31.05.2013 Views

scarica il dossier in formato pdf - Amici della Terra

scarica il dossier in formato pdf - Amici della Terra

scarica il dossier in formato pdf - Amici della Terra

SHOW MORE
SHOW LESS

Create successful ePaper yourself

Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.

ISAT<br />

Istituto per le scelte<br />

ambientali e tecnologiche<br />

Con la collaborazione<br />

del Dipartimento<br />

<strong>della</strong> protezione civ<strong>il</strong>e<br />

DISASTRI NATURALI<br />

Conoscere per prevenireRoma,<br />

2006<br />

Con <strong>il</strong> contributo<br />

del M<strong>in</strong>istero dell’ambiente<br />

e <strong>della</strong> tutela del territorio<br />

Con <strong>il</strong> patroc<strong>in</strong>io scientifico<br />

del Consiglio Nazionale<br />

delle Ricerche<br />

Con <strong>il</strong> contributo<br />

dell’Università Telematica<br />

“Guglielmo Marconi”<br />

ISAT<br />

Istituto per le scelte<br />

ambientali<br />

e tecnologiche<br />

Con la collaborazione<br />

del Dipartimento<br />

<strong>della</strong> protezione civ<strong>il</strong>e


ISAT<br />

Istituto per le scelte<br />

ambientali e tecnologiche<br />

Con <strong>il</strong> contributo<br />

del M<strong>in</strong>istero dell’ambiente<br />

e <strong>della</strong> tutela del territorio<br />

DISASTRI NATURALI<br />

Conoscere per prevenire<br />

a cura di<br />

Mario Signor<strong>in</strong>o e Francesco Mauro (ISAT)<br />

con la collaborazione<br />

di Valerio Comerci (rischio sismico)<br />

e Fiorenzo Fumanti (rischio vulcanico)<br />

Roma, 2006<br />

Con <strong>il</strong> patroc<strong>in</strong>io scientifico<br />

del Consiglio Nazionale<br />

delle Ricerche<br />

Con la collaborazione<br />

del Dipartimento<br />

<strong>della</strong> protezione civ<strong>il</strong>e<br />

Con <strong>il</strong> contributo<br />

dell’Università Telematica<br />

“Guglielmo Marconi”


© ISAT<br />

Istituto per le scelte<br />

ambientali e tecnologiche<br />

E-ma<strong>il</strong>: isat@sv<strong>il</strong>upposostenib<strong>il</strong>e.org<br />

DISASTRI NATURALI<br />

Conoscere per prevenire<br />

A cura di<br />

Mario Signor<strong>in</strong>o<br />

e Francesco Mauro<br />

Con la collaborazione di<br />

Valerio Comerci<br />

(rischio sismico)<br />

e Fiorenzo Fumanti<br />

(rischio vulcanico)<br />

Progetto grafico<br />

Aurelio Candido<br />

Edit<strong>in</strong>g<br />

Valter Baldassarri<br />

Illustrazioni<br />

Koen Ivens<br />

(completare con le pag<strong>in</strong>e)<br />

Gli autori desiderano r<strong>in</strong>graziare<br />

Gian Michele Calvi,<br />

Bernardo De Bernard<strong>in</strong>is,<br />

Elvezio Galanti,<br />

Leonello Serva,<br />

V<strong>in</strong>cenzo Spaziante,<br />

per i commenti e i suggerimenti forniti<br />

Per <strong>il</strong> reperimento dell’iconografia,<br />

si r<strong>in</strong>graziano<br />

Att<strong>il</strong>io D’Annibale<br />

Dipartimento <strong>della</strong> protezione civ<strong>il</strong>e<br />

Concetta Nostro<br />

e Daniela Riposati<br />

Istituto nazionale di geofisica<br />

e vulcanologia<br />

Giovanni Orsi<br />

e Magda De Lucia<br />

Osservatorio Vesuviano<br />

Giuseppe Luongo<br />

Università Federico II di Napoli<br />

Paola Carrabba<br />

Enea<br />

Disastri naturali | Conoscere per prevenire 5<br />

INDICE<br />

Introduzione 7<br />

Perché questo tema è importante<br />

1. I disastri naturali a livello globale 9<br />

1.1 I disastri naturali del passato 9<br />

1.2 I disastri del nuovo secolo 14<br />

1.3 Alcune questioni di term<strong>in</strong>ologia 16<br />

2. Il rischio sismico <strong>in</strong> Italia 19<br />

2.1 Elementi del rischio sismico 20<br />

2.2 La pericolosità sismica <strong>in</strong> Italia 24<br />

2.3 Forti terremoti avvenuti <strong>in</strong> Italia 27<br />

2.4 La vulnerab<strong>il</strong>ità sismica <strong>in</strong> Italia 28<br />

2.5 Schede su alcuni forti terremoti avvenuti <strong>in</strong> Italia 33<br />

3. Il rischio vulcanico <strong>in</strong> Italia 44<br />

3.1 Le caratteristiche dei vulcani 44<br />

3.2 I vulcani italiani 51<br />

3.3 Il Vesuvio 54<br />

3.4 I Campi Flegrei 66<br />

3.5 Ischia 72<br />

3.6 Il Piano Vesuvio 74<br />

3.7 Altri vulcani italiani attivi 75<br />

4. Altre m<strong>in</strong>acce per <strong>il</strong> territorio italiano 81<br />

4.1 Alluvioni e frane 81<br />

4.2 Fenomeni riguardanti <strong>il</strong> livello del mare 8


Disastri naturali | Conoscere per prevenire | Introduzione 7<br />

Perché questo tema è importante<br />

L’Italia è un paese caratterizzato da una sovrapposizione di rischi<br />

naturali che ha pochi riscontri al mondo. Terremoti, eruzioni<br />

vulcaniche e dissesto idrogeologico si verificano <strong>in</strong> modo ricorrente su<br />

buona parte del territorio nazionale. La situazione è aggravata<br />

dall’antropizzazione del territorio e da carenze nella prevenzione e<br />

mitigazione che rendono disastrosi effetti di fenomeni anche non<br />

particolarmente forti.<br />

Scopo del presente lavoro è condurre una ricognizione del rischio di<br />

disastri naturali sul territorio nazionale. Un’<strong>in</strong>formazione equ<strong>il</strong>ibrata<br />

ed obiettiva può essere un forte strumento di buongoverno per la<br />

salvaguardia di un patrimonio culturale e ambientale senza prezzo,<br />

ma per <strong>il</strong> cui mantenimento prezzi accettab<strong>il</strong>i debbono pur essere<br />

pagati.<br />

La situazione non è tranqu<strong>il</strong>lizzante, come dimostrano i cont<strong>in</strong>ui<br />

disastrosi effetti di frane e alluvioni sugli abitati e sulle popolazioni, la<br />

diffusa elusione delle normative antisismiche per l’ed<strong>il</strong>izia, la piaga<br />

dell’abusivismo ed<strong>il</strong>izio che accresce notevolmente la vulnerab<strong>il</strong>ità<br />

sismica, vulcanica e geologico-idraulica del Paese, la presenza di vaste<br />

popolazioni <strong>in</strong> aree ad alto rischio come quelle <strong>in</strong>torno al Vesuvio e ai<br />

Campi Flegrei.<br />

Particolarmente carente l’attenzione verso i problemi di protezione dei<br />

beni culturali, nonostante lo choc a suo tempo causato<br />

dall’<strong>in</strong>ondazione di Firenze del 1966 e la conoscenza <strong>della</strong><br />

vulnerab<strong>il</strong>ità di aree particolarmente importanti come la Val di Noto<br />

per <strong>il</strong> barocco sic<strong>il</strong>iano. La tendenza diffusa nell’op<strong>in</strong>ione pubblica e<br />

nei decisori a non preoccuparsi del rischio dovuto a fenomeni non<br />

immediati o comunque non def<strong>in</strong>iti precisamente nel tempo,<br />

ancorché probab<strong>il</strong>isticamente attesi, è <strong>in</strong>fatti ancor più r<strong>il</strong>evante nel<br />

caso dei beni culturali. Si ritiene qu<strong>in</strong>di necessario uno sforzo<br />

particolare aff<strong>in</strong>ché queste problematiche vengano meglio apprezzate<br />

ed affrontate.<br />

L‘osservazione dei disastri naturali <strong>in</strong> Italia risale all’antichità: si pensi<br />

alla famosa eruzione del Vesuvio che distrusse Pompei ed all’orig<strong>in</strong>e<br />

stessa del term<strong>in</strong>e “vulcano”. Malgrado ciò, si è avuto un decollo<br />

tardivo delle moderne scienze <strong>della</strong> terra (a detta degli studiosi, solo<br />

<strong>in</strong> seguito al terremoto di Avezzano, detto anche del Fuc<strong>in</strong>o, nel 1915)<br />

e dell’approccio oggi identificato come protezione civ<strong>il</strong>e (nel secondo<br />

dopoguerra, dopo <strong>il</strong> terremoto dell’Irp<strong>in</strong>ia nel 1980).<br />

Per quanto riguarda lo stato attuale <strong>della</strong> conoscenza e <strong>della</strong> ricerca di<br />

base e applicata, di r<strong>il</strong>evanza anche per la prestazione di servizi<br />

scientifici ed attività di supporto e consulenza, è opportuno aprire una<br />

seria discussione, assicurandosi che vi siano dedicate attenzione e<br />

risorse almeno pari a quelle riservate agli studi e alle attività di<br />

monitoraggio nel campo meteo-climatico.<br />

In l<strong>in</strong>ea generale, la gestione dei rischi associati ai vari fenomeni da<br />

parte delle strutture di governo, centrali e locali, potrebbe essere<br />

migliorata cambiando sostanzialmente le priorità <strong>della</strong> politica<br />

ambientale e, più <strong>in</strong> generale, le priorità di governo


Disastri naturali | Conoscere per prevenire 9<br />

1. I DISASTRI NATURALI A LIVELLO GLOBALE<br />

1.1. I disastri naturali del passato<br />

La storia del nostro pianeta è segnata da catastrofi, ma buona parte di<br />

questa storia ci è ignota. Le fonti scritte riguardano al massimo qualche migliaio<br />

di anni, a fronte di un genere Homo che potrebbe avere f<strong>in</strong>o a 5 m<strong>il</strong>ioni<br />

di anni di età.<br />

Sicuramente la storia <strong>della</strong> <strong>Terra</strong> è caratterizzata da molteplici est<strong>in</strong>zioni<br />

di massa la cui causa è da ricercare <strong>in</strong> eventi capaci di mutare radicalmente,<br />

<strong>in</strong> tempi geologicamente brevissimi, le condizioni di vita dell’<strong>in</strong>tero pianeta.<br />

Diversi ricercatori segnalano la corrispondenza temporale di alcune di<br />

tali est<strong>in</strong>zioni (ad esempio, quelle <strong>della</strong> f<strong>in</strong>e del Devoniano, 367 m<strong>il</strong>ioni di<br />

anni fa; <strong>della</strong> f<strong>in</strong>e del Triassico, 212 m<strong>il</strong>ioni di anni fa; <strong>della</strong> f<strong>in</strong>e del Cretaceo,<br />

65 m<strong>il</strong>ioni di anni fa; e <strong>della</strong> f<strong>in</strong>e dell’Eocene, 34 m<strong>il</strong>ioni di anni fa) con<br />

l’impatto con corpi celesti di grandi dimensioni.<br />

L’impatto con i meteoriti<br />

L’ultimo impatto conosciuto con un corpo celeste di dimensioni apprezzab<strong>il</strong>i<br />

(20-60 metri di diametro) è quello di Tunguska (Siberia) nel 1908, che<br />

non ha avuto effetti catastrofici solo perché ha colpito una zona quasi deserta<br />

e forse perché, essendo di orig<strong>in</strong>e cometaria, è esploso quando si trovava<br />

ancora <strong>in</strong> atmosfera.<br />

Le conseguenze <strong>della</strong> caduta di un grande meteorite, anche più piccolo di<br />

quello dello Yucatan, potrebbero essere apocalittiche, sia per gli effetti meccanici<br />

immediati dell’impatto che per l’<strong>in</strong>sorgenza di ampie variazioni cli-<br />

La lunga storia dei disastri<br />

naturali può essere<br />

esemplificata dalla catastrofe<br />

planetaria causata dal<br />

grande meteorite, stimato di<br />

10 km di diametro, caduto<br />

65 m<strong>il</strong>ioni di anni fa nello<br />

Yucatan, noto come<br />

Chicxulub, ritenuto<br />

responsab<strong>il</strong>e <strong>della</strong> grande<br />

est<strong>in</strong>zione di specie alla<br />

transizione dei periodi<br />

Cretaceo-Terziario.


10<br />

Il cratere di Manicouagan,<br />

Quebec, Canada. Ha un diametro<br />

di circa 100 km e risale a 212<br />

m<strong>il</strong>ioni di anni fa.<br />

Fonte:<br />

Image Science and Analysis<br />

Laboratory, NASA-Johnson Space<br />

Center. 19 Oct. 2004. “Earth from<br />

Space - Ava<strong>il</strong>able Images.”<br />

http://earth.jsc.nasa.gov/sseop/<br />

efs/images.pl?photo=STS009-<br />

48-3139.<br />

Disastri naturali a livello globale | Il passato<br />

matiche (verso <strong>il</strong> freddo, a causa del lungo ”<strong>in</strong>verno<br />

planetario”causato dalla polvere sollevata<br />

dall’impatto), con relativa <strong>in</strong>terruzione <strong>della</strong> catena<br />

alimentare e massiccia est<strong>in</strong>zione di specie.<br />

Tra i rischi provenienti dallo spazio extraterrestre,<br />

va segnalato quello dovuto alla caduta di<br />

satelliti artificiali che si sono progressivamente<br />

riavvic<strong>in</strong>ati alla superficie terrestre. I luoghi di<br />

caduta dei satelliti o dei loro frammenti sono<br />

spesso diffic<strong>il</strong>i da prevedere e richiedono un’attenta<br />

gestione del rischio da parte <strong>della</strong> protezione<br />

civ<strong>il</strong>e.<br />

Le glaciazioni<br />

Gli effetti di tali fenomeni a livello planetario<br />

ricordano le glaciazioni - le cui cause, pr<strong>in</strong>cipalmente<br />

di natura astronomica, non sono ancora<br />

completamente chiare - di cui l’ultima, <strong>il</strong> Last<br />

Glacial Maximum (LGM), ha avuto <strong>il</strong> picco circa<br />

18.000 anni fa ed è durata f<strong>in</strong>o a circa 10.000 anni fa (<strong>in</strong> quel periodo, la<br />

temperatura si abbassò nell’emisfero nord di 5-10°C, <strong>il</strong> ghiaccio artico arrivò<br />

a coprire quasi tutta la Gran Bretagna e buona parte dell’Europa centrale,<br />

i ghiacciai alp<strong>in</strong>i si estesero alla Pianura Padana).<br />

Le glaciazioni ed i relativi periodi <strong>in</strong>terglaciali sono fenomeni di lunga<br />

durata e di entità planetaria. Non vanno perciò confusi con eventi di m<strong>in</strong>or<br />

r<strong>il</strong>ievo come la cosiddetta “piccola età glaciale” verificatasi tra <strong>il</strong> 1300 e <strong>il</strong><br />

1850 circa (caratterizzata da un abbassamento <strong>della</strong> temperatura dell’emisfero<br />

nord di circa mezzo grado centigrado).<br />

Le Grandi Prov<strong>in</strong>ce Magmatiche<br />

Per altre grandi est<strong>in</strong>zioni, non sono state <strong>in</strong>dividuate cause extraterrestri ed<br />

appare <strong>in</strong>vece plausib<strong>il</strong>e la correlazione con le Grandi Prov<strong>in</strong>ce Magmatiche<br />

(GPM). Le GPM sono aree molto estese, ricoperte da ch<strong>il</strong>ometri di depositi<br />

magmatici emessi da gigantesche eruzioni cont<strong>in</strong>uate per migliaia di anni.<br />

Tale attività eruttiva ha sicuramente determ<strong>in</strong>ato la fuoruscita di enormi quantità<br />

di gas <strong>in</strong> grado di modificare radicalmente la composizione dell’atmosfera<br />

e degli oceani con conseguenze catastrofiche sul clima e sull’ambiente.<br />

La più grande est<strong>in</strong>zione <strong>della</strong> storia <strong>della</strong> <strong>Terra</strong>, avvenuta alla f<strong>in</strong>e del<br />

