Giovanni Crisostomo Commento alla Prima lettera ... - Undicesima Ora
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Omelia XVI, 2 285 grandi sacrifici; noi invece sopportiamo malvolentieri moltissime cose. Un padrone non promette al suo servo nulla di quanto Dio ha promesso a noi. Ma un padrone cosa può promettere se non la libertà presente, che spesso, in verità, si sopporta meno facilmente della stessa servitù? Ad esempio, se ci assalgono i crampi della fame, l’essere liberi certamente non ci avvantaggia più dell’essere schiavi; e questo è un grandissimo dono. Presso Dio, invece, non vi è nulla di temporaneo, nulla soggetto alla corruzione. Tu allora chiedi: Ma cos’è? Vuoi proprio saperlo? Ascolta ciò che dice l’evangelista: Non vi chiamo più servi… ma vi ho chiamati amici 10. Carissimi, arrossiamo e temiamo: poniamoci al servizio del Signore almeno come i servi fanno con i loro padroni. Anzi, [oserei dire] che nei riguardi del Signore non mostriamo neppure la minima parte di questa disponibilità di servizio. Inoltre, mentre i servi si comportano bene per necessità, avendo solo di che vestire e di che mangiare; noi invece, o avendo o anche sperando di entrare in possesso d’innumerevoli beni, preferiamo dedicarci ai piaceri ingiuriando così il nostro Benefattore. Se noi, pertanto, non vogliamo apprendere da altri le norme della nostra retta condotta di vita, almeno seguiamo il loro esempio. D’altronde, la stessa Scrittura suole additare agli uomini come modello di vita non quello dei servi, ma quello degli animali, quando appunto li esorta a imitare l’ape e la formica. Personalmente vi chiedo di imitare almeno il comportamento dei servi: ciò che essi fanno per il timore che hanno nei nostri riguardi, noi facciamolo invece per il timore di Dio. Ebbene, io constato che voi non lo fate neppure in nome di ciò. [C’è di più]: i nostri servi, poiché ci temono, sopportano mille e mille offese e più di ogni filosofo riescono a subire il rimprovero restando immobili e in silenzio; essi inoltre, quando
286 Giovanni Crisostomo sono oltraggiati giustamente o ingiustamente, non solo non osano contraddire, ma supplicano perfino [il perdono], anche quando non hanno fatto nulla di male. Essi non ricevono che il necessario, spesso meno, e ciò nonostante sono contenti; quando sono a riposo nel loro letto, non avendo mangiato che del pane e non avendo ricevuto che dei miseri avanzi, non osano rivolgere accuse e sopportano tutto con dignità, costretti a fare ciò sempre perché ci temono; se affidiamo loro del denaro, essi ce lo restituiscono interamente. Non parlarmi, quindi, di servi cattivi, ma soltanto di uomini che hanno sempre agito bene. Infatti, se li minacciamo, essi sono subito capaci di darsi un freno. Ora, questa non è vera saggezza? E non dirmi che il loro comportamento è imposto dalla necessità, poiché anche su di te incombe l’inevitabile minaccia della geenna. Eppure, neanche in questo modo tu rinsavisci, dal momento che a Dio non dai tanto onore quanto invece ne ricevi dai tuoi servi. Il servo, chiunque egli sia, ha una dimora fissa, non invade quella del suo vicino e non si lascia sedurre dal desiderio di possedere di più. Ebbene, ognuno può rendersi conto che i servi si comportano così per timore del padrone. Inoltre, raramente vedrai un servo sottrarre o mandare in rovina ciò che appartiene a un altro come lui. Invece, presso di noi, uomini liberi, tu potresti constatare esattamente il contrario: ci mordiamo l’un l’altro, siamo pronti a divorarci, non abbiamo alcun timore di Dio, rapiniamo i beni dei nostri simili, rubiamo, percuotiamo, benché Dio ci guardi. Un servo certamente non si comporterebbe in questo modo. Infatti, se percuote, non lo fa sotto lo sguardo del padrone e se offende, lo fa ritenendo di non essere udito da lui. Noi, invece, osiamo compiere di tutto, pur propri beni a favore dei rispettivi padroni.
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Omelia XVI, 2 285<br />
grandi sacrifici; noi invece sopportiamo malvolentieri<br />
moltissime cose.<br />
Un padrone non promette al suo servo nulla di<br />
quanto Dio ha promesso a noi. Ma un padrone cosa può<br />
promettere se non la libertà presente, che spesso, in<br />
verità, si sopporta meno facilmente della stessa servitù?<br />
Ad esempio, se ci assalgono i crampi della fame,<br />
l’essere liberi certamente non ci avvantaggia più<br />
dell’essere schiavi; e questo è un grandissimo dono.<br />
Presso Dio, invece, non vi è nulla di temporaneo, nulla<br />
soggetto <strong>alla</strong> corruzione. Tu allora chiedi: Ma cos’è?<br />
Vuoi proprio saperlo? Ascolta ciò che dice l’evangelista:<br />
Non vi chiamo più servi… ma vi ho chiamati amici 10.<br />
Carissimi, arrossiamo e temiamo: poniamoci al<br />
servizio del Signore almeno come i servi fanno con i<br />
loro padroni. Anzi, [oserei dire] che nei riguardi del<br />
Signore non mostriamo neppure la minima parte di<br />
questa disponibilità di servizio. Inoltre, mentre i servi si<br />
comportano bene per necessità, avendo solo di che<br />
vestire e di che mangiare; noi invece, o avendo o<br />
anche sperando di entrare in possesso d’innumerevoli<br />
beni, preferiamo dedicarci ai piaceri ingiuriando così il<br />
nostro Benefattore. Se noi, pertanto, non vogliamo<br />
apprendere da altri le norme della nostra retta condotta<br />
di vita, almeno seguiamo il loro esempio. D’altronde, la<br />
stessa Scrittura suole additare agli uomini come<br />
modello di vita non quello dei servi, ma quello degli<br />
animali, quando appunto li esorta a imitare l’ape e la<br />
formica.<br />
Personalmente vi chiedo di imitare almeno il<br />
comportamento dei servi: ciò che essi fanno per il<br />
timore che hanno nei nostri riguardi, noi facciamolo<br />
invece per il timore di Dio. Ebbene, io constato che voi<br />
non lo fate neppure in nome di ciò. [C’è di più]: i nostri<br />
servi, poiché ci temono, sopportano mille e mille offese<br />
e più di ogni filosofo riescono a subire il rimprovero<br />
restando immobili e in silenzio; essi inoltre, quando