me la sento <strong>di</strong> decidere”; e chi invece, parlando al caffè in maniera faci‐
82<br />
Parte prima – Capitolo ottavo<br />
lona, <strong>di</strong>ce: “Sì, è meglio eliminare gli assassini”. Tuttavia c’è pure chi a‐<br />
valla la pena <strong>di</strong> morte per ragioni <strong>di</strong> opportunità politica, in quanto essa<br />
è funzionale al mantenimento <strong>di</strong> un certo potere. E vi faccio presente che<br />
quando, nel 1937, viene decretata la possibilità <strong>di</strong> uccidere attraverso la<br />
Morte <strong>di</strong> Stato, in quegli anni succedono dei fatti abbastanza grossi in<br />
Italia. Siamo nella fase del maggiore consenso al Regime. Il Fascismo si<br />
sente sicuro e quin<strong>di</strong> non può compromettere in alcun modo questa si‐<br />
curezza; deve semmai rafforzarla. Di più, è il tempo delle leggi razziali,<br />
quando in Italia si stabilisce che gli ebrei non sono citta<strong>di</strong>ni come gli al‐<br />
tri, ma citta<strong>di</strong>ni da mettere al bando, citta<strong>di</strong>ni a cui bisogna confiscare i<br />
beni, da perseguitare ed infine da mandare anche nei campi <strong>di</strong> concen‐<br />
tramento. Succede un altra cosa sempre in questi stessi mesi: il Regime<br />
<strong>di</strong>ce “non dobbiamo più darci del Lei, dobbiamo darci del Voi”.<br />
Pensate, a questo proposito succedono anche delle cose comiche. C’era<br />
un settimanale femminile che si chiamava “Lei”, cui viene mo<strong>di</strong>ficato il<br />
titolo, proprio per evitare equivoci con il “darsi del Lei”. Nasce così “E‐<br />
va”, al posto <strong>di</strong> “Lei”. Vi <strong>di</strong>co tutte queste cose perchè voglio che voi ri‐<br />
flettiate su questo: che c’è un clima, un momento particolare su cui biso‐<br />
gna ragionare complessivamente, unitariamente. Teresa Aristarco, pri‐<br />
ma, ha fatto cenno alle persone cosiddette “per bene”... Mi limito alla<br />
domanda: chi sono, nel film, queste “persone per bene”? Vi <strong>di</strong>cevo pri‐<br />
ma della vecchia maestra elementare, ambigua ed un po’ viscida; e ho<br />
accennato al giu<strong>di</strong>ce benpensante, quello della favola dell’anello miraco‐<br />
loso; potremmo adesso aggiungere tutti quelli che non si vedono e che<br />
sono l’opinione pubblica; e il Presidente del Tribunale, che come Ponzio<br />
Pilato si lava le mani; e poi c’è lo stesso avvocato Spadafora, il primo dei<br />
morti ammazzati da Scalia... Ma ci sono da considerare anche i familiari<br />
del giu<strong>di</strong>ce Di Francesco, quando sono a tavola e conversano...».
Capitolo nono<br />
La Calabria <strong>di</strong> Amelio e per Amelio 60<br />
9.1. Prefazione (per un Catalogo <strong>di</strong> una mostra su Gianni Amelio)<br />
Quando trentacinque anni fa, a Catanzaro, Gianni Amelio filmò la re‐<br />
altà, cioè il sogno dei suoi primi otto minuti circa <strong>di</strong> regia con Risacca,<br />
Luci d’estate, Il viadotto (1963), sapevamo tutti quanti benissimo che Nino,<br />
Giovanni, sarebbe <strong>di</strong>ventato Gianni Amelio.<br />
Di sicuro, ci avrebbero messo una mano sul fuoco l’altro Gianni,<br />
Franca, Enzo, Carmen, che a quei filmini collaborarono in prima perso‐<br />
na: ma lo avremmo giurato facilmente anche noi, i compagni <strong>di</strong> scuola,<br />
quelli della sezione A (dalla IV ginnasio alla III liceo), in varia misura te‐<br />
stimoni oculari narranti nelle pagine <strong>di</strong> questo Catalogo. E ci avrebbero<br />
scommesso su, senza dubbio a favore, i tanti amici del Corso e dell’E<strong>di</strong>‐<br />
cola Paparazzo, i collaboratori <strong>di</strong> «il Sentiero» e «il Manifesto», e, pur<br />
sempre parlando parlando <strong>di</strong> cinema, gli interlocutori più attivi e vivaci<br />
dei circoli culturali citta<strong>di</strong>ni: Franco, Franco e Franco, Nuccio, Nicola e<br />
Marcello, e poi Bruno, Quirino, Sarino, Francesca, Pierino, Al<strong>di</strong>na,<br />
Mimmo, Mario e Amelia ecc. Né <strong>di</strong>menticherei un altro Nuccio, <strong>di</strong> <strong>di</strong>‐<br />
verso ambiente; e Rosaria, la affezionatissima, forse innamorata Rosaria:<br />
la stessa, probabilmente, che nell’Album dei visitatori della Mostra<br />
Gianni Amelio, esercizi <strong>di</strong> stile dal 1963 (Catanzaro, Galleria “Centrale”, 19‐<br />
31 ottobre 1997), s’è fatta viva con un commovente «Ciao Nino sono Ro‐<br />
saria ti ricordo» — da mettere accanto, nonostante la <strong>di</strong>fferenza d’età e<br />
<strong>di</strong> ruolo, a quel «Scorza Carmela un bacione nonna». Due straor<strong>di</strong>narie<br />
voci da soprano, ben oltre il coro, comunque bello e giusto, degli “evvi‐<br />
va!”. Sociologicamente da stu<strong>di</strong>are.<br />
Non vedevamo chiaro chiarissimo certamente nel ‘63, che Ni‐<br />
no/Giovanni/Gianni sarebbe ad<strong>di</strong>rittura <strong>di</strong>venuto, trentacinque anni do‐<br />
po, il maggiore autore italiano <strong>di</strong> cinema tra quelli in servizio, e uno dei<br />
maggiori anche più in generale: però arrivavamo confusamente ad intui‐<br />
re che la riprova della affermazione <strong>di</strong> Amelio come regista fosse scritta<br />
in qualche Libro Mastro della Storia con il beneplacito della Filosofia, vi‐<br />
sto che a scuola, al “Galluppi”, e per l’appunto per bocca del professore<br />
<strong>di</strong> Storia e Filosofia, imparavamo che «se uno crede davvero in qualcosa,<br />
finisce con il convincere anche gli altri». Un bel tema “forte” da indaga‐<br />
60 Titolo redazionale. Articolo ine<strong>di</strong>to, Catanzaro 1998.
84<br />
Parte prima – Capitolo nono<br />
re: Amelio e il Professore. Il “padre”, esigente, che non fa sconti per il<br />
bene che porta; il “figlio”, che ne rifà autonomamente la “lezione”.<br />
Ecco perché probabilmente, qualche tempo fa, nel rivedere i tre filma‐<br />
ti del ‘63 che sono al centro della Mostra catanzarese del ‘97, e dunque al<br />
centro <strong>di</strong> questo catalogo che ora ne riproduce i contenuti, quella antica<br />
sicurezza che Gianni sarebbe riuscito nei suoi e nostri intenti, era riaffio‐<br />
rata a riprova della sua forza prolettica. Amelio si era certo desiderato,<br />
voluto, inventato, costruito come Amelio; ma <strong>di</strong> sicuro lo abbiamo co‐<br />
struito, inventato, voluto, desiderato così com’è, in primo luogo, gli ami‐<br />
ci e i compagni <strong>di</strong> un tempo... E, d’altra parte, è lo stesso Gianni che<br />
proprio in questi giorni, alla vigilia della presentazione del suo ultimo<br />
film Così ridevano in concorso a Venezia ‘98, confessa «Sto aiutando una<br />
creatura a respirare però non so ancora se ce la farà. Un film non esiste<br />
senza un pubblico, sono gli spettatori che gli attribuiscono stati d’animo<br />
e valenze, che possono vedere le cose che io ho suggerito. E con il tempo<br />
cambiano» 61 . Un intreccio <strong>di</strong> maieutiche, insomma, dall’in<strong>di</strong>viduale al<br />
collettivo, e viceversa. A partire da una certa Calabria, da uno, da tutti i<br />
Sud della vita, del mondo.<br />
Quella Mostra <strong>di</strong> un anno fa, questo Catalogo che già introduce al<br />
film dell’anno che viene. Simultaneamente, un doppio sforzo formativo:<br />
da un lato, per iniziativa ed ad opera del patron Francesco Mazza, il ten‐<br />
tativo <strong>di</strong> far rivivere provvisoriamente per qualche settimana i tempi e i<br />
luoghi, e le persone e le cose della gestazione <strong>di</strong> Gianni Amelio regista<br />
cinematografico a Catanzaro, nel farsi degli anni Cinquanta; da un altro<br />
lato, la rigorosa messa a punto dei materiali <strong>di</strong> siffatta esperienza costi‐<br />
tutiva, da parte <strong>di</strong> uno stu<strong>di</strong>oso intelligente e preciso come Domenico<br />
Scalzo, in vista <strong>di</strong> possibili, nuove acquisizioni retrospettive ed originali<br />
prospettive d’indagine. Il che, sempre e comunque nel tono problemati‐<br />
co, interrogativo, <strong>di</strong>alettico e <strong>di</strong>alogico opportuno, che il cinema peda‐<br />
gogico/antipedagogico <strong>di</strong> Amelio esige. E non<strong>di</strong>meno con la conseguen‐<br />
za, che il lettore attento, lo spettatore sveglio, se credono, hanno adesso<br />
ulteriori, efficaci strumenti per «aiutare a respirare» il cinema <strong>di</strong> Amelio<br />
nella sua propria culla; e gli elementi per un giu<strong>di</strong>zio d’insieme: per in‐<br />
tegrare e correggere i caratteri <strong>di</strong> una genesi, per completare ed arricchi‐<br />
re il quadro culturale, le note <strong>di</strong> contesto, e per cogliere il senso dell’e‐<br />
spressione poetica ameliana, a partire da uomini, fatti, immagini, senti‐<br />
menti, parole, idee, film, soprattutto film. Dal cinema delle fonti, all’A‐<br />
61 G. AMELIO, «la Repubblica», 1 agosto 1998.
La Calabria <strong>di</strong> Amelio e per Amelio 85<br />
melio‐cinema come fonte <strong>di</strong> esperienze culturali <strong>di</strong>versificate, “altre”.<br />
Ancora un tema d’indagine.<br />
In tale ottica, il Catalogo continua ad essere “aperto”, in fieri, esatta‐<br />
mente come la Mostra. E se non c’è soluzione <strong>di</strong> continuità tra l’esposi‐<br />
zione in progress del <strong>di</strong>cembre ‘97, e l’attuale, cresciuta, messa a punto<br />
(da una proiezione del film‐Amelio su un lenzuolo, nella piazza del pae‐<br />
se, si è passati all’indagine <strong>di</strong> laboratorio alla moviola), ciò si deve al to‐<br />
no comunque alto della rivisitazione critica me<strong>di</strong>ante se<strong>di</strong>mentazione e<br />
crescita dell’approccio filologico‐documentario, ed arricchimento pro‐<br />
gressivo, moltiplicativo, dei profili d’indagine. Ed è merito <strong>di</strong> Scalzo<br />
l’aver riproposto, accanto a scritti largamente noti (la bibliografia su<br />
Amelio, come del resto la sua produzione d’autore, è assai vasta e varie‐<br />
gata), un catalogo appunto <strong>di</strong> interventi talvolta sconosciuti o quasi: e <strong>di</strong><br />
avere sempre scelto, controllato, completato, or<strong>di</strong>nato cronologicamente<br />
e coor<strong>di</strong>nato logicamente una gran messe <strong>di</strong> testi e<strong>di</strong>ti ed ine<strong>di</strong>ti, <strong>di</strong> im‐<br />
magini viste e non viste, <strong>di</strong> parole scritte o anche soltanto dette. E il tut‐<br />
to, secondo un <strong>di</strong>segno conoscitivo ed interpretativo unitario dell’artista<br />
e della sua poetica, secondo un percorso che tende a svolgersi dalle fonti<br />
alla recezione: senza trascurare il fatto, tutt’altro che secondario nel ci‐<br />
nema <strong>di</strong> Amelio, che il processo spesso s’inverte nelle sue tappe; sicché i<br />
precedenti, gli Auctores, succedono al risultato (nel senso che Amelio se<br />
ne serve per spiegarsi autocriticamente aposteriori), e la genesi consiste<br />
piuttosto nell’esito, che varia con il variare degli sguar<strong>di</strong> e dei punti <strong>di</strong><br />
vista.<br />
Di modo che, in tale ambito, risultano essenziali i particolari, i detta‐<br />
gli, gli spunti accennati ai margini così dei pannelli della Mostra, come<br />
nei capitoli, nei paragrafi, nei luoghi del Catalogo. E se ha fatto bene<br />
Mazza con i suoi collaboratori ad allestire attorno alla centralità degli E‐<br />
sercizi <strong>di</strong> stile dei primi anni Sessanta l’immagine a tutto tondo <strong>di</strong> un<br />
Amelio in formazione, ha fatto benissimo Scalzo a conferire spessore<br />
storico‐operativo alla stratificazione visiva, u<strong>di</strong>tiva, scritta ecc. dei mate‐<br />
riali in mostra. Basti a questo proposito accennare all’importanza <strong>di</strong> cer‐<br />
te sottolineature: l’educazione, l’esperienza <strong>di</strong> Amelio ragazzo, ed il tono<br />
educativo/antieducativo dei suoi film; la Calabria, tra interiorizzazione e<br />
rimozione; la storia, l’infanzia, il cinema, come motivi ispiratori conti‐<br />
nuativi; la relazione ed il conflitto padre/figlio; l’etica e l’estetica, come<br />
due facce della stessa medaglia poetica; la cultura sostanziale, quei con‐<br />
tenuti a ragion veduta, e la leggerezza <strong>di</strong> forma; l’umorismo tipico, alle<br />
soglie <strong>di</strong> ironia, satira, sarcasmo; il “tecnico” (il cinefilo, il perfezionista<br />
ecc.) ed il “politico” (tra realismo ed utopia); le posizioni <strong>di</strong> principio, e
86<br />
Parte prima – Capitolo nono<br />
le loro articolazioni procedurali; rigorismo filologico, e lesa filologia<br />
(come “concezione del mondo”); realtà, apparenza, realtà dell’apparenza<br />
come apparenza della realtà; fonti morali e visive; autobiografia e sto‐<br />
riografia; auto‐educazione e anti‐educazione (il “mettersi in gioco”) ecc.<br />
ecc.<br />
Ed infine gli altri, al limite gli immigrati, le emigrazioni <strong>di</strong> popoli,<br />
come rischio e come risorsa, come «arricchimento»... Anche per questo,<br />
sarà importante conoscere il finale «a sorpresa» <strong>di</strong> Così ridevano. Tutti i<br />
finali dei film <strong>di</strong> Amelio sono degni <strong>di</strong> attenzione e <strong>di</strong> <strong>di</strong>scussione: non<br />
per niente Mazza, nella Mostra, vi de<strong>di</strong>cò una particolare sezione; e<br />
Scalzo, nel Catalogo, ha messo insieme una nuova quantità <strong>di</strong> spunti <strong>di</strong><br />
riflessione, ed uno strumento <strong>di</strong> notevole valore euristico. Pre<strong>di</strong>sponen‐<br />
do da ultimo i preziosissimi in<strong>di</strong>ci (dei nomi, dei film, delle tematiche<br />
ricorrenti): un “finale” ameliano anche questo, per interposta persona,<br />
benché su un <strong>di</strong>verso registro d’indagine, ed a scopi <strong>di</strong> puro e semplice<br />
(cioè complessivo e complesso) approfon<strong>di</strong>mento critico.<br />
Il Catalogo, <strong>di</strong>cevamo sopra, come già la Mostra, è piuttosto un inizio<br />
<strong>di</strong> ricerca, non una conclusione. Sicché i proce<strong>di</strong>menti formativi cui met‐<br />
te capo la formazione <strong>di</strong> Amelio regista sono tanto più funzionali, quan‐<br />
to più riescono a sollecitare un’ampia gamma <strong>di</strong> vive reazioni tra gli<br />
spettatori, tra quelli colti, e nel senso comune. E ciò a maggiore ragione<br />
se nell’an<strong>di</strong>rivieni delle emozioni e delle idee, è lo stesso Amelio ad es‐<br />
sere soggetto ed insieme oggetto d’indagine, come è accaduto in Cala‐<br />
bria da un capo all’altro del trentacinquennio ora ricostruito ed illustra‐<br />
to. Di qui la ragione del largo spazio che Scalzo ha dato, via via, alla vo‐<br />
ce <strong>di</strong> Amelio.<br />
Non è del resto un caso che alle speranze e alle certezze dei coetanei<br />
<strong>di</strong> Gianni ragazzo, a Catanzaro, abbiano fatto eco, da Catanzaro, le im‐<br />
mutate certezze e speranze <strong>di</strong> chi la Mostra è andato a vedere, e che —<br />
forse — vorrà ritrovarsi nelle pagine <strong>di</strong> questo Catalogo. Basta riprende‐<br />
re in mano il su citato Album dei visitatori davvero numerosi, alla Galle‐<br />
ria “Centrale” alla fine dello scorso anno, per avere uno spaccato del<br />
rinnovarsi dei sentimenti <strong>di</strong> sempre. Scrissero alcuni, <strong>di</strong>fatti, che<br />
l’esperimento della mostra su questo Amelio risultava «molto interessan‐<br />
te» («come del resto i tuoi film»), e «stimolante», «geniale», «perfetto»<br />
dal punto <strong>di</strong> vista «conoscitivo» dell’«arte <strong>di</strong> Amelio». Era ancora un in‐<br />
vito a parlargli <strong>di</strong>rettamente, meglio, a continuare l’antico <strong>di</strong>scorso: «Ca‐<br />
ro Gianni, sei grande», «gran<strong>di</strong>oso», «mitico», «sei un mito», «sei forte»,<br />
«straor<strong>di</strong>nario», «bravo», «sei come me» («hai per caso visto le videocas‐<br />
sette che ti ho regalate a Copanello?»). Le nuove «strette <strong>di</strong> mano» non
La Calabria <strong>di</strong> Amelio e per Amelio 87<br />
fanno che aggiungersi ai vecchi «abbracci»: «Caro Gianni, nella mia “re‐<br />
cherche du temp perdu” tu occupi un posto importante, devi ancora<br />
spiegarmi la tua ostinazione a trovarmi somigliante a Eleonora Rossi<br />
Drago. “Francesca”». Questione <strong>di</strong> stile, probabilmente.<br />
E c’è, da parte <strong>di</strong> qualcuno, l’«orgoglio» <strong>di</strong> aver collaborato tanto alla<br />
«formazione» <strong>di</strong> Amelio, «critico cinematografico in erba», quanto alla<br />
«costruzione» della personalità del «grande regista»; da parte <strong>di</strong> qualche<br />
altro, l’incitamento a «non fermarti», Gianni, a proseguire invece «il<br />
viaggio» ipotizzando rinnovati «punti <strong>di</strong> partenza» e <strong>di</strong> «arrivo». Né<br />
mancano gli autobiografismi spinti del tipo: «sono nato 6 giorni dopo la<br />
tua nascita», «sono emigrato anch’io», «avevo una cotta tremenda per la<br />
tua stessa ragazza», «mi ricordo che al cinema stavi dal primo all’ultimo<br />
spettacolo». Di qui l’invito: «non ti <strong>di</strong>menticare mai <strong>di</strong> tutti noi», «ricor‐<br />
da le tue ra<strong>di</strong>ci», «mi auguro che la tua arte possa contagiare i tanti gio‐<br />
vani che come me hanno voglia <strong>di</strong> emergere nella propria terra»: già, in<br />
Calabria, «stupenda nell’aspetto», con i suoi «valori nascosti» ma con le<br />
sue «perversità» («Alle cose che x noi hanno + valore non si dà valore»).<br />
Ed ecco un appello, che fa pensare: «La Calabria è magica e tu sei un<br />
mago! Noi ragazzi calabresi abbiamo tanti sogni e per realizzarli fug‐<br />
giamo. Dacci una mano». E siamo a Lamerica! Ed intanto: «Ti promettia‐<br />
mo che faremo del nostro meglio per migliorare questa nostra Calabria».<br />
Esercizi, esercizi <strong>di</strong> stile. È il problema, Nino.<br />
Quanto a te, Giovanni, ritorna, ritorna «nel nostro Liceo “Galluppi”»,<br />
con il proposito <strong>di</strong> «rivederci tutti» («alla Mostra, questa sera, ve<strong>di</strong> quan‐<br />
ti compagni ti ho portato?»). E ritornarci con la voglia, magari, <strong>di</strong> «fare<br />
un film nelle scuole del sud». In stile, e per sempre, Gianni... Ma Così ri‐<br />
devano, ambientato tra il 1958 e 1964 non è per l’appunto, anche, il film<br />
delle scuole del Sud, l’ultimo (o il primo) degli Esercizi <strong>di</strong> stile dal ‘63?<br />
9.2. Gianni Amelio, quattro elefanti e una Seicento 62<br />
All’On. Rosario Olivo<br />
Carissimo, avrai visto certamente Così ridevano <strong>di</strong> Gianni Amelio e ti<br />
sarai confermato nella convinzione della bontà <strong>di</strong> quella proposta tua e<br />
<strong>di</strong> altri, che sia conferita la citta<strong>di</strong>nanza onoraria catanzarese all’illustre<br />
regista. Se a legittimare la cosa ci fosse già tutto il resto <strong>di</strong> una prestigio‐<br />
62 N. SICILIANI DE CUMIS, Gianni Amelio, quattro elefanti e una Seicento, «Ora<br />
Locale. Lettere dal Sud», a. 2°, n. 5, <strong>di</strong>cembre 1998‐gennaio 1999, p. 15.
88<br />
Parte prima – Capitolo nono<br />
sa carriera, basterebbero adesso il Leone d’oro al <strong>di</strong>aletto <strong>di</strong> Catanzaro e<br />
provincia a vincere le ultime inerzie. E sarebbe sufficiente ricordare che<br />
pressoché tutte le sei date, relative ai sei episo<strong>di</strong> <strong>di</strong> cui consta Così ride‐<br />
vano, concernono la vita <strong>di</strong> Amelio anzitutto in Calabria, a Catanzaro: il<br />
20 gennaio 1958 (Arrivi), il 7 febbraio 1959 (Inganni), il 10 ottobre 1960<br />
(Sol<strong>di</strong>), il 7 aprile 1961 (Lettere), il 29 giugno 1962 (Sangue), il 5 luglio<br />
1964 (Famiglie)… Come se, in altri termini, la data ed il luogo <strong>di</strong> nascita<br />
effettivi <strong>di</strong> Amelio Giovanni non fossero tanto il 20 gennaio 1944 e Magi‐<br />
sano, ma piuttosto i giorni catanzaresi del ritorno del padre emigrante<br />
dal Sud America e della nascita del primo fratello, i giorni dell’inizio del<br />
liceo e della memorizzazione indelebile <strong>di</strong> Rocco (e <strong>di</strong> Ciro e Luca e altri<br />
congiunti): i giorni insomma delle ultime esperienze <strong>di</strong> Gianni scolaro e<br />
delle prime <strong>di</strong> Amelio insegnante; ed i giorni del 1963, non recensiti in<br />
Così ridevano, ma arricchiti allora dai primissimi sguar<strong>di</strong> con la macchina<br />
da presa sullo Ionio <strong>di</strong> Copanello o sotto il Viadotto alle porte della Cit‐<br />
tà, alla vigilia dell’approdo a Roma e sul set del desetiano Un uomo a<br />
metà. Ma ci stanno tante altre esperienze formative, genetiche, tutte ca‐<br />
tanzaresi, dal ‘58 al ‘64, che si riversano adesso nell’opera più recente <strong>di</strong><br />
Amelio, e che co<strong>di</strong>ficano per così <strong>di</strong>re il senso ed il valore <strong>di</strong> una catan‐<br />
zaresità a tutti gli effetti, e non solo onoraria, all’artista citta<strong>di</strong>no del<br />
mondo ma con ra<strong>di</strong>ci culturali e morali precise. Tra noi.<br />
A parte le esplicite <strong>di</strong>chiarazioni <strong>di</strong> Gianni sulla Calabria, su Catanza‐<br />
ro “luogo <strong>di</strong> partenza” dei suoi film, “sempre”, dovremmo fare tuttavia<br />
uno sforzo ulteriore. Ed intanto, restando a Così ridevano, avviare una ri‐<br />
flessione da Catanzaro, da qui specialmente, sulla citta<strong>di</strong>nanza poetica<br />
(se così posso esprimermi) del film. Che voglio <strong>di</strong>re? Questo, per sommi<br />
capi: che la Catanzaro <strong>di</strong> Amelio è nella filigrana <strong>di</strong> tutta l’opera, ben al<br />
<strong>di</strong> là dell’imme<strong>di</strong>atezza del suo trasparire nominale, conclamato, eviden‐<br />
te. La Città, in Così ridevano, è per esempio, nella cesta, nella sporta che<br />
Giovanni (il fratello maggiore) si trascina per le scale appena arrivato a<br />
Torino, cercando Pietro (l’altro protagonista della storia). Quel tipo <strong>di</strong><br />
cesta l’avevamo veduta, le ultime volte, scendere e salire dagli autobus<br />
<strong>di</strong> Nicoletti o della Calabro‐Lucana, ovvero dai tettucci stracarichi dei<br />
tassisti <strong>di</strong> paese, strazeppi <strong>di</strong> cristiani in Piazza San Giovanni o nei pressi<br />
del Tribunale. Ancora, è a Catanzaro che io avevo già visto quel numero<br />
<strong>di</strong> Mascotte <strong>di</strong> Pietro, e ho ritrovato Catanzaro sul volto, nelle parole e<br />
nei movimenti danzerini del giovanotto bilingue (torinese e catanzarese<br />
appunto), che dà una mano a Giovanni per sbrigarsela con il caporalato<br />
mafioso o con i professori del fratello. L’ho intravista, la nostra città,<br />
mentre lo stesso Giovanni Scor<strong>di</strong>a eseguiva il melodrammatico assolo
La Calabria <strong>di</strong> Amelio e per Amelio 89<br />
della carta geografica: spiccicando con la mano la sua terra d’origine, la<br />
Sicilia, e cercando la nuova patria, Torino; e traducendo, in quel rapido<br />
gesto, una situazione autobiografica ameliana nota, in cui per altro po‐<br />
tremmo riconoscerci in tanti, catanzaresi e non. Ma non c’è pure, una<br />
certa Catanzaro, il “Galluppi”, in quella scuola, tra le allieve e gli allievi<br />
intenti nel compito in classe? E l’ultimo banco, dove Pietro navigava sul<br />
suo mare verde e magari volava in un cielo “<strong>di</strong>pinto <strong>di</strong> blu”, non è pro‐<br />
prio l’ultima spiaggia libera, e la più lontana dai li<strong>di</strong> e dai pascoli già ca‐<br />
tanzaresi dei pascoliani professori torinesi <strong>di</strong> Così ridevano? Ed infine: c’è<br />
<strong>di</strong> certo — e come se c’è! — un rapporto tra il Giovanni fratello e padre,<br />
a Torino, e la Città madre e nonna, assai prima, Catanzaro. La Catanzaro<br />
che riascolti in certi <strong>di</strong>aloghi: nel «Sei contento? Lo so che sei contento»<br />
— «E tu sei contento?». Ma assai <strong>di</strong> più, la Città la ritrovi nella duplice<br />
situazione del film, all’inizio e alla fine, in cui si recita quell’antica, no‐<br />
stra, in<strong>di</strong>menticabile barzelletta: «Come fanno, quattro elefanti, ad entra‐<br />
re in una Seicento?». Ma guai a rivelare la risposta, rovineremmo ogni<br />
cosa.<br />
Servirà tuttavia spiegarla, questa barzelletta, in Così ridevano. Varrà la<br />
pena <strong>di</strong> farlo, dall’interno <strong>di</strong> tutto il film e del complesso dei suoi signifi‐<br />
cati. Sarà necessario, per intendere meglio i meccanismi della “magnifica<br />
ossessione”, dello sproporzionato affetto fraterno che lega Giovanni e<br />
Pietro, sia unilateralmente sia reciprocamente. E dovremo spiegare anzi‐<br />
tutto a Catanzaro, tra concitta<strong>di</strong>ni, com’è che Così ridevano continui in<br />
primo luogo la ricerca iniziata da Amelio in La fine del gioco/1970 (film<br />
ipercatanzarese), e com’è che l’opera si ricolleghi per esplicito ad un po’<br />
tutta la produzione ameliana precedente ed in particolare a Il piccolo Ar‐<br />
chimede/1979 e a Colpire al cuore/1982: ma sono evidenti, da un lato i pun‐<br />
tuali richiami a I velieri/1983, a I ragazzi <strong>di</strong> via Panisperna/1988, a Porte a‐<br />
perte/1990, da un altro lato la funzione specifica <strong>di</strong> Così ridevano nel qua‐<br />
dro <strong>di</strong> una sostenibile trilogia con Il ladro <strong>di</strong> bambini/1992 e con Lameri‐<br />
ca/1994. Tutti film sulla Calabria, su Catanzaro, anche se non appare. Ma<br />
appare, e come se appare.<br />
Perché, caro Rosario, se la tua idea <strong>di</strong> dare la citta<strong>di</strong>nanza onoraria ca‐<br />
tanzarese ad Amelio si giustifica certo a più livelli <strong>di</strong> opportunità, rima‐<br />
ne la necessità <strong>di</strong> capire per quante strade, e quali, Catanzaro, la Cala‐<br />
bria, abbiano da sempre citta<strong>di</strong>nanza effettiva nel cinema <strong>di</strong> Gianni A‐<br />
melio… Insomma, visto che gli elefanti nella Seicento ci stanno già, basta<br />
osservarli: si erano messi da soli, due avanti e due <strong>di</strong>etro. Da bravi, an‐<br />
che se stretti.
