I fenomeni vulcanici - Sei

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IN ITALIA 128 I FENOMENI ENDOGENI Empedocle e i “giganti nascosti” In Italia sono presenti diversi vulcani sottomarini attualmente quiescenti, ma potenzialmente attivi, che si collocano in due zone vulcaniche particolarmente interessanti dal punto di vista geologico e ancora in parte da scoprire: • la zona del Tirreno compresa tra Eolie, Sardegna e Lazio dove sono stati individuati diversi vulcani di recente formazione tra cui il Marsili, il Magnaghi e il Vavilov; • la zona del canale di Sicilia dove emerse l’isola Ferdinandea e dove si trova il vulcano Empedocle. Il mar Tirreno è un piccolo oceano in via di formazione in cui si sono create due piane abissali di sottile crosta basaltica. Negli ultimi 10 milioni di anni il Tirreno è stato coinvolto in una serie di complessi eventi geologici, dal momento che nell’area si sono rea lizzati processi di distensione e assottigliamento della crosta, accanto a fenomeni di compressione, collegati allo scorrimento della zolla africana sotto la Sicilia e la Calabria e alla formazione dei rilievi. In questo contesto particolare si inseriscono tre enormi complessi vulcanici, Vavilov, Magnaghi e Marsili, i cui edifici si elevano sul fondale a una profondità di quasi 3500 m 47. Il Vavilov è il vulcano più antico, è situato al centro del Tirreno, è alto circa 2500 m, lungo 40 km e largo 15 km. Ha una forma asimmetrica con il versante occidentale più ripido di quello orientale, forse a causa del collasso di una parte dell’edificio o di un’eruzione esplosiva. La sua attività risale a qualche milione di anni fa. Il Magnaghi è un edificio di 2700 m di altezza, ha un’età di 5 milioni di anni e sembra ormai inattivo. Il Marsili è il più giovane e imponente e sembra anch’esso inattivo. Scoperto negli anni Venti del secolo scorso a nord delle isole Eolie e studiato solo negli anni Novanta, il Marsili è attivo probabilmente da 200 000 anni. Marsili Ha un diametro di circa 50 km e un altezza di circa 3200 m e le sue dimensioni so no superiori a quelle dell’Etna. Magnaghi piana abissale Vavilov Ustica Marsili isole Eolie Sui suoi fianchi sono presenti numerosi apparati vulcanici satelliti, molti dei quali hanno grandi dimensioni e crateri paragonabili a quello dell’isola di Vulcano. Le ricerche hanno riscontrato ovunque i segni di un’attività vulcanica recente (circolazione di fluidi ad alta temperatura nella struttura interna dell’edificio, elevato flusso di calore, tremori sismici). Le lave che formano l’edificio del Marsili e del Vavilov sono prevalentemente basaltiche e andesitiche, simili a quelle che caratterizzano le zone di distensione tipiche dei bacini di retroarco. L’area del canale di Sicilia comprende alcune isole vulcaniche (Pantelleria e Linosa) e un grande vulcano sottomarino scoperto pochi anni fa: il vulcano Empedocle. L’attività vulcanica della zona sembra causata da fenomeni di distensione della crosta. In accordo con questa interpretazione, Linosa è costituita prevalentemente da rocce basaltiche, Pantelleria invece mostra i segni di un’attività esplosiva (una grande caldera e lave riolitiche), che poco si concilia con l’attività che caratterizza in generale la zona. Pantelleria e Linosa sono vulcani inattivi, ma la zona non è del tutto quiescente, come dimostra sia la comparsa dell’isola Ferdinandea, sia la scoperta di Empedocle. L’isola Ferdinandea si formò improvvisamente all’inizio di luglio dell’anno 1831. In meno di un mese si sviluppò fino a raggiungere un diametro di 5 km, ma dopo soli 5 mesi, nel dicembre del 1831 sprofondò nuovamente in mare. Attualmente l’isola Ferdinandea è uno scoglio a 8 m di profondità che presenta ancora una attività di esalazione. Proprio durante una missione di osservazione intorno ai resti dell’isola Ferdinandea è stato scoperto nel 2006 il vulcano Empedocle, di cui l’isola Ferdinandea è un cono satellite. Empedocle ha una base di estensione paragonabile a quella dell’Etna, ma è molto più basso 48. La formazione di questo vulcano probabilmente è avvenuta diversi milioni di anni fa quando, per effetto della collisione Africa-Europa, si sono formate fratture profonde con risalita di magmi dal mantello. Le ricerche nella regione, come nel basso Tirreno, sono comunque ancora in atto e potrebbero riservare nuove sorprese. −48,5 m isola Ferdinandea −8 m centro del cratere vulcano Empedocle 47 Localizzazione dei vulcani sottomarini nel Tirreno. 48 Ricostruzione della morfologia del vulcano sottomarino Empedocle. © SEI – 2012

