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I fenomeni vulcanici - Sei

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© SEI – 2012<br />

I <strong>fenomeni</strong><br />

<strong>vulcanici</strong><br />

Il percorso<br />

1 I <strong>fenomeni</strong> causati dall’attività endogena<br />

2 Vulcani e plutoni:<br />

due forme diverse dell’attività magmatica<br />

3 I corpi magmatici intrusivi<br />

4 I vulcani e i prodotti della loro attività<br />

5 La struttura dei vulcani centrali<br />

6 Le diverse modalità di eruzione<br />

7 Il vulcanesimo secondario<br />

8 La distribuzione geografica dei vulcani<br />

non è casuale<br />

9 L’attività vulcanica in Italia<br />

10 Il pericolo e il rischio vulcanico<br />

IN ITALIA<br />

CLIL<br />

6<br />

Eruzione del vulcano Sarychev del 12 giugno 2009 (isole<br />

Curili, Russia).


108 I FENOMENI ENDOGENI<br />

1 I <strong>fenomeni</strong> causati dall’attività endogena<br />

Il nostro pianeta, come abbiamo osservato più volte parlando<br />

delle rocce magmatiche e metamorfiche, è geologicamente attivo,<br />

sottoposto cioè all’azione di forze endogene di notevole<br />

intensità che trasformano e rendono instabile la litosfera. Dalle<br />

forze endogene dipendono <strong>fenomeni</strong> molto importanti che interessano<br />

ampie regioni della litosfera:<br />

■ le eruzioni vulcaniche 1<br />

■ i terremoti, o sismi 2 .<br />

Lo studio dei vulcani e dei terremoti fornisce moltissimi dati<br />

riguardanti la dinamica endogena e la struttura interna del nostro<br />

pianeta. Terremoti e vulcani, infatti, non sono <strong>fenomeni</strong><br />

locali collegati a singoli episodi di instabilità, ma espressione di<br />

processi generati all’interno della Terra, che interessano globalmente<br />

tutta la litosfera. Per questo lo studio dei vulcani è<br />

strettamente correlato a quello dei terremoti ed entrambi si<br />

sono rivelati molto utili per comprendere ciò che si verifica<br />

all’interno della Terra.<br />

Le stesse forze endogene, che generano l’attività sismica e vulcanica,<br />

sono responsabili di molti altri <strong>fenomeni</strong>, come la deformazione<br />

e l’innalzamento di grandi porzioni della litosfera,<br />

la formazione delle catene montuose, o la scomparsa di antichi<br />

mari e la formazione di nuovi oceani. Nel corso della storia<br />

delle scienze della Terra, gli studiosi hanno formulato molte<br />

ipotesi, ma solo in anni recenti è stato possibile elaborare, grazie<br />

alla teoria della tettonica delle zolle, un modello globale,<br />

che spiega in modo abbastanza soddisfacente i <strong>fenomeni</strong> connessi<br />

alla dinamica endogena. Lo sviluppo di questo modello è<br />

stato possibile anche grazie ai precedenti tentativi: ognuna delle<br />

ipotesi proposte in passato ha, infatti, introdotto un pensiero,<br />

un’idea utili per comprendere qualche aspetto della dinamica<br />

interna del nostro pianeta.<br />

1 La fuoriuscita di magma<br />

dall’interno della Terra è uno dei<br />

segni più evidenti dell’attività<br />

endogena del nostro pianeta.<br />

© SEI – 2012<br />

2 I danni prodotti dal terremoto che ha colpito l’Abruzzo nell’aprile del 2009<br />

nella chiesa di San Marco (L’Aquila).


© SEI – 2012<br />

6 I <strong>fenomeni</strong> <strong>vulcanici</strong><br />

2 Vulcani e plutoni:<br />

due forme diverse dell’attività magmatica<br />

Con il termine vulcanesimo viene indicata l’emissione, attraverso<br />

condotti e fenditure, sia di fluidi a composizione silicatica<br />

(lave), sia di materiali solidi (materiali piroclastici), sia di<br />

vapori e gas, la cui origine è legata alla presenza di masse magmatiche<br />

fuse e calde all’interno della litosfera 3 .<br />

Non sempre il magma alimenta un’eruzione vulcanica: talvolta<br />

solidifica in profondità generando corpi di enormi dimensioni<br />

chiamati plutoni, costituiti di rocce magmatiche<br />

intrusive 4 .<br />

Vulcani e plutoni sono due diverse manifestazioni del processo<br />

magmatico. Infatti, la presenza di un vulcano o di un<br />

plutone indica che in un dato momento si è formata in profondità<br />

una massa di magma che si è messa in movimento<br />

verso la superficie.<br />

Come abbiamo visto a proposito delle rocce magmatiche, esistono<br />

solo due tipi di magma:<br />

■ il magma primario, che si forma nel mantello superiore; è<br />

femico, molto caldo, denso e fluido;<br />

■ il magma secondario o di anatessi, che si forma nella crosta,<br />

più sialico rispetto al magma primario, con temperatura iniziale<br />

minore, meno denso e molto viscoso.<br />

Dalle caratteristiche fisico-chimiche del magma dipendono le<br />

varie tipologie dei vulcani e dei plutoni. Perciò, per capire<br />

come si formano vulcani e plutoni dobbiamo innanzitutto rispondere<br />

a due interrogativi:<br />

■ come si generano i magmi?<br />

■ per quali ragioni talvolta il magma solidifica in profondità,<br />

mentre in altri casi raggiunge la superficie?<br />

3 L’attività vulcanica può dare luogo a manifestazioni varie e complesse,<br />

associate all’emissione in superficie di materiali provenienti dall’interno della Terra.<br />

Nella foto il vulcano St. Helens (Washington, usa).<br />

La genesi dei magmi<br />

La formazione del magma non è un evento che si realizza ovunque<br />

all’interno della Terra. Esso si forma in seguito a processi di<br />

fusione parziale di parti limitate della crosta o del mantello (entrambi<br />

solidi), per effetto di una variazione locale delle condizioni<br />

fisiche. I principali fattori fisici che possono portare alla<br />

fusione delle rocce sono:<br />

■ un aumento di temperatura;<br />

■ una riduzione della pressione (quando la pressione diminuisce,<br />

le temperature di fusione dei minerali si abbassano) causata,<br />

per esempio, dalla formazione di grandi fratture;<br />

■ un aumento del contenuto di acqua dovuto, per esempio,<br />

allo sprofondamento di una parte di crosta ricca di acqua in<br />

una regione calda del mantello, che può facilitare la trasformazione<br />

di una massa solida in magma (l’acqua provoca un abbassamento<br />

del punto di fusione dei silicati).<br />

Queste condizioni si possono realizzare in profondità, nelle regioni<br />

instabili della Terra sottoposte all’azione di forze endogene<br />

di notevole portata che deformano la litosfera, provocando<br />

<strong>fenomeni</strong> di distensione, di compressione o sprofondamento<br />

di ampie porzioni. A tal proposito, è bene sottolineare che:<br />

■ in tutti i casi, all’origine della formazione del magma c’è un<br />

processo di fusione parziale di rocce preesistenti;<br />

■ i <strong>fenomeni</strong> dinamici che generano il magma non agiscono<br />

permanentemente in una data regione della Terra; per questo<br />

l’attività vulcanica dopo un certo periodo si estingue.<br />

4 I rilievi che formano la Cordigliera del Paine, nella Patagonia cilena, sono la<br />

porzione affiorante di un grande ammasso intrusivo granitico, modellato<br />

dall’azione dei ghiacci.<br />

109


110 I FENOMENI ENDOGENI<br />

All’interno della massa solida sottoposta a variazioni di temperatura<br />

e pressione, fondono per primi i minerali che hanno temperatura<br />

di fusione più elevata e si formano gocce di fluido. Le<br />

gocce fuse (diapiri magmatici) sono meno dense delle rocce che<br />

le circondano: esse perciò si muovono e si aggregano formando<br />

una massa unica di magma che risale verso la superficie, insinuandosi<br />

nelle zone in cui la pressione litostatica è minore 5 .<br />

Il comportamento dei magmi<br />

I magmi possono avere proprietà fisiche e chimiche differenti<br />

e i fattori che più ne condizionano il comportamento durante<br />

la risalita sono:<br />

■ la viscosità<br />

■ la percentuale di acqua.<br />

La viscosità condiziona la mobilità del<br />

magma sia durante la risalita sia nel<br />

corso delle eruzioni vulcaniche. È<br />

condizionata principalmente dal tenore<br />

di silice: più il magma è sialico,<br />

maggiore è la sua viscosità. Infatti, gli<br />

ioni silicato (SiO 4) 4– tendono, già allo<br />

stato fuso, a legarsi tra loro formando<br />

lunghi polimeri che ostacolano lo scorrimento<br />

del magma.<br />

aumento<br />

aumento di temperatura<br />

di temperatura<br />

viscosità<br />

è una grandezza che<br />

misura la resistenza<br />

allo scorrimento<br />

di un fluido.<br />

polimeri<br />

molecole complesse<br />

formate da un<br />

numero elevato di<br />

molecole più piccole,<br />

in genere simili,<br />

unite mediante<br />

legami covalenti.<br />

camera magmatica<br />

diapiro<br />

magmatico<br />

5 La risalita del magma avviene mediante la formazione di diapiri magmatici (“gocce<br />

di magma”) che raggiungono la camera magmatica attraverso fratture della litosfera.<br />

Durante la risalita il magma si raffredda e inizia la cristallizzazione di alcuni componenti.<br />

mantello plastico litosfera<br />

Altri fattori influenzano, seppure in modo meno significativo,<br />

la viscosità del magma: una temperatura elevata, per<br />

esempio, facilita lo scorrimento del magma, mentre la massiccia<br />

presenza di bolle di gas ne aumenta la viscosità, perché<br />

il fluido si trasforma in una sorta di schiuma. Tra i gas<br />

importanti da questo punto di vista va ricordato il vapor<br />

d’acqua, che solitamente è più abbondante nei magmi sialici.<br />

In generale, quindi, i magmi femici, caldi, poveri di silice e di<br />

vapor d’acqua hanno una viscosità decisamente inferiore rispetto<br />

ai magmi sialici, che sono più freddi, più ricchi di silice<br />

e di vapor d’acqua. I magmi andesitici ovviamente hanno caratteristiche<br />

intermedie 6 .<br />

Il contenuto di acqua del magma è importante non solo perché<br />

determina la formazione di vapore acqueo, ma anche perché<br />

riduce la temperatura di solidificazione dei silicati. Per<br />

questo motivo, il punto di solidificazione del magma sialico, ricco<br />

di acqua, è relativamente basso.<br />

Quando il magma risale verso la superficie, la pressione a cui<br />

è sottoposto diminuisce e parte dell’acqua contenuta si libera<br />

sotto forma di vapore. In questo modo il punto di sodificazione<br />

aumenta e il magma sialico, già relativamente freddo, può<br />

solidificare. Il magma femico, invece, più caldo e più povero<br />

d’acqua, non risente in modo significativo di questo effetto.<br />

Dalla viscosità e dalla temperatura di sodificazione dei silicati<br />

dipende la tendenza dei magmi a generare corpi intrusivi o<br />

<strong>fenomeni</strong> effusivi:<br />

■ i magmi viscosi solidificano più facilmente (ma non sempre!)<br />

in profondità;<br />

■ i magmi fluidi raggiungono più spesso la superficie, alimentando<br />

eruzioni vulcaniche.<br />

Per questo motivo la maggior parte delle lave ha composizione<br />

basaltica (o andesitica), mentre la maggior parte dei plutoni ha<br />

composizione granitica.<br />

punto di solidificazione del magma<br />

il magma è una miscela, perciò non ha una propria temperatura<br />

di solidificazione. Qui si intende dunque le temperatura media<br />

di solidificazione, che è uguale alla temperatura di fusione.<br />

70%<br />

15%<br />

magma sialico<br />

70%<br />

15%<br />

50%<br />

magma femico<br />

50%<br />

6 Differenze di composizione tra magma sialico e magma femico. Il contenuto<br />

in silice influenza la viscosità del magma, mentre la quantità d’acqua condiziona<br />

