La strage di palazzo d'Accursio PDF

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31.05.2013 Views

CAPITOLO PRIMO Il primo Fascio bolognese 1. La polemica tra Nenni e Mussolini Nel 1919, l'anno in cui nasce ufficialmente il fascismo, a Bologna sopravvivono i resti del Fascio parlamentare, che era stato ricostituito dopo Caporetto, sulle rovine del Fascio democratico di resistenza del 1914. I suoi aderenti — in massima parte repubblicani, radicali e socialisti bissolatiani — erano antisocialisti e negli anni della guerra avevano combattuto con decisione una durissima e sfortunata battaglia contro l'amministrazione comunale del Psi, ma non volevano la distruzione dell'esercito proletario e auspicavano la trasformazione dello stato con l'immissione delle masse popolari nella vita attiva della nazione. 1 Erano cosi poco fascisti — nel senso che questa parola assumerà in seguito — che accolsero con poco entusiasmo l'invito di Mussolini a costituire un nuovo Fascio, in quanto dissentivano profondamente dalla sua impostazione politica. Solo vincoli di fraterna amicizia legavano ancora Mussolini e Pietro Nenni, l'esponente più in vista dell'interventismo democratico bolognese. Sul piano politico erano ormai agli antipodi, dopo tante battaglie comuni. Fu solo in nome dell'amicizia che Nenni fece credito all'amico, senza immaginare che stava per compiere un errore del quale gli è rimasto un ricordo amaro per tutta la vita. 2 Quando Mussolini derise Leonida Bissolati — dopo le dimissioni dal governo perché contrario alla politica imperialista nei confronti della nascente Jugoslavia — e scrisse che si trattava di "balbettamenti senili dei nostri poveri donschisciotte 'democratici'", 3 Nenni ritenne che fosse giunto il momento di differenziarsi politicamente dall'amico. Fu cosi che indirizzò una lettera aperta al "Caro Mussolini", dal significativo titolo Imperialismo o democrazia? Dopo aver ricordato che il disarmo e la Società delle nazioni erano i veri obiettivi della "guerra democratica" e che occorreva realizzarli per garantire il "mondo dal pericolo e dall'orrore della guerra" e che egli era contrario a "tutte le follie nazionaliste ed imperialiste inglesi, francesi, italiane", scrisse che i "popoli vincitori debbono contenere il loro diritto nei limiti del giusto". Se, invece, l'obiettivo è un altro,

La strage di palazzo d'Accursio bisogna avere l'onestà di dire che si vuole che i vincitori mettano il piede sul collo del vinto e premano fino a strozzarlo. Attenti però! Sotto la cenere di questa guerra coverebbe fin da ora il fuoco di nuovi conflitti dei quali non ci è dato prevedere le conseguenze perché è difficile sapere dove può condurre il disperato furore di milioni e milioni di uomini. [E concludeva: ] Stai attento però, mio caro Mussolini. Tu non t'accorgi di lavorare per la peggior genia del mondo che ha bisogno di salvare la cuccagna del militarismo per la maggiore e rinnovata... gloria dei privilegi contro i quali si erge ormai l'implacabile voce dei popoli. Vorrei che almeno tu non dimenticassi che la vittoria, prima d'essere stata vittoria di armi è stata vittoria di idee e di principi. 4 Mussolini — senza pubblicare la lettera sul suo giornale — si limitò a constatare: "Il mio carissimo amico Nenni mi cataloga fra i reprobi e quasi mi accomuna agli imperialisti", ma io "non gliene voglio. Sarebbe troppo bello andare sempre d'accordo". 5 Avendo egli confermato che il confine doveva essere portato oltre Zara, Nenni gli replicò che l'Italia non aveva alcun diritto sulla Dalmazia e che in Europa "la voce dei vincitori prende gli accenti di Brenno". Per far intendere a Mussolini che le loro strade divergevano in modo netto, scrisse — riprendendo una classica parola d'ordine della propaganda socialista — che era necessario dichiarare "guerra alla guerra". 6 Anziché attenuarsi, la polemica divampò più violenta che mai. Quando Mussolini impedì a Bissolati di parlare alla Scala di Milano e di illustrare le ragioni per le quali era uscito dal governo, Nenni scrisse due note molto importanti, la seconda delle quali era particolarmente violenta. Benito Mussolini sta sorpassando i limiti di ogni onesta e decente polemica. Egli è il monopolizzatore unico e solo del patriottismo. Che non venga in mente a nessuno di vantare il minimo titolo di benemerenza nazionale. Che, per esempio, non venga in mente a noi di ricordare che l'interventismo è nato quando Benito Mussolini era ferocemente neutralista, che la democrazia in genere e quella repubblicana in specie hanno incominciato ad essere interventiste appena l'Austria aggredì la Serbia e la Germania il Belgio e la Francia. Che nessuno ricordi che l'interventismo più e meglio che coi discorsi di Mussolini è stato affermato col sangue dei volontari accorsi a morire in Serbia e poi nelle Argonne. Il direttore del Popolo d'Italia non ammette che una verità: che la guerra l'ha voluta, imposta, fatta vincere lui. Il perfetto patriota da oggi in avanti è quello che giura che il confine italiano è fissato alle Alpi Dinariche. Chi pensa come Dante, come Mazzini, come Tommaseo, come Cavour è un vigliacco. Non importa neppure che la vostra opinione sulla Dalmazia non sia del gennaio 1919 ma che voi l'abbiate costantemente manifestata quando eravate irredentista contro il Governo, la borghesia e il partito socialista, che riconosceva e acclamava in Mussolini il suo capo. Siete egualmente un vigliacco. No. Benito Mussolini, al quale siamo legati da amicizia di vecchia data e da affetto che resiste anche al suo incomposto vociare, Benito Mussolini, al quale non neghiamo i meriti reali che ha, torni alla ragione, abbandoni, se può, il vocabolario delle ingiurie e si persuada che si può avere un diverso pensiero sulla Dalmazia senza essere dei vili. 7