Capitolo decimo<br />
Poveri noi a San Pietro Magisano 63<br />
Carissimo Pietro Ingrao,<br />
proprio l’estate scorsa in Calabria, transitando da San Pietro a Magi‐<br />
sano/CZ (patria <strong>di</strong> Gianni Amelio), senza nulla sapere ancora <strong>di</strong> Pietro<br />
Scor<strong>di</strong>a (il più giovane dei due fratelli, protagonisti <strong>di</strong> Così ridevano), e<br />
niente immaginando dell’ameliana pietrosità <strong>di</strong> Poveri noi, né tantomeno<br />
potendo conoscere la tua pietrosissima lettera pedagogica al Ministro<br />
Berlinguer sul “Cinema a scuola” (il manifesto del 10 febbraio u.s.), face‐<br />
vo esattamente le tue stesse riflessioni d’adesso: ma ne avevamo già par‐<br />
lato, noi due, con insegnanti e studenti, assieme ad Argan, Aristarco,<br />
Muscetta, Robinson, Rotunno ed altri, in occasione dell’intestazione del‐<br />
la scuola me<strong>di</strong>a “Chaplin” <strong>di</strong> via Stamira, a Roma; e ricordo perfetta‐<br />
mente quel che ci <strong>di</strong>cesti allora <strong>di</strong> assai stimolante, su Gramsci, su “ame‐<br />
ricanismo” e “for<strong>di</strong>smo”, e comunque sull’arte del film a scuola.<br />
Anch’io cioè, mentre cercavo inutilmente in paese cartoline illustrate<br />
<strong>di</strong> San Pietro e lasciandomi alle spalle i tornanti della strada per Taver‐<br />
na, inseguivo le medesime tue “fissazioni” ed arrivavo “ossessivamen‐<br />
te” come te a ragionare della «necessità che nelle aule scolastiche, insie‐<br />
me con i segni neri allineati su un libro» entrino nella quoti<strong>di</strong>anità dei<br />
nostri ragazzi e ragazze plagiati dalla TV‐spazzatura e dal cinema‐<br />
immon<strong>di</strong>zia fotogrammi istruttivi ed impasti intelligenti «<strong>di</strong> parola e <strong>di</strong><br />
immagine», a colori o in bianco e nero poco importa. Ecco perché, es‐<br />
sendo nato a Catanzaro (per giunta un 29 giugno, che è il giorno <strong>di</strong> San<br />
Pietro), non posso che essere del tutto d’accordo con la tua proposta <strong>di</strong><br />
organizzare e stimolare la proiezione <strong>di</strong> Poveri noi nelle scuole d’Italia<br />
[…].<br />
Insomma, rivedendo gli studenti italiani (e magari non solo italiani)<br />
<strong>di</strong> adesso, «la nostra storia dolorosa <strong>di</strong> nazione impareranno un po’ a<br />
capire i problemi e le sofferenze <strong>di</strong> questo mondo che da lontano tenta<br />
un approdo sulle nostre spiagge». E qui fai bene a continuare nella chia‐<br />
ve meri<strong>di</strong>onalistico‐autobiografica del non inerte testimone del tempo;<br />
ed a fornire suggerimenti che definirei <strong>di</strong>dattici, se potessero essere in<br />
qualche modo raccolti e fatti propri da insegnanti attualmente in servi‐<br />
zio […].<br />
63 N. SICILIANI DE CUMIS, Cartoline da San Pietro Magisano. Una lettera <strong>di</strong> Nicola<br />
Siciliani de Cumis a Pietro Ingrao, «Ora Locale. Lettere dal Sud», n. 1, a. 3°, mag‐<br />
gio‐giugno, 1999.
92<br />
Parte prima – Capitolo decimo<br />
Caro Pietro, io francamente non so se il Ministro della Pubblica Istru‐<br />
zione abbia risposto o meno al tuo «che ne pensi?». Mi piacerebbe saper‐<br />
lo. Però, in ogni caso, mi rendo conto come ci sia davvero una spropor‐<br />
zione enorme, tra l’alta esigenza educativa che affacci, e le risorse cultu‐<br />
rali, tecniche e morali <strong>di</strong> cui possiamo <strong>di</strong>sporre ai vari livelli <strong>di</strong> respon‐<br />
sabilità e <strong>di</strong> competenza. Ecco perché, se me lo permettessi, mi proporrei<br />
a mia volta <strong>di</strong> accompagnarti in quella «scuola <strong>di</strong> Roma» dove ti offri <strong>di</strong><br />
andare «per <strong>di</strong>scutere su quei corpi, su quei volti» <strong>di</strong> Poveri noi. Ma per‐<br />
ché non facciamo uno sforzo maggiore: e non ci troviamo magari in Ca‐<br />
labria, a Catanzaro o a San Pietro a Magisano, a parlare del cinema a<br />
scuola? Chissà che alzando il prezzo dell’impegno, non torni tutto para‐<br />
dossalmente meno impossibile, e chissà che, nella ipotetica circostanza,<br />
non ci riesca perfino <strong>di</strong> mandare cartoline illustrate del posto ai compa‐<br />
gni, agli amici […].<br />
Roma, 22 febbraio 1999.
Parte seconda<br />
UN’AMICIZIA MAI INTERROTTA…<br />
GLI SCRITTI DEGLI ANNI 2000
Capitolo primo<br />
Poscritto 2001 64<br />
Carissimo Amico, se mi rifaccio vivo con te dopo più <strong>di</strong> <strong>di</strong>eci anni<br />
dalla Lettera da San Pietro del ’92, è perché mi è giunta voce che quella<br />
mezza idea <strong>di</strong> un dossier su Gianni Amelio in Calabria, che allora avevo<br />
appena abbozzata, pare sia adesso cresciuta fino al punto <strong>di</strong> convolare a<br />
nozze con l’altra sua metà, e <strong>di</strong> figliare ad<strong>di</strong>rittura un libro <strong>di</strong> cui è auto‐<br />
re Domenico Scalzo, dal titolo lì per lì lapalissiano, Gianni Amelio. Un po‐<br />
sto al cinema.<br />
Un libro, <strong>di</strong>resti, su Amelio (proprio lui) spettatore “che non ha tra<strong>di</strong>‐<br />
to”: dal momento in cui il “registra” incomincia ad occupare il suo bel<br />
“posto al cinema” qui in paese, in piazza, davanti all’enorme telone<br />
bianco fatto mettere in pie<strong>di</strong> dal “Generale”; quin<strong>di</strong> a Catanzaro, con o<br />
senza la nonna, al cinema‐teatro “Politeama”, «bellissimo nome!»; e<br />
dunque nelle “sale” e nelle “arene” <strong>di</strong> mezzo mondo, per vedere o rive‐<br />
dere questo o quel film. Magari La dolce vita, per chissà quale quantesima<br />
volta, e per esorcizzare la famigerata “sindrome Fahrenheit”.<br />
Sennonché, siccome è proprio <strong>di</strong> Nino Giovanni Gianni Amelio che<br />
Scalzo vuol documentare, dovremmo non accontentarci del primo signi‐<br />
ficato che alle parole, pur chiare, ci viene da dare. Il “posto” <strong>di</strong> Amelio al<br />
cinema non è che una teoria <strong>di</strong> “posti”, <strong>di</strong> “siti” possibili sul cinema <strong>di</strong><br />
Amelio (compresi quelli, evidentemente, <strong>di</strong> internet). Anche se, ancor<br />
prima della via telematica, è delle numerose suggestioni topografiche<br />
dello spazio ameliano nel cinema, che il dossier in questione sembra voler<br />
rendere conto.<br />
E tuttavia, in attesa <strong>di</strong> averlo tra le mani, il libro, mi chiederei con<br />
quali materiali e immaterialità documentative Scalzo abbia connotato la<br />
tipologia del “posto” <strong>di</strong> Amelio al cinema; in che modo egli abbia regi‐<br />
strato gli umori del frenetico “assettarsi” <strong>di</strong> Gianni nella “sala” che nella<br />
sua buia luminosità lo sod<strong>di</strong>sfaceva come un’overdose; ed in quali for‐<br />
me lo sguardo del regista, da un lato resti dentro il perimetro <strong>di</strong> uno<br />
spazio fisico delimitato, necessario e necessitante, da un altro lato fuorie‐<br />
sca nell’erranza, nella libertà <strong>di</strong> un viaggio che non conosce meta e dun‐<br />
64 Titolo tratto dall’articolo <strong>di</strong> N. SICILIANI DE CUMIS, nel volume Gianni Amelio.<br />
Un posto al cinema, a cura <strong>di</strong> D. SCALZO, Torino, Lindau, 2001, Villaggio Mancuso,<br />
(Taverna, CZ), 9 settembre 2001, pp. 15‐16.
96<br />
Parte seconda – Capitolo primo<br />
que nell’inquietu<strong>di</strong>ne che ne deriva: pensiamo per un attimo alle storie<br />
<strong>di</strong> formazione dei Leonardo, Tommaso, Dario ed Emilio, Jean, Guido,<br />
Vito e Consolo, Enrico e Ettore, Antonio, Rosetta e Luciano, Gino, Gio‐<br />
vanni e Pietro ecc. Né <strong>di</strong>mentichiamo che se gli attori trovano il loro po‐<br />
sto nei personaggi, Amelio si alloga nei suoi attori e, come <strong>di</strong>sse Jean ‐<br />
Louis, «li abita».<br />
Ma è soprattutto dopo Il ladro <strong>di</strong> bambini, in presenza <strong>di</strong> Lamerica e<br />
Non è finita la guerra, cioè la pace, <strong>di</strong> Così ridevano e Poveri noi, e <strong>di</strong> Uno<br />
schermo sull’acqua, L’onore delle armi e La terra è fatta così, che nei film <strong>di</strong><br />
Amelio sembra esserci posto per ogni sorta <strong>di</strong> cosa che… non voglia sta‐<br />
re “al suo posto”. E, per quanto incre<strong>di</strong>bile possa sembrare, lo schermo<br />
<strong>di</strong> Gianni Giovanni Nino viene come a restringersi ed a trasfigurarsi: fi‐<br />
no a trapassare da uno straripante, anamorfico technovision, nei ritagli,<br />
dettagli e ragguagli del documentario televisivo.<br />
Di più, è il nostro posto nel mondo che, antipedagogicamente, viene ad<br />
essere messo in <strong>di</strong>scussione da Amelio. E per quel che ne so io, già da<br />
quaranta e passa anni fa, in Calabria: da quando cioè avresti potuto os‐<br />
servarlo, l’Amelio <strong>di</strong> Un posto al cinema, nell’esercizio delle sue funzioni<br />
<strong>di</strong> spettatore, <strong>di</strong>scutere del “posto” nel cinema, per esempio, <strong>di</strong> Il posto<br />
delle fragole <strong>di</strong> Ingmar Bergman e <strong>di</strong> Il posto <strong>di</strong> Ermanno Olmi. O <strong>di</strong> Un<br />
posto al sole <strong>di</strong> Gorge Stevens. Perché il cinema, Amico mio, è un po’ come<br />
la ineffabile Seicento dei quattro elefanti <strong>di</strong> Così ridevano, “due davanti e<br />
due <strong>di</strong>etro”. Basta un niente per farvi stare il mondo. Al volante o come<br />
ruota <strong>di</strong> scorta.<br />
Un caro saluto, N. S. d. C.
2.1. Due domande Gianni 66<br />
Capitolo secondo<br />
Un “opposto” al cinema 65<br />
Data l’ora, saranno conclusioni molto rapide e niente affatto… “con‐<br />
clusive”: e che (considerati i quarantacinque anni <strong>di</strong> un’amicizia, ed i<br />
venti e passa anni <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> sui tuoi film), sfiorano appena il milione <strong>di</strong><br />
cose che avrei in punta <strong>di</strong> lingua. Mi limito pertanto a qualche in<strong>di</strong>spen‐<br />
sabile notazione <strong>di</strong> contesto, e ad un paio <strong>di</strong> domande a te, Gianni.<br />
Due osservazioni mi sembrano tuttavia quasi d’obbligo. La prima,<br />
anzitutto, che riguarda il modello <strong>di</strong> politica culturale adottato in<br />
quest’occasione dalla Comunità Montana della Presila Catanzarese e<br />
che, per quel che ne posso sapere, si traduce in una formula pedagogica<br />
pressoché ine<strong>di</strong>ta e degna <strong>di</strong> essere sperimentata anche altrimenti. Lo<br />
accennavano all’inizio Pasquale Capellupo e Serafino Lupia; e lo ha sot‐<br />
tolineato quin<strong>di</strong> Scalzo. Di che si tratta?<br />
Da un lato cioè (e certamente a prescindere dal fatto che Amelio sia<br />
nato qui, a San Pietro Magisano, e cresciuto a Catanzaro), c’è un primo<br />
punto fermo: che è la domanda urgente, come si <strong>di</strong>ce “dal basso”, <strong>di</strong> ac‐<br />
culturazione cinematografica qualificata; l’esigenza forte e <strong>di</strong>ffusa <strong>di</strong><br />
portare là dove non c’è il cinema, i film <strong>di</strong> un autore internazionalmente<br />
accre<strong>di</strong>tato come Amelio e <strong>di</strong>scorsi seri nel merito. Nonostante le panie<br />
del luogo culturalmente deprivato, superando invece l’inerzia delle cir‐<br />
costanze. 2. Da un altro lato, attraverso il lavoro <strong>di</strong> uno specialista del<br />
livello <strong>di</strong> Domenico Scalzo, si è avuta per quella stessa domanda una ri‐<br />
sposta positiva, che vorrebbe andare ben oltre la cerchia del “luogo”. Si è<br />
aggiunto quin<strong>di</strong> il coinvolgimento <strong>di</strong> un e<strong>di</strong>tore importante come il Lin‐<br />
dau; ed ora (li abbiamo appena ascoltati) gli autorevoli interventi <strong>di</strong> Cal‐<br />
listo Cosulich e Giorgio De Vincenti. 3. Di più (ed è il terzo punto fermo<br />
<strong>di</strong> questa esperienza), ad essere attivamente coinvolto nell’impresa<br />
scientifica ed educativa, è stato lo stesso oggetto d’indagine, Amelio:<br />
quel cineasta che egli è; del quale abbiamo letto, scritto e sentito <strong>di</strong>scor‐<br />
rere; e sul quale non spenderei adesso altre parole.<br />
65 Titolo redazionale.<br />
66 Articolo scritto in occasione dell’inaugurazione del volume Gianni Amelio. Un<br />
posto al cinema, a cura <strong>di</strong> D. SCALZO, cit. Torino, Lindau, 2001, Villaggio Mancuso,<br />
(Taverna, CZ), 9 settembre 2001.
98<br />
Parte seconda – Capitolo secondo<br />
Un modello <strong>di</strong> politica culturale ed una formula pedagogica, in altri<br />
termini, che collocano la Comunità Montana da un’altra parte rispetto ai<br />
mali che affliggono il nostro mondo. La collocano cioè all’opposto del la‐<br />
mentato e lamentevole “piangersi addosso”; all’opposto della presunzio‐<br />
ne che deriva da frustrazione; all’opposto dell’ahimè pervasiva sottocul‐<br />
tura localistica; all’opposto <strong>di</strong> quell’aspettarsi qualcosa dall’alto, senza il<br />
controllo critico ed il contributo della “base” dell’utenza; e dunque<br />
all’opposto <strong>di</strong> quel “se volete voi”, ra<strong>di</strong>ce prima e conseguenza ultima dei<br />
nostri mali: che come sappiamo Amelio vorrebbe “cancellare” dalla fac‐<br />
cia della Terra (e che lo stesso Amelio mette in scena con forza poetica in<br />
una significativa sequenza <strong>di</strong> Così ridevano).<br />
La seconda considerazione d’obbligo (in poche parole) riguarda il ri‐<br />
sultato dell’operazione scientifica ed e<strong>di</strong>toriale. Il libro, le sue definizioni<br />
ed i suoi possibili usi ulteriori: giacché un’opera come Gianni Amelio. Un<br />
posto al cinema si colloca subito in un ambito che è anzitutto progettuale.<br />
Come libro cantiere o libro laboratorio. Come libro‐prospettiva. Nel senso<br />
che ciò che bio‐bibliograficamente e criticamente risulta intanto dalle sue<br />
pagine è una sorta <strong>di</strong> rapporto genetico tra il già fatto ed il da farsi. Una<br />
sorta <strong>di</strong> work in progress. Un grosso questionario zeppo <strong>di</strong> problemi <strong>di</strong><br />
interpretazione e <strong>di</strong> domande: quelle soprattutto che il volume, con i<br />
suoi testi e le sue immagini, viene sollecitando nel lettore, e che il lettore<br />
è portato a rivolgere ad Amelio. Ed a se stesso. Accade a me, con queste<br />
due domande, Gianni, alle quali intanto mi limiterei.<br />
La prima domanda, che si collega <strong>di</strong>rettamente a ciò che già ti chie‐<br />
deva De Vincenti a proposito del tuo metodo <strong>di</strong> lavoro, dalla sceneggia‐<br />
tura alla regia, alla “presa <strong>di</strong>retta” ecc. I tuoi film sono lì, già belli e fat‐<br />
ti… Li <strong>di</strong>resti “al passato”. Sennonché, sei proprio tu che, una volta fini‐<br />
ti, continui a riprenderli in mano, a lavorarci su, e quasi ad inseguirli<br />
nella loro vita successiva, nel futuro. In questo senso, Gianni, <strong>di</strong>rei che il<br />
tuo vero “posto al cinema” è quello che tu stesso ti scegli non “prima” o<br />
“durante” la lavorazione <strong>di</strong> un film, ma “dopo”, tra i critici e gli spetta‐<br />
tori, quando il film rimane ormai alle spalle <strong>di</strong> tutti… Come se fossi pro‐<br />
prio tu, Gianni, assai più <strong>di</strong> chiunque altro, il vero l’educatore “al cine‐<br />
ma”; tu il pedagogista, tu il <strong>di</strong>datta della situazione.<br />
Ed ecco la seconda domanda, sui tuoi film e l’infanzia… Una doman‐<br />
da che scaturisce già in presenza del personaggio <strong>di</strong> Leonardo <strong>di</strong> La fine<br />
del gioco, che, per <strong>di</strong>rla con Maurizio Ponzi, è proprio lui (un bambino,<br />
l’”eroe”) a “scegliere” Amelio (un adulto, l’”autore”). Non il contrario.<br />
Ed è la stessa domanda, che mi si arricchisce <strong>di</strong> nuove suggestioni,<br />
quando ripenso al finale <strong>di</strong> La Città del Sole… O quando metto insieme,
Un “opposto” al cinema 99<br />
poniamo, i seguenti elementi: 1. Giuseppe Jeracitano, il piccolo attore <strong>di</strong><br />
Il ladro <strong>di</strong> bambini (lo abbiamo rivisto stasera), che “non vuole uccidere il<br />
carabiniere” (secondo quanto imponeva il primo, poi cambiato, finale<br />
del film), e che, così facendo, ti aiuta a scegliere un altro finale, quello a<br />
cui poi sei arrivato…<br />
2. Ci sono inoltre, nella tua filmografia, i bambini <strong>di</strong> Sarajevo: che so‐<br />
no loro, più che tu stesso, a “fare” il film Non è finita la pace, cioè la guerra.<br />
Tu, come autore, lì ti metti del tutto da parte o quasi…<br />
3. Ancora, ci sono gli albanesi <strong>di</strong> Lamerica; gli albanesi “popolo bam‐<br />
bino”, come tu stesso li hai definiti una volta… Ricordo infine Quaderni e<br />
colori: una straor<strong>di</strong>naria trasmissione ra<strong>di</strong>ofonica del giorno <strong>di</strong> Capo‐<br />
danno 2000; una trasmissione durata un intero giorno, dove tu parli con<br />
i bambini, dove i bambini parlano con te alla pari: ed ad<strong>di</strong>rittura sembra‐<br />
no essere loro a guidare la conversazione ed i tuoi pensieri…<br />
Ebbene, vorrei chiederti proprio questo: se ed in che misura i bambi‐<br />
ni, per l’appunto i bambini, e le loro azioni e parole, non siano proprio<br />
loro a determinare alcune delle modalità del tuo stesso linguaggio, a co‐<br />
stituirne in qualche modo il lessico…<br />
Che ne <strong>di</strong>ci, Gianni?<br />
Nicola Siciliani de Cumis
Capitolo terzo<br />
Gianni Amelio e La terra è fatta così 67<br />
Agli studenti <strong>di</strong> V 0 ginnasiale/sezione A<br />
Liceo‐ginnasio “P. Galluppi” Catanzaro.<br />
Cari amici,<br />
alcuni <strong>di</strong> voi, la sera in cui ci siamo incontrati a Villaggio Mancuso<br />
(Taverna/CZ, il 9 settembre scorso), in occasione della presentazione del<br />
volume Gianni Amelio. Un posto al cinema, a cura <strong>di</strong> Domenico Scalzo, To‐<br />
rino, Lindau, 2001, mi hanno rivolto una domanda a proposito<br />
dell’ultimo documentario <strong>di</strong> Amelio, La terra è fatta così (2000): una do‐<br />
manda alla quale lì per lì, data l’ora ormai tarda, io non ho potuto ri‐<br />
spondere. Lo farei quin<strong>di</strong> adesso, scusandomi per i miei mo<strong>di</strong> sbrigativi<br />
<strong>di</strong> allora: ma dopo quasi sei ore <strong>di</strong> impegno nella serata organizzata dal‐<br />
la Comunità Montana della Presila Catanzarese (con la proiezione <strong>di</strong> Il<br />
ladro <strong>di</strong> bambini, il saluto <strong>di</strong> Pasquale Capellupo, il preambolo <strong>di</strong> Amelio,<br />
la serie degli interventi <strong>di</strong> Serafino Lupia, Callisto Cosulich, Domenico<br />
Scalzo, Giorgio De Vincenti, mio, le numerose domande dei presenti e le<br />
generose risposte <strong>di</strong> Amelio), per tutti s’era fatta ormai l’ora <strong>di</strong> togliere<br />
le tende. Così non c’è stato tempo per ascoltare ciò che avreste voluto<br />
<strong>di</strong>rmi della vostra interessante ricerca su Gianni Amelio, La terra è fatta<br />
così e il terremoto in Irpinia del 23 novembre 1980. Una ricerca che a mio<br />
parere, per quel che ne ho potuto capire, non solo richiede <strong>di</strong> essere con‐<br />
tinuata secondo i vostri progetti <strong>di</strong>chiarati, come inchiesta “sul campo”<br />
nelle molte terre terremotate d’Italia, dall’Irpinia, al Belice, dal Friuli alla<br />
Sicilia, alle Marche e all’Umbria, ed ovviamente alla Calabria; ma che,<br />
per l’appunto con riferimento al film, è bene che sia approfon<strong>di</strong>ta anche<br />
su altri piani: a cominciare da quello <strong>di</strong> una rilettura critica <strong>di</strong> La terra è<br />
fatta così, alla luce <strong>di</strong> un po’ tutta quanta l’opera <strong>di</strong> Amelio; ed in consi‐<br />
derazione, da un lato, dei suoi specifici contenuti educativi e, da un altro<br />
lato, dei suoi possibili agganci inter<strong>di</strong>sciplinari, oltre che con la storia e<br />
la sociologia (secondo la vostra ipotesi attuale), anche con altre <strong>di</strong>scipli‐<br />
ne (per esempio la geografia, la letteratura, la matematica, la fisica, le<br />
67 Titolo tratto dall’articolo <strong>di</strong> N. SICILIANI DE CUMIS, in «Speciale. Laboratorio<br />
Amelio», perio<strong>di</strong>co bimestrale della Comunità Montana della Presila Catanzarese, a<br />
cura <strong>di</strong> M.P. MUSSO e A. SANZO, gennaio‐giugno 2003. Articolo scritto a Roma, nel<br />
mese <strong>di</strong> settembre 2001, pp. 70‐78.
