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il contratto preliminare (effetti) - Giurisprudenza

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ISTITUZIONI DI DIRITTO PRIVATO I<br />

(corso A-L, Prof. Carlo Granelli)<br />

SEMINARIO VIII – 19.5.2011<br />

I negozi preparatori<br />

MATERIALI<br />

1. <strong>contratto</strong> <strong>preliminare</strong> (natura) (Cass., sez. U., 18.5.2006, n. 11624)…………...…………p. 1;<br />

2. <strong>contratto</strong> <strong>preliminare</strong> (<strong>effetti</strong>) (Cass., sez. U., 27 marzo 2008, n. 7930)…………………...p. 4;<br />

3. patto di prelazione (Cass., sez. II, 12-04-1999, n. 3571)………...………………….…….. p. 14;<br />

4. prelazione legale (Cass., sez. U., 14-06-2007, n. 13886)……………………………………p. 18.


Contratto <strong>preliminare</strong> (natura)<br />

Cassazione, Sezioni Unite, 18.5.2006, n. 11624<br />

SVOLGIMENTO.<br />

Con sentenza del 18 marzo 1998 <strong>il</strong> Tribunale di Pistoia ha Pronunciato la risoluzione, per<br />

inadempimento di Mirella P., di un <strong>contratto</strong> <strong>preliminare</strong> con <strong>il</strong> quale costei si era obbligata a<br />

vendere a Wladimiro L. e Teresa V. un podere con casa colonica sito in Larciano, e ha condannato<br />

la promittente alienante alla restituzione degli acconti ricevuti, nella misura di lire 17.000.000,<br />

nonché al rimborso delle spese di giudizio.<br />

Impugnata in via principale da Wladimiro L. e Teresa V., incidentalmente da Mirella P., la<br />

decisione è stata riformata dalla Corte di appello di Firenze, che con sentenza del 21 marzo 2000, in<br />

parziale accoglimento di entrambi i gravami, ha dichiarato <strong>il</strong> <strong>contratto</strong> risolto per inadempimento<br />

del L. e della V., ha rideterminato in lire 16.000.000 la somma che doveva essere loro rimborsata,<br />

ha confermato <strong>il</strong> rigetto della domanda di risarcimento di danni formulata dalla P., ha posto a carico<br />

degli appellanti principali metà delle spese di entrambi i gradi di giudizio, compensandole tra le<br />

parti per l’altra metà.<br />

A queste pronunce <strong>il</strong> giudice di secondo grado è pervenuto ritenendo: che «unica ragione della<br />

mancata stipula va - ricondotta alla mancata proprietà del bene da parte della promittente venditrice,<br />

ma appare pacifico che in realtà anche tale questione era stata risolta precedentemente (<strong>il</strong> che<br />

assorbe ogni r<strong>il</strong>ievo relativo all’<strong>effetti</strong>va conoscenza di tale altruità da parte dei L.) essendosi la P.<br />

presentata munita di procura a vendere del tutto rituale, relativa al bene de quo e r<strong>il</strong>asciata dai<br />

proprietari due giorni prima e davanti allo stesso notaio»; che «è d’altronde indiscusso che in caso<br />

di <strong>preliminare</strong> di vendita l’obbligo-del promittente venditore è quello di procurarsi la proprietà del<br />

bene o di ottenere dal proprietario <strong>il</strong> consenso o l’autorizzazione alla vendita – Cassazione,<br />

3677/96; 367/77; 8228/90 - per cui non è dato vedere cosa possa imputarsi alla P. che era<br />

perfettamente in grado di vendere <strong>il</strong> bene alla data prefissata»; che «né può sostenersi - come<br />

sembrano fare i L. - che essi acquistando da “altri” potevano risultare meno garantiti, rispetto alla<br />

P.: invero nei loro confronti e in relazione alle garanzie loro spettanti per legge, unico interlocutore<br />

era e restava la P. personalmente e direttamente, per cui solo sulla P. continuavano a ricadere tutte<br />

le garanzie in materia di vizi o di evizione - v. Cassazione, 3963/84»; che «non vi è alcuna prova<br />

(che la P. nemmeno ha chiesto di fornire)», in ordine ai danni da lei lamentati.<br />

Wladimiro L. e Teresa V. hanno proposto ricorso per cassazione, in base a un motivo. Mirella P. si<br />

è costituita con controricorso, formulando a sua volta due motivi di impugnazione in via<br />

incidentale, e ha depositato una memoria.<br />

MOTIVI<br />

In quanto proposte contro la stessa sentenza, le due impugnazioni vanno riunite in un solo processo,<br />

in applicazione dell’articolo 335 Cpc.<br />

Con <strong>il</strong> motivo addotto a sostegno del ricorso principale Wladimiro L. e Teresa V. lamentano che la<br />

Corte di appello «ha applicato <strong>il</strong> disposto dell’articolo 1478 Cc anziché quanto previsto dall’articolo<br />

1479 Cc», pur se «al momento della sottoscrizione del <strong>contratto</strong> <strong>preliminare</strong> di compravendita la<br />

Sig.ra P. Mirella non aveva messo a conoscenza i promittenti acquirenti che l’immob<strong>il</strong>e fosse di<br />

proprietà di altri» e in tali casi «è possib<strong>il</strong>e per <strong>il</strong> compratore chiedere la risoluzione del <strong>contratto</strong><br />

salvo che <strong>il</strong> venditore non abbia, nel frattempo, acquistato la proprietà della cosa», mentre «nella<br />

1


fattispecie ciò era tanto più importante perché esistevano, come è stato riconosciuto da tutti i tenti,<br />

problemi di esercizio del diritto di prelazione da parte di terzi, con la conseguenza che i ricorrenti<br />

non avrebbero più avuto la garanzia da parte del loro originale contraddittore e promittente<br />

venditore». Secondo i ricorrenti principali, pertanto, Mirella P. avrebbe dovuto acquistare lei stessa<br />

l’immob<strong>il</strong>e in questione e poi trasferirlo a loro, sicché legittimamente avevano rifiutato di farselo<br />

alienare direttamente dagli <strong>effetti</strong>vi proprietari, per <strong>il</strong> tramite della stessa P. in veste di loro<br />

procuratrice.<br />

In ordine alle modalità di adempimento dell’obbligazione assunta dal promittente venditore di una<br />

cosa altrui, nella giurisprudenza di legittimità è insorto un contrasto, per la cui composizione la<br />

causa è stata assegnata alle Sezioni unite.<br />

In prevalenza, questa Corte si è orientata nel senso che la prestazione può essere eseguita,<br />

indifferentemente, acquistando <strong>il</strong> bene e ritrasmettendolo al promissario, oppure facendoglielo<br />

alienare direttamente dal reale proprietario, in quanto l’articolo 1478 Cc - relativo al <strong>contratto</strong><br />

definitivo di vendita di cosa altrui, ma applicab<strong>il</strong>e per analogia anche al <strong>preliminare</strong> dispone che <strong>il</strong><br />

venditore «è obbligato a procurarne l’acquisto al compratore», <strong>il</strong> che può ben avvenire anche<br />

facendo al che <strong>il</strong> terzo, al quale <strong>il</strong> bene appartiene, lo ceda egli stesso al promissario (v., tra le più<br />

recenti, Cassazione, 13330/00, 2656/01, 15035/01, 21179/04, 24782/05).<br />

Talvolta si è però deciso che l’obbligazione in questione deve invece essere adempiuta acquistando<br />

<strong>il</strong> bene e ritrasferendolo, in particolare nel caso in cui l’altra parte non fosse stata consapevole<br />

dell’altruità, poiché l’articolo 1479 Cc – anch’esso dettato per la -vendita definitiva, ma estensib<strong>il</strong>e<br />

a quella <strong>preliminare</strong> - ab<strong>il</strong>ita <strong>il</strong> compratore a «chiedere la risoluzione del <strong>contratto</strong>, se, quando l’ha<br />

concluso, ignorava che la cosa non era di proprietà del venditore, e se frattanto <strong>il</strong> venditore non<br />

gliene ha fatto acquistare la proprietà» (v. Cassazione 7054/90, 2091/99, relative, rispettivamente, a<br />

un <strong>contratto</strong> definitivo e a uno <strong>preliminare</strong> di vendita di cosa altrui).<br />

Ritiene <strong>il</strong> collegio che debba essere seguito l’indirizzo giurisprudenziale maggioritario.<br />

Stante la latitudine delle citate previsioni normative, non vi è ragione per escludere che la<br />

prestazione possa essere eseguita “procurando” <strong>il</strong> trasferimento del bene direttamente dall’<strong>effetti</strong>vo<br />

proprietario, senza necessità di un doppio trapasso; <strong>il</strong> comma 2 dell’articolo 1478 menziona bensì<br />

l’acquisto che eventualmente compia l’alienante, nel caso di vendita (definitiva) di cosa altrui, ma<br />

come una particolare modalità di adempimento, alla quale eccezionalmente riconnette l’effetto di<br />

far diventare senz’altro proprietario <strong>il</strong> compratore.<br />

Né una diversa soluzione può essere adottata per <strong>il</strong> caso in cui <strong>il</strong> promissario avesse ignorato, al<br />

momento della conclusione del <strong>preliminare</strong>, la non appartenenza del bene al promittente. Il disposto<br />

dell’articolo 1479 Cc, che consente al compratore in “buona fede” di chiedere la risoluzione del<br />

<strong>contratto</strong>, è coerente con la natura - di vendita definitiva - del negozio cui si riferisce, destinato,<br />

nell’intenzione delle parti, a esplicare quell’immediato effetto traslatIvo che è stab<strong>il</strong>ito dall’articolo<br />

1376 Cc, ma è impedito dall’altruità della cosa: altruità che invece non incide sul sinallagma<br />

instaurato con <strong>il</strong> <strong>contratto</strong> <strong>preliminare</strong>, <strong>il</strong> quale ha comunque efficacia soltanto obbligatoria, essendo<br />

quella reale differita alla stipulazione del definitivo, sicché nessun nocumento, fino alla scadenza<br />

del relativo termine, ne deriva per <strong>il</strong> promissario. Dall’articolo 1479 Cc, pertanto, non può<br />

desumersi che egli sia ab<strong>il</strong>itato ad agire per la risoluzione - e quindi ad opporre l’exceptio<br />

inadimpleti contractuo se l’altra parte, nel momento in cui vi è tenuta, é comunque in grado di fargli<br />

ottenere l’acquisto, direttamente dal proprietario.<br />

D’altra parte, <strong>il</strong> ritenere esatta tale modalità di adempimento è in sintonia con l’essenza e la<br />

2


funzione del <strong>contratto</strong> <strong>preliminare</strong> di vendita, quali sono state individuate nelle più recenti<br />

elaborazioni dottrinali, che hanno superato la concezione tradizionale dell’istituto e che qualche<br />

riflesso hanno avuto anche in giurisprudenza.<br />

Il <strong>contratto</strong> <strong>preliminare</strong> non è più visto come un semplice pactum de contrahendo, ma come un<br />

negozio destinato già a realizzare un assetto di interessi prodromico a quello che sarà<br />

compiutamente attuato con <strong>il</strong> definitivo, sicché <strong>il</strong> suo oggetto è non solo e non tanto un facere,<br />

consistente nel manifestare successivamente una volontà rigidamente predeterminata quanto alle<br />

parti e al contenuto, ma anche e soprattutto un sia pure futuro dare: la trasmissione della proprietà,<br />

che costituisce <strong>il</strong> risultato pratico avuto di mira dai contraenti. Se <strong>il</strong> bene già appartiene al<br />

promittente, i due aspetti coincidono, pur senza confondersi, ma nel caso dell’altruità rimangono<br />

distinti, appunto perché lo scopo può essere raggiunto anche mediante <strong>il</strong> trasferimento diretto della<br />

cosa dal terzo al promissario, <strong>il</strong> quale ottiene comunque ciò che gli era dovuto, indipendentemente<br />

dall’essere stato - o non - a conoscenza della non appartenenza della cosa a chi si era obbligato ad<br />

alienargliela.<br />

Né vale obiettare che l’identità del venditore, come i ricorrenti principali deducono, non è<br />

indifferente per <strong>il</strong> compratore, <strong>il</strong> quale può risultare meno tutelato, relativamente all’evizione e ai<br />

vizi. in proposito, in consonanza con le menzionate opinioni dottrinali, la giurisprudenza si é<br />

orientata nel senso che la conclusione del definitivo, per tali prof<strong>il</strong>i, non assorbe né esaurisce gli<br />

<strong>effetti</strong> del <strong>preliminare</strong>, <strong>il</strong> quale continua a regolare i rapporti tra le parti, sicché <strong>il</strong> promittente<br />

alienante resta responsab<strong>il</strong>e per le garanzie di cui si tratta (v., da ultimo, Cassazione, 15035/01).<br />

Si deve quindi affermare che <strong>il</strong> promittente venditore di una cosa che non gli appartiene, anche nel<br />

caso di buona fede dell’altra parte, può adempiere la propria obbligazione procurando l’acquisto del<br />

promissario direttamente dall’<strong>effetti</strong>vo proprietario.<br />

Alla stregua di questo principio, <strong>il</strong> ricorso principale va rigettato, dovendoci riconoscere che la<br />

«Corte di appello correttamente ha ritenuto superfluo accertare se Wladimiro L. e Teresa V. fossero<br />

stati inizialmente ignari dell’altruità dell’immob<strong>il</strong>e in questione, essendo anche in tale ipotesi<br />

ingiustificato <strong>il</strong> loro rifiuto di addivenire alla conclusione del <strong>contratto</strong> definitivo, dato che Mirella<br />

P. si era munita di una procura r<strong>il</strong>asciatale, dagli <strong>effetti</strong>vi proprietari del bene, che la ab<strong>il</strong>itava a<br />

effettuarne la vendita in nome loro.<br />

Con <strong>il</strong> primo motivo del ricorso incidentale, si deduce che la Corte d’appello ha dichiarato la risoluzione del <strong>contratto</strong> <strong>preliminare</strong> de<br />

quo per inadempimento di controparte senza condannarla al risarcimento del danno richiesto che all’inadempimento consegue per<br />

legge non tenendo conto che tale domanda di risarcimento del danno. che spetta in ogni modo alla Comparente, era stata avanzata<br />

anche in via equitativa».<br />

La doglianza va disattesa, poiché con la sentenza impugnata si è r<strong>il</strong>evato che nessuna prova, in ordine ai danni asseritamente subiti,<br />

era stata data né offerta da Mirella P.: prova che comunque avrebbe dovuto essere fornita, relativamente all’an poiché è soltanto per<br />

la determinazione del quantum che si può fare luogo alla liquidazione in via equitativa, ove non ne sia dimostrab<strong>il</strong>e <strong>il</strong> preciso<br />

ammontare (v., per tutte, Cassazione, 16112/05).<br />

Con <strong>il</strong> secondo motivo del ricorso incidentale Mirella P. lamenta che «una volta liquidate come da dIspositivo le spese di primo e<br />

secondo grado la Corte di appello non ha imposto a controparte la restituzione delle some che le erano state liquidate a titolo di spese<br />

legali dal Primo giudice».<br />

Neppure questa censura può essere accolta, in quanto dalle conclusioni riportate nell’epigrafe della sentenza impugnata risulta che la<br />

domanda di restituzione di cui si tratta non era stata formulata.<br />

Anche <strong>il</strong> ricorso incidentale deve essere pertanto rigettato.<br />

