Giovanni Crisostomo Commento alla Prima lettera ... - Undicesima Ora
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Introduzione 31 l’allontanamento dalla fede. Quali sono queste menzognere dottrine? Sono il divieto del matrimonio e l’imposizione dell’astensione dalle carni immonde. Crisostomo ripropone l’insegnamento di Paolo, fissando due grandi principi: il primo è che nessun essere creato è impuro; il secondo è che, quand’anche fosse impuro, il cristiano possiede anche un mezzo per potervi rimediare: segnarlo col segno della croce e rendere grazie a Dio: in questo modo, tutto ciò che è impuro sarà eliminato. Di fronte alla durezza di questi combattimenti, i vescovi, i presbiteri e i diaconi devono essere sempre autentici atleti di Cristo, devono nutrirsi della sua parola, «ruminando, diffondendo ininterrottamente e proponendo costantemente sempre la stessa dottrina, dal momento che questa non offre un comune alimento». Pertanto, è necessario esercitarsi nella pietà, cioè in una fede pura e in una vita retta. E l’esercizio di cui parla Paolo, sottolinea l’omileta, non è fisico, come ad esempio il digiunare, ma spirituale. E l’esercizio della pietà dà i suoi frutti non solo nella vita futura, ma rinvigorisce lo spirito quaggiù come lassù. La speranza del cristiano deve essere riposta nel «Dio vivente», salvatore di tutti gli uomini. È questa la speranza che deve dare conforto e sostegno nell’affrontare le difficoltà quotidiane con spontaneità e generosità d’animo. Contestare gli avversari è di poca utilità. Importante è invece educare ed esortare i fedeli a non deviare dalla retta fede. Chi presiede, inoltre, deve conservare un comportamento equilibrato verso tutti. Ancora una volta l’omileta si sofferma a lungo nel presentare le vere ricchezze del cristiano: l’esercizio della virtù e l’amore verso gli altri. In conclusione, Crisostomo sintetizza i contenuti principali di questa lunga omelia ricordando che il vero cristiano, vescovo, presbitero, diacono o semplice fedele, deve conservare pura la sua mente e retta la sua capacità di
32 Introduzione discernimento al fine di essere veramente un uomo dabbene, che ha imparato a riconoscere quali sono effettivamente i veri beni e gli autentici valori della vita. L’Omelia XIII riprende e approfondisce con un taglio più pedagogico il tema affrontato già precedentemente e riguardante il modo di governare la Chiesa. Il vescovo deve badare che mentre alcune cose vanno insegnate, altre invece devono essere soltanto prescritte. Questo significa che se si impartiscono ordini su cose che bisogna insegnare, si cade nel ridicolo; e viceversa: se si insegna ciò che bisogna ordinare, la situazione non cambia, si cade sempre nel ridicolo. L’omileta traduce in termini semplici questo concetto con un esempio chiarificatore: il non essere cattivi, dice, non è materia da insegnare, ma da imporre ricorrendo a tutta la propria autorità. Al contrario, ordinare di privarsi delle ricchezze, così come di mantenersi vergini ecc., richiede un impegno propriamente didattico. Il sacerdote, riflette Crisostomo, deve saper comandare, parlare con autorità e non impartire insegnamenti su tutto. L’omelia continua approfondendo il discorso circa i compiti e i doveri propri di un vescovo. E seguendo l’omileta, così sintetizziamo. Il vescovo deve essere un modello di vita; un’immagine, per così dire, esposta allo sguardo di tutti; una legge vivente, una norma e un esempio di un retto modo di vivere. Deve dedicarsi alla lettura e non trascurare mai la meditazione delle divine Scritture, perché colui che si è nutrito delle parole della vera dottrina, è il primo a trarne vantaggio giacché, mentre esorta gli altri, esamina criticamente se stesso. Il vescovo riservi alle vedove un onore particolare. E sono da considerare veramente vedove quelle che 21 Cf. 2 Cor. 2, 15.
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discernimento al fine di essere veramente un uomo<br />
dabbene, che ha imparato a riconoscere quali sono<br />
effettivamente i veri beni e gli autentici valori della vita.<br />
L’Omelia XIII riprende e approfondisce con un<br />
taglio più pedagogico il tema affrontato già<br />
precedentemente e riguardante il modo di governare la<br />
Chiesa. Il vescovo deve badare che mentre alcune<br />
cose vanno insegnate, altre invece devono essere<br />
soltanto prescritte. Questo significa che se si<br />
impartiscono ordini su cose che bisogna insegnare, si<br />
cade nel ridicolo; e viceversa: se si insegna ciò che<br />
bisogna ordinare, la situazione non cambia, si cade<br />
sempre nel ridicolo. L’omileta traduce in termini semplici<br />
questo concetto con un esempio chiarificatore: il non<br />
essere cattivi, dice, non è materia da insegnare, ma da<br />
imporre ricorrendo a tutta la propria autorità. Al<br />
contrario, ordinare di privarsi delle ricchezze, così come<br />
di mantenersi vergini ecc., richiede un impegno<br />
propriamente didattico. Il sacerdote, riflette <strong>Crisostomo</strong>,<br />
deve saper comandare, parlare con autorità e non<br />
impartire insegnamenti su tutto.<br />
L’omelia continua approfondendo il discorso circa i<br />
compiti e i doveri propri di un vescovo. E seguendo<br />
l’omileta, così sintetizziamo. Il vescovo deve essere un<br />
modello di vita; un’immagine, per così dire, esposta allo<br />
sguardo di tutti; una legge vivente, una norma e un<br />
esempio di un retto modo di vivere. Deve dedicarsi <strong>alla</strong><br />
lettura e non trascurare mai la meditazione delle divine<br />
Scritture, perché colui che si è nutrito delle parole della<br />
vera dottrina, è il primo a trarne vantaggio giacché,<br />
mentre esorta gli altri, esamina criticamente se stesso.<br />
Il vescovo riservi alle vedove un onore particolare.<br />
E sono da considerare veramente vedove quelle che<br />
21 Cf. 2 Cor. 2, 15.