102<br />
Parte seconda – Capitolo terzo<br />
scienze naturali, l’economia, il <strong>di</strong>ritto, la storia dell’arte, la musica, la fi‐<br />
losofia). Ed ovviamente l’arte del film, e la sua pedagogia.<br />
Questo perché (e non sono il solo a pensarlo) il cinema <strong>di</strong> Amelio, nel‐<br />
la sua unitarietà e complessità, e per quanto nella soggettività delle sue<br />
tematiche e dei mo<strong>di</strong> espressivi che ad esso sono propri, può essere uti‐<br />
lizzato proficuamente anche a scuola come un intervento formativo in<br />
progress, cui attingere variamente tra film e educazione, storia e cronaca,<br />
società e scuola, <strong>di</strong>dattica e ricerca, <strong>di</strong>mensioni enciclope<strong>di</strong>che ed arric‐<br />
chimenti <strong>di</strong>sciplinari. Di qui (accanto al resto) la componente per esplici‐<br />
to “pedagogica”, ad alto tasso <strong>di</strong> stimolazione critica, dei testi cinema‐<br />
tografici e televisivi <strong>di</strong> Amelio, e quin<strong>di</strong> la loro specifica proponibilità<br />
nei processi <strong>di</strong> insegnamento/appren<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> <strong>di</strong>verse materie, curri‐<br />
colari ed extracurricolari, con riferimento a possibili percorsi <strong>di</strong>sciplinari<br />
del tutto attinenti allo svolgimento dei cosiddetti “programmi” scolasti‐<br />
ci.<br />
A questo riguardo (riferendomi a determinati esempi della mia espe‐<br />
rienza <strong>di</strong> insegnante) ricordo <strong>di</strong> aver fatto in più occasioni ricorso a film<br />
<strong>di</strong> Amelio occupandomi con i miei studenti, oltre che <strong>di</strong> taluni autori<br />
“classici” (da Tommaso Campanella ad Antonio Labriola, da John De‐<br />
wey ad Antonio Gramsci, da Anton S. Makarenko a Michail M. Bachtin,<br />
a Muhammed Yunus, ecc.), delle idee <strong>di</strong> “realtà”, “utopia”, gioco , “me‐<br />
todo sperimentale”, “giustizia” , “coscienza morale”, “libertà” e “neces‐<br />
sità”, “responsabilità in<strong>di</strong>viduale e collettiva”, “cultura” e “intercultu‐<br />
ra”; toccando i concetti <strong>di</strong> “arte visiva” e <strong>di</strong> “specifico filmico”, <strong>di</strong> “pun‐<br />
to <strong>di</strong> vista”, “fonte”, “datazione”, “tra<strong>di</strong>zione” e “innovazione”, “inda‐<br />
gine scientifica e senso comune”, “qualità” e “quantità”, “pedagogia” e<br />
“antipedagogia”, “umorismo”; trattando <strong>di</strong> argomenti quali “governan‐<br />
ti” e “governati”, “questione meri<strong>di</strong>onale”, “brigantaggio” e “ban<strong>di</strong>ti‐<br />
smo”, “fascismo”, “scienza e potere”, “pena <strong>di</strong> morte”, “pace e guerra”,<br />
“mafia”, “terrorismo”, “tangentopoli”, “globalizzazione”, “Nord e Sud<br />
del mondo”, “povertà e ricchezza”, “emigrazione/immigrazione”, “in‐<br />
tercultura”, “infanzia”, “<strong>di</strong>vulgazione scientifica”, ecc.<br />
Ma avrete forse avuto modo <strong>di</strong> assistere su Rai Uno, la sera del 18 set‐<br />
tembre scorso, allo “Speciale Superquark” a cura <strong>di</strong> Piero Angela, per il<br />
centenario della nascita <strong>di</strong> Enrico Fermi. Ebbene, praticamente nel corso<br />
dell’intera trasmissione, mi è sembrato non a sproposito l’uso che Ange‐<br />
la ha fatto del film <strong>di</strong> Amelio I ragazzi <strong>di</strong> via Panisperna (1988): un uso<br />
che, se per un verso, scavalcando l’autorialità dell’opera <strong>di</strong> cinema, ri‐<br />
spondeva all’imme<strong>di</strong>ata esigenza <strong>di</strong> illustrare “televisivamente” la per‐<br />
sonalità scientifica ed umana <strong>di</strong> Fermi (non <strong>di</strong>sgiunta da quella <strong>di</strong> Ettore
Gianni Amelio e La terra è fatta così 103<br />
Majorana), poneva per un altro verso oggettivamente il tema dell’illu‐<br />
strazione “storica” me<strong>di</strong>ante un immaginario cinematografico fortemen‐<br />
te caratterizzato; e quin<strong>di</strong>, ben al <strong>di</strong> là dell’occasione “celebrativa”, il<br />
problema <strong>di</strong> ciò che <strong>di</strong> proprio e <strong>di</strong> nuovo appartiene all’Amelio regista<br />
(interessato soprattutto alla figura <strong>di</strong> Majorana), in fatto <strong>di</strong> storia perso‐<br />
nale, formazione umana, cultura generale, educazione al film, elabo‐<br />
razioni tecniche, concezione del mondo, valori, linguaggio, stile.<br />
Ecco allora qualche spunto <strong>di</strong> riflessione in tal senso, a partire dall’af‐<br />
fermazione dello stesso Amelio, ripetuta anche quella sera a Villaggio<br />
Mancuso, che «con i miei <strong>di</strong>versi film io non ho girato altro che un unico<br />
film»... Da cui (se si vuoi credere all’autore) <strong>di</strong>scende la considerazione<br />
che la peculiarità meri<strong>di</strong>onalistica <strong>di</strong> La terra è fatta così, per essere giu‐<br />
stamente intesa, consiglia sia <strong>di</strong> considerare l’autonoma novità della<br />
suddetta produzione ameliana, sia <strong>di</strong> accostare organicamente “in bloc‐<br />
co” a questo stesso film‐documento un po’ tutte le altre opere dell’au‐<br />
tore: ed in particolare per l’ultimo periodo, da un lato i più recenti Non è<br />
finita la pace, cioè la guerra del 1996, Poveri noi del 1999, Uno schermo<br />
sull’acqua del 2000, L’onore delle armi pure del 2000; da in altro lato la tri‐<br />
logia cinematografica <strong>di</strong> Il ladro <strong>di</strong> bambini del 1992, Lamerica del 1994,<br />
Così ridevano del 1998. Stando tuttavia attenti a non “grammatizzare”<br />
troppo negli accostamenti e a non irrigi<strong>di</strong>re le nostre connessioni e de‐<br />
duzioni in schemi troppo riduttivi (inclusivi ed esclusivi che siano).<br />
Né nella ricomposizione del quadro d’insieme <strong>di</strong>menticherei le paral‐<br />
lele attività <strong>di</strong> Amelio (soggetti e sceneggiature, regie teatrali, spot tele‐<br />
visivi, racconti, interventi in convegni e <strong>di</strong>battiti, sui giornali, nelle scuo‐<br />
le, alla ra<strong>di</strong>o, la collaborazione fissa al settimanale “Film TV”). Ma an‐<br />
drei ancora in<strong>di</strong>etro nel tempo: e non avrei esitazione nel <strong>di</strong>rvi che, men‐<br />
tre qualche giorno fa rileggevo La terra è fatta così, mi sono venuti in<br />
mente temi e problemi via via riconducibili, contenuto e forma, ora a La<br />
fine del gioco (1970) e a La Città del Sole (1973), ora a Colpire al cuore (1982)<br />
e a Porte aperte (1990)... Soprattutto a Colpire al cuore e a Porte aperte: e<br />
proprio perché quel “terrorismo” e questo “terremoto”, nella interpreta‐<br />
zione <strong>di</strong> Amelio, hanno in comune qualcosa <strong>di</strong> terribile e <strong>di</strong> terrificante<br />
(quasi una pena <strong>di</strong> morte ed in replicabili <strong>di</strong>dattiche, fisica e spirituale,<br />
un’omertà costitutiva e pervasiva ed una per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> coscienza morale as‐<br />
soluta), che va ben al <strong>di</strong> là del significato letterale dei termini, e “colpisce<br />
al cuore” della totalità e profon<strong>di</strong>tà dei sentimenti in<strong>di</strong>viduali e della ca‐<br />
pacità collettiva <strong>di</strong> ragionare e <strong>di</strong> volere.<br />
Se poi (spostandoci sul piano delle fonti culturali e visive <strong>di</strong> Amelio)<br />
è il Luchino Visconti <strong>di</strong> Rocco e i suoi fratelli che rispunta variamente in
104<br />
Parte seconda – Capitolo terzo<br />
Così ridevano, non è a La terra trema, che rinvia in qualche modo (e non<br />
solo per il titolo) La terra è fatta così? Se quin<strong>di</strong>, <strong>di</strong> fronte alla terra che ha<br />
tremato e trema, Visconti ha la sua fonte letteraria nel Giovanni Verga<br />
dei Malavoglia (il mare che colpisce e uccide) quali sono, ben oltre l’im‐<br />
me<strong>di</strong>atezza del documento televisivo inventato da Amelio sui filmati<br />
dell’epoca, le fonti letterarie, storico‐storiografiche, filmiche <strong>di</strong> La terra è<br />
fatta così? C’entra o meno, al <strong>di</strong> là dell’incontro pur decisivo del regista<br />
calabrese con Legambiente che gli ha commissionato l’opera per il ven‐<br />
tennale della trage<strong>di</strong>a dell’80, la Calabria (la Calabria celebre per i suoi<br />
terremoti) nel processo <strong>di</strong> avvicinamento <strong>di</strong> Amelio all’lrpinia? Ed anche<br />
al <strong>di</strong> là dello specifico terremoto oggetto <strong>di</strong> rievocazione, non è al terre‐<br />
moto dell’interiorità <strong>di</strong> Colpire al cuore, alle scosse <strong>di</strong> coscienza <strong>di</strong> Porte<br />
aperte, ai sismi morali delle “tangentopoli” e delle “mafiosità” latenti e<br />
incisive <strong>di</strong> Il ladro <strong>di</strong> bambini, <strong>di</strong> Lamerica, <strong>di</strong> Così ridevano ecc., che ci capi‐<br />
ta soprattutto da pensare, vedendo e rivedendo La terra è fatta così? Per‐<br />
ché allora non cogliere l’occasione fornita dalla materia terribile ed e‐<br />
strema <strong>di</strong> quest’opera (alla sua maniera, come accennavo, una variazio‐<br />
ne sul tema del “terrorismo”), per ampliare l’ambito del ragionamento, e<br />
dunque per collegare la memorabile catastrofe dell’episo<strong>di</strong>o del terremo‐<br />
to irpino ad un <strong>di</strong>scorso storico‐culturale ed etico‐politico <strong>di</strong> ulteriore re‐<br />
spiro formativo ed in qualche modo traducibile in ipotesi educative ed<br />
in replicabili <strong>di</strong>dattiche?<br />
Ecco la ragione per cui, miei cari amici, non avrei tante remore nel<br />
suggerirvi <strong>di</strong> guardare criticamente anche cd al <strong>di</strong> là degli ambiti esclu‐<br />
sivamente cinematografici e televisivi dell’opera <strong>di</strong> Amelio, per ritro‐<br />
varne quin<strong>di</strong> altrimenti, cioè sul terreno <strong>di</strong> una con<strong>di</strong>visibile inter<strong>di</strong>sci‐<br />
plinarità, motivi etico‐antropologici evidenti ed effetti pedagogici possi‐<br />
bili. Lo stesso Amelio, per come la pensa ed opera quando viene a tra‐<br />
sformare nel suo specifico “visivo” una determinata materia “storica” da<br />
rappresentare, non potrebbe che essere d’accordo sul suggerimento me‐<br />
todologico che vi propongo. Niente <strong>di</strong> male cioè se dopo aver visto e ri‐<br />
visto La terra è fatta così, vi venisse la voglia <strong>di</strong> trasferire la vostra atten‐<br />
zione dallo schermo, dove sono appena passate le immagini firmate<br />
Amelio, in un “altrove culturale” da cui tirar fuori nuove vostre originali<br />
ricerche sui terremoti: dai libri, dalle enciclope<strong>di</strong>e, dai <strong>di</strong>zionari, dai<br />
giornali dell’epoca, dai cataloghi <strong>di</strong> mostre e dai filmati <strong>di</strong> vario tipo<br />
(come questo recentissimo, per esempio, della serie “Alla scoperta del
Gianni Amelio e La terra è fatta così 105<br />
pianeta Terra” appena rimesso in circolazione in e<strong>di</strong>cola, dal titolo Infer‐<br />
no. Eruzioni vulcaniche, Terremoti e Fuoco. I Terremoti 68 .<br />
Visitate quin<strong>di</strong> le librerie e le biblioteche e i musei della vostra città, e<br />
non mancate <strong>di</strong> andare nella locale sezione dell’archivio dello stato, ri‐<br />
volgetevi ai privati, fate domande agli anziani che ricordano; producete<br />
testimonianze e chiedete documenti a chi può <strong>di</strong>sporne... Che farei io,<br />
subito? Comporrei anzitutto una bibliografia essenziale ed una au<strong>di</strong>o‐<br />
videografia minima, ma aperta ad ulteriori acquisizioni <strong>di</strong> titoli e schede.<br />
Per un momento, quin<strong>di</strong>, non avrei il timore <strong>di</strong> scantonare: attiverei in‐<br />
vece in internet i principali “motori <strong>di</strong> ricerca”; attingerei per il possibile<br />
agli eventuali siti web in<strong>di</strong>viduati; progetterei qualche modo traducibile<br />
in ipotesi educative un dossier <strong>di</strong> tipo enciclope<strong>di</strong>co, magari comincian‐<br />
do da una prima ricognizione sugli scritti <strong>di</strong> Aristotele, <strong>di</strong> Plinio, degli<br />
antichi storici e memorialisti. Vorrei conoscere, sul terremoto,<br />
l’eventuale punto <strong>di</strong> vista <strong>di</strong> Bernar<strong>di</strong>no Telesio, Giordano Bruno e<br />
Tommaso Campanella. Interrogherei puntualmente gli scritti <strong>di</strong> France‐<br />
sco Bacone e <strong>di</strong> Galileo Galilei (e dei loro allievi). Mi fermerei tuttavia, in<br />
particolare, su alcune famose pagine <strong>di</strong> Immanuel Kant...; e ricomincerei<br />
la ricerca, riprendendo le mosse dal libro <strong>di</strong> Augusto Placanica su Il filo‐<br />
sofo e la catastrofe (e dall’ampio <strong>di</strong>battito che, quando fu pubblicato, lo<br />
stu<strong>di</strong>o innescò nei mass me<strong>di</strong>a). Ed accanto ai testi sui terremoti degli<br />
uomini <strong>di</strong> scienza, non trascurerei <strong>di</strong> considerare, nella loro varietà,<br />
quelli <strong>di</strong> scrittori e poeti (per es. Luigi Siciliani, nel romanzo Giovanni<br />
Francica); e <strong>di</strong> rovistare nelle pinacoteche, per arrivare ai quadri <strong>di</strong> qual‐<br />
che pittore o <strong>di</strong>segnatore sensibile al tema. Né <strong>di</strong>menticherei la trage<strong>di</strong>a<br />
<strong>di</strong> taluni episo<strong>di</strong> biografici, con conseguenze umane e culturali che non<br />
<strong>di</strong>rei esclusivamente “personali”, del tipo per esempio del terremoto <strong>di</strong><br />
Casamicciola per Benedetto Croce o del terremoto <strong>di</strong> Messina per Gae‐<br />
tano Salvemini.<br />
E qui, in tema <strong>di</strong> “questione meri<strong>di</strong>onale” e “meri<strong>di</strong>onalisti” (visto<br />
che Amelio, in La terra è fatta così, esprime assai chiaramente le sue idee<br />
al riguardo), ripenserei soprattutto ad Umberto Zanotti Bianco, al suo<br />
straor<strong>di</strong>nario “volontariato sociale” a favore dei terremotati calabresi nei<br />
primi anni del Novecento. Al suo mon<strong>di</strong>alismo localizzato. Alle sue abi‐<br />
lità <strong>di</strong> fotografo sociale, comprovate (tra l’altro) da quelle immagini in‐<br />
<strong>di</strong>menticabili delle case <strong>di</strong> Africo «mai ricostruite dopo il terremoto del<br />
1908», e suggestivamente riproposte nel volume del Centro stu<strong>di</strong> Gianni<br />
Bosio/Associazione Nazionale per gli interessi del Mezzogiorno d’Italia.<br />
68 Hobby & Work Italiana E<strong>di</strong>trice/BBC, 1998‐1999, durata 50 minuti circa, colore.
106<br />
Parte seconda – Capitolo terzo<br />
Associazione Italiana Cultura e Sport, Il Sud <strong>di</strong> Umberto Zanotti Bianco.<br />
L’immagine e l’intervento 69 .<br />
Ed è una vicenda, quella zanottiana, che viene a maggior ragione in<br />
mente, per l’appunto in presenza del filmato <strong>di</strong> Amelio: in quella se‐<br />
quenza in cui, per esempio, si intervista una signora <strong>di</strong> Genova, che ar‐<br />
rivata in Irpinia il 26 <strong>di</strong>cembre del 1 980 con l’intenzione <strong>di</strong> restarci una<br />
settimana soltanto, ha finito poi per ra<strong>di</strong>carsi tra i terremotati, dove vive<br />
tuttora. Proprio come Zanotti Bianco, nella Calabria e nel Sud d’Italia<br />
degli anni ‘10 e seguenti del Novecento. Uno Zanotti Bianco quasi “cat‐<br />
turato” dal terremoto del 1908, che decide <strong>di</strong> rieducare in Calabria la sua<br />
inquieta natura <strong>di</strong> filantropo apolide e giramondo; <strong>di</strong> occuparsi <strong>di</strong> e<strong>di</strong>li‐<br />
zia scolastica e <strong>di</strong> analfabetismo, e dunque, variamente, del “martirio<br />
della scuola in Calabria”... Un Amelio intellettuale “<strong>di</strong> questo mondo”,<br />
che una volta ritrovata nell’Albania <strong>di</strong> Lamerica e nella Torino <strong>di</strong> Così ri‐<br />
devano la sua Calabria degli anni Cinquanta‐Sessanta, risalendo poi filo‐<br />
logicamente alle proprie fonti visive e televisive in Poveri noi, finisce con<br />
il rifonderle e quasi con il rifondarle in La terra è fatta cosi.<br />
In Poveri noi dove, non a caso, la scuola, l’istruzione, l’educazione,<br />
giocano per esplicito un ruolo che è effettivamente centrale. Un ruolo<br />
pedagogico, che è insieme “antipedagogico”: anche nel senso che, in Po‐<br />
veri noi, c’è più scuola, istruzione, educazione nelle sequenze dove<br />
l’educazione, l’istruzione, la scuola non compaiono, che nelle sequenze<br />
che le danno come un esplicito oggetto <strong>di</strong> rappresentazione. In altre pa‐<br />
role, quelle facce e case e strade “alfabetizzano” assai <strong>di</strong> più (nel senso<br />
umano, pieno, del termine) che qualunque altra iniziativa per<br />
l’alfabetizzazione.<br />
Ed è ciò che avviene in La terra è fatta così. Da cui, come <strong>di</strong>cevo, si ri‐<br />
cava l’in<strong>di</strong>cazione che non ci sia “materia” scolastica che non abbia o<br />
non possa avere a che fare con il lato terribilmente “umano” dei terre‐<br />
moti nelle loro conseguenze... Una dura <strong>di</strong>sciplina <strong>di</strong> “insegnamento” ed<br />
“appren<strong>di</strong>mento”, con i sui suoi 30.000 morti del 4 febbraio 1783 (in va‐<br />
rie località della Calabria), con i 557 morti dell’8 settembre 1905 e i 167<br />
morti del 23 ottobre 1 907 (tra Nicastro e Ferruzzano). Ma è tutto il Cen‐<br />
tro‐Sud d’Italia, che fa pensare in termini <strong>di</strong> catastrofi da terremoto: Ca‐<br />
tania, 11 gennaio 1693, 60.000 morti; Salerno, 16 <strong>di</strong>cembre 1857, 12.000<br />
morti; Casamicciola, 28 luglio 1883, 2.300 morti; Messina, 28 <strong>di</strong>cembre<br />
69 Monografia a cura <strong>di</strong> P. Amato, O. Pugliese, Ennery Taramelli, Venezia, Marsi‐<br />
lio, 1981, pp. 28 e sgg.
Gianni Amelio e La terra è fatta così 107<br />
1908, 86.926 morti; Avezzano, 13 gennaio 1915, 32.926 morti; lrpinia, 23<br />
luglio 1930, 1 .425 morti...<br />
Ecco perché, del film‐documento <strong>di</strong> Amelio La terra è fatta così, se vo‐<br />
leste davvero continuare a lavorarci su, converrebbe considerare almeno<br />
i seguenti aspetti, da convalidare o invalidare alla luce della lettura <strong>di</strong> un<br />
po’ tutto il libro curato da Scalzo:<br />
1. Avrete notato che l’opera si “apre” proprio come si “chiude”, dal<br />
punto <strong>di</strong> vista della committenza, cioè <strong>di</strong> Legambiente: che compare<br />
quin<strong>di</strong> in primo piano all’inizio e alla fine del film, dove si ascoltano tra<br />
l’altro le parole <strong>di</strong> Roberto della Seta sul terremoto in Irpinia come “in‐<br />
cubatrice <strong>di</strong> tangentopoli”? Che vuol <strong>di</strong>re, pertanto, questo concetto, an‐<br />
che alla luce degli interventi degli altri uomini politici, operatori cultura‐<br />
li, abitanti del luogo, via via interrogati da Amelio?<br />
2. L’incipit ed il desinit <strong>di</strong> La terra è fatta così sono poi costruiti su una<br />
stessa, reiterata sequenza <strong>di</strong> fotografie, con scene <strong>di</strong> “normale” vita pae‐<br />
sana (famiglia, amicizia, matrimonio, festa, ecc.). Perché, da parte <strong>di</strong><br />
Amelio, questa scelta espositiva ed espressiva?<br />
3. Il “prima” e il “dopo” <strong>di</strong> quei 23 novembre 1980, la vita e la morte,<br />
la <strong>di</strong>sperazione e la speranza, la <strong>di</strong>struzione certa e la rie<strong>di</strong>ficazione forse<br />
chissà quando mai, le molte migliaia <strong>di</strong> miliar<strong>di</strong> «finite nelle tasche della<br />
malavita» e l’opera riparatrice degli «angeli del terremoto». Quale il<br />
punto <strong>di</strong> vista <strong>di</strong> Amelio?<br />
4. A proposito: in nessuna altra opera come in questa, Amelio espri‐<br />
me tanto esplicitamente e duramente la sua opinione in fatto <strong>di</strong> negativi‐<br />
tà storiche del Mezzogiorno d’Italia, <strong>di</strong> cattiva politica meri<strong>di</strong>onalistica,<br />
<strong>di</strong> pessima amministrazione locale. Quale il rapporto tra le idee matura‐<br />
te ed espresse in proposito in La terra è fatta così, e la stessa poetica cine‐<br />
matografica <strong>di</strong> Amelio?<br />
5. C’è quin<strong>di</strong> nel film, accanto al resto, un preciso ed insistito elemen‐<br />
to narrativo che è quantitativo, statistico (comuni rasi al suolo, 37; morti,<br />
300.000; il lavoro reale per la ricostruzione, fatturato <strong>di</strong>sonestamente 3<br />
volte; l’uomo che ha perduto 72 parenti, «tra cui un figlio <strong>di</strong> 12 anni»,<br />
ecc.). Come interpretare pertanto, nel film‐documento, un siffatto ele‐<br />
mento numerico‐tassonomico, alla luce del passato?<br />
6. Tuttavia non fa <strong>di</strong>fetto l’elemento qualitativo, <strong>di</strong> netta opposizione<br />
e denuncia... Basti pensare alla figura <strong>di</strong> Don Vitaliano, che fa a chiare<br />
lettere il nome <strong>di</strong> Ciriaco De Mita. Un “simbolo” contro un altro “simbo‐<br />
lo”, una posizione etico‐politica contro un’altra posizione etico‐politica,<br />
un valore contro un <strong>di</strong>svalore. Ma come viene articolandosi, nel corso <strong>di</strong>
108<br />
Parte seconda – Capitolo terzo<br />
La terra è fatta così, sui <strong>di</strong>versi piani, la denunzia in<strong>di</strong>viduale ed insieme<br />
corale documentata da Amelio?<br />
7. Né giornalisti e operatori televisivi sfuggono, nel documento, alla<br />
giusta rabbia della gente... «Mariuoli», li definisce con acrimonia, una<br />
donna. «Mariuoli», per chi ha sofferto sulla propria pelle quella trage<strong>di</strong>a,<br />
sono davvero tutti gli “altri”, chiunque “altro” (e, in un momento <strong>di</strong><br />
grande <strong>di</strong>sperazione, nella denuncia viene coinvolto senza mezzi termi‐<br />
ni perfino il Presidente della Repubblica e «uomo giusto» Sandro Perti‐<br />
ni). Ma ritornando ai giornalisti (e cambiando quanto c’è da cambiare<br />
dal capo ad un altro del trentennio che sta in mezzo), non è in qualche<br />
modo il Leonardo <strong>di</strong> La fine del gioco, che rifà capolino in certe situazioni<br />
<strong>di</strong> La terra è fatta così?<br />
8. Così come nei film‐documento ricompaiono, a più riprese, voci e<br />
volti, situazioni visive ed au<strong>di</strong>tive <strong>di</strong> contesto, già evocate e viste in altre<br />
opere <strong>di</strong> Amelio... Anche se sui documentari occorrerebbe fare un <strong>di</strong>‐<br />
scorso, almeno in parte, a sé. Nella tecnica dell’intervista, per esempio,<br />
da Un<strong>di</strong>ci immigrati (1967) a Non è finita la pace, cioè la guerra (1996), fino a<br />
Uno schermo sull’acqua (2000), a L’onore delle armi (2000) ed allo stesso La<br />
terra è fatta così, quali le analogie, quali le <strong>di</strong>fferenze?<br />
9. «Sono passati vent’anni, ma il cuore è ammalato»: è la <strong>di</strong>chiarazio‐<br />
ne <strong>di</strong> uno degli intervistati... E la frase, nella sua dolente sincerità, è la<br />
prova <strong>di</strong> una pena umana più grande e comprensiva; e, quasi, <strong>di</strong> una<br />
triangolazione del medesimo an<strong>di</strong>rivieni: dalla biografia dell’intervistato<br />
in La terra è fatta è così alla biografia dell’intervistatore, dalla biografia <strong>di</strong><br />
quest’ultimo a quella dello stesso spettatore coinvolto. E se si collocasse<br />
proprio qui, all’incrocio <strong>di</strong> un siffatto doloroso rapporto, la ra<strong>di</strong>ce del ri‐<br />
conosciuto “pedagogismo” <strong>di</strong> Amelio, ed insieme delle sue stesse possi‐<br />
bilità poetiche?<br />
10. Non è un caso del resto, che in La terra è fatta così, a più riprese, il<br />
<strong>di</strong>scorso cada sul tema dell’emigrazione: dell’emigrazione e<br />
dell’infanzia; dell’emigrazione e del terremoto; dell’emigrazione e del<br />
Sud dell’Italia («il Sud della <strong>di</strong>aspora»). Sul tema, ad<strong>di</strong>rittura,<br />
dell’emigrazione dall’emigrazione (<strong>di</strong> chi cioè non può più espatriare<br />
dall’Irpinia «perché sono morto qua»)... Ed è una situazione, questa<br />
dell’emigrazione, che riesce tuttavia ad ammettere, come un che <strong>di</strong> “po‐<br />
sitivo”, il suo opposto: l’immigrazione. Già in Uno schermo sull’acqua (sia<br />
pure in un contesto molto <strong>di</strong>verso) si affaccia il tema della persona<br />
“straniera”, che sceglie <strong>di</strong> vivere «come una persona che appartiene a<br />
questo posto». Come intendere allora le ambivalenze “<strong>di</strong>alettiche” <strong>di</strong><br />
questo Amelio non più “vittima” (con riferimento alla sua biografia), ma
Gianni Amelio e La terra è fatta così 109<br />
lucido interprete del dramma dell’emigrazione (con riferimento alla sto‐<br />
ria)?<br />
11. Ambivalenza che, da un altro punto <strong>di</strong> vista, si ritrova già nel tito‐<br />
lo <strong>di</strong> La terra è fatta cosi... Dopo la risata un po’ ebete <strong>di</strong> uno dei giovanot‐<br />
ti intervistati (e mentre una vecchia vestita <strong>di</strong> nero si allontana tra<br />
l’impaurito ed il risentito) un’altra donna, facendo un lungo e complesso<br />
<strong>di</strong>scorso, pronunzia proprio le parole che danno il titolo al film: «È la<br />
terra che è fatta così». Parole per l’appunto, che tra passività servile e in‐<br />
volontaria ma evidente denuncia sfuggono alla donna quasi <strong>di</strong> bocca: e<br />
che dunque fanno a maggior ragione riflettere sui <strong>di</strong>versi e contrad<strong>di</strong>tto‐<br />
ri aspetti del problema... Ma che cosa suggeriscono, cosa lasciano inten‐<br />
dere, le suddette ambivalenze (e ambiguità), sulla qualità anche “filoso‐<br />
fica” del <strong>di</strong>scorso <strong>di</strong> Amelio?<br />
12. L’infanzia, i bambini: altro <strong>di</strong>scorso da svolgere “a partire da”,<br />
ovvero “per arrivare a” La terra è fatta così. I bambini vittime dei terremo‐<br />
to, i bambini che riescono a salvarsi. I bambini tra cronaca e storia, i<br />
bambini (in qualche modo) “storici” dei terremoto. I bambini del duplice<br />
terremoto, tra violenza all’infanzia (qui il terremoto, l’emigrazione) ed<br />
assenza dell’infanzia (il «paese senza bambini»). I bambini, che filoso‐<br />
feggiano sulla loro con<strong>di</strong>zione, i bambini che, tra le tante altre cose <strong>di</strong><br />
quella «trage<strong>di</strong>a», con l’arrivo delle roulotte, ricordano «il pane», che «i<br />
soldati andavano a <strong>di</strong>stribuire in queste roulotte». I bambini <strong>di</strong>samati<br />
della scuola in amianto. I bambini dei tanti, invisibili terremoti. I bambi‐<br />
ni, che fanno capolino tra le immagini e le parole <strong>di</strong> un cantastorie. I<br />
bambini, ancora i bambini delle fotografie, all’inizio e alla fine <strong>di</strong> La terra<br />
è fatta così. I bambini che sono bambini, perché sono uomini. Magari i<br />
“bambini” <strong>di</strong> Dylan Thomas, che hanno quasi l’ultima parola così nel<br />
film <strong>di</strong> Amelio, come nei libro a cura <strong>di</strong> Scalzo, nella sezione ormai con‐<br />
clusiva delle cronache e confessioni”.<br />
Ricordate i versi dylanthomasiani, molto significativi, che fanno quasi<br />
da sigillo a La terra è fatta così’? Come li commentereste alla luce delle<br />
documentazioni proposte da Scalzo in Gianni Amelio. Un posto al cinema?<br />
Eccoli:<br />
Questo lato della verità<br />
non puoi vedere, figlio mio,<br />
re dei tuoi occhi azzurri<br />
nell’accecante paese <strong>di</strong> gioventù,<br />
che tutto è <strong>di</strong>sfatto,<br />
sotto i cieli immemori,
110<br />
d’innocenza e <strong>di</strong> colpa.<br />
Parte seconda – Capitolo terzo<br />
Ecco perché, cari ragazzi della V A, è proprio questa l’ultima delle ri‐<br />
cerche che vorrei proporvi: <strong>di</strong> lavorare “<strong>di</strong> scavo” su tali versi, e <strong>di</strong> rileg‐<br />
gerli per ciò che essi sono nel loro contesto, e per ciò che possono essere<br />
nel vostro contesto... E spero davvero che il mio invito non sia un “re‐<br />
spingente” <strong>di</strong> professore: ma solo un modo, se mai, <strong>di</strong> accorciare tra <strong>di</strong><br />
noi le <strong>di</strong>stanze. Un modo, se mai voleste invitarmi a “posare” per<br />
un’istantanea, <strong>di</strong> ritrovarmi accanto a voi in una delle fotografie della<br />
vostra classe. Un modo, se lo desideraste, <strong>di</strong> recensire ancora, voi ed io,<br />
La terra è fatta così, da un <strong>di</strong>verso punto <strong>di</strong> vista.<br />
Ma recensire come? Semplicemente così, per esempio, leggendo e ri‐<br />
leggendo insieme, io e voi, dei versi; e, per incominciare, proprio quelli<br />
<strong>di</strong> Thomas citati da Amelio. Accanto però, ce ne metterei anche degli al‐<br />
tri, dello stesso poeta; versi altrettanto “veritieri” e “proibiti”. Quelli, per<br />
esempio, dalla celebre lirica Colle delle felci 70 : versi traboccanti delle im‐<br />
magini che <strong>di</strong>rei “neonate” e delle visioni “infantili” della fantasia fre‐<br />
sca, ingenua ed eccitata del poeta gallese, “figlio” <strong>di</strong> se stesso e dei suoi<br />
“azzurri traffici” (azzurri come gli “occhi azzurri” <strong>di</strong> un bambino, che<br />
non possono vedere tutta la verità, “nelle accecante paese <strong>di</strong> gioventù, /<br />
che tutto è <strong>di</strong>sfatto, / sotto i cieli immemori, / d’innocenza e <strong>di</strong> colpa”):<br />
E fra le volpi e i fagiani onorato<br />
presso la casa ridente,<br />
sotto nuvole appena create e felice<br />
quanto il cuore durava,<br />
al sole che più volte era già nato<br />
Percorsi le mie strade sventate, i desideri<br />
Correvano tra il fieno alto una casa,<br />
Né mi curavo, nei miei azzurri traffici,<br />
che il tempo non concede,<br />
in tutti i suoi giri melo<strong>di</strong>osi,<br />
altro che pochi canti mattutini,<br />
Prima che i fanciulli ver<strong>di</strong> e d’oro<br />
Lo seguano fuori della grazia.<br />
70 Per tutti i testi qui citati <strong>di</strong> D. Thomas, cfr. Poesie, Traduzione e note <strong>di</strong> A. Ma‐<br />
rianni. Con un’appen<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> versioni <strong>di</strong> E. Montale, P. Bigongiari, A. Giuliani, Tori‐<br />
no, Einau<strong>di</strong>, 1965 e 1970, pp. 68‐69, 70‐71, 120‐121, 160‐163.