Le spese del giudizio di cassazione vengono compensate tra le parti, in considerazione della reciproca loro soccombenza.<br />

3


Cassazione, Sezioni Unite, 27 marzo 2008, n. 7930<br />

Svolgimento del processo<br />

Contratto <strong>preliminare</strong> (<strong>effetti</strong>)<br />

O.E., con citazione del 27.4.95, conviene la S.p.A. Ice- Snei innanzi al Tribunale di Napoli e, sulla<br />

premessa del possesso esclusivo ed ininterrotto dal 5.1.68 d'un appartamento e pertinente box<br />

nell'edificio alla traversa 2 della via *** in ***, catastalmente intestato alla convenuta, chiede<br />

dichiararsi l'intervenuto suo acquisto della proprietà dell'immob<strong>il</strong>e per usucapione.<br />

Costituendosi, la convenuta S.p.A. Ice-Snei si oppone alla domanda, deducendo che l'attore aveva<br />

avuto la mera detenzione dell'immob<strong>il</strong>e, consegnatogli in esecuzione d'un <strong>preliminare</strong> di vendita<br />

inter partes, appunto del 5.1.68, e chiede, in via riconvenzionale, dichiararsi la risoluzione del detto<br />

<strong>preliminare</strong> per grave inadempimento della controparte, questa avendo corrisposto sul prezzo di<br />

vendita soltanto un anticipo di L. 42.815, e, quindi, condannarsi la stessa controparte alla<br />

restituzione del bene ed al risarcimento dei danni.<br />

Decidendo delle contrapposte domande con sentenza del 2.3.00, <strong>il</strong> tribunale adito, in accoglimento<br />

della principale, dichiara acquisita dall'attore la proprietà dell'immob<strong>il</strong>e.<br />

Tale decisione, impugnata dalla S.p.A. Ice-Snei, viene riformata con sentenza del 27.1.03 dalla<br />

Corte di Appello di Napoli, che rigetta sia la domanda principale sia quelle riconvenzionali sulla<br />

considerazione: da un lato, che l' O., a seguito del <strong>preliminare</strong> di vendita, avesse acquisito la sola<br />

detenzione dell'immob<strong>il</strong>e e che i successivi comportamenti tenuti dallo stesso non fossero stati<br />

idonei a mutare detta detenzione in un possesso ut<strong>il</strong>e all'usucapione; dall'altro, che non avendo la<br />

S.p.A. Ice-Snei rivolto l'invito a stipulare l'atto definitivo di trasferimento a termini di <strong>contratto</strong> alla<br />

controparte, a quest'ultima non fosse addebitab<strong>il</strong>e un inadempimento al <strong>preliminare</strong> neppure in<br />

relazione al mancato pagamento del prezzo convenuto.<br />

Avverso la sentenza di secondo grado la S.p.A. Ice-Snei propone ricorso per cassazione, con atto<br />

notificato <strong>il</strong> 5.4.03, affidato a due motivi; l' O., a sua volta, propone ricorso per Cassazione, con atto<br />

notificato <strong>il</strong> 7.4.03, affidato anch'esso a due motivi; al primo ricorso l' O. resiste con controricorso<br />

del 14.5.03, contestualmente proponendo ricorso incidentale nel quale si riporta al proprio<br />

precedente ricorso; la S.p.A. Ice-Snei, a sua volta, con atto del 16.5.03, propone controricorso e<br />

contestuale ricorso incidentale, nel quale anch'essa si riporta al già proposto ricorso.<br />

Entrambe le parti fanno seguire memoria.<br />

La Seconda Sezione, disposta ex art. 335 c.p.c. all'udienza 13.6.06 la riunione dei ricorsi proposti in<br />

via principale ed incidentale avverso la medesima sentenza, con ordinanza 19.7.06 evidenzia come<br />

la questione relativa alla qualificazione, in termini di possesso piuttosto che di detenzione, della<br />

disponib<strong>il</strong>ità del bene conseguita dal promissario d'una vendita immob<strong>il</strong>iare in forza di clausola del<br />

<strong>contratto</strong> <strong>preliminare</strong> questione ritenuta propedeutica anche rispetto a quella, sollevata dal<br />

medesimo ricorrente con <strong>il</strong> secondo motivo, relativa al difetto d'integrità del contraddittorio quanto<br />

alla domanda di risoluzione del <strong>contratto</strong>, proposta in via riconvenzionale dalla controparte ed<br />

oggetto del ricorso per cassazione di quest'ultima abbia avuto soluzioni difformi nella<br />

giurisprudenza di legittimità, anche all'interno della stessa Sezione, e rimette, quindi, la causa al<br />

Primo presidente, dal quale è disposta la trattazione della questione stessa da parte di queste Sezioni<br />

Unite per la composizione del contrasto.<br />

4


Motivi della decisione<br />

Preliminarmente, devesi confermare che i due ricorsi, proposti avverso la medesima sentenza e tra loro connessi, vanno<br />

riuniti ex art. 335 c.p.c..<br />

Va, inoltre, del pari preliminarmente r<strong>il</strong>evato come i ricorsi rubricati sub nn. R.G. 13911/03 ( O. c/ ICE-SNEI) e R.G.<br />

13686/03 (ICE-SNEI c/ O.), proposti contestualmente ai rispettivi controricorsi e con i quali, tra l'altro, le parti<br />

riprospettano le medesime questioni fatte valere con i loro ricorsi originari, siano da considerare inammissib<strong>il</strong>i.<br />

E', infatti, principio acquisito che la parte, dalla quale siasi già proposto ricorso per cassazione (sia esso principale od<br />

incidentale) contro alcune delle statuizioni della sentenza di merito, nel rapporto con un determinato avversario, non<br />

possa successivamente presentare un nuovo ricorso, nell'ambito dello stesso rapporto, nemmeno se nel frattempo abbia<br />

ricevuto notificazione del ricorso di detto avversario, ed a prescindere dal fatto che quest'ultimo possa suggerire<br />

un'estensione della contesa anche con riguardo ad altre pronunzie relative a quel rapporto, atteso che l'ordinamento non<br />

consente <strong>il</strong> reiterarsi o frazionarsi dell'iniziativa impugnatoria in atti separati (secondo <strong>il</strong> principio della cosiddetta<br />

consumazione dell'impugnazione) e che <strong>il</strong> relativo divieto non trova deroga nelle disposizioni di cui all'art. 334 c.p.c., le<br />

quali operano soltanto in favore della parte che, prima dell'iniziativa dell'altro contendente, abbia fatto una scelta di<br />

acquiescenza alla sentenza impugnata (da ultimo, Cass. 2.2.07 n. 2309, 14.11.06 n. 24219, 27.10.05 n. 20912, 26.9.05 n.<br />

18756, 10.2.05 n. 2704, 24.12.04 n. 23976).<br />

Si può, quindi procedere all'esame dei due ricorsi originar, dei quali quello previamente proposto (R.G. n. 10084/03<br />

ICE-SNEI c/ O.) va considerato principale e quello successivo (R.G. 10431/03 O. c/ ICE-SNEI) incidentale.<br />

1. - RICORSO PRINCIPALE. Con <strong>il</strong> primo motivo, ex art. 360 c.p.c., n. 3, la ricorrente, denunziando violazione del<br />

principio della domanda con riferimento agli artt. 99 e 112 c.p.c., sotto <strong>il</strong> prof<strong>il</strong>o della corrispondenza tra chiesto e<br />

pronunciato e del principio dell'onere della prova con riferimento all'art. 2697 c.c., si duole, rispettivamente: che <strong>il</strong><br />

giudice a quo non abbia tenuto conto della domanda di risoluzione del <strong>preliminare</strong>, siccome formulata per<br />

inadempimento della controparte non all'obbligazione di stipulare <strong>il</strong> definitivo, unica presa in considerazione<br />

nell'impugnata sentenza pur senza domanda in tal senso, bensì alla diversa obbligazione di pagamento del prezzo, posta<br />

con l'art. 4 del <strong>contratto</strong>, laddove le parti avevano espressamente previsto che <strong>il</strong> ritardo nel pagamento o <strong>il</strong> mancato<br />

pagamento anche di una sola rata di mutuo avrebbe comportato la facoltà per la venditrice di risolvere <strong>il</strong> <strong>contratto</strong>,<br />

obbligazione della quale nella sentenza stessa non è stato tenuto alcun conto;<br />

che <strong>il</strong> giudice a quo abbia escluso l'inadempimento della controparte in relazione al pagamento del prezzo convenuto<br />

nonostante questa non a-vesse fornito dimostrazione alcuna di tale pagamento.<br />

Con <strong>il</strong> secondo motivo, ex art. 360 c.p.c., n. 5, la ricorrente denunzia vizi di motivazione sulle questioni sollevate con <strong>il</strong><br />

motivo precedente.<br />

Le riportate censure - che, per connessione, possono essere trattate congiuntamente - non meritano accoglimento sotto<br />

alcuno dei prospettati prof<strong>il</strong>i d'omessa pronunzia e d'extrapetizione.<br />

Quanto al primo prof<strong>il</strong>o, per inammissib<strong>il</strong>ità: dacchè, come ripetutamente evidenziato da questa Corte, l'omessa<br />

pronunzia, quale vizio della sentenza, dev'essere, anzi tutto, fatta valere dal ricorrente per cassazione esclusivamente<br />

attraverso la deduzione del relativo error in procedendo e della violazione dell'art. 112 c.p.c. in relazione all'art. 360<br />

c.p.c., n. 4 e non già in relazione all'art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5.<br />

Ciò che la ricorrente non ha fatto.<br />

Può aggiungersi che, onde possa ut<strong>il</strong>mente dedursi <strong>il</strong> detto vizio, è necessario, da un lato, che al giudice del merito<br />

fossero state rivolte una domanda od un'eccezione autonomamente apprezzab<strong>il</strong>i, ritualmente ed inequivocab<strong>il</strong>mente<br />

formulate, per le quali quella pronunzia si rendesse necessaria ed ineludib<strong>il</strong>e, e, dall'altro, che tali domanda od<br />

eccezione siano riportate puntualmente, nei loro esatti termini e non genericamente e/o per riassunto del loro contenuto,<br />

nel ricorso per cassazione, con l'indicazione specifica, altresì, dell'atto difensivo del giudizio di secondo grado nel quale<br />

l'una o l'altra erano state proposte o riproposte, onde consentire al giudice di legittimità di verificarne, in primis, la<br />

ritualità e la tempestività della proposizione nel giudizio a quo ed, in secondo luogo, la decisività delle questioni<br />

prospettatevi; ove, infatti, si deduca la violazione, nel giudizio di merito, dell'art. 112 c.p.c., ciò che configura un'ipotesi<br />

di error in procedendo per <strong>il</strong> quale questa Corte è giudice anche del "fatto processuale", detto vizio, non essendo<br />

5


<strong>il</strong>evab<strong>il</strong>e d'ufficio, comporta pur sempre che <strong>il</strong> potere- dovere del giudice di legittimità d'esaminare direttamente gli atti<br />

processuali sia condizionato all'adempimento da parte del ricorrente, per <strong>il</strong> principio d'autosufficienza del ricorso per<br />

cassazione che non consente, tra l'altro, <strong>il</strong> rinvio per relationem agli atti della fase di merito, dell'onere d'indicarli<br />

compiutamente, non essendo consentita al giudice stesso una loro autonoma ricerca ma solo una loro verifica (Cass.<br />

19.3.07 n. 6361, 28.7.05 n. 15781 SS.UU., 23.9.02 n. 13833, 11.1.02 n. 317, 10.5.01 n. 6502).<br />

Anche rispetto a tali oneri la ricorrente risulta inadempiente, donde un'ulteriore ragione d'inammissib<strong>il</strong>ità della censura.<br />

Quanto al secondo prof<strong>il</strong>o, per infondatezza, dacchè, almeno nei termini in cui sono state prospettate, le censure<br />

d'extrapetizione e di connesso vizio di motivazione non trovano rispondenza all'esame della sentenza impugnata.<br />

Con la quale la causa petendi della riconvenzionale in risoluzione proposta dall'odierna ricorrente è stata correttamente<br />

individuata, nel fatto che " O.E. con detto <strong>preliminare</strong> si era impegnato al pagamento della complessiva somma di L.<br />

8.337.360, ma non aveva provveduto al pagamento delle rate in cui era stato d<strong>il</strong>azionato <strong>il</strong> prezzo nè al pagamento delle<br />

rate del mutuo accollato", ma ne è stato escluso <strong>il</strong> fondamento, in quanto vi si è ritenuto che, risultando contrattualmente<br />

pattuita la stipulazione del definitivo nei dieci giorni dall'invito rivolto per lettera raccomandata dalla promittente<br />

venditrice al promissario acquirente e la prima non avendo mai provveduto al riguardo, nessun inadempimento fosse<br />

imputab<strong>il</strong>e al secondo "neanche in relazione al pagamento del prezzo convenuto".<br />

In siffatto se pur sintetico iter logico-argomentativo - evidentemente ispirato al principio per cui un inadempimento del<br />

promissario acquirente all'obbligazione di pagamento del prezzo non può ravvisarsi ove non siano stati contrattualmente<br />

stab<strong>il</strong>iti versamenti a scadenze determinate anteriori alla stipulazione del definitivo - sarebbero stati eventualmente<br />

ravvisab<strong>il</strong>i e denunziab<strong>il</strong>i errori d'interpretazione del <strong>contratto</strong> <strong>preliminare</strong> e/o d'inappropriata applicazione del<br />

richiamato principio al caso di specie, peraltro neppure accennati con i motivi in esame, ma non sono ravvisab<strong>il</strong>i i<br />

dedotti vizi d'extrapetizione e di connesso difetto di motivazione.<br />

D'altra parte, la censura neppure presenta <strong>il</strong> requisito dell'autosufficienza, ed è pertanto inammissib<strong>il</strong>e, dacchè non vi è<br />

riportato <strong>il</strong> testo del <strong>contratto</strong> o, quanto meno, delle clausole tutte pertinenti alla prospettata questione, di guisa che <strong>il</strong><br />

giudice di legittimità, cui non è consentito l'esame diretto dell'incarto processuale se non nelle ipotesi di denunziati<br />

errores in procedendo, non è posto in condizione di valutare la dedotta erronea applicazione del regolamento pattizio.<br />