il punto di solidificazione dei silicati.<br />

2%<br />

2%<br />

© SEI – 2012<br />

silice<br />

silice<br />

acqua acqua<br />

altri componenti altri compon


© SEI – 2012<br />

3 I corpi magmatici intrusivi<br />

I corpi magmatici intrusivi, cioè i plutoni, possono avere forme<br />

e dimensioni molto varie e sono sempre circondati da<br />

rocce di altra natura (rocce incassanti), spesso sedimentarie o<br />

metamorfiche. Quando il plutone attraversa trasversalmente<br />

una serie di strati sedimentari, si parla di plutone discordante,<br />

mentre in presenza di plutoni che si inseriscono tra uno<br />

strato e l’altro, si parla di plutoni concordanti. La classificazione<br />

dei plutoni si basa sulla forma, sulle dimensioni e sui<br />

rapporti con le rocce incassanti 7 .<br />

■ I batoliti sono i plutoni affioranti di più grandi dimensioni<br />

(almeno 100 km 2 di superficie). Si incontrano batoliti granitici<br />

o granodioritici nei nuclei di numerose catene montuose<br />

e molti costituiscono le radici di rilievi da tempo spianati<br />

camino vulcanico<br />

7 I corpi magmatici intrusivi<br />

possono essere molto vari per dimensioni,<br />

forma e per i rapporti con la roccia incassante.<br />

8 I filoni sono spessi pochi metri e spesso<br />

compaiono in gruppi. Si classificano in base ai<br />

rapporti con la roccia incassante in filoni concordanti<br />

o filoni-strato a e filoni discordanti o dicchi b .<br />

Possono intrudersi anche in rocce ripiegate e in tempi<br />

diversi: il filone più recente è quello più scuro, perché<br />

attraversa quello di più antica formazione c .<br />

9<br />

vulcano<br />

plutone<br />

filone strato<br />

dicco<br />

colata lavica<br />

6 I <strong>fenomeni</strong> <strong>vulcanici</strong><br />

dall’erosione. I batoliti talora derivano dalla solidificazione<br />

di masse di magma provenienti dal mantello, ma più spesso<br />

derivano da magmi di anatessi che non hanno subìto alcun<br />

movimento. In questo caso, il limite di contatto con le rocce<br />

incassanti non è netto e la loro composizione raramente è<br />

omogenea, perché la fusione può essere avvenuta in modo<br />

parziale.<br />

■ I filoni sono corpi tabulari dello spessore di pochi metri 8 .<br />

I filoni possono intrudersi tra i piani di stratificazione preesistenti<br />

nelle rocce incassanti, in tal caso si parla di filoni-strato<br />

(concordanti). Se i filoni tagliano trasversalmente gli strati<br />

preesistenti si parla di dicchi (discordanti) 9 . Spesso si osservano<br />

dicchi che si diramano dai batoliti.<br />

filone strato dicco<br />

laccolite<br />

a b c<br />

111


IN ITALIA<br />

112 I FENOMENI ENDOGENI<br />

■ I laccoliti sono plutoni concordanti,<br />

con una tipica forma<br />

a fungo, che si forma no<br />

per intrusione di magma lungo<br />

i piani di stratificazione. A<br />

causa della pressione con cui<br />

vengono iniettati, rie scono a<br />

inarcare gli strati di roccia sovrastanti<br />

10.<br />

10 Laccolite granitico (rocce di colore<br />

più chiaro), sovrastato da rocce<br />

sedimentarie più antiche, sul Cuernos<br />

del Paine, nelle Ande meridionali (Cile).<br />

Plutoni<br />

In Italia ci sono numerosi plutoni.<br />

Il batolite sardo-corso ha natura prevalentemente granitica; la sua<br />

formazione risale a 359-225 milioni di anni fa ed è molto più antico<br />

del batolite dell’Adamello, che è costituito da numerosi plutoni di<br />

composizione granodioritica-tonalitica di età compresa tra 42 e 30<br />

milioni di anni 11. Sono importanti anche i plutoni della Sila, dell’isola<br />

d’Elba o quelli che affiorano nella catena alpina in corrispondenza<br />

del Monte Bianco, del Monte Rosa e del Gran Paradiso.<br />

I plutoni italiani si sono formati in momenti diversi della storia geologica<br />

della penisola, sempre in concomitanza con la formazione del<br />

batoliti granitici<br />

batoliti granitici<br />

batoliti granitici<br />

© SEI – 2012<br />

rilievo, che ha generato <strong>fenomeni</strong> di anatessi più o meno estesi. Spesso<br />

portano i segni dell’intensa attività metamorfica che accompagna<br />

il sollevamento e il corrugamento della crosta. In molti casi, inoltre,<br />

l’evidente metamorfismo di contatto, provocato dalla stessa massa<br />

intrusa, ha determinato la formazione e l’accumulo di minerali particolari<br />

che hanno costituito una preziosa risorsa mineraria per il nostro<br />

Paese. Ciò è accaduto, per esempio, in Sardegna e nell’Isola d’Elba.<br />

Oltre ai plutoni veri e propri, in Italia sono presenti forme dovute a<br />

magmi iniettati, come filoni-strato e laccoliti; esempi di questi tipi di<br />

intrusioni si osservano nei Colli Euganei.<br />

batoliti granitici<br />

11 Nella carta, affioramenti del batolite sardo-corso, portati alla luce dall’erosione. Nelle foto: i graniti del monte Limbara, nella Sardegna nord-orientale (a sinistra),<br />

e il batolite dell’Adamello, il corpo intrusivo italiano di maggiori dimensioni, con circa 700 km2 di superficie (a destra).


© SEI – 2012<br />

La struttura<br />

L’attività vulcanica si manifesta nelle regioni della Terra dove<br />

grandi fratture e tensioni, causate da movimenti su grande scala<br />

della litosfera, riducono la pressione litostatica e consentono<br />

la risalita dei magmi verso la superficie.<br />

La spaccatura della superficie terrestre, attraverso la quale fuoriescono<br />

lave e materiali aeriformi o solidi derivanti dal magma,<br />

prende il nome di vulcano (nel linguaggio corrente il termine<br />

vulcano indica non solo la frattura, ma anche l’intero edificio).<br />

La struttura che si forma in superficie, per l’accumulo del materiale<br />

eruttato (lava, frammenti di roccia strappati al substrato<br />

preesistente, brandelli di lava solidificati rapidamente nella caduta<br />

ecc.), costituisce nel suo insieme l’edificio vulcanico.<br />

Gli apparati <strong>vulcanici</strong> possono assumere varie morfologie.<br />

Innanzitutto, è importante distinguere i vulcani ad attività lineare<br />

dai vulcani ad attività centrale.<br />

Si parla di eruzioni lineari quando il magma fuoriesce da fratture<br />

della crosta allungate e strette, che possono svilupparsi<br />

anche per kilometri. In tal caso, intorno alla fessura non si accresce<br />

un vulcano con il classico aspetto a cono, perché la lava<br />

si espande originando ricoprimenti (plateaux) con estensione<br />

anche di migliaia di kilometri quadrati 12.<br />

6 I <strong>fenomeni</strong> <strong>vulcanici</strong><br />

4 I vulcani e i prodotti della loro attività<br />

antiche colate laviche<br />

vecchio condotto<br />

12 Durante le eruzioni lineari la lava fuoriesce da lunghe fenditure e forma<br />

estesi ricoprimenti. Nella foto, un vulcano lineare in Islanda.<br />

Si parla di eruzioni centrali quando i materiali vengono eruttati<br />

da un cratere centrale intorno a cui si accresce un edificio<br />

vulcanico, detto cono. Dalla camera magmatica il magma risale<br />

verso la superficie attraverso un condotto principale che alimenta<br />

il cratere principale, ma possono essere presenti anche<br />

condotti secondari che alimentano crateri avventizi 13.<br />

apparato vulcanico<br />

13 Sezione longitudinale di un edificio vulcanico. Parte del magma che risale<br />

durante l’eruzione può dare origine a filoni e dicchi, che solidificano prima di<br />

raggiungere la superficie. L’edificio vulcanico sarà costituito da colate successive<br />

che si accumulano, o da strati di colate alternati a strati di scorie, o ancora solo da<br />

scorie, a seconda del tipo di attività.<br />

Le eruzioni vulcaniche<br />

condotto<br />

secondario<br />

condotto principale<br />

camera magmatica<br />

cratere principale<br />

cratere avventizio<br />

Nella camera magmatica, il magma, proveniente da regioni<br />

più profonde, si accumula e ristagna: alcuni componenti cominciano<br />

a cristallizzare, mentre i gas e i vapori, a causa della<br />

diminuzione della temperatura e della pressione esterna, tendono<br />

a separarsi dal fluido e si raccolgono nella zona superiore.<br />

In prossimità della superficie, infatti, la pressione scende<br />

considerevolmente e i gas possono liberarsi ed espandersi.<br />

L’eruzione vulcanica, cioè la fuoriuscita del materiale magmatico<br />

in superficie, si verifica quando nella camera magmatica<br />

si crea una pressione che supera la pressione litostatica.<br />

Ciò può accadere in vari modi. Per esempio, nella camera<br />

magmatica può giungere nuovo magma proveniente dalle<br />

zone profonde della litosfera, provocando un aumento della<br />

pressione interna, o la pressione litostatica può diminuire,<br />

perché si creano fratture nella crosta, o, più semplicemente, i<br />

gas con il tempo si separano dal magma, provocando a loro<br />

volta un aumento di pressione.<br />

In ogni caso, quando la pressione esercitata dal magma e dai<br />

gas supera la pressione che grava sul condotto, i componenti<br />

volatili si espandono trascinando il magma lungo il condotto<br />

e all’esterno.<br />

Le eruzioni vulcaniche non sono continue e possono avvenire<br />

con modalità diverse. Le differenze riguardano i prodotti, la<br />

periodicità, la durata dell’attività e i meccanismi eruttivi.<br />

113


114 I FENOMENI ENDOGENI<br />

Innanzitutto, il vulcano può eruttare principalmente lava (attività<br />

effusiva) o materiali solidi (attività eiettiva) o gas (attività<br />

esalativa), che hanno caratteristiche diverse a seconda della<br />

composizione del magma e delle condizioni in cui si verifica<br />

l’eruzione.<br />

In secondo luogo, si possono alternare periodi di attività a<br />

periodi di quiete di durata diversa, durante i quali il magma<br />

riempie nuovamente la camera magmatica. Ogni fase eruttiva<br />

può essere differente da quelle precedenti sia per le modalità<br />

con cui si realizza, sia per i materiali eruttati. In base alla<br />

periodicità delle eruzioni, i vulcani si distinguono in attivi, se<br />

hanno eruttato in epoca storica, estinti, se non eruttano e non<br />

presentano segni di attività da migliaia di anni, quiescenti, se<br />

non eruttano da tempo, ma presentano segni di attività.<br />

Il tipo di attività di un vulcano dipende dai caratteri chimicofisici<br />

del magma:<br />

■ dalla viscosità deriva la facilità con cui il magma risale nel<br />

condotto;<br />

■ dai gas, che possono costituire fino al 5% della massa totale<br />

del magma, dipende la mobilità del magma.<br />

I gas sono importanti perché sono il motore delle eruzioni.<br />

Infatti, quando il magma risale, la pressione diminuisce e il<br />

gas, caldo, tende a espandersi occupando un volume che può<br />

essere centinaia di volte maggiore di quello originario. Se però<br />

i gas non hanno la possibilità di espandersi liberamente e regolarmente,<br />

è probabile che a un certo punto si verifichi un’esplosione<br />

(con un effetto analogo all’esplosione di una lattina che<br />

contiene gas a forte pressione).<br />

In genere, i magmi femici, poco viscosi e ricchi di gas, alimentano<br />

un vulcanesimo effusivo. Le eruzioni effusive sono caratterizzate<br />

da piccole esplosioni, la lava fuoriesce senza ostacoli e<br />

scorre senza difficoltà lungo i fianchi dell’edificio vulcanico. I<br />

prodotti principali dell’attività del vulcano sono lava e scorie.<br />

I magmi sialici e andesitici, invece, possono formare “tappi”<br />

densi che ostruiscono i condotti di fuoriuscita della lava, e impediscono<br />

ai gas di liberarsi. Per questo alimentano un vulcanesimo<br />

esplosivo, in cui il magma viene rapidamente frammentato<br />

e si mescola con i detriti che derivano dalla distruzione<br />

delle pareti del condotto vulcanico. Durante le eruzioni<br />

esplosive l’emissione di lava è scarsa, mentre vengono eiettati<br />

soprattutto frammenti solidi di varie dimensioni e disperse<br />

quantità significative di gas tab 1 .<br />

Ovviamente il limite tra i due tipi di vulcanesimo non è netto e<br />

un medesimo vulcano può alternare fasi esplosive e fasi di effusione<br />

tranquilla.<br />

Tabella 1 Classificazione delle eruzioni vulcaniche<br />

viscosità<br />

tipo di lava eruzioni lineari eruzioni centrali<br />

femica<br />

sialica<br />

ricoprimenti<br />

basaltici<br />

dorsali<br />

oceaniche<br />

ricoprimenti<br />

ignimbritici<br />

vulcani a scudo<br />

stratovulcani<br />

coni di scorie<br />

cupole di ristagno<br />

estrusioni solide<br />

caldere<br />

Le colate laviche<br />

Le colate laviche (anche dette effusioni) possono avere composizione<br />

basaltica, riolitica o andesitica 14.<br />

Le lave basaltiche hanno una temperatura di 1000-1200 °C e<br />

scorrono con una velocità notevole (anche di 50 km/h), creando<br />

espandimenti di spessore ridotto, che ricoprono vaste superfici<br />

intorno al vulcano. A ogni eruzione corrisponde la formazione<br />

di un nuovo strato, che si sovrappone a quelli precedenti,<br />

ormai solidificati.<br />

Le lave riolitiche hanno una temperatura di 800-900 °C e sono<br />

più viscose e lente nello scorrimento. Creano in genere strutture<br />

bulbose (cupole di ristagno, guglie e duomi) che solidificano<br />

prima di allontanarsi dal condotto vulcanico o all’interno di<br />

questo 15.<br />

Le lave andesitiche presentano infine un comportamento intermedio<br />

e spesso formano strutture bollose, perché liberano<br />

con difficoltà i gas e si muovono meno facilmente delle lave<br />

basaltiche.<br />

14 Quando la lava eruttata da un vulcano è fluida, scorre formando fiumi di lava.<br />

Nella foto, eruzione dell’Etna (gennaio 2011).<br />

ossidiana<br />

© SEI – 2012<br />

15 Affioramento di ossidiana, prodotto del raffreddamento rapido di una lava<br />

sialica; si tratta di una roccia con struttura vetrosa.