Permiano (circa 225 m<strong>il</strong>ioni di anni fa), è probab<strong>il</strong>mente connessa con <strong>il</strong><br />

plateaux basaltico <strong>della</strong> Siberia, generato da almeno 45 eruzioni che hanno<br />

ricoperto con circa 4 km di lava un’area di 1,5 m<strong>il</strong>ioni di km 2 . L’accumulo<br />

delle lave nella GPM del Deccan, circa 65 m<strong>il</strong>ioni di anni fa, è probab<strong>il</strong>mente<br />

corresponsab<strong>il</strong>e dell’est<strong>in</strong>zione <strong>della</strong> f<strong>in</strong>e del Cretaceo.<br />

I maggiori terremoti <strong>della</strong> storia<br />

Tra le catastrofi registrate nella storia umana, quella che forse ha provocato<br />

<strong>il</strong> maggior numero di vittime (800.000 morti) è <strong>il</strong> terremoto nello<br />

Shansi (C<strong>in</strong>a) del 1556; seguono l’uragano di Calcutta del 1737 (300.000<br />

morti) e, nella stessa zona, quello del Bangladesh (sempre circa 300.000<br />

morti) del 1970. Alcuni studi danno <strong>in</strong>vece <strong>il</strong> triste primato alla grande<br />

<strong>in</strong>ondazione verificatasi <strong>in</strong> C<strong>in</strong>a nel 1931 con 3.700.000 morti stimati.<br />

Un elenco dei terremoti maggiormente significativi <strong>in</strong> term<strong>in</strong>i di perdite<br />

di vite umane è prodotto dall’US Geological Survey (USGS) e riportato<br />

nella tabella 1.1.<br />

Disastri naturali | Conoscere per prevenire 11<br />

Tabella 11 - Terremoti con <strong>il</strong> maggior numero di vittime<br />

DATA LOCALITÀ VITTIME MAGNITUDO NOTE<br />

23-01-1556 Shansi, C<strong>in</strong>a 830.000 ~8<br />

26-12-2004 Sumatra, Indonesia 283.106 9.0 Vittime per terremoto e tsunami<br />

27-07-1976 Tangshan, C<strong>in</strong>a 255.000 (ufficiali) 7.5 655.000 morti stimati<br />

9-08-1138 Aleppo, Siria 230.000 Non Disponib<strong>il</strong>e<br />

22-12-856 Damghan, Iran 200.000 N.D.<br />

16-12-1920 N<strong>in</strong>gxia-Gansu, C<strong>in</strong>a 200.000 7.8 Fagliazione superficiale, frane<br />

22-05-1927 Ts<strong>in</strong>ghai, C<strong>in</strong>a 200.000 7.9 Fagliazione superficiale<br />

23-03-893 Ardab<strong>il</strong>, Iran 150.000 N.D.<br />

01-09-1923 Kwanto, Giappone 143.000 7.9 Grande <strong>in</strong>cendio di Tokyo<br />

05-10-1948 Ashgabat, 110.000 7.3<br />

Turkmenistan<br />

27-09-1290 Chihli, C<strong>in</strong>a 100.000 6.7<br />

Fonte: United States Geological Survey. http://earthquake.usgs.gov.<br />

Altri cataloghi, tra i quali quello del National Geophysical Data Center<br />

statunitense (http://www.ngdc.noaa.gov/seg/hazard) che copre l’arco temporale<br />

compreso tra <strong>il</strong> 2150 a.C. ed <strong>il</strong> 2005 d.C., riportano un maggior numero<br />

di eventi disastrosi, tra i quali quelli che avrebbero <strong>in</strong>teressato:<br />

● Antiochia nell’odierna Turchia nel 115 (260.000), nel 526 (250.000)<br />

e nel 533 (130.000);<br />

● Kiapas <strong>in</strong> Azerbaijan nel 1139 (300.000);<br />

● Egitto o Siria nel 1201 (1.100.000 morti);<br />

● Kwanto <strong>in</strong> Giappone (compresa la zona di Tokyo) nel 1703 (140.000);<br />

● Tabriz <strong>in</strong> Iran nel 1780 (200.000);<br />

● la Baia del Bengala <strong>in</strong> India nel 1876 (215.000);<br />

● Tov<strong>in</strong> <strong>in</strong> Armenia nell’893, pochi mesi dopo quello di Ardab<strong>il</strong> (180.000).<br />

Bisogna comunque tener presente che esiste<br />

una certa <strong>in</strong>certezza nei dati <strong>in</strong>seriti nei cataloghi,<br />

maggiore per gli eventi più antichi, e studi<br />

più accurati possono ridimensionare la portata<br />

del fenomeno. Un caso classico è quello del supposto<br />

terremoto (<strong>in</strong>serito come tale anche nel<br />

database del NGDC) che avrebbe colpito l’area<br />

di Calcutta nel 1737 determ<strong>in</strong>ando la morte di<br />

300.000 persone. Secondo studi recenti (vedi<br />

sito http://earthquake.usgs.gov) <strong>il</strong> disastro fu <strong>in</strong>vece<br />

orig<strong>in</strong>ato da una violentissima tempesta<br />

tropicale. Un altro caso è quello del terremoto di<br />

Hokkaido <strong>in</strong> Giappone nel 1730, riportato <strong>in</strong> alcuni<br />

cataloghi come evento responsab<strong>il</strong>e <strong>della</strong><br />

morte di 137.000 persone, che è <strong>in</strong>vece da riferirsi,<br />

secondo sismologi giapponesi, al sisma che<br />

colpì Tokyo nel 1703.<br />

Anche recentemente si sono avuti terremoti<br />

La storia dei terremoti è ovviamente molto antica.<br />

Per limitarsi ai tempi storici, si può attribuire ad effetti<br />

sismici l’episodio biblico <strong>della</strong> caduta delle mura di<br />

Gerico nel 1250 a.C. circa; sono state causate da<br />

terremoti la caduta del Colosso di Rodi nel 224 a.C. e<br />

quella del Faro di Alessandria nel 365 a.C. (con<br />

50.000 morti come effetto del sisma), nonché la<br />

distruzione di Antiochia <strong>in</strong> Siria nel 526 (250.000<br />

morti). Il famoso terremoto di San Francisco del<br />

1906, che fu seguito da un grande <strong>in</strong>cendio, fece solo<br />

700 vittime (forse una sottostima), ma viene oggi<br />

ricordato come causato dalla faglia di San Andreas<br />

(alla sua estremità nord) e qu<strong>in</strong>di come precursore<br />

dell’atteso “big one” che dovrebbe colpire la<br />

California.


12<br />

Disastri naturali a livello globale | Il passato<br />

devastanti, come quello di Izmit <strong>in</strong> Turchia nel 1999 (150.000 edifici distrutti<br />

e 17.000 morti), di Bhuj nel Gujarat, India, nel 2001 (400.000 case crollate e<br />

quasi 100.000 morti), del Golfo del Bengala (Sumatra) nel 2004 e del Kashmir<br />

nel 2005. I terremoti recenti più violenti, tutti superiori a magnitudo<br />

9 <strong>della</strong> scala Richter, si sono avuti, oltre che nel Golfo del Bengala come sopra<br />

citato, <strong>in</strong> vari punti del cosiddetto ”anello di fuoco”del Pacifico, sempre<br />

<strong>in</strong> zone dove si verifica la subduzione delle placche: a Valdivia <strong>in</strong> C<strong>il</strong>e (<strong>il</strong> più<br />

violento e con magnitudo più alta: 9,4-9,6 <strong>della</strong> scala Richter) nel 1960, <strong>in</strong><br />

Alaska nel 1957 e nel 1963, nel Kamchakta nel 1952.<br />

Terremoti con tsunami sono stati quelli citati del Golfo del Bengala e del<br />

Krakatoa (vedi oltre), quello citato di Tokyo nel 1703 che è risultato <strong>il</strong> più<br />

grave mai avvenuto <strong>in</strong> Giappone, quello famoso di Lisbona nel 1755<br />

(45.000 vittime), di Arica <strong>in</strong> C<strong>il</strong>e nel 1868 (70.000 vittime fra terremoto e<br />

maremoto), e alcuni italiani come quello del 1783 <strong>in</strong> Calabria e quello famoso<br />

di Mess<strong>in</strong>a del 1908. Altri si sono avuti <strong>in</strong> Alaska, nelle Aleut<strong>in</strong>e, nelle<br />

Hawaii, <strong>in</strong> Giappone e nel Pacifico.<br />

Le maggiori eruzioni vulcaniche <strong>della</strong> storia<br />

Oltre ai terremoti, effetti disastrosi, diretti e <strong>in</strong>diretti, sono legati alle<br />

grandi eruzioni vulcaniche. In particolare si citano quelle:<br />

● del Tambora a Sumatra, Indonesia, nel 1815 (92.000 morti), forse la più<br />

grande eruzione dalla f<strong>in</strong>e dell’ultima glaciazione, con effetti climatici<br />

nel 1816 (“l’anno senza estate”) e negli anni successivi,<br />

● del Krakatoa sempre <strong>in</strong> Indonesia, fra Giava e Sumatra, nel 1883<br />

(36.000 morti), con annesso maremoto, avvenuta a circa 60.000 anni di<br />

distanza <strong>della</strong> precedente eruzione importante,<br />

● <strong>della</strong> Montaigne Pelée nella Mart<strong>in</strong>ica nel 1902 (29.000 morti),<br />

● del Nevado del Ruiz (Colombia) nel 1985 quando una modesta<br />

eruzione determ<strong>in</strong>ò lo scioglimento dei ghiacciai con formazione di<br />

colate di fango (lahars) che uccisero 25.000 persone.<br />

Altre eruzioni di m<strong>in</strong>ore entità per quanto riguarda le vittime si sono verificate<br />

<strong>in</strong> Giappone, Colombia, Islanda, Messico, Guatemala, Indonesia,<br />

F<strong>il</strong>ipp<strong>in</strong>e, Papua Nuova Gu<strong>in</strong>ea, Stati Uniti, Italia, ecc.<br />

Tipi di eruzione<br />

Le eruzioni possono essere di vario tipo (una classificazione più completa<br />

è riportata nel capitolo 3):<br />

● pl<strong>in</strong>iane (da Pl<strong>in</strong>io <strong>il</strong> Giovane che descrisse l’eruzione che distrusse<br />

Pompei), di tipo esplosivo e generatrici di flussi piroclastici, come quelle<br />

del Vesuvio, del Mount St. Helens (1980) e del P<strong>in</strong>atubo nel 1991 -<br />

l’eruzione più potente del secolo scorso che, grazie all’evacuazione di<br />

oltre 200.000 persone, produsse un numero limitato di vittime (870) ma<br />

ebbe effetti socio-economici ed ambientali devastanti;<br />

● peleane, legate all’ostruzione del condotto da parte di magma molto<br />

vischioso, fortemente esplosive e con flussi piroclastici, come quella<br />

<strong>della</strong> Montaigne Pelée (1902);<br />

● vulcaniane (da Vulcano, Isole Eolie), moderatamente violente e con<br />

possib<strong>il</strong>i flussi piroclastici;<br />

● stromboliane (da Stromboli nelle Isole Eolie), con piccole esplosioni e<br />

fuoriuscita cont<strong>in</strong>ua di lava;<br />

● hawaiane, con fuoriuscita cont<strong>in</strong>ua e senza esplosioni di lava e gas,<br />

come nel caso delle Hawaii appunto e de La Réunion nell’Oceano<br />

Indiano.<br />

Disastri naturali | Conoscere per prevenire 13<br />

Non vanno <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e dimenticate grandi frane,<br />

alluvioni (anche su scala quasi cont<strong>in</strong>entale),<br />

tornado (con un picco di 689 <strong>in</strong> una s<strong>in</strong>gola sequenza<br />

negli Stati Uniti nel 1925). È vero d’altro<br />

canto che questi fenomeni, a differenza di<br />

terremoti, maremoti ed eruzioni, sono <strong>in</strong> qualche<br />

modo collegati al clima e qu<strong>in</strong>di all’eventuale,<br />

magari parziale, orig<strong>in</strong>e antropica dei fenomeni<br />

stessi.<br />

La variab<strong>il</strong>ità del rischio<br />

Va anche ricordato che la pericolosità (e<br />

qu<strong>in</strong>di <strong>il</strong> rischio) di questi fenomeni è diversa:<br />

● di anno <strong>in</strong> anno, sia per ragioni di<br />

fluttuazioni statistiche, sia per ragioni di<br />

trend (per cause più o meno note: si pensi,<br />

ad esempio, non solo alla variab<strong>il</strong>ità<br />

climatica, ma anche ai cicli astronomici e<br />

all’evoluzione del territorio);<br />

● riguardo agli effetti <strong>in</strong> term<strong>in</strong>i di morti e<br />

feriti (nel 2000 le <strong>in</strong>ondazioni, nel 2004 lo<br />

tsunami), danni economici, effetti sulla<br />

natura, sul paesaggio, sulla biodiversità e<br />

sui beni culturali;<br />

● a seconda <strong>della</strong> località colpita, sulla base <strong>della</strong> geografia e dello stato<br />

socio-economico, con differenze soprattutto a livello macroregionale.<br />

Diversa ancora è la percezione (variab<strong>il</strong>e a<br />

sua volta nel tempo e nello spazio) da parte<br />

dell’op<strong>in</strong>ione pubblica e degli stessi tecnici<br />

esperti (anche sulla scorta delle suddivisioni<br />

per corporazioni discipl<strong>in</strong>ari e per approccio<br />

metodologico).<br />

Si rendono qu<strong>in</strong>di necessarie attente e precise<br />

analisi comparate del rischio, sulla base sia<br />

di dati retrospettivi che di conoscenza dei meccanismi<br />

d’azione, allo scopo di stab<strong>il</strong>ire <strong>il</strong> rischio<br />

potenziale per evento e per categorie di<br />

eventi. In prima approssimazione, è da ricordare<br />

che la stessa frequenza dei diversi tipi di<br />

eventi è estremamente variab<strong>il</strong>e: dall’impatto<br />

di un meteorite di 10 km di diametro, che ha<br />

una probab<strong>il</strong>ità di accadimento di una volta<br />

ogni 100 m<strong>il</strong>ioni di anni circa, ad una supereruzione<br />

vulcanica (con VEI, Volcanic Explosivity Index,<br />

di 8 o più) che si verifica <strong>in</strong> media ogni<br />

50.000 anni, ad una scossa di terremoto di magnitudo<br />

8 <strong>della</strong> scala Richter che avviene <strong>in</strong> genere<br />

ogni 2 anni, f<strong>in</strong>o alle scosse meno violente<br />

con frequenze di mesi, settimane, giorni, ore,<br />

m<strong>in</strong>uti.<br />

Grandi eruzioni sono avvenute <strong>in</strong> tempi remoti,<br />

come quella esplosiva dell’isola egea di Thera (i cui<br />

resti oggi sono noti come Santhor<strong>in</strong>i), nel 1500 a.C.<br />

circa, spesso collegata alla leggenda di Atlantide ed<br />

alla f<strong>in</strong>e <strong>della</strong> civ<strong>il</strong>tà M<strong>in</strong>oica. Effetti ambientali<br />

ancor più devastanti hanno avuto le supereruzioni,<br />

molto più rare nel tempo, come quelle del distretto<br />

vulcanico dei Campi Flegrei (descritte <strong>in</strong> seguito) o<br />

come quella del Toba a Sumatra, 73.500 anni fa<br />

(con precedenti 700.000 e 840.000 anni fa), che<br />

ha <strong>formato</strong> un cratere di 100 km e provocato un<br />

lungo “<strong>in</strong>verno vulcanico” (crollo di 5-6°C delle<br />

temperature planetarie medie), forse responsab<strong>il</strong>e<br />

di una quasi est<strong>in</strong>zione dell’Homo sapiens moderno<br />

(come suggerito dal ristretto pool genetico<br />

attribuib<strong>il</strong>e ad un piccolo numero di <strong>in</strong>dividui per<br />

tutta l’umanità) ed eventualmente dell’<strong>in</strong>nesco<br />

dell’ultima glaciazione. Note e ben studiate sono<br />

anche le supereruzioni <strong>della</strong> caldera dello<br />

Yellowstone, <strong>in</strong> Nord America, 600.000 e<br />

2.000.000 anni fa. Assolutamente catastrofiche<br />

sono state le eruzioni che hanno generato le Grandi<br />

Prov<strong>in</strong>ce Magmatiche citate <strong>in</strong> precedenza.<br />

È un buon esempio di relativa distorsione nella<br />

percezione l’evento di alluvione/frane/smottamenti<br />

del 2000 nelle Alpi italo-svizzere, <strong>il</strong> cui ricordo,<br />

sicuramente ben presente nelle popolazioni padane e<br />

valdostane, nell’op<strong>in</strong>ione pubblica italiana è divenuto<br />

nel frattempo assai “modesto”, probab<strong>il</strong>mente perché<br />

l’epicentro delle fatalità si trovava <strong>in</strong> Svizzera (<strong>in</strong>torno<br />

a Gondo nel Canton Vallese), ossia all’estero, e perché<br />

la lam<strong>in</strong>azione <strong>della</strong> piena dal Po, di dimensioni<br />

paragonab<strong>il</strong>i a quella del 1954 (alluvione del<br />

Poles<strong>in</strong>e), tramite l’<strong>in</strong>ondazione programmata delle<br />

aree golenali, riuscì a scongiurare un superamento<br />

degli arg<strong>in</strong>i che avrebbe avuto effetti ben peggiori di<br />

quello del 1954.<br />

Un altro buon esempio è quello relativo all’evento di<br />

dissesto geologico-idraulico avvenuto nell’ottobre<br />

1910 nella Costiera Amalfitana. Le ondate di piena<br />

dei torrenti, associate all’<strong>in</strong>nesco di numerose colate<br />

rapide di fango/detriti sui versanti, causarono circa<br />

200 morti a Cetara e piu di 50 negli altri centri<br />

costieri (Maiori, M<strong>in</strong>ori, Vietri, Erchie). Nonostante ciò,<br />

l’evento è stato rapidamente dimenticato, forse perché<br />

a cavallo dei disastri sismici del 1908-1915 e<br />

precedente al disastro bellico del 1915-18, o forse<br />

perché la zona di massima distruzione era localizzata<br />

<strong>in</strong> un piccolo paese (Cetara) allora di “<strong>in</strong>significante”<br />

valore per l’economia nazionale.