2. - RICORSO INCIDENTALE. L' O. - denunziando con <strong>il</strong> primo motivo del ricorso n. 10431/03 la<br />

violazione dell'art. 1158 c.c. e art. 116 c.p.c., nonchè omessa o insufficiente e contraddittoria<br />

motivazione - oltre a dolersi dell'inadeguatezza delle argomentazioni svolte dalla corte territoriale,<br />

laddove ha escluso l'interversione della sua detenzione sull'immob<strong>il</strong>e de quo in un possesso ut<strong>il</strong>e<br />

all'usucapione, contesta, anzi tutto, la stessa qualificazione come detenzione, anzichè come<br />

possesso, data da quel giudice alla materiale disponib<strong>il</strong>ità del bene quale da lui conseguita in<br />

esecuzione di specifica clausola del <strong>contratto</strong> <strong>preliminare</strong>; assume, al riguardo, che, tale pattuizione<br />

avendo avuto la funzione di anticipare gli <strong>effetti</strong> del trasferimento del diritto di proprietà, oggetto<br />

del <strong>contratto</strong> cui era intesa la volontà delle parti, e, quindi, anche l'effetto dell'immissione nel<br />

possesso e non nella detenzione dell'immob<strong>il</strong>e, non fosse conseguentemente necessario alcun atto<br />

d'interversione perchè ne avesse luogo l'usucapione con <strong>il</strong> decorso del termine ventennale di<br />

prescrizione acquisitiva dall'immissione nel godimento dello stesso.<br />

In tal senso svolgendo le proprie tesi, l' O. contrappone alla soluzione adottata dal giudice a quo -<br />

che, come ricordato nell'ordinanza di rimessione, si è conformato alla giurisprudenza di legittimità<br />

prevalente - la difforme soluzione adottata da un indirizzo giurisprudenziale minoritario e, tuttavia,<br />

a tratti riemergente in alcune pronunzie, anche relativamente recenti, di questa Corte.<br />

La motivazione della maggior parte delle quali si traduce in affermazioni apodittiche, riproduttive di<br />

massime tralaticie, mentre, nelle poche obiettivamente argomentate, l'iter logico dell'adottata<br />

soluzione prende le mosse dalla considerazione per cui <strong>il</strong> possesso non è escluso dalla conoscenza<br />

del diritto altrui, nè è subordinato all'esistenza della correlativa situazione giuridica,dacchè esso è<br />

ricollegato, sia sotto <strong>il</strong> prof<strong>il</strong>o materiale (corpus) sia sotto quello psicologico (animus), ad una<br />

situazione di fatto, che si concretizza nell'esercizio di un potere oggettivo sulla cosa manifestantesi<br />

6


in un'attività corrispondente all'esercizio del diritto di proprietà o di altro diritto reale e<br />

distinguentesi dalla detenzione solo per l'atteggiamento psicologico del soggetto che lo esercita,<br />

caratterizzato, nel possesso, dal cd. animus rem sibi habendi (ossia, l'intenzione o <strong>il</strong> volere di<br />

esercitare la signoria che è propria del proprietario o del titolare del diritto reale) e, nella detenzione,<br />

dal cd. animus detinendi (che implica <strong>il</strong> riconoscimento della signoria altrui).<br />

Soggiungendosi, poi, che tale principio di carattere generale non soffre deroga nei casi in cui <strong>il</strong><br />

soggetto che assume d'essere possessore abbia ricevuto <strong>il</strong> godimento dell'immob<strong>il</strong>e per effetto d'una<br />

convenzione negoziale, con la precisazione che, se la convenzione ha <strong>effetti</strong> obbligatori, perchè<br />

diretta ad assicurare <strong>il</strong> mero godimento della cosa, senza alcun trasferimento immediato o differito<br />

del bene, colui che, avendo ricevuto la consegna per questo solo scopo, si è immesso, nomine<br />

alieno, nel godimento del bene, necessariamente stab<strong>il</strong>isce con la cosa un rapporto di mera<br />

detenzione che gli consente di mutare <strong>il</strong> titolo originario di questo rapporto con la cosa solo<br />

attraverso un atto di interversione del possesso, ai sensi dell'art. 1141 c.c., comma 2.<br />

Vi si evidenzia, quindi, che ciò spiega la ragione del principio, ripetutamente affermato da questa<br />

Corte, secondo <strong>il</strong> quale "per stab<strong>il</strong>ire se in conseguenza di una convenzione con la quale un soggetto<br />

riceve da un altro <strong>il</strong> godimento di un immob<strong>il</strong>e si abbia un possesso idoneo alla usucapione o una<br />

mera detenzione, occorre fare riferimento all'elemento psicologico del soggetto stesso ed a tal fine<br />

stab<strong>il</strong>ire se la convenzione sia un <strong>contratto</strong> ad <strong>effetti</strong> reali o un <strong>contratto</strong> ad <strong>effetti</strong> obbligatori, dato<br />

che solo nel primo caso <strong>il</strong> <strong>contratto</strong> è idoneo a determinare nel predetto soggetto l'animus<br />

possidendi (sent. n. 4819 del 1981; sent. n. 4698 del 1987; sent. n. 741 del 1983)"; che, tuttavia,<br />

proprio la ragione del principio di diritto ora enunciato ne fissa anche <strong>il</strong> limite, escludendone<br />

l'applicazione alle convenzioni con le quali, per quanto con <strong>effetti</strong> solo obbligatori, le parti tendano<br />

a realizzare <strong>il</strong> trasferimento della proprietà del bene o di un diritto reale su di esso quando ad esse si<br />

aggiunga un patto accessorio d'immediato effetto traslativo del possesso, sostanzialmente<br />

anticipatore degli <strong>effetti</strong> traslativi del diritto che, con la convenzione, le parti stesse si sono<br />

ripromesse di realizzare.<br />

Vi si perviene, così, alla conclusione per cui nelle ipotesi predette, tra le quali rientra quella più<br />

diffusa del <strong>contratto</strong> <strong>preliminare</strong> di compravendita, la convenzione non tende solo ad attribuire <strong>il</strong><br />

godimento del bene (che si realizza, appunto, attraverso <strong>il</strong> trasferimento della mera detenzione,<br />

caratterizzando coerentemen-te la consegna della cosa) ma è in funzione di un comune proposito di<br />

trasferimento della proprietà o di un diritto reale, alla quale è coerente <strong>il</strong> passaggio immediato del<br />

possesso, che costituisce solo un'anticipazione dell'effetto giuridico finale perseguito; onde <strong>il</strong> patto<br />

di immediato trasferimento del possesso che eventualmente acceda a queste convenzioni, con le<br />

quali è perfettamente compatib<strong>il</strong>e, caratterizza, dunque, anche la consegna che ad esso faccia<br />

seguito, conferendole <strong>effetti</strong> attributivi della disponib<strong>il</strong>ità possessoria e non della mera detenzione,<br />

anche in mancanza dell'immediato effetto reale del <strong>contratto</strong> cui <strong>il</strong> patto accede, tenuto anche conto<br />

che la consegna, essendo <strong>il</strong> possesso un fenomeno che prescinde dal fondamento giustificativo, è<br />

atto neutro, o negozio astratto, per <strong>il</strong> quale non si richiede affatto <strong>il</strong> requisito del fondamento<br />

causale.<br />

Tali essendo le ragioni giustificative delle esaminate decisioni, devesi considerare che, sfrondate dei<br />

superflui richiami ai principi generali, che si dichiarano condivisi, esse si riducono, in buona<br />

sostanza, alla sola affermazione per cui, nonostante la natura esclusivamente obbligatoria del<br />

<strong>preliminare</strong>, con <strong>il</strong> prevedervi anche l'immediata consegna del bene verso la contestuale<br />

corresponsione, in tutto od in parte, del prezzo, i contraenti intendono anticipare "l'effetto traslativo<br />

del diritto" proprio del definitivo.<br />

7


Tesi siffatta non può trovare adesione, sia che della fattispecie in esame si consideri l'aspetto<br />

possessorio, in quanto <strong>il</strong> possesso non è suscettib<strong>il</strong>e di trasferimento disgiuntamente dal diritto reale<br />

del quale costituisce l'esercizio, sia che se ne consideri quello contrattuale, in quanto la disponib<strong>il</strong>ità<br />

della res conseguita dal promissario acquirente deriva da un <strong>contratto</strong> di comodato collegato al<br />

<strong>preliminare</strong> per <strong>il</strong> quale al comodatario è attribuita la detenzione e non <strong>il</strong> possesso; ciò per le ragioni<br />

che di seguito si espongono.<br />

In primis, è lo stesso invocato intento delle parti ad esservi erroneamente individuato e/o travisato,<br />

in quanto, con lo stipulare un <strong>preliminare</strong>, sono per l'appunto gli <strong>effetti</strong> reali traslativi, propri del<br />

definitivo, che le parti non vogliono si verifichino per effetto immediato e diretto della conclusa<br />

convenzione.<br />

La situazione giuridica in esame, come evidenziato anche in dottrina, è, in vero, <strong>il</strong> portato d'una<br />

prassi contrattuale sv<strong>il</strong>uppatasi, essenzialmente nel settore immob<strong>il</strong>iare, in ragione della sua<br />

attitudine a fornire uno strumento idoneo a soddisfare sollecitamente determinate esigenze delle<br />

parti, principalmente la disponib<strong>il</strong>ità del bene per l'una e del denaro per l'altra ma ulteriori se ne<br />

possono agevolmente ipotizzare, pur contestualmente garantendone i rispettivi diritti sui beni<br />

oggetto delle reciproche attribuzioni, indipendentemente dalla sorte della convenzione, per <strong>il</strong> tempo<br />

necessario a che si realizzino quelle condizioni oggettive e/o soggettive, agevolmente ipotizzab<strong>il</strong>i<br />

anch'esse nella loro molteplicità, in ragione delle quali - tanto che siano rimaste del tutto estranee<br />

alla convenzione, eppertanto giuridicamente irr<strong>il</strong>evati anche a solo livello di presupposizione,<br />

quanto che, invece, sianvi espressamente previste come condizioni sospensive o risolutive - le parti<br />

stesse non hanno voluto o potuto addivenire ad un <strong>contratto</strong> definitivo.<br />

Sono usuali, al riguardo, particolarmente nella materia delle compravendite immob<strong>il</strong>iari - che è<br />

quella più interessata dal fenomeno - le ipotesi in cui <strong>il</strong> promittente venditore debba portare a<br />

termine procedimenti amministrativi di regolarizzazione dell'edificio od opere di completamento<br />

dell'edificio stesso o delle infrastrut- ture accessorie od estinguere ipoteche o mutui, in difetto di che<br />

non sussiste l'interesse e conseguentemente la volontà di perfezionare l'acquisto da parte del<br />

promissario acquirente; o quelle in cui quest'ultimo debba, a sua volta, procurarsi, anche in più<br />

riprese, le disponib<strong>il</strong>ità necessarie alla corresponsione integrale del prezzo, <strong>il</strong> conseguimento del<br />

quale condiziona parimenti interesse e volontà del promittente venditore alla realizzazione della<br />

vendita.<br />

Dottrina e giurisprudenza, quando - sulla considerazione per cui la terminologia "promette di<br />

vendere o di acquistare" non è automaticamente indicativa d'una semplice promessa e la cosiddetta<br />

anticipazione degli <strong>effetti</strong> della vendita può essere indice dell'intento di porre in essere un <strong>contratto</strong><br />

definitivo se <strong>il</strong> differimento della manifestazione di volontà non risulti chiaramente dal <strong>contratto</strong> -<br />

affermano che, al fine di attribuire ad una stipulazione <strong>il</strong> contenuto del <strong>contratto</strong> di compravendita o<br />

piuttosto quello del <strong>preliminare</strong> di compravendita, è determinante l'identificazione del comune<br />

intento delle parti - diretto, nel primo caso, al trasferimento della proprietà della res verso la<br />

corresponsione di un certo prezzo, conformemente alla causa negoziale dell'art. 1470 c.c., e, nel<br />

secondo caso, all'insorgenza di un particolare rapporto obbligatorio che impegni ad un'ulteriore<br />

manifestazione di volontà, alla quale sono rimessi <strong>il</strong> trasferimento del diritto dominicale sulla res e<br />

l'adempimento dell'obbligazione del pagamento del prezzo - onde <strong>il</strong> giudice del merito deve<br />

esaminare la stipulazione nel suo complesso al fine di accertare la comune volontà delle parti<br />

nell'un senso piuttosto che nell'altro, compiono, in verità, solo un primo approccio alla questione in<br />

esame, che, evidentemente, più non si porrebbe ove l'accertamento demandato al giudice si<br />

risolvesse nel senso del <strong>contratto</strong> ad <strong>effetti</strong> reali, dacchè, in tal caso, non vi sarebbe, evidentemente,<br />

luogo a parlare di <strong>preliminare</strong>, dacchè le prestazioni rese avrebbero già realizzato gli <strong>effetti</strong> del<br />

definitivo.<br />

8


Viceversa, se l'accertamento compiuto dal giudice dovesse approdare al <strong>preliminare</strong>, è da escludere<br />

in re ipsa, come si è già sottolineato, che le parti intendessero realizzare qualsiasi effetto del<br />

definitivo, eppertanto, ai fini della soluzione della questione in esame, si rende necessaria<br />

un'indagine ulteriore e diversa in ordine alla volontà delle parti, onde identificare quali <strong>effetti</strong>,<br />

differenti da quelli propri del definitivo ma aggiuntivi rispetto a quelli ordinari del <strong>preliminare</strong>, le<br />

parti stesse avessero inteso far derivare dalla convenzione, in attuazione della quale ed in particolare<br />

delle pattuizioni aggiuntive hanno, di seguito, operato alcune prestazioni corrispondenti a quelle<br />

proprie del definitivo.<br />

Al fine della qual ulteriore indagine, devesi preliminarmente considerare come la previsione e<br />

l'esecuzione della traditio della res e/o del pagamento, anche totale, del prezzo non siano affatto, di<br />

per se stessi, incompatib<strong>il</strong>i con l'intento di stipulare un <strong>contratto</strong> solo <strong>preliminare</strong> di compravendita,<br />

dacchè, in tal guisa operando, le parti manifestano e concretamente realizzano esclusivamente<br />

l'intento d'anticipare non gli <strong>effetti</strong> del <strong>contratto</strong> di compravendita - l'impegno alla cui futura<br />

stipulazione costituisce l'oggetto delle obbligazioni assunte con la convenzione stipulata nella<br />

prescelta forma del <strong>preliminare</strong>, mentre tali <strong>effetti</strong> rappresentano, per contro, proprio quel risultato<br />

cui le parti stesse non hanno inteso, al momento, pervenire - ma solo quelle prestazioni che delle<br />

obbligazioni nascenti dalla compravendita costituiscono l'oggetto, id est la consegna della res ed <strong>il</strong><br />

pagamento del prezzo, quali, ex artt. 1476 e 1498 c.c., sono poste a carico, rispettivamente, del<br />

venditore e del compratore (nel tempo, Cass. 19.4.00 n. 5132, 7.4.90 n. 2916, 3.11.88 n. 5962, ma<br />

già 1.12.62 n. 3250).<br />

Escluso che con la stipulazione del <strong>preliminare</strong>, sia pure con previsione, ed esecuzione, della<br />

consegna della res e/o del pagamento del prezzo, le parti debbano avere necessariamente inteso che<br />

si verificassero gli <strong>effetti</strong> della compravendita - nel qual caso, d'altronde, come si è già evidenziato,<br />

si sarebbe in presenza d'un definitivo e non d'un <strong>preliminare</strong> - devesi anche escludere che, in virtù di<br />