© SEI – 2012<br />

Le lave: forme e strutture<br />

Le lave solidificate possono presentarsi con forme varie e curiose,<br />

che dipendono principalmente dalla velocità di raffreddamento e<br />

dalle condizioni ambientali.<br />

Le lave a corda (dette pahoe-hoe, dal nome hawaiano) originano da<br />

colate molto fluide e si espandono in strati sottili, ricoperti da una pellicola<br />

levigata che solidifica rapidamente. Lo strato superficiale solido<br />

mantiene una certa plasticità e viene continuamente deformato dal<br />

fluido sottostante, fino a formare strutture a pieghe simili a corde 16.<br />

lave a corda<br />

16 Le lave a corda hanno una superficie liscia e poco accidentata.<br />

Le lave a blocchi scoriacei (dette aa, con un termine hawaiano)<br />

hanno aspetto spugnoso e sono costituite da blocchi con una superficie<br />

irregolare e scoriacea. Questa struttura si forma quando la<br />

lava è più viscosa o ha ormai perso buona parte dei componenti<br />

volatili. Lo strato superficiale solido è molto spesso e non può deformarsi,<br />

perciò mentre il materiale sottostante ancora fuso continua a<br />

muoversi, lo strato superficiale si spacca in blocchi 17.<br />

Le lave basaltiche sottoposte a un brusco raffreddamento danno<br />

origine a particolari strutture a fessurazione colonnare: la lava subisce<br />

una forte contrazione e solidifica in colonne verticali a sezione<br />

prismatica 18.<br />

lave a blocchi scoriacei<br />

17 Le lave a blocchi scoriacei presentano una superficie accidentata e scabra.<br />

6 I <strong>fenomeni</strong> <strong>vulcanici</strong><br />

Le lave a cuscino (pillow lavas) si formano quando lave basaltiche<br />

o andesitiche vengono effuse in mare profondo. In queste eruzioni<br />

in genere la lava effonde tranquillamente e senza esplosioni, a causa<br />

della pressione esercitata dall’acqua. La superficie della lava, a<br />

contatto con l’acqua, si raffredda molto rapidamente, formando una<br />

pellicola vetrosa che isola dall’ambiente esterno la bolla di materiale<br />

allo stato fluido. All’interno il fuso solidifica lentamente e si può<br />

fratturare, creando nel cuscino strutture radiali 19.<br />

18<br />

basalti a fessurazione colonnare<br />

lave a cuscino<br />

19 Affioramento di lave a cuscino, in Islanda. Sullo sfondo si riconosce<br />

un affioramento di basalti colonnari, prodotto di un rapido raffreddamento,<br />

che determina la contrazione della massa lavica.<br />

115<br />

PER SAPERNE DI PIÙ


116 I FENOMENI ENDOGENI<br />

I piroclasti<br />

I piroclasti sono frammenti solidi o semisolidi, di composizione<br />

e dimensioni varie, eiettati dal vulcano nell’atmosfera durante<br />

una fase di attività esplosiva. Essi derivano da materiali strappati<br />

alle rocce dell’edificio vulcanico, oppure da lave solide che ostruiscono<br />

i condotti e vengono frantumate durante un’esplosione.<br />

I piroclasti sono classificati in base alle dimensioni tab 2 : in<br />

ordine di grandezza crescente, si parla di polveri, ceneri, lapilli<br />

(grandi come sassolini) e bombe (di maggiori dimensioni,<br />

spesso formate da lava semisolida) 20.<br />

Tabella 2 Classificazione dei piroclasti<br />

dimensione (mm) tipo di piroclasto<br />

bomba vulcanica<br />

< 1/16 polveri<br />

1/16 – 2 ceneri<br />

2 – 4 lapilli<br />

> 64 bombe<br />

cenere vulcanica<br />

lapilli<br />

20 I materiali piroclastici vengono classificati in base alle dimensioni.<br />

I piroclasti si depositano secondo tre meccanismi principali.<br />

■ La caduta gravitativa è il meccanismo più comune: i piroclasti<br />

eiettati durante l’esplosione ricadono per effetto della gravità,<br />

formando depositi simili a quelli sedimentari. I frammenti<br />

più pesanti si depositano nei pressi della bocca del vulcano,<br />

quelli più fini possono essere trasportati a distanze anche notevoli.<br />

Quando i frammenti vengono cementati fra loro si formano<br />

le rocce piroclastiche.<br />

■ Le colate piroclastiche sono flussi velocissimi di materiali<br />

piroclastici mescolati a fluidi. Per esempio, le nubi ardenti<br />

sono formate da polveri, ceneri e lapilli tenuti in sospensione<br />

da gas densi e caldissimi e scendono lungo i fianchi del vulcano<br />

con velocità incredibile. Si formano nubi ardenti nell’attività<br />

esplosiva di molti vulcani alimentati da magmi molto viscosi<br />

e ricchi di gas. I depositi prodotti da nubi ardenti sono<br />

caldi e plastici, perciò si cementano facilmente, originando<br />

vaste coltri di rocce piroclastiche sialiche, chiamate ignimbriti<br />

che possono ricoprire aree con una superficie di decine di migliaia<br />

di kilometri 21.<br />

lapilli<br />

nube ardente<br />

© SEI – 2012<br />

21 Modalità di movimento lungo le pendici di un cono vulcanico di una nube<br />

ardente, che si deposita come un fluido, formando coltri di ignimbrite.<br />

ignimbrite<br />

ignimbrite


© SEI – 2012<br />

Sono colate piroclastiche anche i lahars, flussi imponenti di<br />

fango che si formano quando i materiali piroclastici si mescolano<br />

con l’acqua di laghi o di ghiacciai sciolti dal calore dei gas<br />

<strong>vulcanici</strong>. Le colate di fango si incanalano solitamente lungo i<br />

corsi dei fiumi preesistenti, generando potenti ondate distruttive<br />

che seppelliscono quanto incontrano sul loro percorso 22.<br />

Rapide colate di fango possono avvenire anche a distanza di<br />

anni dall’eruzione stessa, quando sui versanti del vulcano, ricoperti<br />

di materiali piroclastici, cadono piogge abbondanti.<br />

■ Le ondate basali sono colate di materiali piroclastici a bassa<br />

densità (perché contengono più gas e meno materiali piroclastici).<br />

Si formano quando il magma si mescola con grandi quantità<br />

d’acqua che si infiltrano nel condotto vulcanico (esplosioni freato-magmatiche).<br />

A contatto con il magma l’acqua si trasforma<br />

immediatamente in vapore e questo genera una pressione elevatissima,<br />

causando un’onda esplosiva che si espande ad anello intorno<br />

a un getto verticale di gas e piroclasti. Poiché la forma della<br />

nube in espansione ricorda il fungo di un’esplosione atomica,<br />

il fenomeno viene indicato con lo stesso termine: base-surge 23.<br />

22 Nel novembre del 1985 l’eruzione del vulcano Nevado del Ruiz, in Colombia,<br />

produsse un lahars perché i materiali emessi durante l’eruzione provocarono la<br />

fusione del ghiacciaio che si trovava sulle pendici del vulcano, generando una<br />

valanga di acqua e fango che si abbatté a velocità elevatissima sulle città e sui<br />

villaggi circostanti, provocando più di 23 000 vittime.<br />

rocce surriscaldate falda freatica<br />

magma in risalita<br />

rocce permeabili<br />

rocce impermeabili<br />

base-surge<br />

23 In seguito alle esplosioni freato-magmatiche sul cratere del vulcano si forma<br />

una nube di vapore e materiali solidi, che espande molto rapidamente.<br />

I gas<br />

6 I <strong>fenomeni</strong> <strong>vulcanici</strong><br />

I gas e i vapori variano considerevolmente, per tipo e quantità,<br />

da caso a caso. Il vapor d’acqua è sempre il componente<br />

principale e può essere miscelato con molti altri gas. I più<br />

frequenti sono il biossido di carbonio, gli ossidi di zolfo, l’acido<br />

cloridrico, l’ammoniaca e altri composti dell’azoto 24. I gas<br />

svolgono un ruolo importante nel determinare le modalità<br />

con cui avviene un’eruzione e immettono nuovi materiali<br />

nell’atmosfera.<br />

Oggi l’immissione di gas <strong>vulcanici</strong> non modifica sostanzialmente<br />

la composizione dell’atmosfera, ma nelle fasi primordiali<br />

della storia del nostro pianeta, i gas emessi durante le<br />

eruzioni hanno contribuito in modo determinante alla formazione<br />

dell’atmosfera primitiva.<br />

24 I gas emessi da un vulcano si disperdono nell’atmosfera e possono essere<br />

trasportati anche a grandi distanze. L’immagine, frutto dell’elaborazione dei dati<br />

ricavati da satellite, mostra la dispersione della gigantesca nube ricca di triossido<br />

di zolfo (area in arancio), prodotta dall’eruzione del vulcano Pinatubo, nelle<br />

Filippine, nel giugno del 1991 (nella foto).<br />

117


118 I FENOMENI ENDOGENI<br />

5 La struttura dei vulcani centrali<br />

Nel caso di attività centrale, esiste una grande varietà nella forma<br />

e nella struttura degli edifici <strong>vulcanici</strong>, perché, nella maggior<br />

parte dei casi, essi sono il prodotto di una successione di<br />

fasi eruttive che avvengono con modalità diverse. Così, spesso<br />

si riconoscono nell’apparato vulcanico strutture prodotte sia<br />

da attività effusiva sia da attività esplosiva.<br />

Gli edifici più comuni, per quanto riguarda l’attività centrale,<br />

sono i vulcani a scudo, gli stratovulcani e i coni di scorie.<br />

■ I vulcani a scudo sono edifici <strong>vulcanici</strong> caratterizzati da pendii<br />

dolci e dimensioni molto estese. Sono prodotti da attività<br />

effusiva tranquilla, associata a magmi fluidi e basaltici. Sono<br />

vulcani a scudo i vulcani hawaiani 25.<br />

vulcano a scudo<br />

■ Gli stratovulcani sono vulcani che alternano fasi di attività<br />

esplosiva a fasi di attività effusiva. L’edificio vulcanico risulta<br />

costituito da strati di lava solidificata, alternati a strati di materiali<br />

piroclastici, di consistenza diversa secondo l’entità di ciascuna<br />

fase eruttiva 26. Sono stratovulcani il Vesuvio, l’Etna e<br />

molti vulcani continentali, come il Monte St. Helens, in California,<br />

e il Fujiyama, in Giappone. Negli stratovulcani si formano<br />

spesso crateri avventizi sui fianchi del cono principale.<br />

Quando, infatti, il cratere centrale è ostruito, la lava che risale<br />

lungo il condotto cerca percorsi alternativi e apre nuove bocche<br />

o addirittura crea nuovi edifici. L’Etna, per esempio, è un vulcano<br />

composto da numerosi coni ed edifici prodotti in fasi diverse<br />

di attività. L’Etna è uno stratovulcano<br />

particolare,<br />

perché l’edificio principale<br />

è costituito in prevalenza<br />

da colate laviche,<br />

perciò assomiglia<br />

a un vulcano<br />

a scudo.<br />

25 Struttura di un vulcano a scudo. Nella foto, fontane e colate di lava sul vulcano Kilauea (Hawaii), durante un’eruzione.<br />

stratovulcano<br />

© SEI – 2012<br />

26 Struttura di uno stratovulcano. Nella foto, l’enorme nube di cenere formatasi un seguito all’eruzione del vulcano<br />

Eyjafjöll (Islanda), che ha paralizzato il traffico aereo in tutta Europa, nell’aprile del 2010.


© SEI – 2012<br />

■ I coni di scorie sono formati da materiali piroclastici<br />

e hanno una pendenza accentuata. In genere<br />

sono piccoli edifici che si formano nel corso<br />

di una sola eruzione esplosiva.<br />

Nella morfologia di un vulcano si possono poi riconoscere<br />

alcune forme dovute alle caratteristiche<br />

delle varie fasi di attività.<br />

■ Forme costruite in seguito all’emissione di materiali<br />

solidi o fluidi: possono essere colate ed<br />

espandimenti lavici, strati di materiali piroclastici<br />

e ignimbriti, coni di scorie o di lava prodotti da<br />

brevi eruzioni intorno a crateri avventizi, estrusioni<br />

solide che si formano all’interno del cratere,<br />

quando la lava è particolarmente viscosa.<br />

■ Forme dovute a eventi distruttivi o di sprofondamento:<br />

oltre ai crateri, sono rappresentate da<br />

caldere e da diatremi.<br />

Le caldere sono depressioni con le pareti scoscese e<br />

un ampio fondo piatto. Sono il risultato di un’attività<br />

esplosiva o dello sprofondamento della parte<br />

sommitale dell’edificio vulcanico 27. Se la camera<br />

magmatica si svuota, infatti, non è più in grado di<br />

sostenere totalmente il peso del cono vulcanico,<br />

che sprofonda, generando una cavità a forma conica,<br />

che può avere un diametro di qualche kilometro.<br />

Un risultato analogo si ha quando esplosioni<br />

successive causano il crollo delle pareti del cratere<br />

svuotato, che risulta perciò troncato e può ampliarsi<br />

notevolmente. Esempi tipici di caldere in Italia<br />

sono, oltre alla caldera del Somma Vesuvio, quelle<br />

del vulcano di Roccamonfina che risale a poco<br />

meno di 400 000 anni fa, del Vulture e di Vico.<br />

dicchi<br />

27 Schema della struttura di una<br />

caldera e immagine del cono del<br />

Vesuvio che si innalza all’interno<br />

di un’antica caldera, di cui il monte<br />

Somma, visibile sullo sfondo,<br />

costituisce il bordo esterno.<br />

6 I <strong>fenomeni</strong> <strong>vulcanici</strong><br />

Un diatrema è un condotto vulcanico colmato da brecce magmatiche originatesi<br />

in seguito a una violenta esplosione interna di gas. I diatremi, molto probabilmente,<br />

si formano quando sono presenti ingenti quantità di gas in un<br />

bacino magmatico e si producono getti di materiale caldo e ricco di gas in risalita<br />

dagli strati profondi, che esplodono con violenza superiore a quella che<br />

origina le nubi ardenti 28. Sono famosi i diatremi delle miniere di Kimberley,<br />

in Sudafrica (camini kimberlitici), sfruttati per l’estrazione dei diamanti. Sono<br />

intrusioni simili a colonne, costituite di rocce ultrabasiche, sicuramente provenienti<br />