14<br />

L’uragano Katr<strong>in</strong>a<br />

Pur essendo stato probab<strong>il</strong>mente l’uragano più<br />

disastroso a colpire gli USA per danni provocati,<br />

non è <strong>il</strong> più <strong>in</strong>tenso registrato. É superato <strong>in</strong>fatti da<br />

quello detto del Labor Day (2 settembre 1935,<br />

Florida Keys), da Cam<strong>il</strong>le (17 agosto 1969,<br />

Mississipi) e da Andrew (24 agosto 1992, Florida<br />

sud-orientale), tutti di categoria 5 sulla scala Saffir-<br />

Simpson (da 1 a 5) al momento dell’arrivo sulla<br />

terraferma (mentre Katr<strong>in</strong>a è stato di categoria 4).<br />

Gli uragani di categoria 5 negli USA, a partire dal<br />

1886, sono stati 22. L’uragano precedente più<br />

disastroso è stato però quello di Galveston nel<br />

Texas (8 settembre 1900), anch’esso di categoria 4<br />

come Katr<strong>in</strong>a, dove i morti furono 8-12.000, per<br />

buona parte dovuti all’ondata di arrivo dell’uragano<br />

<strong>in</strong> una città dove quasi nessuno aveva ascoltato <strong>il</strong><br />

suggerimento di evacuazione, che pure era stato<br />

dato.<br />

Sembra che, dal 1995, gli uragani siano diventati<br />

più <strong>in</strong>tensi (nell’Atlantico ma non nel Pacifico,<br />

nonostante che la temperatura dell’acqua risulti<br />

maggiormente aumentata <strong>in</strong> quest’ultimo), ma non<br />

più frequenti, anzi forse <strong>in</strong> dim<strong>in</strong>uzione; la<br />

correlazione con <strong>il</strong> cambiamento climatico globale<br />

è stata ipotizzata ma non dimostrata.<br />

Katr<strong>in</strong>a è stata la dodicesima tempesta tropicale<br />

del 2005 a colpire gli USA; <strong>il</strong> vento ha raggiunto<br />

sulle coste i 280 km/ora e la massima <strong>in</strong>tensità di<br />

pioggia è stata di 250 mm/giorno. In s<strong>in</strong>tesi, la<br />

catastrofe <strong>in</strong>dotta da Katr<strong>in</strong>a non fu dovuta tanto alla<br />

forza dell’uragano, quanto alla vulnerab<strong>il</strong>ità del<br />

territorio del delta del Mississipi ed <strong>in</strong> particolare<br />

<strong>della</strong> città di New Orleans, situata <strong>in</strong> gran parte sotto<br />

<strong>il</strong> livello del mare ed esposta agli effetti <strong>della</strong> rottura<br />

degli arg<strong>in</strong>i e delle dighe che la proteggono dal<br />

Mississippi, dal Lago Pontchartra<strong>in</strong> e dai canali ad<br />

essi collegati.<br />

Le vittime f<strong>in</strong>ora accertate di questa catastrofe sono<br />

1.281, di cui 799 <strong>in</strong> Louisiana, morte a causa<br />

dell’<strong>in</strong>ondazione ma non delle condizioni meteo.<br />

Circa 1 m<strong>il</strong>ione di persone ha lasciato New Orleans<br />

Disastri naturali a livello globale | Il nuovo secolo<br />

1.2. I disastri del nuovo secolo<br />

L’anno 2005<br />

Il 2005 è stato caratterizzato dalla tragedia dell’uragano Katr<strong>in</strong>a, che ha<br />

colpito soprattutto quattro stati degli USA (Louisiana, Mississippi, Alabama<br />

e Florida) e <strong>in</strong> particolare, <strong>il</strong> 29 agosto 2005, la città di New Orleans.<br />

L’8 ottobre 2005 un terremoto di magnitudo 7.6 ha colpito <strong>il</strong> Kashmir pakistano<br />

e parte di quello <strong>in</strong>diano facendo oltre 80.000 vittime (ma quelle<br />

stimate raggiungono le 200.000), devastando una zona soggetta per anni<br />

ad azioni di guerra e che, al momento del sisma, si trovava nella stagione<br />

fredda di alta montagna.<br />

prima dell’arrivo dell’uragano; almeno 30.000 si<br />

sono rifugiate nel Super Dome situato <strong>in</strong> città;<br />

273.600 sono state sgomberate d’autorità nei giorni<br />

successivi. La produzione di petrolio del Golfo del<br />

Messico si è ridotta temporaneamente del 95% (pari<br />

a 14 m<strong>il</strong>ioni di bar<strong>il</strong>i al giorno). Si stima che i danni<br />

super<strong>in</strong>o i 200 m<strong>il</strong>iardi di dollari, rendendo Katr<strong>in</strong>a <strong>il</strong><br />

più costoso disastro naturale verificatosi negli USA.<br />

La tragedia ha aperto la discussione su una serie di<br />

problemi r<strong>il</strong>evanti: la prevenzione di questi disastri, le<br />

caratteristiche e la manutenzione delle strutture anti<strong>in</strong>ondazione,<br />

l’organizzazione delle strutture <strong>della</strong><br />

protezione civ<strong>il</strong>e, l’importanza <strong>della</strong> ricerca e delle<br />

previsioni, <strong>il</strong> livello di priorità politica <strong>della</strong> gestione<br />

dei rischi naturali.<br />

Fonte:<br />

http://cimss.ssec.wisc.<br />

edu/tropic/archive/2005/storms/<br />

katr<strong>in</strong>a/avhrr/N17L.html<br />

.<br />

Disastri naturali | Conoscere per prevenire 15<br />

L’anno 2004<br />

Alcuni osservatori, particolarmente attenti alla questione climatica, avevano<br />

già dichiarato <strong>il</strong> 2004 l’anno dei disastri e degli eventi climatici<br />

estremi.<br />

Più precisamente, sul piano degli effetti collegati al clima, l’anno 2004 è<br />

stato caratterizzato da:<br />

● un numero eccezionalmente alto di tifoni nel Pacifico (Giappone, Asia<br />

sud-orientale, isole del Pacifico);<br />

● 15 uragani delle classi più elevate nell’Atlantico (<strong>il</strong> numero annuo<br />

normalmente non è superiore a 10), di cui 9 hanno colpito Caraibi ed<br />

USA (un uragano anomalo nell’Atlantico meridionale ha colpito <strong>il</strong><br />

Bras<strong>il</strong>e);<br />

● monsoni particolarmente distruttivi (Golfo del Bengala e C<strong>in</strong>a) con<br />

piogge torrenziali, alluvioni, frane e smottamenti;<br />

● 182 tornado <strong>in</strong> agosto (56 <strong>in</strong> più rispetto al 1979 anno record) e 235 <strong>in</strong><br />

settembre (139 <strong>in</strong> più rispetto al 1967 anno record) negli USA;<br />

● <strong>in</strong>cendi boschivi eccezionali <strong>in</strong> Alaska;<br />

● accelerazione dello scioglimento dei ghiacciai artici;<br />

● siccità aggravata <strong>in</strong> Africa settentrionale con sciami di cavallette.<br />

L’anno 2000<br />

Per <strong>il</strong> 2000, un servizio di monitoraggio/catalogazione attuariale (Munchener<br />

Ruck) ha elencato le seguenti catastrofi naturali considerate significative:<br />

● 3 terremoti (tutti <strong>in</strong> Estremo Oriente),<br />

● 6 grandi fenomeni tempestosi (tifoni, tornado, cicloni <strong>in</strong> Estremo<br />

Oriente, USA e Madagascar),<br />

● 5 <strong>in</strong>ondazioni (<strong>in</strong> Asia ed Europa) di cui una con frane (nelle Alpi <strong>in</strong><br />

Italia/Svizzera - l’evento che ha causato la massima perdita f<strong>in</strong>anziaria),<br />

● 4 tra <strong>in</strong>cendi di foreste, estrema siccità ed eventi franosi (<strong>in</strong> USA, Asia<br />

ed Europa).<br />

Alcune statistiche<br />

Le fatalità dovute a questi eventi variano da 0 a 1.450 morti per evento, la<br />

massima perdita economica sempre per evento è di 8.500 m<strong>il</strong>ioni di dollari,<br />

<strong>il</strong> massimo rimborso pagato da società di assicurazione per un dato evento<br />

è di 925 m<strong>il</strong>ioni di dollari.<br />

Se si guarda al numero di esseri umani co<strong>in</strong>volti (morti, feriti, evacuati o<br />

comunque colpiti) da questi eventi, sempre sulla base di dati attuariali, gli<br />

effetti collegati al clima risultano <strong>in</strong>dubbiamente i più r<strong>il</strong>evanti: per <strong>il</strong> periodo<br />

1994-2004, <strong>il</strong> numero più alto si ha per le <strong>in</strong>ondazioni<br />

(1.530.491.000), la siccità (778.123.000) ed i cicloni (312.075.000); mentre al<br />

confronto appaiono m<strong>in</strong>ori terremoti (33.954.000) ed eruzioni (818.000).<br />

D’altro canto, gli effetti collegati al clima potrebbero, secondo molti, non<br />

essere considerati disastri naturali ma eventi almeno <strong>in</strong> parte di orig<strong>in</strong>e antropica.<br />

Globalmente, <strong>il</strong> 2004 è stato comunque <strong>il</strong> quarto anno più caldo dal<br />

1880; ed <strong>in</strong>oltre gli ultimi 10 anni, con l’esclusione del 1996, sono stati gli<br />

anni più caldi dal 1861.<br />

Stime dei danni recenti<br />

Il valore globale dei danni stimati per <strong>il</strong> 2004 è stato valutato (senza calcolare<br />

gli effetti dello tsunami <strong>della</strong> f<strong>in</strong>e dell’anno) <strong>in</strong> almeno 90 m<strong>il</strong>iardi di dollari,<br />

valore record negli ultimi decenni, e f<strong>in</strong>o ad un massimo (con lo tsunami)<br />

di 145 m<strong>il</strong>iardi di dollari (di cui 44 m<strong>il</strong>iardi risarciti dalle assicurazioni) 1 .<br />

L’anno 2004 è com<strong>in</strong>ciato e<br />

term<strong>in</strong>ato rispettivamente con<br />

<strong>il</strong> disastroso terremoto di<br />

Bam (Iran) - 30.000 morti, <strong>il</strong><br />

70% degli edifici distrutti - e<br />

con <strong>il</strong> catastrofico<br />

terremoto/tsunami<br />

dell’Oceano Indiano, con<br />

epicentro fra Sumatra e le<br />

Isole Andamane (9,3-9,4<br />

<strong>della</strong> scala Richter), con<br />

effetti a livello bicont<strong>in</strong>entale.<br />

1 Extensive Munich Re<br />

study: “Topics Geo - Annual<br />

Review: Natural<br />

Catastrophes 2004”,<br />

Munich Re Group, press<br />

release: 24 February 2005.


16<br />

Glaciazione (glaciation):<br />

Fenomeno geologico di<br />

grandi dimensioni e durata,<br />

le cui cause sono ancora<br />

molto discusse, caratterizzato<br />

dall’estensione del ghiaccio<br />

polare verso l‘equatore e dei<br />

ghiacciai alp<strong>in</strong>i o di altre<br />

montagne verso aree <strong>in</strong><br />

precedenza libere da ghiacci<br />

per latitud<strong>in</strong>e o altitud<strong>in</strong>e; la<br />

glaciazione è caratterizzata<br />

da un clima freddo e secco,<br />

dim<strong>in</strong>uzione del livello del<br />

mare (per i volumi d’acqua<br />

bloccati nei ghiacci) e,<br />

probab<strong>il</strong>mente, con<br />

modificazioni dell’equ<strong>il</strong>ibrio<br />

delle correnti oceaniche.<br />

L’ultima glaciazione<br />

è term<strong>in</strong>ata circa 10.000<br />

anni fa.<br />

Disastri naturali a livello globale | Alcune questioni di term<strong>in</strong>ologia<br />

Le catastrofi naturali del 2004 hanno <strong>in</strong>oltre ucciso <strong>il</strong> doppio delle persone<br />

rispetto al 2003, per una cifra totale di 180.000 morti (ma di cui<br />

170.000, <strong>il</strong> 94%, causati dal grande tsunami). In proporzione però, i danni<br />

economici sono stati causati maggiormente da altri eventi rispetto allo tsunami:<br />

per <strong>il</strong> 27% dai soli uragani e tifoni che hanno colpito Caraibi e Giappone.<br />

Il numero totale degli eventi catastrofici analizzati per questi dati è<br />

stato di 650 di cui: 75 terremoti, 10 eruzioni vulcaniche, ed <strong>il</strong> resto eventi atmosferici<br />

e mar<strong>in</strong>i.<br />

1.3. Alcune questioni di term<strong>in</strong>ologia<br />

Per “disastro naturale”si <strong>in</strong>tende un evento dovuto, esclusivamente o prevalentemente,<br />

a forze <strong>della</strong> natura che causi, <strong>in</strong> un tempo medio-breve, un<br />

danno significativo.<br />

Sono compresi fra i disastri essenzialmente eventi come: terremoti, maremoti,<br />

eruzioni vulcaniche, cicloni tropicali, tempeste di terraferma (tornado),<br />

altri uragani e fenomeni tempestosi, precipitazioni (piogge, grand<strong>in</strong>e<br />

e nevicate) eccezionali, siccità estrema o prolungata, ondate di calore,<br />

grandi <strong>in</strong>cendi, ondate di freddo, ecc. Questi eventi sono di orig<strong>in</strong>e naturale,<br />

ma possono essere amplificati dall’azione dell’uomo.<br />

Vi sono poi fenomeni complessi, vasti e di lunga durata come le glaciazioni<br />

che, <strong>in</strong> un certo senso, esulano dal disastro naturale, pur essendo<br />

eventualmente all’orig<strong>in</strong>e di disastri.<br />

Per <strong>in</strong>dividuare <strong>in</strong> modo rigoroso i “disastri naturali”è necessario rispondere<br />

ad almeno due diffic<strong>il</strong>i quesiti. Il primo riguarda la significatività o r<strong>il</strong>evanza<br />

relativa del danno <strong>in</strong>dotto; chiaramente, tale danno deve essere severo,<br />

con la distruzione o messa fuori uso di <strong>in</strong>frastrutture, danneggiamenti<br />

ad edifici, proprietà o elementi anche naturali del paesaggio, e la presenza<br />

di feriti o fatalità. Sui mezzi di <strong>in</strong>formazione, per ragioni mediatiche o anche<br />

di opportunità politica locale, è <strong>in</strong>valso l’uso di qualificare come “disastri”anche<br />

fenomeni che tali non sono, come una normale grand<strong>in</strong>ata che<br />

abbia effetti dannosi sulla produzione agricola. I disastri naturali possono<br />

causare, oltre al danno immediato o precoce, numerosi effetti tardivi, come<br />

i fenomeni di degrado territoriale, desertificazione, perdita di biodiversità<br />