Gianni Amelio e La terra è fatta così 111<br />
Non mi curavo, ai giorni bianco‐agnello,<br />
che il tempo m’avrebbe portato<br />
Nel solaio affollato <strong>di</strong> ron<strong>di</strong>ni<br />
con l’ombra della mia mano,<br />
Nella luna che sempre sta sorgendo,<br />
Né che nel sonno cavalcando l’avrei u<strong>di</strong>to volare<br />
Insieme agli alti campi e mi sarei svegliato<br />
Nel podere fuggito per sempre<br />
dalla terra senza bambini.<br />
Oh, quando ero giovane e ingenuo<br />
nella misericor<strong>di</strong>a dei suoi mezzi,<br />
Verde e morente mi trattenne il tempo,<br />
Benché cantassi nelle mie catene come il mare.<br />
Insomma, un Portrait of the Artist as a Young Dog (<strong>di</strong>rei alla maniera <strong>di</strong><br />
D. Thomas, Ritratto dell’artista da cucciolo e altri racconti 71 ): e ciò, per citare<br />
ancora un opera <strong>di</strong> Thomas, che fa pensare ai numerosi “bambini” che<br />
variamente si celano nei suoi versi e nelle sue prose. Un Ritratto cioè, che<br />
invita ulteriormente alla ricerca (e soprattutto con riferimento a La terra è<br />
fatta così, e ai precedenti che quest’opera <strong>di</strong> Amelio presuppone):<br />
Un momento prima ero ancora piccino e infreddolito, e camminavo furtiva‐<br />
mente, pieno <strong>di</strong> paura, lungo il corridoio buio, irrigi<strong>di</strong>to nei vestito della festa,<br />
tra i brontolii della pancia vuota e il cuore che dava gran colpi, tormentando tra<br />
le mani il berretto <strong>di</strong> scolaro; straniero anche a me stesso, ero un cantastorie dai<br />
naso camuso, smarrito nelle proprie avventure e desideroso solo <strong>di</strong> essere a ca‐<br />
sa; ed eccomi <strong>di</strong>ventato un nipote <strong>di</strong> stirpe regale, in eleganti abiti citta<strong>di</strong>ni, ab‐<br />
bracciato e acclamato, installato beatamente ai centro delle mie storie, ascoltan‐<br />
do l’orologio che annunciava il mio arrivo 72 .<br />
Non a caso Amelio, giusto un anno dopo La terra è fatta così, il 26 <strong>di</strong><br />
settembre del 2001 per il “Diario d’estate” <strong>di</strong> Ra<strong>di</strong>otre‐mattina, ci ha ri‐<br />
letto, aggiungendone degli altri, proprio i versi <strong>di</strong> Dylan Thomas in epi‐<br />
grafe alla pagina 259 <strong>di</strong> Gianni Amelio. Un posto al cinema... Non a caso,<br />
riascoltandolo, mi è venuto da fare questo pensiero: che tra il “bambino”<br />
<strong>di</strong> Thomas ed il “bambino” <strong>di</strong> Amelio sembra stabilirsi una sorta <strong>di</strong> <strong>di</strong>a‐<br />
71 D. THOMAS, Ritratto dell’artista da cucciolo e altri racconti, nota introduttiva <strong>di</strong> A.<br />
Giuliani, Torino, Einau<strong>di</strong>, 1999.<br />
72 Ivi, p. 7.
112<br />
Parte seconda – Capitolo terzo<br />
logo, che varrebbe forse la pena <strong>di</strong> rendere più esplicito, riproponendo il<br />
<strong>di</strong>scorso anche da altri testi. Da questa Visione e preghiera, per esempio:<br />
Chi<br />
Sei tu<br />
Che nasci<br />
Nella stanza accanto<br />
Alla mia con tanto clamore<br />
Che io posso u<strong>di</strong>re l’aprirsi<br />
Del ventre e il buio trascorrere<br />
Sopra lo spirito e il tonfo dei figlio<br />
Dietro il muro sottile come un osso <strong>di</strong> scricciolo?<br />
Nella stanza sanguinante della nascita<br />
ignoto ai bruciare e al girare del tempo<br />
E all’impronta del cuore dell’uomo<br />
Nessun battesimo s’inchina<br />
Ma il buio solamente<br />
A bene<strong>di</strong>re<br />
il barbaro<br />
Bimbo.<br />
Ma per capirne <strong>di</strong> più, e per ritornare a riflettere su La terra è fatta così<br />
e sui suoi cerulei risvolti morali, potrà ancora servire, forse, anche altro.<br />
E penso subito a certe in<strong>di</strong>menticabili, “azzurre” sequenze <strong>di</strong> Stanley<br />
Kubrick (per es. in 2001. O<strong>di</strong>ssea nello spazio, Full Metal Jacket, Eyes Wide<br />
Shut, ecc.)... Ma nel corso <strong>di</strong> un eventuale confronto tra Amelio e Ku‐<br />
brick, ragionando per analogia e per <strong>di</strong>fferenza, come non mettere ana‐<br />
logicamente in relazione, ancora, un film come Orizzonti <strong>di</strong> gloria con le<br />
problematiche <strong>di</strong> L’onore delle armi? (in quest’ottica, nonostante le giuste<br />
cautele su accostamenti e <strong>di</strong>scostamenti, riprenderei <strong>di</strong> nuovo in mano<br />
un libro come Gianni Amelio. Un posto al cinema, per collocarlo accanto ad<br />
un testo kubrickiano del tipo <strong>di</strong> quello <strong>di</strong> Frederic Raphael, Eyes Wide<br />
Open 73 ).<br />
Sennonché, ritornando alle “azzurrità” <strong>di</strong> Thomas ma passando ad al‐<br />
tro, sarei anche pronto a scommettere sull’importanza storico‐biografica,<br />
per Amelio, <strong>di</strong> quell’impressionante ed altrettanto “azzurra” Profezia<br />
73 F. RAPHAEL, Eyes Wide Open, introduzione <strong>di</strong> M. Giusti, traduzione <strong>di</strong> N. Go‐<br />
betti, Torino, Einau<strong>di</strong>, 1999.
Gianni Amelio e La terra è fatta così 113<br />
messa in versi nel 1962‐64 da Pier Paolo Pasolini, con la storia per<br />
l’appunto <strong>di</strong> Ali dagli Occhi Azzurri (raccontatagli, come è noto, da Jean<br />
Paul Sartre, e dunque reinventata in P. P. Pasolini, Alì dagli occhi azzur‐<br />
ri 74 ):<br />
Era nel mondo un figlio<br />
e un giorno andò in Calabria:<br />
era estate, ed erano<br />
vuote le casupole,<br />
nuove, a pan<strong>di</strong>zzucchero,<br />
da fiabe <strong>di</strong> fate color della fame. Vuote.<br />
[...]<br />
Ali dagli Occhi Azzurri<br />
uno dei tanti figli <strong>di</strong> figli,<br />
scenderà da Algeri, su navi<br />
a vela e a remi.<br />
Saranno con lui migliaia <strong>di</strong> uomini<br />
coi corpicini e gli occhi<br />
<strong>di</strong> poveri cani dei padri<br />
sulle barche varate nei Regni della Fame.<br />
Porteranno con sé i bambini,<br />
e il pane e il formaggio,<br />
nelle carte gialle del Lunedì <strong>di</strong> Pasqua.<br />
Porteranno le nonne e gli asini,<br />
sulle trireme rubate ai porti coloniali.<br />
Sbarcheranno a Crotone o a Palmi,<br />
a milioni, vestiti <strong>di</strong> stracci<br />
asiatici, e <strong>di</strong> camicie americane.<br />
Subito i Calabresi <strong>di</strong>ranno,<br />
come da malandrini a malandrini:<br />
Ecco i vecchi fratelli,<br />
coi figli e il pane e formaggio!”<br />
[…]<br />
Deponendo l’onestà<br />
Delle religioni conta<strong>di</strong>ne,<br />
<strong>di</strong>menticando l’onore<br />
della malavita,<br />
traendo il candore<br />
74 P. P. PASOLINI, Ali dagli occhi azzurri, Milano, Garzanti, 1965, pp. 488‐493.
114<br />
Parte seconda – Capitolo terzo<br />
dei popoli barbari,<br />
<strong>di</strong>etro ai loro Alì<br />
dagli Occhi Azzurri –<br />
usciranno da sotto terra per uccidere –<br />
usciranno dal fondo del mare per aggre<strong>di</strong>re –<br />
scenderanno<br />
dall’alto del cielo per derubare –<br />
e prima <strong>di</strong> giungere a Parigi<br />
per insegnare la gioia <strong>di</strong> vivere,<br />
prima <strong>di</strong> insegnare la gioia <strong>di</strong> vivere.<br />
Prima <strong>di</strong> giungere a Londra<br />
Per insegnare ad essere liberi,<br />
prima <strong>di</strong> giungere a New York,<br />
per insegnare come si è fratelli<br />
‐ <strong>di</strong>struggeranno Roma<br />
e sulle sue rovine<br />
deporranno il germe della Storia Antica.<br />
[…]<br />
Buon lavoro, amici, ed auguri per la vostra bella e intrigante ricerca<br />
su Gianni Amelio, “La terra è fatta così” e il terremoto in Irpinia del 23<br />
novembre 1980. Tenetemi informato degli sviluppi; e, nel procedere ol‐<br />
tre, non <strong>di</strong>menticate ciò che vi raccomandavo all’inizio: riconsiderate<br />
l’opera <strong>di</strong> Amelio nella sua unità e organicità. Cercatene le relazioni nel<br />
quadro <strong>di</strong> ciò che stu<strong>di</strong>ate a scuola, e nella vostra cultura. Collocatene la<br />
“filosofia” nell’”attualità” <strong>di</strong> quanti in un modo o nell’altro si chiamano<br />
in gioco (i terremotati dell’Irpinia ed Amelio, gli spettatori del film e i<br />
suoi critici, gli studenti del Ginnasio‐Liceo “P. Galluppi” <strong>di</strong> Catanzaro e<br />
quanti altri vorranno ancora <strong>di</strong>datticamente occuparsene). E, alla luce <strong>di</strong><br />
ciò, ripensate autocriticamente la vostra stessa ipotesi <strong>di</strong> ricerca: e legge‐<br />
te o rileggete, in particolare, le pagine che su La terra è fatta così <strong>di</strong> Do‐<br />
menico Scalzo ha selezionato per Gianni Amelio. Un posto al cinema. E<br />
magari, se vi riesce, integratele con nuovi documenti sullo stesso tema,<br />
sui quali continuare a riflettere.<br />
Affettuosamente,<br />
il vostro…<br />
Roma, nei giorni dopo l’11 settembre 2001
Capitolo quarto<br />
Due domande Gianni... Amelio 75<br />
Innanzitutto, è necessario sottolineare il rilievo che ha il modello <strong>di</strong><br />
politica culturale proposto (inventato) dalla Comunità Montana della<br />
Presila Catanzarese. Da un lato, c’è una domanda urgente, un’esigenza<br />
forte (espressa dagli abitanti <strong>di</strong> un luogo culturalmente deprivato) <strong>di</strong><br />
una cultura cinematografica alta. Dall’altro lato, nei suoi limiti, con le<br />
sue pesantezze e con i suoi “professorismi”, c’è la risposta positiva <strong>di</strong><br />
un’università, <strong>di</strong> uno specialista <strong>di</strong> ottimo livello come Domenico Scalzo<br />
e dei critici che sono qui riuniti.<br />
Parte costitutiva <strong>di</strong> questo modello è, indubbiamente, anche il proget‐<br />
to della ricerca, il cui risultato è il volume <strong>di</strong> cui ci stiamo occupando<br />
questa sera. Un libro che, per il solo fatto <strong>di</strong> essere l’opposto del pian‐<br />
gersi addosso, della presunzione che deriva dalla frustrazione e<br />
dell’aspettarsi qualcosa dall’alto senza un controllo critico dal basso,<br />
manda un preciso messaggio. Un libro che è anche l’opposto <strong>di</strong> quel “se<br />
voleste, voi...” che è la ra<strong>di</strong>ce dei nostri mali e che Gianni Amelio vorreb‐<br />
be cancellare. Quel “si vuliti, vui...” che è uno dei pilastri su cui poggia<br />
quella morale che fa andare le cose nostre come svanno, cioè, come non<br />
devono andare.<br />
L’altra cosa da sottolineare è l’aspetto tecnico del libro, del quale io<br />
vedo soprattutto il motivo progettuale, cantieristico, laboratoriale e pro‐<br />
spettico. Il volume Gianni Amelio. Un posto al cinema non è — non deve<br />
essere — un punto <strong>di</strong> arrivo (né per Scalzo, né per Amelio e neppure per<br />
il lettore), ma un punto <strong>di</strong> partenza, per continuare a lavorare.<br />
Gianni — venendo alla mia domanda — ha una caratteristica rara tra<br />
i cineasti italiani (e, per quel poco che ne so io, anche stranieri), quella <strong>di</strong><br />
inseguire i suoi film e i suoi spettatori non soltanto nell’imme<strong>di</strong>ato del<br />
lancio della pellicola, <strong>di</strong> non smettere <strong>di</strong> occuparsi dei suoi film. A me<br />
sembra, ad<strong>di</strong>rittura, che la sua opera <strong>di</strong> regista cominci nel momento in<br />
cui lo spettatore produce dei feedback. In tutto questo c’è un lavoro peda‐<br />
gogico — a me piace <strong>di</strong>re <strong>di</strong> più antipedagogico — perché, in fondo, il<br />
mettersi in gioco <strong>di</strong> Gianni Amelio costringe anche lo spettatore a met‐<br />
tersi in gioco. Per cui comincia un <strong>di</strong>scorso nuovo, estremamente inte‐<br />
ressante. Ripeto, non voglio affatto limitare l’importanza dell’opera rea‐<br />
75 Titolo redazionale. Intervento <strong>di</strong> N. SICILIANI DE CUMIS, nell’articolo Punto e ac‐<br />
capo. Un traguardo… per continuare a cura <strong>di</strong> M.P. MUSSO e A. SANZO in «Laboratorio<br />
Amelio», anno III, n. 1, gennaio/giugno 2003, pp. 21‐24.
116<br />
Parte seconda – Capitolo quarto<br />
lizzata, ma a me sembra che in tutto ciò ci sia una logica (anche questa<br />
nuova), quella del film che continua oltre il film. Gianni, cosa ne <strong>di</strong>ci?<br />
Gianni Amelio: Se un giorno qualcuno mi impe<strong>di</strong>sse <strong>di</strong> fare il regista<br />
io non smetterei —come ha detto qualche mio collega — <strong>di</strong> respirare, né<br />
mi suiciderei: per vivere farei un’altra cosa e andrei al cinema il più pos‐<br />
sibile, perché mi piace. Io sono ancora quello che andava al Politeama,<br />
quello che, ritualmente, si sedeva sempre nella stessa fila. Non per mio‐<br />
pia, perché negli altri cinema <strong>di</strong> Catanzaro mi sedevo in posti <strong>di</strong>versi<br />
(anche in galleria), ma per un fatto rituale, per uno <strong>di</strong> quei rituali che le‐<br />
gano il pubblico alla sala cinematografica. È per questo motivo che ho<br />
provato un dolore tremendo quando ho saputo che avrebbero <strong>di</strong>strutto<br />
il Politeama. Certo, lo so benissimo che il mondo deve andare avanti, pe‐<br />
rò... le cose belle andrebbero lasciate dove sono. Il Politeama era bel‐<br />
lissimo. Uno dei pochissimi e<strong>di</strong>fici nati espressamente per essere un ci‐<br />
nema; una struttura a sé stante. Un cinema <strong>di</strong> quel genere non credo che<br />
esista più da nessuna parte. Il cinema — rispondendo alla domanda che<br />
mi è stata posta — lo facciamo tutti: i registi, i critici, il pubblico. Anche<br />
gli spettatori, pur non sapendolo, fanno cinema; da un altro punto <strong>di</strong> vi‐<br />
sta, ma lo fanno. Quante volte, noi che siamo tecnicamente gli artefici <strong>di</strong><br />
un film, ci auguriamo che qualcuno trovi un altro finale? Oppure, che lo<br />
spettatore si emozioni per qualcosa che magari non abbiamo previsto? È<br />
per questa ragione che un regista, quando non ha pubblico, sta male.<br />
Non è solamente, come si potrebbe pensare, una volgare questione <strong>di</strong><br />
sol<strong>di</strong> o <strong>di</strong> carriera, ma è il bisogno <strong>di</strong> essere alimentati dal riconoscimento<br />
del pubblico.<br />
Nicola Siciliani de Cumis: Un’altra delle moltissime domande che<br />
vorrei fare a Gianni Amelio riguarda i bambini. Nel finale del film il la‐<br />
dro <strong>di</strong> bambini, Luciano, rifiutandosi <strong>di</strong> uccidere il carabiniere, aiuta il re‐<br />
gista a scegliere un altro finale, il finale giusto. Poi ci sono i bambini <strong>di</strong><br />
Sarajevo, che fanno tutto un film. Poi ci sono gli albanesi <strong>di</strong> Lamerica: un<br />
“popolo bambino”, come una volta ha detto lo stesso Amelio. In Quader‐<br />
ni e colori —una trasmissione ra<strong>di</strong>ofonica stupenda —Amelio intervista i<br />
bambini. Ebbene, mi chiedo e chiedo a Gianni: in che misura, i bambini,<br />
le loro azioni, le loro parole, sono costitutive del farsi del tuo stesso lin‐<br />
guaggio cinematografico?<br />
Gianni Amelio: Il segreto sai qual è? Che il bambino, purtroppo, sono<br />
io. Non credo che i bambini siano intrinsecamente creature innocenti,
Due domande Gianni… Amelio 117<br />
ingenue... queste sono cose che noi <strong>di</strong>ciamo <strong>di</strong> loro per non considerarli<br />
“persone” a tutto tondo. Ciò ci fa paura perché mette l’adulto <strong>di</strong> fronte<br />
alla possibilità <strong>di</strong> doversi anche “<strong>di</strong>fendere”. Inoltre l’adulto <strong>di</strong>spone <strong>di</strong><br />
maggiori strumenti culturali rispetto ad un bambino, che, se usati, si tra‐<br />
sformano in “armi improprie” che ferirebbero profondamente il bambi‐<br />
no, come l’adulto.<br />
Mi riprometto sempre, inutilmente, <strong>di</strong> non fare più film sui bambini o<br />
con i bambini, perché il rapporto che si deve instaurare con l’interprete,<br />
con il bambino che deve impersonare un dato personaggio, è un rappor‐<br />
to sempre <strong>di</strong>fficile, che mi procura ansia e angoscia. Nel film Il ladro <strong>di</strong><br />
bambini, ad esempio, il piccolo Giuseppe Ieracitano si è ribellato: il finale<br />
del film prevedeva che lui uccidesse il carabiniere mentre dormiva in<br />
macchina, ma quando gli ho messo in mano la pistola sul suo volto —<br />
per tutto il film così intensamente espressivo — ho visto il vuoto. Un vi‐<br />
so, totalmente e paurosamente, inespressivo. Allora ho capito che stavo<br />
sbagliando, che sbagliavo a far fare quell’azione al personaggio del film<br />
e, soprattutto, che sbagliavo a imporre quella scena a colui che lo rende‐<br />
va sullo schermo, perché si trattava <strong>di</strong> un gesto innaturale, <strong>di</strong> un gesto<br />
che egli non poteva accettare. A quel punto ho capito che Giuseppe Iera‐<br />
citano mi stava dando una lezione.<br />
Per sdrammatizzare, vorrei raccontare un episo<strong>di</strong>o che riguarda la<br />
trasmissione ra<strong>di</strong>ofonica Quaderni e colori. Siccome il programma è stato<br />
registrato nel <strong>di</strong>cembre del 1999, i funzionari della RAI mi <strong>di</strong>ssero: «Vi‐<br />
sto che il 2000 è anche l’anno del Giubileo, perché nel <strong>di</strong>alogo con i bam‐<br />
bini non parli anche del Giubileo, della fine del secolo? Così ve<strong>di</strong>amo co‐<br />
sa <strong>di</strong>cono». Quando registriamo la trasmissione, senza che io <strong>di</strong>ca niente,<br />
uno dei bambini mi <strong>di</strong>ce: «il 2000 è un anno importante perché finisce il<br />
secolo e perché è l’anno del Giubileo». Allora io colgo l’occasione e gli<br />
domando: «Secondo te, che cos’è il Giubileo?». E il bambino mi rispon‐<br />
de: «Il Giubileo è una cosa per cui se uno va dal Papa gli levano i pecca‐<br />
ti!». Allora io gli <strong>di</strong>co: «Ma che cos’è secondo te un peccato?». Il bambino<br />
— vi premetto che aveva più o meno sette anni — mi risponde: «Per e‐<br />
sempio, io prendo un bicchiere con la Coca Cola ma, mentre sto per bere<br />
il bicchiere mi cade per terra e io <strong>di</strong>co “che peccato!”. Una cosa straor<strong>di</strong>‐<br />
naria, che spazza via tutta la retorica sul Giubileo e <strong>di</strong>mostra, ulterior‐<br />
mente, che non si devono mettere in bocca ai bambini le cose che si vuo‐<br />
le che essi <strong>di</strong>cano (perché se le <strong>di</strong>ce un bambino tutto <strong>di</strong>venta più emo‐<br />
zionante) e che bisogna farsi correggere da loro.<br />
Un altro esempio riguarda il film Non è finita la pace, cioè la guerra.<br />
Quando sono andato a Sarajevo io non ho voluto fare nessuna domanda
118<br />
Parte seconda – Capitolo quarto<br />
ai bambini, ma, semplicemente, li ho lasciati parlare. Uno <strong>di</strong> loro ha sen‐<br />
tito l’esigenza <strong>di</strong> <strong>di</strong>rmi quale era la cosa che più gli mancava nei due an‐<br />
ni in cui è rimasto nascosto nei sotterranei della città. Ci si aspetterebbe<br />
che <strong>di</strong>cesse che gli mancava la libertà. E invece no, gli mancava il coco‐<br />
mero: «Era la stagione dei cocomeri ed io non avevo il cocomero da<br />
mangiare!».<br />
Infine, volevo aggiungere una cosa che probabilmente contribuisce a<br />
chiarire meglio la risposta che ho dato precedentemente a Nino (Nicola<br />
Siciliani de Cumis): un regista fa sempre lo stesso film. In fondo, la no‐<br />
stra natura ci obbliga a ritornare sulle ossessioni che abbiamo. Quasi tut‐<br />
ti i miei film affrontano il tema del rapporto padre‐figlio o quello del<br />
rapporto generazionale (Il piccolo Archimede, La Città del Sole, I ragazzi <strong>di</strong><br />
via Panisperna, La fine del gioco). Un tema centrale anche in Così ridevano,<br />
che forse è il mio film migliore o, comunque, il mio film più bello, più<br />
profondo, più sentito. E questo perché, in realtà, è un film che non fini‐<br />
sce mai, nel quale questa storia viene raccontata, ri‐raccontata e ribaltata.<br />
Sono sei film in uno, che si potrebbero anche vedere come storie a sé<br />
stanti. Tra l’uno e l’altro c’è quel famoso film che io vorrei che lo spetta‐<br />
tore si costruisse, immaginandosi, per esempio, cosa è successo tra un<br />
anno e l’altro… immaginando un altro film.<br />
Se qualche produttore mi chiedesse <strong>di</strong> fare il seguito del film il ladro <strong>di</strong><br />
bambini accetterei imme<strong>di</strong>atamente, con entusiasmo. A questo proposito<br />
vorrei raccontare un piccolo aneddoto. In Australia, un professore, dopo<br />
aver proiettato a scuola Il ladro <strong>di</strong> bambini ed aver fatto leggere ai suoi a‐<br />
lunni <strong>di</strong> terza me<strong>di</strong>a il romanzo che è stato tratto dal film, ha dato il se‐<br />
guente tema: “Che coso succede dopo?”. Sono venute fuori delle storie<br />
straor<strong>di</strong>narie. Ognuno ha visto il seguito a modo suo. Uno ragazzo ha<br />
raccontato che il carabiniere si sposa e festeggia il matrimonio nel risto‐<br />
rante della sorella, invitando i due ragazzini. Tutta la storia, tutta la<br />
giornata del matrimonio, è vista con gli occhi <strong>di</strong> una Rosetta più grande<br />
<strong>di</strong> due anni, innamorata <strong>di</strong> Antonio e <strong>di</strong>sperata per il fatto che egli si<br />
sposi.<br />
In un altro tema, Luciano (il fratellino <strong>di</strong> Rosetta) vede in televisione<br />
che c’è stato un conflitto a fuoco a Milano. In un’immagine riconosce<br />
Antonio ferito, scappa dal riformatorio e percorre l’Italia da sud a nord.<br />
Ma quando riesce finalmente a trovare l’ospedale milanese dove è stato<br />
ricoverato, scopre che purtroppo Antonio è morto un’ora prima.
