La strage di palazzo d'Accursio PDF

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La crisi del dopoguerra socialista che Mussolini aveva pubblicato, il giorno stesso, nel suo quotidiano. Assenti i Nenni, i Bergamo e i Calabri, il Fascio bolognese era stato rappresentato alla riunione da Giulio Dal Sillaro, il quale aveva approvato la posizione politica di Mussolini. 33 La confusione che esisteva a Bologna negli ambienti combattentistici fece fallire il tentativo del governo di servirsi appunto degli ex combattenti per rompere lo sciopero. In una circolare del 14 luglio ai prefetti, il neopresidente del consiglio dei ministri, Nitti, ordidi far sapere alle associazioni combattentistiche e ai fasci che non sarebbero state consentite iniziative autonome e che se "intendono cooperare mantenimento ordine pubblico ed alla repressione violenza e tentativi rivoluzionari, faranno opera patriottica mettendosi volontariamente disposizione autorità medesime e accettando con animo disciplinato la direzione, la quale non può essere che unica". 34 Alla vigilia dello sciopero, si verificò un imprevisto colpo di scena quando i ferrovieri, contrariamente alla decisione presa su scala nazionale, annunciarono che avrebbero sospeso il servizio. Su iniziativa del massimalista Paolo Betti, la sera del 17 si erano riuniti alla sala Bossi dove, dopo una contrastata riunione, fu presa la decisione di scioperare, analogamente a quanto avevano già annunciato i ferrovieri di Torino. Dopo una seconda riunione, la sera del 18, durante la quale la decisione fu confermata, la mattina del 20 si tenne l'assemblea generale. Con 500 voti contro 42 fu sanzionata l'adesione allo sciopero. L'assemblea del 20 non fu tanto importante per la decisione presa, quanto per la ricomparsa di Leandro Arpinati che da tempo era assente dalla vita politica. L'ex anarchico, salito alla ribalta nei mesi arroventati della vigilia, era sparito negli anni bellici, quando si era imboscato in ferrovia. Dopo una lunghissima eclissi, ricomparve all'assemblea del 20 luglio nel corso della quale si scontrò duramente con i ferrovieri favorevoli allo sciopero. Il suo biografo Torquato Nanni ha scritto che reagì "a calci e colla rivoltella in pugno". 35 Disse, come confermò in una lettera ai giornali, che lo sciopero era una cosa "infeconda, inconcludente, dannosa a tutti ed in particolare al lavoratore che non ha risorse per il domani". 36 La sera del 19 la città fu occupata dall'esercito, perché il prefetto si attendeva degli attentati, se non addirittura l'insurrezione armata. Non per nulla, la mattina aveva fatto arrestare Borghi, Virgilia D'Andrea, Riccardo Sacconi, Enrico Melandri ed Enrico Bolognesi, della Vecchia Cdl, sotto l'accusa di avere incitato i militari alla rivolta. Non mancò anche di rivolgere un manifesto ai cittadini per ammonire che "l'azione dell'autorità nel reprimere sarà pronta quanto inflessibile". 37 Nonostante lo stato d'assedio, lo sciopero riuscì nelle fabbriche e in campagna, mentre fu un mezzo fallimento nel settore del pubblico impiego. 38 Gravi furono le conseguenze per due motivi. Numerosi pubblici dipendenti uscirono dalla Ccdl, per dar vita a nuove organizzazioni sindacali. Inoltre, si ebbero pesanti rappresaglie. I ferrovieri