(<strong>in</strong>clusa quella ecosistemica), oltre ovviamente alle conseguenze socio-economiche.<br />

Il secondo quesito concerne la dist<strong>in</strong>zione tra disastri naturali e disastri<br />

causati dall’uomo: una sovrapposizione di orig<strong>in</strong>e è evidente, ad esempio,<br />

nel caso di alcuni dei grandi <strong>in</strong>cendi. Essa è <strong>in</strong> genere <strong>in</strong>vocata dai fautori<br />

dell’orig<strong>in</strong>e pr<strong>in</strong>cipalmente antropica dell’effetto serra per gran parte degli<br />

effetti collegati al cambiamento o alla variab<strong>il</strong>ità climatica, i cui danni sono<br />

<strong>in</strong> effetti dipendenti anche dall’<strong>in</strong>sufficiente o scorretta gestione del territorio.<br />

Sono <strong>in</strong> uso numerosi s<strong>in</strong>onimi del term<strong>in</strong>e “disastro naturale”, come “calamità”o<br />

“evento calamitoso”; per i disastri naturali particolarmente gravi,<br />

caratterizzati da effetti <strong>in</strong> parte irrimediab<strong>il</strong>i o irreversib<strong>il</strong>i, si usano i term<strong>in</strong>i<br />

“cataclisma”, “catastrofe” o “evento catastrofico” (ad esempio, un grande<br />

tsunami come quello recente nel Golfo del Bengala, un’eruzione vulcanica<br />

con effetti atmosferici a livello planetario, la caduta di un asteroide). Il term<strong>in</strong>e<br />

“catastrofe” viene spesso anche usato <strong>in</strong> senso figurato. Per “cataclisma”,<br />

le assicurazioni <strong>in</strong>tendono un <strong>in</strong>cidente o serie correlata di <strong>in</strong>cidenti<br />

che abbiano causato un danno alle proprietà superiore a 5-25 m<strong>il</strong>ioni di<br />

dollari (cifra <strong>in</strong> evoluzione).<br />

Disastri naturali | Conoscere per prevenire 17<br />

Def<strong>in</strong>izione dei vari disastri naturali<br />

Terremoto (earthquake)<br />

Movimento (con una o più scosse) <strong>della</strong><br />

crosta terrestre, che si verifica <strong>in</strong> tempi<br />

estremamente rapidi, causato dal r<strong>il</strong>ascio<br />

dello stress accumulatosi lungo faglie<br />

sismogenetiche o da attività vulcanica.<br />

Tsunami o maremoto<br />

Ondata (o più ondate) mar<strong>in</strong>a anomala<br />

causata da un terremoto, da un’eruzione<br />

vulcanica sottomar<strong>in</strong>a o da una frana<br />

sommersa o emersa con scivolamento a<br />

mare.<br />

Eruzione vulcanica (volcanic eruption)<br />

Espulsione di materiale vulcanico (lava,<br />

materiale piroclastico, gas vulcanici), tramite<br />

uno o più condotti vulcanici, sulla superficie<br />

terrestre.<br />

Tempesta (storm)<br />

Un disturbo atmosferico che si manifesta con<br />

venti forti accompagnati da pioggia, neve o<br />

altre precipitazioni e spesso da tuoni e<br />

fulm<strong>in</strong>i.<br />

Ciclone (cyclone)<br />

Un sistema atmosferico caratterizzato da una<br />

rapida rotazione verso l’<strong>in</strong>terno di masse<br />

d’aria <strong>in</strong>torno ad un centro di bassa pressione<br />

atmosferica, <strong>in</strong> genere accompagnato da un<br />

tempo meteorologico tempestoso, spesso<br />

distruttivo; i cicloni ruotano <strong>in</strong> senso<br />

antiorario nell’Emisfero Nord ed <strong>in</strong> senso<br />

orario nell’Emisfero Sud. b. Violenta tempesta<br />

tropicale, specialmente con orig<strong>in</strong>e<br />

nell’Oceano Pacifico sud-occidentale o<br />

nell’Oceano Indiano.<br />

Tempesta tropicale (tropical storm)<br />

Una tempesta ciclonica con venti con velocità<br />

da 48 a 121 km (30 a 75 miglia) all’ora.<br />

Ciclone extratropicale (compresa la<br />

tempesta mediterranea).<br />

Ciclone di dimensioni vaste ma con contenuto<br />

energetico più modesto rispetto al ciclone<br />

tropicale, che nasce <strong>in</strong> aree oltre i 20 gradi di<br />

latitud<strong>in</strong>e, nella zona temperata, nel periodo<br />

dall’autunno all’<strong>in</strong>verno; può colpire, tra<br />

l’altro, le coste del Mediterraneo e le coste<br />

atlantiche dell’Europa centro-meridionale.<br />

Uragano (hurricane)<br />

Un severo ciclone tropicale che ha orig<strong>in</strong>e<br />

nelle regioni equatoriali (tra <strong>il</strong> Tropico del<br />

Cancro ed <strong>il</strong> Tropico del Capricorno)<br />

dell’Oceano Atlantico (<strong>in</strong> genere sulla costa<br />

dell’Africa) o del Mar dei Caraibi o nelle<br />

regioni orientali dell’Oceano Pacifico, e si<br />

muove <strong>in</strong> direzione nord, nord-ovest o nordest<br />

rispetto al punto d’orig<strong>in</strong>e; caratterizzato<br />

di norma da grandi piogge. S<strong>in</strong>onimo:<br />

ciclone tropicale.<br />

Tifone (typhoon)<br />

Un ciclone tropicale che si verifica<br />

nell’Oceano Pacifico occidentale o<br />

nell’Oceano Indiano.<br />

Tornado<br />

Una violenta tempesta di vento caratterizzata<br />

dalla presenza di una colonna d’aria, dal<br />

diametro da qualche metro f<strong>in</strong>o ad un paio<br />

di ch<strong>il</strong>ometri, che ruota a velocità alta e<br />

distruttiva (<strong>in</strong> genere accompagnata da<br />

un’estensione serpent<strong>in</strong>a a forma di imbuto<br />

verso <strong>il</strong> basso proveniente da una nuvola<br />

cumulonembo sovrastante) e si muove lungo<br />

un percorso ben def<strong>in</strong>ito sulla superficie<br />

terrestre; <strong>in</strong> alcuni casi, si osservano sciami<br />

di diversi m<strong>in</strong>i-imbuti; un tornado, per<br />

def<strong>in</strong>izione, deve essere <strong>in</strong> contatto sia con<br />

una nuvola che con <strong>il</strong> suolo. In <strong>in</strong>glese,<br />

esistono numerosi s<strong>in</strong>onimi, anche <strong>in</strong> gergo:<br />

twister, whirlw<strong>in</strong>d, wedge, funnel, gustnado,<br />

landspout, w<strong>il</strong>ly-w<strong>il</strong>ly, rope.<br />

Tromba d’aria o mar<strong>in</strong>a<br />

Vortici depressionari di piccola estensione <strong>in</strong><br />

cui i venti (<strong>in</strong> genere con rotazione antioraria<br />

nell’emisfero nord) possono raggiungere<br />

elevate velocità (anche di alcune dec<strong>in</strong>e di<br />

km/h), che si verificano alla base delle<br />

nuvole temporalesche chiamate<br />

cumulonembi, formandosi a seguito di forti<br />

<strong>in</strong>stab<strong>il</strong>ità dell’aria; una tromba tipica<br />

presenta la forma a tubo o a cono a pareti<br />

ripide con la base verso l’alto ed <strong>il</strong> vertice<br />

che si protende verso la superficie terrestre<br />

f<strong>in</strong>o a toccarla, spesso con andamento<br />

s<strong>in</strong>uoso. Si parla di tromba d’aria (funnel<br />

cloud, detto tornado nelle forme più violente<br />

SEGUE DALLA PAGINA PRECEDENTE


18<br />

Disastri naturali a livello globale | Alcune questioni di term<strong>in</strong>ologia<br />

SEGUE DALLA PAGINA PRECEDENTE<br />

tipiche del Nord America) quando <strong>il</strong> vertice di<br />

base corre sul suolo e di tromba mar<strong>in</strong>a<br />

(waterspout) quando corre sul mare o sulle<br />

acque <strong>in</strong>terne; sono noti casi <strong>in</strong> cui la tromba<br />

passa dall’acqua alla terraferma o viceversa.<br />

Inondazione (flood)<br />

Lo straripamento dell’acqua di fiumi, laghi o<br />

mare ad <strong>in</strong>ondare dei suoli normalmente non<br />

allagati. S<strong>in</strong>onimi: straripamento, esondazione,<br />

alluvione, allagamento. S<strong>in</strong>onimi <strong>in</strong> <strong>in</strong>glese:<br />

deluge, surge, overflow, <strong>in</strong>undation, alluvion.<br />

Frana (landslide)<br />

Crollo o scivolamento più o meno rapido<br />

verso <strong>il</strong> basso di una massa rocciosa o<br />

terrosa (o mista); benché sia la gravità che<br />

agisce sul pendio la causa primaria delle<br />

frane, vi sono altri fattori concomitanti:<br />

erosione esercitata dall’acqua dei fiumi,<br />

dai ghiacciai e dalle onde mar<strong>in</strong>e; azione<br />

delle piogge ed altre precipitazioni;<br />

terremoti; eruzioni vulcaniche; vibrazioni<br />

naturali o di orig<strong>in</strong>e antropica; eccesso di<br />

peso sul terreno; azione delle acque<br />

superficiali e sotterranee. S<strong>in</strong>onimo <strong>in</strong><br />

<strong>in</strong>glese: landslip.<br />

Ondata di calore (heat wave)<br />

Condizioni diffuse e persistenti di tempo<br />

meteorologico eccezionalmente caldo<br />

(specialmente a causa di alte temperature).<br />

Siccità (drought)<br />

Un lungo periodo di eccezionalmente scarse<br />

precipitazioni, specialmente quando ha come<br />

effetto un serio squ<strong>il</strong>ibrio idrologico con<br />

conseguenze negative sulle condizioni di vita<br />

e di crescita nelle aree colpite.<br />

Incendio (fire)<br />

Una rapida, persistente modificazione chimica<br />

che r<strong>il</strong>ascia calore e luce ed è accompagnata<br />

da fiamma – <strong>in</strong> particolare l’ossidazione<br />

esotermica di una sostanza combustib<strong>il</strong>e –<br />

con effetti sul terreno, vegetazione, fauna,<br />

paesaggio, <strong>in</strong>frastrutture e proprietà.<br />

Ondata di freddo (cold wave)<br />

Insorgenza entro <strong>il</strong> periodo di 24 ore di un<br />

tempo meteorologico eccezionalmente freddo<br />

caratterizzato da una caduta <strong>della</strong><br />

temperatura rapida e considerevole, <strong>in</strong> genere<br />

con effetto su un’area relativamente ampia.<br />

Meteorite<br />

Una massa metallica o rocciosa di materia di<br />

orig<strong>in</strong>e asteroidale o cometaria che,<br />

provenendo dallo spazio <strong>in</strong>terplanetario,<br />

attraversa l’atmosfera terrestre e raggiunge<br />

eventualmente <strong>il</strong> suolo causando un impatto<br />

anche disastroso.


Disastri naturali | Conoscere per prevenire 19<br />

2. IL RISCHIO SISMICO IN ITALIA<br />

L’Italia è caratterizzata da un’<strong>in</strong>tensa attività vulcano-tettonica (endogena)<br />

che si esplica attraverso eruzioni vulcaniche e terremoti.<br />

In term<strong>in</strong>i geod<strong>in</strong>amici questi fenomeni si spiegano per la presenza di<br />

una grande l<strong>in</strong>ea di subduzione (Figura 2.1) lungo la quale la zolla africana<br />

scorre al di sotto di quella europea. Nel Mediterraneo tale l<strong>in</strong>ea passa per<br />

Cipro, compie un arco nel Mar Egeo, raggiunge le Isole Ioniche, cont<strong>in</strong>ua<br />

lungo <strong>il</strong> bordo orientale dell’Adriatico, passa lungo la L<strong>in</strong>ea Insubrica, per<br />

ridiscendere lungo <strong>il</strong> bordo occidentale dell’Adriatico e, attraverso la fossa<br />

del Bradano, raggiungere lo Ionio, dove cont<strong>in</strong>ua verso sud-ovest lungo <strong>il</strong><br />

marg<strong>in</strong>e meridionale <strong>della</strong> Sic<strong>il</strong>ia e lungo <strong>il</strong> fronte <strong>della</strong> Catena Kab<strong>il</strong>o-Maghrebide<br />

<strong>in</strong> Nord Africa, f<strong>in</strong>o ad arrivare al Rif marocch<strong>in</strong>o. Tale processo<br />

di sovrascorrimento di Europa su Africa ha anche determ<strong>in</strong>ato, nelle zone<br />

di retrocatena, l’apertura di bac<strong>in</strong>i estensionali, di cui <strong>il</strong> Tirreno rappresenta<br />

l’esempio più importante.<br />

In Italia <strong>il</strong> rischio sismico costituisce un problema di entità r<strong>il</strong>evante, visto<br />

che nell’ultimo secolo ci sono state almeno 120.000 vittime e <strong>in</strong>genti danni<br />

economici a seguito di terremoti: solo negli ultimi 25 anni, per la ricostruzione<br />

postsismica, sono stati spesi 145.000 m<strong>il</strong>iardi di lire.<br />

Figura 2.1<br />

In rosso è evidenziata la l<strong>in</strong>ea di<br />

subduzione lungo la quale la<br />

crosta cont<strong>in</strong>entale africana<br />

scorre al di sotto di quella<br />

europea. Le frecce nere <strong>in</strong>dicano<br />

la parte di territorio che scende al<br />

di sotto di quella <strong>in</strong>dicata con le<br />

frecce rosse.L’area limitrofa a tale<br />

l<strong>in</strong>ea tettonica è <strong>in</strong>teressata da<br />

<strong>in</strong>tensa sismicità.