Capitolo quinto<br />
Il misto d’avanguar<strong>di</strong>a 76<br />
A pensarci bene, questa storia <strong>di</strong> un “Laboratorio Amelio”, noto dalla<br />
collaborazione <strong>di</strong> alcuni pedagogisti dell’Università <strong>di</strong> Roma “La Sa‐<br />
pienza” con la Comunità Montana della Presila Catanzarese ha almeno<br />
<strong>di</strong>eci anni <strong>di</strong> vita. Anche se l’esperienza (la classica punta dell’iceberg) ha<br />
avuto una gestazione in<strong>di</strong>viduale e collegiale ben più lunga...<br />
Il “Laboratorio”, con le sue caratteristiche universitarie e silane o‐<br />
<strong>di</strong>erne si può <strong>di</strong>re venuto al mondo solo alla fine del ‘92: quando il sotto‐<br />
scritto, tra un <strong>di</strong>scorso e l’altro con Guido Aristarco su Gianni Amelio e<br />
il ladro <strong>di</strong> bambini, tirò fuori quell’idea un po’ zavattiniana <strong>di</strong> una Lettera<br />
da San Pietro ad uno spettatore che non ha tra<strong>di</strong>to, poi concretizzata per<br />
“Cinema Nuovo” (novembre‐<strong>di</strong>cembre 1992). Una corrispondenza <strong>di</strong>‐<br />
ciamo pure virtuale, ma al tempo stesso carica <strong>di</strong> un’assoluta veri<strong>di</strong>cità,<br />
da San Pietro Magisano (Catanzaro), luogo <strong>di</strong> nascita <strong>di</strong> Amelio. Lettera<br />
che non a caso, con i tagli necessari per la nuova occasione, sta ora nelle<br />
prime pagine del volume Gianni Amelio. Un posto al cinema 77 .<br />
Un libro, quest’ultimo, già figlio riuscito bene dell’impegno della<br />
Comunità Montana e della de<strong>di</strong>zione scientifica <strong>di</strong> Scalzo; ed oggetto,<br />
adesso, <strong>di</strong> questo fascicolo <strong>di</strong> «Comunità Domani». Un libro, per così <strong>di</strong>‐<br />
re, ragazzino in crescita, <strong>di</strong> cui la rivista calabrese scan<strong>di</strong>sce i tempi:<br />
primi passi con bretelle sulla stampa locale (tra il luglio e il settembre<br />
dell’anno scorso); senza bretelle al Villaggio Mancuso (il 9 settembre),<br />
con l’apporto degli amici Serafino Lupia e Pasquale Capellupo, dello<br />
stesso Amelio, <strong>di</strong> Callisto Cosulich, Giorgio De Vincenti, Scalzo, dei mol‐<br />
ti intervenuti nel <strong>di</strong>battito e <strong>di</strong> chi scrive. Sono quin<strong>di</strong> seguiti, nelle cro‐<br />
nache culturali <strong>di</strong> quoti<strong>di</strong>ani e riviste, gli sgambettamenti <strong>di</strong> un’infanzia<br />
libera e felice, nonostante qualche sbucciatura ai ginocchi (ah, le inesat‐<br />
tezze dei giornalisti!). Si sono poi aggiunte, nella prima parte del fascico‐<br />
lo <strong>di</strong> «Comunità Domani», le pagine ine<strong>di</strong>te <strong>di</strong> un certo numero <strong>di</strong> lau‐<br />
reati in pedagogia: suggestive escursioni (ovviamente montane) <strong>di</strong><br />
un’adolescenza e <strong>di</strong> una giovinezza “‘normali” (quin<strong>di</strong> un’età critica). Le<br />
lettere dei Professori Giovanni Mastroianni, Federico Procopio e dello<br />
76 Titolo tratto dall’articolo <strong>di</strong> N. SICILIANI DE CUMIS, Roma “La Sapien‐<br />
za”/Riviachiara <strong>di</strong> Sellia Marina (CZ), luglio/agosto 2002, in «Laboratorio Amelio»,<br />
cit., a. III, n. 1, gennaio/giugno 2003, pp. 5‐7.<br />
77 D. SCALZO, Gianni Amelio. Un posto al cinema, cit., Torino, Lindau, 2001.
120<br />
Parte seconda – Capitolo quinto<br />
scrivente vorrebbero infine dare a Nino Giovanni Gianni Amelio la te‐<br />
stimonianza <strong>di</strong> una stima e <strong>di</strong> un affetto senza età. Pe<strong>di</strong>atri o me<strong>di</strong>ci ge‐<br />
nerici ovvero geriatri affidabili, nella situazione auxologica descritta, i<br />
bravi Maria Pia Musso e Alessandro Sanzo. Le conclusioni, per compe‐<br />
tenza, a Domenico Scalzo (con l’aggiunta <strong>di</strong> un prezioso Errata corrige). E<br />
si ritorna al principio della vicenda. Quella Lettera da San Pietro su «Ci‐<br />
nema Nuovo», <strong>di</strong>eci anni fa, recensiva infatti, perfino nei dettagli (per<br />
quanto solo per finta), un impegnativo, possibile libro su Amelio, sulla<br />
sua prima formazione in Calabria, sui successivi sviluppi fino agli esiti<br />
cinematografici più recenti (al ‘92). Ma se la recensione non passò inos‐<br />
servata (alcuni lettori <strong>di</strong> «Cinema Nuovo» scrissero e telefonarono alla<br />
redazione, per chiarimenti ed informazioni su “come avere il libro”),<br />
l’opera risultava tuttavia… inosservabile, inaccessibile, per un motivo<br />
molto semplice: perché il libro recensito ahimè non esisteva. Che fare al‐<br />
lora per farlo esistere? La notte porta consiglio. Passano gli anni. Di se‐<br />
guito a Il ladro <strong>di</strong> bambini, uno dopo l’altro vengono alla luce, <strong>di</strong> Amelio,<br />
Lamerica, Non è finita la pace, cioè la guerra, Così ridevano, Poveri noi, Uno<br />
schermo sull’acqua, L’onore delle armi, La terra è fatta così. Di Amelio e su<br />
Amelio, insieme alla filmografia cresce la bibliografia e l’emerografia: e,<br />
con l’una e con le altre, il prestigio internazionale e la visibilità <strong>di</strong> “senso<br />
comune” del regista. Anche in Calabria comincia a muoversi qualcosa,<br />
nella <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> una considerazione seria ed approfon<strong>di</strong>ta dell’opera<br />
dell’importante autore.<br />
Scuole e università calabresi, assessorati alla cultura delle ammini‐<br />
strazioni locali, circoli culturali, singoli operatori fanno progetti <strong>di</strong>dattici<br />
e <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o per conoscere e riconoscere (riconoscersi dentro) l’opera ame‐<br />
liana. Cercano collaborazioni anche all’esterno della regione, magari<br />
prendendo le mosse dai calabresi della <strong>di</strong>aspora interessati a ragionare<br />
sul serio dell’opera del “prototipo” Amelio (nonno e padre emigranti).<br />
Sullo stesso Amelio, tuttavia, corre voce che vorrebbe ritornare in Cala‐<br />
bria, per girare un film forse nei luoghi della Presila catanzarese: prota‐<br />
gonisti una maestra elementare, uno studente, i loro compaesani e un<br />
sindaco. Voce confermata da Amelio; senonché l’esperienza, malgrée lui,<br />
per impicci della produzione, deve essere rinviata. Chissà a quando.<br />
I pedagogisti della “Sapienza” continuano intanto le loro ricerche in<br />
chiave cinematografica ed educativa (nelle lezioni, con tesine d’esame e<br />
tesi <strong>di</strong> laurea, partecipando a convegni e con interventi <strong>di</strong> vario tipo). Il<br />
“Laboratorio Amelio” funziona abbastanza, anzitutto sulle pagine <strong>di</strong><br />
«Cinema Nuovo», «Slavia», «Adultità», «Ora Locale» ecc. E in altre for‐<br />
me: così, per esempio, nel ‘93, su richiesta del Comune <strong>di</strong> Ancona in te‐
Il misto d’avanguar<strong>di</strong>a 121<br />
ma <strong>di</strong> “rappresentazione dell’infanzia” (da La fine del gioco a Il ladro <strong>di</strong><br />
bambini; nel ‘96 a Cosenza, in occasione della laurea honoris causa<br />
dell’Università della Calabria ad Amelio in Discipline dello Spettacolo<br />
(ma perché no, ci si chiede, in Filosofia o in Pedagogia?); nel ‘97 a Catan‐<br />
zaro, per la preparazione <strong>di</strong> una mostra sugli “esercizi <strong>di</strong> stile” del<br />
“primissimo Amelio” (a cura <strong>di</strong> Francesco Mazza)...<br />
Si arriva così, tra Novecento e Duemila, alla collaborazione del Dipar‐<br />
timento <strong>di</strong> ricerche storico‐filosofiche e pedagogiche della “Sapienza”<br />
con la Comunità Montana della Presila Catanzarese; e dunque al nuovo<br />
e impegnativo progetto del libro Gianni Amelio. Un posto al cinema. Un<br />
compito che, con l’aiuto, i suggerimenti e i doni (informazioni, docu‐<br />
menti, fotografie) dello stesso Amelio, viene portato felicemente a ter‐<br />
mine dal filologo Scalzo. Con la conseguenza, subito, della realizzazione<br />
del libro; e ad un anno <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza, <strong>di</strong> questo quaderno <strong>di</strong> “Comunità<br />
Domani”.<br />
E non è tutto. Perché se dall’anno accademico 2001 ‐2002, non ancora<br />
concluso, Amelio ha incominciato ad insegnare “Cinema e educazione”<br />
nel Corso <strong>di</strong> laurea in Scienze dell’Educazione e della Formazione della<br />
Facoltà <strong>di</strong> Filosofia de la Sapienza, si sa già che nel prossimo anno acca‐<br />
demico il “Laboratorio Amelio” avrà nuova “carne” per il suo “fuoco”:<br />
non solo i materiali <strong>di</strong>dattici e <strong>di</strong> ricerca prodotti via via dagli studenti<br />
sul presupposto della visione <strong>di</strong> alcuni film <strong>di</strong> Amelio e dell’uso “mira‐<br />
to” <strong>di</strong> Gianni Amelio. Un posto al cinema, come “libro <strong>di</strong> testo”; ma anche<br />
il ricordo, sulla base <strong>di</strong> una documentazione collettiva, dei seminari <strong>di</strong><br />
Amelio (con la partecipazione <strong>di</strong> Giuseppe Boncori e del sottoscritto, co‐<br />
a<strong>di</strong>uvati dagli stessi Sanzo e Musso, da Laura Castiglia e da quasi tutti<br />
gli autori degli interventi qui <strong>di</strong> seguito raccolti, nella sezione delle re‐<br />
censioni ine<strong>di</strong>te).<br />
Di più, si sa <strong>di</strong> un nuovo film <strong>di</strong> Amelio, attualmente in preparazione:<br />
dal titolo Le chiavi <strong>di</strong> casa, tratto dal romanzo <strong>di</strong> Giuseppe Pontiggia, Nati<br />
due volte. Così come è certo che la Comunità Montana della Presila Ca‐<br />
tanzarese intende dare un seguito alle esperienze avute su Amelio e con<br />
Amelio negli ultimi anni: rivederne i film, stu<strong>di</strong>arli, trarne le lezioni che<br />
più servono nei luoghi unici della loro genesi (culturale, visiva, etico‐<br />
politica). E farne oggetto <strong>di</strong> educazione, nel quadro <strong>di</strong> un progetto cultu‐<br />
rale <strong>di</strong> più largo respiro.<br />
Nel sistema dei laboratori già variamente attivati o in via <strong>di</strong> attiva‐<br />
zione per iniziativa della Prima Cattedra <strong>di</strong> Pedagogia (il “Laboratorio<br />
Labriola”, il “Laboratorio Makarenko”, il “Laboratorio Gramsci”, il “La‐<br />
boratorio Yunus”, il “Laboratorio <strong>di</strong> storia e cultura dell’infanzia”, il
122<br />
Parte seconda – Capitolo quinto<br />
“Laboratorio <strong>di</strong> <strong>di</strong>dattica della musica”, il “Laboratorio teatrale”, il “La‐<br />
boratorio <strong>di</strong> storiografia e bibliografia” ecc.), questo “Laboratorio Ame‐<br />
lio”, formalizzato adesso nelle sue attività in sviluppo, viene ad occupa‐<br />
re un suo spazio ben preciso. Quanti vi hanno collaborato fin qui con en‐<br />
tusiasmo in<strong>di</strong>viduale e collettivo, invitano il lettore a scomporre e a ri‐<br />
comporre criticamente il frutto del loro lavoro. E, ad esigere ciò, è la spe‐<br />
cificità dell’ine<strong>di</strong>ta congiuntura laboratoriale determinatasi all’incrocio<br />
tra i quin<strong>di</strong>ci paesi della Comunità Montana e la Cattedra pedagogica<br />
romana.<br />
Di qui, anche, la ragione prima della vitalità del rapporto degli uni e<br />
dell’altra con Amelio. Perché se in un film <strong>di</strong> Amelio —come si è detto e<br />
ripetuto — tende ad esserci spesso un altro film, la circostanza può risul‐<br />
tare metodologicamente espansiva: e riguardare, a maggior ragione, un<br />
libro come Gianni Amelio. Un posto al cinema, che ha tutti i film <strong>di</strong> Amelio<br />
ed Amelio stesso come principale materia d’indagine. E per giunta, nel<br />
momento in cui, per suo conto, il “Laboratorio” <strong>di</strong> Amelio (film in <strong>di</strong>rit‐<br />
tura d’arrivo, film pronti al decollo) è più che mai in attività. Ma si ha<br />
anche il dovere <strong>di</strong> alzare il tiro dell’impegno: giacché i laboratori, se so‐<br />
no tenuti assieme da un progetto comune ed orientati da una prospetti‐<br />
va unitaria, comunicano tra loro. E si aiutano a vicenda. Sembra per<br />
l’appunto suggerirlo, dal suo “Laboratorio”, Anton Semènovič Maka‐<br />
renko in una pagina per tutti noi augurale del Poema pedagogico: quando<br />
ad un certo punto del romanzo (Parte terza), nel capitolo intitolato “il mi‐<br />
sto d’avanguar<strong>di</strong>a”, egli racconta:<br />
Con noi veniva anche Ivan Denisovič Kirgizov, un nuovo educatore che io<br />
avevo a bella posta adescato in un’istituzione pedagogica <strong>di</strong> Pirogovka per so‐<br />
stituire il <strong>di</strong>missionario lvan Ivanovič. Agli occhi <strong>di</strong> un profano Ivan Denisovič<br />
poteva sembrare un normalissimo maestro <strong>di</strong> campagna, mentre in realtà si<br />
trattava <strong>di</strong> quel vero eroe positivo che la letteratura russa ricerca con fatica da<br />
tanto tempo. lvan Denisovič aveva tren t’anni, era buono, intelligente, sereno e<br />
dotato da una incre<strong>di</strong>bile capacità <strong>di</strong> lavorare, qualità, quest’ultima, <strong>di</strong> cui gli<br />
eroi della letteratura russa, positivi o negativi che siano, non possono, come è<br />
noto, vantarsi. Ivan Denisovič sapeva fare qualunque cosa e aveva sempre qual‐<br />
cosa da fare, ma da lontano pareva sempre che gli si potesse ancora affidare<br />
qualche altro incarico. Una volta avvicinatisi si capiva che al suo lavoro non si<br />
poteva proprio aggiungere nulla. Solo che ormai ci si trovava con la lingua pre‐<br />
parata ad articolare in un certo modo ed incapace <strong>di</strong> far marcia in<strong>di</strong>etro, così<br />
che si finiva col <strong>di</strong>re, arrossendo e balbettando un poco:<br />
‐ Ivan Denisovič bisognerebbe... là... il gabinetto <strong>di</strong> fisica...
Il misto d’avanguar<strong>di</strong>a 123<br />
Ivan Denisovič alzava la testa da una cassa o da un quaderno e sorrideva:<br />
‐ Il gabinetto <strong>di</strong> Fisica? Già... Bene! Ora chiamo i ragazzi e lo imballiamo...<br />
E mentre ci si allontanava con un senso <strong>di</strong> vergogna, Ivan Denisovič aveva<br />
già <strong>di</strong>menticato la crudeltà <strong>di</strong> cui era stato oggetto e <strong>di</strong>ceva gentilmente a qual‐<br />
cuno:<br />
‐ Va’ amico mio, va a chiamare dei ragazzi 78 ...<br />
Come l’lvan Denisovič <strong>di</strong> Makarenko nel “reparto misto d’avanguar‐<br />
<strong>di</strong>a” (che, secondo il parere dello stesso Makarenko, è l’invenzione tecnica<br />
più importante <strong>di</strong> tutto il Poema pedagogico), il “Laboratorio Amelio” ha<br />
ancora molto da fare e da far fare: ma non si tira in<strong>di</strong>etro e guarda labo‐<br />
riosamente in avanti.<br />
78 A. S. Makarenko, op. cit., p. 357.
Capitolo sesto<br />
6.1. Gianni Amelio e i bambini del suo paese, in Calabria 79<br />
L’8 gennaio scorso, per iniziativa dell’Istituto Comprensivo Statale <strong>di</strong><br />
Zagarise in collaborazione con il Dipartimento Cultura e Istruzione della<br />
Regione Calabria, si è svolta a Magisano (Catanzaro), una mostra e un<br />
convegno dal titolo Gianni Amelio: l’inizio del gioco. Vi hanno partecipato,<br />
alla presenza <strong>di</strong> alcune centinaia <strong>di</strong> persone (autorità locali e regionali,<br />
insegnanti, studenti, citta<strong>di</strong>ni del circondario o venuti per l’occasione da<br />
altri paesi e dal Capoluogo): Salvatore Gullì, Commissario Prefettizio;<br />
Teresa Rizzo, Dirigente scolastica del citato Istituto Comprensivo Stata‐<br />
le; Domenico Scalzo, noto stu<strong>di</strong>oso del cinema <strong>di</strong> Amelio; Nicola Sicilia‐<br />
ni de Cumis, pedagogista nell’Università “La Sapienza” <strong>di</strong> Roma; Pa‐<br />
squale Capellupo, Presidente della Comunità Montana della Presila Ca‐<br />
tanzarese; Armando Vitale, Dirigente Scolastico del Liceo “P. Galluppi”<br />
<strong>di</strong> Catanzaro. Avrebbe dovuto essere presente lo stesso Amelio, che però<br />
non ha potuto, trovandosi egli a Berlino per la lavorazione del suo nuo‐<br />
vo film, Le chiavi <strong>di</strong> casa.<br />
Al centro dell’incontro, quin<strong>di</strong>, la presentazione ed il commento del<br />
CD ROM Gianni Amelio: l’inizio del gioco, curato da insegnanti e scolari,<br />
con l’essenziale collaborazione dello stesso Scalzo. Altri nomi, cui si de‐<br />
ve l’attuazione del progetto e la sua buona riuscita (anche in prospetti‐<br />
va): Ugo Panetta e Rosa Provenzano, della Dirigenza regionale scolastica<br />
in Calabria; Nora Benedetti, Annamaria Catizone, Lina Colaci, Anna<br />
Iervasi, Emilia Mellaci, Maria Schipani, ecc., insegnanti 80 .<br />
Manifestazione compiuta in se stessa ed al tempo stesso aperta ad ul‐<br />
teriori sviluppi. Interventi stimolanti, ricchi <strong>di</strong> problemi ed al tempo<br />
stesso costruttivi: e finalizzati, tutti, ad inserire l’iniziativa specifica in un<br />
contesto <strong>di</strong> attività, volte a migliorare i prodotti della <strong>di</strong>dattica, a colle‐<br />
garne i risultati ad un piano <strong>di</strong> sviluppo culturale ed educativo più ge‐<br />
nerale e, dunque, a far conoscere e ad approfon<strong>di</strong>re il cinema <strong>di</strong> Amelio,<br />
anche nei luoghi della sua prima formazione tra San Pietro Magisano e<br />
Catanzaro.<br />
79 Fonte non trovata.<br />
80 Cfr. le cronache dell’avvenimento, a cura <strong>di</strong> C. MUSTARI, su «il Quoti<strong>di</strong>ano del‐<br />
la Calabria», del 3 e del 10 gennaio 2003; e <strong>di</strong> L. PILEGGI, su «La Gazzetta del Sud»,<br />
del 7 gennaio.
126<br />
Parte seconda – Capitolo sesto<br />
La lettera che segue fa parte della sezione (provvisoriamente) conclu‐<br />
siva del CD ROM, e corrisponde al testo dell’intervento svolto nel corso<br />
del convegno.<br />
6.2. Gianni Amelio, <strong>di</strong> gioco in gioco 81<br />
I ragazzi <strong>di</strong> campagna devono imparare a scrivere da noi o noi da loro?<br />
Lev N. Tolstoj<br />
La logica <strong>di</strong> un bambino sfugge alle regole del gioco […]. Esiste maggior<br />
senso rivoluzionario in alcune frasi <strong>di</strong> questo o quel bambino che nei sistemi <strong>di</strong><br />
gran<strong>di</strong> singoli talenti. Cesare Zavattini<br />
Si tratta da un lato <strong>di</strong> apprezzare questi prodotti come frutto <strong>di</strong> una scuola in<br />
cui […] i ragazzi entrino come produttori, anziché come semplici consumatori<br />
<strong>di</strong> cultura, <strong>di</strong> sapere, <strong>di</strong> fantasia altrui, <strong>di</strong> creazione altrui. Si tratta, poi, <strong>di</strong> va‐<br />
lutarne il significato nel processo formativo dei ragazzi.<br />
Gianni Rodari<br />
Cari amici dell’Istituto Comprensivo Statale <strong>di</strong> Zagarise,<br />
ho ricevuto da qualche giorno e ho appena finito <strong>di</strong> visitare il sito<br />
Gianni Amelio: l’inizio del gioco, <strong>di</strong> cui i vostri scolari sono bravi coautori,<br />
insieme ai loro insegnanti: e gli uni e gli altri, tra San Pietro Magisano,<br />
Magisano, Zagarise, in attiva collaborazione con l’esperto Domenico<br />
Scalzo.<br />
Ve ne sono molto grato: soprattutto perché mi risultano non poche le<br />
cose che non conoscevo <strong>di</strong> Amelio e del suo mondo, e che adesso vengo<br />
ad apprendere dalle finestre dell’ipertesto. Interessanti anche, talvolta<br />
originali, le vostre osservazioni a margine. Bravi davvero. Anche se, in<br />
tema <strong>di</strong> “gioco”, sempre che parliamo <strong>di</strong> Amelio, resta ancora molto da<br />
fare. E lo confermate voi stessi, nelle vostre <strong>di</strong>chiarazioni <strong>di</strong> intenti, av‐<br />
valorando intelligentemente il principio che ci si migliora sul serio, spe‐<br />
cialmente quando ci si confronta con gli altri: quando nel gioco delle<br />
parti, tra chi educa e chi viene educato, si prende e si dà; quando, chia‐<br />
mandosi in gioco come singoli, si collabora ad obiettivi formativi comu‐<br />
81 N. SICILIANI DE CUMIS, Gianni Amelio: <strong>di</strong> gioco in gioco, articolo pubblicato sul<br />
progetto Gianni Amelio: l’inizio del gioco.
