Giovanni Crisostomo Commento alla Prima lettera ... - Undicesima Ora

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31.05.2013 Views

OMELIA IX 151 LA DONNA IMPARI IN SILENZIO, CON TUTTA SOTTOMISSIONE. NON CONCEDO A NESSUNA DONNA DI INSEGNARE, NÉ DI DETTARE LEGGE ALL’UOMO; PIUTTOSTO SE NE STIA IN ATTEGGIAMENTO TRANQUILLO. PERCHÉ PRIMA È STATO FORMATO ADAMO E POI EVA; E NON FU ADAMO A ESSERE INGANNATO, MA FU LA DONNA CHE, INGANNATA, SI RESE COLPEVOLE DI TRASGRESSIONE. ELLA POTRÀ ESSERE SALVATA PARTORENDO FIGLI, A CONDIZIONE DI PERSEVERARE NELLA FEDE, NELLA CARITÀ E NELLA SANTIFICAZIONE, CON MODESTIA (1 Tim. 2, 11-15) Il comportamento delle donne nell’assemblea liturgica. La donna deve stare zitta in chiesa 1. Il beato Paolo esige dalla donna un 1 Per meglio comprendere il commento esegetico-pastorale del Crisostomo a questi versetti paolini, è opportuna qualche previa chiarificazione dell’insegnamento di Paolo su di un tema di ancora scottante attualità. Infatti le espressioni dell’Apostolo, se sradicate tout court dal contesto storico-pastorale in cui sono state formulate, sembrano essere dettate, per usare un termine oggi così ricorrente, da un vero e proprio maschilista, o per meglio dire, da un misogino. Ma bisogna osservare che il comando dell’Apostolo alle donne è circoscritto al comportamento che esse devono mantenere durante la partecipazione alle assemblee liturgiche. «Motivi di ordine, di decoro, di gerarchia, esigono che le donne, nelle assemblee religiose, conservino un umile e attento silenzio» (P. De Ambroggi, Le epistole pastorali di S. Paolo a Timoteo e a Tito, Marietti, Torino 1964, p. 128). Ma non è la prima volta che Paolo affronta questa questione. Parlando dei carismi e dettando delle regole pratiche, aveva già espresso il suo pensiero in merito, scrivendo ai Corinti (cf. 1 Cor. 14, 34-35). La donna non deve interferire durante l’insegnamento ufficiale, deve restare calma e tranquilla (en esuchía). «L’Apostolo esige che le donne non

152 Giovanni Crisostomo comportamento riservato e una grande modestia 1. Per questa ragione egli spinge la sua esortazione non solo sull’abito da indossare e sul decente comportamento da tenere, ma anche a riguardo del parlare. E cosa dice? La s’immischino nell’insegnamento ufficiale della Chiesa, ma raccomanda e loda l’insegnamento privato, familiare, impartito dalle donne, per esempio quello di Loide e di Eunice riguardo a Timoteo (2 Tim. 1, 5). Vuole che le anziane siano buone istitutrici, per insegnare la moderazione (Tit. 2, 3ss.). Nell’epilogo della Lettera ai Romani, san Paolo elenca molte donne che furono ausiliari; tra queste Prisca (o Priscilla), Febe buona diaconessa, e parecchie altre (Rom. 16, 3-15). […] Come si vede, san Paolo non nega il compito educativo e istruttivo della donna nella famiglia, nella società e anche nella comunità ecclesiastica, ma vuole che non usurpi i poteri di magistero propri della gerarchia. Mentre presso i popoli pagani, e nello stesso giudaismo, la donna contava ben poco (poco di più che i bambini e gli schiavi), san Paolo ne rivendica l’uguaglianza spirituale con l’uomo. Nel corpo mistico di Cristo scompaiono tutte le differenze di razza, di classe sociale, di sesso: Tutti voi siete uno solo nel Cristo Gesù (Gal. 3, 27ss.). L’eguaglianza spirituale tuttavia non esclude la necessaria subordinazione gerarchica. Anzi, san Paolo permette alla donna di esercitare nella chiesa l’ufficio di diaconessa e di “vedova catalogata”. Questa era già una notevole emancipazione nei confronti con il giudaismo, ma esigeva che il magistero e il ministero ecclesiastico ufficiale fossero riservati a uomini scelti, consacrati, e dotati delle qualifiche elencate nelle nostre lettere. […] La storia della Chiesa registrerà donne illustri che si distinsero nell’insegnamento – non ufficiale – della religione, come santa Monica, santa Clotilde, santa Caterina da Siena, santa Teresa d’Avila, ma non mai negli uffici strettamente ecclesiastici» (P. De Ambroggi, op. cit., p. 129). Ora Crisostomo nel suo commento esegetico-pastorale non fa altro che riprendere e riproporre la genuinità dell’insegnamento di Paolo. Sull’argomento, cf. tra gli altri J. Jeremias - H. Strathmann, op. cit., pp. 41-43; S. Cipriani, op. cit., pp. 651-652; P. De Labriolle, Mulieres in ecclesia taceant, in «Bull. d’ancienne Litt. et d’Archéol. eccl.» (1911), pp. 15- 24.103-122. Per il mondo greco romano, A.J. Festugière, Le monde gréco-romain au temps de N. S., vol. I, pp. 133ss.; J. Toutain, Les cultes païens dans l’Empire Rom., vol. I, Paris 1907,

