Dicembre 2009 - Comune di Imola

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Quasi un editoriale in tono alquanto sommesso di Maurizia Gasparetto Non ho mai fatto parte della redazione di un giornale, quindi non ho alcun termine di paragone per la nostra redazione di Quaderni d’infanzia. E’ così che funzionano di solito? Come funzioniamo noi? Perché noi non sappiamo, fino al momento di andare in stampa (che bella espressione “andare in stampa”, fa sentire odore di inchiostro e immaginare grandi macchinari scuri e rumorosi che vomitano fogli di carta, ma deve essere un’immagine piuttosto vecchia, forse oggi non è più così) che cosa ci troveremo tra le mani. Di solito partiamo da un’idea e attorno a quell’idea raccogliamo dei materiali, senza sapere esattamente che cosa ne salterà fuori. Per il primo numero l’idea di fondo era “noi e gli altri”, più o meno. Ma allora avevamo il vantaggio della novità: era il primo tentativo e contavamo sul fatto che molto ci sarebbe stato perdonato, se anche non fosse stato perfetto. Per i due numeri successivi, tutto sommato era abbastanza facile; l’idea era chiara ed evidente, la formazione e il convegno sulla genitorialità; non c’era niente da inventare, se non il modo di confezionarli; la coerenza interna del prodotto finale era sufficientemente garantita dalla forza del contenuto. Senza falsa modestia, tutti e tre i numeri di Quaderni d’infanzia hanno avuto successo e il successo diventa impegnativo: ci si sente in dovere di restare all’altezza, per non fare brutte figure. Per questo numero, abbiamo convenuto di restare in un certo senso dentro al solco della genitorialità e di occuparci di accoglienza (più o meno). Personalmente trovo che la parola accoglienza comincia ad essere lievemente esausta; mi fa pensare istintivamente ai Centri di accoglienza di qualche anno fa (anche se adesso hanno cambiato nome), che accoglienti non erano affatto. Forse la parola accoglienza è persino un po’ offesa, di essere stiracchiata da una parte e dall’altra e di trovarsi evocata in tante situazioni diverse; ma al momento non so trovarne una migliore. Questa parola, che resta una parola gentile, che ha le braccia aperte e il sorriso sulle labbra, anche se forse è un po’ stanca, è il filo sottile che lega i contributi di questo numero di Quaderni d’infanzia. Si capisce? Si sente che c’è un’idea a tenerli insieme? Supponiamo di sì, anche se lo vedremo soltanto alla fine. Di sicuro, abbiamo scoperto una cosa: quando pensiamo all’accoglienza e ad essere accoglienti, il primo pensiero va al cibo. Il nido di Sesto Imolese e la scuola dell’infanzia Sante Zennaro preparano una merenda per incontrare in modo accogliente le famiglie e i bambini nuovi, che vengono per la prima volta; al nido Scoiattolo si servono di un progetto sull’alimentazione per rafforzare e rendere più sciolte le relazioni anche con i genitori “abituali”; alla scuola dell’infanzia Pambera preparano il pane, come una specie di collante tra diverse culture, e dal nido Campanella vanno a Pambera in missione per imparare a fare altrettanto. Forse più ancora del cibo conta il fatto che le persone che lo offrono sono mosse da un desiderio sincero di essere accoglienti, ma evidentemente anche la scelta del mezzo ha il suo peso. Come direbbe MacLuhan (perdonate la citazione un po’ pedante) “Il medium è il messaggio”. Comunque, qui non si scrive solo di mangiare e chiacchierare e stare piacevolmente in compagnia. Si racconta anche di bambini molto accoglienti, che sanno destreggiarsi con grande compostezza e tranquilla determinazione tra le ansie degli adulti e le incertezze dei nuovi compagni. Se mi è permessa un’annotazione seria (e me la permetto), credo siano accoglienti i bambini che si sanno accolti, bambini che ripetono una lezione che hanno imparato nei gesti e nella cura che le educatrici e le insegnanti hanno avuto per loro. Quei bambini solleciti e premurosi, che mostrano attenzione e rispetto, a loro volta ci insegnano molto e sono anche i testimoni più sinceri e affidabili del vostro lavoro. (Tra parentesi aggiungo che vorrei sfatare l'immagine di giudice inflessibile e alquanto parsimonioso che qualcuno mi cuce addosso. Ma sono proprio così implacabile?).
I n v i a t a p e r c a s o di Virna De Gisi Dopo un intero anno di chiusura, in cui hanno avuto il tempo di ripensarsi e riorganizzarsi, riveduti e corretti i Centri per bambini e genitori finalmente riaprono al pubblico: fissate al 12 ed al 14 ottobre le date di inaugurazione, rispettivamente per la Casa dei Giochi e per la Tana degli Orsetti. Il pensiero di dedicare un articolo a questo riavvio è sembrato un atto doveroso, quasi dovuto, e l’idea che a realizzarlo fosse una figura esterna ma non completamente estranea alle rispettive strutture ospitanti è parsa appropriata, con quella punta di arguzia che non guasta mai. La sorpresa imprevista, invece, è data dal fatto che toccasse proprio a me redigere l’articolo in questione. Eccomi dunque qui, carta e penna alla mano, nell’insolito ruolo di inviata speciale per un giorno (anzi due). LA CASA DEI GIOCHI lunedì 12 ottobre 2009 L’apertura è fissata per le 16 ed io, che di solito sono puntuale, decido di concedermi un quarto d’ora canonico di ritardo; così, giusto per non essere lì ad aprire il portone. Giust’appunto non lo sono, ma si dà il caso che i primi ad arrivare e, purtroppo, anche ad andar via, siano proprio le autorità: la nostra dirigente, Amedea Morsiani, l’assessore alla scuola, Marco Raccagna ed il direttore generale, Michele Bertola, i quali, ligi agli orari (o alla scaletta degli impegni) hanno già fatto il giro di prammatica, con relativi commenti che io puntualmente mi sono persa! Certo non è proprio granché, come inizio di una promettente carriera di inviata un po' speciale. Entrando, ho come un istante di dejà vu: già, quante volte avrò aperto questa porta? Innumerevoli, visto che fino allo scorso anno questa era la mia sezione; dentro, volti e sorrisi amici, insieme a quelli di tanti genitori e tanti bambini, alcuni giunti per questa occasione speciale, altri per riprendere una consuetudine soltanto temporaneamente interrotta. L’ambiente è noto: la cucina, il salotto, il tavolo romagnolo facevano già bella mostra di sè lo scorso anno, a parziale riqualificazione della Casa dei Giochi, ma il completamento degli arredi è tutto da scoprire: una struttura a forma di macchinina, l’angolo della bancarella e quello dei travestimenti concorrono a definire ulteriormente la zona ludica da quella più propriamente “domestica” e, nella stanza dei giochi, una nuova piscina di palline ha rimpiazzato la sua antenata piena di acciacchi, finita in pensione per limiti d’età.Il verde è ovunque: dall’entrata esterna alle scale, dai ficus dietro le poltrone ai fiori alle finestre; anche la tavola del buffet è incorniciata da tralci d’edera e sul pianoforte una spiritosa pianta di
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