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Epilogo<br />
Nei testi poetico-filosofici che María Zambrano dedica ad Antigone si ha<br />
la sensazione, invece, di avere di fronte “una ragazza viva, che parla dal-<br />
la sua tomba e ci interroga” 3 . Nella riscrittura del mito da parte della fi-<br />
losofa spagnola emerge la dimensione femminile non solo del <strong>per</strong>sonag-<br />
gio che vive l’azione, ma anche di chi riscrive l’evento. Qui Antigone<br />
non è un gesto o un simulacro, né il simbolo puro della lotta<br />
all’oppressione. Si riappropria del suo corpo, rivive la propria infanzia e<br />
i suoi rapporti inter<strong>per</strong>sonali. Non si può parlare in questo caso di Bear-<br />
beitung alla Brecht, ma di rielaborazione creativa in senso letterario e fi-<br />
losofico.<br />
Per parlare di Antigone tra le guerre, Rosangela Pesenti – una<br />
delle figure più autorevoli del movimento delle donne in Italia – sceglie<br />
proprio il <strong>per</strong>sonaggio rivisitato da María Zambrano. E in effetti, la sua<br />
scrittura non è solo filosofica e poetica, ma è anche indicativa di una<br />
nuova attenzione nei confronti della storia, su<strong>per</strong>ato ormai il momento<br />
dell’attivismo politico della Resistenza:<br />
La mia storia, lei sì che è sanguinosa. Tutta, tutta la storia è<br />
fatta col sangue, tutta la storia è di sangue, e le lacrime non si<br />
vedono. […] Il tempo può esaurirsi, e il sangue non scorrere<br />
più, se <strong>per</strong>ò sangue c’è stato ed è scorso la storia continua a trattenere<br />
il tempo, ad aggrovigliarlo, a condannarlo. A condannarlo.<br />
Per questo non muoio, non posso morire, finché non mi si<br />
3 ROSANGELA PESENTI, op. cit.