tale esecuzione, possa essersi trasmesso dal promittente venditore al promissario acquirente <strong>il</strong><br />

possesso della res.<br />

In vero, come questa Corte ha già avuto occasione d'evidenziare - richiamando anche accreditata<br />

dottrina, per la quale "ciò che si trasferisce è solo l'oggetto del possesso, <strong>il</strong> quale, invece, non si<br />

compra e non si vende, non si cede e non si riceve per l'effetto di un negozio", e, perciò, "l'acquisto<br />

a titolo derivativo del possesso è un'espressione da usarsi solo in senso empirico e traslato" - dalla<br />

stessa nozione del possesso, definito dall'art. 1140 cod. civ. come "<strong>il</strong> potere sulla cosa che si<br />

manifesta in un'attività corrispondente all'esercizio della proprietà o di altro diritto reale", si evince<br />

ch'esso non può essere trasferito per <strong>contratto</strong> separatamente dal diritto del quale esso costituisca<br />

l'esercizio, considerato che un'attività non è mai trasmissib<strong>il</strong>e, ma può solo essere intrapresa, e<br />

l'intrasmissib<strong>il</strong>ità è maggiormente evidente in ordine al possesso, in quanto l'attività che lo<br />

contraddistingue deve essere accompagnata dall'animus possidendi (volontà di esercitare sulla cosa<br />

una signoria corrispondente alla proprietà o ad altro diritto reale), cioè da un elemento che, per la<br />

sua soggettività, può essere proprio soltanto di colui che attualmente possiede e non di chi ha<br />

posseduto in precedenza. (Cass. 27.9.96 n. 8528).<br />

Quindi esattamente si è affermato in dottrina che, essendo <strong>il</strong> possesso uno stato di fatto, l'acquisto<br />

ne è in ogni caso originario, sì che anche chi propende per la tesi contraria riconosce che di acquisto<br />

derivativo possa parlarsi "soltanto per sottolineare che l'acquisto del possesso ha luogo con l'assenso<br />

e la partecipazione del precedente possessore e non con <strong>il</strong> solo contegno di colui che acquista <strong>il</strong><br />

possesso, come accade nell'apprensione".<br />

L'unica eccezione a questa regola si ha nella successione universale, ma è un'eccezione<br />

espressamente prevista e regolata dal legislatore che, in forza dell'elaborata fictio legis, ha<br />

9


consentito la continuazione nell'erede del possesso esercitato dal de cuius, con effetto dall'apertura<br />

della successione, indipendentemente dalla verificazione dei suoi presupposti di fatto, ma, appunto<br />

perchè di diritto singolare ed eccezionale, l'istituto non può essere ut<strong>il</strong>izzato onde pervenire ad una<br />

soluzione diversa da quella indicata con la richiamata regola generale.<br />

Nè, a sostegno della tesi della possib<strong>il</strong>ità d'una trasmissione contrattuale del possesso, può<br />

richiamarsi l'art. 1146 c.c., comma 2, perchè per tale norma l'accessio possessionis, da essa prevista,<br />

ha, per presupposto indispensab<strong>il</strong>e, l'esistenza di un titolo, anche viziato, idoneo in astratto, alla<br />

cessione del diritto di proprietà (o di altro diritto reale) del bene formante oggetto del possesso<br />

(Cass. 6552/81, 3876/76, 3369/72, 936/70, 1378/64, 1044/62); inoltre, la norma non prevede affatto<br />

la trasmissione del possesso da un soggetto all'altro, ma soltanto la possib<strong>il</strong>ità per <strong>il</strong> successore a<br />

titolo particolare (acquirente o legatario) di unire al proprio possesso quello distinto e diverso del<br />

dante causa per goderne gli <strong>effetti</strong> sostanziali e processuali.<br />

Per altro verso, devesi considerare che <strong>il</strong> <strong>preliminare</strong> di compravendita con <strong>il</strong> quale siano contestualmente pattuite anche<br />

la consegna anticipata della res e la corresponsione del pari anticipata del prezzo in una o più soluzioni non è un<br />

<strong>contratto</strong> atipico, almeno se con tale termine s'intende definire un <strong>contratto</strong> caratterizzato da una funzione economicosociale<br />

non riconducib<strong>il</strong>e agli schemi normativamente predeterminati e tuttavia suscettib<strong>il</strong>e di riconoscimento e di<br />

tutela, sul presupposto dell'autonomia contrattuale che l'ordinamento riconosce ai privati, in ragione dellasua liceità e<br />

della sua meritevolezza.<br />

Nella fattispecie in esame va ravvisata, infatti, la convergenza, in un'unica convenzione, degli elementi costitutivi di più<br />

contratti tipici, nel qual caso resta escluso che la convenzione stessa possa essere qualificata come atipica, dal momento<br />

che, sia pure considerata nelle sue plurime articolazioni, non è intesa a realizzare una funzione economico-sociale<br />

nuova e diversa rispetto a quelle dei singoli contratti tipici che in essa sono confluiti.<br />

Pertanto, considerato che le parti, nell'esplicazione della loro autonomia negoziale, possono, con manifestazioni di<br />

volontà espresse in un unico contesto, dar vita a più negozi tra loro del tutto distinti ed indipendenti, come pure a più<br />

negozi variamente interconnessi, la qualificazione della fattispecie va, piuttosto, effettuata con riguardo alla sua<br />

riconducib<strong>il</strong>ità nell'ambito d'una delle categorie, elaborate da dottrina e giurisprudenza nell'esame delle fattispecie<br />

congeneri, dei contratti misti o complessi, o dei contratti collegati.<br />

I contratti misti o complessi sono quelli maggiormente assim<strong>il</strong>ab<strong>il</strong>i al <strong>contratto</strong> atipico, se pur se ne differenziano per<br />

non essere intesi alla realizzazione d'una funzione economico-sociale nuova e diversa rispetto a quelle dei contratti<br />

tipici che vi confluiscono, dacchè in essi la pluralità degli schemi contrattuali tipici u- t<strong>il</strong>izzati si combina in guisa che,<br />

per la fusione delle cause, gli elementi costitutivi di ciascun negozio vengono assunti quali elementi costitutivi di un<br />

negozio rispetto a ciascun d'essi autonomo e distinto caratterizzato dall'unicità della causa; con la precisazione,<br />

evidenziata da alcuna parte della dottrina, per cui, nei contratti misti, si ha un solo schema negoziale, al quale vengono<br />

apportate alcune variazioni mediante l'inserimento di clausole assunte da uno o più diversi schemi, mentre, in quelli<br />

complessi, si ha la convergenza di tutti gli elementi costitutivi tratti da più schemi negoziali tipici nella<br />

regolamentazione dell'unico negozio risultantene.<br />

Nell'una ipotesi come nell'altra, la disciplina del <strong>contratto</strong> è unitaria, come unitaria ne è la causa, e va ravvisata in quella<br />

del negozio di maggior r<strong>il</strong>ievo, questo da individuarsi, quanto al <strong>contratto</strong> misto, nell'unico <strong>contratto</strong> cui sono stati<br />

aggiunti singoli elementi tratti da altri e che in esso si fondono (teoria dell'assorbimento), e, quanto al <strong>contratto</strong><br />

complesso, in quello, tra i più contratti integralmente confluiti nell'unica convenzione, cui, all'esame della volontà quale<br />

in concreto manifestata dalle parti, risulti essere stato conferito rispetto agli altri <strong>il</strong> maggior r<strong>il</strong>ievo in considerazione<br />

della finalità perseguita (teoria della prevalenza).<br />

Minor seguito ha, in dottrina, la tesi per cui, nell'ipotesi del <strong>contratto</strong> complesso, i vari prof<strong>il</strong>i della convenzione<br />

andrebbero singolarmente disciplinati con riferimento allo schema contrattuale corrispondente (teoria della<br />

combinazione); ed, in <strong>effetti</strong>, tesi siffatta non consente, poi, a differenza dalla teoria della prevalenza, un'adeguata<br />

differenziazione di disciplina tra la fattispecie del <strong>contratto</strong> complesso e quella dei contratti collegati.<br />

La quale ricorre ove più contratti autonomi, ciascuno caratterizzato dalla propria causa, formino oggetto di stipulazioni<br />

coordinate, nell'intenzione delle parti, alla realizzazione di uno scopo pratico unitario, costituito, di norma,<br />

dall'agevolare la realizzazione della funzione economico-sociale dell'un d'essi.<br />

10


Il collegamento contrattuale, come è stato ripetutamente evidenziato dalla dottrina e dalla giurisprudenza prevalenti, nei<br />

suoi aspetti generali non da luogo ad un autonomo e nuovo <strong>contratto</strong>, ma è un meccanismo attraverso <strong>il</strong> quale le parti<br />

perseguono un risultato economico unitario e complesso, che viene realizzato non per mezzo di un singolo <strong>contratto</strong>,<br />

bensì attraverso una pluralità coordinata di contratti, i quali conservano una loro causa autonoma, anche se ciascuno è<br />

finalizzato ad un unico regolamento dei reciproci interessi.<br />

Ond'è che <strong>il</strong> criterio distintivo fra <strong>contratto</strong> unico, se pur misto o complesso, e <strong>contratto</strong> collegato non va ravvisato in<br />

elementi formali - quali l'unità o la pluralità dei documenti contrattuali (un <strong>contratto</strong> può essere unico anche se<br />

ricavab<strong>il</strong>e da più testi, mentre un unico testo può riunire più contratti) o la mera contestualità delle stipulazioni (i<br />

contratti posso essere stipulati anche in momenti diversi in relazione ad esigenze sopravvenute) - ma nell'elemento<br />

sostanziale dell'unicità o pluralità degli interessi perseguiti, dacchè <strong>il</strong> "<strong>contratto</strong> collegato" non è un tipo particolare di<br />

<strong>contratto</strong>, ma uno strumento di regolamentazione degli interessi economici delle parti caratterizzato dal fatto che le<br />

vicende che investono un <strong>contratto</strong> (invalidità, inefficacia, risoluzione, ecc.) possono ripercuotersi sull'altro, seppure<br />

non in funzione di condizionamento reciproco (ben potendo accadere che uno soltanto dei contratti sia subordinato<br />

all'altro, e non anche viceversa) e non necessariamente in rapporto di principale ad accessorio.<br />

Pertanto, affinchè possa configurarsi un collegamento negoziale in senso tecnico, che impone la considerazione unitaria<br />

della fattispecie, è necessario che ricorrano sia <strong>il</strong> requisito oggettivo, costituito dal nesso teleologico tra i negozi, volti<br />

alla regolamentazione degli interessi reciproci delle parti nell'ambito di una finalità pratica consistente in un assetto<br />

economico globale ed unitario, sia <strong>il</strong> requisito soggettivo, costituito dal comune intento pratico delle parti di volere non<br />

solo l'effetto tipico dei singoli negozi in concreto posti in essere, ma anche <strong>il</strong> coordinamento tra di essi per la<br />

realizzazione di un fine ulteriore, che ne trascende gli <strong>effetti</strong> tipici e che assume una propria autonomia anche dal punto<br />

di vista causale.<br />

Tanto considerato, risulta evidente come la fattispecie in discussione debba essere ricondotta alla categoria dei contratti<br />

collegati.<br />

In essa, infatti, le parti, onde agevolare, per le plurime ragioni quali in precedenza accennate, la realizzazione delle<br />

finalità perseguite con la stipulazione del <strong>preliminare</strong> di compravendita, stipulano altresì - e, come del pari si è già<br />

evidenziato, ciò può aver luogo contemporaneamente e contestualmente al <strong>preliminare</strong> ma anche in tempi e con atti<br />

diversi, a seconda che le circostanze lo richiedano - dei contratti accessori, al <strong>preliminare</strong> necessariamente perchè<br />

funzionalmente connessi e, tuttavia, autonomi rispetto ad esso, rispondendo ciascuno ad una precisa tipica funzione<br />

economico- sociale eppertanto disciplinati ciascuno dalla pertinente normativa sostanziale.<br />

Contratti con i quali le parti pervengono ad una regolamentazione, se pur provvisoria tuttavia ben definita, dei rapporti<br />

accessori funzionalmente collegati al principale e nei quali, secondo un'autorevole opinione dottrinaria meritevole<br />

d'esser condivisa, vanno ravvisati, quanto alla concessione dell'ut<strong>il</strong>izzazione della res da parte del promittente venditore<br />

al promissario acquirente, un comodato e, quanto alla corresponsione di somme da parte del promissario acquirente al<br />

promittente venditore, un mutuo gratuito.<br />

Ne consegue, con riferimento al primo dei considerati contratti, che la materiale disponib<strong>il</strong>ità della res nella quale <strong>il</strong><br />

promissario acquirente viene immesso, in esecuzione del <strong>contratto</strong> di comodato, ha natura di detenzione qualificata<br />

esercitata nel proprio interesse ma alieno nomine e non di possesso.<br />

Possesso che <strong>il</strong> promissario acquirente può, dunque, opporre al promittente venditore solo nei modi previsti dall'art.<br />

1141 c.c., in particolare assumendo e dimostrando un'intervenuta interversio possessionis.<br />

Questa, come ha correttamente ricordato <strong>il</strong> giudice a quo, non può aver luogo mediante un semplice atto di volizione<br />

interna, ma deve estrinsecarsi in una manifestazione esteriore, dalla quale sia consentito desumere che <strong>il</strong> detentore ha<br />

cessato d'esercitare <strong>il</strong> potere di fatto sulla cosa nomine alieno ed ha iniziato ad esercitarlo esclusivamente nomine<br />

proprio ed, inoltre, manifestazione siffatta dev'essere non solo tale da palesare inequivocab<strong>il</strong>mente l'intenzione del<br />

soggetto di sostituire al precedente animus detinendi un nuovo animus rem sibi habendi, ma anche essere<br />

specificamente rivolta contro <strong>il</strong> possessore, in guisa che questi sia posto in condizione di rendersi conto dell'avvenuto<br />

mutamento, quindi tradursi in atti ai quali possa riconoscersi <strong>il</strong> carattere della concreta opposizione all'esercizio del<br />

possesso da parte del possessore stesso; tra tali atti, ove non accompagnati da altra manifestazione dotata degli indicati<br />

connotati dell'opposizione, non possono ricomprendersi nè quelli che si traducano in una inottemperanza alle pattuizioni<br />

in forza delle quali la detenzione era stata costituita, verificandosi in tal caso un'ordinaria ipotesi d'inadempimento<br />

contrattuale, nè quelli che si traducano in ordinari atti d'esercizio del possesso, verificandosi in tal caso una mera ipotesi<br />

di abuso della situazione di vantaggio determinata dalla materiale disponib<strong>il</strong>ità del bene.<br />

11


Al qual riguardo l' O. addebita al giudice a quo, denunziando vizi di motivazione, di non aver desunto dalle emergenze<br />

istruttorie quegli evidenti elementi costitutivi della fattispecie ch'egli ritiene vi fossero adeguatamente rappresentati.<br />