La strage di palazzo d'Accursio denunciati per abbandono del posto di lavoro erano oltre 600. Numerosi di questi furono addirittura arrestati e condannati a tre mesi di reclusione e 500 lire di multa, senza la condizionale e con l'interdizione dai pubblici uffici. Provvedimenti — questa volta all'interno del Psi — furono presi a carico dei dipendenti pubblici che non avevano scioperato. I massimalisti annunciarono pubblicamente "che l'Unione Socialista prenderà dei provvedimenti contro i propri soci, ferrovieri e postelegrafonici, che hanno fatto opera di crumiraggio". 39 Tra questi vi era anche Francesco Kolletzek, un postelegrafonico che era consigliere comunale. La riuscita parziale dello sciopero e, soprattutto, il suo strascico di polemiche tra riformisti e massimalisti, rincuorò la borghesia perché si era compreso che il Psi e la Ccdl non avevano quella forza che si temeva e quella coesione e quell'unità che erano indispensabili per sviluppare un piano rivoluzionario. Non tutto era perduto e si poteva guardare con meno apprensione alle elezioni politiche, anche se il clima politico era e restava infuocato. Note 1 G. BAGLIONI, Per conoscere la portata della crisi di disoccupazione e progettarne i rimedi, in "La Vita cittadina", n. 11, 1918. 2 Il comune di Bologna non solo assisteva i disoccupati attraverso l'Ente della previdenza, ma per quasi tutto il 1919 continuò a dare — come faceva dal 1915 — i buoni alimentari alle famiglie dei militari (cfr.: N.S. ONOFRI, La grande..., cit., p. 157). I buoni non furono più distribuiti dopo il 30 ottobre, quando fu creato l'Istituto del pane gratuito. Questo ente comunale garantiva il pane e i grassi (per un importo complessivo di 8 lire al mese per persona) alle vedove e agli orfani di guerra; ai vecchi senza pensione; agli orfani di padre e madre, se inferiori ai 14 anni; agli inabili al lavoro. L'Istituto del pane gratuito — diretto dal consigliere comunale socialista Luigi Lanzi — fu soppresso dal fascismo. 3 La crisi edilizia era aggravata dal fatto che la maggior parte delle fornaci erano state trasformate in depositi militari. Alla fine del 1919 il comune di Bologna potè requisire la fornace Cordara e la affidò ai dipendenti, i quali costituirono la Cooperativa fornaciai. Questa cooperativa è oggi uno dei più grossi complessi del genere. Negli anni della guerra i costi dell'edilizia si erano quintuplicati. 4 Sussidi assegnati: maggio (4.731 uomini; 8.430 donne); giugno (4.867 e 8.467); luglio (5.091 e 8.651); agosto (5.373 e 8.715) ("La Vita cittadina", n. 8, 1919). 5 "Il Resto del Carlino", 25 gennaio 1919. 6 Ufficio centrale di notizie di Bologna, I morti della provincia di Bologna nella guerra MCMXV-MCMXVIII, Bologna 1927, p. 903. 7 Per l'attività di questo ente, cfr.: AMMINISTRAZIONE PROVINCIALE DI BOLOGNA, L'ufficio provinciale del lavoro (1918-1922), Bologna 1924. 8 CAMERA DI COMMERCIO E INDUSTRIA DELLA PROVINCIA DI BOLOGNA, Appunti per gli studi sulle industrie locali nei riguardi del dopoguerra, Bologna s.d. 9 ASB, Cart. ris. pref., Cat. 6, Fas. 2, 1919. 10 "II Resto del Carlino", 30 marzo 1919. 11 Cfr.: G. BENTINI, Disciplina della produzione agricola, ed. Avanti!, Milano 1917. In Emilia la produzione di grano era diminuita dai 7.497.000 quintali del 1914 ai 6.983.000 quintali del 1918. 12 Questa non era la prima manifestazione per la terra incolta, ma la più importante. Il 29 maggio se n'era tenuta un'altra in piazza S. Stefano. Secondo uno studio dell'Ufficio provinciale del lavoro in 15 comuni vi erano 4.230 ettari incolti e 3.828 malcoltivati (G. BAGLIONI, Prime ricerche sui terreni incolti e male coltivati della provincia di Bologna, in "La Vita cittadina", n. 8, 1919). Il 21 ottobre 1919, in base al decreto governativo

<strong>La</strong> <strong>strage</strong> <strong>di</strong> <strong>palazzo</strong> <strong>d'Accursio</strong><br />

denunciati per abbandono del posto <strong>di</strong> lavoro erano oltre 600. Numerosi<br />

<strong>di</strong> questi furono ad<strong>di</strong>rittura arrestati e condannati a tre mesi <strong>di</strong><br />

reclusione e 500 lire <strong>di</strong> multa, senza la con<strong>di</strong>zionale e con l'inter<strong>di</strong>zione<br />

dai pubblici uffici.<br />

Provve<strong>di</strong>menti — questa volta all'interno del Psi — furono presi a<br />

carico dei <strong>di</strong>pendenti pubblici che non avevano scioperato. I massimalisti<br />

annunciarono pubblicamente "che l'Unione Socialista prenderà<br />

dei provve<strong>di</strong>menti contro i propri soci, ferrovieri e postelegrafonici, che<br />

hanno fatto opera <strong>di</strong> crumiraggio". 39 Tra questi vi era anche Francesco<br />

