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Epilogo 167<br />
dia la ragione di questo sangue e la storia non esca di scena, lasciando<br />
vivere la vita. Solo vivendo si può morire. 4<br />
La tomba di Antigone di Zambrano restituisce voce e tempo al <strong>per</strong>sonag-<br />
gio Antigone, proprio nel punto in cui Sofocle la lascia nel silenzio, con-<br />
ducendola quasi precipitosamente al suicidio. “Antigone, in verità, non<br />
si suicidò nella sua tomba, come Sofocle, incorrendo in un inevitabile er-<br />
rore, ci racconta” (TA, p. 43): così comincia il Prologo <strong>per</strong> cui non si può<br />
morire senza aver vissuto. Ma vivere, ci ricorda Hannah Arendt, non è<br />
solo un fatto biologico.<br />
Antigone deve affrontare il dolore, attraverso un delirio che pone<br />
delle domande sulla propria storia, in un dialogo con i suoi morti e in un<br />
ultimo confronto con Creonte. Il suo <strong>per</strong>corso si muove intorno alla veri-<br />
tà e alla ricerca della luce. Il gioco tra ombra e luce si intreccia, nel rac-<br />
conto di Zambrano, con il motivo della nascita e della rinascita. Il fatto<br />
che Antigone non possa generare è esplicitamente tematizzato:<br />
Io mi trovo qui, nelle viscere della pietra, ora lo so, condannata<br />
a che da me non nasca nulla. Vergine, mi portarono non dentro<br />
la terra, ma tra le pietre, <strong>per</strong>ché, come da me viva, così non nasca<br />
nulla nemmeno da me morta. Io <strong>per</strong>ò sono qui che deliro,<br />
ho voce, ho voce… (TA, p. 78)<br />
Già in Sofocle, Creonte sottolinea il vuoto rappresentato da Antigone –<br />
“Non dire ‘lei’: ormai non esiste più” 5 – mettendo in risalto la necessità<br />
4 MARÍA ZAMBRANO, La tomba di Antigone, cit., p. 79. In seguito TA.