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Dicembre 2009 - Comune di Imola

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_______Quaderni d'Infanzia<br />

Pubblicazione semestrale a cura del Coor<strong>di</strong>namento Pedagogico, delle Scuole dell'infanzia e dei<br />

Ni<strong>di</strong> d'infanzia del <strong>Comune</strong> <strong>di</strong> <strong>Imola</strong><br />

Anno 2 -n. 2 - <strong>Dicembre</strong> <strong>2009</strong><br />

SOMMARIO<br />

QUASI UN EDITORIALE (M. Gasparetto)..................................................p.2<br />

...<br />

INVIATA PER CASO (V.De Gisi)….....................................................p.3<br />

...<br />

ATTORNO A UN TAVOLO:<br />

UNA NUOVA MERENDA A SESTO IMOLESE(Collettivo Nido Sesto<br />

Imolese)...........................................................................................p.7<br />

UN POMERIGGIO, UN SUCCESSO (Collettivo Scuola Infanzia Sante<br />

Zennaro)...........................................................................................p.8<br />

ANCHE QUESTA È ACCOGLIENZA? (Coll. Nido Scoiattolo)...... .........p.9<br />

PROFUMO Di PANE (C.Serantoni)......................................................pp11-13<br />

IMPARIAMO A FARE IL PANE (R.Balducci)............................................p.12<br />

...<br />

MIGRAZIONI DI SETTEMBRE (M. Cimatti)............................................p.14<br />

...<br />

PICCOLE GRANDI STORIE DI BAMBINI, EDUCATRICI, INSEGNANTI:<br />

GUARDANDO SI IMPARA (S. Cevinini)................................ ..................p.16<br />

FRAMMENTI DI VITA QUOTIDIANA(Coll. Nido Scoiattolo)...................p17<br />

ACCOGLIENZE DIVERSE (K. Raspanti e S. Fabbri)...............................p.19<br />

ALLORA... MI ASCOLTI? (M. Cimatti)......................................................p22<br />

CONVERSANDO SUI NUOVI ARRIVATI (Sez. Scoiattoli Pambera)............p.24<br />

SAPORE DI CASA (S. Lazzarini)...............................................................p.26<br />

I BABÌ IÉ TOT ARAVACIÉ (T Bor<strong>di</strong>ni).....................................................p.28<br />

...<br />

EMOZIONI E RICORDI IN LIBERTÀ ... <strong>di</strong> mamme, insegnanti e<br />

insegnati/mamme (Sonia- mamma <strong>di</strong> Francesco, C.Serantoni,<br />

A.Cavulla, E. Solaroli).........................................................................pp30-34<br />

...<br />

DA TENERE SUL COMODINO a cura <strong>di</strong> M.Gasparetto<br />

JOSÉ SARAMAGO-IL VIAGGIO DELL'ELEFANTE.............................p.35<br />

Per contribuire alle prossime pubblicazioni:<br />

COMITATO DI<br />

REDAZIONE<br />

Renata Balducci<br />

Tamara Bor<strong>di</strong>ni<br />

Camilla Cacciari<br />

Sandra Cevinini<br />

Marinella Cimatti<br />

Rossella Civolani<br />

Natascia Conti<br />

Virna De Gisi<br />

Maurizia Gasparetto<br />

Sara Lazzarini<br />

Barbara Molinazzi<br />

Can<strong>di</strong>a Serantoni<br />

Elisa Solaroli<br />

Impaginazione e<br />

Grafica a cura <strong>di</strong><br />

Camilla Cacciari<br />

Chi volesse, potrà inviare alla redazione, presso: molinazzi.b@comune.imola.bo.it , per posta<br />

elettronica, il solo testo non formattato degli articoli (allegando eventuali foto inerenti in files<br />

separati).<br />

Disponendo solo <strong>di</strong> foto su carta, contattare Camilla Cacciari presso il nido Fontanelle oppure via email:<br />

camillacacciari55@libero.it<br />

Tutti gli articoli pervenuti verranno presi in esame dal Comitato <strong>di</strong> Redazione. Prima <strong>di</strong> procedere ad<br />

eventuali adattamenti il C.d.R. contatterà gli autori. Non verranno pubblicati gli articoli pervenuti solo<br />

in forma cartacea,


Quasi un e<strong>di</strong>toriale<br />

in tono alquanto sommesso<br />

<strong>di</strong> Maurizia Gasparetto<br />

Non ho mai fatto parte della redazione <strong>di</strong> un giornale, quin<strong>di</strong> non ho alcun termine <strong>di</strong> paragone per la<br />

nostra redazione <strong>di</strong> Quaderni d’infanzia.<br />

E’ così che funzionano <strong>di</strong> solito? Come funzioniamo noi? Perché noi non sappiamo, fino al momento <strong>di</strong><br />

andare in stampa (che bella espressione “andare in stampa”, fa sentire odore <strong>di</strong> inchiostro e<br />

immaginare gran<strong>di</strong> macchinari scuri e rumorosi che vomitano fogli <strong>di</strong> carta, ma deve essere<br />

un’immagine piuttosto vecchia, forse oggi non è più così) che cosa ci troveremo tra le mani. Di solito<br />

partiamo da un’idea e attorno a quell’idea raccogliamo dei materiali, senza sapere esattamente che<br />

cosa ne salterà fuori. Per il primo numero l’idea <strong>di</strong> fondo era “noi e gli altri”, più o meno. Ma allora<br />

avevamo il vantaggio della novità: era il primo tentativo e contavamo sul fatto che molto ci sarebbe<br />

stato perdonato, se anche non fosse stato perfetto. Per i due numeri successivi, tutto sommato era<br />

abbastanza facile; l’idea era chiara ed evidente, la formazione e il convegno sulla genitorialità; non<br />

c’era niente da inventare, se non il modo <strong>di</strong> confezionarli; la coerenza interna del prodotto finale era<br />

sufficientemente garantita dalla forza del contenuto.<br />

Senza falsa modestia, tutti e tre i numeri <strong>di</strong> Quaderni d’infanzia hanno avuto successo e il successo<br />

<strong>di</strong>venta impegnativo: ci si sente in dovere <strong>di</strong> restare all’altezza, per non fare brutte figure.<br />

Per questo numero, abbiamo convenuto <strong>di</strong> restare in un certo senso dentro al solco della genitorialità e<br />

<strong>di</strong> occuparci <strong>di</strong> accoglienza (più o meno). Personalmente trovo che la parola accoglienza comincia ad<br />

essere lievemente esausta; mi fa pensare istintivamente ai Centri <strong>di</strong> accoglienza <strong>di</strong> qualche anno fa<br />

(anche se adesso hanno cambiato nome), che accoglienti non erano affatto. Forse la parola<br />

accoglienza è persino un po’ offesa, <strong>di</strong> essere stiracchiata da una parte e dall’altra e <strong>di</strong> trovarsi evocata<br />

in tante situazioni <strong>di</strong>verse; ma al momento non so trovarne una migliore.<br />

Questa parola, che resta una parola gentile, che ha le braccia aperte e il sorriso sulle labbra, anche se<br />

forse è un po’ stanca, è il filo sottile che lega i contributi <strong>di</strong> questo numero <strong>di</strong> Quaderni d’infanzia. Si<br />

capisce? Si sente che c’è un’idea a tenerli insieme? Supponiamo <strong>di</strong> sì, anche se lo vedremo soltanto<br />

alla fine. Di sicuro, abbiamo scoperto una cosa: quando pensiamo all’accoglienza e ad essere<br />

accoglienti, il primo pensiero va al cibo.<br />

Il nido <strong>di</strong> Sesto Imolese e la scuola dell’infanzia Sante Zennaro preparano una merenda per incontrare<br />

in modo accogliente le famiglie e i bambini nuovi, che vengono per la prima volta; al nido Scoiattolo si<br />

servono <strong>di</strong> un progetto sull’alimentazione per rafforzare e rendere più sciolte le relazioni anche con i<br />

genitori “abituali”; alla scuola dell’infanzia Pambera preparano il pane, come una specie <strong>di</strong> collante tra<br />

<strong>di</strong>verse culture, e dal nido Campanella vanno a Pambera in missione per imparare a fare altrettanto.<br />

Forse più ancora del cibo conta il fatto che le persone che lo offrono sono mosse da un desiderio<br />

sincero <strong>di</strong> essere accoglienti, ma evidentemente anche la scelta del mezzo ha il suo peso. Come<br />

<strong>di</strong>rebbe MacLuhan (perdonate la citazione un po’ pedante) “Il me<strong>di</strong>um è il messaggio”.<br />

Comunque, qui non si scrive solo <strong>di</strong> mangiare e chiacchierare e stare piacevolmente in compagnia.<br />

Si racconta anche <strong>di</strong> bambini molto accoglienti, che sanno destreggiarsi con grande compostezza e<br />

tranquilla determinazione tra le ansie degli adulti e le incertezze dei nuovi compagni. Se mi è permessa<br />

un’annotazione seria (e me la permetto), credo siano accoglienti i bambini che si sanno accolti, bambini<br />

che ripetono una lezione che hanno imparato nei gesti e nella cura che le educatrici e le insegnanti<br />

hanno avuto per loro. Quei bambini solleciti e premurosi, che mostrano attenzione e rispetto, a loro<br />

volta ci insegnano molto e sono anche i testimoni più sinceri e affidabili del vostro lavoro.<br />

(Tra parentesi aggiungo che vorrei sfatare l'immagine <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>ce inflessibile e alquanto parsimonioso<br />

che qualcuno mi cuce addosso. Ma sono proprio così implacabile?).


I n v i a t a p e r c a s o<br />

<strong>di</strong> Virna De Gisi<br />

Dopo un intero anno <strong>di</strong> chiusura, in cui hanno avuto il tempo <strong>di</strong> ripensarsi e riorganizzarsi,<br />

riveduti e corretti i Centri per bambini e genitori finalmente riaprono al pubblico: fissate al 12<br />

ed al 14 ottobre le date <strong>di</strong> inaugurazione, rispettivamente per la Casa dei Giochi e per la Tana<br />

degli Orsetti.<br />

Il pensiero <strong>di</strong> de<strong>di</strong>care un articolo a questo riavvio è sembrato un atto doveroso, quasi<br />

dovuto, e l’idea che a realizzarlo fosse una figura esterna ma non completamente estranea<br />

alle rispettive strutture ospitanti è parsa appropriata, con quella punta <strong>di</strong> arguzia che non<br />

guasta mai. La sorpresa imprevista, invece, è data dal fatto che toccasse proprio a me<br />

re<strong>di</strong>gere l’articolo in questione.<br />

Eccomi dunque qui, carta e penna alla mano, nell’insolito ruolo <strong>di</strong> inviata speciale per un<br />

giorno (anzi due).<br />

LA CASA DEI GIOCHI<br />

lunedì 12 ottobre <strong>2009</strong><br />

L’apertura è fissata per le 16 ed io, che <strong>di</strong> solito sono puntuale,<br />

decido <strong>di</strong> concedermi un quarto d’ora canonico <strong>di</strong> ritardo; così,<br />

giusto per non essere lì ad aprire il portone. Giust’appunto non<br />

lo sono, ma si dà il caso che i primi ad arrivare e, purtroppo,<br />

anche ad andar via, siano proprio le autorità: la nostra<br />

<strong>di</strong>rigente, Amedea<br />

Morsiani, l’assessore alla<br />

scuola, Marco Raccagna ed il <strong>di</strong>rettore generale,<br />

Michele Bertola, i quali, ligi agli orari (o alla scaletta<br />

degli impegni) hanno già fatto il giro <strong>di</strong> prammatica, con<br />

relativi commenti che io puntualmente mi sono persa!<br />

Certo non è proprio granché, come inizio <strong>di</strong> una<br />

promettente carriera <strong>di</strong> inviata un po' speciale.<br />

Entrando, ho come un istante <strong>di</strong> dejà vu: già, quante<br />

volte avrò aperto questa porta?<br />

Innumerevoli, visto che fino allo scorso anno questa<br />

era la mia sezione; dentro, volti e sorrisi amici, insieme<br />

a quelli <strong>di</strong> tanti genitori e tanti bambini, alcuni giunti per<br />

questa occasione speciale, altri per riprendere una<br />

consuetu<strong>di</strong>ne soltanto temporaneamente interrotta.<br />

L’ambiente è noto: la cucina, il salotto, il tavolo<br />

romagnolo facevano già bella mostra <strong>di</strong> sè lo scorso<br />

anno, a parziale riqualificazione della Casa dei Giochi,<br />

ma il completamento degli arre<strong>di</strong> è tutto da scoprire:<br />

una struttura a forma <strong>di</strong> macchinina, l’angolo della<br />

bancarella e quello dei travestimenti concorrono a definire ulteriormente la zona lu<strong>di</strong>ca da<br />

quella più propriamente “domestica” e, nella stanza dei giochi, una nuova piscina <strong>di</strong> palline<br />

ha rimpiazzato la sua antenata piena <strong>di</strong> acciacchi, finita in pensione per limiti d’età.Il verde è<br />

ovunque: dall’entrata esterna alle scale, dai ficus <strong>di</strong>etro le poltrone ai fiori alle finestre; anche<br />

la tavola del buffet è incorniciata da tralci d’edera e sul pianoforte una spiritosa pianta <strong>di</strong>


peperoncino reca l'inconsueto messaggio <strong>di</strong> auguri <strong>di</strong> una dada-mamma passata per un<br />

saluto.<br />

Sulle pareti una serie <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> foto, alcune in bianco e nero, altre dai colori soffusi, ci<br />

mostrano fiori, animali, scorci <strong>di</strong> paesaggi con raffinata<br />

semplicità ed aggiungono quel tocco in più che<br />

impreziosisce un ambiente in sé già piacevolmente<br />

invitante.<br />

Intravedo da lontano Maurizia Gasparetto che si<br />

intrattiene con la coor<strong>di</strong>natrice pedagogica, Barbara<br />

Molinazzi ed il nostro responsabile Daniele Chitti e<br />

penso che è giunta l’ora <strong>di</strong> sapere cosa ne pensa il<br />

“sant’uffizio”<strong>di</strong> questo nuovo assetto. Così, mi ritrovo ad<br />

ascoltare Chitti che proclama l’elogio delle capacità <strong>di</strong><br />

coinvolgimento del personale nella “compartecipazione<br />

ad un progetto che non sia solamente prerogativa del Nido che lo ospita, ma <strong>di</strong>venti<br />

patrimonio comune a tutte le scuole, auspicando che questo contribuisca a farlo percepire<br />

risorsa per la collettività in modo naturale, così come lo sono la scuola o la biblioteca”.<br />

Auspicando a mia volta <strong>di</strong> aver capito giusto, mi trovo d'accordo e soprattutto penso sia molto<br />

bello da parte <strong>di</strong> tutti offrire alla collettività un servizio gratuito (e praticamente a costo zero,<br />

grazie alla collaborazione del personale), specie in un momento <strong>di</strong> tagli finanziari<br />

generalizzati. Sicuramente dona visibilità ad un <strong>Comune</strong> a cui bisogna riconoscere il merito <strong>di</strong><br />

avere, nell’elenco delle sue priorità, ai primi posti i bisogni dei bambini e i valori della famiglia.<br />

E ad avvalorare questo pensiero all’improvviso vedo<br />

l’assessore Raccagna, che sapevo essere andato via già<br />

prima che io arrivassi; sorrido nel comprendere che, dopo<br />

aver smesso gli abiti istituzionali, ora veste quelli più como<strong>di</strong><br />

del papà accanto alla propria figlia (che tra l’altro questo<br />

nido ha visto crescere) e quasi mi <strong>di</strong>spiace interromperlo<br />

solo un attimo, per chiedere un suo parere sul Centro.<br />

Naturalmente non può <strong>di</strong>rsi che entusiasta.<br />

Ed è un entusiasmo che contagia: sono le 17.30 e si<br />

potrebbe <strong>di</strong>chiarare il tutto esaurito. Il clima è festoso e<br />

<strong>di</strong>steso e ognuno è impegnato a chiacchierare, ad<br />

osservare i giochi che il proprio figlio fa, oppure a spiluccare<br />

qualcosa dal buffet. Ogni tanto vedo apparire la Gasparetto<br />

che con minuzia sembra “stu<strong>di</strong>are” attentamente ogni<br />

angolo (chissà quale sarà il suo responso).<br />

Mi siedo un attimo; accanto a me una mamma offre un<br />

pupazzo morbido alla figlioletta <strong>di</strong> 10 mesi, racconta <strong>di</strong> aver<br />

ritirato la sua bimba dal nido in cui l’aveva iscritta, dopo essere entrata in cassa integrazione<br />

ed avere appreso che, molto probabilmente, a breve perderà il suo posto <strong>di</strong> lavoro. È<br />

contenta che ci siano delle strutture come questa, dove i bambini possono stare insieme e le<br />

mamme possono scambiarsi dei consigli in un'atmosfera più rilassata. “A volte fuori il clima è<br />

così deprimente…”. E mi sorge il dubbio che non si riferisca soltanto al tempo.<br />

In un angolo un guanto verde continua a farmi “ciao”; mi sporgo un po’ per vedere meglio e<br />

riconosco il volto <strong>di</strong> Gaia sotto la tesa <strong>di</strong> un cappello grigio. “Si è travestita da giar<strong>di</strong>niera”<br />

spiega la mamma accanto a lei. Gaia, quattro anni, frequenta la Scuola dell’Infanzia <strong>di</strong> Sasso<br />

Morelli e il Centro Giochi (allora si chiamava così) da sempre; lei qui è praticamente <strong>di</strong> casa.<br />

Il pomeriggio volge al termine tra un susseguirsi <strong>di</strong> saluti, baci e apprezzamenti vari; anche<br />

Maurizia Gasparetto, andando via, esprime il suo consenso: “bravine, ma non montatevi la<br />

testa” che detto da lei (autentica economista in complimenti), fa lo stesso effetto <strong>di</strong> un<br />

applauso alla fine <strong>di</strong> una prima. Poi, quasi fra sé “…meglio <strong>di</strong> così non poteva andare”<br />

Beh, ora è ad<strong>di</strong>rittura stan<strong>di</strong>ng ovation!