Kolletzek, un postelegrafonico che era consigliere comunale.<br />

<strong>La</strong> riuscita parziale dello sciopero e, soprattutto, il suo strascico <strong>di</strong><br />

polemiche tra riformisti e massimalisti, rincuorò la borghesia perché<br />

si era compreso che il Psi e la Ccdl non avevano quella forza che si<br />

temeva e quella coesione e quell'unità che erano in<strong>di</strong>spensabili per sviluppare<br />

un piano rivoluzionario. Non tutto era perduto e si poteva<br />

guardare con meno apprensione alle elezioni politiche, anche se il clima<br />

politico era e restava infuocato.<br />

Note<br />

1 G. BAGLIONI, Per conoscere la portata della crisi <strong>di</strong> <strong>di</strong>soccupazione e progettarne i<br />

rime<strong>di</strong>, in "<strong>La</strong> Vita citta<strong>di</strong>na", n. 11, 1918.<br />

2 Il comune <strong>di</strong> Bologna non solo assisteva i <strong>di</strong>soccupati attraverso l'Ente della<br />

previdenza, ma per quasi tutto il 1919 continuò a dare — come faceva dal 1915 — i buoni<br />

alimentari alle famiglie dei militari (cfr.: N.S. ONOFRI, <strong>La</strong> grande..., cit., p. 157). I buoni<br />

non furono più <strong>di</strong>stribuiti dopo il 30 ottobre, quando fu creato l'Istituto del pane gratuito.<br />

Questo ente comunale garantiva il pane e i grassi (per un importo complessivo <strong>di</strong><br />

8 lire al mese per persona) alle vedove e agli orfani <strong>di</strong> guerra; ai vecchi senza pensione;<br />

agli orfani <strong>di</strong> padre e madre, se inferiori ai 14 anni; agli inabili al lavoro.<br />

L'Istituto del pane gratuito — <strong>di</strong>retto dal consigliere comunale socialista Luigi <strong>La</strong>nzi<br />

— fu soppresso dal fascismo.<br />

3 <strong>La</strong> crisi e<strong>di</strong>lizia era aggravata dal fatto che la maggior parte delle fornaci erano<br />

state trasformate in depositi militari. Alla fine del 1919 il comune <strong>di</strong> Bologna potè requisire<br />

la fornace Cordara e la affidò ai <strong>di</strong>pendenti, i quali costituirono la Cooperativa<br />

fornaciai. Questa cooperativa è oggi uno dei più grossi complessi del genere. Negli anni<br />

della guerra i costi dell'e<strong>di</strong>lizia si erano quintuplicati.<br />

4 Sussi<strong>di</strong> assegnati: maggio (4.731 uomini; 8.430 donne); giugno (4.867 e 8.467);<br />

luglio (5.091 e 8.651); agosto (5.373 e 8.715) ("<strong>La</strong> Vita citta<strong>di</strong>na", n. 8, 1919).<br />

5 "Il Resto del Carlino", 25 gennaio 1919.<br />

6 Ufficio centrale <strong>di</strong> notizie <strong>di</strong> Bologna, I morti della provincia <strong>di</strong> Bologna nella<br />

guerra MCMXV-MCMXVIII, Bologna 1927, p. 903.<br />

7 Per l'attività <strong>di</strong> questo ente, cfr.: AMMINISTRAZIONE PROVINCIALE DI BOLOGNA, L'ufficio<br />

provinciale del lavoro (1918-1922), Bologna 1924.<br />

8 CAMERA DI COMMERCIO E INDUSTRIA DELLA PROVINCIA DI BOLOGNA, Appunti per gli<br />

stu<strong>di</strong> sulle industrie locali nei riguar<strong>di</strong> del dopoguerra, Bologna s.d.<br />

9 ASB, Cart. ris. pref., Cat. 6, Fas. 2, 1919.<br />

10 "II Resto del Carlino", 30 marzo 1919.<br />

11 Cfr.: G. BENTINI, Disciplina della produzione agricola, ed. Avanti!, Milano 1917.<br />

In Emilia la produzione <strong>di</strong> grano era <strong>di</strong>minuita dai 7.497.000 quintali del 1914 ai 6.983.000<br />

quintali del 1918.<br />

12 Questa non era la prima manifestazione per la terra incolta, ma la più importante.<br />

Il 29 maggio se n'era tenuta un'altra in piazza S. Stefano. Secondo uno stu<strong>di</strong>o dell'Ufficio<br />

provinciale del lavoro in 15 comuni vi erano 4.230 ettari incolti e 3.828 malcoltivati<br />

(G. BAGLIONI, Prime ricerche sui terreni incolti e male coltivati della provincia <strong>di</strong> Bologna,<br />

in "<strong>La</strong> Vita citta<strong>di</strong>na", n. 8, 1919). Il 21 ottobre 1919, in base al decreto governativo

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