20<br />

Il rischio. Secondo la<br />

def<strong>in</strong>izione proposta<br />

dall’Ufficio del Coord<strong>in</strong>atore<br />

del Segretariato delle Nazioni<br />

Unite per la Mitigazione dei<br />

Disastri (UN/ISDR), <strong>il</strong> rischio<br />

consiste nell’atteso numero di<br />

perdite umane, feriti, danni a<br />

proprietà, <strong>in</strong>terruzioni di attività<br />

economiche, <strong>in</strong> conseguenza<br />

di un particolare fenomeno<br />

naturale. Esso è espresso dal<br />

prodotto di tre parametri: R =<br />

H x V x E, dove H <strong>in</strong>dica la<br />

pericolosità, V la vulnerab<strong>il</strong>ità<br />

ed E <strong>il</strong> valore esposto.<br />

La pericolosità. Èla<br />

probab<strong>il</strong>ità che un dato<br />

evento si verifichi con una<br />

def<strong>in</strong>ita <strong>in</strong>tensità <strong>in</strong> una data<br />

area. Ad esempio, è la<br />

probab<strong>il</strong>ità che un terremoto<br />

di <strong>in</strong>tensità IX <strong>della</strong> scala<br />

Mercalli si verifichi ogni 100<br />

anni nell’area considerata.<br />

La vulnerab<strong>il</strong>ità. È la stima<br />

<strong>della</strong> percentuale delle opere<br />

costruite dall’uomo che non è<br />

<strong>in</strong> grado di resistere all’evento<br />

considerato.<br />

Il valore esposto a rischio è<br />

dato dal valore dell’<strong>in</strong>sieme<br />

degli elementi a rischio<br />

all’<strong>in</strong>terno dell’area esposta,<br />

dist<strong>in</strong>ti per categorie. Esso si<br />

quantifica <strong>in</strong> term<strong>in</strong>i relativi<br />

(valore monetario delle<br />

proprietà, attività economiche,<br />

beni e servizi pubblici, ecc.) o<br />

assoluti (numero di persone,<br />

di edifici, ecc.).<br />

Rischio sismico <strong>in</strong> Italia |Elementi del rischio sismico<br />

2.1. Elementi del rischio sismico<br />

Il territorio italiano è soggetto a rischio sismico nella quasi totale <strong>in</strong>terezza.<br />

La penisola italiana è <strong>in</strong>fatti geologicamente “giovane”e presenta una tettonica<br />

molto attiva. I due orogeni pr<strong>in</strong>cipali, le Alpi e gli Appenn<strong>in</strong>i, sono <strong>in</strong> cont<strong>in</strong>uo<br />

movimento. Gli Appenn<strong>in</strong>i si spostano verso est–nordest di alcuni centimetri<br />

all’anno (<strong>il</strong> mare Adriatico è dest<strong>in</strong>ato tra m<strong>il</strong>ioni di anni a chiudersi<br />

per la saldatura tra Appenn<strong>in</strong>i e D<strong>in</strong>aridi), mentre le Alpi si sollevano di alcuni<br />

m<strong>il</strong>limetri l’anno.<br />

Tutti questi movimenti sono <strong>il</strong> risultato del<br />

complesso rapporto tettonico, brevemente descritto<br />

<strong>in</strong> precedenza, <strong>in</strong>tercorrente tra le plac-<br />

che Europa e Africa. Com’è fac<strong>il</strong>e immag<strong>in</strong>are,<br />

nelle zone limitrofe alla l<strong>in</strong>ea di contatto tra<br />

queste due placche, lungo la quale si scontrano<br />

masse enormi di<br />

roccia, è possib<strong>il</strong>e<br />

che si verifich<strong>in</strong>o<br />

dei terremoti anche<br />

di elevata <strong>in</strong>tensità.<br />

Rispetto<br />

alle Alpi, gli Ap-<br />

Friuli, terremoto del 1976<br />

smici durante le ultime migliaia di anni.<br />

Tali <strong>in</strong>formazioni sono particolarmente significative<br />

ai f<strong>in</strong>i <strong>della</strong> valutazione <strong>della</strong> pericolosità<br />

sismica di un’area poiché <strong>il</strong> tempo di ritorno<br />

dei terremoti può essere dell’ord<strong>in</strong>e di<br />

grandezza delle migliaia di anni.<br />

La r<strong>il</strong>evante sismicità del territorio italiano è<br />

confermata dalle fonti scritte relative ai terremoti<br />

avvenuti <strong>in</strong> epoca storica. L’Italia possiede<br />

uno dei cataloghi sismici a livello mondiale più<br />

ricco di <strong>in</strong>formazioni e che si estende più <strong>in</strong>dietro<br />

negli anni (f<strong>in</strong> dal 461 a.C.). L’<strong>in</strong>teresse per<br />

questo genere di raccolte è stato <strong>in</strong>fatti molto<br />

precoce, favorito dall’abbondanza di vecchie<br />

cronache, diari, manoscritti di vario genere,<br />

epigrafi, e stimolato dal ripetersi di eventi sismici<br />

distruttivi che hanno attirato l’attenzione<br />

di letterati ed eruditi.<br />

La paleosismologia<br />

è una discipl<strong>in</strong>a delle<br />

Scienze Geologiche<br />

che si occupa dello<br />

studio degli effetti<br />

sull’ambiente dei<br />

terremoti avvenuti nel<br />

passato.<br />

penn<strong>in</strong>i sono più giovani e caratterizzati da<br />

maggiore sismicità sia <strong>in</strong> term<strong>in</strong>i di frequenza<br />

che di <strong>in</strong>tensità.<br />

Tale assetto geod<strong>in</strong>amico ha condizionato fortemente<br />

l’evoluzione geomorfologica del territorio<br />

italiano negli ultimi m<strong>il</strong>ioni di anni, durante i<br />

quali si sono succeduti <strong>in</strong>numerevoli terremoti, a<br />

volte r<strong>in</strong>tracciab<strong>il</strong>i sulla base di evidenze geologiche.<br />

In particolare, esistono evidenze paleosismologiche<br />

che dimostrano che su gran parte<br />

del nostro Paese si sono verificati forti eventi si-<br />

La magnitudo<br />

(def<strong>in</strong>ita da Richter<br />

nel 1935) è <strong>il</strong><br />

logaritmo <strong>in</strong> base 10<br />

dell’ampiezza<br />

massima, misurata <strong>in</strong><br />

micron, <strong>della</strong><br />

registrazione,<br />

ottenuta con un<br />

sismografo standard,<br />

di un terremoto<br />

avvenuto ad una<br />

distanza epicentrale<br />

di 100 km dalla<br />

stazione di misura.<br />

Oltre duem<strong>il</strong>a anni di <strong>in</strong>formazioni sismiche disponib<strong>il</strong>i comprovano che<br />

terremoti di magnitudo 7 <strong>della</strong> scala Richter sono piuttosto comuni nel territorio<br />

italiano e che alcune zone <strong>in</strong> particolare sono più soggette ad essere<br />

colpite da tali eventi.<br />

Disastri naturali | Conoscere per prevenire 21<br />

La scala Richter *<br />

Magnitudo Effetti del terremoto<br />

0-1 Sisma molto lieve registrato dai sismografi locali<br />

Scossa avvertita solo nelle immediate vic<strong>in</strong>anze<br />

2-4<br />

>4 7 - 8<br />

8,5<br />

8,6<br />

9<br />

9,5<br />

L’energia sprigionata è pari a quella <strong>della</strong> bomba atomica<br />

lanciata su Hiroshima nel 1945<br />

Sisma distruttivo <strong>in</strong> un’area ristretta (10 Km di raggio)<br />

Sisma distruttivo <strong>in</strong> un’area di oltre 30 Km di raggio<br />

(potenza pari alla più grande bomba termonucleare)<br />

Grande terremoto distruttivo**<br />

(<strong>il</strong> terremoto di S. Francisco del 1906 fu di magnitudo 8)<br />

Potenza pari a quella di 5 m<strong>il</strong>iardi di tonnellate di tritolo<br />

(terremoto di Anchorage 1964)<br />

L’energia prodotta dal sisma è tre m<strong>il</strong>ioni di volte superiore a quella <strong>della</strong><br />

prima bomba atomica lanciata su Hiroshima nel 1945<br />

Catastrofe con notevole spostamento <strong>della</strong> superficie terrestre<br />

(terremoto di Sumatra 2004)<br />

Terremoto più forte che si sia mai verificato (Valdivia, C<strong>il</strong>e 1960),<br />

con effetti devastanti su un’area di cent<strong>in</strong>aia di ch<strong>il</strong>ometri quadrati<br />

* La scala Richter non è una vera e propria scala <strong>in</strong> quanto la magnitudo consiste nel logaritmo dell’ampiezza<br />

massima dell’onda sismica registrata da un sismografo posto a 100 km all’epicentro. La scala Richter pertanto non<br />

ha né un massimo né un m<strong>in</strong>imo, né degli <strong>in</strong>tervalli predeterm<strong>in</strong>ati.<br />

**Sono stati terremoti di magnitudo superiore a 7 quelli <strong>della</strong> Sic<strong>il</strong>ia orientale del 1693 (Val di Noto) e del 1908<br />

(quest’ultimo meglio noto come terremoto di Mess<strong>in</strong>a o Calabro-Mess<strong>in</strong>ese, con un’<strong>in</strong>tensità pari a XI secondo la<br />

scala Mercalli Modificata).<br />

1906, le rov<strong>in</strong>e di San Francisco<br />

Quando ancora non si<br />

disponeva di strumenti di<br />

misura delle onde sismiche,<br />

per classificare i terremoti era<br />

possib<strong>il</strong>e ut<strong>il</strong>izzare solo gli<br />

effetti da essi prodotti e di<br />

conseguenza furono<br />

<strong>in</strong>trodotte le scale<br />

macrosismiche, come la<br />

Mercalli-Cancani-Sieberg<br />

(MCS), la Mercalli Modificata<br />

(MM), la Medvedev-<br />

Sponheuer-Karnik (MSK). La<br />

loro immediata ut<strong>il</strong>ità è quella<br />

di rappresentare la severità<br />

degli effetti di un terremoto,<br />

<strong>in</strong> una determ<strong>in</strong>ata area,<br />

attraverso un valore numerico:<br />

l’<strong>in</strong>tensità macrosismica.I<br />

r<strong>il</strong>ievi macrosismici che si<br />

conducono dopo un<br />

terremoto, e che consistono<br />

nella valutazione degli effetti<br />

(danni agli edifici e alle<br />

persone, frane, fagliazioni<br />

superficiali, ecc.) nelle varie<br />

località colpite, consentono<br />

una veloce stima <strong>della</strong><br />

distribuzione areale<br />

dell’<strong>in</strong>tensità. Le aree ad<br />

uguale valore di <strong>in</strong>tensità<br />

vengono riportate sulle<br />

mappe macrosismiche,<br />

racchiuse da isol<strong>in</strong>ee, dette<br />

isosisme. Tali mappe rendono<br />

immediatamente percepib<strong>il</strong>e<br />

la distribuzione territoriale del<br />

risentimento sismico.


22<br />

Rischio sismico <strong>in</strong> Italia |Elementi del rischio sismico<br />

La scala Mercalli - Cancani - Sieberg (1930)<br />

Intensità Descrizione<br />

I Impercettib<strong>il</strong>e: r<strong>il</strong>evato soltanto da sismografi.<br />

II Molto leggero: recepito soltanto da rari soggetti nervosi che si trovano <strong>in</strong> perfetta<br />

quiete, oppure estremamente sensib<strong>il</strong>i, e quasi sempre nei piani superiori dei<br />

caseggiati.<br />

III Leggero anche <strong>in</strong> zone densamente abitate viene recepito come scuotimento<br />

soltanto da una piccola parte degli abitanti nell’<strong>in</strong>terno delle case, come nel caso del<br />

passaggio di un’automob<strong>il</strong>e a velocità elevata. Da alcuni viene riconosciuto quale<br />

fenomeno sismico soltanto dopo averne ragionato tra di loro.<br />

IV Moderato delle persone che si trovano all’esterno degli abitati, non molte<br />

percepiscono <strong>il</strong> terremoto. All’<strong>in</strong>terno delle case viene identificato da molte, ma non da<br />

tutte le persone, <strong>in</strong> seguito al tremare oppure ad osc<strong>il</strong>lazioni leggere di mob<strong>il</strong>i;<br />

cristalleria e vasellame, posti a breve distanza, urtano come al passaggio di un<br />

pesante autocarro su pavimentazione irregolare. F<strong>in</strong>estre t<strong>in</strong>t<strong>in</strong>nano, porte, travi e assi<br />

si muovono, scricchiolano i soffitti. In recipienti aperti, liquidi vengono leggermente<br />

mossi. Si ha la sensazione che, <strong>in</strong> casa, un oggetto pesante (sacco, mob<strong>il</strong>i) si rovesci,<br />

oppure di osc<strong>il</strong>lare con tutta la sedia o <strong>il</strong> letto come su una nave con mare mosso.<br />

Questo movimento provoca poca paura a persone che sono diventate nervose o<br />

apprensive a causa di terremoti precedenti. In rari casi i dormienti si svegliano.<br />

V Abbastanza forte perf<strong>in</strong>o nel pieno delle attività giornaliere, <strong>il</strong> sisma viene<br />

percepito da numerose persone sulle strade o comunque <strong>in</strong> campo aperto. Negli<br />

appartamenti si perviene all’osservazione <strong>in</strong> seguito allo scuotere dell’<strong>in</strong>tero edificio.<br />

Piante e rami deboli di cespugli ed alberi si muovono visib<strong>il</strong>mente come con un vento<br />

moderato. Oggetti pendenti entrano <strong>in</strong> osc<strong>il</strong>lazione, per esempio: tendaggi, semafori e<br />

lampade pendenti, lampadari non troppo pesanti; campanelli suonano, orologi a<br />

pendolo si fermano od osc<strong>il</strong>lano con maggior periodo, a seconda <strong>della</strong> direzione <strong>della</strong><br />

scossa, se perpendicolare o normale al moto di osc<strong>il</strong>lazione; a volte orologi a pendolo<br />

fermi possono rifunzionare; molle dell’orologio risuonano; la luce elettrica guizza o<br />

cade <strong>in</strong> seguito a movimenti <strong>della</strong> l<strong>in</strong>ea; quadri urtano battendo contro le pareti<br />

oppure si spostano: vengono versate piccole quantità di liquido da aperti recipienti<br />

colmi; n<strong>in</strong>noli ed oggetti del genere si possono rovesciare, e pure oggetti addossati alle<br />

pareti, arredi leggeri possono essere spostati di poco dal posto; mob<strong>il</strong>i r<strong>in</strong>tronano;<br />

porte ed imposte si aprono o si chiudono sbattendo; i vetri delle f<strong>in</strong>estre si <strong>in</strong>frangono.<br />

Quasi tutti i dormienti si svegliano. Sporadicamente persone fuggono all’aperto.<br />

VI Forte <strong>il</strong> terremoto viene notato da tutti con paura, molti fuggono all’aperto, alcuni<br />

credono di dover cadere. Liquidi si muovono fortemente; quadri, libri e oggetti sim<strong>il</strong>i<br />

cadono dalle pareti e dagli scaffali; porcellane si frantumano; suppellett<strong>il</strong>i assai stab<strong>il</strong>i,<br />

perf<strong>in</strong>o isolati pezzi d’arredo vengono spostati o cadono; campane m<strong>in</strong>ori <strong>in</strong> cappelle e<br />

chiese, orologi di campan<strong>il</strong>i battono. In s<strong>in</strong>gole case costruite solidamente sorgono<br />

danni leggeri: spaccature all’<strong>in</strong>tonaco, caduta del r<strong>in</strong>zaffo di soffitti e di pareti. Dani più<br />

forti, ma non ancora perniciosi, si hanno sugli edifici mal costruiti. Qualche tegola o<br />

pietra di cam<strong>in</strong>o può cadere.<br />

VII Molto forte lesioni notevoli vengono provocate ad oggetti e arredamento degli<br />

appartamenti, anche di grande peso, con <strong>il</strong> rovesciamento e la frantumazione. Le<br />

campane maggiori r<strong>in</strong>toccano. Corsi d’acqua, stagni e laghi generano onde e<br />

<strong>in</strong>torpidiscono a causa <strong>della</strong> melma mossa. Parti delle sponde di sabbia e ghiaia<br />

scivolano via. Pozzi variano <strong>il</strong> livello d’acqua. Danni moderati a numerosi edifici<br />

costruiti solidamente: piccole spaccature nei muri, caduta di parti piuttosto grandi<br />