LA TANA DEGLI ORSETTI<br />

mercoledì 14 ottobre <strong>2009</strong><br />

Entrando ci accoglie il caldo colore arancio <strong>di</strong> un<br />

<strong>di</strong>vano ad angolo che, insieme a due colonne ed un<br />

mobile basso, costituiscono i nuovi arre<strong>di</strong> della Tana<br />

degli Orsetti. Intorno, anche qui, la grande presenza<br />

<strong>di</strong> piante e fiori ci ricorda che sono mani femminili<br />

quelle che si sono prese cura degli ambienti, le<br />

stesse che stamattina presto hanno sottratto un po’ <strong>di</strong> fiori dal<br />

lungofiume e accostato bacche a melograni e peperoncini per creare<br />

insoliti bouquet, ora <strong>di</strong>sseminati un po’ ovunque.<br />

Chissà perché, i peperoncini mi ricordano qualcosa.<br />

Rammento questo nido per averci lavorato qualche anno fa e mi sorprende, guardandomi<br />

intorno, che nulla sia cambiato: la grande piscina <strong>di</strong> palline continua ad essere il centro <strong>di</strong> un<br />

salone dall’atmosfera quasi magica; è<br />

l’effetto dei raggi <strong>di</strong> luce che, filtrando<br />

dalle particolari vetrate, pervadono<br />

l’ambiente e sembrano donare vita ai<br />

colorati orsetti delle pareti.<br />

Intorno, piccole foto <strong>di</strong> bambini hanno<br />

colto l’istante <strong>di</strong> un gioco o <strong>di</strong> una<br />

tenerezza, e nei miei pensieri non<br />

posso fare a meno <strong>di</strong> accostarle ad<br />

altre foto e ad altre <strong>di</strong>mensioni senza<br />

che per questo si vengano a<br />

contrapporre: ciascuna reca in sé un<br />

particolare profumo. Un profumo <strong>di</strong><br />

buono.<br />

Inizia ad arrivare gente, le voci e i colori<br />

<strong>di</strong> adulti e bambini riempiono gli spazi,<br />

qualcuno si siede, qualcun altro si<br />

avvicina al buffet; abbracci e sorrisi<br />

riscaldano l’atmosfera, mentre noto la coor<strong>di</strong>natrice pedagogica Barbara Molinazzi e la nostra<br />

<strong>di</strong>rigente Amedea Morsiani riba<strong>di</strong>re (come per la Casa dei Giochi) le congratulazioni con le<br />

educatrici per l’ottimo lavoro svolto (per fortuna questa volta sono in perfetto orario, non<br />

posso certo permettermi <strong>di</strong> perdere due volte <strong>di</strong> seguito lo staff <strong>di</strong>rigenziale).<br />

Continuo il mio girare e mi ritrovo in una stanza attigua, usata per la merenda del pomeriggio<br />

o per eventuali attività laboratoriali. La trovo particolarmente spartana e qualcuno mi spiega<br />

che, secondo il<br />

progetto iniziale per la riqualificazione, avrebbe dovuto trasformarsi in una stanza<br />

polifunzionale che rispondesse alle esigenze del momento dei pasti (durante il giorno) e<br />

fungesse da atelier per La Tana degli Orsetti nel pomeriggio “Ma poi sono sopraggiunti i<br />

tagli…che hanno tagliato anche i nostri arre<strong>di</strong>” mi spiega un'educatrice.<br />

Già, è vero che attraversiamo momenti <strong>di</strong>fficili: è necessario economizzare.<br />

Qui, altre foto alle pareti ci mostrano dei bambini intorno ad un tavolo all’aperto che sgranano<br />

chicchi d’uva e chicchi <strong>di</strong> mais; le immagini, <strong>di</strong>sposte ad altezza <strong>di</strong> bambino, sono una <strong>di</strong>etro<br />

l’altra in perfetta sequenza, come le immagini della pellicola <strong>di</strong> un cortometraggio.<br />

All’improvviso mi sembra <strong>di</strong> vederle, tante piccole mani che le scorrono velocemente: ed è<br />

come vedere un film, ma da protagonisti.<br />

Forse, a pensarci bene, questo spazio non è niente male. Poi, ad inquadrare tutto, c’è anche


Nik: un enorme ragno bianco posto sull’alto <strong>di</strong> quello che sembra essere un albero più che<br />

una pianta.<br />

Ora ricordo! voci in<strong>di</strong>screte mi hanno detto che c’è anche Pic (lui tutto nero) nascosto da<br />

qualche parte, a spiare non so bene chi, non so bene cosa. Sarà meglio che stia attenta.<br />

Mi siedo a parlare con una ex collega ora<br />

in pensione: è qui con la sua nipotina <strong>di</strong><br />

cinque anni la quale, insieme ad una sua<br />

amica, apparecchia con minuzia il tavolo<br />

delle bambole. Mi racconta <strong>di</strong> aver già<br />

frequentato i Centri qualche anno fa come<br />

insegnante, ne conserva il ricordo <strong>di</strong> una<br />

buona esperienza formativa e trova<br />

opportuna la scelta <strong>di</strong> allargare la fascia<br />

d’età degli utenti fino a 6 anni, poiché<br />

spesso genitori con più figli, non potevano<br />

accedere se uno <strong>di</strong> questi era oltre la<br />

soglia consentita “.... e poi così posso<br />

venire anch’io, con la mia Cecilia.”<br />

Più in là un’altra nonna che conosco. Mi<br />

avvicino per salutarla, quando mi accorgo che è assorta nella immagini <strong>di</strong> un libro per<br />

bambini mentre, ogni tanto, volge l’occhio alla nipotina. Non so se stia leggendo questa storia<br />

per sé o se più tar<strong>di</strong> <strong>di</strong>venterà un racconto per qualcun altro, forse sono soltanto mo<strong>di</strong> <strong>di</strong>versi<br />

<strong>di</strong> declinare il medesimo significato: stare bene insieme.<br />

Mi allontano silenziosamente. La saluterò più tar<strong>di</strong>.<br />

Sono già le 18. Qualcuno si chiede dove siano finite le “autorità”, ma non c’è tempo per<br />

cercare risposte, i bambini scalpitano per avere un palloncino a forma <strong>di</strong> fiore o <strong>di</strong> animale da<br />

portare a casa e un’educatrice <strong>di</strong>stribuisce pergamene colorate a ricordo dell'occasione.<br />

Barbara Molinazzi, la coor<strong>di</strong>natrice pedagogica, non nasconde la sua sod<strong>di</strong>sfazione per il<br />

successo della riapertura dei Centri (o per la fine <strong>di</strong> due giornate <strong>di</strong> inaugurazione?) ma non<br />

si fa fatica a crederle, quando <strong>di</strong>chiara tutto il suo orgoglio per questo progetto, a cui tiene<br />

particolarmente. Insomma, tra i saluti e l’animazione generale, all’improvviso è comparsa una<br />

bottiglia <strong>di</strong> buon vino che insieme ad una fetta dell'ottima torta <strong>di</strong> Antonella segna la degna<br />

conclusione <strong>di</strong> un pomeriggio ben riuscito.<br />

Un brin<strong>di</strong>si è praticamente d’obbligo!<br />

Fuori l’aria è pungente, sulla pelle la sensazione <strong>di</strong> questa<br />

giornata e nella mente i ricor<strong>di</strong> <strong>di</strong> quella precedente: <strong>di</strong>versi<br />

scenari per medesimi contenuti, perché in entrambi si respira<br />

energia, entusiasmo, passione per il proprio lavoro ed in<br />

particolare per questo progetto, in una sinergia capace <strong>di</strong><br />

coinvolgere tutti coloro che credono nei Centri per bambini e<br />

genitori come occasione <strong>di</strong> incontro e <strong>di</strong> sosta, possibilità <strong>di</strong><br />

con<strong>di</strong>videre vissuti e saperi, opportunità <strong>di</strong> sentirsi collettività.<br />

Ma ora ho freddo, sono stanca e ho anche male ai pie<strong>di</strong>.<br />

Ricapitoliamo: ho esaminato, vagliato, ponderato; poi ho<br />

ascoltato, osservato, documentato. Ho posto domande e ricevuto<br />

risposte. Mi sono posta degli interrogativi che non so se avranno<br />

mai una risposta.<br />

Direi che le basi per l’articolo ci sono tutte.<br />

Ora, non resta che scriverlo!


UNA NUOVA MERENDA A SESTO IMOLESE<br />

► Il nido accoglie le nuove famiglie ◄<br />

a cura del Collettivo del Nido <strong>di</strong> Sesto Imolese<br />

10 settembre <strong>2009</strong>, ore 16.30, finalmente anche l’ ultimo bambino è uscito e le dade del nido sono tutte<br />

alla finestra con il naso rivolto in su verso il cielo, nell’intento <strong>di</strong> ra<strong>di</strong>ografare ogni sua sfumatura e<br />

scrutare ogni minimo in<strong>di</strong>zio da cui dedurre che cosa farà nelle prossime ore.<br />

Enza: “Allora ragazze, cosa facciamo? dentro o fuori in giar<strong>di</strong>no?”<br />

Silenzio, nessuno osa prendersi la responsabilità <strong>di</strong> una simile decisione.<br />

Pina: “Per me si può fare fuori, non mi sembra un cielo da pioggia imminente!”<br />

Enza: “Insomma quest’ anno secondo me qualcuno ci ha “iellato”; prima il <strong>di</strong>luvio universale che annega<br />

la nostra festa <strong>di</strong> fine anno e anche oggi … tempo incerto”.<br />

Graziella: “Allora, se si è deciso per apparecchiare fuori, inizio a sistemare i tavoli per il buffet”.<br />

In qualche modo, la decisione sembra presa e ci precipitiamo tutte in giar<strong>di</strong>no ad aiutare Graziella<br />

nell’apparecchiatura.<br />

Monia: “Ricapitoliamo, avevamo detto <strong>di</strong> accogliere tutti i genitori prima nella sezione B, poi ci <strong>di</strong>vi<strong>di</strong>amo<br />

e ogni sezione fa fare ai propri genitori una visita del nido. Finito il giro, ci ritroviamo tutti in giar<strong>di</strong>no per<br />

la merenda. Giusto?”.<br />

Coro generale: “Giusto, avevamo detto così”.<br />

Milena: “Tutti in giar<strong>di</strong>no…., ma in quanti verranno? Magari saranno in tre. Io resto dell’ idea che al<br />

ritorno dalle vacanze avremmo dovuto fare un giro <strong>di</strong> telefonate alle famiglie per ricordare la cosa…”.<br />

Beh, il giro <strong>di</strong> telefonate non lo abbiamo fatto e ormai…chi viene, viene.<br />

Mancano pochi minuti alle 17, ultimo giro veloce per verificare se tutto è a posto: le sezioni or<strong>di</strong>nate e<br />

ben <strong>di</strong>sposte, il giar<strong>di</strong>no accogliente e pronto ad accogliere il gioco dei bambini (speriamo tanti) e la<br />

merenda per tutti.<br />

Samanta, che lavora con noi soltanto da pochi giorni, ci chiede: “Ma come vi è venuta l’idea <strong>di</strong><br />

organizzare una merenda con i genitori e i bambini nuovi, prima dell’ inizio degli inserimenti?”<br />

Flash-back: dobbiamo fare un salto all’in<strong>di</strong>etro <strong>di</strong> qualche mese e tornare con la memoria a quei famosi<br />

intercollettivi con il nido Campanella e Barbara Molinazzi, quando si <strong>di</strong>scuteva sul tema dell’accoglienza<br />

alle famiglie, un piccolo tassello <strong>di</strong> quel <strong>di</strong>scorso più ampio e complesso che è il progetto pedagogico.<br />

In quelle occasioni, abbiamo avuto modo <strong>di</strong> ascoltare le buone prassi messe in atto dal nido nostro<br />

partner e anche da altri ni<strong>di</strong> non <strong>di</strong>rettamente rappresentati nel gruppo, ma <strong>di</strong> cui è giunta l’eco anche a<br />

Sesto Imolese. Così, nel nostro collettivo abbiamo cercato <strong>di</strong> rivedere il “nostro” modo <strong>di</strong> incontrare i<br />

genitori, quelli che si accostano al nido per la prima volta, o che semplicemente vi tornano dopo<br />

qualche tempo.<br />

L’abitu<strong>di</strong>ne corrente era quella <strong>di</strong> incontrare i “nuovi” genitori per la prima volta nel corso <strong>di</strong> un colloquio,<br />

il cui contenuto è spesso segnato più dalla compilazione <strong>di</strong> moduli e schede che dal <strong>di</strong>scorrere attorno<br />

al bambino e alla sua storia. Ci è sembrata all’improvviso una cosa vecchia e un po’ pedante, che<br />

chiedeva a gran voce <strong>di</strong> essere rivista e rinnovata.<br />

Allora, perché non incontrare i genitori che iniziano questo viaggio assieme a noi in un contesto meno<br />

formale e sicuramente più piacevole, come quello <strong>di</strong> una merenda?<br />

Far compilare ai genitori certi moduli è importante, ma non è possibile farlo in un momento <strong>di</strong>verso dal<br />

colloquio?<br />

Ed eccoci qui, in questo 10 settembre, ad aspettare con una punta <strong>di</strong> ansia i genitori che abbiamo<br />

invitato (ahi noi, un bel po’ <strong>di</strong> tempo fa! se ne ricorderanno?)<br />

Se ne sono ricordati. Ha partecipato circa la metà delle nuove famiglie che accoglieremo in questo<br />

anno scolastico (che rispetto alla me<strong>di</strong>a delle presenze agli incontri tra<strong>di</strong>zionali è un bel successo). Il<br />

tempo è stato clemente e non ha rovinato i nostri programmi. Dopo un avvio cauto, in un clima che era<br />

un misto <strong>di</strong> curiosità, timidezza e imbarazzo, il ghiaccio si è rotto: i bambini hanno cominciato a giocare<br />

e scorrazzare nel giar<strong>di</strong>no, attratti dalla novità delle strutture e dei giocattoli, e i genitori hanno iniziato a<br />

parlare. Dai primi scambi con le educatrici, ancora un po’ formali, fatti soprattutto <strong>di</strong> richieste <strong>di</strong><br />

informazione (che cosa fate, come siete organizzate, cosa succede se…), ci si è avventurati su un


terreno più colloquiale e amichevole, attraversato da battute e vecchi ricor<strong>di</strong> delle educatrici che,<br />

lavorando qui da anni, dalle finestre del nido hanno visto passare intere generazioni. E gli scambi e le<br />

battute con le educatrici sono <strong>di</strong>ventati presto chiacchiere generalizzate, assolutamente rilassate, come<br />

se ognuno si sentisse nel salotto <strong>di</strong> casa propria.<br />

Tra l’altro, ci sembra <strong>di</strong> aver trovato una buona soluzione anche per i moduli e le schede: li<br />

consegniamo ai genitori nuovi durante la prima assemblea e chie<strong>di</strong>amo loro <strong>di</strong> riportarceli compilati<br />

quando tornano per il colloquio in<strong>di</strong>viduale. Così, anche il clima del colloquio migliora.<br />

UN POMERIGGIO, UN SUCCESSO<br />

A cura del Collettivo Scuola dell'Infanzia Sante Zennaro<br />

Pomeriggio <strong>di</strong> inizio settembre. Sei insegnanti nel giar<strong>di</strong>no della scuola attendono <strong>di</strong><br />

trascorrere qualche ora con le nuove tartarughe. Arriveranno? Si ricorderanno? Sarà stata<br />

una buona idea? Abbiamo comunicato l'appuntamento solo una volta, in occasione della<br />

prima assemblea <strong>di</strong> maggio e non abbiamo ritenuto opportuno ricordarlo in seguito, poichè<br />

desideravamo che la partecipazione fosse spontanea e non forzata.<br />

Nell'attesa allestiamo un tavolo con biscotti, acqua e tè.<br />

Il primo ad arrivare è Emmanuele, con mezz'ora <strong>di</strong> anticipo. Sarà un buon segno? Se ne<br />

vengono almeno sei è già un successo...<br />

Ecco Gabriele, Angelica, Luca, poi Beatrice, Emma, Niccolò ed anche Edoardo, con mamme,<br />

papà, nonni, zii e parenti vari come fosse una festa. Alla fine dei conti manca solo una neotartaruga!<br />

Chi prima, chi dopo, i bambini prendono possesso dei giocattoli che abbiamo messo a<br />

<strong>di</strong>sposizione e fanno amicizia con le strutture del giar<strong>di</strong>no, mentre gli adulti hanno un'aria un<br />

po' più smarrita, tra la curiosità e l'emozione. Forse questo momento serve più a loro...<br />

Man mano che arrivano, ci presentiamo, a genitori e bambini. Tra un biscotto e l'altro si<br />

chiacchiera, si ride, tra adulti forse già ci si stu<strong>di</strong>a, mossi dal desiderio <strong>di</strong> partire col piede<br />

giusto.<br />

Nell'organizzare questo pomeriggio i nostri obiettivi erano sì <strong>di</strong> fare un po' <strong>di</strong> conoscenza con<br />

le famiglie ma soprattutto <strong>di</strong> dare la possibilità ai bambini <strong>di</strong> "concretizzare" l'idea <strong>di</strong> Scuola<br />

dell'Infanzia, questa sconosciuta, ormai presente da mesi nei <strong>di</strong>scorsi <strong>di</strong> tutti i giorni.<br />

Anche per questa ragione lasciamo aperto l'ingresso della scuola e qualcuno più<br />

intraprendente esplora la sua futura sezione, con molta <strong>di</strong>screzione e rispetto per giocattoli e<br />

spazi.


Percepiamo nei bambini il desiderio <strong>di</strong> conoscere questo nuovo ambiente tanto citato e la<br />

voglia <strong>di</strong> iniziare un percorso nuovo che li fa sentire gran<strong>di</strong> e li attornia <strong>di</strong> piccole ma inebrianti<br />

responsabilità. I genitori sono contagiati dal loro entusiasmo e da questo forse rassicurati<br />

rispetto alle incertezze e ai timori che tutti i cambiamenti che coinvolgono i propri figli<br />

possono causare.<br />

Nonostante ciò, in questa occasione nessuno ci trasmette ansia attraverso domande o<br />

descrizioni eccessivamente particolareggiate del proprio bambino. Nell'aria c'è il desiderio <strong>di</strong><br />

vivere appieno questo pomeriggio per quello che è. Per i genitori un'occasione per avvicinarsi<br />

a quello che per i futuri tre anni sarà un importante percorso <strong>di</strong> vita dei loro figli. Per noi<br />

insegnanti un momento per trasmettere ad adulti e bambini il nostro desiderio che tale<br />

percorso sia un percorso <strong>di</strong> benessere. Per i bambini un momento per comunicare la voglia<br />

<strong>di</strong> crescere in un ambiente adeguato ai propri bisogni. E, se vogliamo, sogni.<br />

Fin dai primi inserimenti, abbiamo riscontrato gli effetti positivi <strong>di</strong> questa esperienza. I<br />

bambini, anche se brevemente, avevano già vissuto materiali, ambienti e persone. Il ricordo<br />

<strong>di</strong> quel bel pomeriggio ha accresciuto in loro, da lì alla data <strong>di</strong> inserimento, il desiderio <strong>di</strong><br />

tornare.<br />

L'importante messaggio <strong>di</strong> accoglienza che volevamo trasmettere era puntualmente passato<br />

e ci è sembrato che una piccola parte del delicato momento dell'inserimento fosse già stata<br />

compiuta. A tutt'oggi, in novembre, le nostre tartarughe ricordano col sorriso particolari <strong>di</strong> quel<br />

pomeriggio.<br />

Un vero successo.<br />

Anche questa è accoglienza?<br />

► Qualcosa attorno a un progetto alimentare ◄<br />

a cura del Collettivo del nido Scoiattolo<br />

Non è certo una grande novità sostenere che al nido, se vogliamo fare un buon lavoro con i<br />

bambini, accompagnandoli lungo il loro percorso <strong>di</strong> crescita, abbiamo bisogno <strong>di</strong> collaborare<br />

con i genitori. Quante volte ci siamo detti e ripetuti che “accogliamo un bambino (o una<br />

bambina naturalmente) insieme con la sua famiglia”?<br />

Sul tema si sono versati fiumi <strong>di</strong> inchiostro, è bene riconoscerlo.<br />

Quin<strong>di</strong> non si può <strong>di</strong>re che la nostra esperienza <strong>di</strong> “merende insieme”, fatta durante lo<br />

scorso anno scolastico, rappresenti una innovazione epocale, ma ci fa piacere raccontarla<br />

perché è stata per tutti quelli che l'hanno vissuta, i genitori, i bambini e tutto il personale del<br />

nido, un'esperienza gradevole, fatta <strong>di</strong> incontri rilassati e <strong>di</strong>vertenti, <strong>di</strong> chiacchiere non troppo<br />

impegnative, ma nemmeno banali.<br />

Abbiamo imparato che si possono imparare molte cose anche (e forse soprattutto) quando si<br />

svestono i panni, sempre un po' rigi<strong>di</strong>, del professionista serio e competente.<br />

Nelle situazioni meno istituzionali, ci si incontra decisamente meglio e ci si capisce <strong>di</strong> più.<br />