127<br />
ni; e quando lavorando insieme, adulti e bambini, si realizza una qual‐<br />
che forma in<strong>di</strong>viduale e collettiva <strong>di</strong> gioco‐lavoro.<br />
La <strong>di</strong>fferenza che c’è, tra l’insegnare e l’apprendere, così facendo, fi‐<br />
nisce più con l’unire che con il <strong>di</strong>videre. Con vantaggio <strong>di</strong> tutti.<br />
Come <strong>di</strong>ciamo in Calabria (ecco quin<strong>di</strong> un bel proverbio da aggiun‐<br />
gere a quelli della raccoltina da voi iniziata nel sito): “Nuddru nesci ‘mpa‐<br />
ratu”/“Nessuno viene al mondo istruito”. Ed è il motivo per cui, se vo‐<br />
gliamo scommettere positivamente su noi stessi e fare del nostro meglio<br />
nel costruire i nostri percorsi educativi, da un qualche punto dobbiamo<br />
pur incominciare… Se è vero infatti che l’appetito viene mangiando, è<br />
altrettanto vero che sbagliando si impara, che il buon giorno si vede dal<br />
mattino e che chi va a passo fa buona giornata. E chi più ne sa, ne <strong>di</strong>ca.<br />
Per questo, mi affretto a parlarvi come “uno dei nostri”: e tanto più<br />
che, come scrive la Dirigente Scolastica Teresa Rizzo, l’attuale punto <strong>di</strong><br />
arrivo del CD ROM curato dall’Istituto non è che «un inizio, una strada<br />
aperta ad ulteriori sviluppi, un’esperienza da ampliare ed approfon<strong>di</strong>‐<br />
re». Un <strong>di</strong>scorso felicemente avviato che, per dare i suoi frutti, vuole at‐<br />
tenzione e cure <strong>di</strong>alogiche e pedagogiche aggiuntive. Un incontro, più<br />
incontri <strong>di</strong> “perché”: <strong>di</strong> perché‐domanda e <strong>di</strong> perché‐risposta.<br />
Niente <strong>di</strong> più, quin<strong>di</strong>, che l’inizio <strong>di</strong> un’istruttoria pedagogica in<br />
progress, tanto razionalmente impostata quanto proceduralmente aperta<br />
all’invenzione <strong>di</strong> inesplorati, magari antipedagogici, percorsi <strong>di</strong> ricerca.<br />
Un’azione formativa che, impiantandosi intanto a Zagarise e <strong>di</strong>ntorni<br />
con la fisionomia <strong>di</strong> un’ipotesi <strong>di</strong>dattica sui generis – se portata avanti<br />
con equilibrio e inventività costanti – potrà prendere quota anche altri‐<br />
menti. E magari anche altrove: giacché si configura metodologicamente<br />
come <strong>di</strong> buona marca, ed è garantita nei suoi contenuti culturali dal <strong>di</strong>‐<br />
scorso cinematografico “alto” <strong>di</strong> Amelio.<br />
Giacché Amelio – ed è questo, mi pare, l’assunto principale della vo‐<br />
stra interessante proposta – , se ha incominciato nel 1970 con La fine del<br />
gioco a porre contestualmente in primo piano l’argomento dell’“inizio<br />
del gioco”, in seguito, con ogni suo nuovo film non ha fatto che mettere<br />
e rimettere variamente in questione le sue stesse idee <strong>di</strong> “inizio”, <strong>di</strong> “fi‐<br />
ne” e <strong>di</strong> “gioco”. Film sì riconducibili ad un <strong>di</strong>segno compositivo unita‐<br />
rio, ma certamente autonomi, alla luce dei <strong>di</strong>versi contesti in cui sono<br />
stati realizzati. Testi e contesti, dunque, che aprono pertanto la strada a<br />
sempre nuovi “perché”.<br />
E sono perché, che voi <strong>di</strong> Zagarise, entrando nell’atelier <strong>di</strong> Amelio, ave‐<br />
te provato a fare vostri e ad interiorizzare. Ne avete quin<strong>di</strong> avvertito la<br />
complessità; e avete aperto, così facendo, interessanti e inusuali piste <strong>di</strong>
128<br />
Parte seconda – Capitolo sesto<br />
ricerca. Vi siete quin<strong>di</strong> misurati, quasi per gioco, con delle cose serie; e,<br />
con serietà, da <strong>di</strong>versi punti <strong>di</strong> vista, siete arrivati a cogliere aspetti im‐<br />
portanti del “gioco <strong>di</strong> Amelio”. Un gioco che, in tal modo, ha incomin‐<br />
ciato a <strong>di</strong>ventare anche il vostro “gioco”. Non vi resta, adesso, che am‐<br />
pliare e approfon<strong>di</strong>re il <strong>di</strong>scorso; e svolgerlo con perizia.<br />
Di film in film, tra cinema, cultura, educazione (e pedagogia ed anti‐<br />
pedagogia), ricomincia infatti per tutti gli spettatori, lettori, critici<br />
dell’opera <strong>di</strong> Amelio, ogni volta che vi si immergono, una specie <strong>di</strong><br />
“gioco” dell’ine<strong>di</strong>to e del déjà <strong>di</strong>t: un gioco semplicissimo e al tempo<br />
stesso ricco <strong>di</strong> possibilità e irto <strong>di</strong> <strong>di</strong>fficoltà. Anche se voi, con le vostre<br />
escursioni nella singolare fucina dell’immaginario dell’autore, siete riu‐<br />
sciti a mettervi con lui in un rapporto <strong>di</strong> costruttiva collaborazione. Al‐<br />
meno a me così sembra.<br />
Ecco perché, allora, le indagini ameliane proposte fin qui nell’iper‐<br />
testo, mi fanno ripensare contemporaneamente a più cose: da un lato, al‐<br />
lo stesso cinema <strong>di</strong> Amelio, come ad uno spazio <strong>di</strong> ricerca aperto ed in<br />
sviluppo; alle sue ra<strong>di</strong>ci lontane e alle inesplorate prospettive <strong>di</strong> fruizio‐<br />
ne. Da un altro lato, non posso evitare <strong>di</strong> rifarmi alle mie proprie espe‐<br />
rienze formative “<strong>di</strong> base”, che, a loro volta, ad un siffatto spazio <strong>di</strong> ri‐<br />
cerca si rapportano <strong>di</strong>rettamente o in<strong>di</strong>rettamente fin dal principio. E mi<br />
ritornano subito in mente le mie stesse vicende scolastiche del periodo a<br />
cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta, quando insegnavo in Calabria, a<br />
Belcastro, non lontano da Zagarise… Le vicende <strong>di</strong> un professorino, che<br />
si sente aiutato nel suo lavoro dalle storie cinematografiche, che perio<strong>di</strong>‐<br />
camente gli racconta il cineasta suo amico (ancora aiuto regista) mentre<br />
si fa strada come regista. Quanti ricor<strong>di</strong>!<br />
Un insegnante, cioè, ai primi passi della carriera: il quale, proprio in<br />
relazione ad Amelio ed in presenza della sua opera prima La fine del gio‐<br />
co (1970), ambiva a produrre anche lui le sue brave ipotesi “anti<strong>di</strong>datti‐<br />
che”. E che, per questa strada, provava a mettercela tutta per fare del<br />
suo meglio: ora pasticciando col Pinocchio collo<strong>di</strong>ano o col Barone ram‐<br />
pante e col Marcovaldo <strong>di</strong> Italo Calvino, con le Fiabe italiane riscritte dallo<br />
stesso Calvino sui testi calabresi originari <strong>di</strong> Letterio Di Francia; ora met‐<br />
tendosi alla prova, insieme ai suoi scolari, nell’assemblare Fatti e idee per<br />
un documentario su Belcastro (una specie <strong>di</strong> CD ROM <strong>di</strong> quei tempi).
129<br />
Un documentario <strong>di</strong>dattico, quello, per così <strong>di</strong>re anch’esso all’“inizio<br />
del gioco”, e che, secondo i desideri dei bambini belcastresi <strong>di</strong> allora, a‐<br />
vrebbe dovuto essere “ovviamente” girato proprio… da Amelio 82 .<br />
Di qui la spinta, adesso del tutto naturale, a riflettere sulla vostra si‐<br />
gnificativa esperienza in chiave anche autobiografica (educativa ed au‐<br />
toeducativa). E l’impulso a recensire questo Gianni Amelio: l’inizio del gio‐<br />
co, un po’ collegandolo <strong>di</strong>rettamente a un passato “personale” <strong>di</strong> docen‐<br />
te in Calabria, un po’ intravedendo e sollecitando progettualità pedago‐<br />
giche future: e dunque proponendo, per lo stesso Laboratorio Amelio (U‐<br />
niversità <strong>di</strong> Roma “La Sapienza”/Comunità Montana della Presila Ca‐<br />
tanzarese), temi supplementari si ricerca e temi <strong>di</strong> insegnamen‐<br />
to/appren<strong>di</strong>mento, tra cinema e scuola, cinema e università. Un “inizio<br />
<strong>di</strong> gioco” che, proprio negli anni scolastici belcastresi e catanzaresi su ri‐<br />
cordati, venivano suggerendo anche Mario Lo<strong>di</strong> e i suoi scolari, dalle<br />
pagine del loro giornalino <strong>di</strong> classe, Il Mondo. Nei seguenti termini pro‐<br />
positivi:<br />
Tre bambini hanno a casa la cinepresa e sanno come si fa a girare un film.<br />
Io gli <strong>di</strong>co che se hanno un’idea buona si potrebbe pensare <strong>di</strong> fare un piccolo<br />
film anche noi.<br />
Ci pensano e le prime idee sono, ovviamente, un miscuglio <strong>di</strong> fatti visti al‐<br />
la televisione. Il bombardamento televisivo è così incessante che il bambino ve‐<br />
ro, autentico (ammesso che esista ancora) non si trova.<br />
Pren<strong>di</strong>amo in esame, insieme, ogni proposta <strong>di</strong> film per in<strong>di</strong>viduare quan‐<br />
to proviene dall’esterno (film, Tv, fiabe ecc.) ed eliminarlo in quanto “copiato”. I<br />
bambini si accorgono con <strong>di</strong>sappunto com’è <strong>di</strong>fficile trovare idee originali, <strong>di</strong>e‐<br />
tro tutto quel magazzino <strong>di</strong> impressioni che è la loro memoria e che pare la loro<br />
vita. Ma a poco a poco, rimuovendo ciò che impe<strong>di</strong>sce al bambino <strong>di</strong> esprimere<br />
se stesso con autenticità, vengono le prime idee abbastanza originali, legate a<br />
momenti vissuti dal bambino: alcune sono ancora impure, altre sono già abba‐<br />
stanza trasparenti. Alla fine <strong>di</strong> una rigorosa selezione [… resta valida questa<br />
storia da realizzare come film]. Stefania: Una bambina gioca sempre da sola. Al‐<br />
lora va nel prato a cercare qualche compagno per giocare. Non ne trova. A un<br />
82 Per altri particolari, sullo scrittore e sul regista in classe, sull’uso degli au<strong>di</strong>ovi‐<br />
sivi a scuola, per esempio sul cinema <strong>di</strong> C. Chaplin ed ancora su Amelio spettatore e<br />
autore cinematografico negli anni catanzaresi e belcastresi, cfr. il mio Di professione,<br />
professore, Caltanissatta‐Roma, Sciascia, 1998, pp. 114 sgg., 180 sgg., 211 sgg., 219<br />
sgg. e passim.
130<br />
Parte seconda – Capitolo sesto<br />
certo punto vede un tappeto. Vi salta sopra e il tappeto vola e la porta via in un<br />
altro paese dove ci sono i che giocano insieme […].<br />
Un paese “altro”, dove i bambini giocano insieme. Un “paese” forse,<br />
che potrebbe rassomigliare un po’ a Zagarise, a Magisano, a San Pietro…<br />
Agli altri paesi della Comunità Montana.<br />
Perché i bambini che hanno collaborato gli uni accanto agli altri<br />
all’ipertesto, questi bambini calabresi dell’Istituto Comprensivo Statale<br />
<strong>di</strong> Zagarise e i personaggi del cinema <strong>di</strong> Amelio, potrebbero essere, pro‐<br />
prio loro, i compagnelli <strong>di</strong> giochi cercati e incontrati fantasticando dalla<br />
scolara <strong>di</strong> Vho, che non voleva più giocare da sola. E che, volando su un<br />
tappeto, è finalmente arrivata tra i bambini <strong>di</strong> questo “tableau à images”<br />
per cantastorie che, parole, immagini e musica, quadro dopo quadro,<br />
raccontano l’avventura <strong>di</strong> Gianni Amelio: l’inizio del gioco.<br />
Sennonché (è l’altra faccia della medaglia), a mano a mano che cono‐<br />
sci l’opera <strong>di</strong> Amelio, ti accorgi che nessuno dei bambini dei suoi film<br />
arriva felicemente a destinazione. Tutti si fermano, perché sono fermati<br />
da qualcuno o da qualcosa, in qualunque luogo: sulla linea ferroviaria<br />
Roma‐Reggio Calabria, sulla spiaggia calabro‐toscana, nelle città <strong>di</strong> Fi‐<br />
renze, Bergamo, Roma, Palermo, in una fredda stanza <strong>di</strong> giochi o nella<br />
prigione <strong>di</strong> un faro abbandonato, in casa Majorana, viaggiando da Mila‐<br />
no in Sicilia, a Tirana, a Sarajevo, a Torino, ecc.<br />
Non riescono cioè a giocare davvero, anche quando sembrano in<br />
qualche modo giocare. E l’inizio (eventuale) del loro gioco tende nor‐<br />
malmente a coincidere con la sua fine (sicura). Ciò che sembra infatti<br />
mancare, nei bambini dei film <strong>di</strong> Amelio, è la possibilità <strong>di</strong> un gioco che<br />
si realizzi per loro liberamente, pienamente, con una prospettiva.<br />
Proprio il contrario ‐ al <strong>di</strong> là delle facili semplificazioni consolatorie ‐,<br />
<strong>di</strong> quel che è potuto accadere intanto tra gli scolari del vostro Istituto; i<br />
quali, se fin qui hanno solo “iniziato” a giocare il loro “gioco sul gioco”<br />
nel cinema <strong>di</strong> Amelio, sembrano tuttavia naturalmente inseriti in una<br />
procedura <strong>di</strong> ricerca niente affatto esaurita, conclusa. Semmai, come <strong>di</strong>‐<br />
cevo, appena all’inizio.<br />
Quasi a suggerire proprio loro, gli alunni della scuola, la domanda: e<br />
se a Zagarise, in un prossimo CD ROM, magari dal titolo Gianni Amelio,<br />
<strong>di</strong> gioco in gioco, si riuscissero a mettere ra<strong>di</strong>calmente in gioco vecchi e<br />
nuovi aspetti del problema? A partire da quello che s’è fatto fin qui, co‐<br />
me far crescere quin<strong>di</strong> la ricerca? Quanti e quali altri giochi ripetere,<br />
quali e quanti altri giochi inventare? Ecco intanto un elenco <strong>di</strong> possibili‐<br />
tà, su cui rilanciare il “gioco”:
131<br />
il gioco “dei personaggi simpatici e <strong>di</strong> quelli antipatici”, il gioco “dei perso‐<br />
naggi buoni e <strong>di</strong> quelli cattivi”, il gioco “del giusto e dell’ingiusto”, il gioco “del<br />
bello e del brutto”, il gioco “della bugia e della verità”, il gioco “dell’a che serve,<br />
chi e che cosa”, il gioco “del chi vorresti essere”, il gioco “del che cosa manca” e<br />
“del che cosa c’è <strong>di</strong> più”, il gioco “del prima e del dopo”, il gioco “della movio‐<br />
la”, il gioco “del chi rassomiglia a chi”, il gioco “dell’uguale, dell’analogo e del<br />
<strong>di</strong>verso”, il gioco “delle lettere a chi”, il gioco “dell’ intervista a qualcuno”, il<br />
gioco “dell’ora ti racconto la mia storia”, il gioco “delle parole più importanti”,<br />
il gioco “della parola magari”, il gioco “della tavola imban<strong>di</strong>ta”, il gioco “del<br />
pane, dell’acqua, delle scarpe, delle mani, ecc.”, il gioco “dell’italiano e dei <strong>di</strong>a‐<br />
letti”, il gioco “del silenzio”, il gioco “dell’altra Calabria”, il gioco “della Cala‐<br />
bria e del Mondo”, il gioco “della realtà e della fantasia”, il gioco “del viaggio,<br />
dei viaggi”, il gioco “del vecchio e del nuovo”, il gioco del “che cosa è successo<br />
prima e del che cosa succederà dopo”, il gioco “della parte e del ruolo”, il gioco<br />
“del cinema nel cinema”, il “gioco del cinema e della scuola”, il gioco “della<br />
scuola <strong>di</strong> cinema”, il gioco “dei fotogrammi accen<strong>di</strong>storie”, il gioco “della se‐<br />
quenza fantastica”, il gioco “degli altri finali”, il gioco “del come continua la<br />
storia”, il gioco “del si <strong>di</strong>ce e del non si <strong>di</strong>ce”, il gioco “del ladro <strong>di</strong> titoli”, il gio‐<br />
co “della pubblicità”, il gioco “dell’immagine e del come stanno davvero le co‐<br />
se”, il gioco “delle barzellette vecchie e nuove”, il gioco “degli au<strong>di</strong>ovisivi pa‐<br />
ralleli” , il gioco “delle lingue bambine”, il gioco “del piccolo regista” e il gioco<br />
“del piccolo attore”, il gioco “del posto al cinema e del cinema a posto”, il gioco<br />
“dell’invenzione <strong>di</strong> ipertesti ”, il gioco “del CD ROM <strong>di</strong> CD ROM” e il gioco<br />
“del CD ROM che non c’è”, ecc. ecc.<br />
E dunque, il gioco “dei film nel cassetto” e il gioco “del prossimo<br />
film”… Avrete letto, credo, su “FilmTV” della scorsa settimana (la rivi‐<br />
sta, su cui Amelio da qualche anno scrive settimanalmente <strong>di</strong> cinema),<br />
l’intervista a Kim Rossi Stuart su Le chiavi <strong>di</strong> casa. Se non lo avete già fat‐<br />
to, potreste incominciare a leggere il romanzo <strong>di</strong> Giuseppe Pontiggia,<br />
Nati due volte. Non (come si <strong>di</strong>ce) per “ingannare”, ma per “onorare” (da<br />
competenti) l’attesa.<br />
E sarebbe, una volta <strong>di</strong> più, un avventuroso “inizio <strong>di</strong> gioco”. Un<br />
modo <strong>di</strong> attendere non passivamente al vostro compito <strong>di</strong> spettatori ed<br />
insieme <strong>di</strong> autori in gioco.<br />
Auguri <strong>di</strong> buon lavoro,<br />
il vostro Nicola Siciliani de Cumis<br />
Roma, Capodanno 2003
Capitolo settimo<br />
Siamo tutti “albanesi 83 ”<br />
7.1. Decalogo in forma <strong>di</strong> <strong>di</strong>alogo su “Lamerica 84 ”<br />
Primo: pensare mon<strong>di</strong>almente ma localmente, localmente ma mon‐<br />
<strong>di</strong>almente.<br />
Perché l’”Altra” Calabria? In che senso Altra? Cercando la Merica,<br />
forse?<br />
— Lì per lì, è evidente che la risposta è data dal concetto <strong>di</strong> “Diaspo‐<br />
ra”. I calabresi della <strong>di</strong>aspora sono un’altra, meglio l’Altra Calabria. Però<br />
questo è soltanto un aspetto della “cosa”: un’”Altra” Calabria è anche<br />
quella che attualmente non c’è, quella che si vorrebbe ci fosse; è il “dover<br />
essere” della Calabria nella Calabria. E fuori.<br />
— Risulta chiaro allora che interpellare gli assenti, i lontani, i <strong>di</strong>spersi<br />
della <strong>di</strong>aspora, è solo un atto tra i molti da compiere...<br />
— E neppure il più importante; a meno che tra chi se ne è andato dal‐<br />
la regione e chi vi è restato non si sia stabilito o non si venga stabilendo<br />
un’intesa, tutt’altro che un alibi reciproco, un effettivo rapporto <strong>di</strong> colla‐<br />
borazione. Ma nei due sensi: la Calabria si giova dell’esperienza lavora‐<br />
tiva, tecnica ed umana del calabrese andato via, tanto quanto<br />
quest’ultimo trae profitto dalla vitalità produttiva e dalla tensione pro‐<br />
gettuale in atto della regione. Gianni Amelio <strong>di</strong>ce...<br />
— In questo senso, allora, non si vede perché limitare l’Altra Calabria<br />
alla pura e semplice “Calabria” dei calabresi. Ve<strong>di</strong> Lamerica, appunto.<br />
— Certamente. È “Altra” la Calabria degli “Altri”, <strong>di</strong> qualunque altro<br />
uomo, sia calabrese o meno, che operando in <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> suoi interessi<br />
si ponga consapevolmente il problema <strong>di</strong> agire nell’interesse della Cala‐<br />
bria, <strong>di</strong> tutto ciò che ha a che fare con la nostra terra...<br />
— Della calabresità? Proprio Amelio ha <strong>di</strong>scusso questo concetto.<br />
83 Titolo redazionale.<br />
84 G. AMELIO, Decalogo, in forma <strong>di</strong> <strong>di</strong>alogo su “Lamerica”, in Un’altra Calabria. Il fu‐<br />
turo della regione nelle idee dei calabresi della <strong>di</strong>aspora, a cura <strong>di</strong> R. MESSINA, Catanzaro,<br />
Camera <strong>di</strong> Commercio Industria Artigianato Agricoltura, 1997, pp. 260‐265; poi in<br />
«Stu<strong>di</strong> sulla formazione», a. 2°, n. 1, 1999, pp. 69‐79; ed ora, con alcune varianti, in<br />
N. SICILIANI DE CUMIS, Italia‐Urss/Russia‐Italia. Tra cultorologia ed educazione 1984‐<br />
2001. Con la collaborazione <strong>di</strong> V. Cannas, E. Medolla, V. Orsomarso, D. Scalzo, T.<br />
Tomassetti, Quaderni <strong>di</strong> «Slavia»/1, Roma, 2001, pp. 289‐298.
134<br />
Parte seconda – Capitolo settimo<br />
— Forse: però credo lo abbia fatto comunque fuori dall’ottica <strong>di</strong> una<br />
“calabresità” sentimentale, mitica, paternalistica, razzistica, premoderna,<br />
e cioè in ultima analisi anti‐calabrese, immobilistica, conservatrice, rea‐<br />
zionaria.<br />
— Si deve rinnegare noi stessi, le nostre peculiarità regionali, locali?<br />
— Niente affatto. Proprio il contrario, invece. Semmai potenziarle.<br />
— Quale calabresità allora? Gira e volta, Amelio se ne è andato. Che<br />
calabresi?<br />
— L’inesistente calabresità, <strong>di</strong>rei: dato che il vocabolo non sta in alcun<br />
<strong>di</strong>zionario... Tuttavia, riflettendoci, non è detto che il neologismo non sia<br />
in qualche modo significativo: perché afferma un “noi” nell’atto del suo<br />
esternarsi, sia in forza <strong>di</strong> un’identità culturale “<strong>di</strong>versa”, sia come pro‐<br />
cesso d’interazione evidentemente positiva nel rapporto con “il resto del<br />
mondo”. Bisogna esercitarsi a questa reciprocità. In altri termini, l’essere<br />
calabresi è un dato storico iniziale, un fatto solo relativamente con<strong>di</strong>zio‐<br />
nante da considerare ma da non enfatizzare, da far valere localmente nel<br />
nome dell’extralocalità, ed extralocalmente in forza delle competenze e<br />
delle responsabilità formatisi e maturate in loco. Ogni altro approccio, su<br />
altre premesse, non può che essere perdente, subalterno ed illusorio,<br />
improduttivo, anzi uno spreco... Davvero è necessario pensare mon‐<br />
<strong>di</strong>almente, localmente; localmente, ma mon<strong>di</strong>almente. Un film come<br />
Lamerica lo prova.<br />
Secondo: descrivere un’antipedagogia come educazione d’urgenza.<br />
— Le idee‐guida degli intellettuali della <strong>di</strong>aspora calabrese, specie se<br />
pedagogisti, o uomini del cinema, quanto possono essere utili in questa<br />
<strong>di</strong>rezione?<br />
— A mio parere servono a ben poco, finché restano per l’appunto “i‐<br />
dee‐guida” <strong>di</strong> qualcun altro, benché intellettuale, ancorché pedagogista<br />
o cineasta, quantunque corregionario e “citta<strong>di</strong>no del mondo”. Il pro‐<br />
blema è complesso: non è che si tratti <strong>di</strong> sra<strong>di</strong>carsi, <strong>di</strong> “mon<strong>di</strong>alizzarsi”<br />
nelle intenzioni, astrattamente e fittiziamente. Ideologicamente. Né, per<br />
principio, si deve delegare nessuno a ragionare e ad agire per noi. Tutt’al<br />
più si può chiedere un aiuto tecnico, un suggerimento, una comunica‐<br />
zione <strong>di</strong> esperienza vissuta, in vista <strong>di</strong> nuove qualità d’esperienza: però<br />
mai fidarsi <strong>di</strong> se stessi, e neppure <strong>di</strong> chicchessia, proprio nella misura in<br />
cui si è pre<strong>di</strong>sposti alla delega, alla ricezione pedagogica, cioè a una cer‐<br />
ta passività. Più che critici occorre essere ipercritici. Come Amelio.