Disastri naturali | Conoscere per prevenire 23<br />

dell’<strong>in</strong>calc<strong>in</strong>atura e dello stucco, di mattoni; generale caduta di tegole. Molti fumaioli<br />

vengono lesi da <strong>in</strong>cr<strong>in</strong>ature, da caduta di tegole, da fuoriuscita di pietre; cam<strong>in</strong>i già<br />

rov<strong>in</strong>ati si rovesciano sopra <strong>il</strong> tetto e lo danneggiano. Da torri e costruzioni alte cadono<br />

decorazioni mal fissate. Con case a pareti <strong>in</strong>telaiate, i danni all’<strong>in</strong>calc<strong>in</strong>atura e<br />

all’<strong>in</strong>telaiatura sono abbastanza forti. Crollo s<strong>in</strong>golo di case mal costruite oppure<br />

riattate.<br />

VIII Distruggente (rov<strong>in</strong>oso): <strong>in</strong>teri tronchi d’alberi ondeggiano vivacemente o perf<strong>in</strong>o si<br />

staccano. Anche i mob<strong>il</strong>i più pesanti vengono <strong>in</strong> parte portati lontano dal proprio luogo<br />

d’orig<strong>in</strong>e e <strong>in</strong> parte rovesciati. Statue, pietre m<strong>il</strong>iari nel terreno o anche <strong>in</strong> chiese, <strong>in</strong><br />

cimiteri e parchi pubblici ruotano sul proprio piedistallo oppure si rovesciano. Solidi<br />

muri di c<strong>in</strong>ta <strong>in</strong> pietra sono aperti ed atterrati. Un quarto circa delle case riporta gravi<br />

distruzioni; alcune crollano; molte divengono <strong>in</strong>abitab<strong>il</strong>i. Negli edifici ad <strong>in</strong>telaiatura,<br />

cade gran parte <strong>della</strong> tamponatura. Case <strong>in</strong> legno vengono schiacciate o rovesciate. In<br />

particolare campan<strong>il</strong>i di chiese e cam<strong>in</strong>i di fabbriche con la loro caduta provocano a<br />

edifici vic<strong>in</strong>i lesioni. In pendii e terreni acquitr<strong>in</strong>osi si formano crepe. In terreni bagnati<br />

si ha espulsione di sabbia e di melma.<br />

IX Rov<strong>in</strong>oso (distruttivo): circa la metà di case <strong>in</strong> pietra sono gravemente distrutte;<br />

molte crollano; la maggior parte diviene <strong>in</strong>abitab<strong>il</strong>e. Case ad <strong>in</strong>telaiatura sono divelte<br />

dalle proprie fondamenta e schiacciate su se stesse, con travi strappate, che possono<br />

contribuire molto alla rov<strong>in</strong>a.<br />

X Annientante (completamente distruttivo): gravissima distruzione di circa ? degli<br />

edifici; la maggior parte crolla. Perf<strong>in</strong>o costruzioni solide di legno e ponti subiscono<br />

gravi lesioni, alcuni vengono distrutti. Arg<strong>in</strong>i e dighe, ecc.. sono danneggiati<br />

notevolmente, b<strong>in</strong>ari leggermente piegati e tubature (gas, acqua e scarichi) troncate,<br />

rotte e schiacciate. Nelle strade lastricate e asfaltate si formano crepe e, per<br />

pressione, sporgono larghe pieghe ondose. In terre meno dense e specialmente <strong>in</strong><br />

quelle umide si creano spaccature; <strong>in</strong> particolar modo sorgono parallelamente ai corsi<br />

d’acqua crepature che raggiungono larghezze f<strong>in</strong>o a un metro. Non soltanto scivola<br />

terreno piuttosto molle dai pendii, ma <strong>in</strong>teri macigni rotolano a valle. Grossi massi si<br />

staccano dagli arg<strong>in</strong>i dei fiumi e da coste scoscese, <strong>in</strong> riviere si spostano masse<br />

sabbiose e fangose, per cui <strong>il</strong> r<strong>il</strong>ievo del terreno subisce cambiamenti. I pozzi variano di<br />

frequente <strong>il</strong> livello dell’acqua. Da fiumi, canali e laghi, le acque vengono gettate contro<br />

le sponde.<br />

XI Catastrofico crollo del complesso degli edifici <strong>in</strong> muratura; solide costruzioni e<br />

capanne di legno ad <strong>in</strong>castro di grande elasticità possono ancora reggere<br />

s<strong>in</strong>golarmente. Anche i più grandi e sicuri tra i ponti crollano a causa <strong>della</strong> caduta dei<br />

p<strong>il</strong>astri <strong>in</strong> pietra o del cedimento di quelli <strong>in</strong> ferro. Arg<strong>in</strong>i e dighe vengono<br />

completamente staccati l’uno dall’altro, spesso anche per lunghi tratti; b<strong>in</strong>ari<br />

fortemente piegati e compressi. Tubature nel terreno vengono staccate l’una dall’altra e<br />

rese irreparab<strong>il</strong>i. Nel terreno si manifestano vari mutamenti di notevole estensione, che<br />

sono determ<strong>in</strong>ati dalla natura del suolo: grandi crepe e spaccature si aprono; e<br />

soprattutto <strong>in</strong> terreni morbidi e acquitr<strong>in</strong>osi <strong>il</strong> dissesto è considerevole <strong>in</strong> direzione<br />

orizzontale e verticale. Ne segue <strong>il</strong> trabocco di acqua che porta sabbia e melma con le<br />

diverse manifestazioni. Sfaldamento di terreni e caduta di massi sono numerosi.<br />

XII Grandemente catastrofico non resiste alcuna opera dell’uomo. Lo<br />

scombussolio del paesaggio assume aspetti grandiosi. Corrispondentemente flussi<br />

d’acqua sotterranei e superficiali subiscono i mutamenti più vari: si formano cascate,<br />

laghi scompaiono, fiumi deviano.<br />

Fonte: Sieberg A., 1930, Geologie der Erdbeben. Handbuch der Geophysik, 2, 4, pp. 550-555.<br />

Traduzione a cura di L. Serva.


24<br />

Figura 2.2<br />

Mappa <strong>della</strong> pericolosità sismica<br />

dell’Europa centro–meridionale. Il<br />

grado di pericolosità è espresso<br />

<strong>in</strong> accelerazione orizzontale<br />

massima del suolo (m/s 2 )a<br />

seguito di terremoto con<br />

probab<strong>il</strong>ità di superamento del<br />

10% <strong>in</strong> 50 anni. Il territorio<br />

italiano è caratterizzato da una<br />

pericolosità medio-alta.<br />

Fonte: IGCP Seismotectonics and<br />

Seismic Hazard Assessment,<br />

SESAME,<br />

www.seismo.ethz.ch/gshap/sesa<br />

me/sesame99.html<br />

Rischio sismico <strong>in</strong> Italia | La pericolosità sismica <strong>in</strong> Italia<br />

La consapevolezza che i terremoti abbiano la tendenza a manifestarsi negli<br />

stessi luoghi e che ci siano aree più soggette di altre esiste f<strong>in</strong> dai tempi<br />

antichi, anche se allora era altrettanto diffusa la credenza che le crisi sismiche<br />

dipendessero dalla rottura dell’equ<strong>il</strong>ibrio con la div<strong>in</strong>ità, tanto che, tra<br />

la metà del Quattrocento e <strong>il</strong> primo Seicento, la loro orig<strong>in</strong>e non naturale<br />

veniva asserita pers<strong>in</strong>o nei trattati naturalistici.<br />

Qu<strong>in</strong>di, sebbene la storia umana costituisca una piccola f<strong>in</strong>estra temporale<br />

aperta su processi che si sv<strong>il</strong>uppano <strong>in</strong> tempi geologici, di molti ord<strong>in</strong>i<br />

di grandezza più lunghi, disponiamo comunque di una banca dati, oltre che<br />

di conoscenze scientifiche, che ci permettono di eseguire delle previsioni di<br />

tipo probab<strong>il</strong>istico sull’<strong>in</strong>tensità e la frequenza dei terremoti attesi. Infatti,<br />

poiché la causa geologica che genera i terremoti non si esaurisce alla scala<br />

dei tempi umani, dobbiamo aspettarci che le zone colpite da terremoti nel<br />

passato saranno colpite ancora nel futuro con un’<strong>in</strong>tensità paragonab<strong>il</strong>e a<br />

quella già sperimentata.<br />

Nel paragrafo 2.5 sono riportati nelle schede alcuni esempi di terremoti<br />

avvenuti nel territorio italiano, che sono qu<strong>in</strong>di rappresentativi di scenari<br />

che potrebbero tragicamente riproporsi.<br />

2.2. La pericolosità sismica <strong>in</strong> Italia<br />

La pericolosità sismica (def<strong>in</strong>ita dalla frequenza e dall’<strong>in</strong>tensità dei fenomeni)<br />

<strong>in</strong> Italia può essere considerata medio-alta nel contesto dell’area<br />

mediterranea (Figura 2.2), o addirittura modesta se paragonata a quella di<br />

altri paesi come ad esempio la California. Infatti, <strong>in</strong> California un evento<br />

che sprigioni una quantità di energia pari a quella liberatasi nel terremoto<br />

del 1980 <strong>in</strong> Irp<strong>in</strong>ia avviene <strong>in</strong> media una volta ogni due anni.<br />

Anche se non si è <strong>in</strong> grado di prevedere che un terremoto di una certa <strong>in</strong>-<br />

Disastri naturali | Conoscere per prevenire 25<br />

tensità si verifichi <strong>in</strong> una data località <strong>in</strong> un dato momento, è stato possib<strong>il</strong>e<br />

costruire una mappa <strong>della</strong> pericolosità sismica sulla base dell’analisi <strong>della</strong> serie<br />

storica degli eventi e delle caratteristiche sismo-genetiche del territorio.<br />

Sulla base di questi elementi, <strong>in</strong> Italia è stata effettuata una classificazione<br />

del territorio; l’ultimo aggiornamento risale al 2003 con l’Ord<strong>in</strong>anza del Presidente<br />

del Consiglio dei M<strong>in</strong>istri n. 3274 del 20 marzo 2003, recante “Primi<br />

elementi <strong>in</strong> materia di criteri generali per la classificazione sismica del territorio nazionale<br />

e di normative tecniche per le costruzioni <strong>in</strong> zona sismica”, che ha stab<strong>il</strong>ito<br />

i criteri di riferimento per la def<strong>in</strong>izione delle “zone sismiche”e ha permesso<br />

di all<strong>in</strong>eare <strong>il</strong> sistema normativo per le costruzioni <strong>in</strong> zona sismica al sistema<br />

dei codici europei.<br />

Con la nuova classificazione, le tre categorie sismiche previste nella classificazione<br />

precedente (del 1984) sono state sostituite da quattro Zone.<br />

Sono state fatte ricadere nella Zona 4 aree precedentemente non classificate<br />

e sono state <strong>in</strong>trodotte molte modifiche come, ad esempio, l’<strong>in</strong>serimento<br />

di Roma <strong>in</strong> Zona 3.<br />

L’<strong>in</strong>tero territorio nazionale va considerato a rischio sismico, <strong>in</strong> quanto<br />

Dal 2003 l’<strong>in</strong>tero territorio<br />

italiano è stato classificato<br />

dal punto di vista sismico,<br />

sia pure con livelli di<br />

pericolosità molto diversi.<br />

Sono state <strong>in</strong>dividuate<br />

quattro Zone a pericolosità<br />

crescente dalla 4 alla 1.<br />

Figura 2.3<br />

Classificazione sismica dell’Italia<br />

(2004). Tutto <strong>il</strong> territorio è coperto<br />

da Zone a diversa pericolosità<br />

(crescente dalla 4 alla 1).<br />

Fonte: Dipartimento <strong>della</strong><br />

Protezione Civ<strong>il</strong>e


26<br />

Figura 2.4<br />

Mappa di pericolosità<br />

sismica dell’Italia<br />

(2004). Il grado di<br />

pericolosità è espresso<br />

<strong>in</strong> accelerazione<br />

orizzontale massima del<br />

suolo (<strong>in</strong> frazioni di g) a<br />

seguito di terremoto con<br />

probab<strong>il</strong>ità di<br />

superamento del 10% <strong>in</strong><br />

50 anni.<br />

Fonte: INGV<br />

Rischio sismico <strong>in</strong> Italia | La pericolosità sismica <strong>in</strong> Italia<br />

ogni sua parte può essere <strong>in</strong>vestita dalle onde sismiche prodotte da terremoti<br />

anche con epicentro distante.<br />

Dalla carta di Figura 2.3 risulta che le zone a maggior pericolosità sismica<br />

(I categoria) risiedono lungo l’arco appenn<strong>in</strong>ico a partire dall’Umbria f<strong>in</strong>o<br />

ad arrivare <strong>in</strong> Sic<strong>il</strong>ia, mentre lungo l’arco alp<strong>in</strong>o solo l’area del Friuli è classificata<br />

<strong>in</strong> I categoria.<br />

Le mappe di pericolosità sismica rappresentano i documenti di s<strong>in</strong>tesi necessari<br />

all’elaborazione di una classificazione sismica del territorio. In Italia,<br />

la Mappa di pericolosità sismica (Figura 2.4) è stata def<strong>in</strong>ita sulla base<br />

dei terremoti raccolti nei cataloghi sismici, di una zonazione sismo-genetica<br />

del territorio ricostruita <strong>in</strong> funzione <strong>della</strong> distribuzione spaziale e <strong>della</strong><br />

profondità di terremoti conosciuti, e di relazioni di attenuazione delle onde<br />

sismiche con la distanza dall’epicentro.<br />

Mappa di pericolosità<br />

sismica dell’Italia (2004)<br />

Disastri naturali | Conoscere per prevenire 27<br />

Purtroppo i terremoti catalogati rappresentano solo un’<strong>in</strong>f<strong>in</strong>itesima parte<br />

di quelli avvenuti nella storia geologica. Inoltre, i cataloghi sismici di cui disponiamo<br />

coprono un <strong>in</strong>tervallo di tempo spesso troppo breve rispetto ai<br />

tempi di ritorno dei terremoti, che possono essere anche di migliaia di anni.<br />

Il terremoto di Avezzano del 1915 è un esempio di forte terremoto (magnitudo<br />

7) avvenuto <strong>in</strong> un’area dove storicamente non si erano verificati eventi<br />

di uguale grandezza, di cui risultasse menzione nei cataloghi sismici.<br />

Nelle stime di pericolosità sismica è pertanto importante ut<strong>il</strong>izzare anche<br />

altri strumenti da affiancare alle conoscenze di sismicità storica e strumentale.<br />

I recenti progressi <strong>in</strong> campo paleosismologico possono sicuramente<br />

aiutarci a “retrodatare”i cataloghi sismici <strong>in</strong>dividuando terremoti avvenuti<br />

<strong>in</strong> tempi pre-storici. Anche la geomorfologia quantitativa può rappresentare<br />

uno strumento importante per riconoscere un “paesaggio sismico”<br />

frutto di un’evoluzione condizionata dal susseguirsi di terremoti.<br />

2.3. Forti terremoti avvenuti <strong>in</strong> Italia<br />

Storicamente, per quel che riguarda le vittime, <strong>il</strong> terremoto più catastrofico<br />

registrato <strong>in</strong> Italia è quello di Mess<strong>in</strong>a del 1908 (centrato sullo Stretto<br />

tra Mess<strong>in</strong>a e Reggio, con effetti devastanti dalla Sic<strong>il</strong>ia orientale alla Calabria<br />

meridionale), con annesso tsunami (87.000 morti circa tra Sic<strong>il</strong>ia e Calabria<br />

– le stime variano fra 60.000 e oltre 90.000 - di cui almeno 2.000 <strong>in</strong>ghiottiti<br />

dalle onde).<br />

Nei cataloghi sismici italiani risulta che altri c<strong>in</strong>que terremoti, oltre quello<br />

appena citato, hanno raggiunto o superato <strong>il</strong> grado 7 di magnitudo Richter<br />

o equivalente: quello del 1349 nell’Aqu<strong>il</strong>ano, quello del 1456 <strong>in</strong> Molise, del<br />

1693 nella Val di Noto, con effetti <strong>in</strong> tutta la Sic<strong>il</strong>ia orientale, del 1743 nel<br />

Basso Ionio e del 1915 di Avezzano.<br />

Per quel che riguarda <strong>il</strong> numero di vittime, i terremoti più catastrofici sono<br />

stati, oltre a quello di Mess<strong>in</strong>a, quello <strong>della</strong> Val di Noto del 1693 (60.000<br />

morti), quello terrib<strong>il</strong>e <strong>della</strong> Calabria del 1783, costituito <strong>in</strong> realtà da una serie<br />

di 6 terremoti (50.000 morti nel complesso) e quello di Avezzano del<br />

1915 (33.000 morti). A seguito di quest’ultimo sisma, vi fu l’istituzione <strong>della</strong><br />

prima commissione nazionale sui terremoti e l’avvio, <strong>in</strong> Italia come all’estero,<br />

di ricerche scientifiche moderne nel campo <strong>della</strong> sismologia, con<br />

particolare riferimento alla messa a punto di strumenti di registrazione dei<br />

fenomeni sismici.<br />

Se si prosegue con <strong>il</strong> conteggio dei terremoti con magnitudo equivalente<br />

uguale o superiore a 6, dal 217 a.C. all’anno 2000, <strong>in</strong> Italia sono noti 115<br />

eventi. Nell’ultimo secolo, terremoti con magnitudo maggiore o uguale a 6<br />

sono avvenuti <strong>in</strong> Garfagnana-Lunigiana (1920), Irp<strong>in</strong>ia-Bas<strong>il</strong>icata (1930,<br />

1962 e 1980), Puglia settentrionale (1948), nella Valle del Belice <strong>in</strong> Sic<strong>il</strong>ia<br />

(1968) ed <strong>in</strong> Friuli (due volte nel 1976). Va anche citato, benché di magnitudo<br />

5.7, <strong>il</strong> terremoto di Umbria-Marche del 1997, per i danni causati e l’attenzione<br />

suscitata nell’op<strong>in</strong>ione pubblica.<br />

Molti altri terremoti, di magnitudo <strong>in</strong>feriore a 6, hanno comunque colpito<br />

l’op<strong>in</strong>ione pubblica negli ultimi secoli entrando a far parte <strong>della</strong> tradizione<br />

orale popolare. Tra gli altri: <strong>il</strong> violento terremoto <strong>della</strong> Maiella e del Sulmonese<br />

del 1706, quello di Casamicciola (già allora nota stazione termale) nell’Isola<br />

d’Ischia del 1883, quelli più recenti di Tuscania (con danni alle opere<br />

architettoniche) del 1971 e di Ancona del 1972, e diversi altri soprattutto<br />

nell’Italia centrale.<br />

A f<strong>in</strong>e capitolo, nel paragrafo 2.5, sono riportate schede <strong>in</strong>formative relative<br />

ad alcuni terremoti storici, rappresentative di scenari che potenzialmente<br />

potrebbero riproporsi, con l’aggiunta degli effetti dovuti alla mag-<br />

Il terremoto di magnitudo 7 che<br />

colpì Avezzano<br />

<strong>il</strong> 13 gennaio 1915 causò<br />

la morte di 33.000 persone.<br />

Nel catalogo sismico italiano<br />

per l’area del Fuc<strong>in</strong>o<br />

non compaiono altri sismi<br />

precedenti di entità<br />

paragonab<strong>il</strong>e.<br />

La geomorfologia quantitativa<br />

consiste nell’applicazione dei<br />

metodi matematici e statistici<br />

allo studio delle forme del<br />

r<strong>il</strong>ievo terrestre e dei processi<br />

che le hanno generate.<br />

L’<strong>in</strong>dividuazione delle relazioni<br />

esistenti tra i vari parametri<br />

geomorfici permette di<br />

elaborare modelli che ci<br />

consentono di <strong>in</strong>terpretare<br />

l’evoluzione passata del<br />

paesaggio e di prevedere quella<br />

futura.<br />

La magnitudo equivalente<br />

è la magnitudo, ricavata<br />

da relazioni empiriche, di quei<br />

terremoti che non sono stati<br />

registrati strumentalmente<br />

(perché avvenuti prima<br />

dell’esistenza dei sismografi<br />

o perché avvenuti <strong>in</strong> zone<br />

non coperte da reti sismiche).<br />

Essa viene essenzialmente<br />

ricavata a partire dall’Intensità<br />

del terremoto.


