La strage di palazzo d'Accursio PDF
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La crisi del dopoguerra furono identificati i tenenti Francesco Serantini, Mario Gianfranco, Attilio Pappalardo e Mario Jacchia. 24 Al termine della sparatoria, restarono feriti gli squadristi Mario Galeotti di 18 anni e Pietro Sabatini di 17, colpiti alle spalle per errore dai loro commilitoni. Anche Zanardi, che si trovava all'interno della sede sindacale, fu colpito, ma il proiettile gli sfiorò la giacca. I circa settanta lavoratori che si trovavano all'interno, per una riunione, poterono allontanarsi solo dopo essere stati accuratamente perquisiti. Subito dopo la sparatoria, la sede della Ccdl era stata circondata da una doppia fila di soldati e carabinieri per evitare altre aggressioni. Ma il controllo non doveva esser molto stretto se, mezz'ora dopo, un uomo, con un gagliardetto degli arditi sotto la giacca, fu trovato nell'atrio del sindacato. Interrogato da Zanardi, da Bentini e dall'Argentina Altobelli, disse di essere un ardito — si chiamava Armando Ferrari ed era di Gaggio Montano — e di avere cercato di salire ai piani superiori dello stabile per esporre il gagliardetto a una finestra. 25 Sottraendolo, a stento, ai presenti che lo volevano malmenare, Zanardi e Bentini lo consegnarono ai carabinieri. Il gagliardetto fu restituito qualche giorno dopo, quando l'associazione degli arditi ammise che molti degli aggressori erano suoi soci, ma che avevano agito a titolo personale. L'assalto alla Ccdl, al di là dei risultati visibili, ebbe due importanti riflessi sia all'interno del mondo interventista che sindacale. Il 17 giugno il Giornale del Mattino pubblicò una lettera di E.T. [Ettore Trombetti], inviata al direttore, in cui si protestava contro la versione data degli incidenti del 15. "O di qua o di là", concludeva la lettera. Nenni, anche se la risposta era anonima, condannò le violenze dei lavoratori, ma anche quelle dei nazionalisti. Contro gli opposti estremismi, scrisse, "il rimedio è nella libertà, soltanto nella libertà!" e tutto dipende dall'azione che il governo deve svolgere per eliminare i motivi del malessere popolare. E aggiunse che sbagliavano quelli che credevano, come i nazionalisti, che "alle violenze verbali, agli odi, alla incoscienza di una minima parte del proletariato non ci sia da opporre che un maggiore violenza, ingiurie ad ingiurie, botte alle botte, pugnali e revolver a sassi e bastoni". Questa risposta sanzionò definitivamente la frattura tra fascisti del Fascio e fascisti veri, cioè i nazionalisti. Sia pure indirettamente, la risposta alla tesi di Nenni è nel rapporto del 17 giugno del prefetto. L'alto funzionario scrisse che era deplorevole che i movimenti di destra si servissero degli studenti e dei militari: li eccitano per poi lasciarli soli al momento delle manifestazioni in atto. [Ma] Costoro non comprendono che gli interessi locali o le piccole gare elettorali amministrative e vorrebbero la distruzione del partito socialista e degli uomini che lo capeggiano, senza avere la forza e la volontà di vincerli o nel campo delle organizzazioni economiche fattive o organizzando comunque manifestazioni che possano costituire la espressione evidente di una volontà collettiva apprezzabile numericamente.
La strage di palazzo d'Accursio Per questo alla destra non restava che il ricorso alla forza. E i fascisti del Fascio, su questo punto, non erano più d'accordo. Il secondo riflesso, dell'assalto alla Ccdl si ebbe all'interno del mondo sindacale, dove si accese una disputa sul modo di fronteggiare simili situazioni. Da questo dibattito usci vittoriosa la tesi degli estremisti, con la conseguente emarginazione dell'ala riformista. Quando la segreteria della Ccdl — che organizzava la stragrande maggioranza dei lavoratori bolognesi — decise, in accordo con la federazione del Psi, di non proclamare lo sciopero generale di protesta, gli elementi più estremisti, interni ed esterni al sindacato e al movimento socialista, si scatenarono. La sera stessa degli incidenti, la segreteria della Ccdl aveva indirizzato un appello ai lavoratori perché non sospendessero il lavoro "allo scopo di non disperdere energie proletarie in movimenti isolati, mentre si sta preparando a breve scadenza lo sciopero generale internazionale politico [quello del 20 e 21 luglio, N.d.A]". In tale situazione la Camera Confederale del Lavoro e la Federazione Provinciale Socialista, vi invitano a non raccogliere la sfida avversaria che tende a spezzare la nostra preparazione ai decisivi cimenti. Lo sciopero generale è semplicemente differito. Comprimete nel vostro animo lo sdegno e la nobile impazienza per l'azione socialista. Attendete con calma e disciplina le decisioni degli organi centrali del Partito Socialista e della Confederazione del Lavoro. 26 Lo sciopero di protesta fu proclamato, a tempo indeterminato, dalla Vecchia camera del lavoro, che organizzava una esigua minoranza di lavoratori, in maggioranza anarchici. 