Per un intero anno è stata sospesa l'attività del Centro per bambini e genitori e noi ci siamo<br />

trovate ad avere a <strong>di</strong>sposizione locali attrezzati per accogliere bambini e adulti insieme, che<br />

rischiavano <strong>di</strong> restare decisamente sotto-utilizzati.<br />

Se anche erano stati pensati per far incontrare altri genitori e altri bambini, che cosa ci<br />

impe<strong>di</strong>va <strong>di</strong> servircene con i bambini e i genitori del nido? Non poteva essere una buona<br />

occasione per organizzare dei momenti insieme, un po' <strong>di</strong>versi dalla solita assemblea, che


permettessero alle famiglie <strong>di</strong> portare con sé i bambini e <strong>di</strong> restare con loro a guardarli<br />

giocare e contempraneamente <strong>di</strong> scambiare quattro chiacchiere con altri genitori e con le<br />

dade?<br />

E non avevamo forse una cucina, molto simile a quella <strong>di</strong> una casa, che, si sa da sempre, è<br />

lo spazio in cui si sta insieme in famiglia? E non sappiamo tutti da sempre che il cibo è il<br />

fattore <strong>di</strong> aggregazione più potente che si conosca?<br />

E' nato così il nostro progetto sull'alimentazione: ci interessava relativamente poco “educare<br />

ad una corretta alimentazione”, ci interessava molto <strong>di</strong> più usare l'alimentazione per fare<br />

atmosfera, per creare il clima dello scambio rilassato e gioioso. E volevamo anche usare il<br />

cibo come tramite, una specie <strong>di</strong> anello <strong>di</strong> congiunzione tra il nido e la casa.<br />

L'idea centrale, il cuore del progetto, era una forma particolare <strong>di</strong> circolarità: bambini che<br />

preparavano con noi al mattino qualcosa che avremmo consumato la sera, tutti insieme, con i<br />

genitori al nido, in una grande merenda allargata.<br />

Abbiamo lanciato l'idea nella prima assemblea generale, con tutti i genitori del nido; l'idea è<br />

piaciuta, allora ne abbiamo <strong>di</strong>scusso, l'abbiamo allargata e perfezionata e scritta con il<br />

consiglio <strong>di</strong> partecipazione.<br />

E siamo partiti.<br />

Con i bambini facevamo al mattino veri laboratori <strong>di</strong> cucina, con produzione <strong>di</strong> torte e biscotti,<br />

pia<strong>di</strong>na e pizza, che qualche volta sono stati portati a casa, qualche volta abbiamo messo da<br />

parte per i genitori che tornavano al nido la sera. Gli incontri serali erano in genere incontri a<br />

tema, si trattavano <strong>di</strong>versi argomenti, ma il tema principale era soprattutto parlarsi, tra<br />

genitori e dade, dei genitori tra loro. In un certo senso si sono invertiti i ruoli tra<strong>di</strong>zionali:<br />

erano i bambini che si prendevano cura dei loro genitori. Abbiamo parlato della crescita e dei<br />

suoi punti <strong>di</strong> snodo, della salute, della vita dei bambini in genere; ma abbiamo anche fatto<br />

prove <strong>di</strong> cucina molto concrete, con il cuoco che illustrava, insegnava e confezionava ricette<br />

varie per le mamme e i papà, desiderosi <strong>di</strong> apprendere e sperimentare. Elemento<br />

imprescin<strong>di</strong>bile <strong>di</strong> ogni serata era il fatto che, conclusi i lavori, si mangiavano le realizzazioni<br />

del cuoco, le torte o i biscotti preparati dai bambini, o le leccornie portate dai genitori.<br />

E siccome a tutti è molto piaciuto, a primavera abbiamo adottato una strategia analoga per i<br />

colloqui in<strong>di</strong>viduali: abbiamo organizzato momenti <strong>di</strong> gioco insieme fra bambini e genitori<br />

delle varie sezioni, e a rotazione i genitori si staccavano per un po' <strong>di</strong> tempo dal gioco per<br />

parlare con le educatrici della sezione. Sono stati pomeriggi piacevoli, molto informali, in cui<br />

si è parlato con tranquilla scioltezza.<br />

Una cosa ci ha favorevolmente sorpreso: i genitori si sono sentiti così coinvolti e partecipi<br />

della vita del nido, che alcuni <strong>di</strong> loro sono venuti spontaneamente, nella giornata dei ni<strong>di</strong><br />

aperti, ad illustrare insieme a noi il progetto del nostro nido ai nuovi genitori.<br />

Non siamo del tutto sicure se questo si possa considerare un progetto <strong>di</strong> accoglienza, quello<br />

che sappiamo è che chi ha partecipato si è trovato bene e lo ricorda con piacere.


PROFUMO Di PANE<br />

<strong>di</strong> Can<strong>di</strong>a Serantoni<br />

Tutto comincia un mattino, quando Ilham, la mamma <strong>di</strong> Yassir, <strong>di</strong>ce che fa sempre il pane in<br />

casa. Il mio primo pensiero è <strong>di</strong> ammirazione, viste le mie doti <strong>di</strong> cuoca mancata, ma subito<br />

dopo mi balena in testa l’idea <strong>di</strong> organizzare insieme con lei un incontro con tutti i genitori<br />

della sezione per una sorta <strong>di</strong> “Scuola <strong>di</strong> cucina” che possa essere l’occasione per ritrovarci,<br />

conoscerci meglio e sentirci parte <strong>di</strong> un gruppo.<br />

Il mattino dopo, non vedo l’ora che Ilham porti Yassir a scuola, per avanzare la mia proposta,<br />

con la speranza che abbia voglia <strong>di</strong> accettare. I suoi gran<strong>di</strong> occhi sorridenti e la sua<br />

<strong>di</strong>sponibilità mi fanno subito capire che si può ad<strong>di</strong>rittura andare oltre il mio pensiero iniziale.<br />

Infatti, mentre ci accor<strong>di</strong>amo per il giorno e l’occorrente, entra Robina, la mamma <strong>di</strong> Lishba.<br />

Subito Ilham si illumina e coinvolgendoci: “Sai Can<strong>di</strong>a, in Pakistan il pane lo fanno anche in<br />

un altro modo!” poi rivolgendosi a Robina: “Perché non vieni anche tu!”, spiegandole in poche<br />

parole ciò che stiamo organizzando.<br />

Questo incontro <strong>di</strong> parole apparentemente casuale ha dato origine a cascata a un una serie<br />

<strong>di</strong> ampliamenti imprevisti e davvero molto piacevoli. Probabilmente se non ci fosse stata<br />

Ilham, non avrei mai pensato <strong>di</strong> chiedere a Robina così tanto; lei così riservata, a volte<br />

impenetrabile, ma al tempo stesso cor<strong>di</strong>ale. Ci siamo sempre e solo scambiate poche<br />

informazioni essenziali, a volte tradotte da un’altra figlia più grande, quando non riuscivamo a<br />

comprenderci bene. Nonostante le nostre insistenze, non ha mai partecipato alle iniziative<br />

della scuola, ma il suo avvicinarsi a noi, il suo impegno per capire bene quale ruolo dovrà<br />

assumere mi fanno capire che accetterà <strong>di</strong> mettere a <strong>di</strong>sposizione <strong>di</strong> tutti ciò che le<br />

appartiene nel profondo.<br />

Nei giorni successivi cerchiamo sempre <strong>di</strong> trovare qualche minuto per i dettagli e tutte le volte<br />

le ringrazio per il prezioso regalo che ci stanno preparando e per la <strong>di</strong>sponibilità nel fornirci<br />

personalmente le farine più adatte.<br />

Incontro il babbo <strong>di</strong> Eljalil e lo invito a chiedere alla moglie se può venire ad aiutare; dapprima<br />

vuole sapere bene <strong>di</strong> che cosa si tratta, poi sorride e mi <strong>di</strong>ce che farà telefonare a Ilham. Il<br />

giorno dopo m'informa che Mina verrà e leggo nei suoi occhi molto consenso.<br />

Intanto rendo partecipi tutti i genitori dell’iniziativa e tutti manifestano subito molto interesse<br />

ed entusiasmo, all’idea <strong>di</strong> incontrarsi e imparare qualcosa <strong>di</strong> nuovo.<br />

La piacevolezza che avverto in tutto ciò mi fa pensare a un profumo buono, familiare, <strong>di</strong><br />

gruppo, <strong>di</strong> casa, <strong>di</strong> cose semplici proprio come il profumo del pane.<br />

Qualche giorno prima dell’incontro, Robina mi chiede a che ora finisco <strong>di</strong> lavorare e <strong>di</strong><br />

aspettarla. Strano, perché avrà voluto sapere l’ora esatta? Accompagno i bambini per il<br />

pisolino e mi accorgo che sto facendo tar<strong>di</strong> all’appuntamento! Si apre la porta e la dada<br />

m'invita a uscire subito. Pochi secon<strong>di</strong> e scopro il perché <strong>di</strong> tanta fretta; Robina ha preparato<br />

il suo pane che va mangiato caldo! Non solo, ha cucinato due piatti Pakistani! Rimango<br />

senza parole e, mentre assaggio, scorgo il suo sguardo in attesa <strong>di</strong> un commento … è tutto<br />

squisito! Il piatto a base <strong>di</strong> carne <strong>di</strong> pecora ha i colori e i profumi speziati della sua terra e il<br />

dolce <strong>di</strong> riso e latte è, al contrario, delicatissimo. Non riesco a frenare la mia golosità e lei mi<br />

guarda sod<strong>di</strong>sfatta e fiera, pur nel suo pudore. Mi sento veramente grata a lei e vivo questo<br />

momento come un grande privilegio; la sento più vicina e, grazie a questo cibo, che lei ha<br />

preparato per noi, cadono quelle barriere impercettibili dovute alla <strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong> comunicazione.<br />

Lo stesso giorno incontro Renata e, presa dall’entusiasmo, le racconto l’esperienza che sto<br />

vivendo. Mi meraviglio del suo forte interesse e del suo: “Fammi capire bene!”. Mi spiega che<br />

alla Tana degli Orsetti saranno preparate anche merende multietniche e le sarebbe utile<br />

vedere <strong>di</strong> persona la preparazione del pane e aggiunge: “Semmai, potrei chiedere alle tue<br />

mamme alcune ricette”.


Mi sembra un’idea bellissima che con<strong>di</strong>vido pienamente.<br />

Coinvolgiamo anche Barbara Molinazzi che azzarda: “Sarebbe interessante chiedere la loro<br />

<strong>di</strong>sponibilità per il Centro bambini e genitori!”.<br />

Bé, sarebbe fantastico, ma ho i miei dubbi!<br />

Impariamo a fare il pane<br />

Sono le <strong>di</strong>ciotto e trenta. Sto uscendo dall’asilo, anzi dalla scuola. Oggi, a <strong>di</strong>fferenza<br />

<strong>di</strong> un normale lunedì <strong>di</strong> lavoro, non esco dal mio solito e familiare nido Campanella,<br />

bensì dalla scuola dell’ Infanzia Pambera. Ho la testa piena <strong>di</strong> idee, <strong>di</strong> cose che<br />

voglio fare, <strong>di</strong> odori e sapori che voglio risentire: idee, cose, odori che non sono<br />

esclusivamente attinenti al mondo dell’infanzia, ma sono soprattutto pertinenti al<br />

mondo della tra<strong>di</strong>zione culinaria. Ebbene si, oggi non sono andata ad un incontro<br />

formativo e nemmeno ad uno scambio tra collettivi, sono andata ad imparare a fare<br />

il pane e più precisamente il pane arabo. Fin dal mio arrivo ho percepito un clima<br />

caldo e accogliente. Can<strong>di</strong>a mi ha fatto sentire subito a casa, mi ha presentata ai<br />

genitori presenti, che mi hanno guardata incuriositi, ma anche piacevolmente stupiti<br />

del fatto che mi unissi a loro per imparare. Ad attendermi c’era anche una bella<br />

sorpresa: una delle mamme “insegnanti” era Ilham, la mamma <strong>di</strong> Abramo, un bimbo<br />

che ha frequentato il mio nido. Mentre i ricor<strong>di</strong> mi affioravano alla mente, sono stata<br />

raggiunta dalla mamma <strong>di</strong> Maria e Asma, poi da una mia ex collega. Ero in un<br />

ambiente nuovo, ma con alcuni dei presenti esistevano ricor<strong>di</strong> comuni, quin<strong>di</strong> è stato<br />

piacevole ritrovarsi. Il mio sguardo è stato subito attratto da una coppia, madre e<br />

figlia pakistane, che se ne stavano in <strong>di</strong>sparte, parlando tra loro. La riservatezza e il<br />

pudore <strong>di</strong> una si mescolava con la solarità e la gioia dell’altra. La mamma sarebbe<br />

stata la mia insegnante per la preparazione del Keer, un dolce che io intendo<br />

proporre come merenda alla Tana degli Orsetti. Quando mi sono avvicinata, la figlia<br />

mi ha spiegato la ricetta, traducendo le parole della madre, la quale però interveniva<br />

per spiegarmi i passaggi più critici della preparazione, dandomi dei consigli, affinché<br />

io non facessi brutta figura con i miei ospiti. I miei occhi non perdevano <strong>di</strong> vista le<br />

due mamme che preparavano il pane arabo, una si avvaleva dell’aiuto<br />

dell’impastatrice elettrica, l’altra con grande maestria manipolava con le mani,<br />

attirando lo sguardo <strong>di</strong> tutti. Quando il profumo <strong>di</strong> pane cotto ha incominciato ad<br />

invadere l’ambiente, mi sono avvicinata ad un gruppo per assaggiare e per<br />

continuare a chiacchierare con mamme e babbi, nonni e nonne e colleghe,<br />

con<strong>di</strong>videndo il clima che si crea spesso attorno ad un tavolo <strong>di</strong> persone che hanno voglia <strong>di</strong><br />

stare insieme. Fare e con<strong>di</strong>videre il pane, per l’ennesima volta, ha unito e rallegrato persone<br />

apparentemente <strong>di</strong>verse per provenienza, cultura e interessi. Salgo in auto pronta ad andare a<br />

comprare il latte e il riso, ingre<strong>di</strong>enti base per la preparazione del Keer. Non vedo l’ora <strong>di</strong> prepararlo e<br />

soprattutto non vedo l’ora <strong>di</strong> confrontarmi con Ilham e Mina, le due mamme che<br />

verranno anche alla Tana a fare il pane.<br />

Renata Balducci<br />

Sono trascorsi alcuni giorni; osservo le foto scattate durante l’occasione e rivivo, nel sorriso<br />

<strong>di</strong> tutti, il piacere <strong>di</strong> stare insieme. Riascolto il brusio <strong>di</strong> tante persone che si ritrovano <strong>di</strong><br />

nuovo insieme o si presentano a genitori <strong>di</strong> bimbi appena accolti con un semplice: “Ciao,<br />

sono la mamma <strong>di</strong> ….” e si stringono la mano per siglare un benvenuto sincero.


Poi rivedo:<br />

-le “nostre esperte cuoche” che entrano con i loro sorrisi velati da un po’ <strong>di</strong> preoccupazione<br />

per il risultato finale;<br />

-il piacevole incontro tra Renata e Ilham che scoprono <strong>di</strong> conoscersi già (con mia grande<br />

sorpresa, quest’ultima ha accettato <strong>di</strong> andare alla Tana degli Orsetti, chiedendomi <strong>di</strong><br />

accompagnarla);<br />

-i bambini che giocano liberamente, i nasini <strong>di</strong> alcuni <strong>di</strong> loro che sfiorano il tavolo per vedere<br />

meglio quelle mani abili e sicure che impastano;<br />

-il silenzio meravigliato dei gran<strong>di</strong>;<br />

-gli impasti che lievitano e più tar<strong>di</strong> le forme che assumono;<br />

-il profumo e il colore del pane appena sfornato che infonde calore e complicità in tutti noi<br />

-e infine il suo sapore, che promette <strong>di</strong> farci ritrovare ancora insieme.


Migrazioni <strong>di</strong> settembre<br />

<strong>di</strong> Marinella Cimatti<br />

Ci risiamo: ogni anno il rito si ripete!<br />

“Settembre, an<strong>di</strong>amo, è tempo <strong>di</strong> migrare”, nella scuola si traduce: settembre, an<strong>di</strong>amo,<br />

è tempo <strong>di</strong> inserire!<br />

Bambini che vanno, bambini che arrivano; e cambiano, almeno temporaneamente, gli<br />

equilibri dentro ai gruppi. Anche le maestre vanno (in pensione o in un altro servizio) e<br />

altre arrivano: i collettivi subiscono ogni volta un piccolo terremoto, dal momento che<br />

ogni volta il gruppo si scompone e ricompone, accogliendo persone nuove, ognuna con<br />

la sua storia e la sua esperienza.<br />

E nella nostra scuola, ci siamo trovate spesso in questa situazione: da <strong>di</strong>versi anni a<br />

questa parte, ogni settembre ha avuto il suo tasso <strong>di</strong> migranti. Persone che arrivano a<br />

lavorare con noi avendo deciso, con apprezzabile coraggio, <strong>di</strong> affrontare un percorso<br />

nuovo e rimettersi in gioco, persone che devono affrontare la fatica <strong>di</strong> inserirsi in una rete<br />

<strong>di</strong> relazioni consolidate, che permette agli “stanziali” <strong>di</strong> capirsi al volo e <strong>di</strong> agire quasi in<br />

automatico!<br />

Penso che una buona accoglienza sia doverosa, da parte <strong>di</strong> chi riceve qualcuno, e<br />

penso che chi arriva in un nuovo ambiente abbia il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> essere ben accolto e<br />

accettato!<br />

Ce lo <strong>di</strong>ciamo ogni giorno a proposito dei bambini, non vale forse anche per gli adulti?<br />

E' quello che mi sono sempre augurata, dato che io stessa ho cambiato, quasi sempre<br />

per scelta, almeno una decina <strong>di</strong> se<strong>di</strong> e <strong>di</strong> gruppi <strong>di</strong> lavoro!<br />

Se ho continuato a cambiare dopo la prima volta, senza esservi obbligata, deve essere<br />

stato anche perché, tutto sommato, non sono stata trattata male. Dunque mi sento<br />

praticamente obbligata a restiruire qualcosa <strong>di</strong> quello che ho ricevuto, offrendo<br />

<strong>di</strong>sponibilità e comprensione, alle persone nuove, soprattutto quando erano alle prime<br />

armi (quanto meno, ci ho provato).<br />

Negli ultimi due anni mi sono trovata a lavorare fianco a fianco con tre persone <strong>di</strong>verse:<br />

ad ognuna, con un po' <strong>di</strong> presunzione, ho cercato <strong>di</strong> trasmettere da un lato le certezze<br />

(poche) che ho faticosamente conquistato nella mia trentennale esperienza con i<br />

bambini, dall'altro l'entusiasmo (tanto) e la passione (ancora <strong>di</strong> più!) che ho per il mio<br />

lavoro.<br />

Due <strong>di</strong> quelle insegnanti sono ancora le mie colleghe <strong>di</strong> sezione <strong>di</strong> oggi; la terza, che era<br />

precaria, se ne è andata, perché è stata assunta in ruolo presso un altro servizio.<br />

Patrizia è con noi da più <strong>di</strong> un anno e con la sua calma e la sua pazienza sta prendendo<br />

<strong>di</strong>mestichezza con i ritmi della scuola dell'infanzia, più veloci e serrati rispetto a quelli del<br />

nido a cui era abituata. Il suo modo <strong>di</strong> fare è più lento e pacato rispetto al mio, che mi<br />

muovo <strong>di</strong> corsa, al limite dell'agitato, e quasi sempre propongo e cerco <strong>di</strong> seguire 2 o 3<br />

cose contemporaneamente; poi magari interrompo il lavoro che sto facendo per<br />

richiamare Paolo che fa i <strong>di</strong>spetti o intervenire su una situazione che mi sembra<br />

insostenibile...<br />

Al contrario, lei riesce a de<strong>di</strong>carsi a un piccolo gruppo <strong>di</strong> bambini con tutta la sua<br />

attenzione o a rior<strong>di</strong>nare le fotografie, mentre attorno a lei gli altri bambini si organizzano<br />

in totale autonomia!<br />

E mentre io intervengo a volte in modo sostenuto, lei esor<strong>di</strong>sce con un can<strong>di</strong>do:<br />