Siamo tutti “albanesi” 135<br />
— Vuoi <strong>di</strong>re che i cosiddetti altri <strong>di</strong>ventano per noi un elemento <strong>di</strong><br />
regresso, anziché <strong>di</strong> progresso, intanto in quanto sono da noi stessi pen‐<br />
sati, vissuti, interiorizzati come produttori <strong>di</strong> idee‐guida?<br />
— Proprio così, in un certo senso. Gli intellettuali della <strong>di</strong>aspora, in‐<br />
vece, se proprio vogliono (come si <strong>di</strong>ce) fare qualcosa, non debbono an‐<br />
zitutto smettere <strong>di</strong> operare nel campo che normalmente è il loro, dando<br />
in Calabria, se richiesti, il meglio <strong>di</strong> sé; e ciò fino al punto <strong>di</strong> rendere su‐<br />
perflua la loro prestazione d’opera, il loro momentaneo, straor<strong>di</strong>nario,<br />
contributo pedagogico. L’essenziale sarebbe il descrivere piuttosto<br />
un’antipedagogia: meglio, una pedagogia dell’inutile pedagogico come<br />
controprova del buon esito <strong>di</strong> un’educazione, che è già<br />
un’autoeducazione. Un’educazione d’urgenza. E Lamerica <strong>di</strong> Amelio,<br />
nel suo specifico “visivo”, ti comunica proprio questa urgenza. Il senti‐<br />
mento dell’urgenza, <strong>di</strong>rei.<br />
Terzo: nuotando, s’impara a nuotare; imparando, si insegna a nuota‐<br />
re.<br />
— Come realizzare, in concreto, una cosa del genere: e cioè, in primo<br />
luogo, la comunicazione e la trasmissione <strong>di</strong> un “modello” <strong>di</strong> esperienza<br />
positiva, riuscita, dall’esterno all’interno della Calabria?<br />
— Niente ricette. Formule niente. Nessun modello da applicarsi mec‐<br />
canicamente. Solo ipotesi <strong>di</strong> lavoro, prove nei due sensi della parola: ten‐<br />
tativi <strong>di</strong> andata, sul terreno del fare progettuale; tentativi <strong>di</strong> ritorno, sul<br />
piano delle verifiche degli esiti (a breve, me<strong>di</strong>o e lungo termine). Che co‐<br />
sa, chi, poi, può <strong>di</strong>rsi perfettamente riuscito? Anche Amelio è inquieto,<br />
scontento. Dice che nessuno è innocente!<br />
— In sintesi, sperimentazione... L’educazione, il cinema “sperimenta‐<br />
li”?<br />
— Sì, sperimentazioni, al plurale, quale che sia il campo dell’interven‐<br />
to...<br />
— ... e tenuto conto, com’è ovvio, delle variabili locali. Anche se si<br />
rassomigliano dentro <strong>di</strong> noi, la Calabria non è l’Albania.<br />
— Senza dubbio: sperimentazione in agricoltura e nel commercio,<br />
nell’industria e nell’artigianato; sperimentazione nelle forme <strong>di</strong> aggre‐<br />
gazione sociale e <strong>di</strong> governo; sperimentazione nella produzione <strong>di</strong> alta<br />
cultura, e nella <strong>di</strong>vulgazione scientifica, nell’informazione e a scuola;<br />
sperimentazione nei mo<strong>di</strong> del vivere quoti<strong>di</strong>ano in città, in campagna,<br />
sulle strade, a pie<strong>di</strong> ed in automobile, nei parcheggi, nei luoghi privati e<br />
pubblici, durante il lavoro e nel tempo libero; e se si è <strong>di</strong>soccupati: pro‐<br />
vare comunque a fare qualcosa, magari ad immaginare <strong>di</strong> svolgere
136<br />
Parte seconda – Capitolo settimo<br />
un’attività, fino al punto <strong>di</strong> imporsi operativamente a se stessi con la<br />
forza della propria laboriosità ed immaginazione, ed agli altri con la<br />
quantità e la qualità del prodotto. Dieci, cento, mille Lamerica, come si<br />
<strong>di</strong>ceva una volta per il Viet Nam...<br />
— Una rivoluzione, insomma.<br />
— Se ne fossimo capaci! A nuotare, in ogni caso, si impara nuotando.<br />
E imparando, si insegna a nuotare. Una scuola <strong>di</strong> cinema, in Calabria,<br />
<strong>di</strong>retta da Amelio. Ecco un bel passo in avanti.<br />
Quarto: non perdere la prospettiva, anzi arricchirla.<br />
— Va bene la sperimentazione, d’accordo sulle sperimentazioni. Ma<br />
secondo quali regole generali, secondo quale piano, quali finalità, obiet‐<br />
tivi, soluzioni prospettiche?<br />
— Tutte le regole, tutti i piani, tutte le finalità, e gli obiettivi e le solu‐<br />
zioni prospettive, tutte, tranne quelle adottate fin qui...<br />
— I salti nel buio sono però sempre pericolosi.<br />
— Nessun salto nel buio. Solo una presa <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza critica ed autocri‐<br />
tica. Un fatto è certo: che se i risultati dello “sviluppo” in Calabria sono<br />
quelli che sono, c’è evidentemente un <strong>di</strong>fetto <strong>di</strong> fondo (che non è un<br />
problema <strong>di</strong> “razza”, s’intende, ma effettivamente storico e politico); e<br />
con questo limite occorre fare i conti con coraggio... La “Altra” Calabria<br />
è in questo senso un’altra, <strong>di</strong>fferente ed opposta Calabria che progettan‐<br />
dosi come nuova, brucia proceduralmente il proprio vecchiume. Di‐<br />
struggere/costruire, Costruire/<strong>di</strong>struggere, per realizzare un’alternativa,<br />
un’alterità, l’altrimenti che non c’è: questo è, probabilmente,<br />
l’atteggiamento mentale più giusto che dovrebbe prendere piede in Ca‐<br />
labria e tra i calabresi in sede e fuori sede.<br />
— Ma non è utopistico?<br />
— No, è quanto <strong>di</strong> più realistico <strong>di</strong> possa pensare. Del resto, a questo<br />
punto, c’è forse ben poco da scegliere: la realtà dell’utopia può essere<br />
una ragionevole soluzione, la “novità” in via <strong>di</strong> ipotesi la più praticabi‐<br />
le... In Lamerica non sono pochi gli spunti sull’utopia. Utopia!<br />
— Forzando la mano? Pestando i pie<strong>di</strong> a qualcuno?<br />
— Basti <strong>di</strong>re: senza perdere la prospettiva, la <strong>di</strong>rezione d’indagine e<br />
la linea <strong>di</strong> un’azione coerente “in vista”, nel presente, dell’Altra Cala‐<br />
bria. Che Lamerica non sia più la Merica per nessuno. Per nessun uomo.<br />
Quinto: valorizzare le “<strong>di</strong>fferenze”, <strong>di</strong>fferenziare i “valori”.
Siamo tutti “albanesi” 137<br />
— Ma da dove incominciare, in concreto? Non è poco, non è assai po‐<br />
co, un film?<br />
— Dalle domande, dai perché, dalle richieste <strong>di</strong> spiegazioni intorno a<br />
ciò che “non va”, e dall’ipotesi <strong>di</strong> motivi razionalmente con<strong>di</strong>visibili ri‐<br />
spetto al “che fare”... In altri termini: se la <strong>di</strong>soccupazione giovanile è un<br />
dato <strong>di</strong> fatto negativo, come la ‘ndrangheta, il sottosviluppo produttivo,<br />
l’analfabetismo <strong>di</strong> “andata” e quello <strong>di</strong> “ritorno”, il caos e<strong>di</strong>lizio nei cen‐<br />
tri urbani e lungo le coste, le <strong>di</strong>sfunzioni nei servizi pubblici, l’incultura<br />
<strong>di</strong> massa e l’imbarbarimento del senso comune, ecc. ecc., allora si tratta<br />
<strong>di</strong> ricercare delle ipotesi <strong>di</strong> soluzione, ben sapendo in partenza che gli<br />
strumenti non possono più essere quelli adoperati fin qui. Gli strumenti<br />
eccezionali che servono...<br />
— Che trovata! Strumenti antidemocratici? Il “realismo socialista”<br />
magari.<br />
— Proprio l’opposto. Purché ci si intenda su che cosa voglia <strong>di</strong>re, sul<br />
serio, democrazia. La quale è tale se non si limita agli astratti aspetti<br />
formali, alle pure e semplici ragioni del “metodo”. Queste sono soltanto<br />
delle con<strong>di</strong>zioni me<strong>di</strong>ante cui agire bene, nell’interesse <strong>di</strong> tutti i citta<strong>di</strong>ni.<br />
Niente <strong>di</strong> più che delle con<strong>di</strong>zioni: ma i contenuti, il merito <strong>di</strong> un’azione,<br />
i vantaggi reali della popolazione, restano il compito principale. Anche<br />
se questo comporta dei costi per tutti.<br />
— Bisogna allora non seguite la corrente, ed andare invece controcor‐<br />
rente, facendo valere il peso dell’opposizione? Si oppone “Lamelio”?<br />
— Non avrei molti dubbi su questo. Nel senso <strong>di</strong> un’opposizione co‐<br />
struttiva.<br />
— Sì, ma come procedere? In quale partito riconoscersi?<br />
— Non sta a me <strong>di</strong>rlo. Anche perché tutti, ciascuno sa come deve,<br />
come dovrebbe comportarsi. Cosa scegliere. In che mettersi in <strong>di</strong>scussio‐<br />
ne.<br />
— Cosa? Come? In che maniera comportarci, insomma?<br />
— Nel modo esattamente opposto a come si comporta: dalle scelte<br />
più importanti a quelle <strong>di</strong> minore significato... Basterebbe questo, per<br />
l’appunto: agire <strong>di</strong>versamente da come si agisce, valorizzare cioè la <strong>di</strong>f‐<br />
ferenza. Che so io: ti va <strong>di</strong> stare solo a pensare ai casi tuoi? Allora unisci‐<br />
ti con quelli che hanno gli stessi problemi, e ragionate assieme sui mo<strong>di</strong><br />
migliori per risolverli. Ti senti libero quanto ti sembra <strong>di</strong> poter fare quel<br />
che ti pare? Allora prova a supporre <strong>di</strong> essere piuttosto, in siffatta situa‐<br />
zione, meno libero che mai. Ti considerano fortunato per il fatto <strong>di</strong> avere<br />
piccoli o gran<strong>di</strong> privilegi rispetto agli “altri” (un lavoro, la casa, un pez‐<br />
zo <strong>di</strong> terra, dei CCT, BOT ecc.)? Allora mettiti in dubbio, guarda pure in
138<br />
Parte seconda – Capitolo settimo<br />
faccia le ragioni della <strong>di</strong>fferente tua fortuna, ed impegnati in un’attività<br />
sociale <strong>di</strong>sinteressata. Ti <strong>di</strong>cono che “privato” è bene, “pubblico” è male?<br />
Non crederci: stu<strong>di</strong>a la <strong>di</strong>fferenza, e agisci <strong>di</strong>versamente che nel tuo per‐<br />
sonale (in<strong>di</strong>vidualistico) interesse. Scopri cioè il senso del collettivo, e i<br />
suoi vantaggi anche per te, al <strong>di</strong> là delle apparenze. Valorizza, come <strong>di</strong>‐<br />
cevo, la <strong>di</strong>fferenza. La <strong>di</strong>fferenza, perfino nel senso <strong>di</strong> sottrazione <strong>di</strong> va‐<br />
lori (negativi), e dunque <strong>di</strong> una possibile, conseguente valorizzazione<br />
(positiva, moltiplicativa) del vivere “qui” ed “ora” <strong>di</strong>versamente, in Ca‐<br />
labria, e nella stessa Merica che cerchiamo.<br />
Sesto: misurare e valutare le sproporzioni nell’“esistere”.<br />
— E lo sviluppo? Come intervenire perché la Calabria trovi una sua<br />
strada per lo sviluppo? Che vuol <strong>di</strong>re sviluppo? Bastasse un film!...<br />
— Ho idee mie, decisamente minoritarie, senza che essa si faccia atti‐<br />
vamente partecipe della lotta al sottosviluppo al suo esterno. Per quanto<br />
paradossale, questo è l’unico modo... Occuparsi degli altri.<br />
— Più che “paradossale”, una strada così, la <strong>di</strong>resti una stranezza...<br />
— Capisco. Ma il mio punto <strong>di</strong> vista è questo: che oggi viviamo in un<br />
mondo sempre più piccolo, dove ciò che avviene in Giappone non è sle‐<br />
gato da quel che non riesce ad accadere in Calabria; un mondo, teatro <strong>di</strong><br />
trasformazioni epocali, organicamente planetarie, nel quale la “questio‐<br />
ne meri<strong>di</strong>onale” ha uno spessore internazionale per così <strong>di</strong>re a portata <strong>di</strong><br />
mano. In tempo reale, assistiamo via satellite, in televisione, ad eventi<br />
mon<strong>di</strong>ali, localizzati, che ci riguardano da vicino anche se lontani mi‐<br />
gliaia e migliaia <strong>di</strong> kilometri (mettiamo in Rwanda o in Sud America,<br />
ovvero nei paesi dell’ex URSS...).<br />
— Per questo, a due passi da noi, c’è la Bosnia. E l’Albania... E allora?<br />
— Orbene, ridotta all’essenziale, la questione è la seguente: le cose<br />
che ci accadono intorno realmente, giorno per giorno, superano qualsiasi<br />
immaginazione. E c’è una sproporzione incre<strong>di</strong>bile, che dovremmo im‐<br />
parare a misurare e a valutare, tra i mezzi (politici, giuri<strong>di</strong>ci, educativi,<br />
ecc.) che solitamente adoperiamo, e i problemi che abbiamo <strong>di</strong> fronte.<br />
Anche l’ONU dovrebbe avere ben altra funzione...<br />
— Rica<strong>di</strong>amo nell’utopia?<br />
— No, l’utopia non c’entra. E’ il nostro vivere quoti<strong>di</strong>ano che risulta<br />
così compromesso, irrime<strong>di</strong>abilmente compromesso. Non può esserci<br />
“qualità della vita”, per nessuno, <strong>di</strong> fatto, se tutti, <strong>di</strong>co tutti, continuiamo<br />
ad essere invischiati, giorno dopo giorno, nella logica del mantenimento
Siamo tutti “albanesi” 139<br />
degli aleatori vantaggi provenienti dalla “storia”, senza porci con urgen‐<br />
za il problema <strong>di</strong> una prospettiva politica altra...<br />
— E la Calabria, che c’entra la Calabria?<br />
— C’entra, eccome se c’entra. Perché le ragioni del sottosviluppo so‐<br />
no le medesime del non‐sviluppo, e perché ‐ come <strong>di</strong>cevo ‐ tra l’essere<br />
della situazione sociale calabrese e il suo dover essere c’è una spropor‐<br />
zione immensa: ed è della stessa natura, fatte salve tutte le <strong>di</strong>fferenze, <strong>di</strong><br />
quella che si riscontra nei molti e vari “Sud del mondo”. Ragion per cui,<br />
una Calabria che facesse costruttivamente propria l’ottica del mutamen‐<br />
to, misurando e valutando le sproporzioni esistenti tra gli obiettivi<br />
mon<strong>di</strong>ali umani da raggiungere subito in ogni luogo (compresa la Cala‐<br />
bria), e le strumentazioni inadeguate <strong>di</strong>sponibili, questa Calabria, nel la‐<br />
vorare per gli altri lavorerebbe più che mai per se stessa. Nell’intervenire<br />
nella sequenza delle cose da fare, imme<strong>di</strong>atamente, per le popolazioni<br />
“che stanno peggio” (sempre più presenti in Italia, in Europa e nelle aree<br />
“avanzate” del pianeta), svolgerebbe, la Calabria, un esercizio <strong>di</strong> proget‐<br />
tualità e concretezza <strong>di</strong> tutto rispetto, che varrebbe ad emanciparla oltre<br />
ogni attesa... Una Calabria‐laboratorio per il Terzo Mondo e per sé; una<br />
Calabria “pedagogica” ed “autopedagogica”: potrebbe essere un’idea<br />
vincente!<br />
Settimo: non rubare (e, se lo si fosse fatto, recuperare il mal tolto).<br />
— E i calabresi, nei loro rapporti reciproci? Amelio ci è stato tolto, ru‐<br />
bato.<br />
— Non vedrei alcuna apprezzabile soluzione <strong>di</strong> continuità. Se si trat‐<br />
tano i propri simili non come mezzi per altri scopi, ma come lo scopo<br />
della nostra azione, allora non avrei alcun dubbio: ciascuno <strong>di</strong> noi, nei<br />
suoi limiti e nel suo raggio d’azione quoti<strong>di</strong>ana, non può che mettersi<br />
nella posizione <strong>di</strong> chi dà, non da chi prende. Come Amelio. Ci dà tanto,<br />
Amelio.<br />
— Vuoi <strong>di</strong>re che è dall’altruismo, che comincia il riscatto della Cala‐<br />
bria?<br />
— Sì, in qualche modo: ma avendo anche chiaro che la cosa non ha<br />
niente a che fare con l’umanitarismo generico, né con l’egoismo truccato<br />
<strong>di</strong> chi vuol semplicemente sentirsi buono la domenica per avere una<br />
chance in più per salvarsi l’anima... Nessun “voto <strong>di</strong> scambio” con il pa‐<br />
dreterno: piuttosto una necessità tecnica, sul piano del vivere associato.<br />
La realizzazione <strong>di</strong> un concretissimo progetto politico...
140<br />
Parte seconda – Capitolo settimo<br />
— Significa che senza pensare ad agire per gli altri, prima che per noi<br />
stessi, non ne usciamo? Sarebbe questa la “politica”?<br />
— Proprio così. E bisognerebbe inventare dei misuratori sociali, dei<br />
termometri della temperatura collettiva dei nostri comportamenti e delle<br />
nostre scelte in<strong>di</strong>viduali socializzabili. Il che non vuol <strong>di</strong>re che questo<br />
debba essere stabilito una volta per tutte, a priori, e burocraticamente<br />
amministrato e somministrato. Significa, invece, proporsi <strong>di</strong> vivere se‐<br />
condo un’altra <strong>di</strong>mensione elementarmente più umana; significa decide‐<br />
re un’inversione <strong>di</strong> tendenza, secondo le <strong>di</strong>rettrici <strong>di</strong> un progetto <strong>di</strong> of‐<br />
ferta <strong>di</strong> servizio; rompere il cerchio dell’etica dell’opportunità (che apre<br />
agli opportunismi), attingere alle novità realmente vantaggiose per la<br />
comunità... Dicevamo Lamerica...<br />
— Essere onesti, non rubare...<br />
— No, non ci siamo: l’essere onesti, il non rubare (e magari restituire<br />
alla società il maltolto) non può essere un “fine” <strong>di</strong> cui appagarsi. È<br />
semmai il presupposto, la pre‐con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> un obiettivo ben più alto da<br />
perseguire... Tangentopoli, qualora scoppiasse in Calabria, sarebbe certo<br />
un fatto positivo: come è positivo l’ossigeno per lo stare in vita. Ma poi?<br />
Se usiamo bene o male il nostro “stare in vita”, a vantaggio <strong>di</strong> chi e <strong>di</strong><br />
che cosa, per quali finalità, ecc., questo è un altro <strong>di</strong>scorso. Si tratta <strong>di</strong><br />
avere degli scopi, un <strong>di</strong>segno, un itinerario da percorrere insieme, verso<br />
un “dove” cui pervenire.<br />
Ottavo: immaginare, ragionare, agire, collettivamente.<br />
— Un “<strong>di</strong>segno” che deve essere pensato, eseguito, da chi?<br />
— Da ciascuno e da tutti. Facendo un esempio “alto”, Amelio. Però<br />
non basta.<br />
— Ma non è astratto rispondere così?<br />
— Certo, è astratto. Ma potrebbe non esserlo. Basterebbe organizzar‐<br />
si...<br />
— E allora? Non <strong>di</strong>rmi che basta proiettare un film su un lenzuolo...<br />
— Non ho molte cose da <strong>di</strong>re. Come in<strong>di</strong>vidui non si può poi fare<br />
granché.<br />
— Però restano le idee... Restano i progetti e i tentativi <strong>di</strong> realizzarli.<br />
— Per quello che possono valere, indubbiamente sì. È un ritornello<br />
che conosciamo tutti e ciascuno, ma che si canticchia poco o niente. Ep‐<br />
pure è da qui che dovremmo incominciare: dall’immaginare, dal ragio‐<br />
nare, dall’agire collettivamente... Le nuove tecnologie dovrebbero servi‐<br />
re proprio a questo: a garantire che si possa in qualche modo comunica‐
Siamo tutti “albanesi” 141<br />
re gli uni con gli altri, e <strong>di</strong>alogare, <strong>di</strong>scutere, decidere, come una volta si<br />
riusciva in parrocchia, in sezione, al bar o passeggiando per strada... Di‐<br />
cevi il film sul lenzuolo. Ebbene sì, vedessero tutti Lamerica in piazza, e<br />
lo <strong>di</strong>scutessero in piazza con Amelio...<br />
— In piazza, nell’Agorà, come nell’Atene dei tempi <strong>di</strong> Socrate?<br />
— In un certo senso, ma cambiando tutte le cose che da allora ad oggi<br />
sono da cambiare... in termini <strong>di</strong> leggi, <strong>di</strong> regole sociali. Di storia.<br />
— Vedo molte <strong>di</strong>fficoltà, sento nuovamente odore <strong>di</strong> utopia, mi sem‐<br />
brano idee talmente velleitarie.<br />
— Ambiziose, certamente ambiziose, ma non “fuori dal mondo”. La<br />
Calabria, per essere un laboratorio dello sviluppo, deve farsi carico delle<br />
<strong>di</strong>scussioni sulle gran<strong>di</strong> questioni <strong>di</strong> principio su “libertà” e “giustizia”.<br />
— Prendere o lasciare: o l’una o l’altra. “Sociale” contro “in<strong>di</strong>vidua‐<br />
le”.<br />
— Sì, in un certo senso. Prendere o lasciare. O una vita collettiva, se‐<br />
riamente collettiva, con la partecipazione critica essenziale della gran<br />
massa dei calabresi per decidere dei contenuti e delle forme del proget‐<br />
to, oppure la situazione attuale. Che non piace.<br />
— No, non piace. Non può piacerci: troppe false libertà, troppi arbitri.<br />
— Eppure si trascina. La trasciniamo, questa situazione, quasi per i‐<br />
nerzia.<br />
— Va sempre peggio, vuoi <strong>di</strong>re.<br />
— Mah! C’è Lamerica <strong>di</strong> Amelio. Partiamo da qui.<br />
Nono: coltivare la critica, anche se non ha “mercato”.<br />
— Allora non c’è speranza? Nel film <strong>di</strong> Amelio c’è tanta <strong>di</strong>sperazio‐<br />
ne...<br />
— Non è questione <strong>di</strong> “speranza”. È che non si deve perdere la busso‐<br />
la: e, anche se si può essere frastornati per questo o quell’altro motivo<br />
“sociale” e in qualche misura “<strong>di</strong> senso comune”, non smettere <strong>di</strong> ragio‐<br />
nare. Mai svendere le proprie idee, posto che siano idee. Aprirsi a tutti i<br />
confronti, a tutte le verifiche, a tutte le “sperimentazioni” ‐ ma, anzitutto,<br />
dall’interno degli ipotetici “punti fermi”; non dall’esterno, previa rinun‐<br />
zia a pensare con la propria testa. In ogni caso, Lamerica non è solo <strong>di</strong>‐<br />
sperazione. È riflessione critica.<br />
— Che vuol <strong>di</strong>re “pensare con la propria testa”?<br />
— Vuol <strong>di</strong>re per l’appunto: coltivare la critica; sempre e comunque<br />
non cessare <strong>di</strong> essere critici, ipercritici: anche se, provvisoriamente, della<br />
tua merce non c’è “domanda”, e l’”offerta” entra in crisi <strong>di</strong>... sottopro‐
142<br />
Parte seconda – Capitolo settimo<br />
duzione (con tutte le conseguenze). Mettersi in <strong>di</strong>scussione. Autocriti‐<br />
carsi...<br />
— Ma critica, in ultima analisi, che significa “critica”? Che c’entra<br />
questo <strong>di</strong>scorso con la questione dello “sviluppo” in Calabria? Non ti<br />
pare che così usciamo fuori tema?<br />
— Tutt’altro. Qui siamo, invece, esattamente al cuore del problema.<br />
Che è quello della “recensione”, del recensire la Calabria, del guardarvi<br />
e dal guardarci dentro (dall’interno e dall’esterno) con la massima atten‐<br />
zione. Per l’appunto, un’attenzione critica, un interrogare noi stessi,<br />
un’obiezione infinita.<br />
— Ma come procedere, da dove incominciare? Dalla “lotta <strong>di</strong> classe”?<br />
— Le strade “tecniche”, com’è ovvio, possono essere più d’una, tante.<br />
Ciò che più serve è però un atteggiamento morale, un entusiasmo della<br />
volontà, una capacità <strong>di</strong> autolimitazione, riassumibile nella massima:<br />
“Spendere del proprio, per l’Altra Calabria”. Almeno come Amelio.<br />
— Spendere del proprio? Amelio spende del proprio, per noi?<br />
— Sì, in competenza e in umanità, ancora prima che in danaro...<br />
— Sembri un pre<strong>di</strong>catore. Il tuo è un ragionamento <strong>di</strong> tipo religioso.<br />
— Può darsi. Solo che io non mi aspetto <strong>di</strong> salvare l’anima. Per me,<br />
questa è puramente e semplicemente la politica. Un’alta politica, non la<br />
sola amministrazione dell’esistente. Governare vuol <strong>di</strong>re spingere la Ca‐<br />
labria verso il mondo, e l’una e l’altro verso mete collettive elevate, deci‐<br />
samente finalizzate alla ra<strong>di</strong>calità del cambiamento politico, sociale, esi‐<br />
stenziale. Facendo delle scelte. Come Amelio.<br />
Decimo: guarda avanti, “Non pigolare!”. Rileggiamo Makarenko, ri‐<br />
ve<strong>di</strong>amo “Lamerica”!<br />
— Per realizzare che cosa, in ultima analisi: la Diaspora? “Lamerica”?<br />
— Un nuovo modo <strong>di</strong> pensare, <strong>di</strong> agire, <strong>di</strong> vivere nell’Altra Calabria...<br />
— Siamo alle solite utopie, non si capisce <strong>di</strong> che parli. Sembri un ufo.<br />
— Perché tu li hai conosciuti, gli ufo? Se nemmeno riconosci Amelio...<br />
— Voglio <strong>di</strong>re che mi sembri provenire da un’altra realtà, che il tuo<br />
modo <strong>di</strong> vedere non è mai esistito, non esiste e non esisterà mai!<br />
— Sbagli. Nel mio lavoro non faccio che occuparmene: e me ne occu‐<br />
po per quel che mi riesce, operando sì a Roma, ma avendo come Amelio<br />
la Calabria per la testa.<br />
— Cioè? L’Altra Calabria, la Diaspora o che cosa ancora, l’Est euro‐<br />
peo, l’ex URSS, forse? Il pianeta Terra?
Siamo tutti “albanesi” 143<br />
— Non è facile da spiegare; ma voglio provarci, facendoti una propo‐<br />
sta: leggiamo anche qui in Calabria, insieme, lo stesso libro che ho letto<br />
l’anno scorso, che sto leggendo quest’anno, e che rileggerò l’anno ventu‐<br />
ro: cioè a <strong>di</strong>re il Poema pedagogico <strong>di</strong> Anton Semënovič Makarenko...<br />
Discutiamone l’intreccio, le situazioni, gli imperativi: a cominciare dal<br />
“Non pigolare!”, in cui si condensa tutta una visione della vita, davvero<br />
degna <strong>di</strong> attenzione. Guarda avanti, “Non pigolare!”, rileggiamo Maka‐<br />
renko! E rian<strong>di</strong>amo al cinema a rivedere Lamerica. Chissà che non si ca‐<br />
pisca tutti qualcosa <strong>di</strong> noi stessi, <strong>di</strong> più...
Biblio‐filmografia<br />
AMATO P. e PUGLIESE O., Il Sud <strong>di</strong> Umberto Zanotti Bianco. L’immagine e l’in‐<br />
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AMELIO GIANNI, «Il Messaggero», 18 marzo 1983.<br />
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Messaggero», 18 marzo 1983. (Per qualche riscontro obiettivo dei giu<strong>di</strong>zi su<br />
riportati, cfr. i risultati <strong>di</strong> alcune recentissime inchieste giornalistiche sui<br />
giovani e i “valori” su «Il Messaggero», «la Repubblica», «Il Tempo»,<br />
«l’Unità » dell’aprile 1983; e, prima, quanto rilevato nell’ambito delle ricer‐<br />
che <strong>di</strong> Quale società, e registrato nell’omonima rubrica <strong>di</strong> «Scuola e Città».<br />
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102, 149, 158.<br />
AMELIO GIANNI, Colpire al cuore, Enzo Porcelli con la collaborazione <strong>di</strong> Enea Fer‐<br />
rario per la RAI TV ‐ Rete Uno/Antea Cinematografica, Italia, 1982, dramma‐<br />
tico, 105 min.<br />
AMELIO GIANNI, Il ladro <strong>di</strong> bambini, Produzione: Angelo Rizzoli per Erre Produ‐<br />
zioni (Roma), coproduzione: Arena Films (Parigi) con la collaborazione <strong>di</strong><br />
Vega Film (Zurigo) e RAI TV ‐ Rete Due, produttore esecutivo: Enzo Porcelli<br />
per Alia Film, Italia, 1992, drammatico, 114 min.<br />
AMELIO GIANNI, I ragazzi <strong>di</strong> via Panisperna, Conchita Airol<strong>di</strong> e Dino Di Dionisio<br />
per Urania Film s.r.l./RAI TV ‐ Rete Uno, produttore RAI: Giovanna Genoe‐<br />
se, coproduttore: Betafilm (München), Italia, 1988, drammatico, 123 min.<br />
AMELIO GIANNI, La città del Sole, produzione: Fabrizio Lori e Attilio D’Amico per<br />
Arsenal Cinematografica s.r.l. / I.F.C. International Film Company s.p.a./RAI<br />
TV Programmi Sperimentali, Italia, 1973, storico, 85 min circa.<br />
AMELIO GIANNI, La fine del gioco, Tommaso Dazzi per Dazzi & Sagliocco Film<br />
s.r.l. / RAI TV, Italia, 1970, drammatico, 60 min.<br />
AMELIO GIANNI, Lamerica, produzione: Mario e Vittorio Cecchi Gori per Cecchi<br />
Gori Group Tiger (Roma), coproduzione: Bruno Pesery per Arena Films (Pa‐<br />
rigi) con la collaborazione <strong>di</strong> Vega Film (Zurigo) e RAI TV ‐ Rete Uno, Italia,<br />
1994, drammatico, 135 min.<br />
AMELIO GIANNI, La terra è fatta così, produzione: Nicola Conticello per N. C. Pro‐<br />
duzioni, Italia, 2000, documentario, 54 min.<br />
AMELIO GIANNI, Porte aperte, produzione: Angelo Rizzoli per Erre Produzio‐<br />
ni/Istituto Luce/Urania Film, in collaborazione con la RAI TV – Rete Due,<br />
produttori esecutivi: Conchita Airol<strong>di</strong> e Dino Di Dionisio, Italia, 1989,<br />
drammatico, 108 min.<br />
EKK NICOLAJ, Il cammino verso la vita, , URSS, 1931, drammatico, 122 min., B/N.<br />
HOBBY & WORK ITALIANA EDITRICE/BBC, Inferno. Eruzioni vulcaniche, Terremoti e<br />
Fuoco. I Terremoti, 1998‐1999, durata 50 min., colore.