27 Nonostante l'adesione dei muratori e dei tabacchini, mentre i tranvieri erano stati invitati dal prefetto a non lavorare per motivi di sicurezza, lo sciopero falli. La prefettura aveva anche proibito qualsiasi manifestazione pubblica e assembramenti con più di cinque persone. Non pago dell'insuccesso, Armando Borghi, — il massimo esponente degli anarchici bolognesi — seguito da una settantina di lavoratori, si recò nella sede della Ccdl, per chiedere ai dirigenti di quel sindacato di aderire allo sciopero e di prolungarlo nei giorni successivi. Avendo avuto una risposta negativa, Borghi e i suoi seguaci insultarono il segretario provinciale Carlo Gaviglio. Quell'invasione mascherata, e certamente premeditata, aveva un significato che andava oltre il motivo contingente dello sciopero. Gli anarchici della Vecchia Cdl, che non avevano dimenticato né digerito la scissione dei socialisti nel 1912, non tralasciavano occasione per attaccare i riformisti, che ne erano stati i fautori. Borghi trovò facilmente degli alleati nei massimalisti i quali da tempo volevano sostituirsi ai riformisti nella direzione del sindacato, avendo già in mano il partito. Pochi giorni prima dell'assalto alla sede del sindacato — ed esattamente il primo e l'8 giugno — durante i lavori del primo congresso postbellico della Ccdl, erano stati sferrati i primi attacchi dei
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<strong>La</strong> <strong>strage</strong> <strong>di</strong> <strong>palazzo</strong> <strong>d'Accursio</strong><br />
Per questo alla destra non restava che il ricorso alla forza. E i<br />
fascisti del Fascio, su questo punto, non erano più d'accordo.<br />
Il secondo riflesso, dell'assalto alla Ccdl si ebbe all'interno del<br />
mondo sindacale, dove si accese una <strong>di</strong>sputa sul modo <strong>di</strong> fronteggiare<br />
simili situazioni. Da questo <strong>di</strong>battito usci vittoriosa la tesi degli estremisti,<br />
con la conseguente emarginazione dell'ala riformista. Quando<br />
la segreteria della Ccdl — che organizzava la stragrande maggioranza<br />
dei lavoratori bolognesi — decise, in accordo con la federazione del<br />
Psi, <strong>di</strong> non proclamare lo sciopero generale <strong>di</strong> protesta, gli elementi più<br />
estremisti, interni ed esterni al sindacato e al movimento socialista, si<br />
scatenarono. <strong>La</strong> sera stessa degli incidenti, la segreteria della Ccdl aveva<br />
in<strong>di</strong>rizzato un appello ai lavoratori perché non sospendessero il lavoro<br />
"allo scopo <strong>di</strong> non <strong>di</strong>sperdere energie proletarie in movimenti isolati,<br />
mentre si sta preparando a breve scadenza lo sciopero generale internazionale<br />
politico [quello del 20 e 21 luglio, N.d.A]".<br />
In tale situazione la Camera Confederale del <strong>La</strong>voro e la Federazione Provinciale<br />
Socialista, vi invitano a non raccogliere la sfida avversaria che tende<br />
a spezzare la nostra preparazione ai decisivi cimenti.<br />
Lo sciopero generale è semplicemente <strong>di</strong>fferito. Comprimete nel vostro animo<br />
lo sdegno e la nobile impazienza per l'azione socialista. Attendete con calma<br />
e <strong>di</strong>sciplina le decisioni degli organi centrali del Partito Socialista e della<br />
Confederazione del <strong>La</strong>voro. 26<br />
Lo sciopero <strong>di</strong> protesta fu proclamato, a tempo indeterminato,<br />
dalla Vecchia camera del lavoro, che organizzava una esigua minoranza<br />
<strong>di</strong> lavoratori, in maggioranza anarchici. 27 Nonostante l'adesione dei muratori<br />
e dei tabacchini, mentre i tranvieri erano stati invitati dal<br />
prefetto a non lavorare per motivi <strong>di</strong> sicurezza, lo sciopero falli. <strong>La</strong><br />
prefettura aveva anche proibito qualsiasi manifestazione pubblica e<br />
assembramenti con più <strong>di</strong> cinque persone. Non pago dell'insuccesso,<br />
Armando Borghi, — il massimo esponente degli anarchici bolognesi —<br />
seguito da una settantina <strong>di</strong> lavoratori, si recò nella sede della Ccdl,<br />
per chiedere ai <strong>di</strong>rigenti <strong>di</strong> quel sindacato <strong>di</strong> aderire allo sciopero e <strong>di</strong><br />
prolungarlo nei giorni successivi. Avendo avuto una risposta negativa,<br />
Borghi e i suoi seguaci insultarono il segretario provinciale Carlo Gaviglio.<br />
Quell'invasione mascherata, e certamente preme<strong>di</strong>tata, aveva un<br />
significato che andava oltre il motivo contingente dello sciopero. Gli<br />
anarchici della Vecchia Cdl, che non avevano <strong>di</strong>menticato né <strong>di</strong>gerito<br />
la scissione dei socialisti nel 1912, non tralasciavano occasione per<br />
attaccare i riformisti, che ne erano stati i fautori. Borghi trovò facilmente<br />
degli alleati nei massimalisti i quali da tempo volevano sostituirsi<br />
ai riformisti nella <strong>di</strong>rezione del sindacato, avendo già in mano il<br />
partito. Pochi giorni prima dell'assalto alla sede del sindacato — ed<br />
esattamente il primo e l'8 giugno — durante i lavori del primo congresso<br />
postbellico della Ccdl, erano stati sferrati i primi attacchi dei