28<br />

Il maschio murario è quella<br />

porzione di muratura portante<br />

che dalle fondamenta arriva<br />

f<strong>in</strong>o al tetto dell’edificio (<strong>in</strong><br />

pratica è <strong>il</strong> p<strong>il</strong>astro<br />

dell’edificio <strong>in</strong> muratura).<br />

Rischio sismico <strong>in</strong> Italia |Forti terremoti avvenuti <strong>in</strong> Italia Disastri naturali | Conoscere per prevenire<br />

29<br />

giore pressione antropica e <strong>in</strong>dustriale rispetto al passato. Nelle schede<br />

sono <strong>in</strong> particolare descritte le “serie”di terremoti avvenuti nell’arco di pochi<br />

anni, nonché alcuni terremoti devastanti del lontano passato (Veronese<br />

del 1117, <strong>della</strong> Val di Noto del 1693) e del passato più recente (dello Stretto<br />

di Mess<strong>in</strong>a nel 1908, <strong>della</strong> Valle del Belice <strong>in</strong> Sic<strong>il</strong>ia nel 1968, del Friuli nel<br />

1976, dell’Irp<strong>in</strong>ia-Bas<strong>il</strong>icata nel 1980) che sono rimasti impressi nella memoria<br />

degli italiani.<br />

Volendo paragonare la sismicità <strong>in</strong> Italia con quella <strong>in</strong> altre aree <strong>della</strong><br />

<strong>Terra</strong>, si nota che mentre nessun terremoto noto italiano (ultimi 2000 anni)<br />

ha raggiunto o superato magnitudo 8, <strong>in</strong> altre zone del pianeta terremoti di<br />

tale e pers<strong>in</strong>o maggiore grandezza non sono rari.<br />

Nel periodo dal 1900 ad oggi vi sono stati 10 terremoti con magnitudo superiore<br />

a 8,5: <strong>in</strong> C<strong>il</strong>e nel 1960 (con <strong>il</strong> record di 9,5), <strong>in</strong> Alaska nel 1964, nella<br />

Isole Aleut<strong>in</strong>e nel 1957 e nel 1965, nella Kamchatka nel 1925 e nel 1952, nel<br />

Golfo del Bengala al largo di Sumatra (con <strong>il</strong> noto tsunami) nel 2004, al<br />

largo dell’Ecuador nel 1906, ancora a Sumatra nel 2005, al conf<strong>in</strong>e India-<br />

C<strong>in</strong>a nel 1950. Si calcola che sul pianeta si verifich<strong>in</strong>o <strong>in</strong> media 1 terremoto<br />

all’anno di magnitudo 8 o più e 18 di magnitudo compresa tra 7 e 7,9; <strong>in</strong><br />

Italia <strong>in</strong>vece, negli ultimi 6 secoli circa, si sono verificati solo 6 eventi con<br />

magnitudo compresa tra 7 e 7,9.<br />

In altre parole, i terremoti <strong>in</strong> Italia sono meno forti rispetto a quelli di altri<br />

Paesi, e quelli relativamente più forti, comunque al di sotto di magnitudo<br />

8, non sono molto frequenti. Tuttavia, a causa dell’alta vulnerab<strong>il</strong>ità dei nostri<br />

centri abitati, gli eventi sismici italiani generano un notevole grado di<br />

danneggiamento.<br />

2.4. La vulnerab<strong>il</strong>ità sismica <strong>in</strong> Italia<br />

La vulnerab<strong>il</strong>ità sismica <strong>in</strong> Italia è molto elevata. Basti pensare al terremoto<br />

di San Giuliano di Puglia del 2002, quando una modesta scossa di<br />

magnitudo 5,4 ha procurato la morte di 30 persone, tra cui 27 bamb<strong>in</strong>i e<br />

un’<strong>in</strong>segnante per <strong>il</strong> crollo di una scuola elementare, la cui struttura era del<br />

tutto <strong>in</strong>adeguata a resistere alle sollecitazioni orizzontali di tipo d<strong>in</strong>amico<br />

dovute al sisma. Purtroppo gli edifici a struttura mista, la cui realizzazione<br />

prevede l’ut<strong>il</strong>izzo di mattoni pieni o <strong>in</strong> laterizio forato di tipo portante per<br />

le strutture verticali e cemento armato per i solai e i tetti, sono molto diffusi<br />

<strong>in</strong> Italia. Tale tipologia costruttiva può essere idonea <strong>in</strong> condizioni statiche<br />

e d<strong>in</strong>amiche a patto che vengano rispettate le “buone tecniche costruttive<br />

di base”, ovvero non vengano praticate aperture vic<strong>in</strong>o a <strong>in</strong>croci di murature<br />

portanti, i maschi murari siano ben dimensionati, e <strong>in</strong>oltre i tetti non<br />

siano pesanti, <strong>in</strong> quanto la forza d<strong>in</strong>amica del sisma è tanto più grande<br />

quanto più <strong>il</strong> peso è maggiore e posto <strong>in</strong> alto.<br />

Oltre a possedere un patrimonio ed<strong>il</strong>izio diffusamente <strong>in</strong>sicuro dal punto<br />

di vista <strong>della</strong> risposta sismica (si pensi ai centri storici delle città spesso vetusti<br />

e maltenuti), l’Italia è caratterizzata da un’alta densità di popolazione<br />

che fa sì che ogni evento <strong>in</strong>teressi <strong>in</strong> generale un elevato numero di abitanti.<br />

Inoltre dal 1909, anno di entrata <strong>in</strong> vigore delle prime norme di costruzione<br />

antisismica nell’Italia unitaria, f<strong>in</strong>o al 1981, un comune veniva<br />

classificato sismico solo se a partire da tale data veniva colpito da un evento<br />

distruttivo, <strong>in</strong>dipendentemente dal fatto che ne avesse subiti altri precedentemente<br />

o che le conoscenze sismo-tettoniche lo <strong>in</strong>dicassero come<br />

esposto ad alto rischio. Solo nel 1984 è stata <strong>in</strong>trodotta una classificazione<br />

sismica omogenea del territorio nazionale basata su criteri più scientifici.<br />

Di conseguenza, <strong>in</strong> molte delle zone più pericolose d’Italia, <strong>in</strong> particolare<br />

<strong>in</strong> tutte quelle che avevano subito terremoti disastrosi prima del 1908, si è<br />

La storia sismica<br />

di Roma<br />

Anche se oggi, <strong>in</strong> genere, la<br />

città di Roma non viene<br />

considerata dal grande<br />

pubblico a rischio di<br />

terremoto, i dati storici –<br />

tramandati <strong>in</strong> forma scritta<br />

e qu<strong>in</strong>di oggi prezioso<br />

supporto alle conoscenze -<br />

<strong>in</strong>dicano come nel corso<br />

dei secoli vi siano stati<br />

avvertiti dei terremoti,<br />

spesso con danni a<br />

monumenti famosi.<br />

Si possono ricordare, tra gli<br />

altri:<br />

● i terremoti degli anni<br />

15 (con danni alle Mura<br />

Serviane), 20 (con crollo<br />

del Teatro di Pompeo), 51,<br />

85 e 116;<br />

● <strong>il</strong> terremoto del 191,<br />

avvenuto durante una tempesta con molti fulm<strong>in</strong>i, seguito<br />

da diversi <strong>in</strong>cendi;<br />

● quello del 223, <strong>il</strong> primo <strong>in</strong> cui si verificarono danni al<br />

Colosseo;<br />

● <strong>il</strong> terremoto molto forte del 258 con “1000 case<br />

distrutte”;<br />

● una sequenza di terremoti (304, 408, 422, 429) che<br />

danneggiarono di nuovo <strong>il</strong> Colosseo, <strong>il</strong> Foro, San Paolo fuori<br />

le Mura (443), <strong>il</strong> Circo Massimo (454),<br />

● <strong>il</strong> terremoto ancora più forte del 476-477 caratterizzato<br />

da 70 scosse, con danni ancora al Colosseo, colpito anche<br />

nel 492 e 508, con crollo dell’arena;<br />

● <strong>il</strong> Colosseo fu danneggiato, <strong>in</strong>sieme ad altri monumenti,<br />

anche negli anni 801 (<strong>in</strong>sieme a San Paolo fuori le Mura),<br />

847, 849 e 896 (<strong>in</strong>sieme a San Giovanni <strong>in</strong> Laterano);<br />

● nel 1231, dopo un lungo <strong>in</strong>tervallo, forse apparente a<br />

cause <strong>della</strong> scarsezza di dati relativa a tale periodo, un<br />

sisma causò un primo crollo <strong>della</strong> Tor de’ Conti (oggi<br />

all’angolo di Via Cavour con Via dei Fori Imperiali) e <strong>il</strong><br />

grande crollo <strong>della</strong> parete esterna sud-ovest del Colosseo,<br />

ancor oggi visib<strong>il</strong>e; nel 1255 si ebbe ancora un altro evento;<br />

● i terremoti abbastanza forti del 1321, del 1334 (con<br />

danni alla Torre delle M<strong>il</strong>izie), del 1348 (col crollo di un altro<br />

strato <strong>della</strong> Tor de’ Conti, ridotta alla versione odierna) e del<br />

1349 (con danni al Colosseo ed alla Colonna Anton<strong>in</strong>a,<br />

come sotto descritto), citato anche dal Petrarca;<br />

● <strong>il</strong> terremoto del 1407, seguito da una lunga parentesi di<br />

quiete, almeno a giudicare dalle fonti;<br />

● due terremoti nel 1703 (danni al Colosseo), con<br />

epicentro a Norcia, 1706, con epicentro sotto la Maiella, e<br />

1730 (danni a San Pietro <strong>in</strong> Vaticano);<br />

● una lunga sequenza di terremoti nella zona dei Castelli<br />

(1806, 1810, 1813, 1829 e 1892) ed uno forte a Tivoli<br />

(1826) con contemporanea piena devastante dell’Aniene;<br />

● nel 1895 si avvertì a Roma, ed <strong>in</strong> particolare ad Ostia,<br />

Foto: A. Candido<br />

un terremoto probab<strong>il</strong>mente con epicentro al largo del<br />

Tirreno, forse accompagnato da un piccolo maremoto;<br />

● <strong>il</strong> grande terremoto di Avezzano del 1915 che provocò<br />

danni <strong>in</strong> almeno 300 punti diversi <strong>della</strong> città, e quello <strong>della</strong><br />

Val Ner<strong>in</strong>a del 1979; entrambi raggiunsero a Roma <strong>il</strong> VII<br />

grado <strong>della</strong> scala Mercalli;<br />

● quello recente dell’agosto del 2005 (4.5 <strong>della</strong> scala<br />

Richter) con epicentro nel Tirreno, al largo di Anzio-Nettuno,<br />

che è stato avvertito, senza provocare danni, lungo la costa<br />

centro-meridionale del Lazio e nelle prov<strong>in</strong>ce di Roma, Lat<strong>in</strong>a e<br />

Fros<strong>in</strong>one (ha raggiunto <strong>il</strong> VI grado <strong>della</strong> scala Mercalli ad<br />

Anzio e <strong>il</strong> IV-V a Roma); un altro evento analogo, oltre a quello<br />

sopra segnalato del 1895, si ebbe anche nel 1919.<br />

Molti eventi sismici hanno pertanto lasciato <strong>il</strong> segno su vari<br />

monumenti romani. Maggiori effetti si riscontrano sugli<br />

edifici situati nella pianura alluvionale del Tevere, mentre già<br />

sui colli <strong>il</strong> risentimento sismico risulta m<strong>in</strong>ore.<br />

È notorio lo spostamento <strong>in</strong> senso rotatorio, tra <strong>il</strong> nono e <strong>il</strong><br />

decimo rocchio, <strong>della</strong> Colonna Anton<strong>in</strong>a a Piazza Colonna,<br />

avvenuto a seguito di un terremoto (forse quello del 1349),<br />

che non si riscontra <strong>in</strong>vece nella Colonna Traiana, che è<br />

fondata su terreno più solido (arenaria) rispetto all’altra<br />

(sabbie e limi poco consolidati).<br />

I terremoti avvertiti a Roma hanno avuto orig<strong>in</strong>e <strong>in</strong> diverse<br />

zone epicentrali: l’Appenn<strong>in</strong>o Umbro (<strong>il</strong> caso più frequente,<br />

ultimo quello <strong>della</strong> Val Ner<strong>in</strong>a, ed i cui violenti episodi sono<br />

spesso ben avvertiti), <strong>il</strong> Fuc<strong>in</strong>o ed altre zone dell’Appenn<strong>in</strong>o<br />

Abruzzese, l’Appenn<strong>in</strong>o Laziale-Molisano (come per <strong>il</strong> forte<br />

terremoto del 1349 con epicentro tra Cass<strong>in</strong>o e Isernia), i<br />

Monti Tiburt<strong>in</strong>i (come per i recenti episodi, di poco r<strong>il</strong>ievo,<br />

avvertiti nel 1997, 1998 e 2000), i Castelli Romani (sono<br />

ben noti gli sciami sismici correlati all’attività tuttora <strong>in</strong><br />

essere del Vulcano Laziale; ultimo episodio avvertito nel<br />

2000), e al largo del Tirreno di fronte alla costa laziale<br />

(dove sono presenti alcune faglie sismogenetiche).