Biblio‐filmografia 149<br />
RENOIR JEAN, Verso la vita, Francia, 1936, drammatico, 90 min., B/N.<br />
REYNOLDS KEVIN, Robin Hood principe dei ladri, USA, 1991, avventura, 147 min.,<br />
colore.<br />
VIGO JEAN, Zero in condotta, Francia, 1933, produttore J.L. Nounez, comme‐<br />
<strong>di</strong>a/drammatico, 41 min., B/N.
ABBAGNANO MARIANNE TAYLOR, 69<br />
AGNOLETTI ENZO ENRIQUES, 20, 146<br />
ALCARO MARIO, 19, 47<br />
ALCARO PASQUALE, 19<br />
AMELIO GIANNI, XI‐XII, XV, XVI,<br />
XVII, XX‐XXVI, XXVIII, XXX‐<br />
XXXIX, 3, 5‐9, 11‐13, 15, 16, 25‐58,<br />
62‐77, 79, 81, 83‐87, 89, 91, 93, 95‐<br />
98, 101‐112, 114‐116, 119‐123,<br />
125‐131, 133‐136, 139‐142, 145‐<br />
149<br />
ANDREOTTI GIULIO, 19<br />
ANTONIONI MICHELANGELO, 17, 28,<br />
35, 46, 50, 53, 58, 72, 77<br />
ANZANI CARMEN, 54<br />
ANZANI GIANNI, 53<br />
ARGAN CARLO GIULIO, 69, 91<br />
ARISTARCO GUIDO, XXIII, XXXV, 15,<br />
38, 45, 51, 57, 58, 63, 74, 79, 82, 91,<br />
119<br />
BACHTIN MICHAIL MICHAJLOVIČ, 34,<br />
73, 76, 102<br />
BACONE FRANCESCO, 105<br />
BALESTRAZZI C., 49<br />
BENEDETTI NORA, 125<br />
BERGMAN ERNST INGMAR, 46, 53, 96<br />
BERLINGUER ENRICO, 91<br />
BERTOLUCCI BERNARDO, 28, 35, 55,<br />
72, 75, 76<br />
BEVILACQUA PIERO, 19, 44, 47, 52<br />
BO F., 3, 6<br />
BONCORI GIUSEPPE, 121<br />
BORELLI MARIA, 19<br />
BOSSI UMBERTO, 19<br />
BRUGIAMOLINI F., 37, 147<br />
BRUNO GIORDANO, 105<br />
BUÑUEL LUIS, 28<br />
BUTTAFAVA G., 7, 145<br />
In<strong>di</strong>ce dei nomi<br />
CALVINO ITALO, 128<br />
CAMPANELLA TOMMASO, XXIV, 20,<br />
70‐72, 76, 102, 105<br />
CANNAS VALERIA, 133, 148<br />
CAPELLI L., 37, 147<br />
CAPELLUPO PASQUALE, 97, 101, 119,<br />
125<br />
CAPRARA VALERIO, 41<br />
CAPULLI E., 46<br />
CASTELLANI RENATO, XXIII, 20‐22,<br />
38<br />
CASTIGLIA LAURA, 121<br />
CATIZONE ANNAMARIA, 125<br />
CAVANI LILIANA, XXIV<br />
CHAPLIN CHARLIE, 75, 91, 129<br />
CIANGOTTINI VALERIA, 50<br />
CIMIGLIANO NINO, 19<br />
CITRINITI LUISA, 13<br />
CITRINITI VINCENZO, 19<br />
COLACI LINA, 125<br />
CORRADINI DOMENICO, 147<br />
COSTANTINI C., 6, 145<br />
COSTNER KEVIN, XXXII, 15‐17, 19, 22<br />
COSULICH CALLISTO, 97, 101, 119<br />
CURTIZ MICHAEL, 19<br />
DAGA GIGI, 19<br />
D’AGOSTINI P., 8, 145<br />
DʹARCANGELI MARCO, 37, 58<br />
DE CARO ENZO, 33<br />
DE CHALONGE CHRISTIAN, 33<br />
DE GREGORI FRANCESCO, 57<br />
DE MITA CIRIACO, 107<br />
DE SANTIS GIUSEPPE, 35<br />
DE SETA VITTORIO, XXIV, 20, 38<br />
DE SICA VITTORIO, 25, 28, 35, 46<br />
DE VINCENTI GIORGIO, 97, 98, 101,<br />
119
152<br />
DEWEY JOHN, 43, 44, 102<br />
DI MARIO PATRIZIA E SILVIA, 44<br />
DI MAURO DANTE, 62<br />
DONINI ROBERTO, 58<br />
DONZELLI MARIA, 13, 47, 52<br />
DOSTOEVSKIJ FЁDOR MICHAJLOVIČ,<br />
76<br />
ECO UMBERTO, 69<br />
EKK NIKOLAI, XXVI, 148<br />
FALASCHI G., 44<br />
FEDERICO EMILIO, 77<br />
FELLINI FEDERICO, 28, 35, 49, 50<br />
FERRERO ANNA MARIA, 57<br />
FERRETTI G.C., 44<br />
FIORENZA GABRIELLA, 47<br />
FLYNN ERROL, 18, 22<br />
FOFI GOFFREDO, 49, 57<br />
FRANCO FULVIA, 18<br />
FRENCH HAROLD, 19<br />
FREZZA ANDREA, XXIV<br />
FURRIOLO M., 44<br />
GABELLI S., 37, 147<br />
GALIANO E., 13, 17, 40, 145, 146<br />
GALILEI GALILEO, 105<br />
GARIN EUGENIO, 43, 47, 58, 69, 77<br />
GASPARINI L., 62, 145<br />
GERRATANA VALENTINO, 47<br />
GHINI ERICA, 37, 39<br />
GIANNELLA F., 56<br />
GIOIA CLAUDIA, 50<br />
GIULIANO ALFREDO, 145<br />
GIUSTI MARCO, 112<br />
GOBBI ANNA, XXIV<br />
GOBETTI NORMAN, 112<br />
GOBETTI PIERO, XXIV<br />
GORBAČЁV MICHAIL, 39<br />
GRAMSHI ANTONIO, 31<br />
GRASSI GIOVANNA, 46, 64<br />
GREGORETTI UGO, 24, 46, 71<br />
GRUPPI NICOLETTA, 22<br />
In<strong>di</strong>ce dei nomi<br />
GUBITOSI CLAUDIO, 41<br />
GULLÌ SALVATORE, 125<br />
HITCHCOCK ALFRED, 35, 46<br />
HOLT JAMES C., 22, 145<br />
IERVASI ANNA, 125<br />
JERACITANO GIUSEPPE, 52, 61, 99<br />
JERVOLINO ROSA RUSSO, 59<br />
KANEVSKIY VITALI, 39<br />
KANT IMMANUEL, 105<br />
KEIGHLEY WILLIAM, 19<br />
KEZICH TULLIO, 28, 64<br />
KUBRICK STANLEY, 112<br />
LABRIOLA ANTONIO, 43, 69‐71, 73,<br />
74, 77, 102, 121, 147<br />
LEDDA QUIRINO, 20<br />
LEVATO ALBINO, 56<br />
LOMBARDI TOTTONNO, 45<br />
LOREN SOFIA, 38<br />
LUPIA SERAFINO, 97, 101, 119<br />
MACRI MARISA, 47<br />
MAFFETTONE A., 42, 148<br />
MAIDA SANNO, 20<br />
MAKARENKO ANTON SEMËNOVIČ,<br />
XI, XII, XXVI, XXXVIII, 102, 121‐<br />
123, 142, 143, 146<br />
MALVEZZI PIERO, 20, 38, 146<br />
MANCINO ANTON GIULIO, 57<br />
MANERA D., 58<br />
MANGANO SILVANA, 38<br />
MARIANNI ARIODANTE, 110, 148<br />
MAROTTA GIUSEPPE, 36, 50, 69, 77<br />
MARTINI EMANUELA, XXVIII, 146<br />
MARULLO N., 44<br />
MASTROIANNI GIOVANNI, XXIII, 13,<br />
42, 47, 49, 58, 69, 76, 77, 119<br />
MASTROIANNI MARCELLO, 38<br />
MAZZA FRANCESCO, 84‐86, 121
MEDOLLA ELISA, 133, 148<br />
MELLACI EMILIA, 125<br />
MEREGHETTI PAOLO, 64<br />
MESSINA ROBERTO, 133, 145<br />
MIGLIACCIO GIANFRANCO, 19<br />
MONICELLI MARIO, 28, 57<br />
MONTALE EUGENIO, 110, 148<br />
MORANTE ELSA, 36, 44<br />
MORI A.M., 9, 31, 146<br />
MUGHINI GIAMPIERO, 45<br />
MURDOCCA ANNAMARIA, 58<br />
MUSSO MARIA PIA, XXII, 101, 115,<br />
120, 121, 146, 147<br />
MUSTARI CARMINE, 125, 146<br />
NARDI TONINO, 76<br />
NISTICÒ GIANPIERO, 19<br />
NYKVIST SVEN, 76<br />
OLDRINI GUIDO, 47<br />
OLMI ERMANNO, 96<br />
ORSOMARSO VINCENZO, 133, 148<br />
ORWELL GEORGE, 76<br />
PAGGI LEONARDO, 6, 146<br />
PANETTA UGO, 125<br />
PAPALEO ENZO, 13, 50, 52, 53, 75<br />
PAPARAZZO AMELIA, XXXVII, 17<br />
PAPARAZZO FRANCA , 13<br />
PASOLINI PIER PAOLO, XXI, 28, 35,<br />
44, 46, 113, 146, 153<br />
PEIRCE GUALTIERO, 33, 146<br />
PELLICANÒ C., 33<br />
PETRAGLIA S., 49<br />
PICCARDI A., 37<br />
PIETRO PISARRA, XXIII, 9, 10, 31, 146<br />
PILEGGI LUIGINA, 125, 146<br />
PIRELLI GIOVANNI, 20, 38, 146<br />
PISANI ANDREA, 30<br />
PLACANICA AUGUSTO, 47, 105<br />
PLACIDO MICHELE, 38<br />
PONTIGGIA GIUSEPPE, 121, 131<br />
PORPORATI ANDREA, 36<br />
In<strong>di</strong>ce dei nomi 153<br />
PRESTIPINO GIUSEPPE, 47<br />
PRETI GIULIO, 69<br />
PROCOPIO FEDERICO, XXIII, 13, 42,<br />
119<br />
PROVENZANO ROSA, 125<br />
PUCCINI GIANNI, XXIV<br />
PUGLIESE ORAZIO, 106, 145<br />
QUENEAU RAYMOND, 54<br />
RAFFAELLI GUIDO, XXXV, 13<br />
RAPEX ALDO, 13<br />
RAPHAEL FREDERIC, 1142, 146<br />
RAVERA L., 37<br />
REITHERMAN WOLFGANG, 19<br />
RENDE MICHELE, 21<br />
REYNOLDS KEVIN, XXXII, XXXIII, 15‐<br />
17, 22, 53, 149<br />
RIPEPE EUGENIO, 19<br />
RIVERA A., 52<br />
RIZZO TERESA, XV, 125, 127<br />
RODARI GIANNI, 126<br />
RONDI GIAN LUIGI, 50<br />
ROSSELLINI ROBERTO, 28, 35, 56<br />
ROSSI STUART KIM, 131<br />
ROUSSEAU JEAN JACQUES, 3, 4, 146<br />
RULLI STEFANO, 49<br />
SAMÀ ANTONIO, 47<br />
SANTOPOLO FRANCO, 20, 44<br />
SANZO ALESSANDRO, XXII, 101, 115,<br />
120, 121, 146, 147<br />
SARTORELLI AUGUSTO, 59<br />
SARTRE JEAN PAUL, 113<br />
SCALFARO C., 44<br />
SCALZO DOMENICO, XI, XII, XXVI,<br />
79, 84‐86, 95, 97, 101, 107, 109,<br />
114, 115, 119, 120, 121, 125, 126,<br />
133, 146‐148<br />
SCHELOTTO GIANNA, 48<br />
SCHIPANI MARIA, 125<br />
SCHOPENHAUER ARTHUR, 71<br />
SCIASCIA, XV, XXV, 36, 129, 147
154<br />
SCORDIA GIOVANNI, 88, 91<br />
SCORZA CARMELA, 83<br />
SESTI MARIO, 51<br />
SICILIANI DE CUMIS NICOLA, XI, XII,<br />
XV, XXVIII, XXX, XXXIII,<br />
XXXIV, XXXVII‐XXXIX, 15, 17,<br />
22, 34, 55, 60, 65, 79, 99, 105, 116,<br />
118, 125, 131, 146‐148<br />
SICILIANI LUIGI, 105<br />
SIRIANNI BRUNO, 20<br />
SOCI E., 42, 148<br />
SPADAFORA GIUSEPPE, 47, 82<br />
STEVENS GORGE, 96<br />
STRADA VITTORIO, 47<br />
SUPRUIELLE JULES, 33<br />
TADDEI FEDERICA, 55<br />
TELESIO BERNARDINO, 105<br />
TETI RAFFAELE, 19<br />
THOMAS DYLAN, 109‐112, 148<br />
TINTI GABRIELE, 18<br />
TOMASSETTI TANIA, 133, 148<br />
TONTI ALDO, 76<br />
TORNABUONI L., 31, 52, 148<br />
TOTÒ, (ANTONIO DE CIRTIS), 28, 57<br />
TURNATURI GABRIELLA, 22<br />
VALENTINI MARIA PIA, 58<br />
VECA SALVATORE, 47<br />
VIGO JEAN, XXVI, 28, 35, 149<br />
VISCONTI LUCHINO, 12, 28, 35, 46,<br />
103, 104<br />
VITALE ARMANDO, 125,<br />
VITALE DINO, 19<br />
VITALE MILLY, 18<br />
VOLONTÈ GIAN MARIA, XIX<br />
WILDE OSCAR, 77<br />
YUNUS MUHAMMED, 102, 121<br />
ZANGOLINI FABRIZIO, 39<br />
ZANOTTI BIANCO UMBRTO, 105<br />
In<strong>di</strong>ce dei nomi<br />
ZAVATTINI CESARE, 30, 36, 46, 126<br />
ZAVOLI SERGIO, 56
Abbandono, XVI, XVII, XXI, 10, 45,<br />
47.<br />
Acqua, 35, 54, 56, 57, 77, 133.<br />
Adulti, XXIX, XXX, XXXVI, XXXVII,<br />
31, 33, 35, 48, 69, 70, 74, 75, 129.<br />
Adulto, XVI, XVII.<br />
Alunni, 120, 132.<br />
Amicizia, XV, XVII, XXII, XXX,<br />
XXXII, XXXVII, 21, 35, 43, 45, 53,<br />
77, 82, 95, 99, 109.<br />
Amico, III, IV, XV, XX, XXV, XXX,<br />
XXXIV, XXXVII, 6, 18, 25, 26, 34,<br />
35, 54, 59, 62, 97, 98, 125, 130.<br />
Antipedagogia, XXX, XXXV, XXXVII,<br />
30, 57, 75, 104, 130, 136, 147.<br />
Autobiografia, XXXIII, XXXV,<br />
XXXVII, 29, 35, 51, 72, 88.<br />
Autocritica, XVI, XXXVII, 38, 138.<br />
Autore, XI, XXXVIII, 5‐8, 13, 27, 29,<br />
34, 35, 37, 39, 44, 46, 49, 52, 53, 55,<br />
65, 67, 69, 70, 76, 85, 87, 97, 99 100,<br />
101, 105, 122, 130, 131.<br />
Bambini, VII, VII, XII, XV‐XVII, XXV,<br />
XXVII, XXX‐XXXIV, XXXVI, 15,<br />
16, 19, 20, 22, 23, 25, 26, 28‐62, 69,<br />
70, 72, 74‐77, 79, 82, 92, 98, 100,<br />
101, 103, 105, 106, 111, 112, 115,<br />
118‐123, 127, 129, 131, 132.<br />
Bambino, XIII, XVI‐XVIII, XXII, XXIV,<br />
XXIX, XXXI‐XXXIV, XXXVII, 3‐5,<br />
8, 18, 25, 39, 47, 48, 53, 69, 70, 74,<br />
75, 82, 100, 101, 112, 113, 118, 119,<br />
128, 130, 131.<br />
Cambiamento, XVII, XIX, XXVII,<br />
XXIX, XXX, 81, 144.<br />
In<strong>di</strong>ce delle tematiche ricorrenti<br />
Capolavoro, 25, 27, 30, 34, 35, 44, 65,<br />
66.<br />
Cinema, III, IV, XI‐XII, XV, XVI, XXI‐<br />
XVI, XXIX, XXX, XXXII‐XXXVI,<br />
XXXVIII, XXXIX, 6, 8, 9, 13, 15‐20,<br />
23, 25‐31, 34‐38, 41‐53, 55‐62, 65‐<br />
67, 70‐76, 78, 79, 81, 85‐87, 89, 93,<br />
94, 97‐100, 103‐106, 111, 113, 114,<br />
116‐118, 121‐124, 127, 129‐133,<br />
136‐138, 145.<br />
Critica, XV, XXIII, XXXIII, 9, 17, 25,<br />
29, 30, 32, 33, 35, 38, 41, 43, 45, 48,<br />
51, 53, 56, 57, 60, 70, 76, 87, 103,<br />
104, 121, 138, 143.<br />
Dialetto, 39, 40, 91.<br />
Dialogo, XVII, XXVIII, XXXII,<br />
XXXVIII, 29, 41, 53, 75, 113, 119,<br />
135.<br />
Didattica, XXXVII, 6, 9, 30, 35, 40, 52,<br />
63, 104, 124, 127, 129.<br />
Didattico, XXX, 26, 37, 52, 65, 78, 131.<br />
Differenza, XVI, XXVII, XXXII, 5, 15,<br />
23, 25, 27, 44, 45, 52, 72, 83, 85, 90,<br />
114, 129, 139, 140.<br />
Disagio, XVI, 10, 16.<br />
Discontinuità, 21, 44.<br />
Diverso, XX, 7, 20, 34, 66, 69, 81, 85,<br />
88, 110, 112, 133.<br />
Educativo, XV, 27, 37, 39, 41, 44, 51,<br />
57, 65, 87, 127.<br />
Educazione, XI, XII, XV, XXV, XXX,<br />
XXXIII, XXXVII, XXXIX, 27, 30, 35,<br />
37, 38, 43, 49, 50, 59, 62, 75, 81, 83,<br />
87, 88, 90, 104, 105, 108, 123, 130,<br />
136, 137.
156<br />
Emigrazione, XXI, 9, 56, 66, 104, 110,<br />
111.<br />
Eroe, 15, 16, 22, 100, 124.<br />
Esperienza, XI, XII, XIX, XXIII, XXXII,<br />
XXXV, XXXVIII, 10, 45, 53, 59, 62,<br />
67, 75, 78, 86, 87, 99, 104, 121, 122,<br />
129, 131, 135‐137.<br />
Esperienze, XI, XII, XXVII, XXVIII,<br />
XXII, XXXIII, 10, 26, 42, 43, 46, 74,<br />
87, 91, 123, 130.<br />
Fantasia, 13, 16, 26, 56, 112, 128, 133.<br />
Figlio, XVI, XX‐XXII, XXXII, XXXIII,<br />
XXXVI, XXXVII, 3‐6, 15, 18, 28, 41,<br />
48, 59, 61, 62, 74, 82, 86, 87, 90, 109,<br />
111, 112, 114, 115, 120, 121, 147.<br />
Finale, XXXVI, 30, 34, 35, 39, 50, 51,<br />
74, 82, 88, 100, 101, 118, 119.<br />
Fuga, XXVI, XXVIII‐XXX, XXXII, 45,<br />
47, 73, 78.<br />
Gioco, XVI, XVII, XXI, XXII, XXIV,<br />
XXVI‐XXX, XXXVI‐XXXVIII, 3, 7,<br />
8, 13, 20, 22, 23, 28, 30, 37, 40, 48,<br />
56, 62, 69, 70, 72‐75, 77‐79, 88, 92,<br />
100, 105, 110, 116, 117, 120, 123,<br />
127‐133.<br />
Giu<strong>di</strong>zio, XVI, XVIII, XXXVII, 3, 7, 13,<br />
30, 49, 55, 65, 81, 86.<br />
Impresa, 18, 99.<br />
Infanzia, XV, XVI, XXII, XXIV‐XXVI,<br />
XXIX‐ XXXII, 21, 25, 26, 33, 35, 37,<br />
45‐47, 70, 74, 75, 87, 100, 104, 110,<br />
111, 121, 123.<br />
Interlocutore, 41, 53, 58.<br />
Italiano, XI, XIX, XXIV, XXX, XXXI,<br />
15, 25, 26, 30, 33, 39, 40, 66, 81, 85,<br />
109, 133.<br />
In<strong>di</strong>ce delle tematiche ricorrenti<br />
Laboratorio, XXII, 43, 76, 87, 100, 103,<br />
117, 121‐124, 129, 131, 141, 143.<br />
Ladro, XV, XVI, XXV, XXX‐XXXIV,<br />
XXXVI, 15, 16, 20, 23, 25, 26, 28‐39,<br />
41‐62, 66, 69, 70, 72, 74‐77, 79, 92,<br />
98, 101, 103, 105, 106, 118, 119‐123,<br />
133.<br />
Linguaggio, 4, 6, 18, 35, 44, 52, 72, 78,<br />
101, 105, 118.<br />
Lotta, XXXVIII, 9, 10, 21, 83, 140, 144.<br />
Maestra, 4, 38, 71, 76, 77, 82, 84, 122.<br />
Maestro, XXXII, XXXVII, 3, 31, 50, 78,<br />
124.<br />
Mani, 4, 5, 19, 52, 77, 84, 97, 113, 133.<br />
Mano, XI, XIX, XXIX, 18, 21, 26, 27,<br />
33‐35, 40, 48, 57, 65, 81, 85, 88, 89,<br />
91, 92, 100, 112, 114, 119, 132, 138,<br />
140.<br />
Mare, 37, 54, 92, 106, 113, 115.<br />
Messaggio, XVII, 6, 39, 42, 117.<br />
Morale, XXXV, 4, 26, 27, 42, 66, 70‐73,<br />
75, 76, 79, 83, 104, 105, 117, 144.<br />
Opposto, XXXII, 15, 23, 34, 75, 76, 99,<br />
100, 117, 139.<br />
Padre, XVI, XVIII, XX, XXII, XXIII,<br />
XXXII‐XXXIV, XXXVI‐XXXVIII, 3‐<br />
6, 7, 9, 17, 29, 48, 60‐62, 74, 82, 86,<br />
87, 91, 92, 120, 122, 141.<br />
Passato, XV, XX, XXXII, XXXIV,<br />
XXXVI, XXXVII, XXXVIII, 38, 66,<br />
73, 82, 100, 109, 131.<br />
Paternità, XXXII, XXXIII, 48.<br />
Pedagogico, VII, XI, XIII, XXII, XXVI,<br />
XXXII, XXXV, XXXIX, 30, 37, 44,<br />
48, 49, 57, 60‐62, 66, 67, 76, 86, 108,<br />
117, 124, 125, 137, 145.<br />
Pena (<strong>di</strong> morte), XVII, XIX, XXV,
XXVIII, 3, 16, 23, 32, 40, 50, 54, 70,<br />
77, 82, 83, 92, 104, 105, 110, 113.<br />
Popolazione, XXI, 139.<br />
Popolo, 75, 101, 118.<br />
Problemi, XVII, XXI‐XXIII, XXVII,<br />
XXXII, 3, 5, 6, 9, 10, 22, 30, 32, 34,<br />
45, 93, 100, 105, 127.<br />
Professore, XV, XVI, XXIII, XXX‐<br />
XXXIX, 3, 4, 6, 13, 17, 22, 41, 47, 49,<br />
58, 71, 85, 86, 111, 120, 131.<br />
Prospettiva, 7, 8, 13, 47, 73, 74, 100,<br />
124, 127, 132, 138, 141.<br />
Rapporto (adulti/bambini, vita regi‐<br />
sta/cinema), XV, XVI, XX‐XXII,<br />
XXXII‐XXXIV, XXXVI,XXXVIII,<br />
XXXIX, 3, 5, 7, 8, 31, 41‐44, 46, 48,<br />
52, 55, 57, 58, 65, 67, 73, 75, 78, 92,<br />
100, 109, 110, 119, 120, 124, 130,<br />
135, 136.<br />
Ricerca, XX. XXI, XXX‐XXXII, XXXV,<br />
8, 13, 28, 32, 40, 42, 46, 48, 49, 55,<br />
56, 67, 88, 92, 103, 104, 107, 113,<br />
116, 117, 123, 124, 129‐132.<br />
Ricor<strong>di</strong>, XXXVIII, 13, 16, 20, 26, 39, 45,<br />
130.<br />
Riforma, 37‐39, 42, 48.<br />
Salto, 44, 50, 138.<br />
Scuola, XXIII, XXX, XXXII, XXXIV, 3,<br />
6, 30, 37‐42, 44, 48, 53, 60, 67, 85,<br />
92‐94, 104, 108, 111, 116, 120, 128,<br />
131‐133, 137, 138.<br />
Sentimenti, XXII, 3, 16, 25, 27, 33, 36,<br />
48, 71, 86, 88, 105.<br />
Sentimento, 16, 27, 66, 73, 90, 137.<br />
Sguardo, XI, XIII, 5, 22, 26, 27, 30, 36,<br />
57, 66, 90, 97, 147.<br />
Sottocultura, 100.<br />
Speranza, XXI, XXVIII, 16, 28, 36, 39,<br />
In<strong>di</strong>ce delle tematiche ricorrenti 157<br />
50, 73, 74, 109, 143.<br />
Spettatore, III, IV, XVI, XXXI, 25, 28,<br />
29, 31‐34, 52, 57, 58, 65, 86, 97, 97,<br />
110, 117, 118, 120, 121, 131.<br />
Trasformazione, 83.<br />
Umorismo, XXXV, 30, 36, 50, 71, 76,<br />
87, 104.<br />
Utopia, 34, 36, 73, 74, 78, 87, 90, 104,<br />
138, 140, 143.<br />
Viaggio, XI, XII, XV‐XVII, XIX‐XXII,<br />
XXVIII, XXIX, 25, 27, 28, 30, 36, 45,<br />
47, 74, 89, 97, 133.
Finito <strong>di</strong> stampare nel mese <strong>di</strong> <strong>di</strong>cembre 2010<br />
dal centro stampa Pioda Imaging. Maxi Pioda, Roma