dal mantello, data la presenza di diamanti che, come è noto, si formano<br />

solo a pressioni molto elevate e a profondità superiori ai 100 km.<br />

diatrema<br />

28 Lo Shiprock (Nuovo Messico) è un diatrema (alto 550 m) messo a nudo dall’erosione: da esso si dipartono due dicchi lunghi parecchi kilometri.<br />

caldera<br />

119


120 I FENOMENI ENDOGENI<br />

6 Le diverse modalità di eruzione<br />

Le eruzioni effusive o esplosive possono realizzarsi con modalità<br />

differenti. I diversi tipi di eruzione prendono il nome dei<br />

vulcani di cui sono tipici.<br />

■ Eruzioni di tipo hawaiano, caratterizzate dall’effusione di<br />

lave basaltiche molto fluide e dall’assenza di esplosioni e lanci<br />

di materiale piroclastico, portano alla formazione di vulcani<br />

a scudo. La lava effonde da un condotto principale e spesso,<br />

sotto la spinta dei gas contenuti, durante le fasi iniziali<br />

dell’eruzione forma grandiose fontane di lava, che si elevano<br />

anche per centinaia di metri. Talvolta lungo i fianchi del vulcano<br />

si aprono bocche secondarie. La lava si raccoglie facilmente<br />

nelle zone depresse collegate con i condotti, formando<br />

veri e propri laghi di lava, nei quali ristagna e solidifica in<br />

tempi lunghissimi.<br />

■ Eruzioni di tipo stromboliano, caratterizzate dall’effusione di<br />

colate laviche alternate a esplosioni più o meno violente. In<br />

questi vulcani la lava ha una composizione variabile (mediamente<br />

femica) ed è meno fluida rispetto ai vulcani hawaiani.<br />

Periodicamente ristagna e solidifica, ostruendo il cratere centrale.<br />

I gas che si accumulano causano esplosioni intermittenti,<br />

non troppo violente, che liberano il condotto. In seguito la lava<br />

effonde sotto forma di fontane e colate. Il modello classico di<br />

questo tipo di eruzione è Stromboli, nelle isole Eolie, uno stratovulcano<br />

con attività persistente 29.<br />

29 Eruzione esplosiva dello Stromboli.<br />

■ Eruzioni di tipo vulcaniano, caratterizzate da lava riolitica o andesitica,<br />

molto viscosa, che occlude facilmente il camino vulcanico.<br />

I gas si accumulano all’interno e raggiungono alte pressioni<br />

prima di riuscire a provocare l’esplosione violenta del “tappo”, che<br />

causa l’emissione esplosiva di materiali solidi, di dense nubi di<br />

ceneri, nonché di scorie e gas. Le colate di lava sono quasi del<br />

tutto assenti. Tipico esempio è Vulcano, nelle isole Eolie 30. Molti<br />

stratovulcani attraversano fasi di attività di questo tipo. Anche il<br />

Vesuvio, per esempio, nel corso della sua complessa storia, ha<br />

attraversato fasi con attività di tipo vulcaniano. Le eruzioni violente,<br />

simili a quelle del Vesuvio, sono dette eruzioni di tipo pliniano,<br />

in onore di Plinio il Giovane, che descrisse l’eruzione del<br />

79 d.C. in due lettere a Tacito. Nel corso di queste eruzioni l’esplosione<br />

spinge con forza i gas e le polveri verso l’alto, formando una<br />

colonna alta diversi kilometri, dalla quale origina una nube a forma<br />

di fungo o di pino marittimo. I materiali emessi vengono trasportati<br />

a grande distanza e solidificano come pomice.<br />

■ Eruzioni di tipo peleano, caratterizzate dall’emissione di lava<br />

molto viscosa e ricca di gas che forma cupole di ristagno e guglie,<br />

che otturano il condotto. L’attività vulcanica si manifesta con<br />

esplosioni di grande violenza, accompagnate dal crollo delle pareti<br />

dell’edificio vulcanico e dall’emissione di nubi ardenti.<br />

Questo tipo di attività prende il nome dal vulcano Pelée, nella<br />

Martinica.<br />

30 Immagine aerea del cratere di Vulcano, nelle isole Eolie.<br />

© SEI – 2012


© SEI – 2012<br />

■ Eruzioni freatiche, caratterizzate dall’emissione con violente<br />

esplosioni di enormi quantità di vapore, prodotto dal contatto<br />

dell’acqua presente nel sottosuolo con una massa magmatica<br />

calda. Se il vapore fuoriesce insieme a brandelli di magma, si<br />

parla di esplosione freato-magmatica. In entrambi i casi si<br />

tratta di eventi improvvisi, difficilmente prevedibili e non controllabili,<br />

che causano sempre danni enormi. L’esplosione del<br />

Krakatoa, avvenuta nel 1883, è uno degli esempi più significativi<br />

di esplosione freato-magmatica.<br />

■ Eruzioni lineari, caratterizzate dall’effusione di lave basaltiche.<br />

Si osservano in Islanda e in corrispondenza delle dorsali oceaniche,<br />

rilievi dai pendii dolci che attraversano come lunghe cicatrici<br />

tutti i fondali oceanici. In passato si sono verificate anche<br />

eruzioni lineari con emissione di lave sialiche. Le eruzioni<br />

lineari alimentate da magmi basaltici producono volumi enormi<br />

di lava 31. Intorno alle fessure si formano espandimenti basaltici.<br />

Uno tipico è il Columbia Plateau, che ricopre una superficie<br />

di ben 130 000 km 2 ed è costituito di colate successive, che<br />

in alcune zone raggiungono uno spessore complessivo superiore<br />

a 1 km. Anche l’Islanda è costituita da un espandimento basaltico,<br />

prodotto dal sistema di lunghe fratture attualmente attivo<br />

in tutta l’isola. I ricoprimenti riolitici (plateaux ignimbritici)<br />

sono meno frequenti. Un esempio italiano è la piattaforma<br />

porfirico-atesina, che si è formata circa 250 milioni di anni fa.<br />

Le esplosioni vulcaniche<br />

Molte eruzioni vulcaniche modificano drammaticamente e repentinamente<br />

l’aspetto di una regione. Esempi significativi e documentati<br />

in tempi relativamente recenti sono l’esplosione del vulcano<br />

Pelée, del Monte St. Helens e l’esplosione del Krakatoa.<br />

Vulcano Pelée<br />

L’eruzione del 1902 del vulcano Pelée, nell’isola Martinica (Piccole<br />

Antille), fu preceduta da emissione di cenere, da piccole scosse sismiche<br />

e dalla formazione di una cupola di ristagno. Le autorità sottovalutarono<br />

l’importanza di questi segnali premonitori e invitarono<br />

la popolazione a trattenersi sull’isola. Invece, l’8 maggio, dalla base<br />

32 La città di Saint-Pierre, distrutta dopo l’eruzione del 1902 e la guglia di lava che emerse dal cratere del vulcano.<br />

6 I <strong>fenomeni</strong> <strong>vulcanici</strong><br />

31 Il vulcano islandese Laki nel 1783 produsse un volume di 12,5 km 3 di lava,<br />

sufficiente per ricoprire un’area di 560 km 2 .<br />

della cupola fuoriuscì una nube ardente che, espandendosi lateralmente,<br />

raggiunse in pochi minuti la città di Saint-Pierre e causò la<br />

morte dell’intera popolazione. La nube conteneva prevalentemente<br />

biossido di carbonio, polveri e vetri <strong>vulcanici</strong>, aveva una temperatura<br />

di circa 800 °C e si muoveva alla velocità di 160 km/h. Nei mesi<br />

successivi, si verificarono altri episodi simili, che portarono alla fuoriuscita<br />

completa dei gas dal condotto. Infine, nel cratere comparve<br />

un’estrusione solida simile a una guglia, che in pochi giorni raggiunse<br />

l’altezza di circa 350 m. La guglia era costituita di lava andesitica<br />

estremamente viscosa, che fuoriusciva dal condotto mantenendone<br />

la forma a una velocità di 15 m al giorno 32.<br />

121<br />

PER SAPERNE DI PIÙ


PER SAPERNE DI PIÙ<br />

122 I FENOMENI ENDOGENI<br />

Monte St. Helens<br />

Il 18 maggio 1980, dopo 123 anni di inattività, si verificò un’eruzione<br />

catastrofica del Monte St. Helens, nello stato di Washington (usa), che in<br />

pochi secondi liberò complessivamente un’energia equivalente a quella<br />

di 27 000 bombe atomiche del tipo sganciato su Hiroshima. Nei mesi<br />

precedenti, l’eruzione era stata annunciata da una serie di eventi premonitori:<br />

microsismi, provocati probabilmente dal magma in movimento,<br />

apertura di fenditure e crateri, emissione di gas, vapore e ceneri. Infine,<br />

si formò un rigonfiamento che crebbe velocemente fino a raggiungere in<br />

alcuni punti l’altezza di 80 m. Improvvisamente, il 18 maggio, senza che<br />

si verificasse un aumento d’intensità dell’attività preparatoria, in seguito<br />

a una scossa sismica di magnitudo 5,1, dal rigonfiamento si staccò una<br />

frana che aprì un varco verso l’esterno, e in meno di 1 minuto il vulcano<br />

fu sventrato lateralmente da un’esplosione di potenza immane. Durante<br />

l’esplosione, si formò un cratere di 2 km di diametro e l’altezza del monte<br />

si ridusse di 350 m. Gas e vapori esplosero orizzontalmente, mentre<br />

una colonna di gas e ceneri si alzò verticalmente, raggiungendo un’altezza<br />

di 25 km e si disperse nell’atmosfera 33. Le foreste entro un raggio<br />

di 27 km vennero interamente distrutte e gli alberi abbattuti per la violenza<br />

dell’esplosione. Infine, una colata di fango, formata dai materiali<br />

piroclastici mescolati all’acqua dei torrenti e dei ghiacciai, si riversò a<br />

valle. Nei giorni che seguirono, le polveri vennero trasportate a grande<br />

distanza, si depositarono in coltri spesse, danneggiando le coltivazioni<br />

anche a più di 2500 km di distanza dal vulcano e per settimane furono<br />

osservate dai satelliti artificiali negli strati alti dell’atmosfera.<br />

Krakatoa<br />

Krakatoa era una piccola isola (lunga appena 9 km), situata nello<br />

stretto della Sonda, tra Giava e Sumatra, formata da un antico stratovulcano<br />

di tipo andesitico. Nel 1883, venne completamente distrutta<br />

da un’esplosione di intensità pari a quella di una bomba atomica.<br />

Probabilmente, l’acqua marina era penetrata nella camera magmatica<br />

attraverso le fratture dell’edificio vulcanico causando la formazione<br />

di enormi quantità di vapor d’acqua. L’eruzione cominciò nel mese<br />

di maggio e proseguì con fasi esplosive alternate a fasi di quiete per<br />

più di tre mesi. L’isola sparì completamente e un volume pari a 23 km 3<br />

di detriti fu disperso nello spazio circostante, per un raggio di oltre<br />

500 km. Le polveri si alzarono fino a un’altezza di 11 km e alterarono<br />

la composizione dell’atmosfera, tanto da causare negli anni seguenti<br />

una lieve riduzione della temperatura atmosferica media e tramonti di<br />

un rosso intenso. Le esplosioni innescarono anche una serie di tsunami,<br />

cioè maremoti con onde alte anche 40 m, che si abbatterono<br />

sulle coste vicine, causando la distruzione di gran parte degli insediamenti.<br />

L’eruzione del Krakatoa provocò la morte di più di 35 000 persone.<br />

Oggi nella caldera prodottasi in seguito all’esplosione si è formata<br />

una nuova isola vulcanica 34.<br />

33 Eruzione del Monte St. Helens nel 1980, con la formazione di una nube ardente (a sinistra) e l’aspetto della sommità del vulcano sventrato dall’enorme esplosione (a destra).<br />