“Ma guarda...! Giacomo, cosa stai facendo!?”<br />

Siamo un po' <strong>di</strong>verse sotto questo punto <strong>di</strong> vista, ma sono propensa a credere che ai


ambini faccia bene; ci compensiamo a vicenda.<br />

Anche Katia è stata trasferita dal nido e ha subito notato la <strong>di</strong>fferenza: il numero dei<br />

bambini, il rumore, l'impegno richiesto per gestire il gruppo; tutto qui sembra moltiplicato.<br />

Mi <strong>di</strong>ce che si sente un po' spaesata e inadeguata, che le sembra <strong>di</strong> non riuscire a<br />

controllare la situazione, <strong>di</strong> non sapere come fare per... ma la vedo attenta e impegnata<br />

a non lasciarsi sfuggire nulla, del gruppo e del singolo, e ha sempre gli occhi che ruotano<br />

a 360°.<br />

“Stai andando benissimo! - le <strong>di</strong>co - Non ti preoccupare; imparerai anche a sentirti più<br />

sicura”<br />

L'unico ostacolo al suo totale “inserimento” è un incarico extrascolastico, che la impegna<br />

un paio <strong>di</strong> giorni la settimana, per cui vive e partecipa alle nostre attività in modo un po'<br />

frammentario.<br />

Patrizia mi <strong>di</strong>ce che in passato ha già avuto altre esperienze <strong>di</strong> scuola dell'infanzia ma,<br />

da come ne parla, <strong>di</strong> un tipo un po' <strong>di</strong>verso da quello che pratichiamo noi; quin<strong>di</strong>, ogni<br />

occasione è buona per descrivere, a lei e a Katia, il modo <strong>di</strong> lavorare che è in uso nella<br />

nostra scuola cercando, senza mezzi termini, <strong>di</strong> “contaminarle” con le nostre idee e le<br />

nostre buone prassi.<br />

Racconto che i bambini e le bambine devono poter fare insieme esperienze concrete,<br />

che le proposte che facciamo partono dalla realtà vicina a loro, come ad esempio la<br />

coltivazione dell'orto e l'utilizzo dei prodotti per attività <strong>di</strong> cucina, oppure l'uscita con lo<br />

scuolabus per andare alla stazione ecologica e poi continuare con la raccolta<br />

<strong>di</strong>fferenziata a scuola. Faccio loro vedere la documentazione degli anni scorsi, per<br />

spiegare che ognuno può rielaborare graficamente le esperienze più significative; mostro<br />

che i loro “prodotti” vengono poi raccolti in un quaderno, per dare a ciascuno la<br />

possibilità <strong>di</strong> richiamare alla memoria il percorso fatto, per renderlo visibile anche alle<br />

famiglie.<br />

Affermo e riba<strong>di</strong>sco che tutte le iniziative sono a misura <strong>di</strong> bambino, a loro uso e<br />

consumo, strutturate in modo che ciascuno possa agire il più possibile in autonomia...<br />

Ma le parole e le spiegazioni, per quanto dettagliate, non <strong>di</strong>cono mai abbastanza: i fatti<br />

mostreranno quello che sto cercando <strong>di</strong> <strong>di</strong>re e se anche a loro piacerà il nostro clima e il<br />

nostro stile, lo perfezioneremo insieme; altrimenti cercheremo un'altra strada, la migliore<br />

che sapremo immaginare.<br />

Tutto questo raccontare, durante il giorno e nei collettivi, mi fornisce un'ottima occasione<br />

per riflettere e ripensare al mio modo <strong>di</strong> lavorare che, per quanto mi sembri abbastanza<br />

ben impostato, contiene ancora, forse, qualche margine <strong>di</strong> miglioramento (evviva la<br />

modestia): sta a vedere che tutta il mio presunto impegno nell'accoglienza serve prima <strong>di</strong><br />

tutto e soprattutto a me!<br />

Un tantino faticoso, ma speriamo ne nascano buoni frutti.<br />

Dato che del vecchio gruppo <strong>di</strong> lavoro, in cui sono entrata <strong>di</strong>eci anni fa, siamo rimaste<br />

solo in tre, mi auguro che il nuovo team che si è venuto a formare (e che a quanto si <strong>di</strong>ce<br />

sta per mo<strong>di</strong>ficarsi ancora) acquisti presto una sua nuova identità, con caratteristiche<br />

fresche e originali, capace <strong>di</strong> creare cose nuove.<br />

Nel frattempo ci <strong>di</strong>amo da fare per imparare a stare bene insieme, che forse è<br />

fondamentale per stare bene con i bambini.


Guardando si impara<br />

Daniela e Ivan<br />

<strong>di</strong> Sandra Cevinini<br />

Ivan è da pochi giorni entrato nel nostro gruppo, e non è molto felice della scelta fatta dalla mamma.<br />

Arriva sempre in braccio, imbronciato, con ciuccio e boccetta.<br />

La prima mattina che l’ho preso in braccio, mi sono presa uno schiaffo sonoro, che ha lasciato tutti un<br />

po’ interdetti.<br />

Durante la mattina per molto tempo rimane imbronciato, e quando si avvicina agli altri ha gesti da<br />

arrabbiato...<br />

Appena usciamo si accaparra un trattore, si ferma al centro del cortile e osserva….questo da qualche<br />

giorno.<br />

Finché una mattina Daniela, una bimbetta <strong>di</strong> 5 anni sempre molto impegnata con le amiche, decide <strong>di</strong><br />

lasciare il suo gruppetto e si avvicina a Ivan (forse vuole conoscere questo bambino così solitario,<br />

incuriosita dai suoi atteggiamenti) e gli propone una passeggiata.<br />

Ivan non ne vuole sapere (il mondo si controlla meglio stando sul trattore), ma Daniela con le parole ci<br />

sa fare, così porgendogli la mano lo invita: “Vieni che ti faccio vedere il boschetto; è bello sai giocare<br />

nel boschetto” .<br />

Ivan prende la mano <strong>di</strong> Daniela e lei subito ne approfitta, appoggia l’altra mano sulla gamba <strong>di</strong> Ivan e lo<br />

aiuta a scendere. Mano nella mano si <strong>di</strong>rigono nel boschetto.<br />

Daniela viene <strong>di</strong>stratta dal gruppetto <strong>di</strong> amiche che prima giocavano con lei, allora Ivan corre a<br />

riprendersi il suo trattore, lo porta al centro del cortile e si ferma.<br />

Daniela torna alla carica, lo raggiunge, si china su <strong>di</strong> lui e comincia a parlare…<br />

Non sento cosa gli <strong>di</strong>ce, forse gli propone un’altra passeggiata o lo lusinga sulle cose fantastiche che si<br />

possono fare nel boschetto, ma questa volta è lui ad allungare la mano a Daniela.<br />

Ivan e Daniela girano per il prato per circa venti minuti; in questa danza le loro mani a volte si lasciano,<br />

a volte si incontrano, a volte si fermano; poi la coppia mi appare davanti e Daniela: “Sandra, hai visto<br />

come sono brava a far amicizia con le tartarughe? Io lo guardo e faccio come fa lui, poi aspetto, faccio<br />

qualcosa e guardo se lo fa anche lui”.<br />

(lesson-one)<br />

E ripartono mano nella mano, con la faccia sorridente e gli occhi intriganti<br />

Verso le 11.30 rientriamo per prepararci per il pranzo. Ivan non è nella mia mano; in attesa che la<br />

“fila” si formi, Daniela è riuscita non so come a togliergli il ciuccio e lo sistema in fila.<br />

A questo punto della giornata, ci se<strong>di</strong>amo sulle panchine ed invito i bambini appena inseriti a scegliersi<br />

un amico/a per andare in bagno. Ivan <strong>di</strong> solito, quando lo invito a scegliere, non si muove e mi risponde<br />

con un bel no! Se insisto, lui si mette a piangere; allora io decido <strong>di</strong> glissare su questo passaggio quasi<br />

rituale, nell'attesa che giungano tempi migliori.<br />

(lesson two)<br />

Dopo tutto Ivan ha ragione: lui non ha ancora un amico!<br />

Lo capisco oggi, quando lo vedo felice <strong>di</strong> sentirsi chiamato e <strong>di</strong> poter prendere per mano Daniela.<br />

Anche Daniela è sod<strong>di</strong>sfatta <strong>di</strong> essere stata scelta.<br />

Daniela, <strong>di</strong>ligente e scrupolosa, anticipa verbalmente tutto quello che succederà e Ivan ascolta<br />

tranquillo Daniela che <strong>di</strong>ce:<br />

“Adesso facciamo la pipì, poi ci laviamo le mani. Eh?”<br />

Ma a questo punto Ivan in<strong>di</strong>etreggia <strong>di</strong>cendo: “No, no…”<br />

“No, Ivan adesso proviamo. Facciamo la pipì e ci proviamo”<br />

Ivan è preoccupato e risponde: “No, no, non va!”<br />

(lesson three)<br />

Daniela si china, assumendo un atteggiamento <strong>di</strong> sottomissione, e <strong>di</strong>ce : “Ascolta, se non provi non sai<br />

se non va. Adesso ci proviamo?”<br />

Ivan si ferma, ma alza il tono della voce : “No, non va! Non va!”<br />

Daniela si rialza in pie<strong>di</strong> ed insiste: “ Ivan proviamoci, perchè sai vanno tutte. Ok?<br />

Mentre parla si china <strong>di</strong> nuovo e incomincia a svestirlo<br />

Adesso il tono <strong>di</strong> Ivan non è più <strong>di</strong> protesta, ma <strong>di</strong> supplica e continua a ripetere: “Non va, non va..”<br />

Per un momento mi chiedo se sia il caso <strong>di</strong> intervenire e <strong>di</strong>stogliere Daniela, perché Ivan mi sembra


davvero preoccupato. Mentre sto cercando rapidamente <strong>di</strong> decidere, Daniela, sempre chinata,<br />

accompagna Ivan al w.c. Aspetto.<br />

“Ecco, bravissimo! hai visto? se non ti scappa è lo stesso, però ci hai provato, se non ci provi e riprovi,<br />

come fai a sapere che non va? Adesso ci rivestiamo”<br />

Si lavano le mani, poi Daniela va a fare la pipì ed Ivan l’aspetta. Escono insieme e si siedono vicini a<br />

mangiare.<br />

La mattina seguente la mamma <strong>di</strong> Ivan è più serena e mi chiede: “Chi è Daniela?”<br />

Gliela in<strong>di</strong>co, Ivan mi allunga le braccia ed insieme an<strong>di</strong>amo a vedere i giochi che fa Daniela.<br />

Adesso, durante la mattinata, Ivan a volte viene vicino a me e mi chiede:<br />

”Dov’è la mia amica?”<br />

Non la chiama ancora per nome; io a volte gliela in<strong>di</strong>co, a volte la chiamo ed insieme ripartono<br />

Prego, <strong>di</strong>ca pure<br />

Frammenti <strong>di</strong> vita quoti<strong>di</strong>ana<br />

a cura del Collettivo del Nido Scoiattolo<br />

Metà mattina, ore 10 e 20 circa, una signora e un<br />

signore, entrambi <strong>di</strong> giovane età sono seduti al<br />

tavolo romagnolo e stanno conversando fra loro, lo<br />

sguardo è rivolto ad un gruppo <strong>di</strong> bambine e<br />

bambini che giocano; dai volti pare che i due siano<br />

preoccupati per qualcosa che non è dato<br />

conoscere.<br />

L’ espressione è la stessa per entrambi: occhi fissi<br />

sui bambini, sguardo preoccupato per qualcosa<br />

che non c’è, seduti con il busto rigido rivolto in<br />

avanti e una reazione veloce dello sguardo nella<br />

<strong>di</strong>rezione da cui accenna a provenire un minimo<br />

rumore o movimento.<br />

Non sono tranquilli!<br />

Parlano e spesso interrompono la conversazione,<br />

per guardare da una parte o dall’altra; i loro<br />

sguar<strong>di</strong> raramente si incontrano, <strong>di</strong>stratti da cosa?<br />

La signora si alza <strong>di</strong> scatto come per andare in<br />

qualche <strong>di</strong>rezione, si ferma, allunga il collo per<br />

vedere meglio e si risiede, <strong>di</strong>cendo sottovoce: “Ah<br />

no! mi ero sbagliata”.<br />

L’altro ammicca e nel contempo, tenendo stretta la<br />

se<strong>di</strong>a con i palmi della mani appoggiate sul se<strong>di</strong>le,<br />

la sposta leggermente con fare rapido e rumoroso<br />

in <strong>di</strong>rezione del lungo corridoio dove alcuni<br />

bambini corrono.<br />

Guarda <strong>di</strong> sfuggita il quadrante della sveglia stile<br />

antico che è sopra alla vecchia cassettiera e <strong>di</strong>ce:<br />

“Son già le 10.30!”.<br />

I due rimangono per alcuni istanti in silenzio, con i<br />

corpi immobili sulla se<strong>di</strong>a e le gambe accavallate,<br />

che fanno dondolare un piede nervosamente.<br />

All’improvviso si apre la porta d’entrata, un giovane<br />

signore entra sorridendo e ancor prima che si<br />

chiuda la porta, accompagnata dalla molla, <strong>di</strong>ce<br />

allegro: “Buongiorno!”.<br />

Con lui una bambina, ha più o meno 2 anni, che lo<br />

tiene per mano; appena entrata rivolge lo sguardo<br />

al gruppo dei bambini in fondo al corridoio. Una<br />

ragazza arriva dal fondo, ha le braccia aperte in<br />

segno <strong>di</strong> accoglienza e sorridente esclama: “Ciao<br />

Giulia! Ciao Luca! Vi stavamo aspettando! Come<br />

state?”<br />

Giulia corre verso la ragazza sorridendo e si ferma<br />

vicino come se aspettasse una parola per lei.<br />

“Come sei bella Giulia! Raccontami un po’ che hai<br />

fatto ieri dai nonni?”<br />

Il signore è rimasto nell’ingresso; rivolge un sorriso<br />

ed un saluto ai due seduti al tavolo: “Buon giorno!<br />

Sono Luca, il babbo <strong>di</strong> Giulia!” e porgendo loro la<br />

mano, rimane in attesa.<br />

“Piacere sono Manuela, la mamma <strong>di</strong> Olga!” “E io<br />

Raffaele, il babbo <strong>di</strong> Antonia!” Manuela e Raffaele<br />

si presentano e sorridono timidamente.<br />

Luca guardandoli chiede: “State facendo<br />

l’inserimento dei vostri bambini? Io l’ho fatto l’anno<br />

scorso” e mentre parla si siede in una terza se<strong>di</strong>a<br />

riposta sotto il tavolo.<br />

I tre iniziano una conversazione che, in principio, è<br />

animata soprattutto da Luca, che racconta la sua<br />

storia <strong>di</strong> inserimento della figlia al nido e<br />

l’esperienza positiva con l’ambiente e le persone.<br />

Manuela pare gra<strong>di</strong>re le parole tranquillizzanti del<br />

babbo veterano e mentre ascolta il suo viso si<br />

rilassa e a tratti compare un sorriso dolce e quasi<br />

sognante.<br />

Raffaele è attratto dalle parole <strong>di</strong> Luca e scambia<br />

risate in corrispondenza <strong>di</strong> alcune battute ironiche.<br />

Il <strong>di</strong>alogo prosegue fino a quando Luca guarda<br />

l’orologio ed esclama “Ops! E' tar<strong>di</strong>, al lavoro mi<br />

aspettano; mi spiace ma devo andare, anche se<br />

rimarrei qui molto volentieri. Allora ci ve<strong>di</strong>amo nei<br />

prossimi giorni, ora che siete qui anche voi al Nido!<br />

Ma per fortuna che c’è Francesca!<br />

“Paolo, saluta la mamma…”<br />

“La mamma va a fare la spesa, la saluti?”<br />

“Paolo non saluti la mamma?”<br />

“Non mi saluta…..”


Queste le parole della mamma <strong>di</strong> Paolo durante la<br />

prima settimana <strong>di</strong> inserimento del suo bambino al<br />

nido d’infanzia.<br />

La mamma si piega in avanti verso il bambino, con<br />

le braccia allungate davanti al busto e le mani<br />

aperte e riba<strong>di</strong>sce più volte l’intenzione <strong>di</strong> andare a<br />

fare la spesa, ma Paolo continua il suo gioco<br />

senza dare cenno <strong>di</strong> saluto; pare non senta il<br />

bisogno <strong>di</strong> tanti saluti.<br />

La mamma parla lentamente al suo bambino e nel<br />

frattempo dondola il busto un po’ avanti e in<strong>di</strong>etro,<br />

come a voler spingere le sue parole verso o dentro<br />

Paolo, che non accenna ad alcun saluto e gioca<br />

dondolandosi sull’elefante, con lo sguardo rivolto<br />

alle altre bambine e bambini che stanno giocando<br />

nello stesso spazio.<br />

E’ abbastanza evidente che Paolo è sereno e non<br />

sembra turbato dalla mamma che esce; per lo<br />

meno non accenna a <strong>di</strong>sperarsi e pare sia molto<br />

colpito dai giochi che fanno le amiche e gli amici, li<br />

osserva con sguardo partecipe, come se fosse<br />

dentro al gioco.<br />

Le educatrici, Pamela e Giuliana, sono presenti:<br />

l’una, riferimento <strong>di</strong> Paolo, ne segue l'azione con lo<br />

sguardo, restando in attesa con espressione<br />

partecipe e rassicurante, l’altra è in pie<strong>di</strong> vicino ad<br />

altri bambini e osserva con <strong>di</strong>screzione.<br />

La mamma flette maggiormente il busto e<br />

accentua i movimenti <strong>di</strong> dondolamento,<br />

velocizzando il gesto delle mani giunte davanti a<br />

lei.<br />

“Allora io vado, mi saluti?” Paolo, niente.<br />

Francesca, <strong>di</strong>ciotto mesi e inserita al nido dall’anno<br />

scorso, ha assistito a tutta la scena stando proprio<br />

vicina alla mamma <strong>di</strong> Paolo; va da Giuliana, la<br />

prende per mano e l’accompagna in corridoio<br />

proseguendo verso l’uscita della sezione.<br />

Mentre cammina si gira più volte, rallentando il<br />

passo, come per aspettare; prosegue <strong>di</strong>ritta alla<br />

porta <strong>di</strong> uscita solo quando anche la mamma <strong>di</strong><br />

Paolo la segue. Alla porta si ferma, si volta, prende<br />

la mano della mamma <strong>di</strong> Paolo e con garbo la<br />

guida alla porta d’uscita.<br />

Quando la signora apre la porta, Francesca con<br />

tono deciso e ultima vocale echeggiante <strong>di</strong>ce<br />

“CiaUU!!”<br />

Che bella nonna, prego si accomo<strong>di</strong>!<br />

Lucia ha <strong>di</strong>ciotto mesi e durante l’inserimento<br />

viene, per un giorno, accompagnata dalla nonna.<br />

La nonna bussa alla porta prima <strong>di</strong> entrare in<br />

sezione ed entra molto titubante: il suo sguardo<br />

corre in tutte la <strong>di</strong>rezioni, senza fermarsi un istante<br />

e mentre parla con Monica, riferimento della<br />

bambina, segue passo passo Lucia, che va<br />

spe<strong>di</strong>ta e sicura <strong>di</strong> sè verso gli spazi <strong>di</strong> gioco.<br />