La censura non merita accoglimento.<br />

Per costante insegnamento di questa Corte, in vero, <strong>il</strong> motivo di ricorso per Cassazione con <strong>il</strong> quale alla sentenza<br />

impugnata venga mossa censura per vizi di motivazione ex art. 360 c.p.c., n. 5 dev'essere inteso a far valere, a pena<br />

d'inammissib<strong>il</strong>ità ex art. 366 c.p.c., n. 4, in difetto di loro specifica indicazione, carenze o lacune nelle argomentazioni,<br />

ovvero <strong>il</strong>logicità nell'attribuire agli elementi di giudizio un significato fuori dal senso comune, od ancora mancanza di<br />

coerenza tra le varie ragioni esposte per assoluta incompatib<strong>il</strong>ità razionale degli argomenti ed insanab<strong>il</strong>e contrasto tra gli<br />

stessi; non può, invece, essere inteso a far valere la non rispondenza della ricostruzione dei fatti operata dal giudice del<br />

merito al diverso convincimento soggettivo della parte ed, in particolare, non vi si può proporre un preteso migliore e<br />

più appagante coordinamento dei molteplici dati acquisiti, atteso che tali aspetti del giudizio, interni all'ambito della<br />

discrezionalità di valutazione degli e-lementi di prova e dell'apprezzamento dei fatti, attengono al libero convincimento<br />

del giudice e non ai possib<strong>il</strong>i vizi dell'iter formativo di tale convincimento r<strong>il</strong>evanti ai sensi della norma in esame;<br />

diversamente, <strong>il</strong> motivo di ricorso per cassazione si risolverebbe - com'è, appunto, per quello di cui trattasi - in<br />

un'inammissib<strong>il</strong>e istanza di revisione delle valutazioni e dei convincimenti del giudice del merito, id est di nuova<br />

pronunzia sul fatto, estranea alla natura ed alle finalità del giudizio di legittimità.<br />

Nè, com'è del pari da tralaticio insegnamento di questa Corte, può imputarsi al detto giudice d'aver omesse l'esplicita<br />

confutazione delle tesi non accolte e/o la particolareggiata disamina degli elementi di giudizio non ritenuti significativi,<br />

giacchè nè l'una nè l'altra gli sono richieste, rientrando nel suo potere discrezionale, a norma dell'art. 116 c.p.c.,<br />

individuare le fonti del proprio convincimento, mentre soddisfa all'esigenza d'adeguata motivazione che questo, una<br />

volta raggiunto, risulti da un esame logico e coerente di quelle, tra le prospettazioni delle parti e le emergenze<br />

istruttorie, che siano state ritenute di per sè sole idonee e sufficienti a giustificarlo; in altri termini, perchè sia rispettata<br />

la prescrizione desumib<strong>il</strong>e dal combinato disposto dell'art. 132 c.p.c., n. 4 e degli artt. 115 e 116 c.p.c., non si richiede al<br />

giudice del merito di dar conto dell'esito dell'avvenuto esame di tutte le prove prodotte o comunque acquisite e di tutte<br />

le tesi prospettategli, ma di fornire una motivazione logica ed adeguata dell'adottata decisione evidenziando le prove<br />

ritenute idonee e sufficienti a suffragarla ovvero la carenza di esse.<br />

Nella specie, non solo <strong>il</strong> motivo, già non inteso a censurare la rado decidendi ma a prospettare una diversa<br />

interpretazione degli accertamenti in fatto, estranea alle valutazioni consentite al giudice di legittimità, è per ciò solo<br />

inammissib<strong>il</strong>e, ma la motivazione fornita dal giudice a quo all'assunta decisione risulta logica e sufficiente, basata com'è<br />

su argomentazioni adeguate in ordine alla valenza oggettiva dei plurimi e pertinenti elementi di giudizio presi in<br />

considerazione e su razionali valutazioni di essi;<br />

un giudizio operato, pertanto, nell'ambito dei poteri discrezionali del giudice del merito a fronte del quale, in quanto<br />

obiettivamente immune dalle censure ipotizzab<strong>il</strong>i in forza dell'art. 360 c.p.c., n. 5 la diversa opinione soggettiva di parte<br />

ricorrente è inidonea a determinare le conseguenze previste dalla norma stessa.<br />

Con <strong>il</strong> secondo motivo, <strong>il</strong> ricorrente - denunziando violazione dell'art. 102 c.p.c. - si duole che <strong>il</strong> giudizio di merito<br />

promosso dalla controparte per la risoluzione del <strong>preliminare</strong> si sia svolto a contraddittorio non integro, in quanto <strong>il</strong><br />

<strong>contratto</strong> in discussione era stato stipulato anche da suo fratello Ettore, rimasto estraneo al giudizio, e che tale nullità<br />

non sia stata r<strong>il</strong>evata d'ufficio dal giudice a quo.<br />

La doglianza va disattesa, in quanto l' O., totalmente vittorioso sul punto essendo stata respinta l'avversa domanda di<br />

risoluzione tanto in primo grado quanto in appello, difetta d'interesse ad impugnare per cassazione al riguardo se non<br />

condizionatamente all'accoglimento del ricorso di controparte, condizione che, come da reiezione del ricorso principale,<br />

non si è avverata.<br />

3. - CONCLUSIONI. Nessuno degli esaminati motivi meritando accoglimento, entrambi i ricorsi<br />

vanno, dunque, respinti.<br />

Tale esito del giudizio di legittimità giustifica l'integrale compensazione tra le parti delle spese del<br />

giudizio stesso.<br />

P.Q.M.<br />

12


LA CORTE<br />

Decidendo a Sezioni Unite, dichiara inammissib<strong>il</strong>i i ricorsi iscritti al R.G. con i numeri 13911/03 e<br />

13686/03; respinge i ricorsi iscritti al R.G. 10084/03 e 10431/03; compensa integralmente tra le<br />

parti le spese del giudizio di legittimità.<br />

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, <strong>il</strong> 8 maggio 2007.<br />

Depositato in Cancelleria <strong>il</strong> 27 marzo 2008.<br />

13


IL CASO<br />

Patto di prelazione<br />

Tizia concede a Caio un diritto di prelazione nel caso in cui la stessa decida di vendere un terreno di<br />

sua proprietà. Successivamente Tizia vende <strong>il</strong> terreno a Sempronio, senza previa notifica della sua<br />

intenzione a Caio. Caio agisce in giudizio facendo valere <strong>il</strong> suo diritto di prelazione sul fondo.<br />

Si <strong>il</strong>lustrino le ragioni a favore e contro l’accoglimento della domanda di Caio.<br />

Cass., sez. II, 12-04-1999, n. 3571.<br />

A differenza del <strong>contratto</strong> <strong>preliminare</strong> un<strong>il</strong>aterale, che comporta l’immediata e definitiva<br />

assunzione dell’obbligazione di prestare <strong>il</strong> consenso per <strong>il</strong> <strong>contratto</strong> definitivo, <strong>il</strong> patto di<br />

prelazione relativo alla vendita di un bene genera, a carico del promittente, un’immediata<br />

obbligazione negativa di non venderlo ad altri prima che <strong>il</strong> prelazionario dichiari di non voler<br />

esercitare <strong>il</strong> suo diritto di prelazione o lasci decorrere <strong>il</strong> termine all’uopo concessogli, ed<br />

un’obbligazione positiva avente ad oggetto la denuntiatio al medesimo della sua proposta a<br />

venderlo, nel caso si decida in tal senso; questa obbligazione, nel caso di vendita ad un terzo del<br />

bene predetto, sorge e si esteriorizza in uno al suo inadempimento, sì che <strong>il</strong> promissario non può<br />

chiederne l’adempimento in forma specifica, per incoercib<strong>il</strong>ità di essa a seguito della vendita al<br />

terzo, ma soltanto <strong>il</strong> risarcimento del danno, mentre, nel caso di promessa di vendita ad un terzo<br />

del medesimo bene, è ugualmente incoercib<strong>il</strong>e, ai sensi dell’art. 2932 c.c., non configurando un<br />

<strong>preliminare</strong>.<br />

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO<br />

Queste le vicende extragiudiziali "ante causam" esposte anche nella parte narrativa della sentenza,<br />

qui impugnata, della Corte di Appello di Firenze (dep. <strong>il</strong> 15.9.95):<br />

1) con rogito 1.11.1973 n. 7346 del repertorio Sebastiani di Siena, la Porcellotti trasferiva al Migli <strong>il</strong><br />

podere denominato Campacci prevedendosi, tra le altre clausole che "ove in futuro la signora Laura<br />

Porcellotti in Michielotto dovesse risolversi a decidere di vendere, in tutto o in parte, <strong>il</strong> podere<br />

Boschetto, posto di fronte al podere Campacci oggetto del presente atto, <strong>il</strong> signor Remo Migli sarà<br />

preferito, a parità di condizioni, a qualsiasi altro acquirente, salvi sempre i diritti di prelazione<br />

stab<strong>il</strong>iti dalla legge. Il podere Boschetto è rappresentato nel vigente catasto rustico di Castelnuovo<br />

Berardenga dalle particelle 41-42-60-61-73-74 e 75 del foglio 86, aventi una superficie complessiva<br />

di ettari 6.89.90. Il diritto di prelazione come sopra attribuito al signor Remo Migli dovrà essere<br />

esercitato, a pena di decadenza, entro <strong>il</strong> termine di trenta giorni dalla notifica della proposta di<br />

alienazione, completa dei suoi elementi essenziali, da effettuarsi a mezzo di lettera raccomandata<br />

con ricevuta di ritorno". Il rogito veniva trascritto nei P.R.I. di Siena;<br />

2) con scrittura privata 2.4.87 la Porcellotti si obbligava a vendere <strong>il</strong> podere Boschetto al Giomarelli<br />

ed a spedire raccomandata a.r. ai coltivatori diretti confinanti aventi diritto di prelazione;<br />

3) con raccomandata datata 2.4.87 la Porcellotti notificava copia del <strong>preliminare</strong> di compravendita<br />

al Migli "quale confinante del medesimo come per legge per diritto di prelazione" ed <strong>il</strong> Migli, con<br />

raccomandata in data 16.4.1987, rispondeva esprimendo la sua intenzione di "esercitare <strong>il</strong> diritto di<br />

prelazione conferitogli dalla vigente legislazione (l. 590/65 e 817/71)";<br />

4) con raccomandata in data 11.5.87 la Porcellotti dichiarava al Migli che "erroneamente le ho<br />

notificato <strong>il</strong> compromesso quale confinante... la notificazione... doveva pertanto intendersi effettuata<br />

esclusivamente ai sensi e per gli <strong>effetti</strong> della prelazione convenzionale a suo favore..." e, con<br />

raccomandata in data 25.5.87 l’avv. De Felici scriveva "in nome e per conto" del Migli "<strong>il</strong> quale...<br />

14


intende significarle la precisa volontà di voler acquistare <strong>il</strong> podere... usufruendo del diritto di<br />

opzione contenuto nel rogito...".<br />

La Porcellotti, reticente alla comunicazione del Migli ed all’offerta reale, che questi ne aveva fatto<br />

seguire, per <strong>il</strong> prezzo di L. 110.000.000, con citazione 10/18.6.1988 convenne avanti <strong>il</strong> Tribunale di<br />

Siena sia <strong>il</strong> Migli che <strong>il</strong> Giomarelli perché l’autorità giudiziaria stab<strong>il</strong>isse a chi dei due spettasse <strong>il</strong><br />

trasferimento del bene, oggetto dei due atti tra loro confliggenti: <strong>il</strong> <strong>preliminare</strong> del 2.4.87 col<br />

Giomarelli e <strong>il</strong> patto di preferenza convenuto <strong>il</strong> 10.11.73 col Migli.<br />

Anche quest’ultimo, con citazione del 7.7.1988, convenne avanti lo stesso Tribunale la Porcellotti<br />

perché, in tesi, venisse dichiarata la validità della prelazione contrattuale, di cui al rogito Sebastiani<br />

del Nov. ’73, con sentenza che tenesse luogo del <strong>contratto</strong> e, in ipotesi, che venisse accertato <strong>il</strong> suo<br />

diritto alla prelazione legale, con pronunce e conseguenziali.<br />

Riunite le due cause e integrato - nella seconda - <strong>il</strong> contraddittorio con <strong>il</strong> Giomarelli, all’esito della<br />

istruzione <strong>il</strong> tribunale adito, con sentenza n. 18/91 dep. 15.1.1991, ritenne per un verso l’inesistenza<br />

del diritto alla prelazione agraria in capo al Migli (siccome non confinante) e per altro, accolse la<br />

sua domanda, fondata sulla prelazione convenzionale, dichiarando a lui trasferito <strong>il</strong> fondo<br />

controverso per <strong>il</strong> prezzo già oggetto di offerta reale, in applicazione dell’art. 2932 c.c.<br />

La sentenza venne gravata di appello da parte del Giomarelli con atto notificato <strong>il</strong> 29 e 30 apr<strong>il</strong>e<br />

1991, cui resistettero le altre due parti.<br />

L’appellante ripropose, "in primis", l’eccezione di decadenza dalla prelazione convenzionale del<br />

Migli per difformità dell’offerta accettazione dalla "denuntiatio", - proposta dalla Porcellotti.<br />

Dedusse, con altro motivo di gravame, che <strong>il</strong> patto di prelazione non gli era opponib<strong>il</strong>e siccome<br />

detta "denuntiatio" non aveva preceduto, bensì seguito, <strong>il</strong> <strong>preliminare</strong> 2.4.87 stipulato tra la predetta<br />

alienante ed esso Giomarelli, <strong>preliminare</strong> in cui nessun cenno si faceva ad altrui poziori diritti. Egli,<br />

quindi, andava preferito nel diritto alla stipula del definitivo.<br />

Con sentenza 30.6-15.9.1995 la Corte d’Appello di Firenze, investita del gravame, escluso che <strong>il</strong><br />

patto di preferenza a favore del Migli fosse da qualificare come "opzione" (attesa la mancanza, in<br />

esso, della precisazione del contenuto finale del costituendo rapporto); r<strong>il</strong>evato che, nel <strong>preliminare</strong><br />

intercorso tra la Porcellotti e <strong>il</strong> Giomarelli, "della convenzione" tra la prima ed <strong>il</strong> Migli non v’era<br />

alcuna "menzione" (v. pag. 17 sent. imp.); tanto premesso essa Corte territoriale ha individuato <strong>il</strong><br />