© SEI – 2012 10 Il pericolo e il rischio vulcanico Tra le aree ad alto pericolo geologico, quelle vulcaniche sono spesso le più popolate grazie alla fertilità dei suoli, legata alla presenza di elementi chimici, come il potassio, il calcio, il magnesio, il ferro ecc. Per sfruttare i terreni, l’uomo deve impiantare i propri insediamenti abitativi sulle pendici dei vulcani, e quindi esporsi al rischio di nuove eruzioni. Poiché è impossibile impedire che avvenga un’ eruzione, per garantire la sicurezza delle popolazioni che vivono in prossimità di un vulcano, è fondamentale saper valutare correttamente il pericolo e il rischio vulcanico e mettere in atto strategie opportune da attuare in caso di una ripresa o di una recrudescenza dell’attività vulcanica. La stima della pericolosità e del rischio vulcanico e la pianificazione degli interventi devono essere basate sui risultati di studi sia vulcanologici sia socio-economici. La pericolosità di un vulcano è la probabilità che in una data regione si verifichi un’eruzione potenzialmente distruttiva; viene valutata considerando in particolare la morfologia e il tipo di attività eruttiva del vulcano, attraverso lo studio delle manifestazioni precedenti. Da questo punto di vista, è evidente, per esempio, che le colate laviche sono meno pericolose rispetto alle nubi ardenti o alle colate di fango, che si muovono con velocità ed energia nettamente superiori. Bisogna anche considerare la periodicità e la frequenza con cui si verifica l’attività. 49 Eruzione dell’Etna del gennaio 2012. 6 I fenomeni vulcanici In base alle stime effettuate, tenendo conto di tutti i parametri indicati, è possibile costruire mappe di pericolosità di un vulcano, nelle quali si considerano le aree che potrebbero essere interessate da un’eventuale eruzione, valutando il rischio cui potrebbero andare incontro. Si può calcolare quale sia la probabilità che una certa area sia invasa da una colata di lava oppure da una colata di fango. L’Etna, per esempio, è un vulcano con un’attività pressoché continua, che si intensifica in particolari momenti, senza tuttavia presentare comportamenti imprevisti 49. Anche Stromboli presenta un’attività persistente; l’ultima eruzione ha avuto inizio il 27 febbraio 2007, effusione di lava durata alcune ore e seguita dall’apertura di due nuove bocche nella Sciara del Fuoco, e si è conclusa il 2 aprile 2007 50. La Sciara è una depressione a forma di anfiteatro, delimitata da pareti verticali alte centinaia di metri all’interno della quale si riversano prodotti dell’attività attuale. La depressione rappresenta la nicchia lasciata da una grande frana avvenuta circa 5000 anni fa, che ha fatto scivolare in mare il versante nord. Per questo l’attuale attività del vulcano non rappresenta un pericolo per gli insediamenti dell’isola. Il Vesuvio ha sempre alternato lunghi periodi di quiescenza a eruzioni improvvise, caratterizzate da evoluzioni imprevedibili. 50 Stromboli in attività (agosto 2008): le colate lungo la Sciara del Fuoco giungono in mare. 129

