Giovanni Crisostomo Commento alla Prima lettera ... - Undicesima Ora
Giovanni Crisostomo Commento alla Prima lettera ... - Undicesima Ora Giovanni Crisostomo Commento alla Prima lettera ... - Undicesima Ora
Omelia XIII, 4 233 piacere e il senso della sobrietà escludono ogni possibilità di coesistenza, anzi l’una distrugge l’altra? Anche i pagani sono d’accordo su ciò, quando affermano: Un ventre pingue non genera uno spirito delicato 19 Si sa anche che la Scrittura suole chiamare uomini senz’anima [quelli che si danno ai piaceri]. Il Signore infatti dice: Il mio spirito non resterà sempre nell’uomo, perché egli è carne 20. Eppure egli aveva un’anima; ma poiché essa era morta, Dio lo chiama carne. Infatti, come di una persona virtuosa, nonostante abbia un corpo, noi diciamo: Essa è tutta anima, tutto spirito; così diciamo esattamente il contrario di chi non è tale. Anche Paolo era solito dire la stessa cosa: Voi però non siete sotto il dominio della carne 21, semplicemente perché le loro opere non erano carnali. Allo stesso modo, coloro che vivono e si dedicano ai piaceri sono preda a un sonno profondo durante la maggior parte della mattinata, è piuttosto uno che, continuando a mangiare e a tracannare vino, è nella condizione tipica di chi è profondamente frastornato, di chi non è padrone delle sue facoltà sia per la sbornia per nulla digerita e sia per il sonno mai sufficientemente recuperato. 17 Giob. 1, 1. 18 Cf. Prov. 20, 6. Il versetto nella traduzione dei Settanta così testualmente recita: Molti si proclamano gente perbene, ma una persona fidata chi la trova? 19 A riguardo di tale versetto, il De Montfaucon così annota: «Senarius antiquus ab apostolis quoque servatus», Proverb. cent. 5, 97; cf. PG 11, 673B.D. 20 Gen. 6, 3. 21 Rom. 8, 9.
234 Giovanni Crisostomo morti sia nell’animo che nello spirito. L’Apostolo dice: Al contrario, quella che si dà ai piaceri, anche se vive è già morta. Ascoltate bene voi donne, che trascorrete la vostra vita tra banchetti ed ebbrezze; voi che disprezzate i poveri che per la fame si infiacchiscono e muoiono: voi uccidete continuamente il vostro spirito tra le voglie dei piaceri. Voi, infatti, procurate una duplice morte, sia a quelli che sono già tribolati, che anche a voi stesse, perché entrambe le morti procedono dalla vostra incapacità di darvi una misura. Al contrario, se voi parteciperete il vostro superfluo a coloro che vivono nell’indigenza, conserverete due vite. Perché fai a pezzi il tuo intestino a furia di mangiare? Perché fai contrarre quello dell’indigente per la mancanza di cibo? Mentre riempi la tua pancia a dismisura, riduci al minimo quella dell’altro. Pensa allora che cosa sono i cibi, in che cosa si mutano e che cosa diventano. Forse che ascoltando queste cose mostri una sorta d’indignazione? E allora perché ti preoccupi di ricercare quanto più ti è possibile i piaceri della gola? Il loro accumulo non è nient’altro che accumulo di sterco. La natura ha una sua misura, e ciò che sovrabbonda non può certo considerarsi alimento, è piuttosto un danno, è abbondanza di sterco. Devi nutrire il corpo, non ucciderlo. Del resto il cibo si chiama così, non perché con esso perdiamo il corpo, ma perché possiamo nutrirlo. Personalmente ritengo che lo scopo precipuo della nutrizione è questo: impedirci di essere amanti dei ricercati piaceri della tavola. Se le cose invece stessero diversamente, se i piaceri del mangiare non fossero inutili, se non nuocessero al corpo, noi non smetteremmo mai di distruggerci l’un l’altro. Infatti, ammesso che lo stomaco potesse contenere tutto il cibo che noi desideriamo immettervi e lo distribuisse all’organismo, a quante guerre e battaglie si potrebbe assistere 22.
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morti sia nell’animo che nello spirito.<br />
L’Apostolo dice: Al contrario, quella che si dà ai<br />
piaceri, anche se vive è già morta. Ascoltate bene voi<br />
donne, che trascorrete la vostra vita tra banchetti ed<br />
ebbrezze; voi che disprezzate i poveri che per la fame<br />
si infiacchiscono e muoiono: voi uccidete<br />
continuamente il vostro spirito tra le voglie dei piaceri.<br />
Voi, infatti, procurate una duplice morte, sia a quelli<br />
che sono già tribolati, che anche a voi stesse, perché<br />
entrambe le morti procedono d<strong>alla</strong> vostra incapacità di<br />
darvi una misura. Al contrario, se voi parteciperete il<br />
vostro superfluo a coloro che vivono nell’indigenza,<br />
conserverete due vite. Perché fai a pezzi il tuo intestino<br />
a furia di mangiare? Perché fai contrarre quello<br />
dell’indigente per la mancanza di cibo? Mentre riempi<br />
la tua pancia a dismisura, riduci al minimo quella<br />
dell’altro. Pensa allora che cosa sono i cibi, in che cosa<br />
si mutano e che cosa diventano. Forse che ascoltando<br />
queste cose mostri una sorta d’indignazione? E allora<br />
perché ti preoccupi di ricercare quanto più ti è possibile<br />
i piaceri della gola? Il loro accumulo non è nient’altro<br />
che accumulo di sterco. La natura ha una sua misura,<br />
e ciò che sovrabbonda non può certo considerarsi<br />
alimento, è piuttosto un danno, è abbondanza di<br />
sterco.<br />
Devi nutrire il corpo, non ucciderlo. Del resto il cibo<br />
si chiama così, non perché con esso perdiamo il corpo,<br />
ma perché possiamo nutrirlo. Personalmente ritengo<br />
che lo scopo precipuo della nutrizione è questo:<br />
impedirci di essere amanti dei ricercati piaceri della<br />
tavola. Se le cose invece stessero diversamente, se i<br />
piaceri del mangiare non fossero inutili, se non<br />
nuocessero al corpo, noi non smetteremmo mai di<br />
distruggerci l’un l’altro. Infatti, ammesso che lo<br />
stomaco potesse contenere tutto il cibo che noi<br />
desideriamo immettervi e lo distribuisse all’organismo,<br />
a quante guerre e battaglie si potrebbe assistere 22.