Verlaten<br />

isola prima del 1883<br />

0 5<br />

Anak Krakatoa<br />

Krakatoa<br />

34 Dove più di 100 anni fa si polverizzò Krakatoa, è emersa dal mare una nuova isola vulcanica, Anak Krakatoa (che in lingua locale significa “il figlio di Krakatoa”).<br />

km<br />

© SEI – 2012<br />

Lang


© SEI – 2012<br />

Strettamente legati all’attività vulcanica, sono una serie di <strong>fenomeni</strong>,<br />

detti di vulcanesimo secondario, che caratterizzano le fasi<br />

conclusive dell’attività primaria o la quiescenza di un vulcano.<br />

Si tratta di <strong>fenomeni</strong> causati dalla presenza di magma in prossimità<br />

della superficie terrestre che, raffreddandosi, libera gas<br />

o provoca il riscaldamento delle acque del sottosuolo. Queste,<br />

vaporizzate, risalgono facilmente in superficie, formando sorgenti<br />

termali, come quelle diffuse in molte zone dell’Italia.<br />

Anche l’attività solfatarica nei Campi Flegrei a Pozzuoli, dove si<br />

trova un vulcano estinto, e nell’isola di Vulcano è una manifestazione<br />

di vulcanesimo secondario 35. In questo caso si tratta di esalazioni<br />

di vapor d’acqua, biossido di carbonio e solfuro di idrogeno<br />

che, a contatto con l’aria, si ossida producendo zolfo, che si deposita<br />

sotto forma di incrostazioni di odore e colore caratteristici.<br />

Quando l’emanazione ha un colore biancastro ed è costituita in<br />

prevalenza da vapor d’acqua e biossido di carbonio, si parla di fumarole<br />

36.<br />

35<br />

36<br />

7 Il vulcanesimo secondario<br />

solfatara di Pozzuoli<br />

fumarola<br />

6 I <strong>fenomeni</strong> <strong>vulcanici</strong><br />

In alcuni casi il vapor d’acqua fuoriesce dal terreno a elevata temperatura<br />

e alta pressione, producendo getti cui si dà il nome<br />

di soffioni boraciferi. Il vapore dei soffioni è ricco di acido borico,<br />

solfuro di idrogeno, triossido di zolfo e altre sostanze che precipitano<br />

intorno alla sorgente. In Italia, sono famosi quelli di<br />

Larderello, in Toscana, che vengono sfruttati per la produzione<br />

di energia geotermica e di acido borico. I soffioni si formano<br />

quando l’acqua meteorica, che penetra nel sottosuolo, viene a<br />

trovarsi a contatto con una massa di magma e il vapore che si<br />

forma si fa strada verso l’esterno, attraverso le fenditure del suolo.<br />

Altro fenomeno legato alla presenza di masse magmatiche superficiali<br />

in via di raffreddamento o a iniezioni magmatiche, è<br />

quello dei geyser, sorgenti di acqua calda che zampilla a intermittenza<br />

con notevole violenza. L’acqua contiene in soluzione<br />

carbonato di calcio e silicati, che formano concrezioni intorno<br />

alla bocca del geyser 37.<br />

Spesso nei terreni argillosi e melmosi si assiste alla fuoriuscita<br />

di acque fangose e salate, calde o fredde che danno origine a<br />

laghetti melmosi o a piccoli coni, detti salse 38.<br />

37<br />

38<br />

geyser<br />

conetto di fango<br />

123


124 I FENOMENI ENDOGENI<br />

8 La distribuzione geografica dei vulcani<br />

non è casuale<br />

I vulcani attivi oggi sono circa 600. Essi sono distribuiti sia nelle<br />

aree continentali, sia sui fondali oceanici, in modo non uniforme:<br />

sono concentrati in lunghe e strette fasce, che hanno<br />

caratteristiche geologiche ben definite. Un aspetto curioso della<br />

distribuzione dei vulcani in fasce riguarda la composizione dei<br />

magmi e il tipo di attività prevalente: in genere, in ciascuna fascia<br />

predomina un solo tipo di attività (effusiva o esplosiva).<br />

Esaminiamo, con l’aiuto della carta, la distribuzione geografica<br />

dei vulcani, individuando le situazioni più caratteristiche 39.<br />

■ Una parte consistente dei vulcani attivi si trova in corrispondenza<br />

delle dorsali oceaniche. Si tratta di catene montuose che<br />

attraversano tutti gli oceani, formate da rilievi che in genere si<br />

elevano dal fondale di 1000-3000 m. La zona di cresta delle<br />

dorsali presenta fratture allungate lungo le quali si verificano<br />

eruzioni sottomarine, con emissione intermittente di ingenti<br />

quantità di lave basaltiche e molto fluide. Nell’Oceano Atlantico<br />

tale attività ha dato origine anche all’Islanda e alle isole Azzorre.<br />

■ Un secondo gruppo caratteristico di vulcani si trova negli archi<br />

di isole e lungo alcuni margini continentali situati in prossimità<br />

delle fosse oceaniche, depressioni allungate e strette in cui il<br />

fondale raggiunge le massime profondità. Qui si verificano eruzioni<br />

di lave per lo più andesitiche e riolitiche, raramente basalti-<br />

Krakatoa<br />

Mayo<br />

Pinatubo<br />

Tambora<br />

Fuji<br />

Mauna Loa<br />

Kilauea<br />

Yellowstone<br />

St. Helens<br />

El Chichon<br />

che. I vulcani hanno il tipico aspetto a forma di tronco di cono e<br />

danno luogo a imponenti eruzioni esplosive. La maggior parte<br />

dei vulcani di questo tipo si trova nella cintura di fuoco circumpacifica,<br />

una fascia che si snoda lungo le coste americane e asiatiche<br />

del Pacifico, nella quale ci sono più di 300 vulcani attivi.<br />

È il caso degli arcipelaghi delle Aleutine, del Giappone, delle<br />

Filippine, o dei vulcani del Messico e del Sudamerica. Vulcani simili<br />

si trovano anche in una fascia che si estende dal Mar Egeo<br />

fino all’Asia Minore.<br />

■ Un gruppo di vulcani, caratterizzati da lave di tipo basaltico,<br />

è localizzato in piena area continentale ed è legato a una serie<br />

lineare di fratture, note con il nome di fosse africane, che vanno<br />

dal Libano alla regione dei grandi laghi.<br />

■ Un ultimo gruppo di vulcani ha una distribuzione atipica: si<br />

tratta di isole o vulcani continentali, che emettono lave basaltiche.<br />

Poiché sono isolati, non connessi con linee di particolare<br />

instabilità della crosta, sono detti punti caldi. Sono punti caldi,<br />

per esempio, i vulcani delle isole Hawaii. Sono riconducibili a<br />

questo gruppo anche l’attività vulcanica presente nella regione<br />

nord-occidentale del continente americano (parco di Yellowstone)<br />

e attività remote come quella che ha portato alla formazione<br />

del Columbia Plateau.<br />

Pelée<br />

Nevado del Ruiz<br />

Surtsey<br />

Vesuvio<br />

e Flegrei<br />

Azzorre<br />

39 Distribuzione dei vulcani centrali attivi, dei punti caldi e delle principali zone di eruzione lineare, lungo le dorsali oceaniche.<br />

Etna<br />

Vulcano e<br />

Stromboli<br />

Afar<br />

Kilimanjaro<br />

Réunion<br />

© SEI – 2012<br />

magma sialico<br />

magma femico<br />

punti caldi<br />

dorsali oceaniche


© SEI – 2012<br />

9 L’attività vulcanica in Italia<br />

Le province magmatiche<br />

L’area mediterranea è molto instabile dal punto di vista geologico,<br />

soggetta a movimenti che causano <strong>fenomeni</strong> locali di distensione<br />

e compressione della litosfera che, come conseguenza,<br />

generano magmi. Per questa ragione il nostro Paese mostra<br />

un’attività magmatica intensa che dura da tempi remoti. Gli<br />

studi geologici hanno permesso di identificare quattro province<br />

magmatiche diverse per tipo ed epoca di attività 40. La provincia<br />

magmatica toscana è formata da apparati <strong>vulcanici</strong><br />

estinti, mentre le altre tre sono tuttora attive. Esaminiamo ora<br />

nel dettaglio le caratteristiche delle tre province attive.<br />

La provincia magmatica romana Il Vesuvio, l’isola di Ischia, i<br />

Campi Flegrei e tutta la costa tirrenica parallela agli Appennini,<br />

tra Toscana e Campania, hanno avuto un’attività vulcanica intensa,<br />

prevalentemente esplosiva, tipica delle regioni in cui si realizzano<br />

processi che portano alla formazione di catene montuose.<br />

Nella zona dei Campi Flegrei, circa 35 000 anni fa, ebbe inizio<br />

un’attività esplosiva che determinò la formazione di un’ampia coltre<br />

ignimbritica (tufo grigio), nella regione costiera compresa tra la<br />

penisola sorrentina e il fiume Garigliano. In seguito si formò una<br />

gigantesca caldera, aperta verso il mare. Esplosioni successive<br />

formarono il basamento roccioso di tufo giallo su cui si trova la<br />

città di Napoli. Nella regione dei Campi Flegrei, che si estende<br />

per circa 70 km 2 , si contano oggi almeno una ventina di crateri.<br />

Ferru<br />

Arci<br />

provincia<br />

magmatica<br />

siciliana<br />

piattaforma<br />

porfirica atesina<br />

Berici<br />

Lessini<br />

Euganei<br />

Ustica<br />

Marsili<br />

Stromboli<br />

Eolie<br />

Lipari Vulcano<br />

Pantelleria Pachino<br />

Linosa<br />

vulcani attivi<br />

vulcani attivi<br />

in epoca storica<br />

vulcani sottomarini<br />

complessi <strong>vulcanici</strong> attivi<br />

fino a epoche recenti<br />

(meno di 1,8 milioni<br />

di anni), oggi estinti<br />

vulcaniti antiche<br />

(più di 1,8 milioni di anni)<br />

Elba<br />

provincia<br />

magmatica<br />

toscana<br />

Amiata<br />

Cimino<br />

Vicano<br />

Sabatini<br />

Albani<br />

Ernici<br />

provincia<br />

magmatica<br />

romana<br />

Punta Pietre Nere<br />

Roccamonfina<br />

Ponza<br />

Ventotene<br />

Ischia<br />

Flegrei<br />

Vulture<br />

Vesuvio<br />

Magnaghi<br />

Procida<br />

Vavilov<br />

40 Distribuzione dell’attività vulcanica in Italia e localizzazione delle province<br />

magmatiche.<br />

Iblei<br />

Etna<br />

provincia<br />

magmatica<br />

delle Eolie<br />

6 I <strong>fenomeni</strong> <strong>vulcanici</strong><br />

È un’area a pericolo elevatissimo, anche perché l’attività passata è<br />

sempre stata di tipo esplosivo.<br />

L’instabilità della regione flegrea è testimoniata dal fenomeno<br />

del bradisismo. Il termine si utilizza per indicare movimenti<br />

verticali della crosta, lenti e senza scosse, che si verificano specialmente<br />

nelle zone costiere. I movimenti di emersione (bradisismo<br />

negativo) e sommersione (bradisismo positivo) presso<br />

Pozzuoli e nei Campi Flegrei sono causati probabilmente da<br />

movimenti del magma in profondità. Un periodo di sprofondamento,<br />

testimoniato dall’abbassamento sotto il livello del<br />

mare dell’antico mercato romano, si è verificato nel 1500, nel<br />

periodo che precedette la formazione dell’ultimo vulcano della<br />

zona (Monte Nuovo, 1538). In seguito Pozzuoli riprese a sollevarsi.<br />

Nel nostro secolo sono stati registrati più volte movimenti<br />

di innalzamento e di abbassamento; l’episodio più recente<br />

è del 1983 41.<br />

tufo<br />

termine usato in passato per indicare genericamente rocce detritiche,<br />

derivate dalla diagenesi di materiali piroclastici fini.<br />

41 I fori lasciati a diverse altezze dai litodomi (molluschi bivalvi) sulle colonne del<br />

tempio di Serapide testimoniano le fasi alterne di bradisismo che hanno interessato<br />

l’area di Pozzuoli.<br />

125


126 I FENOMENI ENDOGENI<br />

Il Vesuvio è attivo da almeno 25 000 anni, durante i quali ha<br />

generato pochi eventi esplosivi, alternati a lunghi periodi di<br />

quiete o di attività effusiva tranquilla. Nell’viii secolo a.C., il<br />

vulcano era alto 3000 m e fu in parte distrutto da una violenta<br />

esplosione che appiattì la cima del monte. Per lungo tempo rimase<br />

inattivo, fino al 79 d.C., quando si verificò l’esplosione<br />

descritta da Plinio il Giovane.<br />

L’eruzione fu preceduta da un lungo periodo di scosse sismiche,<br />

iniziato con un violento terremoto nel 62 d.C. Le scosse erano<br />

causate dall’instabilità del magma in movimento, tuttavia nes-<br />

42 L’eruzione del Vesuvio del 18-29 marzo del 1944 concluse l’ultima fase di<br />

attività del vulcano, iniziata nel 1914. Da allora il condotto è ostruito e il Vesuvio<br />

è considerato un vulcano quiescente.<br />

43 L’isola di Vulcano e Vulcanello, nelle isole Eolie.<br />

© SEI – 2012<br />

suno si rese conto che il pericolo era rappresentato dal vulcano,<br />

inattivo da tempi immemorabili. Il 24 agosto del 79 d.C., dalla<br />

cima del vulcano si liberò con una violenta esplosione una colonna<br />

di gas, vapori e ceneri che si espanse assumendo una forma<br />

che Plinio paragonò a un pino marittimo. Il pino collassò e<br />

riversò una pioggia di ceneri e pomice sulla zona intorno al<br />

Vesuvio e sulla costa limitrofa. Nella notte la terra fu scossa da<br />

continui terremoti, mentre dal condotto vulcanico ormai<br />

sgombro continuava la fuoriuscita di materiali piroclastici.<br />

Seguì un periodo di relativa calma, ma l’acqua della vicina falda<br />

freatica si infiltrò nella camera magmatica, provocando la<br />

formazione di vapore e una nuova intensa esplosione. Una nuvola<br />

nera di ceneri si depositò in una vasta area intorno al vulcano,<br />

seppellendo Pompei e gli abitanti rimasti. Il giorno dopo<br />

anche Ercolano subì la stessa sorte. Risparmiata dalla pioggia<br />

di cenere, perché si trovava sottovento, Ercolano fu invasa da<br />

una serie di colate piroclastiche, che in pochi istanti cancellarono<br />

ogni segno dell’esistenza della città.<br />

L’eruzione modificò profondamente l’aspetto del Vesuvio. La<br />

cima del monte collassò lasciando in corrispondenza del cratere<br />

una gigantesca caldera, con la parete nord più elevata. All’interno<br />

della caldera si formò un nuovo cono vulcanico, che corrisponde<br />

all’attuale Vesuvio. Nei secoli successivi fino al 1944, si sono verificate<br />

nuove eruzioni, alcune esplosive altre di tipo effusivo. Sono<br />

documentate eruzioni avvenute nel 472, nel 1139 e nel 1631;<br />

quest’ultima fu particolarmente violenta. Negli ultimi secoli si<br />

sono succedute eruzioni prevalentemente tranquille, intervallate<br />

da periodi brevi di riposo. Dal 1944 il vulcano è quiescente 42.<br />

La provincia magmatica delle Eolie L’arcipelago delle isole<br />

Eolie presenta un vulcanesimo di tipo andesitico ed esplosivo.<br />

Le sette isole Eolie hanno tutte origine vulcanica e sono associate<br />

ad altri vulcani sottomarini con i quali formano un caratteristico<br />

arco vulcanico, tipico delle zone in cui si verificano<br />

imponenti <strong>fenomeni</strong> di compressione della litosfera. Stromboli,<br />

Vulcano e Lipari sono le isole più recenti e tuttora attive.<br />

Stromboli è ininterrottamente attivo da oltre 2000 anni.<br />

Vulcano, al cui nome è legato un tipo particolare di vulcanesimo,<br />

e Lipari hanno un’attività più esplosiva, originata da magmi<br />

più viscosi 43. Lipari ha avuto l’ultima eruzione in epoca romana,<br />

circa 1200 anni fa, dopo un periodo di quiescenza durato<br />

quasi 3500 anni, mentre Vulcano attraversa un periodo di quiete<br />

e manifesta solo un’attività con forti emissioni di vapori di zolfo.