Mentre cammina, la nonna raccoglie da terra i<br />

giocattoli che incontra e li propone alla nipote,<br />

coinvolgendola per alcuni istanti; la raccolta è<br />

frequente e ne consegue che Lucia sposta<br />

continuamente l'attenzione sul gioco della nonna.<br />

Raggiungono il fondo del corridoio della sezione e<br />

Lucia si <strong>di</strong>rige verso la stanza a sinistra dove c’è<br />

la piscina con le palle che a lei piace molto. La<br />

nonna la chiama, facendole vedere un libro che si<br />

<strong>di</strong>chiara intenzionata a leggerle: “Guarda che c’è la<br />

Pimpa! cosa fa? Oh, oh.. ecco qua! Che bello, c’è<br />

la sua amica! Eeeeh…..eeeeh! Ma ci sono anche<br />

gli animali!”.<br />

La nonna prosegue questa specie <strong>di</strong> seduzione e<br />

ora si trova vicina ad una poltrona per adulti.<br />

Le bambine e i bambini hanno seguito la scena a<br />

debita <strong>di</strong>stanza e hanno osservato nei minimi<br />

dettagli. Alcuni <strong>di</strong> loro si avvicinano alla nonna e le<br />

porgono un libro che la signora ignora,<br />

proseguendo con il suo programma.<br />

Giulia le si avvicina e le porge un giocattolo; la<br />

nonna non raccoglie e ora fatica a muoversi in<br />

avanti per raggiungere Lucia, perché il gruppo dei<br />

bambini che le si stringono intorno è numeroso e la<br />

ostacola nei movimenti.<br />

“Lucia dove sei?”.<br />

Michela le porta una bambola, Marco una torre <strong>di</strong><br />

Lego, Vincenzo si allunga e le appoggia sul palmo<br />

una macchinina.<br />

Ora le bambine e i bambini sono davvero tanti,<br />

ognuno con un oggetto da “rifilare” alla nonna e<br />

tutti le stanno appoggiati addosso.<br />

Non c’è più via <strong>di</strong> scampo, la nonna si siede sulla<br />

poltrona che è <strong>di</strong>etro <strong>di</strong> lei e rivolgendo lo sguardo<br />

ai bambini prende, uno alla volta, i giocattoli che le<br />

porgono.<br />

Pare una riunione affollata, dove l’oratore seduto<br />

parla <strong>di</strong> ciò che vede e gli ascoltatori, forse<br />

complici <strong>di</strong> Lucia, sono riusciti nell’intento <strong>di</strong> offrire<br />

ospitalità alla nonna!<br />

E’ il momento dell’uscita <strong>di</strong> Lucia; sulla soglia della<br />

porta, la nonna si gira e, rivolta alle bambine e ai<br />

bambini che l’accompagnano e la salutano, <strong>di</strong>ce:<br />

”Ec bei baben! Fagli ciao Lucia!”<br />

Il ritmo dell’acqua che unisce<br />

Sara frequenta da due anni e questo è il suo ultimo<br />

anno al nido; Carlotta è arrivata l’anno scorso e<br />

anche lei andrà alla scuola dell’Infanzia il prossimo<br />

anno.<br />

Il loro rapporto si è costruito e consolidato verso la<br />

fine dell’anno scorso. A settembre si sono ritrovate:<br />

un gioco <strong>di</strong> sguar<strong>di</strong>, sorrisi e rincorse.<br />

Hanno trovato il modo <strong>di</strong> stare insieme a tavola, si<br />

siedono l’una accanto all’altra e aspettano<br />

chiacchierando che arrivi il pasto.<br />

Quando si sentono appagate, danno un occhiata<br />

furtiva alla dada, si guardano negli occhi con<br />

complicità e con tono deciso una si rivolge all’altra:<br />

“An<strong>di</strong>amo!”<br />

Si alzano e corrono sul <strong>di</strong>vano, saltano un po’, poi<br />

si siedono e osservano da lontano, a volte con un


po’ <strong>di</strong> pane tra le mani; poi si allontano in silenzio e<br />

si infilano tra gli angoli degli arma<strong>di</strong>etti, dove c’è<br />

spazio solo per tre bambini.<br />

Le si sente conversare e ridere.<br />

Serena, un anno e mezzo, frequenta da un mese;<br />

le osserva molto incuriosita.<br />

Questa specie <strong>di</strong> rito si ripete da qualche giorno,<br />

lei sta a tavola composta, sorride e aspetta la dada<br />

per alzarsi e andare verso la porta.<br />

Oggi a tavola nei loro bicchieri è stata versata<br />

l’acqua; si sono guardate tutte e tre e con<br />

complicità hanno iniziatato a fare le “bolle”<br />

rumorose: GLLL... GRR... GLLL…<br />

Carlotta rivolge lo sguardo a Serena e con un<br />

sorriso le <strong>di</strong>ce:<br />

“L’ acqua è buona!”<br />

E continuano la loro sinfonia <strong>di</strong> suoni e bolle<br />

rumorose,<br />

Un attimo <strong>di</strong> silenzio poi Carlotta porta la mano<br />

tesa alla bocca, sbattendola ritmicamente; Sara e<br />

Serena l'accompagnano nello stesso gesto e ritmo.<br />

Un suono primitivo echeggia nell’aria: sorridono <strong>di</strong><br />

gusto scambiandosi sguar<strong>di</strong> affiatati .<br />

Poi si alzano e questa volta Serena si congeda da<br />

me alzandosi ed andando verso <strong>di</strong> loro: osservarle<br />

non le basta più, è pronta per partecipare.<br />

ACCOGLIENZE DIVERSE<br />

Quando le relazioni tra pari fanno il valore aggiunto<br />

<strong>di</strong> Katia Raspanti e Silvia Fabbri<br />

Questo non è un <strong>di</strong>scorso compiuto sull'accoglienza delle <strong>di</strong>versità o sull'educazione<br />

interculturale; è soltanto la modesta raccolta <strong>di</strong> alcuni spunti che abbiamo raccolto nel corso<br />

<strong>di</strong> un anno, perché ci interessava dare corpo e sostanza ad un principio, “tutti uguali, tutti<br />

<strong>di</strong>versi” che non vogliamo sia soltanto uno slogan.<br />

Abbiamo cercato <strong>di</strong> dare grande spazio ed attenzione alle modalità con le quali ci poniamo<br />

con i bambini, dando la “giusta” attenzione (nè troppo, nè troppo poco) alle <strong>di</strong>versità interne<br />

al gruppo, all'ascolto, al rispetto dei tempi, agli interessi, alla collaborazione e alla risoluzione<br />

dei contrasti attraverso il <strong>di</strong>alogo.<br />

La prima scoperta è un fatto semplice ed essenziale, che forse talvolta rischiamo <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>menticare: se accompagnamo i bambini alla scoperta delle <strong>di</strong>versità e delle somiglianze,<br />

scopriamo che la <strong>di</strong>versità <strong>di</strong> lingua, <strong>di</strong> cultura, <strong>di</strong> religione, <strong>di</strong> abitu<strong>di</strong>ni e tratti somatici dei<br />

bambini stranieri è ben lontana dall'essere l'unica. Ne esistono altre: la <strong>di</strong>versità <strong>di</strong> genere, <strong>di</strong><br />

gusti, <strong>di</strong> atteggiamenti ecc….<br />

Che spiegazioni si danno i bambini delle molte <strong>di</strong>versità che li attraversano?<br />

Scrive Rodari: “La ragione ci aiuta a comprendere la realtà. Ma la fantasia ci serve per<br />

superarla e non accettarla così com’è”.<br />

Abbiamo provato ad ascoltare i bambini e ci siamo resi conto non solo che si ponevano<br />

domande sulle caratteristiche <strong>di</strong> alcuni compagni, ma anche che spesso trovavano risposte<br />

più efficaci delle nostre, certamente più eleganti.<br />

Francesco, mentre <strong>di</strong>segna liberamente con alcuni compagni, <strong>di</strong>ce: “Perché lui non sa<br />

parlare?” riferito a Tommaso che presenta un ritardo del linguaggio.<br />

Carla risponde con estrema naturalezza: “Ma no! lui parla inglese!”<br />

Giulio (guardando Samuele che è un bambino speciale non solo ai nostri occhi): “Samuele<br />

raccoglie sempre i bacchetti in giar<strong>di</strong>no…”<br />

Renato: “Perché a lui piacciono tanto e si arrabbia se qualcuno glieli porta via!! Anche io mi<br />

arrabbio se mio fratello mi porta via i giochi”<br />

Giulio : “Allora i bacchetti sono i suoi giochi! Ma non ci gioca !”<br />

Renato: “Non lo so! Anche mio cugino ha tante carte <strong>di</strong> Dragombol e non ci gioca!”<br />

Antonio rivolto a Filippo gli domanda: “Ma perché te non parli?”<br />

Gli risponde Marianna : “Lui è un bimbo zitto!”


Carla: “Lui vuole essere zitto!”<br />

Ed è proprio <strong>di</strong> Filippo e Dario che vi vogliamo raccontare e <strong>di</strong> come i compagni sono stati<br />

risorsa fondamentale nel loro processo <strong>di</strong> crescita, contaminandosi a vicenda nel loro<br />

<strong>di</strong>venire.<br />

Filippo e Dario sono una coppia <strong>di</strong> gemelli <strong>di</strong> origine albanese, al loro secondo anno <strong>di</strong><br />

frequenza. Il loro inserimento alla scuola dell’infanzia è stato lento e faticoso, tanto che più<br />

volte abbiamo chiesto lìintervento del dottor Chitti, perché ci aiutasse a comprenderli meglio.<br />

All’inizio dello scorso anno scolastico li vedevamo apatici e passivi; osservavano con<br />

apparente in<strong>di</strong>fferenza ciò che succedeva attorno a loro, con<strong>di</strong>videndo spazi e giochi con i<br />

compagni, ma senza farne davvero uso. Anche in giar<strong>di</strong>no guardavano gli altri giocare, ma se<br />

ne stavano immobili vicino all’insegnante.<br />

Poi a fine ottobre hanno incominciato a correre, a farsi prendere, entrando in relazione con<br />

Giovanni, un bambino “molto” vivace della loro sezione. Quin<strong>di</strong>ci giorni dopo Filippo e Dario<br />

hanno cambiato modalità <strong>di</strong> gioco; erano loro che prendevano Giovanni.<br />

E' da qui che cominciamo a vedere la loro partecipazione attiva alla vita del compagni.<br />

15.01.09 Filippo gioca insieme a Giulio con le macchinine e ne imita il gioco (movimenti,<br />

espressioni del viso, suoni onomatopeici)<br />

Giulio e Filippo<br />

Giulio è un bambino dolce, molto timido con una grande paura <strong>di</strong> non riuscire a “fare”.<br />

Queste sue caratteristiche contrastano con il suo aspetto fisico.<br />

La relazione con Filippo gli ha permesso <strong>di</strong> emergere, <strong>di</strong> essere guida e <strong>di</strong> fare giochi che <strong>di</strong><br />

norma chiedeva solo <strong>di</strong> osservare. Si è messo in gioco.<br />

27.01.09 Nel pomeriggio facciamo la torta con la pasta salata in piccolo gruppo (sono<br />

presenti 14 bambini). Inizialmente Filippo si rifiuta <strong>di</strong> toccare la pasta, poi osservando i suoi<br />

amici (Giulio e Renato) comincia a manipolarla, <strong>di</strong>vertendosi molto. Il colore scelto è il blu.<br />

29.01.09 Nella mattinata Dario e Filippo sono andati spontaneamente a giocare nella casina<br />

della sezione degli anatroccoli. Fino ad oggi non si erano mai mossi dal tavolo <strong>di</strong> gioco scelto<br />

inizialmente.<br />

10.02.09 Filippo ha risposto a Renato con due parole (IO NO) per segnalare il suo <strong>di</strong>ssenso.<br />

20.03.09 Filippo ripete le parole che pronuncia Renato, anche piccole frasi. Alcune parole<br />

sono incomprensibili e mancano alcuni suoni. Il bambino si mostra felice come se per lui<br />

fosse un gioco. Ha incominciato ad utilizzare i burattini per giocare con alcuni compagni.<br />

Renato e Filippo<br />

Renato è un bambino che utilizza modalità che catturano l’attenzione dei compagni, i quali lo<br />

ricercano molto per giocare con lui. La nascita della sua relazione con Filippo ha permesso a<br />

Filippo <strong>di</strong> allargare la sua rete <strong>di</strong> rapporti, essendo coinvolto anche dagli altri compagni.<br />

31.03.09 I bambini rispondono verbalmente a Soukajna ( no, dai, io si, aia, io no ) mentre<br />

punteggiano il lavoretto <strong>di</strong> Pasqua. Sul retro del cartoncino sono <strong>di</strong>segnati dei ghiaccioli. Mi<br />

inserisco nella conversazione e chiedo quale gusto preferiscono. Filippo mi in<strong>di</strong>ca il<br />

ghiacciolo all’amarena e Dario il ghiacciolo al limone; chiedo quanti ne mangerebbero e<br />

Filippo mi risponde verbalmente “Te (tre)”, mentre Dario “Ue (due)”.<br />

Dario e Soukajna<br />

Soukajna è una bimba araba, perfettamente integrata, che parla correttamente entrambe le<br />

lingue. Soukajna e’ stata un esempio per Dario nella produzione verbale: la bambina nei suoi<br />

confronti è molto protettiva, lo incoraggia a sperimentarsi nel gioco e nella produzione


verbale. Tutto è un gioco tra loro: lei educa, lui apprende (ma educando <strong>di</strong> sicuro qualcosa<br />

apprende anche lei).<br />

1.04.09 Filippo continua a ripetere le parole dei compagni (Renato, Giovanni e Giulio) e<br />

risponde ai compagni con sillabe. Oggi ha richiesto <strong>di</strong> andare a giocare a lego piccoli (leo<br />

icoi) Abbiamo organizzato un piccolo gioco sulle panche, nell’attesa della pulizia dei tavoli,<br />

dopo la merenda: il lancio della palla. Filippo durante il turno dei compagni gioca con<br />

Giovanni a riprendere la palla caduta a terra, lanciandomela per riprendere il gioco, Quando<br />

viene il suo turno <strong>di</strong> lanciare a un compagno, si mostra molto rigido ed esegue il lancio solo<br />

dopo essere stato sollecitato verbalmente e rassicurato <strong>di</strong> non dover fare niente <strong>di</strong> <strong>di</strong>verso<br />

rispetto a quello che fino a quel momento ha fatto con Giovanni. Dario invece si rifiuta<br />

recisamente in quella occasione, ma tre giorni dopo fa il suo lancio con padronanza e<br />

sicurezza, svolgendo tutti gli step <strong>di</strong> <strong>di</strong>fficoltà (è come se avesse avuto bisogno <strong>di</strong> tempo per<br />

allenarsi senza gli sguar<strong>di</strong> dei compagni )<br />

Giovanni, Filippo e Dario<br />

Giovanni è un bambino esuberante, istintivo, vivace, è un grande catalizzatore. La relazione<br />

con Filippo gli ha permesso <strong>di</strong> scoprire un’altra parte <strong>di</strong> se con la quale non aveva avuto<br />

modo <strong>di</strong> confrontarsi, <strong>di</strong> far emergere la sua parte più protettiva, più riflessiva.<br />

Enrica, Filippo e Dario<br />

Enrica e’ una bambina che ha molte abilità, accogliente e coccolona, ricercata molto dai<br />

gemelli in quanto a lei piace fare per loro dei <strong>di</strong>segni che poi loro colorano. Per loro e’ stata<br />

importante perchè li ha avvicinati all’utilizzo del <strong>di</strong>segno come gioco libero, aiutandoli a<br />

realizzare gradualmente segni più riconoscibili e ricchi <strong>di</strong> significato.<br />

Enrica: “Questo è Filippo! Gliela colori tu la maglia a righe?....la casa non l’ho <strong>di</strong>segnata…<br />

falla tu!”<br />

23.04.09: abbiamo proposto un gioco cooperativo che si chiama la scossa 1 : ci si <strong>di</strong>spone in<br />

cerchio tenendosi per mano. Il conduttore manda una scossa stringendo la mano della<br />

persona alla sua sinistra che a sua volta la passa alla sua sinistra e così via, finchè la scossa<br />

ha fatto il giro del cerchio. Poi abbiamo variato il gioco con l’imitazione <strong>di</strong> un nostro<br />

movimento (alzare le braccia, battere le mani e così via) e successivamente i movimenti<br />

venivano proposti dai bambini (i compagni dovevano ripetere il gesto dell’amico<br />

“conduttore”). A Filippo e Dario è piaciuto molto e hanno partecipato inizialmente accennando<br />

i movimenti, poi via via sempre più sicuri e propositivi, chiedendo (alzando la mano) <strong>di</strong><br />

proporre dei movimenti ai propri compagni.<br />

Ci ren<strong>di</strong>amo conto che sono soltanto piccole cose e sappiamo che avremmo sicuramente<br />

potuto fare <strong>di</strong> più; per noi questa consapevolezza è il punto <strong>di</strong> partenza per non smettere mai<br />

<strong>di</strong> pensare a nuovi mo<strong>di</strong> <strong>di</strong> fare cultura per l’infanzia.<br />

Dario e Filippo e i bambini che hanno accompagnato le loro conquiste ci hanno insegnato a<br />

riconoscere i dettagli e ad apprezzare le parole <strong>di</strong> San Gerolamo: “I dettagli apparentemente<br />

minimi non dovrebbero essere ignorati perchè è solo attraverso <strong>di</strong> essi che sono possibili i<br />

gran<strong>di</strong> progetti”.<br />

L'impegno <strong>di</strong> raccontare la nostra esperienza ci ha dato l’occasione <strong>di</strong> fermarci a riflettere<br />

sulle nostre pratiche, e quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> imparare qualcosa <strong>di</strong> noi, delle nostre aree più fragili e dei<br />

nostri punti <strong>di</strong> forza.<br />

E che bisogna sempre continuare, perché il nostro lavoro non è mai compiuto.<br />