<strong>La</strong> <strong>strage</strong> <strong>di</strong> <strong>palazzo</strong> <strong>d'Accursio</strong><br />

bisogna avere l'onestà <strong>di</strong> <strong>di</strong>re che si vuole che i vincitori mettano il piede sul<br />

collo del vinto e premano fino a strozzarlo. Attenti però! Sotto la cenere <strong>di</strong><br />

questa guerra coverebbe fin da ora il fuoco <strong>di</strong> nuovi conflitti dei quali non ci è<br />

dato prevedere le conseguenze perché è <strong>di</strong>fficile sapere dove può condurre il<br />

<strong>di</strong>sperato furore <strong>di</strong> milioni e milioni <strong>di</strong> uomini. [E concludeva: ] Stai attento però,<br />

mio caro Mussolini. Tu non t'accorgi <strong>di</strong> lavorare per la peggior genia del mondo<br />

che ha bisogno <strong>di</strong> salvare la cuccagna del militarismo per la maggiore e rinnovata...<br />

gloria dei privilegi contro i quali si erge ormai l'implacabile voce<br />

dei popoli. Vorrei che almeno tu non <strong>di</strong>menticassi che la vittoria, prima d'essere<br />

stata vittoria <strong>di</strong> armi è stata vittoria <strong>di</strong> idee e <strong>di</strong> principi. 4<br />

Mussolini — senza pubblicare la lettera sul suo giornale — si limitò<br />

a constatare: "Il mio carissimo amico Nenni mi cataloga fra i reprobi<br />

e quasi mi accomuna agli imperialisti", ma io "non gliene voglio.<br />

Sarebbe troppo bello andare sempre d'accordo". 5 Avendo egli confermato<br />

che il confine doveva essere portato oltre Zara, Nenni gli<br />

replicò che l'Italia non aveva alcun <strong>di</strong>ritto sulla Dalmazia e che in<br />

Europa "la voce dei vincitori prende gli accenti <strong>di</strong> Brenno". Per far<br />

intendere a Mussolini che le loro strade <strong>di</strong>vergevano in modo netto,<br />

scrisse — riprendendo una classica parola d'or<strong>di</strong>ne della propaganda<br />

socialista — che era necessario <strong>di</strong>chiarare "guerra alla guerra". 6 Anziché<br />

attenuarsi, la polemica <strong>di</strong>vampò più violenta che mai.<br />

Quando Mussolini impedì a Bissolati <strong>di</strong> parlare alla Scala <strong>di</strong> Milano<br />

e <strong>di</strong> illustrare le ragioni per le quali era uscito dal governo, Nenni<br />

scrisse due note molto importanti, la seconda delle quali era particolarmente<br />

violenta.<br />

Benito Mussolini sta sorpassando i limiti <strong>di</strong> ogni onesta e decente polemica.<br />

Egli è il monopolizzatore unico e solo del patriottismo. Che non venga in<br />

mente a nessuno <strong>di</strong> vantare il minimo titolo <strong>di</strong> benemerenza nazionale. Che,<br />

per esempio, non venga in mente a noi <strong>di</strong> ricordare che l'interventismo è nato<br />

quando Benito Mussolini era ferocemente neutralista, che la democrazia in<br />

genere e quella repubblicana in specie hanno incominciato ad essere interventiste<br />

appena l'Austria aggredì la Serbia e la Germania il Belgio e la Francia. Che<br />

nessuno ricor<strong>di</strong> che l'interventismo più e meglio che coi <strong>di</strong>scorsi <strong>di</strong> Mussolini<br />

è stato affermato col sangue dei volontari accorsi a morire in Serbia e poi nelle<br />

Argonne. Il <strong>di</strong>rettore del Popolo d'Italia non ammette che una verità: che la guerra<br />

l'ha voluta, imposta, fatta vincere lui. Il perfetto patriota da oggi in avanti<br />

è quello che giura che il confine italiano è fissato alle Alpi Dinariche. Chi pensa<br />

come Dante, come Mazzini, come Tommaseo, come Cavour è un vigliacco. Non<br />

importa neppure che la vostra opinione sulla Dalmazia non sia del gennaio 1919<br />

ma che voi l'abbiate costantemente manifestata quando eravate irredentista contro<br />

il Governo, la borghesia e il partito socialista, che riconosceva e acclamava<br />

in Mussolini il suo capo. Siete egualmente un vigliacco. No. Benito Mussolini,<br />

al quale siamo legati da amicizia <strong>di</strong> vecchia data e da affetto che resiste anche<br />

al suo incomposto vociare, Benito Mussolini, al quale non neghiamo i meriti<br />

reali che ha, torni alla ragione, abbandoni, se può, il vocabolario delle ingiurie<br />

e si persuada che si può avere un <strong>di</strong>verso pensiero sulla Dalmazia senza essere<br />

dei vili. 7

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