© SEI – 2012<br />

La provincia magmatica siciliana L’Etna ha un’attività prevalentemente<br />

effusiva, tipica delle zone di distensione, con formazione<br />

di magmi basaltici. L’attività dell’Etna è documentata da 1500<br />

anni, ma i primi segni di vulcanesimo in atto nella zona risalgono<br />

a 600 000 anni fa. In quel periodo l’area era sommersa e costituiva<br />

il golfo pre-etneo. Il primitivo apparato vulcanico era sottomarino:<br />

da fenditure sul fondale uscivano lave basaltiche che solidificando<br />

assumevano il tipico aspetto a cuscini. L’area successivamente<br />

venne sollevata e sulla terra emersa si formò un vero vulcano a<br />

scudo. In questa fase il magma che alimentava il vulcano subì un<br />

graduale cambiamento e la lava divenne più sialica e viscosa.<br />

L’Etna diventò perciò uno stratovulcano, caratterizzato dall’alternanza<br />

di fasi esplosive ed effusive.<br />

rocce sedimentarie<br />

a<br />

b<br />

c<br />

d<br />

e<br />

vulcano di Calanna<br />

vulcano Trifoglietto I<br />

vulcano Trifoglietto II<br />

Mongibello<br />

colate sottomarine<br />

livello del mare<br />

caldera della valle del Bove<br />

44 Formazione ed evoluzione dell’edificio dell’Etna: dopo una fase iniziale di<br />

attività sottomarina a e il ritiro delle acque del mare, l’attività vulcanica si è<br />

spostata in direzione ovest. I primitivi edifici, Calanna, Trifoglietto I e Trifoglietto II<br />

( b , c , d ) sono vulcani a scudo e sono stati in parte smantellati quando si<br />

formò la caldera della valle del Bove. L’edificio attuale (Mongibello, e ) è uno<br />

stratovulcano che si innalza a occidente rispetto alla valle del Bove e presenta<br />

numerosi condotti laterali. Le lave emesse dall’Etna sono prevalentemente<br />

basaltiche e sembrano provenire direttamente dal mantello superiore.<br />

6 I <strong>fenomeni</strong> <strong>vulcanici</strong><br />

L’edificio attuale porta i segni delle diverse fasi che si sono verificate<br />

nel corso della sua storia. Sopra un basamento di rocce basaltiche,<br />

che corrisponde all’antico vulcano sottomarino, l’Etna si presenta<br />

come un cono alto circa 3000 m, derivato dalla fusione di<br />

diversi edifici <strong>vulcanici</strong>. Le esplosioni passate hanno portato alla<br />

formazione di numerose caldere, tra cui la vasta area depressa denominata<br />

valle del Bove, sul fianco orientale del vulcano 44. Nel<br />

tempo l’attività si è spostata verso ovest, fino all’edificio attuale.<br />

Oggi l’Etna presenta numerosi crateri, in corrispondenza dei quali<br />

si verifica un’attività persistente, prevalentemente effusiva, o debolmente<br />

esplosiva. Sono presenti più di 200 coni avventizi 45 e spesso<br />

lungo i fianchi si formano fratture allungate da cui fuoriesce la lava,<br />

che ha una composizione simile a quella dei vulcani hawaiani 46.<br />

45 Coni avventizi sulle pendici dell’Etna.<br />

46 Fontane di lava, durante l’eruzione dell’Etna nel 2003.<br />

coni avventizi<br />

127


IN ITALIA<br />

128 I FENOMENI ENDOGENI<br />

Empedocle e i “giganti nascosti”<br />

In Italia sono presenti diversi vulcani sottomarini attualmente quiescenti,<br />

ma potenzialmente attivi, che si collocano in due zone vulcaniche<br />

particolarmente interessanti dal punto di vista geologico e ancora<br />

in parte da scoprire:<br />

• la zona del Tirreno compresa tra Eolie, Sardegna e Lazio dove<br />

sono stati individuati diversi vulcani di recente formazione tra cui il<br />

Marsili, il Magnaghi e il Vavilov;<br />

• la zona del canale di Sicilia dove emerse l’isola Ferdinandea e<br />

dove si trova il vulcano Empedocle.<br />

Il mar Tirreno è un piccolo oceano in via di formazione in cui si<br />

sono create due piane abissali di sottile crosta basaltica. Negli ultimi<br />

10 milioni di anni il Tirreno è stato coinvolto in una serie di complessi<br />

eventi geologici, dal momento che nell’area si sono rea lizzati<br />

processi di distensione e assottigliamento della crosta, accanto a<br />

<strong>fenomeni</strong> di compressione, collegati allo scorrimento della zolla<br />

africana sotto la Sicilia e la Calabria e alla formazione dei rilievi.<br />

In questo contesto particolare si inseriscono tre enormi complessi<br />

<strong>vulcanici</strong>, Vavilov, Magnaghi e Marsili, i cui edifici si elevano sul<br />

fondale a una profondità di quasi 3500 m 47.<br />

Il Vavilov è il vulcano più antico, è situato al centro del Tirreno, è<br />

alto circa 2500 m, lungo 40 km e largo 15 km. Ha una forma asimmetrica<br />

con il versante occidentale più ripido di quello orientale,<br />

forse a causa del collasso di una parte dell’edificio o di un’eruzione<br />

esplosiva. La sua attività risale a qualche milione di anni fa.<br />

Il Magnaghi è un edificio di 2700 m di altezza, ha un’età di 5 milioni<br />

di anni e sembra ormai inattivo.<br />

Il Marsili è il più giovane e imponente e sembra anch’esso inattivo.<br />

Scoperto negli anni Venti del secolo scorso a nord delle isole<br />

Eolie e studiato solo negli anni Novanta,<br />

il Marsili è attivo probabilmente<br />

da 200 000 anni.<br />

Marsili<br />

Ha un diametro di circa<br />

50 km e un altezza di circa<br />

3200 m e le sue dimensioni<br />

so no superiori<br />

a quelle dell’Etna.<br />

Magnaghi<br />

piana abissale<br />

Vavilov<br />

Ustica<br />

Marsili<br />

isole Eolie<br />

Sui suoi fianchi sono presenti numerosi apparati <strong>vulcanici</strong> satelliti,<br />

molti dei quali hanno grandi dimensioni e crateri paragonabili a<br />

quello dell’isola di Vulcano. Le ricerche hanno riscontrato ovunque i<br />

segni di un’attività vulcanica recente (circolazione di fluidi ad alta<br />

temperatura nella struttura interna dell’edificio, elevato flusso di<br />

calore, tremori sismici).<br />

Le lave che formano l’edificio del Marsili e del Vavilov sono prevalentemente<br />

basaltiche e andesitiche, simili a quelle che caratterizzano<br />

le zone di distensione tipiche dei bacini di retroarco.<br />

L’area del canale di Sicilia comprende alcune isole vulcaniche<br />

(Pantelleria e Linosa) e un grande vulcano sottomarino scoperto pochi<br />

anni fa: il vulcano Empedocle. L’attività vulcanica della zona<br />

sembra causata da <strong>fenomeni</strong> di distensione della crosta. In accordo<br />

con questa interpretazione, Linosa è costituita prevalentemente da<br />

rocce basaltiche, Pantelleria invece mostra i segni di un’attività<br />

esplosiva (una grande caldera e lave riolitiche), che poco si concilia<br />

con l’attività che caratterizza in generale la zona. Pantelleria e Linosa<br />

sono vulcani inattivi, ma la zona non è del tutto quiescente, come<br />

dimostra sia la comparsa dell’isola Ferdinandea, sia la scoperta di<br />

Empedocle.<br />

L’isola Ferdinandea si formò improvvisamente all’inizio di luglio<br />

dell’anno 1831. In meno di un mese si sviluppò fino a raggiungere<br />

un diametro di 5 km, ma dopo soli 5 mesi, nel dicembre del 1831<br />

sprofondò nuovamente in mare. Attualmente l’isola Ferdinandea è<br />

uno scoglio a 8 m di profondità che presenta ancora una attività di<br />

esalazione.<br />

Proprio durante una missione di osservazione intorno ai resti<br />

dell’isola Ferdinandea è stato scoperto nel 2006 il vulcano Empedocle,<br />

di cui l’isola Ferdinandea è un cono satellite. Empedocle ha<br />

una base di estensione paragonabile a quella dell’Etna, ma è molto<br />

più basso 48. La formazione di questo vulcano probabilmente è<br />

avvenuta diversi milioni di anni fa quando, per effetto della collisione<br />

Africa-Europa, si sono formate fratture profonde con risalita<br />

di magmi dal mantello. Le ricerche nella regione, come nel basso<br />

Tirreno, sono comunque ancora in atto e potrebbero riservare<br />

nuove sorprese.<br />

−48,5 m<br />

isola<br />

Ferdinandea<br />

−8 m<br />

centro<br />

del cratere<br />

vulcano<br />

Empedocle<br />

47 Localizzazione dei vulcani sottomarini nel Tirreno. 48 Ricostruzione della morfologia del vulcano sottomarino Empedocle.<br />

© SEI – 2012


© SEI – 2012<br />

10 Il pericolo e il rischio vulcanico<br />

Tra le aree ad alto pericolo geologico, quelle vulcaniche sono<br />

spesso le più popolate grazie alla fertilità dei suoli, legata alla<br />

presenza di elementi chimici, come il potassio, il calcio, il magnesio,<br />

il ferro ecc. Per sfruttare i terreni, l’uomo deve impiantare<br />

i propri insediamenti abitativi sulle pendici dei vulcani, e<br />

quindi esporsi al rischio di nuove eruzioni.<br />

Poiché è impossibile impedire che avvenga un’ eruzione, per garantire<br />

la sicurezza delle popolazioni che vivono in prossimità di un<br />

vulcano, è fondamentale saper valutare correttamente il pericolo e<br />

il rischio vulcanico e mettere in atto strategie opportune da attuare<br />

in caso di una ripresa o di una recrudescenza dell’attività vulcanica.<br />

La stima della pericolosità e del rischio vulcanico e la pianificazione<br />

degli interventi devono essere basate sui risultati di<br />

studi sia vulcanologici sia socio-economici.<br />

La pericolosità di un vulcano è la probabilità che in una data<br />

regione si verifichi un’eruzione potenzialmente distruttiva; viene<br />

valutata considerando in particolare la morfologia e il tipo<br />

di attività eruttiva del vulcano, attraverso lo studio delle manifestazioni<br />

precedenti. Da questo punto di vista, è evidente, per<br />

esempio, che le colate laviche sono meno pericolose rispetto<br />

alle nubi ardenti o alle colate di fango, che si muovono con<br />

velocità ed energia nettamente superiori. Bisogna anche considerare<br />

la periodicità e la frequenza con cui si verifica l’attività.<br />

49 Eruzione dell’Etna del gennaio 2012.<br />

6 I <strong>fenomeni</strong> <strong>vulcanici</strong><br />

In base alle stime effettuate, tenendo conto di tutti i parametri<br />

indicati, è possibile costruire mappe di pericolosità di un vulcano,<br />

nelle quali si considerano le aree che potrebbero essere<br />

interessate da un’eventuale eruzione, valutando il rischio cui<br />

potrebbero andare incontro. Si può calcolare quale sia la probabilità<br />

che una certa area sia invasa da una colata di lava oppure<br />

da una colata di fango.<br />

L’Etna, per esempio, è un vulcano con un’attività pressoché<br />

continua, che si intensifica in particolari momenti, senza tuttavia<br />

presentare comportamenti imprevisti 49. Anche Stromboli<br />

presenta un’attività persistente; l’ultima eruzione ha avuto inizio<br />

il 27 febbraio 2007, effusione di lava durata alcune ore e<br />

seguita dall’apertura di due nuove bocche nella Sciara del<br />

Fuoco, e si è conclusa il 2 aprile 2007 50. La Sciara è una depressione<br />

a forma di anfiteatro, delimitata da pareti verticali<br />

alte centinaia di metri all’interno della quale si riversano prodotti<br />

dell’attività attuale. La depressione rappresenta la nicchia<br />

lasciata da una grande frana avvenuta circa 5000 anni fa, che<br />

ha fatto scivolare in mare il versante nord. Per questo l’attuale<br />

attività del vulcano non rappresenta un pericolo per gli insediamenti<br />

dell’isola. Il Vesuvio ha sempre alternato lunghi periodi<br />

di quiescenza a eruzioni improvvise, caratterizzate da<br />

evoluzioni imprevedibili.<br />

50 Stromboli in attività (agosto 2008): le colate lungo la Sciara del Fuoco<br />

giungono in mare.<br />

129


130 I FENOMENI ENDOGENI<br />

Può essere utile anche valutare la morfologia dell’edificio vulcanico:<br />

la presenza di caldere o di rilievi potrebbe condizionare<br />

i movimenti dei materiali emessi durante l’eruzione. Nel<br />

caso del Vesuvio, per esempio, la presenza del Monte Somma,<br />

sul versante settentrionale del cratere principale, potrebbe impedire<br />

un movimento verso nord delle colate laviche che così<br />

si riverserebbero sui versanti meridionali del cono, mentre sul<br />

versante occidentale potrebbe verificarsi una pioggia di ceneri<br />

che, in caso di piogge prolungate, potrebbe a sua volta generare<br />

una colata di fango 51.<br />

S. Anastasia<br />

Portici cratere<br />

del 1944<br />

Ercolano<br />

Torre del Greco<br />

pericolo vulcanico<br />

MONTE SOMMA<br />

Ottaviano<br />

Boscoreale<br />

Torre Annunziata<br />

aree ad alta probabilità di essere invase da colate di lava<br />

aree in cui potrebbero aprirsi nuovi crateri<br />

aree a bassa probabilità di essere invase da colate di lava<br />

aree ad alta probabilità di essere invase da colate di fango<br />

S. Giuseppe<br />

Terzigno<br />

aree a bassa probabilità di essere invase da colate di fango<br />

aree di accumulo delle colate di fango<br />

51 Il vulcano italiano che presenta il maggiore pericolo vulcanico è il Vesuvio, sia<br />

per le sue eruzioni esplosive, sia per l’elevata urbanizzazione della regione.<br />

