La strage di palazzo d'Accursio PDF

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31.05.2013 Views

La crisi del dopoguerra massimalisti contro i riformisti. Pietro Venturi e Renato Tega, pur rispettando la persona di Gaviglio, misero sotto accusa la sua gestione negli anni della guerra e nei primi mesi della pace. Messo in minoranza, Gaviglio restò in carica per l'ordinaria amministrazione, in attesa che la maggioranza massimalista decidesse se riconfermarlo o sostituirlo. A far precipitare le cose, ci pensò Borghi con l'invasione, da sinistra, della sede sindacale. Dopo essere stato duramente insultato da un gruppo di lavoratori, sia pure di un'altra organizzazione, a Gaviglio non restava che dare le dimissioni. 4. Arpinati scende in campo Un mese dopo i gravi incidenti di metà giugno — che furono seguiti da altri non meno gravi tumulti per il caro-viveri — Bologna fu agitata da un nuovo foltissimo sussulto provocato dallo sciopero internazionale del 20 e 21 luglio. Questa manifestazione, promossa in segno di solidarietà con la Russia rivoluzionaria — a quel tempo aggredita dagli eserciti delle nazioni occidentali, Italia compresa, e degli Stati Uniti — aggravò i contrasti tra massimalisti e riformisti. Gaviglio, rimasto in carica per l'ordinaria amministrazione, lasciò la segreteria della Ccdl il 13 luglio perché contrario allo sciopero, a favore del quale erano invece i massimalisti. I due gruppi socialisti si scontrarono il 16 luglio, nel corso della riunione dell'Usb (Unione socialista bolognese), l'organizzazione cittadina del Psi. Giulio Zanardi si dichiarò totalmente contrario, mentre Nicola Bombacci era a favore e disse "che se, per un cumulo di contrasti imprevisti, la rivoluzione non si farà il 20 e 21, si farà però al più presto, indubbiamente". 28 Fu approvato un documento di adesione, nel quale si raccomandava la calma e la disciplina ai lavoratori e si annunciava che la rivoluzione era rinviata a epoca indeterminata. Le reazioni degli altri partiti furono le più diverse. Scontata l'avversione delle destre e dei cattolici, ai quali si era accodata la sezione dell'Unione socialista italiana, una certa impressione destò l'agnosticismo del Pri, il quale arrivò a sostenere che le indecisioni mostrate dalla sinistra erano "i segni indicatori dell'insufficienza rivoluzionaria degli organismi promotori". 29 Nenni — che in passato aveva disapprovato l'intervento contro la Russia 30 — non condannò lo sciopero, pur non approvandolo, e scrisse che forse non avrebbe risolto nulla, ma che certamente avrebbe permesso al proletariato di dare una prova di responsabilità. Pur non essendosi ancora avvicinato al Psi, aveva già accettato i principi della lotta di classe e proprio in quei giorni sosteneva apertamente l'agitazione dei lavoratori di Molinella contro gli agrari. Prendendo lo spunto dallo sciopero internazionale, fece il bilancio

La strage di palazzo d'Accursio provvisorio di un'epoca, quella bellica, e indicò quelle che, a suo modo di vedere, erano le prospettive nuove che si aprivano davanti alla classe operaia. Fu disgrazia che il partito socialista, — [scrisse Nenni], anche se il pezzo non era firmato — schiavo di alcuni pregiudizi, non intendesse la portata dello sconvolgimento bellico e si facesse prigioniero di una sterile negazione. Senza codesta diserzione la classe operaia sarebbe già al timone dello stato e non avremmo avuto per quattro anni l'equivoco di cui noi subimmo le conseguenze, di un interventismo conservatore che aveva per obiettivi più che Trento e Trieste, Palazzo d'Accursio e Palazzo Marino, più che l'Adriatico, le Camere del Lavoro. Dopo questo riconoscimento del fallimento della "guerra democratica" e l'aperta ammissione del carattere antiproletario e antisocialista del conflitto, Nenni così proseguiva: Per fortuna, dopo l'armistizio, noi avemmo in Italia un'aspra polemica di politica estera che valse a ristabilire le distanze che si credevano sparite e che pose fine ad una "unione sacra" che aveva malconciliate le volontà diverse ed opposte di coloro che una necessità di politica interna nazionale aveva posto fianco a fianco. Codesta rottura non poteva non dare luogo a meraviglie ingenue o malvage e gli strali, naturalmente, vennero verso di noi. Tutti coloro che avevano sperato di tenerci prigionieri del loro anti-socialismo sistematico e delle loro nostalgie reazionarie ci accusarono quasi di tradimento. Non bisogna dolersene perché col finire d'un equivoco è finita ogni loro possibilità di difesa. La marcia dei proletari preannuncia già il definitivo tramonto delle vecchie oligarchie del blasone, del censo e dell'oro. La guerra compie la propria funzione rivoluzionaria. Ecco perché non vorremmo che la classe operaia sprecasse le proprie energie. È il caso di dire: Lasciate che i morti seppelliscano se stessi. La classe operaia ha bisogno di raggiungere l'unità, ha bisogno di capire la propria funzione sociale, ha bisogno di porsi in valore dando un segno della propria maturità. Nel senso buono della parola il socialismo sta per trionfare e crediamo che questo trionfo sia ostacolato più dalle aberranti teorie sociali che complicano il principio animatore dell'ideologia socialista: "Solo chi lavora ha diritto di vivere", che dalle superstiti resistenze dei conservatori. 31 Delle tre organizzazioni combattentistiche, quella degli arditi fu la più contraria allo sciopero. A firma del presidente Farina, fu pubblicato un manifesto nel quale si ammoniva "che gli Arditi ed i veri combattenti non mancheranno di trovarsi al loro posto per difendere sino all'ultimo l'onore d'Italia". 32 Al contrario, la sezione dell'Associazione combattenti annunciò che avrebbe aderito allo sciopero, se questo avesse voluto significare la condanna degli accordi di Versailles. Nonostante la posizione di Nenni, il Fascio non si pronunciò. Ciò dipese dal fatto che il Fascio nazionale era contrario allo sciopero. Infatti dalla riunione del comitato centrale che si tenne a Milano il 17, uscì una ferma condanna della manifestazione, in linea con l'articolo ferocemente anti-