"punto della lite" "non tanto nella opponib<strong>il</strong>ità del patto di prelazione al terzo promittente<br />

acquirente, quanto nella soluzione del conflitto tra i due contratti preliminari - <strong>il</strong> secondo sorto per<br />

effetto dell’esercizio della prelazione - che si trovano ad avere ad oggetto <strong>il</strong> medesimo bene". Ha<br />

quindi osservato testualmente: "Per quanto riguarda gli <strong>effetti</strong> dei due preliminari, le poche norme<br />

che si occupano di risolvere tali tipi di conflitti attengono a casi specifici (1153; 1380; 2644 c.c.) ma<br />

sembrano confermare, a contrario, la sussistenza di un principio generale, di un criterio di chiusura<br />

che, in base alla Relazione al codice civ<strong>il</strong>e, si può individuare in quello della prevenzione. Si legge<br />

nella Relazione - sub art. 1380 "... altro lato degli <strong>effetti</strong> dei contratti concerne l’ipotesi di conflitti<br />

tra persone che derivano <strong>il</strong> medesimo diritto dallo stesso soggetto. Circa i diritti derivanti da<br />

rapporti per i quali è prescritta la trascrizione, i principi che regolano questa serviranno a stab<strong>il</strong>ire la<br />

preferenza in caso di collisione. Per ogni diritto personale di godimento non soggetto alla suddetta<br />

formalità, la collisione si risolve col criterio della prevenzione che, nel caso in cui si sia ottenuto<br />

l’adempimento, si stab<strong>il</strong>isce mediante l’applicazione del principio "melior est condicio<br />

possidentis"... se adempimento non vi sia stato, la prevenzione si determina sulla base della priorità<br />

del titolo: ’prior in tempore potior in iure’" (v. pag. 18/19 sent. imp.).<br />

Applicando analogicamente la norma richiamata al caso di specie, <strong>il</strong> giudice dell’appello ha quindi<br />

ritenuto che: "tra le due domande di esecuzione in forma specifica formulate dal Migli e dal<br />

Giomarelli, doveva trovare accoglimento l’istanza del Giomarelli, in quanto appoggiata su un titolo<br />

d’acquisto cronologicamente anteriore - e quindi per tale fatto poziore ed opponib<strong>il</strong>e - rispetto a<br />

quello del Migli, dovendosi ovviamente escludere che, all’esercizio del diritto di prelazione,<br />

inerisca qualsiasi efficacia retroattiva".<br />

15


Conseguentemente, in riforma della sentenza di primo grado, è stata accolta la domanda del<br />

Giomarelli di esecuzione, in forma specifica ex art. 2932 c.c., del <strong>preliminare</strong> da lui stipulato con la<br />

Porcellotti <strong>il</strong> 2.4.87, con vittoria, per la stessa parte appellante, delle spese di entrambi i gradi nei<br />

confronti delle altre due parti costituite.<br />

Ricorre per la cassazione di detta sentenza, avanti questa Suprema Corte, Migli Remo, con atto<br />

notificato alle controparti <strong>il</strong> 17 e 20 maggio 1995, in cui formula due motivi d’impugnazione.<br />

Resiste con controricorso e ricorso incidentale condizionato <strong>il</strong> solo Giomarelli.<br />

Il 12 novembre 1998 <strong>il</strong> Migli ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c.<br />

MOTIVI DELLA DECISIONE<br />

1. Nel denunciare violazione dell’art. 112 c.p.c. <strong>il</strong> ricorrente sostiene che in prime cure <strong>il</strong> Tribunale<br />

aveva individuato nel 1º novembre 1973 la data di insorgenza dell’obbligo della Porcellotti a<br />

trasferire al Migli l’immob<strong>il</strong>e conteso e che sul punto non v’era stata impugnazione dell’appellante,<br />

che invece si era doluto solo della mancata conoscenza da parte sua del precedente patto di<br />

prelazione. La Corte di merito era quindi andata oltre <strong>il</strong> devoluto.<br />

2. Con <strong>il</strong> secondo mezzo di ricorso <strong>il</strong> Migli, deducendo errata applicazione dell’art. 1380 ed omessa<br />

applicazione dell’art. 1360 c.c., sul presupposto che la prelazione convenzionale integri l’ipotesi di<br />

un <strong>preliminare</strong> sottoposto a condizione sospensiva potestativa (cita giur.za di legittimità), sostiene<br />

che, ai sensi dell’art. 1360 c.c. "gli <strong>effetti</strong> del <strong>contratto</strong> <strong>preliminare</strong> un<strong>il</strong>aterale retroagiscono al<br />

momento della stipula dello stesso (1.11.73) (Nella specie la condizione si sarebbe verificata <strong>il</strong><br />

4.4.87, quando la Porcellotti gli notificò copia del <strong>preliminare</strong> col terzo). Le date che, pertanto, la<br />

Corte fiorentina avrebbe dovuto confrontare erano costituite dal dì del <strong>preliminare</strong> con <strong>il</strong> Giomarelli<br />

e da quello della originaria obbligazione assunta dalla Porcellotti nel 1973 con esso ricorrente.<br />

Osserva questa Corte che <strong>il</strong> ricorso è infondato in entrambe le sue articolazioni e va, come tale,<br />

rigettato, previa riunione degli atti del ricorso incidentale condizionato avverso la stessa sentenza,<br />

ricorso che resta perciò assorbito.<br />

1. Invero, nella esposizione dei motivi di gravame, la Corte territoriale ha evidenziato che, tra<br />

l’altro, <strong>il</strong> Giomarelli si era doluto del fatto che "<strong>il</strong> patto di prelazione non gli era opponib<strong>il</strong>e, non<br />

avendo la "denuntiatio" preceduto <strong>il</strong> <strong>preliminare</strong> 2.4.1987... e non risultando menzionata nel<br />

<strong>preliminare</strong> stesso. Era quindi poziore <strong>il</strong> diritto del Giomarelli" (v. pag. 10 fine e 11 sent. imp.).<br />

Precisa ancora <strong>il</strong> giudice di merito, nella interpretazione e qualificazione delle censure proposte<br />

dall’appellante (attività che proprio ad esso giudice compete e non è censurab<strong>il</strong>e in sede di<br />

legittimità, né - in <strong>effetti</strong> - <strong>il</strong> ricorrente censura, piuttosto ignorandola), che appunto, col secondo<br />

motivo di gravame "<strong>il</strong> Giomarelli censura la sentenza per aver ritenuto che <strong>il</strong> patto di prelazione gli<br />

fosse opponib<strong>il</strong>e" (fol. 16 fine, ibid.).<br />

Dal testo della sentenza impugnata, pertanto, ben risulta devoluta con l’appello la questione della<br />

precedenza cronologica del <strong>preliminare</strong> rispetto all’esercizio di una prelazione, nemmeno portata a<br />

conoscenza del promissario prima o all’atto del <strong>contratto</strong>.<br />

Il secondo mezzo di ricorso è parimenti infondato, non potendosi condividere la equiparazione fatta<br />

dal ricorrente del patto di prelazione ad un <strong>contratto</strong> <strong>preliminare</strong> condizionato, ove la "denuntiatio"<br />

fungerebbe da condizione sospensiva potestativa.<br />

Con questa prospettazione in realtà <strong>il</strong> ricorrente mostra di ignorare quanto già osservato dalla Corte<br />

territoriale in ordine al rigetto della pretesa ancorata alla qualificazione di quel patto come opzione.<br />

Se la prelazione è priva, per sua natura, dei contenuti essenziali per un rapporto finale (prezzo,<br />

tempi di consegna del bene e altre modalità della futura vendita), a maggior ragione non la si può<br />

considerare un <strong>contratto</strong> <strong>preliminare</strong>, seppur condizionato. Peraltro, ove così fosse, riguardata la<br />

condizione "ex parte promissoris", essa renderebbe sistematicamente nullo <strong>il</strong> patto di prelazione<br />

trattandosi di condizione meramente potestativa (art. 1355 c.c.).<br />

16


Non pare coincidano con la tesi prospettata dal ricorrente le massime delle sentenze di legittimità<br />

citate nel ricorso (dicono tutt’altro, per esempio, quelle nn. 402/82 e 13282/92), mentre è <strong>il</strong> caso,<br />

per la puntualizzazione della natura e degli <strong>effetti</strong> della prelazione convenzionale, di riaffermare <strong>il</strong><br />

principio di cui alla massima seguente: "A differenza del <strong>contratto</strong> <strong>preliminare</strong> un<strong>il</strong>aterale che<br />

comporta l’immediata e definitiva assunzione dell’obbligazione di prestare <strong>il</strong> consenso per <strong>il</strong><br />

<strong>contratto</strong> definitivo, <strong>il</strong> patto di prelazione genera, a carico del promittente, una immediata<br />

obbligazione negativa, consistente nel non vendere ad altri la cosa oggetto del patto se non dopo che<br />

<strong>il</strong> prelazionario, debitamente interpellato, dichiari di non voler acquistare (o non dia alcuna risposta<br />

nel termine concessogli), ed un’obbligazione positiva, consistente nel vendere - ove assuma una<br />

decisione in tal senso - al prelazionario medesimo, al quale deve formulare la relativa proposta<br />

attraverso la denuntiatio. Questa obbligazione nel caso di vendita ad un terzo del bene oggetto del<br />

patto di prelazione sorge e si esteriorizza in uno al verificarsi del suo inadempimento, senza che dal<br />

promissario pretermesso possa conseguirsene l’esecuzione in forma specifica a norma dell’art. 2932<br />

cod. civ., ma soltanto <strong>il</strong> risarcimento del danno, non essendo più coercib<strong>il</strong>e a seguito della vendita al<br />

terzo del bene promesso" Cass. sez. 3 sent. 03124 del 1.4.1987, RV. 452216 (nello stesso senso v.<br />

Cass. Sez. II n. 265 del 23.01.1975 RV. 373475, ove è espressamente escluso che <strong>il</strong> patto di<br />

prelazione rientri nello schema del <strong>contratto</strong> <strong>preliminare</strong> e tanto meno del <strong>preliminare</strong> sottoposto a<br />

condizione sospensiva potestativa).<br />

Consegue, al rigetto del ricorso principale, la condanna del ricorrente alle spese, da liquidare come<br />

in dispositivo a favore del resistente.<br />

PER QUESTI MOTIVI<br />

La Corte riunisce i ricorsi. Rigetta <strong>il</strong> ricorso principale. Assorbito l’incidentale. Condanna <strong>il</strong><br />

ricorrente al pagamento, in favore dei resistenti, delle spese giudiziali, liquidate in L. 4.000.000 per<br />

onorari ed in L. 398.800 per esborsi.<br />

17


IL CASO<br />

Prelazione legale<br />

Tizia, e Caia sono comproprietarie pro quota di un immob<strong>il</strong>e, concesso in locazione, ad uso<br />

commerciale, a Sempronia e Sempronio.<br />

Tizia vende la propria quota di proprietà a Caia.<br />

I conduttori agiscono in giudizio sostenendo <strong>il</strong> proprio diritto di prelazione sull’acquisto della quota<br />

ex art. 38 l. 27 luglio 1978 n. 392.<br />

Si <strong>il</strong>lustrino le ragioni delle rispettive parti processuali.<br />

Cass., sez. un., 14-06-2007, n. 13886.<br />

In tema di locazione di immob<strong>il</strong>i urbani ad uso non abitativo, al conduttore non spettano <strong>il</strong> diritto<br />

di prelazione ed <strong>il</strong> conseguente diritto di riscatto dell’immob<strong>il</strong>e, secondo la disciplina degli art. 38<br />

e 39 l. 27 luglio 1978 n. 392, qualora <strong>il</strong> locatore intenda alienare, ad un terzo ovvero al<br />

comproprietario dell’immob<strong>il</strong>e locato, la quota del bene oggetto del rapporto di locazione (nella<br />

specie, le sezioni unite, risolvendo con <strong>il</strong> principio enunciato <strong>il</strong> contrasto insorto in seno alla terza<br />

sezione circa la spettanza o meno del diritto di prelazione al conduttore anche con riguardo alla<br />

sola quota dell’immob<strong>il</strong>e che uno dei comproprietari intenda alienare ad un terzo, hanno cassato<br />

l’impugnata sentenza che aveva aderito all’indirizzo favorevole al riconoscimento di tale diritto e,<br />

decidendo nel merito, hanno respinto la domanda di riscatto formulata nell’interesse delle parti<br />

locatarie).<br />

Svolgimento del processo.<br />

1. Con atto pubblico trascritto <strong>il</strong> 2 maggio 1996 la comproprietaria locatrice Eldina Da Re alienava<br />

la quota di due terzi dell’immob<strong>il</strong>e comune all’altra condomina locatrice Paola Dalla Venezia.<br />

Daniela Mander e Gino Gatto, titolari della ditta omonima, che conducevano in locazione l’intero<br />

immob<strong>il</strong>e per l’uso della loro attività di commercio, non essendo stata ad essi comunicata la<br />

denuntiatio di cui all’art. 38 l. 27 luglio 1978 n. 392, convenivano in giudizio innanzi al Tribunale<br />

di Venezia entrambe le locatrici dichiarando, ai sensi dell’art. 39 stessa legge, di voler esercitare <strong>il</strong><br />

diritto di riscatto della quota alienata dell’immob<strong>il</strong>e.<br />

Le convenute si costituivano e contrastavano la domanda.<br />

Eldina Da Re sosteneva che si era trattato di alienazione tra coeredi, rispetto alla quale non era<br />

applicab<strong>il</strong>e la prelazione urbana di cui alla l. n. 392 del 1978 sulla quale era prevalente la prelazione<br />

di cui all’art. 732 c.c., e che, in ogni caso, l’istituto della prelazione urbana, applicab<strong>il</strong>e solo nel<br />

caso di alienazione dell’intero immob<strong>il</strong>e locato, non era praticab<strong>il</strong>e nell’ipotesi di alienazione della<br />

sola quota di esso.<br />

Paola Dalla Venezia, analogamente negando l’applicab<strong>il</strong>ità della prelazione alla vendita della<br />

quota, per l’ipotesi di accoglimento della domanda di retratto, agiva in manleva nei confronti della<br />

venditrice.<br />

Nella causa prestavano intervento volontariamente Eliana e Giovanni Ferro, nella qualità di<br />

acquirenti, con atto successivo all’alienazione della quota dell’immob<strong>il</strong>e locato, dell’azienda<br />

commerciale dei conduttori, i quali chiedevano che la parte dell’immob<strong>il</strong>e trasferita contra ius<br />

praelationis fosse loro retrocessa, assumendo che, essendo subentrati nel rapporto di locazione ai<br />

sensi dell’art. 37 l. n. 392 del 1978, erano succeduti, perciò, agli originari conduttori Daniela<br />

Mander e Gino Gatto anche nel diritto di retratto.<br />

Il tribunale, esclusa l’applicab<strong>il</strong>ità della previsione dell’ultimo comma dell’art. 38 l. n. 392 del<br />

1978 e ritenuta ammissib<strong>il</strong>e la prelazione urbana in caso di alienazione della sola quota<br />

18


dell’immob<strong>il</strong>e locato, accoglieva la domanda di riscatto di Daniela Mander e Gino Gatto, con <strong>effetti</strong><br />

della relativa pronuncia, ai sensi dell’art. 111 c.p.c., a favore degli intervenuti in causa Eliana e<br />

Giovanni Ferro, successori a titolo particolare degli originari conduttori.<br />

2. Sul gravame principale di Daniela Mander e Gino Gatto e sulle impugnazioni incidentali di Paola<br />

Dalla Venezia, di Eldina Da Re, di Eliana e Giovanni Ferro e di Paola Dalla Venezia provvedeva la<br />