Le strategie di intervento sono ovviamente diverse a seconda<br />

del tipo di attività del vulcano. Con i vulcani ad attività effusiva<br />

si può convivere più facilmente (dal momento che le colate laviche<br />

si muovono lentamente, un improvviso intensificarsi<br />

dell’attività non comporta rischi immediati) e soprattutto è<br />

possibile ideare di volta in volta nuove tecniche per provare a<br />

deviare il flusso della lava e incanalarlo nelle direzioni volute.<br />

Un intervento attivo è, invece, impossibile nel caso di vulcani<br />

ad attività esplosiva. Non esiste, infatti, né un metodo per prevedere<br />

quando l’eruzione si verificherà, né un metodo per impedirne<br />

o modificarne lo svolgimento.<br />

Molti vulcani (non solo ad attività esplosiva) sono stati e sono<br />

tuttora attentamente monitorati; strumenti sensibilissimi registrano<br />

e misurano ogni piccola attività sismica (poiché le eruzioni<br />

si verificano spesso dopo una serie di terremoti, il primo<br />

dei quali avviene in profondità); mentre termometri che possono<br />

misurare temperature molto elevate (sopra i 1000 °C) registrano<br />

ogni variazione della temperatura della zona indiziata<br />

e, soprattutto, delle pozze di lava in ebollizione 52.<br />

Oggi esistono anche satelliti artificiali con strumenti in grado<br />

di rilevare flussi di calore sotto la superficie terrestre (che sono<br />

un indizio della risalita di magma), mentre particolari livelle al<br />

suolo registrano ogni rigonfiamento della superficie terrestre<br />

nelle vicinanze dei vulcani. Questi rigonfiamenti sono, in genere,<br />

provocati da un aumento della pressione interna della<br />

crosta terrestre e possono essere preludio di un’eruzione. Tutti<br />

questi segnali premonitori consentono di capire se si sta avvicinando<br />

il momento di un’eruzione, ma non di stabilire il momento<br />

esatto in cui avverrà, perché i segni premonitori possono<br />

durare settimane o mesi. Non è possibile neanche prevedere<br />

la violenza dell’esplosione o l’evoluzione nel tempo dell’eruzione.<br />

Per questo l’unica prevenzione, nel caso di un’eruzione<br />

esplosiva, resta una rapida evacuazione.<br />

Il rischio vulcanico dipende sia dalla pericolosità del vulcano,<br />

sia dai danni che il vulcano potrebbe provocare nel contesto in<br />

cui è inserito, tenendo conto della tipologia delle costruzioni,<br />

della densità di popolazione, dell’estensione delle aree urbane e<br />

del terreno agricolo ecc. 53.<br />

52 L’attività dell’Etna è monitorata dai ricercatori dell’Istituto Nazionale di Geofisica<br />

e Vulcanologia (ingv).<br />

Napoli<br />

rischio vulcanico<br />

altissimo<br />

alto<br />

medio<br />

San Giorgio<br />

a Cremano<br />

Portici<br />

Ercolano<br />

Torre<br />

del Greco<br />

Torre<br />

Annunziata<br />

Vesuvio<br />

© SEI – 2012<br />

53 Mappa del rischio vulcanico<br />

per l’area intorno al Vesuvio.<br />

N


© SEI – 2012<br />

Risk Assessment: Predicting Volcanic Eruptions<br />

Table 1 summarizes the major known volcanic disasters since<br />

AD 1500. The potential for such disasters in the future makes a<br />

volcanic eruption one of the greatest of geologic hazards. It<br />

also makes risk assessment and prediction of volcanic eruptions<br />

an important part of modern science.<br />

Approximately 1,300 active volcanoes are recognized globally,<br />

and 5,564 eruptions have occurred in the past 10,000 years.<br />

These figures do not include the numerous submarine volcanoes<br />

of the Mid-Oceanic Ridge system. Many volcanoes have<br />

erupted recently, and we are certain that others will erupt soon.<br />

How can geologists predict an eruption and reduce the risk of<br />

a volcanic disaster?<br />

Regional Prediction<br />

Volcanoes concentrate near subduction zones, spreading centers,<br />

and hot spots over mantle plumes but are rare in other<br />

places. Therefore, the first step in assessing the volcanic hazard<br />

of an area is to understand its tectonic environment. Western<br />

Washington and Oregon are near a subduction zone and in a<br />

region likely to experience future volcanic activity. Kansas and<br />

Nebraska are not.<br />

Furthermore, the potential violence of a volcanic eruption is<br />

related to geologic environment of the volcano. If an active volcano<br />

lies on continental crust, the eruptions may be violent because<br />

granitic magma may form. In contrast, if the region lies<br />

on oceanic crust, the eruptions may be gentle because basaltic<br />

volcanism is more likely. Violent eruptions are likely in Western<br />

Washington and Oregon, but less so on Hawaii or Iceland 1 .<br />

Table 1 Some notable volcanic disasters since the year ad 1500 involving 4,000 or more fatalities<br />

Hazard: a danger or risk<br />

Assessment: evaluation, estimation<br />

Likely: probable or expected<br />

6 I <strong>fenomeni</strong> <strong>vulcanici</strong><br />

Risk assessment is based both on frequency of past eruptions and<br />

on potential violence. However, regional prediction only estimates<br />

probabilities and cannot be used to determine when a particular<br />

volcano will erupt or the intensity of a particular eruption.<br />

1 Katla is a large volcano in Southern Iceland. It is very active; twenty eruptions<br />

have been documented between 930 and 1918, but its eruptions are not violent.<br />

Katla has been showing signs of unrest since 1999, and geologists have concerns<br />