1 Ripreso da 99 giochi cooperativi <strong>di</strong> Sigrid Loos


Allora... mi ascolti?<br />

<strong>di</strong> Marinella Cimatti<br />

Matilde ha quattro anni: capelli bion<strong>di</strong>, occhi<br />

azzurri, un sorriso dolce.<br />

E' al suo secondo anno <strong>di</strong> frequenza ed ora (quasi<br />

non mi sembra vero!) è una bambina serena, viene<br />

volentieri a scuola e gioca con le amiche: sembra<br />

si <strong>di</strong>verta, anche se la sua occupazione preferita è<br />

stare con gli adulti.<br />

Ricordo il suo inserimento: piangeva fin dal primo<br />

momento in cui metteva piede nella scuola, senza<br />

neppure prendersi il tempo <strong>di</strong> aspettare che il<br />

nonno, che spesso la accompagnava, se ne<br />

andasse via!<br />

Lo lasciava con le lacrime agli occhi, venendo<br />

verso <strong>di</strong> me come se andasse verso un precipizio:<br />

era consapevole <strong>di</strong> dover rimanere e tragicamente<br />

affrontava quel momento <strong>di</strong> passaggio. A volte<br />

invece cercava, con ogni scusa, <strong>di</strong> trattenere chi la<br />

accompagnava, prolungando così un momento <strong>di</strong><br />

sofferenza per tutti.<br />

Non appena il nonno se ne era andato, iniziava il<br />

rituale:<br />

“Ma poi il mio nonno mi viene a prendere?”<br />

“Si, Matilde, tutti vengono a prendere i loro<br />

bambini!”<br />

“Ma ci sarà qualcuno che gli apre la porta?”<br />

“Certamente, la dada alle 12.30 apre la porta e lo<br />

fa entrare!”<br />

“E' vero che il mio nonno non mi lascia qui?”<br />

“Sicuro, Matilde! Nessun bambino è mai rimasto a<br />

scuola! Tutti vanno a casa!”<br />

E così ogni giorno, ogni ora, ogni cinque minuti; le<br />

stesse frasi ripetute allo sfinimento e con<strong>di</strong>te da un<br />

bel po' <strong>di</strong> lacrimoni!<br />

Matilde non faceva altro che passare da un adulto<br />

all'altro, implorandolo <strong>di</strong> darle qualche<br />

rassicurazione sull'arrivo del suo nonno o dei suoi<br />

genitori e cercando <strong>di</strong> essere consolata.<br />

“Ascolta,... ti devo <strong>di</strong>re una cosa. Allora: fra un po'<br />

mangiamo la frutta, poi giochiamo un po',<br />

mangiamo il pranzo e poi il mio nonno arriva....Va<br />

bene?<br />

“Certo, Matilde, è proprio così come hai detto!<br />

Perciò ora non pensarci, stai tranquilla e cerca<br />

qualche amico con cui giocare”.<br />

Ogni tanto si lasciava un po' andare e, dopo<br />

ripetuti inviti, si avvicinava incuriosita a un gruppo<br />

<strong>di</strong> bambini; poi subito tornava e chiedeva, coi<br />

lacrimoni e il pollice in bocca:<br />

“Mi fai le coccole?”<br />

“Vieni, stai un po' qui con me. Leggiamo un libro<br />

insieme...o preferisci giocare con le tue amiche?<br />

Martina, perché non chie<strong>di</strong> a Matilde se vuole<br />

giocare con te?”<br />

Martina è un po' la leader del gruppo delle<br />

bambine e Matilde ne è affascinata. Ma anche il<br />

suo “carisma” era impotente contro il ricordo del<br />

nonno!<br />

E dopo svariati tentativi <strong>di</strong> approccio falliti, Martina<br />

si stancava <strong>di</strong> cercare <strong>di</strong> intrattenerla e finiva per<br />

abbandonarla al suo destino.<br />

E Matilde ricominciava, instancabile, sforzandosi a<br />

volte <strong>di</strong> trattenere le lacrime e agitava le mani<br />

ritmicamente, mentre scan<strong>di</strong>va lentamente le<br />

parole:<br />

“Allora...mi ascolti? Ti devo <strong>di</strong>re una cosa: nessuno<br />

lascia i bambini a scuola; il mio nonno mi viene a<br />

prendere. Ma la dada lo conosce il mio nonno? C'è<br />

qualcuno che gli apre la porta?”<br />

A volte, presa dallo sconforto e delusa per<br />

l'insuccesso, provavo a <strong>di</strong>mostrarmi un po'<br />

arrabbiata e sbottavo:<br />

“ Ma insomma, Matilde, non ti sembra <strong>di</strong><br />

esagerare?”<br />

Qualsiasi proposta <strong>di</strong> gioco o <strong>di</strong> esperienza la<br />

lasciava piuttosto in<strong>di</strong>fferente e anche quando<br />

accettava <strong>di</strong> partecipare sembrava quasi che lo<br />

facesse per farmi contenta.<br />

C'è un particolare curioso: racconta Manuela che<br />

la mamma <strong>di</strong> Matilde ha frequentato questa stessa<br />

scuola oltre 20 anni fa e ha passato gran parte<br />

delle sue giornate piagnucolando e chiedendo a<br />

tutti quelli che incontrava, dentro la scuola e fuori,<br />

se sentivano la voce della sua mamma che la<br />

stava chiamando. Forse c'è qualcosa <strong>di</strong> genetico,<br />

trasmesso da madre a figlia?<br />

Parliamo con la famiglia, cerchiamo <strong>di</strong> capire<br />

qualcosa <strong>di</strong> più, alla caccia <strong>di</strong> in<strong>di</strong>zi e suggerimenti:<br />

i genitori sono comprensibilmente un po'<br />

preoccupati, ma hanno tutta l'aria <strong>di</strong> fidarsi <strong>di</strong> noi,<br />

delle nostre buone intenzioni e del nostro impegno.<br />

Confidano in noi: speriamo che abbiano ragione.<br />

Io, Patrizia e Stefania allora sfoderiamo tutte le<br />

nostre energie e la nostra inventiva per cercare <strong>di</strong><br />

far trascorrere a Matilde le ore a scuola nel modo<br />

più piacevole possibile. Facciamo leva sulle sue<br />

preferenze: i giochi <strong>di</strong> gruppo condotti dalle<br />

maestre, le letture e le storie raccontate dalle<br />

maestre, le coccole delle maestre, parlare e stare<br />

con le maestre....per lei ci vorrebbe una scuola<br />

solo <strong>di</strong> maestre!<br />

Piena <strong>di</strong> dubbi, mi chiedevo se e dove sbagliavo,<br />

se c'era qualcos'altro che potessi fare e a cui non<br />

avevo pensato, mi consultavo con le colleghe per


avere un parere e qualche consiglio sul da farsi...<br />

Verso la primavera, quando sembrava fosse un po'<br />

più serena e che le crisi <strong>di</strong> pianto e <strong>di</strong> lamenti<br />

fossero in via <strong>di</strong> esaurimento, Matilde si ammala e<br />

resta assente da scuola per un paio <strong>di</strong> mesi.<br />

Al rientro, tutto da rifare!<br />

E ricomincio da capo a rispondere alle sue<br />

continue e piagnucolanti richieste <strong>di</strong> rassicurazione<br />

circa la scansione della giornata, l'apertura della<br />

porta, l'arrivo del nonno.<br />

Poi arriva l'estate, le vacanze ci separano.<br />

Settembre: si ritorna a scuola!<br />

Torna anche Matilde. E' sorridente, i suoi occhioni<br />

azzurri sono raggianti, sembra che le ansie che la<br />

angustiavano siano svanite.<br />

La accolgo a braccia aperte e sfodero le mie<br />

migliori armi <strong>di</strong> seduzione: un caloroso bentornata,<br />

qualche complimento sul suo aspetto, domande su<br />

come ha trascorso le vacanze, l'offerta <strong>di</strong> nuovi<br />

giochi e la curiosità <strong>di</strong> ritrovare i suoi amici. Le<br />

allungo la mano e viene con me, saluta il nonno<br />

che, dopo aver messo a posto nel bagno i suoi<br />

oggetti personali, mentre se ne va, mi guarda con<br />

espressione interrogativa: è incredulo, ma<br />

contento quanto me!<br />

Ma non ci <strong>di</strong>lunghiamo nelle spiegazioni: mi <strong>di</strong>ce<br />

solo che Matilde rimarrà anche a fare la merenda.<br />

Sono un po' preoccupata: e se ricomincia? Ma ora<br />

non voglio pensarci, voglio essere ottimista!<br />

Le prime giornate trascorrono più o meno<br />

tranquille: solo qualche volta Matilde mi chiede che<br />

insegnante ci sarà nel pomeriggio e si assicura<br />

che la dada apra la porta al suo nonno all'ora<br />

dell'uscita.<br />

Nel cortile si avvicina spesso alle bambine più<br />

gran<strong>di</strong> che la accolgono nel loro gruppo per<br />

giocare.<br />

Sembra un'altra bambina!<br />

Ma dopo un paio <strong>di</strong> settimane, ecco la crisi:<br />

“E' vero che il mio nonno non mi lascia qui?”<br />

“Tutti vengono a prendere i loro bambini, vero?”<br />

“Allora, mi ascolti? Ti devo <strong>di</strong>re una cosa: adesso<br />

mangiamo, poi giochiamo un po', facciamo<br />

merenda, poi Monia va ad aprire la porta, vero?”<br />

E le lacrime, trattenute a fatica, le arrossano gli<br />

occhi!<br />

Le mie spiegazioni e rassicurazioni sembrano non<br />

avere effetto, le proposte da parte mia e gli inviti al<br />

gioco da parte degli amici sembrano cadere nel<br />

vuoto...<br />

Ma i bambini hanno sempre qualcosa da<br />

insegnarci, ad esempio <strong>di</strong> quanta pazienza<br />

possiamo <strong>di</strong>sporre!<br />

Così, tra alti e bassi, lacrimoni e sorrisi forzati,<br />

richieste e spiegazioni (sempre le stesse da<br />

mesi!), finalmente all'inizio <strong>di</strong> ottobre (non abbiamo<br />

ben capito perché e come, ma non ci siamo fatte<br />

troppe domande!) Matilde ha smesso <strong>di</strong> piangere.<br />

Ora viene volentieri a scuola, arriva col sorriso e<br />

con gli occhi luminosi, si informa sul menù del<br />

giorno e saluta il nonno, che se ne va felice come<br />

una Pasqua: sicuramente nei mesi scorsi, quando<br />

la lasciava piangente, si allontanava con un<br />

groppo alla gola!<br />

Mi viene incontro, cominciando a parlare dal fondo<br />

del corridoio. Mi racconta qualcosa che le è<br />

capitato, poi si <strong>di</strong>rige verso i gruppetti <strong>di</strong> bambini<br />

che stanno giocando, solo però per vedere cosa<br />

stanno facendo, perché ancora non è molto<br />

interessata a partecipare.<br />

Preferisce stare con me, vedere e sapere cosa<br />

faccio, perché lo faccio, cosa farò dopo. Sembra<br />

decisamente a suo agio nel ruolo della “segretariaassistente<br />

della maestra”: le piace adoperarsi per<br />

piccole incombenze, come andare a prendere il<br />

ghiaccio per un bambino che si è fatto male o<br />

portare il telefono alla dada. E' sempre <strong>di</strong>sponibile<br />

ad aiutarmi mentre preparo i materiali, anche se a<br />

volte sembra che voglia “strafare”, anticipando le<br />

mie istruzioni e combina i cosiddetti “malestri”,<br />

come rovesciare i colori, spalmare la colla sul<br />

tavolo, tagliare qualunque foglio trovi (anche quelli<br />

del registro) o mettere le mani nei barattoli delle<br />

tempere. Ma insomma, se questo la fa sentire<br />

tranquilla, va bene anche così!<br />

Sempre più spesso la vedo avvicinarsi<br />

spontaneamente ai gruppi <strong>di</strong> bambini e partecipare<br />

per un po' ai loro giochi; poi, eccola che ritorna con<br />

una scusa per stare con le maestre e rivolgere loro<br />

le domande più strane.<br />

“Come si chiama tuo marito?” oppure “Che<br />

macchina hai?” ...tanto per attaccare <strong>di</strong>scorso.<br />

Sono convinta che Matilde troverà presto il suo<br />

posto nel gruppo, che si lascerà prendere dal<br />

gioco con i compagni. Vedo nascere in lei la<br />

curiosità e far capolino il piacere <strong>di</strong> fare coi<br />

coetanei, senza la continua presenza dell'adulto.<br />

Anche se...<br />

Questa mattina ho dovuto cambiarle la maglia, che<br />

si era bagnata lavandosi le mani: non so perché,<br />

ma qualcosa si è incrinato e sono riaffiorate le<br />

antiche ansie!<br />

Ecco che ricomincia:<br />

“Allora...mi ascolti? ...ti devo <strong>di</strong>re una cosa: ma il<br />

mio nonno...”<br />

Ma la storia continua e ce la metteremo tutta per il<br />

lieto fine.


Conversando sui nuovi arrivati<br />

Sono arrivati tanti bambini nuovi: un<strong>di</strong>ci!<br />

Alcuni sono molto incuriositi dai materiali <strong>di</strong> gioco, dai compagni e dalle “cose” che si fanno in sezione;<br />

altri sono intimoriti dalle voci dei compagni.<br />

Qualcuno ha trovato subito il gioco che gli piace <strong>di</strong> più e ogni mattina ricomincia a giocare partendo da<br />

lì; qualcuno si guarda attorno e si sposta per la sezione osservando tutto e tutti; qualcun’altro si ferma<br />

spesso vicino alle maestre per sentirsi sicuro e fare due chiacchiere.<br />

Nascono i primi embrioni <strong>di</strong> amicizie: ci sono bambini che si cercano spesse durante la mattinata, altri<br />

che cambiano <strong>di</strong> frequente compagni <strong>di</strong> gioco.<br />

Le insegnanti ricordano ai bambini più gran<strong>di</strong> <strong>di</strong> quando anche loro erano piccoli e un compagno<br />

grande stava loro vicino.<br />

Ci piace molto invitare i bambini “esperti” a prendersi cura degli “inesperti”:<br />

perché aiuta a provare empatia, e l'empatia, cercare <strong>di</strong> comprendere come si sente il<br />

compagno, aiuta non soltanto a sviluppare un comportamento attento e rispettoso verso<br />

l'altro, ma fa sentire meglio, in sintonia con il proprio mondo, anche chi fa lo sforzo <strong>di</strong><br />

comprendere;<br />

perché ricordare quando si era piccoli e poter fare un passo in<strong>di</strong>etro assieme ai nuovi<br />

compagni può essere un piacevole momento <strong>di</strong> riposo, aiuta ad accettare e sentirsi in pace<br />

anche con le proprie debolezze;<br />

perché può anche essere una felice occasione per rendersi conto del fatto che si e’ davvero<br />

gran<strong>di</strong> e si sanno tante cose.<br />

E' pomeriggio e i bambini sono seduti sulle panchine a chiacchierare; si parla dei piccoli appena arrivati<br />

e delle cose che ci piacciono <strong>di</strong> loro.<br />

La conversazione è molto animata<br />

Anthony : Dario, Luca, Carlo, Manar<br />

Mag<strong>di</strong>: a me mi piace Luca e Carlo perche’ e’ un amico nuovo<br />

Simon: a me mi piace Luca e Carlo perche’ e’ un amico nuovo<br />

Margherita: a me mi piace Manar perche’ ha i capelli ricci.<br />

Mag<strong>di</strong>: li aiutiamo a giocare<br />

Margherita: anche ad andare in bagno<br />

Anthony: si puo’ aiutarlo, si puo’ giocare con un bimbo nuovo e aiutarlo a<br />

mangiare, aiutarlo a mettergli l’acqua<br />

Margherita: si puo’ anche aiutarlo ad andare in bagno, a fare la pipi’<br />

Chiara: a fare la cacca<br />

Margherita: e a lavarsi le mani e anche ad allacciarsi le scarpe<br />

Simon: quando uno non vuole piu’ un gioco lo mette a posto e dopo lo mette dentro<br />

alla scatola e <strong>di</strong>ce non lo voglio piu.’E poi deve andare in bagno e le dade<br />

devono accompagnare, e i bambini gran<strong>di</strong> lo sanno gia’ perche’ sono piu’<br />

gran<strong>di</strong>.<br />

Anna: si puo’ aiutare anche a mettergli le scarpe<br />

Anthony: dada, a me mi piace <strong>di</strong> bambino nuovo Dario e Elia, perche’ sono<br />

molto bellissimi<br />

Mag<strong>di</strong>: anche a me mi piace Elia<br />

Alex: io Luca, io Carlo, Luca Carlo<br />

Mag<strong>di</strong>: Daniele è uno ancora nuovo<br />

Simon: nuovissimo, sa giocare<br />

Chiara: come mio cugino che un giorno an<strong>di</strong>amo a casa mia e ha detto a<br />

mio fratello una parolaccia e io ho detto :”Non si fa”<br />

Martina b: Martina<br />

Chiara: Manar<br />

Riccardo: Arianna anche


Anthony: poi Elia; lo sai che mi sorride?<br />

Mag<strong>di</strong>: anche a me mi sorride, quando gli <strong>di</strong>cevo le cose buone sorrideva<br />

tantissimo<br />

Anthony: quando lui mi guarda in faccia lui sorride e anche io sorrido<br />

Martina b: c’e’ Arianna<br />

Riccardo: loro giocano<br />

Martina b: giocano bene<br />

Miriam: a me piace Arianna perche’ mi piace. Fa i giochi con me a “vola i<br />

pipistrelli”<br />

Simon: I bambini nuovi giocano pure benissimo<br />

Chiara: a me mi piace Manar perche’ giochiamo sempre e gli dò sempre<br />

la mano e ci se<strong>di</strong>amo tante volte vicine.<br />

Mag<strong>di</strong>: a me mi piace Alessia e Daniele<br />

Martina b: anche a me Alessia<br />

Riccardo: invece a me Arianna<br />

Chiara: e dopo coloriamo insieme e dopo quando io coloro colora anche lei<br />

Anthony: sai che a me Elia quando mi sorride mi piace molto<br />

Miriam: c’e’ anche Arianna<br />

Alex: io, Carlo e Luca<br />

I bambini e le bambine della sezione Scoiattoli<br />

della Scuola dell’Infanzia Pambera<br />

con Bruna ed Elisa.


Sapore <strong>di</strong> casa<br />

Una forma speciale <strong>di</strong> riciclo<br />

<strong>di</strong> Sara Lazzarini<br />

Ricordo ancora uno dei miei primi giorni <strong>di</strong> lavoro nel nido dove mi trovo attualmente (il nido<br />

“Primavera” <strong>di</strong> Zolino): avevo pochissima esperienza e mi sentivo molto titubante, ma al<br />

tempo stesso ogni piccola cosa era una nuova scoperta, <strong>di</strong> cui faccio tuttora grande tesoro.<br />

Come la mattina in cui ho visto Giacomo, un bimbo <strong>di</strong> 3 anni furbetto e poco amante delle<br />

regole, giocare con una scatola <strong>di</strong> biscotti. Preoccupatissima che l’avesse sottratta<br />

dall’arma<strong>di</strong>o dove io e le mie colleghe teniamo le borse e che si fosse pure fatto una bella<br />

scorpacciata <strong>di</strong> biscotti, tolgo <strong>di</strong> mano la scatola al povero Giacomo, che mi guarda<br />

in<strong>di</strong>spettito, e mi rivolgo a Elisa:<br />

“Credo che Giacomo abbia preso dei biscotti dal nostro arma<strong>di</strong>etto!”<br />

e lei molto tranquillamente mi risponde:<br />

“Ma no! Sono le scatole che portiamo da casa apposta perché i bambini possano giocarci!”<br />

…caspita che idea!<br />

Nei giorni successivi compaiono da ogni parte scatole (ovviamente vuote) <strong>di</strong> pizza surgelata,<br />

gelato, meren<strong>di</strong>ne, pasta, caramelle, cereali...<br />

In quei giorni mi sono chiesta spesso perché quelle scatole vuote fossero così amate e così<br />

ampiamente sfruttate e sono giunta alla conclusione che fosse perché si trattava <strong>di</strong> oggetti<br />

che i bambini vedevano usare anche dai genitori nella quoti<strong>di</strong>anità e che avevano quin<strong>di</strong> un<br />

“sapore” <strong>di</strong> casa.<br />

Dopo tutto, mi sono detta, niente <strong>di</strong> strano: qual è l’ambiente in cui ognuno <strong>di</strong> noi si sente<br />

meglio, protetto ed accolto? La propria casa.<br />

Forse, per creare un ambiente accogliente anche al nido, potrebbe non essere una cattiva<br />

idea quella <strong>di</strong> ricreare spazi che richiamino le stanze che compongono la casa!<br />

Con l’aiuto dei miei colleghi, abbiamo pensato a come personalizzare la cucina, l’angolo del<br />

fasciatoio e del lettino per le bambole.<br />

Fabio, che è esperto nella lavorazione del legno, ha creato una mensolina con dei gancetti<br />

dove appendere gli arnesi della cucina (mestolo, colino, presine…); ha costruito picoli ripiani<br />

da infilare nel frigo e nel forno, dove adesso i bambini riescono ad appoggiare le famose<br />

scatole.<br />

Nel fasciatoio abbiamo messo vestitini, bavaglini, calzettoni, ere<strong>di</strong>tà dei tanti bambini passati<br />

dal nido. E abbiamo aggiunto barattoli <strong>di</strong> sapone, shampoo e crema per il corpo.<br />

Sono piccole cose, dettagli, ma hanno significato molto per i nostri bambini.