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10 Il pericolo e il rischio vulcanico<br />

Tra le aree ad alto pericolo geologico, quelle vulcaniche sono<br />

spesso le più popolate grazie alla fertilità dei suoli, legata alla<br />

presenza di elementi chimici, come il potassio, il calcio, il magnesio,<br />

il ferro ecc. Per sfruttare i terreni, l’uomo deve impiantare<br />

i propri insediamenti abitativi sulle pendici dei vulcani, e<br />

quindi esporsi al rischio di nuove eruzioni.<br />

Poiché è impossibile impedire che avvenga un’ eruzione, per garantire<br />

la sicurezza delle popolazioni che vivono in prossimità di un<br />

vulcano, è fondamentale saper valutare correttamente il pericolo e<br />

il rischio vulcanico e mettere in atto strategie opportune da attuare<br />

in caso di una ripresa o di una recrudescenza dell’attività vulcanica.<br />

La stima della pericolosità e del rischio vulcanico e la pianificazione<br />

degli interventi devono essere basate sui risultati di<br />

studi sia vulcanologici sia socio-economici.<br />

La pericolosità di un vulcano è la probabilità che in una data<br />

regione si verifichi un’eruzione potenzialmente distruttiva; viene<br />

valutata considerando in particolare la morfologia e il tipo<br />

di attività eruttiva del vulcano, attraverso lo studio delle manifestazioni<br />

precedenti. Da questo punto di vista, è evidente, per<br />

esempio, che le colate laviche sono meno pericolose rispetto<br />

alle nubi ardenti o alle colate di fango, che si muovono con<br />

velocità ed energia nettamente superiori. Bisogna anche considerare<br />

la periodicità e la frequenza con cui si verifica l’attività.<br />

49 Eruzione dell’Etna del gennaio 2012.<br />

6 I <strong>fenomeni</strong> <strong>vulcanici</strong><br />

In base alle stime effettuate, tenendo conto di tutti i parametri<br />

indicati, è possibile costruire mappe di pericolosità di un vulcano,<br />

nelle quali si considerano le aree che potrebbero essere<br />

interessate da un’eventuale eruzione, valutando il rischio cui<br />

potrebbero andare incontro. Si può calcolare quale sia la probabilità<br />

che una certa area sia invasa da una colata di lava oppure<br />

da una colata di fango.<br />

L’Etna, per esempio, è un vulcano con un’attività pressoché<br />

continua, che si intensifica in particolari momenti, senza tuttavia<br />

presentare comportamenti imprevisti 49. Anche Stromboli<br />

presenta un’attività persistente; l’ultima eruzione ha avuto inizio<br />

il 27 febbraio 2007, effusione di lava durata alcune ore e<br />

seguita dall’apertura di due nuove bocche nella Sciara del<br />

Fuoco, e si è conclusa il 2 aprile 2007 50. La Sciara è una depressione<br />

a forma di anfiteatro, delimitata da pareti verticali<br />

alte centinaia di metri all’interno della quale si riversano prodotti<br />

dell’attività attuale. La depressione rappresenta la nicchia<br />

lasciata da una grande frana avvenuta circa 5000 anni fa, che<br />

ha fatto scivolare in mare il versante nord. Per questo l’attuale<br />

attività del vulcano non rappresenta un pericolo per gli insediamenti<br />

dell’isola. Il Vesuvio ha sempre alternato lunghi periodi<br />

di quiescenza a eruzioni improvvise, caratterizzate da<br />

evoluzioni imprevedibili.<br />

50 Stromboli in attività (agosto 2008): le colate lungo la Sciara del Fuoco<br />

giungono in mare.<br />

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