Corte d’appello di Venezia con la sentenza pubblicata <strong>il</strong> 7 ottobre 2002, la quale disponeva <strong>il</strong><br />

trasferimento della quota indivisa pari ai due terzi dell’immob<strong>il</strong>e locato a favore di Daniela Mander<br />

e Gino Gatto; rigettava la domanda di retrocessione della parte alienata dell’immob<strong>il</strong>e a favore di<br />

Eliana e Giovanni Ferro; pronunciava condanna generica di Eldina Da Re a risarcire a Paola Dalla<br />

Venezia i danni; compensava interamente tra le parti le spese del doppio grado del giudizio.<br />

Ai fini che ancora interessano i giudici d’appello consideravano, aderendo al principio di diritto di<br />

cui alla sentenza di questa corte n. 9354 del 1990 (Foro it., Rep. 1991, voce Locazione, n. 288), che<br />

<strong>il</strong> diritto di prelazione previsto dall’art. 38 l. n. 392 del 1978 spetta al conduttore anche con riguardo<br />

alla sola quota dell’immob<strong>il</strong>e, che uno dei comproprietari intenda vendere ad un terzo o ad uno<br />

degli altri comproprietari, poiché, in tal modo, si realizza, anche gradualmente, ogni volta che<br />

ciascuno dei comproprietari decida di alienare la sua quota, lo scopo della norma, che è quello di<br />

unire alla titolarità dell’impresa la titolarità del diritto di proprietà dell’immob<strong>il</strong>e ove la stessa viene<br />

gestita.<br />

Ritenevano, quanto alla domanda degli intervenuti Eliana e Giovanni Ferro, che, non essendo<br />

intervenuta tra cedenti e cessionari dell’azienda alcuna stipulazione al riguardo, la cessione a loro<br />

favore dell’azienda non avrebbe potuto avere l’ulteriore effetto di far loro acquisire anche la<br />

proprietà della quota dell’immob<strong>il</strong>e per <strong>il</strong> caso di esito favorevole dell’azione di riscatto di Eliana e<br />

Giovanni Ferro, essendo costoro gli unici soggetti legittimati al retratto in ragione della loro qualità<br />

di conduttori all’epoca della vendita della quota medesima.<br />

La corte territoriale ravvisava i giusti motivi per compensare interamente tra le parti le spese del<br />

doppio grado del giudizio nella complessità e nel numero delle questioni trattate.<br />

3. Per la cassazione della sentenza Eldina Da Re proponeva impugnazione principale in base a due<br />

motivi, con <strong>il</strong> primo dei quali censurava l’affermazione della corte di merito circa l’ipotizzab<strong>il</strong>ità<br />

della prelazione urbana della quota.<br />

Proponeva impugnazione incidentale sulla scorta di due motivi Paola Dalla Venezia, che, con <strong>il</strong><br />

primo mezzo, pure censurava la statuizione di merito relativa all’ammissib<strong>il</strong>ità della prelazione<br />

della quota.<br />

Resistevano con controricorso Daniela Mander e Gino Gatto, i quali proponevano ricorso<br />

incidentale in virtù di unico motivo relativamente alla pronuncia in ordine alle spese dei due gradi<br />

del giudizio.<br />

La terza sezione della Corte di cassazione, alla quale era stato assegnato <strong>il</strong> ricorso, con ordinanza<br />

depositata <strong>il</strong> 21 apr<strong>il</strong>e 2006, ha rimesso gli atti al primo presidente per l’eventuale assegnazione alle<br />

sezioni unite.<br />

R<strong>il</strong>evato che <strong>il</strong> primo motivo del ricorso principale reca censura all’interpretazione data dalla corte<br />

d’appello alla disciplina in tema di prelazione urbana, di cui agli art. 38 e 39 l. 27 luglio 1978 n.<br />

392, nel senso che essa si applica anche all’ipotesi di alienazione della sola quota d’immob<strong>il</strong>e<br />

appartenente a più persone in proprietà indivisa, l’ordinanza della terza sezione civ<strong>il</strong>e ha<br />

considerato che sulla questione la giurisprudenza di questa corte non si è espressa in modo univoco,<br />

atteso che una pronuncia (sentenza 9354/90, cit.) ha ritenuto che in tema di locazione di immob<strong>il</strong>e<br />

urbano che, adibito ad uso diverso dall’abitazione, appartenga pro indiviso a più comproprietari, <strong>il</strong><br />

diritto di prelazione spetta al conduttore anche con riguardo alla sola quota dell’immob<strong>il</strong>e, che uno<br />

dei comproprietari intenda alienare ad un terzo, mentre altra pronuncia (sentenza 18648/03, id.,<br />

2004, I, 681), ponendosi in consapevole contrasto con <strong>il</strong> suddetto precedente, ha statuito che la<br />

prelazione in tal caso non spetta, mancando l’imprescindib<strong>il</strong>e presupposto dell’identità<br />

19


dell’immob<strong>il</strong>e locato con quello venduto ed essendo del tutto ipotetica ed eventuale la graduale<br />

realizzazione dello scopo della norma.<br />

Il ricorso è stato assegnato alle sezioni unite.<br />

Motivi della decisione.<br />

I ricorsi, impugnazioni distinte della medesima sentenza, sono riuniti (art. 335 c.p.c.).<br />

1. Con <strong>il</strong> primo motivo dell’impugnazione — deducendo la violazione e la falsa applicazione della<br />

norma di cui all’art. 38 l. 27 luglio 1978 n. 392 nonché l’omessa, insufficiente e contraddittoria<br />

motivazione su un punto decisivo della controversia — la ricorrente principale Eldina Da Re<br />

anzitutto critica l’impugnata sentenza nella parte in cui <strong>il</strong> giudice del merito ha ritenuto ammissib<strong>il</strong>e<br />

<strong>il</strong> diritto di prelazione ed <strong>il</strong> conseguente diritto di riscatto del conduttore anche con riferimento<br />

all’alienazione della sola quota dell’immob<strong>il</strong>e locato destinato all’esercizio di attività commerciale<br />

relativamente a locazione non esclusa ai sensi dell’art. 35 stessa legge.<br />

Assume che, poiché al riguardo la legge nulla dispone, nel caso in cui venga ceduta ad un terzo,<br />

che non sia <strong>il</strong> conduttore del bene, la sola quota indivisa della proprietà dell’immob<strong>il</strong>e locato, non<br />

sussiste alcuna ragione per applicare l’istituto della prelazione, dato che la ratio della disciplina, che<br />

è quella di concentrare la proprietà del bene medesimo nella persona che in esso eserciti la sua<br />

attività produttiva nel contatto con <strong>il</strong> pubblico degli utenti o dei consumatori, cozza contro l’inut<strong>il</strong>ità<br />

di tale acquisto ai fini del raggiungimento di detto scopo.<br />

Aggiunge che la tendenza a favorire la coincidenza tra titolarità dell’impresa e titolarità<br />

dell’immob<strong>il</strong>e non vale quando, nella commisurazione degli altri interessi coinvolti, emerge un<br />

notevole pregiudizio in capo ad un soggetto a fronte di una discutib<strong>il</strong>e ed ingiustificata tutela<br />

riservata ad altro soggetto.<br />

Spiega che <strong>il</strong> riconoscimento del diritto di prelazione per l’acquisto della sola quota non realizza<br />

nemmeno la piena tutela del conduttore, <strong>il</strong> quale troverebbe sempre un impedimento alla libera sua<br />

ut<strong>il</strong>izzazione del bene nel fatto che parte di esso continua ad essere di proprietà di un terzo, avente<br />

interessi opposti ai suoi.<br />

Conclusivamente sostiene che <strong>il</strong> ricorso a regole di principio e di equità nonché la consapevole<br />

ponderazione delle situazioni meritevoli di tutela impone la valutazione delle posizioni del<br />

comproprietario e del conduttore in un’ottica parzialmente distaccata dall’art. 38 l. n. 392 del 1978,<br />

norma che disciplina una situazione sensib<strong>il</strong>mente diversa da quella del caso in questione.<br />

Analoga censura esprime anche <strong>il</strong> primo motivo dell’impugnazione incidentale di Paola Dalla<br />

Venezia, la quale pure — deducendo la violazione e la falsa applicazione della norma di cui all’art.<br />

38 l. 27 luglio 1978 n. 392 nonché l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto<br />

decisivo della controversia — critica la decisione relativa all’ammissib<strong>il</strong>ità della prelazione e del<br />

retratto in ipotesi di alienazione della quota con le seguenti argomentazioni:<br />

a) la norma dell’art. 38 l. n. 392 del 1978 è sicuramente una disposizione eccezionale in quanto<br />

limita <strong>il</strong> diritto dominicale del proprietario-locatore ed è, perciò, insuscettib<strong>il</strong>e di interpretazione<br />

estensiva, esclusa anche dalla lettera della norma nel riferimento al trasferimento a titolo oneroso di<br />

«immob<strong>il</strong>e locato» e non anche ad una sua «quota indivisa»;<br />

b) le esigenze sociali, che gli art. 38 e 39 della legge sull’equo canone mirano a garantire con<br />

l’istituto della prelazione del conduttore di immob<strong>il</strong>e non abitativo (istituto diretto ad impedire che<br />

si verifichino mutamenti nella figura del locatore a detrimento della conservazione delle aziende e<br />

dell’attività d’impresa svolta nell’immob<strong>il</strong>e locato), non risultano pregiudicate dal trasferimento a<br />

terzi di una parte soltanto dell’immob<strong>il</strong>e locato;<br />

c) l’intenzione del legislatore di evitare <strong>il</strong> formarsi di una comunione tra locatore e conduttore è<br />

alla base delle altre disposizioni dettate per l’esercizio della prelazione nel caso di pluralità di<br />

conduttori (art. 38, 5°, 6° e 7° comma, l. n. 392 del 1978);<br />

20


d) <strong>il</strong> pericolo che <strong>il</strong> locatore, attraverso la successiva alienazione di più quote del medesimo<br />

immob<strong>il</strong>e, realizzi l’elusione del diritto di prelazione del conduttore non costituisce argomento<br />

decisivo per ammettere la prelazione della quota, dato che la suddetta situazione è rimediab<strong>il</strong>e con<br />

l’esercizio da parte del conduttore del retratto sul presupposto delle simulate alienazioni delle quote<br />

dissimulanti un’alienazione dell’immob<strong>il</strong>e nella sua interezza.<br />

- Ai due motivi — che vanno esaminati congiuntamente, perché entrambi attengono alla medesima<br />

questione relativa alla definizione dell’ambito di applicazione della disciplina della prelazione<br />

urbana in caso di alienazione della quota — i resistenti Daniela Mander e Gino Gatto replicano<br />

sostenendo che nell’interpretazione dell’art. 38 l. n. 392 del 1978 la volontà del legislatore sarebbe<br />

nel senso che lo scopo voluto dalla norma è raggiunto anche quando <strong>il</strong> conduttore può ottenere la<br />

proprietà della sola quota dell’immob<strong>il</strong>e, potendo lo stesso chiedere poi la divisione dell’immob<strong>il</strong>e,<br />

con la conseguenza di sottrarre alla comunione e ricondurre alla sua esclusiva disponib<strong>il</strong>ità la parte<br />

assegnatagli, ovvero, attendendo che <strong>il</strong> proprietario decida di alienare le altre quote ed esercitando<br />

successivamente per esse la prelazione, acquistare in tal modo l’intero compendio immob<strong>il</strong>iare<br />

necessario alla continuazione della sua attività d’impresa.<br />

Cass.:<br />

- Le contrapposte deduzioni delle parti riflettono, sulla questione, <strong>il</strong> contrasto interpretativo che<br />

queste sezioni unite sono chiamate a comporre, sussistendo in proposito difformità di statuizioni del<br />

giudice di legittimità.<br />

a) L’orientamento conforme alla tesi della configurab<strong>il</strong>ità del diritto di prelazione (e del succedaneo<br />

diritto di riscatto) in caso di alienazione della sola quota della proprietà dell’immob<strong>il</strong>e locato, è<br />

quello risalente alla sentenza di questa corte n. 9354 del 1990, cit., emessa in fattispecie nella quale<br />

<strong>il</strong> conduttore aveva esercitato <strong>il</strong> riscatto della quota nei confronti del condomino locatore che aveva<br />

acquistato dagli altri comproprietari la loro quota dell’immob<strong>il</strong>e.<br />

A sostegno della suddetta opzione interpretativa la sentenza argomentò come di seguito.<br />

«Nell’ipotesi che comproprietari dell’immob<strong>il</strong>e locato siano più soggetti, per quote ideali, la<br />

potenziale posizione del conduttore è la futura acquisizione della titolarità del diritto di prelazione<br />

ad ogni oggettivazione di intento di vendita di ciascuna quota ideale di comproprietà.<br />

Finalità della normativa degli art. 38 e 39 l. n. 392 del 1978 è di unire alla titolarità dell’impresa la<br />

titolarità del diritto di proprietà sull’immob<strong>il</strong>e, condotto in locazione dall’imprenditore, ove<br />

l’attività imprenditoriale viene esercitata; finalità che sussiste — e non può non sussistere — anche<br />

nella detta ipotesi.<br />

Nella situazione di comproprietà dell’immob<strong>il</strong>e locato, se la vendita non è progettata unitariamente<br />

da tutti i comproprietari, l’acquisto della proprietà completa dell’immob<strong>il</strong>e da parte del conduttore<br />

avverrà gradualmente, in momenti successivi: ad ogni intento, oggettivatosi con la denuntiatio, di<br />

uno o più comproprietari di vendere la o le quote ideali, diviene attuale, in relazione a queste quote,<br />

<strong>il</strong> potenziale diritto di prelazione (estendentesi, nella sua potenzialità, all’intero) spettante al<br />

conduttore, <strong>il</strong> quale, esercitato quel diritto, diviene titolare di quelle quote di comproprietà, fino a<br />

diventare unico proprietario dell’immob<strong>il</strong>e quando, separatamente ed in tempi diversi, tutti i<br />

comproprietari avranno oggettivato, ciascuno con una sua denuntiatio, l’intento di vendere le<br />

rispettive quote ed in seguito ad ogni denuntiatio <strong>il</strong> conduttore avrà esercitato <strong>il</strong> diritto di prelazione.<br />

Mancata la denuntiatio e non posto, quindi, <strong>il</strong> conduttore in condizione di esercitare <strong>il</strong> diritto di<br />

prelazione, subentra <strong>il</strong> succedaneo diritto di riscatto, inteso al raggiungimento, per altra via<br />

