La tigre e il monaco buddista - Alternance

«Lei è giovane, molto versato nelle questioni clericali e
filosofiche. Il racconto di ciò che le è successo in Tibet è
plausibile. Ma ancora non ci è stata fornita alcuna prova
riguardo alle affermazioni del monaco tibetano che l’ha
contattata a Lhasa. Sarei molto interessato a conoscere le
conclusioni a cui è arrivato, dopo le ricerche svolte qui a
Roma».
Fulvio capì che il vecchio prete non avrebbe rivelato facilmente
le informazioni in suo possesso. Stette al gioco e
disse:
«Lei sa che negli ultimi cinque anni ho studiato alcuni
vecchi testi tibetani. Hanno un punto in comune: trattano
tutti di rivelazioni. Per esempio, Il Libro tibetano dei Morti,
il Bardo Thötröl, riportato dal dottor Evans Wentz nel
1927, suscitò un vivo interesse. Ciò nonostante nessuno gli
ha riconosciuto il giusto valore. È stato considerato come
un testo religioso puramente esoterico, senza evidenti
conseguenze sulla vita di tutti i giorni. Jung è stato il primo
a capirne l’importanza per la psichiatria occidentale.
Inoltre, ha evidenziato le barriere culturali dell’Occidente
che ci impediscono di coglierne la profonda verità.
«Il modo in cui questo testo descrive il passaggio dalla
vita alla morte è stato a lungo considerato come puramente
simbolico. Eppure, recenti ricerche mediche svolte
negli Stati Uniti indicano che persone riportate alla vita da
uno stadio vicino alla morte hanno esperienze simili a
quelle descritte nel Bardo Thötröl: dicono di avere, prima,
la sensazione di uscire dal proprio corpo. Poi, di attraversare
una specie di tunnel buio e di ritrovarsi in presenza di
persone che avevano conosciuto in vita, decedute prima di
loro. Infine, raccontano di avere la sensazione di venir assorbiti
da una luce estremamente forte. Questi stessi fenomeni
sono riportati dettagliatamente nel Libro tibetano
dei Morti, il quale descrive le fasi che conducono progressivamente
a una nuova nascita.
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