<strong>La</strong> <strong>strage</strong> <strong>di</strong> <strong>palazzo</strong> <strong>d'Accursio</strong><br />

provvisorio <strong>di</strong> un'epoca, quella bellica, e in<strong>di</strong>cò quelle che, a suo modo<br />

<strong>di</strong> vedere, erano le prospettive nuove che si aprivano davanti alla<br />

classe operaia.<br />

Fu <strong>di</strong>sgrazia che il partito socialista, — [scrisse Nenni], anche se il pezzo<br />

non era firmato — schiavo <strong>di</strong> alcuni pregiu<strong>di</strong>zi, non intendesse la portata dello<br />

sconvolgimento bellico e si facesse prigioniero <strong>di</strong> una sterile negazione. Senza<br />

codesta <strong>di</strong>serzione la classe operaia sarebbe già al timone dello stato e non<br />

avremmo avuto per quattro anni l'equivoco <strong>di</strong> cui noi subimmo le conseguenze,<br />

<strong>di</strong> un interventismo conservatore che aveva per obiettivi più che Trento e Trieste,<br />

Palazzo <strong>d'Accursio</strong> e Palazzo Marino, più che l'Adriatico, le Camere del<br />

<strong>La</strong>voro.<br />

Dopo questo riconoscimento del fallimento della "guerra democratica"<br />

e l'aperta ammissione del carattere antiproletario e antisocialista<br />

del conflitto, Nenni così proseguiva:<br />

Per fortuna, dopo l'armistizio, noi avemmo in Italia un'aspra polemica <strong>di</strong><br />

politica estera che valse a ristabilire le <strong>di</strong>stanze che si credevano sparite e che<br />

pose fine ad una "unione sacra" che aveva malconciliate le volontà <strong>di</strong>verse<br />

ed opposte <strong>di</strong> coloro che una necessità <strong>di</strong> politica interna nazionale aveva posto<br />

fianco a fianco.<br />

Codesta rottura non poteva non dare luogo a meraviglie ingenue o malvage<br />

e gli strali, naturalmente, vennero verso <strong>di</strong> noi. Tutti coloro che avevano sperato<br />

<strong>di</strong> tenerci prigionieri del loro anti-socialismo sistematico e delle loro nostalgie<br />

reazionarie ci accusarono quasi <strong>di</strong> tra<strong>di</strong>mento. Non bisogna dolersene<br />

perché col finire d'un equivoco è finita ogni loro possibilità <strong>di</strong> <strong>di</strong>fesa. <strong>La</strong> marcia<br />

dei proletari preannuncia già il definitivo tramonto delle vecchie oligarchie del<br />

blasone, del censo e dell'oro. <strong>La</strong> guerra compie la propria funzione rivoluzionaria.<br />

Ecco perché non vorremmo che la classe operaia sprecasse le proprie energie.<br />

È il caso <strong>di</strong> <strong>di</strong>re: <strong>La</strong>sciate che i morti seppelliscano se stessi.<br />

<strong>La</strong> classe operaia ha bisogno <strong>di</strong> raggiungere l'unità, ha bisogno <strong>di</strong> capire<br />

la propria funzione sociale, ha bisogno <strong>di</strong> porsi in valore dando un segno della<br />

propria maturità. Nel senso buono della parola il socialismo sta per trionfare e<br />

cre<strong>di</strong>amo che questo trionfo sia ostacolato più dalle aberranti teorie sociali che<br />

complicano il principio animatore dell'ideologia socialista: "Solo chi lavora ha<br />

<strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> vivere", che dalle superstiti resistenze dei conservatori. 31<br />

Delle tre organizzazioni combattentistiche, quella degli ar<strong>di</strong>ti fu la<br />

più contraria allo sciopero. A firma del presidente Farina, fu pubblicato<br />

un manifesto nel quale si ammoniva "che gli Ar<strong>di</strong>ti ed i veri combattenti<br />

non mancheranno <strong>di</strong> trovarsi al loro posto per <strong>di</strong>fendere sino<br />

all'ultimo l'onore d'Italia". 32 Al contrario, la sezione dell'Associazione<br />

combattenti annunciò che avrebbe aderito allo sciopero, se questo avesse<br />

voluto significare la condanna degli accor<strong>di</strong> <strong>di</strong> Versailles. Nonostante<br />

la posizione <strong>di</strong> Nenni, il Fascio non si pronunciò. Ciò <strong>di</strong>pese dal fatto<br />

che il Fascio nazionale era contrario allo sciopero. Infatti dalla riunione<br />

del comitato centrale che si tenne a Milano il 17, uscì una ferma<br />

condanna della manifestazione, in linea con l'articolo ferocemente anti-

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