(sostitutiva di quella resa impraticab<strong>il</strong>e), dello stesso risultato acquisitivo. Fenomeno, questo, che si<br />

verifica, necessariamente, anche nella detta ipotesi, di comproprietà dell’immob<strong>il</strong>e locato e di<br />

separate programmate vendite, in tempi diversi, da parte dei singoli comproprietari delle rispettive<br />

quote.<br />

21


Ad ogni intento di vendere, oggettivato con la denuntiatio, sorge nel conduttore <strong>il</strong> diritto di<br />

prelazione per le quote ideali in favore di terzi e <strong>il</strong> succedaneo diritto di riscatto. Si tratta di vicende<br />

separate ed autonome, verificantesi in tempi diversi; senza che <strong>il</strong> modo di svolgimento dell’una<br />

possa influire sulle altre. Sicché, qualora un comproprietario abbia proceduto alla vendita a terzi<br />

della o delle sue quote ideali senza effettuare preventivamente la dovuta denuntiatio ed <strong>il</strong> conduttore<br />

non abbia esercitato <strong>il</strong> diritto di riscatto nel termine stab<strong>il</strong>ito dalla legge decadendone, ciò non<br />

preclude <strong>il</strong> sorgere, in favore del conduttore, e l’esercitab<strong>il</strong>ità del diritto di prelazione e del<br />

succedaneo diritto di riscatto, in relazione alle successive programmate, ed eventualmente attuate,<br />

vendite di altre quote ideali da parte di altri comproprietari».<br />

Con specifico riferimento alla fattispecie decisa, la sentenza, pertanto, considerava circostanza non<br />

ostativa all’ammissib<strong>il</strong>ità della prelazione della quota alienata <strong>il</strong> fatto che <strong>il</strong> conduttore non avesse<br />

esercitato <strong>il</strong> diritto a lui spettante in relazione a pregressa alienazione di altra quota.<br />

b) Il diverso orientamento circa l’inammissib<strong>il</strong>ità della prelazione in caso di alienazione della sola<br />

quota è quello successivamente espresso dalla sentenza di questa corte n. 18648 del 2003, cit.<br />

La quale ha ritenuto di discostarsi dall’indirizzo della sentenza n. 9354 del 1990, cit., in particolare<br />

considerando che, rispetto ad esso, era da condividere la più recente giurisprudenza di legittimità in<br />

base alla quale, in caso di vendita a terzi della quota di proprietà comprendente l’immob<strong>il</strong>e locato,<br />

non spetta al conduttore <strong>il</strong> diritto di prelazione poiché viene a mancare, in tal caso, l’imprescindib<strong>il</strong>e<br />

presupposto dell’identità dell’immob<strong>il</strong>e locato con quello venduto e poiché la «graduale»<br />

realizzazione dello scopo della norma (consistente nell’acquisto della proprietà completa<br />

dell’immob<strong>il</strong>e da parte del conduttore in momenti successivi con l’acquisizione progressiva della<br />

proprietà di tutte le altre quote) sarebbe del tutto ipotetica ed eventuale, presupponendo essa non<br />

solo che alla vendita della prima quota seguano poi <strong>effetti</strong>vamente le vendite delle altre quote,<br />

evento questo che ben potrebbe non verificarsi, ma richiedendosi altresì che, ove alle alienazioni<br />

successive i comproprietari-locatori realmente intendano procedere, anche per queste <strong>il</strong> conduttore<br />

si avvalga del diritto di preferenza che gli spetta, circostanza questa che la legge non prevede né<br />

richiede al conduttore, <strong>il</strong> quale è autorizzato a rinunciare ad esercitare la prelazione per le<br />

alienazioni successive delle altre quote.<br />

La sentenza n. 18648 del 2003, cit., dichiarando di condividere la più recente giurisprudenza di<br />

questa corte, espressamente richiama come statuizioni conformi quelle delle sentenze n. 10431 del<br />

1998 (id., 1999, I, 3598) e n. 12088 del 1990 (id., Rep. 1991, voce cit., n. 287), le quali, tuttavia,<br />

non riguardano la questione specifica dell’ammissib<strong>il</strong>ità della prelazione in caso di vendita della<br />

quota dell’immob<strong>il</strong>e, nella sua interezza oggetto del godimento da parte del conduttore a titolo<br />

locatizio, ma riflettono <strong>il</strong> diverso problema dell’alienazione di quota dell’edificio nel quale è sito<br />

quello locato, ipotesi che inerisce, perciò, alla distinta questione dell’applicab<strong>il</strong>ità della prelazione<br />

alla vendita c.d. in blocco, problema ormai pacificamente risolto dalla risalente giurisprudenza (da<br />

Cass. 6256/83, id., 1983, I, 3004, a Cass. 19155/05, id., Rep. 2005, voce cit., n. 184) nel senso che<br />

essa si sottrae alla cogente disciplina della prelazione urbana per la mancata identità tra <strong>il</strong> bene<br />

locato e quello alienato.<br />

Il richiamo di dette sentenze, comunque, per quel che di seguito si dirà, appare, comunque,<br />

opportuno per l’analogia della ratio che accomuna i due casi distinti della mancanza d’identità tra<br />

l’immob<strong>il</strong>e alienato e quello nella detenzione del conduttore, nell’un caso (quello della c.d. vendita<br />

in blocco dell’intero edificio) per effetto della maggiore consistenza di quello alienato rispetto a<br />

quello della detenzione qualificata ex locato; nell’altro (quello della vendita della sola quota) per la<br />

considerazione che la quota ontologicamente non identifica l’intero.<br />

L’ammissib<strong>il</strong>ità della prelazione della quota costituisce, invece, affermazione contenuta anche nella<br />

sentenza di questa corte n. 4020 del 2001 (id., 2001, I, 1520), la quale ha ritenuto che non<br />

sussistono valide ragioni per negare <strong>il</strong> diritto ex art. 38 l. n. 392 del 1978 quando viene alienata<br />

dietro corrispettivo una quota indivisa dell’immob<strong>il</strong>e locato, ancorché a favore di altro<br />

comproprietario, giacché l’acquisto della qualità di comproprietario rappresenta, comunque, per <strong>il</strong><br />

conduttore una fase di consolidamento dell’attività d’impresa nel luogo del suo esercizio.<br />

22


L’affermazione di tale sentenza, tuttavia, non è ascrivib<strong>il</strong>e all’indirizzo che ammette la prelazione<br />

della quota. Essa, invero, deve considerarsi certamente un obiter dictum non vincolante, eccedente<br />

la necessità logico-giuridica della decisione e non necessario alla ratio decidendi della fattispecie<br />

esaminata, la quale riguardava <strong>il</strong> caso distinto della cessione di quote sociali di società di persone,<br />

nel cui patrimonio era compreso l’immob<strong>il</strong>e locato, fenomeno da tenere distinto da quello<br />

dell’alienazione della quota dell’immob<strong>il</strong>e condotto in locazione.<br />

Il contrasto esistente nella giurisprudenza di legittimità (quello emerso, perciò, nelle due sentenze<br />

n. 18648 del 2003, cit., e n. 9354 del 1990, cit.) riflette, del resto, le differenti posizioni sulla<br />

questione espresse dalla dottrina, che pure osc<strong>il</strong>la tra la tesi, che ammette la prelazione della quota,<br />

e quella che la rifiuta.<br />

La tesi ammissiva giustifica la soluzione assolta, prevalentemente, in base soltanto alle due<br />

considerazioni che l’acquisto della quota vale comunque a rafforzare la posizione del conduttore,<br />

rappresentando <strong>il</strong> primo passo verso <strong>il</strong> consolidamento della sua attività nel luogo ove l’impresa è<br />

esercitata, e che esso serve ancora ad evitare che <strong>il</strong> locatore tenti di eludere <strong>il</strong> diritto del soggetto<br />

preferito con lo strumento in frode alla legge della predisposizione di successive vendite di quote<br />

dell’immob<strong>il</strong>e.<br />

Più articolato ed approfondito è, invece, l’esame svolto dagli autori che negano l’ammissib<strong>il</strong>ità<br />

della prelazione, che procedono ad una ricostruzione dogmatica complessiva dell’istituto nel<br />

contemperamento delle diverse esigenze di salvaguardia del diritto di disponib<strong>il</strong>ità del proprietariolocatore<br />

e della finalità propria dell’istituto, in consonanza con <strong>il</strong> giudice delle leggi (Corte cost. 5<br />

maggio 1983, n. 128, id., 1983, I, 1497), che detta finalità ha indicato nella «conservazione, anche<br />

nel pubblico interesse, delle imprese considerate, tutelate mediante <strong>il</strong> mantenimento della clientela,<br />

che costituisce una componente essenziale dell’avviamento commerciale».<br />

- Le argomentazioni della dottrina, che nega al conduttore la preferenza nell’acquisto della quota,<br />

soltanto in parte indicate a sostegno della soluzione offerta dalla sentenza n. 18648 del 2003 di<br />

questa corte, appaiono largamente condivisib<strong>il</strong>i, per cui <strong>il</strong> denunciato contrasto interpretativo, ad<br />

avviso di queste sezioni unite, deve risolversi con l’adesione all’orientamento contrario alla<br />

configurab<strong>il</strong>ità del diritto di prelazione (e del succedaneo diritto di riscatto) in caso di alienazione<br />

della sola quota dell’immob<strong>il</strong>e locato, sia che essa avvenga a favore di un terzo estraneo al <strong>contratto</strong><br />

di locazione, sia in caso di acquisto da parte di altro comproprietario.<br />

- Al riguardo occorre, anzitutto, porre in evidenza che nella materia delle prelazioni — in<br />

particolare in quelle assistite dal carattere di realità assicurato dal diritto di riscatto — <strong>il</strong> relativo<br />

diritto si sovrappone all’autonomia contrattuale e la limitazione del potere dispositivo del<br />

proprietario trova giustificazione nella funzione sociale della proprietà (art. 42 Cost.), sicché <strong>il</strong><br />

sacrificio imposto in funzione dell’interesse superindividuale conferisce alla norma che lo prevede<br />

l’inevitab<strong>il</strong>e carattere della eccezionalità, con la conseguenza della inapplicab<strong>il</strong>ità della disciplina<br />

oltre i casi tipici regolati, tra i quali non è stata inserita l’ipotesi specifica dell’alienazione della<br />

quota.<br />

Inserimento questo che sarebbe stato, invece, certamente indispensab<strong>il</strong>e, quando si consideri anche<br />

che, nel sistema complessivo della l. n. 392 del 1978, la previsione del 5°, 6° e 7° comma dell’art.<br />

38 della c.d. prelazione congiunta (nella quale, in caso di pluralità di conduttori, <strong>il</strong> diritto può essere<br />

esercitato o unitamente da tutti i conduttori ovvero, nella rinuncia da parte di taluni di essi, ad opera<br />

degli altri o dell’unico conduttore che voglia avvalersene e che diventa sempre proprietario<br />

dell’intero immob<strong>il</strong>e e non della sola quota corrispondente alla misura già in suo godimento) è<br />

particolarmente significativa dell’intenzione del legislatore di evitare <strong>il</strong> formarsi di una comunione<br />

tra locatore e conduttore per l’evidente difficoltà che potrebbe derivarne nella gestione della cosa<br />

comune, oggetto di interessi potenzialmente contrastanti.<br />

Soccorre, poi, <strong>il</strong> principio — evincib<strong>il</strong>e con carattere di generalità dalla pacifica posizione di<br />

dottrina e giurisprudenza sull’inapplicab<strong>il</strong>ità della prelazione alla c.d. vendita in blocco e dal r<strong>il</strong>ievo,<br />

23


condiviso in dottrina, che la sussistenza dei presupposti del retratto successorio ex art. 732 c.c.<br />

esclude la stessa ipotizzab<strong>il</strong>ità della prelazione urbana e non pone <strong>il</strong> problema di un conflitto tra<br />

diversi diritti di prelazione — che vi deve essere identità tra l’immob<strong>il</strong>e alienato e l’immob<strong>il</strong>e<br />

oggetto della locazione, identità che manca nell’alienazione della quota astratta del bene.<br />

È ut<strong>il</strong>e aggiungere che la pretesa «graduale» attuazione dello scopo della norma, realizzab<strong>il</strong>e con<br />

l’acquisto della proprietà completa dell’immob<strong>il</strong>e da parte del conduttore in momenti successivi con<br />

l’acquisizione progressiva della proprietà di tutte le altre quote, non solo, secondo quanto già ha<br />

indicato la sentenza di questa corte n. 18648 del 2003, cit., è del tutto eventuale (presupponendo<br />

essa sia che alla vendita della prima quota seguano poi <strong>effetti</strong>vamente le vendite delle altre quote,<br />

sia che per queste <strong>il</strong> conduttore si avvalga del diritto di preferenza, cui ben potrebbe rinunciare), ma<br />

richiederebbe che a dette vendite successive <strong>il</strong> proprietario-locatore si determini nella perdurante<br />

vigenza della locazione in corso, giacché altrimenti, per le alienazioni compiute dopo la cessazione<br />

della locazione, al soggetto già conduttore <strong>il</strong> diritto di prelazione più non spetta.<br />

Inoltre, all’argomento per <strong>il</strong> quale la cogente disciplina, che limita <strong>il</strong> suo potere dispositivo<br />

dell’immob<strong>il</strong>e, potrebbe essere elusa dal proprietario-locatore con la predisposizione di successive<br />

alienazioni di quote, correttamente è stato opposto che, in tal caso, l’ordinamento offre,<br />

alternativamente, i rimedi dell’esercizio del diritto di riscatto, questo sul presupposto della<br />

dissimulata vendita dell’intero, e del risarcimento dei danni.<br />

Infine, devesi osservare che <strong>il</strong> mancato riconoscimento della prelazione del conduttore<br />

nell’acquisto della quota non significa limitazione della tutela priv<strong>il</strong>egiata che la legge riconosce<br />

alle locazioni ad uso imprenditoriale, poiché <strong>il</strong> diritto del conduttore alla stab<strong>il</strong>ità del rapporto<br />

continua ad essere garantito dal diritto all’indennità per l’avviamento commerciale, al cui<br />

pagamento la parte locatrice continua ad essere tenuta e dal quale, invece, è esonerata quando <strong>il</strong><br />

conduttore, mediante l’acquisto in prelazione dell’intero immob<strong>il</strong>e, viene a confondere in sé le due<br />

qualità di locatore e di conduttore.<br />

Per tutte le considerazioni esposte — risolto <strong>il</strong> contrasto interpretativo con l’enunciazione del<br />

principio di diritto secondo cui non spettano al conduttore <strong>il</strong> diritto di prelazione ed <strong>il</strong> conseguente<br />

diritto di riscatto dell’immob<strong>il</strong>e, secondo la disciplina degli art. 38 e 39 l. 27 luglio 1978 n. 392,<br />

qualora <strong>il</strong> locatore intenda alienare, ad un terzo ovvero al comproprietario dell’immob<strong>il</strong>e locato, la<br />

quota del bene oggetto del rapporto di locazione — vanno accolti <strong>il</strong> primo motivo sia del ricorso<br />

principale di Eldina Da Re che del ricorso incidentale di Paola Dalla Venezia ed è rigettato <strong>il</strong><br />

ricorso incidentale di Daniela Mander e Gino Gatto, i quali, in unico motivo, avevano censurato la<br />

regolamentazione delle spese della sentenza di secondo grado.<br />

Pertanto, poiché non sono necessari ulteriori accertamenti di fatto, queste sezioni unite cassano<br />

senza rinvio l’impugnata sentenza, rigettano <strong>il</strong> ricorso incidentale e, decidendo la causa nel merito a<br />

ciò autorizzate dalla disposizione del 1° comma dell’art. 384 c.p.c., rigettano la domanda di riscatto<br />

di Daniela Mander e Gino Gatto e la domanda di risarcimento dei danni di Paola Dalla Venezia.<br />

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