that it might erupt in the near future.<br />

Year Country Volcano Number of Death<br />

1586 Indonesia Kelut 10,000<br />

1631 Italy Vesuvius 6,000<br />

1669 Italy Etna 10,000<br />

1783 Iceland Lakagigar 9,350<br />

1792 Japan Unzen 15,000<br />

1816 Indonesia Tambora 92,000<br />

1883 Indonesia Krakatoa 4,000<br />

1902 Martinique Pelée 40,000<br />

1902 Guatemala Santa Maria 6,000<br />

1919 Indonesia Kelut 5,000<br />

1985 Colombia Nevado del Ruiz 23,000<br />

131<br />

CONTENT AND LANGUAGE INTEGRATED LEARNING CLIL


132 I FENOMENI ENDOGENI<br />

CONTENT AND LANGUAGE INTEGRATED LEARNING CLIL<br />

Short-Term Prediction<br />

In contrast to regional predictions, short-term predictions attempt<br />

to forecast the specific time and place of an impending<br />

eruption. They are based on instruments that monitor an active<br />

volcano to detect signals that the volcano is about to erupt.<br />

The signals include changes in the shape of the mountain and<br />

surrounding land, earthquake swarms indicating movement<br />

of magma beneath the mountain, increased emissions of ash<br />

or gas, increasing temperatures of nearby hot springs, and any<br />

other signs that magma is approaching the surface.<br />

In 1978, two U.S. Geological Survey (USGS) geologists, Dwight<br />

Crandall and Don Mullineaux, noted that Mount St. Helens<br />

had erupted more frequently and violently during the past<br />

4,500 years than any other volcano in the contiguous 48 states.<br />

They predicted that the volcano would erupt again before the<br />

end of the century.<br />

In March 1980, about two months before the great May eruption,<br />

puffs of steam and volcanic ash rose from the crater of<br />

Mount St. Helens, and swarms of earthquakes occurred beneath<br />

the mountain. This activity convinced other USGS geologists<br />

that Crandall and Mullineaux’s prediction was correct.<br />

In response, they installed networks of seismographs,<br />

tiltmeters, and surveying instruments on and around the<br />

mountain.<br />

2 Aerial view of pyroclastic flow deposits from the Mount Pinatubo eruption 1991.<br />

Swarm: fig. a group of bees<br />

Ash: the grey substance left when something is burnt completely<br />

Nearby: that is a short distance away<br />

Steam: the gas or vapour that rises from boiling water<br />

In the spring of 1980, the geologists warned government agencies<br />

and the public that Mount St. Helens showed signs of an<br />

impending eruption. The U.S. Forest Service and local law enforcement<br />

officers quickly evacuated the area surrounding the<br />

mountain, averting a much larger tragedy.<br />

Using similar kinds of information, geologists predicted the 1991<br />

Mount Pinatubo eruption in the Philippines, saving many lives 2 .<br />

Although the June 25, 1997, eruption of the Soufrière Hills volcan<br />

on the Caribbean island of Montserrat killed 19 people and destroyed<br />

many homes and farms, predictions of the eruption by<br />

the Montserrat Volcano Observatory saved many additional lives.<br />

The island was long known to harbor an active volcano, and the<br />

observatory was established to monitor the volcano and to predict<br />

eruptions.<br />

The observatory recorded continued swelling of the dome,<br />

swarms of earthquakes, and many large and small eruptions, including<br />

pyroclastic flows, through the rest of 1996 and the first<br />

half of 1997. On June 25, 1997, major pyroclastic flows reached<br />

to within 50 meters of the airport. Surges and flows devastated<br />

several communities, killing 19 people.<br />

Although some people returned to homes and farms during<br />

lulls in the long eruptive sequence, there is little doubt that the<br />

warnings issued by the observatory and evacuations ordered by<br />

the government saved many lives.<br />

True or false<br />

from Thompson-Turk, Earth Science and Environment, 4E. © 2007.<br />

1. Regional predictions attempt to forecast the<br />

specific time and place of an impending eruption. T F<br />

2. The potential violence of a volcanic eruption<br />

is related to the geological environment<br />

of the volcano. T F<br />

3. Earthquake swarms, emissions of ahes and gases<br />

and puffs of steam are important signal<br />

in short-term prediction of volcanic eruptions. T F<br />

4. Short-time predictions always save human lives. T F<br />

5. If an active volcano lies on continental crust,<br />

the eruption may be gentle because granitic<br />

magma may form. T F<br />

6. If an active volcano lies on oceanic crust,<br />

the eruption may be gentle because basaltic<br />

magma may form. T F<br />

to Harbor: fig. to host<br />

Dome: the rounded summit of a hill or mountain; (geology) a rounded<br />

uplifted landform or underground structure<br />

Lull: a temporary period of quiet or inactivity<br />

© SEI – 2012


© SEI – 2012<br />

attivi<br />

(circa 600)<br />

estinti<br />

quiescenti<br />

possono<br />

essere<br />

se il magma<br />

NON SALE<br />

in superficie<br />

attività ignea<br />

INTRUSIVA<br />

PLUTONI<br />

BATOLITI<br />

FILONI<br />

LACCOLITI<br />

PER RIPASSARE<br />

VULCANESIMO = forza endogena<br />

di modificazione della<br />

superficie terrestre<br />

MAGMI<br />

SIALICI INTERMEDI FEMICI<br />

basaltiche<br />

andesitiche<br />

riolitiche<br />

VISCOSITÀ<br />

SILICE<br />

EFFUSIVE<br />

i magmi sono fluidi<br />

i condotti restano liberi<br />

i gas non si accumulano<br />

concentrati<br />

in fasce<br />

lunghe e<br />

strette<br />

se il magma<br />

SALE<br />

in superficie<br />

attività ignea<br />

EFFUSIVA<br />

ERUZIONI<br />

materiali emessi<br />

6 I <strong>fenomeni</strong> <strong>vulcanici</strong><br />

DORSALI OCEANICHE<br />

ARCHI DI ISOLE E ALCUNI<br />

MARGINI CONTINENTALI<br />

FRATTURE CONTINENTALI<br />

VULCANI ISOLATI (PUNTI CALDI)<br />

CENTRALI<br />

LINEARI<br />

ESPLOSIVE<br />

i magmi sono viscosi<br />

i condotti si ostruiscono<br />

i gas si accumulano<br />

LAVE PIROCLASTI<br />

GAS<br />

a corda<br />

a blocchi<br />

a cuscino<br />

polveri<br />

ceneri<br />

lapilli<br />

bombe<br />

EDIFICIO<br />

VULCANICO<br />

il magma<br />

fuoriesce<br />

dal camino<br />

il magma<br />

fuoriesce<br />

dalle fratture<br />

PLATEAUX<br />

E<br />

DORSALI<br />

133


134 I FENOMENI ENDOGENI<br />

PER RICORDARE<br />

Il magma può solidificare in profondità (attività<br />

intrusiva), dando origine ai plutoni, oppure<br />

risalire fino a raggiungere la superficie (attività<br />

effusiva), dando origine ai <strong>fenomeni</strong><br />

<strong>vulcanici</strong>, collegati con la fuoriuscita di lave,<br />

gas e materiali solidi (materiali piroclastici).<br />

Il magma si forma nelle regioni in cui agiscono<br />

forze endogene che causano distensione<br />

o compressione oppure sprofondamento di<br />

ampie porzioni di litosfera, dove si verifica un<br />

aumento di temperatura o una diminuzione di<br />

pressione.<br />

In base al tenore di silice, i magmi possono<br />

essere sialici, femici o intermedi.<br />

Le proprietà più importanti del magma sono la<br />

viscosità, il contenuto di acqua e di gas. La<br />

viscosità dipende principalmente dal tenore di<br />

silice: i magmi sialici sono più viscosi di quelli<br />

femici. Anche il contenuto in acqua (in genere<br />

maggiore nei magmi sialici) influenza la viscosità<br />

del magma, perché riduce la temperatura<br />

di fusione dei silicati, mentre i gas ne influenzano<br />

la mobilità.<br />

Il vulcano è una spaccatura della superficie<br />

terrestre da cui fuoriescono lave, gas e piroclasti.<br />

Si distinguono vulcani ad attività lineare e<br />

vulcani ad attività centrale.<br />

Si parla di eruzioni lineari quando il magma<br />

fuoriesce da fratture della crosta allungate e<br />

strette e la lava si espande formando ricoprimenti<br />

(plateaux) di migliaia di kilometri quadrati.<br />

Si parla di eruzioni centrali quando i materiali<br />

vengono eruttati da un cratere intorno<br />

a cui si accresce un edificio vulcanico, detto<br />

cono.<br />

Le manifestazioni conclusive dell’attività di un<br />

vulcano danno luogo a <strong>fenomeni</strong> di vulcanesimo<br />

secondario, che comprendono la liberazione<br />

dei gas o il riscaldamento delle acque<br />

del sottosuolo, con conseguente emissione di<br />

gas e vapor d’acqua (fumarole, soffioni boraciferi,<br />

geyser).<br />

Il meccanismo eruttivo può essere effusivo o<br />

esplosivo ed è condizionato dalla viscosità del<br />

magma e dalla percentuale di gas e vapor d’acqua.<br />

In genere il magma femico, più caldo e fluido,<br />

scorre liberamente all’interno del condotto vulcanico,<br />

liberando in modo regolare i gas che<br />

contiene (attività effusiva). Il magma sialico,<br />

meno caldo e più viscoso, tende a solidificare<br />

all’interno del condotto vulcanico, formando<br />

un tappo, che impedisce la fuoriuscita dei<br />

gas; quando la pressione dei gas vince il peso<br />

dei materiali soprastanti, si ha un’esplosione<br />

(attività esplosiva). Le eruzioni avvengono<br />

con modalità diverse e prendono il nome del<br />

vulcano di cui sono tipiche.<br />

In base alle caratteristiche dell’edificio vulcanico<br />

i vulcani ad attività centrale possono essere<br />

a scudo, stratovulcani, coni di scorie.<br />

© SEI – 2012<br />

I vulcani attivi sono geograficamente localizzati<br />

in lunghe e strette fasce della superficie<br />

terrestre, corrispondenti: alle dorsali oceaniche,<br />

agli archi di isole e ad alcuni margini continentali,<br />

alle fosse tettoniche, ai rilievi di recente<br />

formazione che si estendono dall’Europa<br />

all’Asia.<br />

Ogni fascia è caratterizzata dalla prevalenza di<br />

attività effusiva o esplosiva.<br />

Al di fuori delle fasce si collocano i punti caldi,<br />

vulcani isolati che emettono lave basaltiche.<br />

L’Italia, come tutta l’area mediterranea, è interessata<br />

da un’intensa attività magmatica ed è<br />

possibile identificare 4 province magmatiche,<br />

di cui 3 ancora attive. I principali vulcani<br />

attivi sono: Vesuvio, Ischia e Campi Flegrei<br />

(provincia magmatica romana); Stromboli,<br />

Vulcano e Lipari (provincia magmatica delle<br />

Eolie); Etna (provincia magmatica siciliana).<br />

La pericolosità di un vulcano è la probabilità<br />

che dia luogo a un’eruzione distruttiva. Si valuta<br />

in base alla struttura e alle caratteristiche<br />

dell’attività eruttiva del vulcano. Il rischio vulcanico<br />

dipende invece sia dalla pericolosità sia<br />

dai danni che un’eruzione potrebbe causare,<br />

perciò il rischio è direttamente legato al tipo di<br />

insediamento e di utilizzo del suolo in prossimità<br />

del vulcano.


© SEI – 2012<br />

VERIFICA<br />

Definisci<br />

vulcanesimo, plutone, camera magmatica, vulcano, piroclasti, nube<br />

ardente, base-surge, lahars, diatrema, caldera, geyser.<br />

Stabilisci quali affermazioni sono vere e quali false<br />

1 Lava è sinonimo di magma. V F<br />

2 La maggior parte dei vulcani erutta lave basaltiche. V F<br />

3 La nube ardente è una nube di polveri, ceneri,<br />

lapilli e gas. V F<br />

4 Le lave femiche formano facilmente estrusioni solide<br />

o semisolide. V F<br />

5 I vulcani italiani sono tutti stratovulcani. V F<br />

6 L’attività vulcanica è condizionata<br />

dal contenuto in silice e in acqua,<br />

dalla temperatura e dai gas presenti nel magma. V F<br />

7 Le rocce piroclastiche sono rocce magmatiche. V F<br />

8 L’Etna ha un’attività effusiva,<br />

perciò è un vulcano a scudo. V F<br />

9 Esistono solo due tipi di lave: riolitica e basaltica. V F<br />

10 La cintura di fuoco circumpacifica è un sistema<br />

di vulcani ad attività prevalentemente esplosiva. V F<br />

Completa le frasi<br />

1 I magmi ................................................................................ sono meno viscosi<br />

di quelli ....................................................................................., perciò raggiungono<br />

la superficie terrestre più ...................................................................... dei magmi<br />

............................................................, che solidificano frequentemente in profondità,<br />

generando corpi intrusivi, detti ............................................................,<br />

costituiti principalmente da rocce ........................................................................,<br />

chiamate .....................................................................................<br />

2 Durante un’eruzione vulcanica esplosiva si realizza soprattutto<br />

un’attività ....................................................................., accompagnata da attività<br />

.........................................................................., mentre l’attività .......................................<br />

............................................................................................ è ridotta.<br />

3 Le dorsali oceaniche sono sistemi di ..........................................................,<br />

che si estendono sui ........................................................................................, e sono<br />

caratterizzate dall’emissione di lave di tipo ......................................................<br />

.................................., perciò hanno un’attività ............................................................<br />

tranquilla. Sono vulcani ............................................................................... in cui la<br />

lava fuoriesce da lunghe .................................................................................... della<br />

...................................................................................<br />

4 La cintura di fuoco circumpacifica comprende una serie di vulcani<br />

ad attività prevalentemente ............................................................................,<br />

localizzati sul ......................................................................... del ......................................<br />

......................................., oppure negli ..............................................................................,<br />

lungo le coste ...................................................... e ............................................................<br />

del ..........................................................................<br />

5 I punti caldi sono .................................................................................................... o<br />

......................................................................... che non si collocano lungo fasce,<br />

6 I <strong>fenomeni</strong> <strong>vulcanici</strong><br />

ma sono ............................................................................. ed emettono lave di tipo<br />

.............................................................................., perciò hanno un’attività effusiva<br />

................................................................................. Tipici punti caldi sono i vulcani<br />

delle ...............................................................................<br />

6 La viscosità di un magma dipende principalmente dal suo ..........<br />

......................................................................... di ........................................................................,<br />

ma è influenzata anche da .........................................................................................,<br />

.......................................................................... e .........................................................................<br />

7 I magmi si formano nel .......................................................................... o nella<br />

...................................................................................... a causa di variazioni locali di<br />

........................................................................ e ..........................................................................;<br />

la loro formazione può essere facilitata da un incremento del contenuto<br />

di ..............................................................................................., sostanza che<br />

facilita la fusione dei ..................................................................................<br />

8 Le nubi ardenti sono formate da .....................................................................<br />

........................................... in sospensione con ..............................................................;<br />

si formano nelle eruzioni di tipo ...................................................... di vulcani<br />

alimentati da magmi fortemente ............................................................., cioè<br />

magmi che hanno un elevato tenore di ...............................................................<br />

9 Le caldere sono .................................................................................. a forma di<br />

..........................................................................., causate da una .......................................<br />

.................................... o dallo ................................................................... della parte<br />

sommitale dell’edificio vulcanico.<br />

10 Le eruzioni freato-magmatiche sono caratterizzate dall’emissione<br />

di .......................................................................... e materiali .................................<br />

............................................................ e si verificano quando ingenti quantità di<br />

........................................................................... penetrano nella ........................................<br />

................................................... e si mescolano al magma, trasformandosi in<br />

............................................................ a causa della ............................................................<br />

Scegli il completamento corretto<br />

1 Un magma sialico:<br />

a è più denso di un magma femico.<br />

b si forma solo per anatessi.<br />

c per cristallizzazione frazionata può differenziarsi originando<br />

un magma femico.<br />

d è molto ricco di silice e viscoso.<br />

2 L’attività esplosiva:<br />

a produce edifici <strong>vulcanici</strong> con caldere, cupole di ristagno e<br />

guglie.<br />

b produce pillow lavas.<br />

c è tipica dei vulcani a scudo.<br />

d è frequente nei punti caldi.<br />

3 I gas disciolti nel magma all’interno della camera magmatica:<br />

a si separano dal magma solo quando è fuoriuscito dalla<br />

bocca del vulcano.<br />

b tendono a separarsi dal magma se la pressione litostatica<br />

sovrastante aumenta.<br />

c sono in percentuali uguali in tutti i magmi.<br />

d quando si liberano possono produrre una pressione tanto<br />

elevata da frantumare le rocce sovrastanti.<br />

135


136 I FENOMENI ENDOGENI<br />

4 Le colate piroclastiche:<br />

a sono formate da lava che si deposita per caduta gravitativa.<br />

b comprendono nubi ardenti e ignimbriti.<br />

c sono formate da frammenti solidi mescolati a gas o fango.<br />

d sono tipiche dell’attività esplosiva.<br />

5 Il Vesuvio:<br />

a ha eruzioni spesso esplosive.<br />

b è potenzialmente meno pericoloso dell’Etna.<br />

c alterna fasi di attività esplosiva ed effusiva.<br />

d è un vulcano a scudo.<br />

6 I magmi femici:<br />

a non solidificano mai in profondità, ma solo in superficie.<br />

b sono poveri di silice e molto densi.<br />

c alimentano eruzioni di tipo peleano.<br />

d sono molto viscosi e solidificando producono rocce basaltiche.<br />

7 I batoliti:<br />

a spesso hanno composizione granitica.<br />

b derivano principalmente dal consolidamento di magmi<br />

primari.<br />

c sono più frequenti lungo l’asse delle dorsali oceaniche.<br />

d hanno dimensioni ridotte.<br />

8 L’anatessi:<br />

a è il fenomeno di fusione parziale del mantello superiore.<br />

b porta alla formazione di un magma che in genere è sialico.<br />

c è la solidificazione del magma sialico.<br />

d è il differenziamento di un magma sialico.<br />

9 I filoni strato sono:<br />

a colate laviche stratificate.<br />

b corpi intrusivi discordanti.<br />

c formati da rocce intrusive o ipoabissali.<br />

d formati da basalti.<br />

10 Gli stratovulcani:<br />

a sono edifici formati da strati di colate laviche sovrapposte.<br />

b sono vulcani ad attività lineare.<br />

c sono formati da strati di scorie.<br />

d possono attraversare alternativamente fasi esplosive e fasi<br />

effusive.<br />

Completa la tabella, indicando a quale provincia magmatica<br />

appartengono i vulcani elencati<br />

Vesuvio<br />

Stromboli<br />

Roccamonfina<br />

Vulcano<br />

Ischia<br />

Campi Flegrei<br />

Amiata<br />

Etna<br />

Lipari<br />

provincia<br />

magmatica<br />

toscana<br />

provincia<br />

magmatica<br />

romana<br />

provincia<br />

magmatica<br />

siciliana<br />

provincia<br />

magmatica<br />

delle Eolie<br />

................................<br />

Completa lo schema, inserendo i termini mancanti<br />

.....................................<br />

................................................<br />

.......................................<br />

.............................<br />

......................................<br />

.....................................<br />

© SEI – 2012<br />

Rispondi alle domande<br />

1 Quali sono le principali differenze tra magmi femici, intermedi<br />

e sialici, dal punto di vista chimico, fisico e delle manifestazioni?<br />

2 Si può dire che esiste un dualismo evidente tra i <strong>fenomeni</strong><br />

<strong>vulcanici</strong> di tipo esplosivo e quelli di tipo effusivo. Da che<br />

cosa dipende?<br />

3 Nelle Alpi Occidentali si trovano affioramenti di pillow lavas<br />

risalenti a oltre 150 milioni di anni fa. Si può affermare con<br />

sicurezza che questi affioramenti si sono formati in condizioni<br />

ambientali totalmente diverse da quelle in cui si trovano<br />

attualmente? Perché?<br />

4 La forma di un apparato vulcanico dipende dal tipo di lava<br />

emessa o dalla quantità di materiali eruttati? Spiega la tua<br />

risposta e fai degli esempi.<br />

5 Come si forma una caldera?<br />

6 Che cos’è un’esplosione freatica?<br />

7 Indica le regioni della Terra in cui si concentrano i vulcani<br />

potenzialmente più pericolosi.<br />

8 Qual è il meccanismo comune che innesca i <strong>fenomeni</strong> di<br />

vulcanesimo secondario?<br />

9 Quali sono i più comuni segni premonitori delle eruzioni vulcaniche?<br />

10 Spiega che cosa si intende per pericolosità e rischio vulcanico.<br />

................................................. ................................

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