Ci incantiamo a guardarli infornare pappe prelibate, avendo cura <strong>di</strong> infilarsi i guantoni da<br />

forno; vestire e svestire le bambole, riproponendo gesti e parole che noi educatori usiamo<br />

con loro.<br />

E’ <strong>di</strong>ventato davvero un piacere per noi trattare con cura<br />

scatole e barattoli che usiamo a casa, per portarli al nido<br />

e guardare con curiosità che cosa riescono ad inventare i<br />

bambini quando glieli portiamo.<br />

E’ buffo anche sentirli <strong>di</strong>scutere su chi <strong>di</strong> noi educatori sia<br />

il proprietario delle scatole arrivate al nido.<br />

Una mattina Tommaso e Anna, due bimbi gran<strong>di</strong>,<br />

<strong>di</strong>scutono.<br />

Anna: Sara ha portato i biscotti oggi!!!<br />

Tommaso: NOOO! Elisa li mangia, quelli!<br />

Anna: Sara ha portato la pizza… sì è mangiata tutta la<br />

pizza ieri.....<br />

Tommaso: Sì, Sara mangia la pizza!<br />

Un modo insolito per farci conoscere meglio dai nostri<br />

bambini, anche attraverso i nostri gusti culinari.<br />

Le scatole e i barattoli “<strong>di</strong> casa” hanno affascinato molto<br />

anche i bimbi nuovi che si sono inseriti quest’anno;<br />

apprezzavano molto la tavola apparecchiata con la<br />

bottiglia del latte, i barattoli del caffè e le scatole dei<br />

cereali.<br />

Ci sembra che attraverso questi oggetti così semplici e<br />

quoti<strong>di</strong>ani, i bambini abbiano ritrovato un piccolo pezzo<br />

della loro casa all’interno del nido e questo forse gli ha<br />

trasmesso un po’ del calore del “focolare domestico”.


I babì ié tot aravacié<br />

<strong>di</strong> Tamara Bor<strong>di</strong>ni<br />

Cosa stava succedendo nel giar<strong>di</strong>no <strong>di</strong> Selva<br />

Zello quel giorno?<br />

Luisa, la ragazza, che faceva le tre ore del<br />

pomeriggio, con le mani tra i capelli, sembrava<br />

sconvolta e si lamentava ad alta voce, mentre<br />

Gerarda, più tranquilla perché abituata al<br />

”menage“ della nostra scuola, si dava da fare<br />

attorno a un gruppetto <strong>di</strong> bambini, e alla nostra<br />

domanda rispondeva, in perfetto <strong>di</strong>aletto<br />

campano-romagnolo:<br />

“I BABI’, I BABI’ IE’ TOT ARAVACIE !!!!!!”<br />

In effetti qualche bambino era tutto “aravaciato”:<br />

avevano mischiato acqua e terra e si stavano<br />

<strong>di</strong>vertendo un sacco a tirarsela addosso.<br />

La PAPPA-MOLLE aveva colpito ancora!<br />

Quel giorno, per mandare a casa Nohaila in<br />

modo riconoscibile, l’abbiamo dovuta lavare<br />

tutta, compreso il vestitino che indossava.<br />

Insomma, una delle attività preferite dei bimbi <strong>di</strong><br />

Selva è fare la pappa-molle; abbiamo cercato <strong>di</strong><br />

incanalare altrove questa passione, offrendo loro<br />

creta da plasmare, acqua e farina, ma non c'è<br />

stato niente da fare! Nulla può competere con la<br />

pappa-molle, specialmente durante un inverno<br />

piovoso, quando il materiale è facilmente<br />

reperibile nel nostro giar<strong>di</strong>no. Come si fa a<br />

resistere?<br />

E quando poi arriva la bella stagione......<br />

Abbiamo provato a <strong>di</strong>ssuadere, a proibire, a<br />

limitare l’acqua controllandone la quantità, ma<br />

non abbiamo ottenuto gran<strong>di</strong> risultati, perché<br />

sono sempre riusciti, in qualche modo, a<br />

procurarsi il “<strong>di</strong>luente” necessario:<br />

1) prendendo da bere e cercando <strong>di</strong> portare via<br />

<strong>di</strong> nascosto il bicchiere pieno;<br />

2) bevendo e tenendo l’acqua in bocca per poi sputarla nel piattino/contenitore dove<br />

mettevano la terra;<br />

3) sputando saliva;<br />

4) cercando <strong>di</strong> raggiungere la fontana passando, quatti quatti, <strong>di</strong>etro le nostre spalle, tipo<br />

Pantera Rosa in missione truffal<strong>di</strong>na;<br />

5) ultimo (orrore degli orrori!!!!) facendo pipì dentro la bacinella.<br />

Il cortile era <strong>di</strong>ventato una specie <strong>di</strong> immenso colabrodo, pieno <strong>di</strong> buche (scavavano,


scavavano), anche un po’ pericoloso per gli adulti, e poi la pappa-molle veniva portata<br />

dappertutto e qualche struttura veniva “murata” <strong>di</strong>ceva Alex, intonacata <strong>di</strong>co io, con un<br />

risultato che non è <strong>di</strong>fficile immaginare.<br />

Così abbiamo pensato che la cosa migliore da fare fosse dare qualche regola e delimitare<br />

una zona adatta a questa meravigliosa attività.<br />

D’altra parte per i bambini la pappa-molle è:<br />

“ Buona, lo mangio” <strong>di</strong>ce Nora.<br />

“E’ bella” aggiunge Sofia.<br />

“Fa <strong>di</strong>vertire me” rafforza Iacopo.<br />

“Mi piace giocare a fare la pappa-molle con i miei amici” confessa Sara.<br />

“ Mi piace perché è morbida” sussurra Gaia.<br />

“ Mi piace perché è da mescolare” conclude Chiara.<br />

I bambini possono fornire la ricetta originale:<br />

PAPPA-MOLLE<br />

Ingre<strong>di</strong>enti :<br />

Terra <strong>di</strong> per terra quanta ne vuoi, acqua a volontà (più è molle meglio è),<br />

e se uno vuole ci può mettere anche dell’erba, dei fiorellini o delle foglie, o dei bastoncini, o<br />

dei caccherini e della candela (puah !) o dei petali.<br />

Esecuzione:<br />

L’acqua e la terra si mischiano con la mano o con dei bastoncini. Si mescola e si mette, tutta<br />

viscida e molle, nelle mani, o nei piatti, o per terra.<br />

E’ scura, fa le bolle quando ci metti la terra veloce veloce; se mischi la pappa-molle con la<br />

mano <strong>di</strong>venta viscida e cremosa, se aggiungi acqua <strong>di</strong>venta “sugo <strong>di</strong> pappa-molle”.<br />

Per allisciarla dobbiamo usare le mani.<br />

Cosa si puo’ fare con la pappa-molle :<br />

Si può costruire uno Schifido o si può metterla tra due piatti.<br />

Si può spalmare in terra e scriverci su i nomi dei bambini.<br />

Si può murare.<br />

Se la metti nei capelli <strong>di</strong>venta come un colore nero.<br />

Si possono fare torte <strong>di</strong> compleanno o altri mangiari.<br />

Ci si può sporcare <strong>di</strong>vertendosi un sacco, aggiungo io, e sperimentare e sperimentare e<br />

inventare, socializzare ….cosa si vuole <strong>di</strong> più da questa pappa-molle?


...Emozioni e ricor<strong>di</strong> in libertà...<br />

Od<strong>di</strong>o….il nido!!!<br />

L'inserimento <strong>di</strong> una mamma paturnia<br />

Nota 1 Paturnia: termine forse <strong>di</strong> origine barese.<br />

Significato: avete presente l’ansia? Beh, moltiplicatela per infinito e forse è<br />

ancora poco!!!!<br />

E’ il 5 Aprile 2008; il mio cucciolo ha solo 4 mesi e 25 giorni. E’ la giornata del “nido aperto”. Non dormo<br />

per tutta la notte. Alle 7.30 sono già pronta e sveglio tutti. Dobbiamo andare!<br />

Mio marito mi <strong>di</strong>ce: “Aprono solo alle 9.30!”. Ma che importa…ci portiamo avanti. Bisogna visitarli tutti<br />

per poter scegliere meglio. Ho preparato l’elenco e stu<strong>di</strong>ato il percorso per cercare <strong>di</strong> vederne il più<br />

possibile. Che efficienza! ......o deficienza? Come se la scelta spettasse a me!<br />

Si parte.<br />

NIDO n°1 CAMPANELLA<br />

Entriamo, io, mio marito e il mio cucciolo…non c'è proprio nessuno a cui possa lasciarlo²!<br />

Nota 2: Siamo terroni immigrati in terra <strong>di</strong> Romagna; nonni parenti e zii sono lontani; il mio cucciolo sta<br />

solo con me!<br />

P rima impressione:<br />

ci sono lavori in corso; la struttura non mi sembra granché, per ospitare il mio<br />

principino! Lui però è attratto da tutti quei colori.<br />

Ecco che ci viene incontro qualcuno, si presenta.<br />

“Ciao, sono dada Monica. Se volete vi faccio da guida per visitare il nido!”<br />

Penso tra me e me “Siamo qui apposta!”; le <strong>di</strong>co “Grazie, volentieri!”.<br />

E lei “Cominciamo dalla mia sezione?”<br />

Seconda impressione: dada Monica parla, io ascolto e penso “Bene, ho trovato la dada giusta per il mio<br />

cucciolo”.<br />

Finiamo il giro e Monica già mi rassicura: avrà capito che sono mamma paturnia?<br />

Poi il ricor<strong>di</strong>no: quella bella poesia <strong>di</strong> Battiato “Ti proteggerò…perché sei un essere speciale, ed io avrò<br />

cura <strong>di</strong> te”.<br />

Lacrime…<br />

Sono io la sua mamma; come faranno degli estranei a prendersi cura del mio Francesco?<br />

Rispetteranno i suoi tempi, la sua identità? O lo confonderanno con gli altri bimbi? Sarà solo uno dei<br />

tanti? ANSIA…<br />

Parole chiave: RISPETTO, IDENTITA’.<br />

Mi faccio forza e an<strong>di</strong>amo avanti. A fine giornata, tra una chiacchiera e un’altra ve<strong>di</strong>amo solo 4 ni<strong>di</strong>!<br />

Conclusione: Voglio il Campanella e …dada Monica!<br />

E’ il 22 maggio: si espongono le graduatorie provvisorie. Finiamo al nido Santa Caterina, la nostra<br />

12.sima preferenza. E non lo abbiamo neanche visto!<br />

Ma ciò che è più grave lo realizzo verso sera: Francesco andrà al nido, lo hanno preso.<br />

Lacrime......<br />

E’ il 7 giugno, graduatoria definitiva: il mio cucciolo passa al Campanella.<br />

Facciamo un salto <strong>di</strong> allegrezza (si fa per <strong>di</strong>re, ma col tempo <strong>di</strong>venterà vero!)<br />

E’ il 22 giugno, c’è l’incontro per fissare le date dell’inserimento.<br />

1 a figuraccia: chiedo <strong>di</strong> posticipare la data <strong>di</strong> inserimento del mio Francesco; mi rispondono che mi<br />

hanno già assegnato l’ultima data possibile! Hanno capito che sono terrorizzata all’idea <strong>di</strong> lasciare qui il<br />

bene più prezioso della mia vita? E’ così piccolo!


Ci sono solo dada Monica e dada Nives, ne manca una! Passo tutta l’estate a pregare che non sia lei la<br />

dada del mio bimbo. Chi sarà questa sconosciuta?<br />

Bene ci siamo, è il 21 ottobre; come era preve<strong>di</strong>bile, non dormo per tutta la notte.<br />

Siamo pronti, si parte.<br />

Arriviamo al nido e ci accoglie Monica, in coppia con una sconosciuta, e mi <strong>di</strong>ce:<br />

“Ciao, lei è dada Magda. E' stata in ufficio per un anno ed ora è tornata”.<br />

Io riesco solo a spiccicare un impacciato e preoccupato ciao. Continuo a sperare che non sia lei la mia<br />

dada. Intanto Francesco gioca tranquillo e quasi non mi guarda.<br />

Una valanga <strong>di</strong> domande mi assilla: Perché in ufficio? L’hanno mandata via o è stata una sua scelta?<br />

Cosa avrà combinato?<br />

Colloquio ore 14. Ci siamo. E’ dada Magda la nostra dada <strong>di</strong> riferimento!<br />

Panico: il mondo mi crolla addosso. Cominciamo a parlare. Ho un problema, un grosso problema:<br />

allatto ancora il mio bambino al seno! Come si fa?<br />

Dada Magda non mi aiuta, mi sembra fredda, <strong>di</strong>staccata, strana e….<br />

2 a figuraccia: io, molto stronza, chiedo se possiamo cambiare dada.<br />

Poi mi scuso per la mia stupidaggine, ma continuo ad essere molto preoccupata. Non mi fido.<br />

Altra parola chiave: FIDUCIA.<br />

Il mio cucciolo in tutto questo <strong>di</strong>mostra che sta bene anche senza <strong>di</strong> me. Torniamo a casa, lui dorme e<br />

io….piango <strong>di</strong>sperata! Mi chiama mio marito e pensa sia successa una trage<strong>di</strong>a e io in lacrime “Non<br />

cammina, non parla, non mangia! è piccolo per stare senza la sua mamma!”<br />

Passano le ore, i giorni, e io comincio a fidarmi. Dada Magda <strong>di</strong>venta sempre più simpatica, pensavo<br />

che dopo la mia uscita infelice avrebbe considerato poco il mio cucciolo e invece anche lui <strong>di</strong>venta per<br />

lei speciale, come ognuno dei bimbi <strong>di</strong> cui si occupa.<br />

Partecipare della vita del nido, della sezione C, perfino della cucina, mi aiuta molto a superare le mie<br />

paure. La fiducia aumenta sempre più.<br />

Le dade, tutte, sono fantastiche; le vedo giocare con i nostri figli, ogni bimbo entra nei loro cuori con le<br />

sue particolarità, nessuno è uno dei tanti, il loro non è solo un lavoro, ma una vocazione (loro <strong>di</strong>cono <strong>di</strong><br />

no, ma a me sembra così)!<br />

Grazie alle dade, il mio cucciolo ha fatto tanti progressi e così abbiamo imparato a volerci bene anche<br />

stando separati per qualche ora!<br />

Finisce il primo anno <strong>di</strong> nido e mi <strong>di</strong>spiace.<br />

VACANZA.<br />

E’ il 7 settembre, si ricomincia. Io e Francesco siamo gli unici a non piangere…Magda mi fa i<br />

complimenti e confesso: ho pianto tutto il giorno prima!<br />

Altra parola chiave: CONFRONTO.<br />

Confrontarmi con le altre mamme, con qualche papà, con le dade, con la cuoca Antonella mi ha fatto<br />

scoprire cose nuove e ha aperto nuovi orizzonti; ora sono una mamma un po’ più sicura, ma soprattutto<br />

più serena.<br />

Che pazienza hanno avuto con me e quanta ancora ne avranno per tutto quest’anno e …chissà!<br />

Grazie <strong>di</strong> cuore a tutti per la <strong>di</strong>sponibilità e per la serenità che fate respirare ai nostri cuccioli e per come<br />

li proteggete e vi prendete cura <strong>di</strong> loro!<br />

GRAZIE!<br />

Sonia, la mamma <strong>di</strong> Francesco<br />

PRIMO GIORNO DI SCUOLA<br />

Si sta avvicinando il primo giorno <strong>di</strong> scuola; domani sarà lunedì ed io, i genitori e i bambini saremo<br />

impegnati per il fati<strong>di</strong>co giorno dell’inserimento.<br />

Abbiamo già pre<strong>di</strong>sposto gli spazi, cercando <strong>di</strong> creare un ambiente il più possibile accogliente e ricco <strong>di</strong><br />

opportunità; tutti gli anni comunque c’è sempre un tavolo <strong>di</strong> troppo … così quest’anno abbiamo<br />

eliminato il nostro!<br />

Ho osservato le foto dei bambini che i genitori ci avevano portato in occasione dei colloqui: un po’ li<br />

conosco, troppo poco però! Mentre sistemavo le foto-tessere nei loro arma<strong>di</strong>etti vedevo faccine<br />

sorridenti, incredule, serie e mi chiedevo: “Cosa avranno pensato quando sono stati fermi sullo sgabello<br />

per lo scatto del fotografo?” Spero che alcuni si siano <strong>di</strong>vertiti o l’abbiano trovata una novità


interessante, perché in caso contrario, non si può certo <strong>di</strong>re che cominciamo bene, imponendo loro una<br />

seccatura!<br />

Alcuni bambini li ho conosciuti perché sono venuti a visitare la scuola o all’assemblea, ma con i genitori<br />

presenti è troppo facile! Bé, alcuni mi hanno dato anche un bacio! E’ stato un inizio <strong>di</strong> relazione, ma non<br />

è sicuramente sufficiente!<br />

Ricordo che all’assemblea i bambini presenti erano stati per molto tempo ad ascoltarmi rispondere alle<br />

domande su sacchi a pelo, pantofole, pannoloni, ciucci ecc …(troppo fermi!), tanto che ad un certo<br />

punto avevo proposto loro <strong>di</strong> prendere giocattoli, carta, pennarelli e finalmente li avevo visti sorridere.<br />

Non volevo pensassero che tutto il materiale ben riposto, perfettamente in or<strong>di</strong>ne, fosse lì soltanto per<br />

vetrina senza poter essere usato.<br />

Mi sorge un dubbio … sono passati mesi da quell’incontro; mi accorgo <strong>di</strong> ripensare alle domande, alle<br />

risposte. Rivedo i genitori seduti su seggiole troppo piccole, con uno sguardo sorridente e curioso, ma<br />

allo stesso tempo preoccupato. Spero <strong>di</strong> averli tranquillizzati e rassicurati, ma soprattutto <strong>di</strong> aver<br />

trasmesso loro un po’ <strong>di</strong> fiducia, così importante per intraprendere insieme un nuovo percorso. Mi<br />

ripropongo <strong>di</strong> chiederlo ad una mamma-ex collega che era presente; il suo parere sarà prezioso per<br />

migliorare o rivedere le modalità dell’incontro.<br />

E’ lunedì: “il grande giorno”.<br />

Mi sveglio con allo stomaco la stessa sensazione <strong>di</strong> prima <strong>di</strong> un esame. Per rassicurarmi, mi <strong>di</strong>co che in<br />

oltre 30 anni <strong>di</strong> lavoro ho accolto tanti bambini, ma non sono tranquilla fino in fondo. Mi conosco bene e<br />

so che devo andare al più presto a scuola dove, sono sicura, ritroverò la calma.<br />

Il nostro primo giorno sta per iniziare; li vedo arrivare e li accolgo con un sorriso sincero, sono solidale<br />

con loro (non è per niente facile entrare in un ambiente nuovo e con il vociare <strong>di</strong> tanti altri bambini<br />

sconosciuti).<br />

Sicuramente la scuola sarà stata presentata al meglio, avranno sfogliato mille volte l’opuscolo con le<br />

informazioni (reso il più possibile simpatico con vignette accattivanti), sanno i nostri nomi. Anni fa una<br />

bambina si fece ripetere dalla mamma per tutta l’estate i nostri nomi e il primo giorno ci chiamò<br />

Can<strong>di</strong>aDenis, come se la collega ed io fossimo una persona sola!.<br />

D’ora in poi dovrò osservare attentamente il loro sguardo, i loro movimenti, ascoltarli e prestare molta<br />

attenzione per capire quale comportamento dovrò adottare con ognuno <strong>di</strong> loro.<br />

I genitori con i loro bambini percorrono il corridoio lentamente. Li raggiungo e avverto nel loro sorriso un<br />

po’ <strong>di</strong> timore, anche se cercano in tutti i mo<strong>di</strong> <strong>di</strong> essere rassicuranti per il loro bambino. Ci tengono<br />

molto a farmi controllare se nel sacco c’è tutto l’occorrente richiesto; è tutto perfettamente in or<strong>di</strong>ne e<br />

profumato! Per un attimo mi rivedo in loro e torno in<strong>di</strong>etro ai miei ricor<strong>di</strong> personali, quando anch’io<br />

avevo scelto con cura gli indumenti con la mia bambina, sentendomi dentro una sensazione piacevole<br />

<strong>di</strong> aspettativa, mista ad agitazione, nonostante la mia doppia veste <strong>di</strong> mamma e insegnante.<br />

Con molta calma ripongono gli effetti personali, rimandando il più possibile l’ingresso in sezione.<br />