152 <strong>Giovanni</strong> <strong>Crisostomo</strong><br />

comportamento riservato e una grande modestia 1. Per<br />

questa ragione egli spinge la sua esortazione non solo<br />

sull’abito da indossare e sul decente comportamento da<br />

tenere, ma anche a riguardo del parlare. E cosa dice? La<br />

s’immischino nell’insegnamento ufficiale della Chiesa, ma<br />

raccomanda e loda l’insegnamento privato, familiare, impartito<br />

dalle donne, per esempio quello di Loide e di Eunice riguardo a<br />

Timoteo (2 Tim. 1, 5). Vuole che le anziane siano buone istitutrici,<br />

per insegnare la moderazione (Tit. 2, 3ss.). Nell’epilogo della<br />

Lettera ai Romani, san Paolo elenca molte donne che furono<br />

ausiliari; tra queste Prisca (o Priscilla), Febe buona diaconessa, e<br />

parecchie altre (Rom. 16, 3-15). […] Come si vede, san Paolo<br />

non nega il compito educativo e istruttivo della donna nella<br />

famiglia, nella società e anche nella comunità ecclesiastica, ma<br />

vuole che non usurpi i poteri di magistero propri della gerarchia.<br />

Mentre presso i popoli pagani, e nello stesso giudaismo, la donna<br />

contava ben poco (poco di più che i bambini e gli schiavi), san<br />

Paolo ne rivendica l’uguaglianza spirituale con l’uomo. Nel corpo<br />

mistico di Cristo scompaiono tutte le differenze di razza, di classe<br />

sociale, di sesso: Tutti voi siete uno solo nel Cristo Gesù (Gal. 3,<br />

27ss.). L’eguaglianza spirituale tuttavia non esclude la necessaria<br />

subordinazione gerarchica. Anzi, san Paolo permette <strong>alla</strong> donna<br />

di esercitare nella chiesa l’ufficio di diaconessa e di “vedova<br />

catalogata”. Questa era già una notevole emancipazione nei<br />

confronti con il giudaismo, ma esigeva che il magistero e il<br />

ministero ecclesiastico ufficiale fossero riservati a uomini scelti,<br />

consacrati, e dotati delle qualifiche elencate nelle nostre lettere.<br />

[…] La storia della Chiesa registrerà donne illustri che si distinsero<br />

nell’insegnamento – non ufficiale – della religione, come santa<br />

Monica, santa Clotilde, santa Caterina da Siena, santa Teresa<br />

d’Avila, ma non mai negli uffici strettamente ecclesiastici» (P. De<br />

Ambroggi, op. cit., p. 129). <strong>Ora</strong> <strong>Crisostomo</strong> nel suo commento<br />

esegetico-pastorale non fa altro che riprendere e riproporre la<br />

genuinità dell’insegnamento di Paolo. Sull’argomento, cf. tra gli<br />

altri J. Jeremias - H. Strathmann, op. cit., pp. 41-43; S. Cipriani,<br />

op. cit., pp. 651-652; P. De Labriolle, Mulieres in ecclesia taceant,<br />

in «Bull. d’ancienne Litt. et d’Archéol. eccl.» (1911), pp. 15-<br />

24.103-122. Per il mondo greco romano, A.J. Festugière, Le<br />

monde gréco-romain au temps de N. S., vol. I, pp. 133ss.; J.<br />

Toutain, Les cultes païens dans l’Empire Rom., vol. I, Paris 1907,

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