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Giovanni Crisostomo Commento alla Prima lettera ... - Undicesima Ora

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OMELIA XIV<br />

237<br />

SE POI QUALCUNO NON SI PRENDE CURA DEI SUOI CARI,<br />

SOPRATTUTTO DI QUELLI DELLA SUA FAMIGLIA, COSTUI HA<br />

R I N N E G A T O<br />

LA FEDE ED È PEGGIORE DI UN INFEDELE (1 Tim. 5, 8)<br />

Bisogna testimoniare la propria fede e non<br />

semplicemente dichiararla<br />

1. Molti ritengono che la propria virtù sia sufficiente<br />

per salvarsi e sono convinti che per ottenere questa<br />

salvezza ad essi non manchi proprio nulla, giacché<br />

mantengono una retta condotta di vita. In verità,<br />

sbagliano. A dimostrare che il loro è un errore è l’uomo<br />

[della parabola evangelica] che sotterrò l’unico talento<br />

ricevuto 1. [Quando fu il momento], egli non restituì<br />

meno di un talento, ma lo consegnò tutto intero così<br />

come gli era stato dato in deposito. Ma anche il beato<br />

Paolo mostra l’errore da essi commesso, quando dice:<br />

Se poi qualcuno non si prende cura dei suoi cari. Egli<br />

qui chiama cura tutto ciò che riguarda sia l’anima che il<br />

corpo, giacché questo è il significato proprio del<br />

termine cura.<br />

Egli dice: Se poi qualcuno non si prende cura dei<br />

suoi cari, soprattutto di quelli della sua famiglia, cioè di<br />

quanti per ragione di sangue gli sono parenti, costui ha<br />

rinnegato la fede ed è peggiore di un infedele. Ciò è<br />

affermato anche dal corifeo dei profeti, Isaia: Non<br />

1 Mt. 25, 18.<br />

2 Is. 58, 7.

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