Intanto alcuni bambini più gran<strong>di</strong> lasciano i loro giochi e si affacciano curiosi. Arianna esce e si avvicina<br />

a Samuele, gli prende la mano, ma al suo ritrarsi mi guarda e <strong>di</strong>ce: “Fa così perché è timido!“ e mi<br />

abbraccia.<br />

Con l’entrata in sezione si evidenziano ancora <strong>di</strong> più le loro particolarità.<br />

Samuele entra accanto alla mamma con un grande <strong>di</strong>nosauro portato da casa; mi interesso a questo<br />

oggetto prezioso e Samuele si illumina, spiegandomi che è un Tirannosauro Rex. Gli propongo <strong>di</strong><br />

andare insieme a scoprire i <strong>di</strong>nosauri della sezione; sono meravigliata: così piccolo e così competente!<br />

Ho un libro prezioso sul tema da sfogliare insieme; saluta la mamma, attratto dalle immagini (per tutto il<br />

mattino girerà con il libro sottobraccio).<br />

Flora invece sembra sia sempre venuta, è curiosa, si guarda intorno, raggiunge alcune bambine gran<strong>di</strong><br />

nell’angolo relax, che stanno giocando con i paraventi, si inserisce nel gioco e saluta. Oggi sembra una<br />

perfetta padrona <strong>di</strong> casa … oggi!<br />

Luigi sorride timidamente, è accompagnato dalla mamma e dal babbo. Propongo loro una foto per<br />

ricordare questo giorno speciale che Luigi potrà rivedere nel suo album tutte le volte che vorrà. Si<br />

mettono in posa; la mamma cerca la mano del marito; provo una grande tenerezza per questo gesto.<br />

Linda entra in braccio al babbo che la tiene stretta stretta e la bacia continuamente. Lei piange, con un<br />

ciuccio in bocca e due in una mano. Mi rivolgo a lei, ma si gira dall’altra parte e affonda la sua faccina<br />

nella spalla del babbo che continua a ripeterle: “Non fare così!” con una voce tenerissima e piena <strong>di</strong><br />

preoccupazione per quel pianto. Li invito a scegliere un giocattolo insieme per allentare la tensione, ma<br />

è tutto inutile: continuano a rimanere abbracciati stretti stretti, con gli occhi pieni <strong>di</strong> lacrime. Dopo vari<br />

tentativi devo prendere una decisione ra<strong>di</strong>cale; non mi piace, ma credo sia l’unico modo! Mi rivolgo a lui<br />

e: “Appena te la senti, prendo in braccio Linda. Piangerà molto forte, ma non preoccuparti, puoi<br />

telefonare tutte le volte che vuoi per avere notizie” e ancora: “Sai, ti sembrerà strano, Linda sta<br />

esternando le sue paure ed è meglio così, vedrai che avrà un inserimento migliore <strong>di</strong> altri. Ci sono


ambini che hanno la crisi dopo mesi ed è più <strong>di</strong>fficile convincerli a rimanere a scuola. Comunque la<br />

cosa più importante che devi fare è salutarla”.<br />

Il babbo è titubante, annuisce, mi vuole credere, ma continua a tenerla stretta stretta. Capisco la<br />

<strong>di</strong>fficoltà del momento; sono calma, paziente, non ho fretta e lascio ancora tempo. Per esperienza so<br />

che, nel momento del saluto, dovrò staccarla da lui e … così accade. Nel prenderla in braccio avverto<br />

anche la stretta del padre, che poi si allontana in fretta, per non vedere e non sentire. La mia voce lo<br />

rincorre: “ Mi raccomando, chiama!”.<br />

Linda si <strong>di</strong>vincola tra le mie braccia e piange fortissimo. Ci se<strong>di</strong>amo, l’abbraccio forte e le sussurro:<br />

“Piangi pure!”. Poi si lascia andare sempre più. Comincio a giocare con un bruco musicale e cerco <strong>di</strong><br />

attirare su <strong>di</strong> esso l’attenzione <strong>di</strong> Linda. Meravigliosamente succede: con l’unica mano libera Linda<br />

inizia a giocare con il bruco e lentamente il pianto si attenua fino a svanire. E’ un miracolo tutte le volte,<br />

e mi sorprende sempre.<br />

Osservo i gruppetti <strong>di</strong> bambini che stanno giocando; c’è più calma. Eljalil <strong>di</strong> 5 anni si avvicina a Linda<br />

(che continua a giocare con il bruco, ma senza ciucci) l’abbraccia e, con una voce da bambino molto<br />

piccolo, le <strong>di</strong>ce: “Ti piace? Guarda, ti faccio vedere come si gioca!”. Sorrido, è una scena da fotografare.<br />

Il nostro primo giorno sta per terminare; ci attendono tanti giorni insieme e ogni mattino sarà <strong>di</strong>verso.<br />

Mi piace pensare che fra qualche mese ricorderemo insieme i loro pianti, i loro rituali e per ognuno<br />

avremo una storia da raccontare.<br />

Con la seconda si impara<br />

Can<strong>di</strong>a Serantoni<br />

Le fasi dell’iscrizione, della pubblicazione della graduatoria degli ammessi, della lettera <strong>di</strong> convocazione<br />

per i genitori dei bambini nuovi iscritti per la mia secondogenita si sono susseguite in modo veloce,<br />

leggero, in modo molto <strong>di</strong>verso rispetto alla mia precedente esperienza <strong>di</strong> mamma.<br />

Nella sua qualità <strong>di</strong> secondogenita, era praticamente scontato che la nostra richiesta sarebbe stata<br />

accolta ed io per tutto il tempo non ho avuto né ragione, né motivo, né tempo per preoccuparmi del<br />

passaggio alla scuola dell’Infanzia, <strong>di</strong>versamente da quanto era accaduto con il primo bambino.<br />

La mia piccola ha frequentato volentieri per tre anni il Nido d’Infanzia e fino al 30 giugno <strong>2009</strong> ero molto<br />

concentrata sul “godere” insieme a lei degli ultimi mesi della nostra esperienza: A fine maggio, quando<br />

si è svolta l’assemblea dei bambini nuovi iscritti alla scuola Pambera, ero ancora abbastanza <strong>di</strong>stratta.<br />

Due bambini da gestire e la programmazione del periodo estivo assorbivano completamente i miei<br />

pensieri e la fiducia nelle risorse della mia bambina, unita alla fiducia nelle colleghe e nella struttura che<br />

l’accoglierà, mi hanno reso molto serena e <strong>di</strong>sponibile ad ascoltare il racconto che le insegnanti<br />

facevano della organizzazione della scuola.<br />

Ho colto un particolare: mi sembravano più o meno tutte emozionate nell’esporre la parte <strong>di</strong> “relazione“<br />

che dovevano trasmettere all’assemblea dei genitori; ho provato molta simpatia per questo. La loro<br />

platea infatti era numerosa, eterogenea, molti erano a loro volta emozionati o tesi …. E’ l’inizio <strong>di</strong> una<br />

nuova avventura, anzi, <strong>di</strong> tante nuove avventure.<br />

Durante l’assemblea non ho ascoltato molto i contenuti, anche perché hanno precisato che tutto era<br />

scritto sui fascicoli e sui moduli che ci avrebbero consegnato, ma sono stata molto bene in quella<br />

situazione e avrei voluto trasmettere la mia serenità ai genitori che erano alla prima esperienza <strong>di</strong><br />

approccio con un’istituzione educativa, perché credo siano i più preoccupati e perché sono quelli che<br />

fanno più preoccupare le insegnanti.<br />

Il colloquio in<strong>di</strong>viduale, successivo <strong>di</strong> pochi giorni all’assemblea generale, è stata per me una piacevole<br />

occasione per raccontare della mia meravigliosa bambina; credo <strong>di</strong> non aver lasciato il tempo a Catia <strong>di</strong><br />

farmi delle domande e le informazioni che le ho trasmesso probabilmente a poco le saranno servite al<br />

momento <strong>di</strong> accoglierla a scuola; si è trattato solo dello sparlare <strong>di</strong> una mamma innamorata.<br />

Nel corso dei mesi estivi, la mia piccola mi ha fatto più volte la richiesta <strong>di</strong> mandarla al campo solare<br />

con il fratello e mi ha chiesto tante volte <strong>di</strong> portarla alla scuola dell’Infanzia; io dal canto mio, ho<br />

rimandato costantemente a settembre questo momento, senza “ prepararla” a quanto sarebbe<br />

successo ….. E' successo che è stato un successo! Flora è contenta e lo sono anch'io <strong>di</strong> scrivere<br />

queste due righe. Mi sono pure emozionata!<br />

Annarita Cavulla


A proposito <strong>di</strong> accoglienza e inserimento<br />

Mi fermo a riflettere su queste due parole, che sono semplici solo all’apparenza, e penso che tutti noi<br />

nella vita sperimentiamo tante “accoglienze” e tanti “inserimenti”: lungo il percorso scolastico, ma anche<br />

per praticare uno sport o per con<strong>di</strong>videre un hobby.<br />

Quando entriamo in un ambiente nuovo non sono solo le persone e ciò che ci hanno detto che restano<br />

impresse nella nostra memoria “emotiva”, ma soprattutto le sensazioni che ci vengono trasmesse e ci<br />

faranno pensare a quel luogo e a quelle persone come piacevoli o come <strong>di</strong>stanti.<br />

Sentirsi accolti dall’ambiente e dalle persone non è semplicemente entrarvi e impararne le regole, ma è<br />

prima <strong>di</strong> tutto la sensazione <strong>di</strong> poterci stare bene, <strong>di</strong> poter trovare nello spazio <strong>di</strong> tutti un luogo dove la<br />

singola persona esiste ed ha un valore, <strong>di</strong> poter portare le proprie incertezze e i propri timori. Se in un<br />

ambiente c’è uno spazio per una persona nuova, in qualche modo sappiamo che tra le persone che ci<br />

lavorano abitualmente c'è spazio per l’in<strong>di</strong>vidualità e l’unicità <strong>di</strong> ognuno.<br />

Questo è tanto più vero quanto più la conoscenza del nuovo ambiente e delle persone avviene in un<br />

momento emotivamente molto significativo per le famiglie, come l’inserimento del proprio bambino o<br />

bambina al nido o alla scuola dell’infanzia.<br />

I visi sono attenti e concentrati e lo sguardo a volte fatica a trattenersi sulla persona che sta parlando,<br />

perché attratto dalle molte novità del luogo in cui ci si trova; nella mente della mamma e del papà<br />

passano tanti pensieri e l’attenzione si concentra per cogliere ogni più piccolo aspetto <strong>di</strong> questo nuovo<br />

mondo, ripensato in relazione al proprio bambino, perché, per quanto i luoghi siano accoglienti e le<br />

persone sorridenti, il passo che si sta compiendo è davvero molto importante.<br />

Noi insegnanti, che abbiamo conosciuto tanti bambini e tante famiglie, ogni volta ci chie<strong>di</strong>amo se<br />

davvero hanno percepito la <strong>di</strong>sponibilità e l’attenzione che vogliamo trasmettere, ma soprattutto il<br />

nostro essere persone che incontrano altre persone.<br />

Anno dopo anno, pensiamo e ripensiamo ai momenti <strong>di</strong> prima conoscenza con le famiglie e con i<br />

bambini, ci ascoltiamo e ci interroghiamo, perché vogliamo che le nostre parole, i nostri gesti, gli spazi<br />

attorno a noi parlino del nostro modo <strong>di</strong> lavorare e <strong>di</strong> vivere con i loro bambini.<br />

Qualcuno, che non è del mestiere, potrebbe <strong>di</strong>re che tanto, prima o poi, tutti si inseriscono e tutti sono<br />

accolti, ma noi abbiamo imparato che una buona accoglienza è già più <strong>di</strong> metà dell’opera, e allora<br />

investiamo energie e pensieri per dare sempre maggior corpo all’idea <strong>di</strong> scuola che abbiamo nella<br />

mente: un luogo dove la ricchezza non è tanto la somma delle persone fisiche, ma la sensazione che<br />

spazi e persone possano mo<strong>di</strong>ficarsi per trovare uno spazio e un “tempo mentale” per tutti, gran<strong>di</strong> e<br />

piccoli.<br />

Credo sia questo il senso profondo della parola “accoglienza”: la <strong>di</strong>sponibilità a ripensare se stessi e<br />

l’ambiente della scuola per permettere ad ognuno <strong>di</strong> trovare il proprio posto e <strong>di</strong> vivere l’avventura del<br />

nido o della scuola dell’infanzia con la sensazione <strong>di</strong> fare veramente parte <strong>di</strong> quel bel “pezzo <strong>di</strong> mondo”.<br />

Elisa Solaroli


Da tenere sul como<strong>di</strong>no<br />

Suggerimenti <strong>di</strong> lettura<br />

Maurizia Gasparetto<br />

José Saramago<br />

Il viaggio dell'elefante<br />

Torino,Giulio Einau<strong>di</strong> E<strong>di</strong>tore,<br />

<strong>2009</strong><br />

Pagine 202, € 19,00<br />

L'autore<br />

José Saramago è nato nel 1922 ad<br />

Azinhaga, in Portogallo, da una<br />

famiglia <strong>di</strong> con<strong>di</strong>zioni molto modeste.<br />

Il padre agricoltore si traferì a<br />

Lisbona nel 1924, dove trovò lavoro<br />

come poliziotto.<br />

Costretto ad interrompere gli stu<strong>di</strong>,<br />

a causa delle <strong>di</strong>fficoltà economiche,<br />

prima <strong>di</strong> aver conseguito il <strong>di</strong>ploma<br />

dell'Istituto tecnico, Josè fece<br />

varie esperienze <strong>di</strong> lavoro piuttosto<br />

precarie, per approdare poi ad un<br />

impiego stabile nel campo<br />

dell'e<strong>di</strong>toria, come giornalista e<br />

<strong>di</strong>rettore <strong>di</strong> produzione.<br />

Nonostante la sua strenua opposizione<br />

al regime <strong>di</strong> Salazar, Saramago riuscì<br />

ad evitare <strong>di</strong> cadere nelle mani della<br />

polizia, ma tanto la sua attività<br />

e<strong>di</strong>toriale come la sua prima<br />

produzione letteraria ebbero in<br />

Portogallo scarsissima <strong>di</strong>ffusione.<br />

Solo verso la fine degli anni 60 (il<br />

suo primo romanzo Terra del peccato<br />

LA STORIA<br />

era stato pubblicato nel 1947)<br />

<strong>di</strong>ventò famoso come critico<br />

letterario; pubblicò raccolte <strong>di</strong><br />

poesie, testi teatrali e racconti,<br />

che suscitarono una certa eco,<br />

accolti comunque con più favore<br />

all'estero che nel suo paese.<br />

Dopo la cosiddetta Rivoluzione dei<br />

garofani, del 1974, abbandonò<br />

definitiavamente l'attività<br />

e<strong>di</strong>toriale per de<strong>di</strong>carsi<br />

esclusivamente alla scrittura.<br />

La sua produzione letteraria è ricca<br />

<strong>di</strong> molte opere, che lo hanno<br />

consacrato tra i gran<strong>di</strong> autori del<br />

nostro tempo, a cui si deve<br />

l'invenzione <strong>di</strong> uno stile<br />

assolutamente personale, che gli ha<br />

portato gran<strong>di</strong> riconoscimenti su<br />

scala internazionale, tra cui il<br />

premio Nobel per la letteratura nel<br />

1998.<br />

Tra i suoi libri più famosi L'anno<br />

della morte <strong>di</strong> Ricardo Reis, La<br />

storia dell'asse<strong>di</strong>o <strong>di</strong> Lisbona, La<br />

zattera <strong>di</strong> pietra, Il Vangelo secondo<br />

Gesù Cristo, Cecità (un libro molto<br />

amaro che denucia la cecità del mondo<br />

contemporaneo, da alcuni critici<br />

considerato il suo capolavoro), fino<br />

ai più recenti Le intermittenze della<br />

morte e Il viaggio dell'elefante.<br />

Attualmente vive a Lanzarote, nelle<br />

isole Canarie.<br />

Siamo nel XVI secolo. Il re del Portogallo Joao terzo ha ricevuto dal Governatore <strong>di</strong><br />

Goa un dono piuttosto insolito: un elefante, corredato <strong>di</strong> relativo cornac, che da<br />

qualche tempo, dopo i primi entusiasmi, si trova, più o meno <strong>di</strong>menticato, a Belem,<br />

nei pressi della capitale. Poiché si tratta con ogni evidenza <strong>di</strong> cosa assai preziosa e<br />

certamente fuori dal comune, il re, confortato dal parere favorevole della regina,<br />

ancorché intensamente addolorata, decide <strong>di</strong> offrirlo a sua volta in dono all'arciduca<br />

d'Austria Massimiliano d'Asburgo. Scambi <strong>di</strong> missive precedono l'invio del regalo<br />

(poiché non è uno scherzo organizzare il trasferimento <strong>di</strong> un elefante con tutto il<br />

seguito necessario da Lisbona a Vienna e bisogna assicurarsi preventivamente che<br />

il dono sarà accettato), finchè si dà inizio al lungo viaggio e parte la carovana, che<br />

dovrà attraversare l'Europa.<br />

Un <strong>di</strong>staccamento <strong>di</strong> soldati, uomini <strong>di</strong> fatica, masserizie varie (un elefante mangia e


eve molto, specie quando è in viaggio) accompagnano Salomone, che porta sul<br />

collo il fedele Subhro, fino a Valladolid, dove saranno consegnati all'arciduca per<br />

proseguire fino a Vienna, sotto la scorta degli austriaci.<br />

Nel passare <strong>di</strong> mano, Salomone <strong>di</strong>venterà Solimano e Subhro <strong>di</strong>venterà Fritz<br />

(perchè così piace all'arciduca).<br />

Tutto il variopinto caravanserraglio entrerà trionfalmente a Vienna, tra lo stupore e<br />

l'ammirazione delle folle, dove Salomone/Solimano finirà i suoi giorni,<br />

presumibilmente <strong>di</strong>menticato <strong>di</strong> nuovo.<br />

La storia è tutta nella cronaca <strong>di</strong> questo viaggio, stravagante e avventuroso,<br />

accompagnato dalla curiosità e dallo stupore della gente comune, dalla vacuità e<br />

dalla magniloquenza dei potenti.<br />

QUALCHE BUONA RAGIONE PER LEGGERLO<br />

(valida solo per quelli che ne hanno voglia)<br />

In primo luogo è un libro molto gradevole, leggero e <strong>di</strong>vertente, pieno <strong>di</strong> un'ironia<br />

garbata, scritto con molta eleganza, mai superficiale. C'è forse un fondo <strong>di</strong> tristezza,<br />

uno sguardo <strong>di</strong>sincantato e privo <strong>di</strong> compiacenza, ma che non cede mai all'astio o al<br />

rancore. Saramago non chiude gli occhi <strong>di</strong> fronte alla stupi<strong>di</strong>tà e non risparmia a<br />

nessuno il suo sguardo lucido e penetrante, ma sembra volerci suggerire una<br />

pacata, per quanto vigile, accettazione <strong>di</strong> questo strano impasto <strong>di</strong> sciocchezza e<br />

generosità, <strong>di</strong> tenacia e fatuità <strong>di</strong> cui sono fatti gli uomini, mai del tutto eroi, mai del<br />

tutto farabutti.<br />

In secondo luogo, la scrittura <strong>di</strong> Saramago è <strong>di</strong> per sé un grande piacere,<br />

in<strong>di</strong>pendentemente da quel che racconta, per quel suo stile pieno e fascinoso, per le<br />

sue frasi lussureggianti sempre perfettamente costruite, per il suo linguaggio che sa<br />

tenere insieme il parlare comune e la grande letteratura.<br />

Infine, credo valga la pena <strong>di</strong> leggerlo perché è un'occasione semplice, per chi non<br />

conosce Saramago, <strong>di</strong> accostarsi alla sua opera, e magari può far venire voglia <strong>di</strong><br />

continuare ad esplorarlo.

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