30<br />

In anni recenti, hanno fatto<br />

notizia i gravi danni subiti<br />

dal complesso bas<strong>il</strong>icale di<br />

San Francesco ad Assisi: a<br />

seguito del terremoto <strong>in</strong><br />

Umbria-Marche del 1997<br />

si verificò <strong>il</strong> crollo di parte<br />

<strong>della</strong> volta <strong>della</strong> Chiesa<br />

Superiore e la distruzione di<br />

importanti affreschi (tra cui<br />

<strong>il</strong> San Matteo di Cimabue)<br />

delle vele del soffitto.<br />

I terremoti<br />

<strong>della</strong> Val di Noto<br />

Secondo dati relativi<br />

all’ultimo m<strong>il</strong>lennio, Noto,<br />

Augusta e Siracusa sono<br />

state danneggiate <strong>in</strong> modo<br />

r<strong>il</strong>evante nel 1125 (15.000<br />

vittime segnalate dalle<br />

fonti), nel 1169, nel 1542,<br />

nel 1693 (area di<br />

danneggiamento pari a<br />

14.000 kmq, circa 60.000<br />

morti, la popolazione di<br />

Catania di 30.000 abitanti<br />

venne dimezzata), nel 1727,<br />

nel 1818 e 1846 (epicentro<br />

nel Catanese) e poi ancora<br />

nel 1903, nel 1908 (<strong>il</strong><br />

grande terremoto di<br />

Mess<strong>in</strong>a) e recentemente<br />

nel 1990. È particolare <strong>il</strong><br />

caso di Noto (Antica) che,<br />

già danneggiata nel 1542,<br />

venne completamente<br />

distrutta dalle scosse del 9<br />

e 11 gennaio 1693 e<br />

ricostruita <strong>in</strong> un nuovo sito<br />

entro <strong>il</strong> 1702: è questa<br />

l’orig<strong>in</strong>e del gioiello<br />

rappresentato dalla Noto<br />

barocca, pur danneggiata<br />

dai terremoti successivi.<br />

Oltre a queste città, a<br />

Catania (con i piccoli centri<br />

del Catanese) e Mess<strong>in</strong>a,<br />

sono a rischio sismico<br />

anche le altre città del sudest<br />

<strong>della</strong> Sic<strong>il</strong>ia, tutte<br />

r<strong>il</strong>evanti dal punto di vista<br />

dei beni culturali:<br />

Caltagirone, M<strong>il</strong>itello,<br />

Modica, Palazzolo Acreide,<br />

Ragusa e Scicli. Esse furono<br />

ricostruite dopo <strong>il</strong> 1693,<br />

sopra o accanto ai resti<br />

degli <strong>in</strong>sediamenti distrutti,<br />

nello st<strong>il</strong>e del tardo barocco<br />

sic<strong>il</strong>iano.<br />

Rischio sismico <strong>in</strong> Italia | La vulnerab<strong>il</strong>ità sismica <strong>in</strong> Italia<br />

<strong>in</strong>iziato a costruire con criteri antisismici solo a partire dalla metà degli anni<br />

’80. Il risultato è che nelle zone sismiche classificate nel 1984, che coprono<br />

circa <strong>il</strong> 45% del territorio nazionale, solo <strong>il</strong> 14% delle abitazioni sono costruite<br />

secondo norme antisismiche 1 .<br />

Rischi per <strong>il</strong> patrimonio culturale<br />

I terremoti, oltre a provocare la perdita di vite umane, <strong>il</strong> ferimento di persone,<br />

<strong>il</strong> danneggiamento di <strong>in</strong>frastrutture, di impianti produttivi e di abitazioni,<br />

causano, <strong>in</strong> particolar modo nel caso dell’Italia, danni al patrimonio<br />

artistico–architettonico-culturale. Volendo fare solo due esempi (<strong>in</strong> Italia<br />

esistono <strong>in</strong>numerevoli situazioni analoghe), le città di Assisi e Noto sono<br />

dotate di un patrimonio artistico <strong>in</strong>estimab<strong>il</strong>e che è messo a repentaglio<br />

dall’elevata sismicità caratterizzante <strong>il</strong> territorio nel quale esse si trovano.<br />

Vulnerab<strong>il</strong>ità dei centri urbani<br />

Tutti i suddetti fattori contribuiscono <strong>in</strong> modo concomitante a determ<strong>in</strong>are<br />

l’elevata vulnerab<strong>il</strong>ità delle nostre città. Paradossalmente, poi, i lunghi<br />

periodi (anni o dec<strong>in</strong>e di anni) durante i quali <strong>in</strong> Italia la sismicità non si<br />

manifesta <strong>in</strong> modo r<strong>il</strong>evante, rendono <strong>il</strong> nostro Paese ancora più debole <strong>in</strong><br />

quanto si <strong>in</strong>s<strong>in</strong>ua, nei cittad<strong>in</strong>i e nei decisori, la tendenza a sottovalutare o<br />

addirittura rimuovere la possib<strong>il</strong>ità che un nuovo forte evento possa verificarsi.<br />

Il risultato è che <strong>in</strong> Italia non si <strong>in</strong>veste sufficientemente <strong>in</strong> prevenzione,<br />

come <strong>in</strong>vece accade ad esempio <strong>in</strong> Giappone, dove si è costretti a<br />

convivere quasi quotidianamente con <strong>il</strong> terremoto.<br />

I terremoti sono fenomeni naturali <strong>in</strong>dipendenti dall’attività antropica; allo<br />

stato attuale di sv<strong>il</strong>uppo tecnologico, non è possib<strong>il</strong>e <strong>in</strong>tervenire per ridurre la<br />

pericolosità sismica di una determ<strong>in</strong>ata area. Pertanto, l’unico modo praticab<strong>il</strong>e<br />

per ridurre <strong>il</strong> rischio sismico è quello di ridurre la vulnerab<strong>il</strong>ità e l’esposizione<br />

degli elementi a rischio, e di <strong>in</strong>crementare la conoscenza sulla base di<br />

strumenti quali <strong>il</strong> monitoraggio e la costruzione di cataloghi sismici.<br />

La vulnerab<strong>il</strong>ità sismica degli edifici può essere ridotta rendendo le strutture<br />

più resistenti alle onde elastiche prodotte dai terremoti. Ciò è possib<strong>il</strong>e,<br />

per i nuovi edifici, seguendo le modalità costruttive previste dalla normativa<br />

antisismica vigente e dalle disposizioni regionali per le zone sismiche<br />

e, per i vecchi edifici, approntando idonei <strong>in</strong>terventi di adeguamento strutturale.<br />

Bisogna considerare che <strong>in</strong> Italia, come <strong>in</strong> molti altri paesi, vi è un<br />

debito arretrato di <strong>in</strong>vestimenti antisismici che si è accumulato nel tempo e<br />

che ha comportato che per secoli si costruisse con tecniche <strong>in</strong>capaci di garantire<br />

sufficiente sicurezza nei confronti dei terremoti.<br />

Ci sono città come Catania che, sulla base di dati storici, sappiamo esposta<br />

a eventi del X–XI grado <strong>della</strong> scala Mercalli, dove oggi vivono 330.000<br />

abitanti e dove <strong>il</strong> patrimonio ed<strong>il</strong>izio, <strong>in</strong> parte abusivo, è stato realizzato con<br />

criteri antisismici solo per <strong>il</strong> 5% del totale 2 .<br />

È fac<strong>il</strong>e immag<strong>in</strong>are quali possano essere le conseguenze di un forte sisma<br />

nell’area di Catania, o <strong>in</strong> un altro qualsiasi centro fortemente urbanizzato,<br />

senza la messa <strong>in</strong> atto di una seria politica di prevenzione.<br />

La prevenzione sismica <strong>in</strong> Italia è un problema di dimensioni enormi. Infatti,<br />

si stima che nelle sole zone sismiche classificate nel 1984 vi siano 7<br />

m<strong>il</strong>ioni di abitazioni <strong>in</strong>sicure costruite precedentemente. Il costo del miglioramento<br />

sismico di tutte queste abitazioni potrebbe aggirarsi <strong>in</strong>torno ai<br />

1 Barberi F., Santacroce R., Carapezza M.L.,<strong>Terra</strong> Pericolosa.<br />

A cura di Barberi V., Edizioni ETS, 2005.<br />

2 Manfredi G., 2005, In Italia terremoti medio-alti<br />

ma vulnerab<strong>il</strong>ità molto elevata. In V<strong>il</strong>laggio Globale,VIII,<br />

n. 29, pp.68-70.<br />

Disastri naturali | Conoscere per prevenire 31<br />

150 m<strong>il</strong>iardi di Euro. Anche se questa cifra appare enorme, bisogna però<br />

considerare che essa è solo <strong>il</strong> doppio del costo affrontato dagli italiani per<br />

le ricostruzioni post-sismiche negli ultimi 25 anni 3 .<br />

Azioni di mitigazione<br />

Oltre ad un’azione di soccorso rapida e preventivamente ben organizzata da<br />

parte <strong>della</strong> Protezione Civ<strong>il</strong>e, l’<strong>in</strong>formazione e la preparazione dei cittad<strong>in</strong>i<br />

sono mezzi importanti di riduzione <strong>della</strong> vulnerab<strong>il</strong>ità. Per queste ragioni, la<br />

Protezione Civ<strong>il</strong>e si è posta l’obiettivo di aumentare nella popolazione la conoscenza,<br />

la coscienza e qu<strong>in</strong>di la capacità di autodifesa.Tale obiettivo può essere<br />

perseguito attraverso l’organizzazione di corsi, la distribuzione di materiale<br />

<strong>in</strong>formativo sui comportamenti da tenere <strong>in</strong> caso di evento, campagne di<br />

esercitazione con simulazioni di eventi possib<strong>il</strong>i ed attivazione delle associazioni<br />

di volontariato. Per ridurre l’esposizione, si può predisporre l’evacuazione<br />

degli abitanti che si vengano a trovare <strong>in</strong> edifici resi pericolanti da una<br />

prima scossa sismica ed <strong>il</strong> loro trasferimento <strong>in</strong> centri di accoglienza. È pertanto<br />

necessario che le aree idonee alla realizzazione di tali centri di accoglienza<br />

vengano <strong>in</strong>dividuate sul territorio preventivamente, per evitare di perdere<br />

tempo prezioso durante l’emergenza.<br />

Recentemente, si sta <strong>in</strong>vestendo anche <strong>in</strong> Italia sui sistemi di allerta sismici<br />

(seismic early warn<strong>in</strong>g) già <strong>in</strong> sperimentazione da molti anni <strong>in</strong> altri<br />

paesi sismicamente attivi come Giappone, Taiwan, Stati Uniti e Messico.<br />

Il pr<strong>in</strong>cipio su cui si basano tali sistemi è abbastanza semplice, mentre risulta<br />

ancora complesso <strong>il</strong> passo successivo, cioè lo sv<strong>il</strong>uppo di sistemi affidab<strong>il</strong>i ed<br />

efficienti direttamente ut<strong>il</strong>izzab<strong>il</strong>i per attività di prevenzione. Un sistema di allerta<br />

sismico si basa sull’elaborazione <strong>in</strong> tempo reale di dati acquisiti dalla rete<br />

sismica presente nell’area epicentrale del terremoto. La funzione <strong>della</strong> rete è<br />

quella di fornire una stima rapida e <strong>il</strong> più possib<strong>il</strong>e precisa <strong>della</strong> localizzazione<br />

dell’evento sismico e <strong>della</strong> sua magnitudo. Sulla base di questi parametri, è<br />

possib<strong>il</strong>e prevedere lo scuotimento al suolo atteso <strong>in</strong> aree anche distanti dalla<br />

zona epicentrale. Poiché le onde sismiche si propagano nella <strong>Terra</strong> ad una velocità<br />

<strong>in</strong>feriore rispetto ai segnali analogici (o digitali) trasmessi via radio (o<br />

cavo), è possib<strong>il</strong>e far giungere <strong>in</strong> un’area distante dall’epicentro un segnale di<br />

avviso <strong>in</strong> anticipo rispetto all’arrivo delle onde stesse. In funzione <strong>della</strong> distanza<br />

dell’area dall’epicentro, l’anticipo sull’arrivo del terremoto può risultare<br />

di qualche secondo o di qualche dec<strong>in</strong>a di secondi. Alcuni secondi possono<br />

essere sufficienti per disattivare i meccanismi di funzionamento di impianti<br />

<strong>in</strong>dustriali a rischio, di reti di distribuzione elettrica o del gas, per l’<strong>in</strong>terruzione<br />

del traffico ferroviario, per l’attivazione di sistemi di protezione e controllo di<br />

edifici strategici, e così via.<br />

Il problema maggiore da affrontare <strong>in</strong> Italia, data la sua conformazione fisica,<br />

è però la relativa breve distanza esistente <strong>in</strong> genere tra zona epicentrale<br />

e città da proteggere.<br />

La questione assicurativa<br />

Da qualche anno si è com<strong>in</strong>ciato a discutere dell’ipotesi di <strong>in</strong>trodurre anche<br />

<strong>in</strong> Italia <strong>il</strong> ricorso al sistema assicurativo privato all’<strong>in</strong>terno di una normativa<br />

quadro per la copertura f<strong>in</strong>anziaria dei danni da disastri naturali. Attualmente,<br />

<strong>il</strong> risarcimento di danni conseguenti a fenomeni catastrofici<br />

quali terremoti, eruzioni vulcaniche, <strong>in</strong>ondazioni, frane, è escluso dalle<br />

condizioni generali delle normali polizze. D’altro canto, l’esperienza di al-<br />

3 Barberi F., Santacroce R., Carapezza M.L.,<br />

2005, <strong>Terra</strong> Pericolosa, cit.


Rischio sismico <strong>in</strong> Italia |La vulnerab<strong>il</strong>ità sismica <strong>in</strong> Italia<br />

Disastri naturali | Conoscere per prevenire 32 33<br />

tri paesi è <strong>in</strong>coraggiante, dato che i risarcimenti governativi a seguito di calamità<br />

risultano più contenuti rispetto all’Italia proprio grazie al concorso<br />

delle compagnie di assicurazione.<br />

L’ipotesi assicurativa deve necessariamente accompagnarsi ad una def<strong>in</strong>izione<br />

preventiva delle caratteristiche e dei limiti dell’<strong>in</strong>tervento statale. Si<br />

possono schematicamente ipotizzare i seguenti modelli:<br />

● modello totalmente volontario con la stipulazione facoltativa di una<br />

polizza-base (<strong>in</strong> genere contro l’<strong>in</strong>cendio) e l’estensione <strong>della</strong> copertura<br />

alle calamità naturali (ad esempio, Paesi Bassi, Regno Unito, Svezia,<br />

Belgio, ecc.);<br />

● modello semi-obbligatorio: facoltativa la stipulazione <strong>della</strong> polizza-base<br />

ma obbligatoria (automatica) l’estensione di questa al rischio da<br />

calamità naturale (ad esempio, Francia, Norvegia, ecc.);<br />

● modello obbligatorio per tutti gli immob<strong>il</strong>i contro l’<strong>in</strong>cendio e contro le<br />

calamità naturali (Svizzera).<br />

Va anche tenuto presente <strong>il</strong> rapporto tra le polizze contro i disastri naturali<br />

e quelle contro altri eventi di orig<strong>in</strong>e antropica. Per esempio, i due<br />

eventi più costosi dal punto di vista assicurativo sono stati f<strong>in</strong>o al 2004<br />

l’uragano Andrew (1992, <strong>in</strong> Stati Uniti e Bahamas) con 22.145 m<strong>il</strong>ioni di<br />

dollari, seguito a ruota dagli attacchi terroristici negli Stati Uniti nel 2001<br />

con 20.095 m<strong>il</strong>ioni di dollari (dati riportati da ANIA), mentre le valutazioni<br />

per l’uragano Katr<strong>in</strong>a sembrano <strong>in</strong>dicare la cifra di circa 40 m<strong>il</strong>iardi di dollari;<br />

r<strong>il</strong>evanti sono state e saranno le conseguenze sulle compagnie di assicurazione<br />

e ri-assicurazione.<br />

Confronti con altri paesi<br />

Volendo fare un paragone tra quanto si fa <strong>in</strong> term<strong>in</strong>i di prevenzione <strong>in</strong> Italia<br />

e quanto <strong>in</strong> altri Paesi tecnologicamente avanzati, non si può non notare<br />

la grande differenza di <strong>in</strong>vestimenti effettuati nel nostro Paese rispetto, ad<br />

esempio, alla California o al Giappone.<br />

Questi ultimi paesi sono caratterizzati dalla diffusa presenza sul proprio<br />

territorio di edifici ed <strong>in</strong>frastrutture relativamente recenti, realizzati con criteri<br />

antisismici e qu<strong>in</strong>di <strong>in</strong> grado di resistere a terremoti di elevata magnitudo.<br />

L’Italia <strong>in</strong>vece presenta un patrimonio ed<strong>il</strong>izio storico e spesso molto<br />

antico (unico al mondo e di <strong>in</strong>estimab<strong>il</strong>e valore culturale) che, come già accennato,<br />

non ha <strong>in</strong> genere subito gli <strong>in</strong>terventi di miglioramento sismico di<br />

cui necessiterebbe.<br />

Inoltre, solo recentemente sono state stab<strong>il</strong>ite normative tecniche avanzate<br />

per la costruzione <strong>in</strong> zone sismiche, con forte ritardo ad esempio sul<br />

Giappone, dove da anni è stata messa <strong>in</strong> pratica un’efficace politica di prevenzione<br />

degli eventi sismici e di attenuazione dei loro effetti. Il terremoto<br />

disastroso di Nobi del 1981, che causò più di 7.000 vittime, destò <strong>in</strong>fatti una<br />

grande sensib<strong>il</strong>ità verso <strong>il</strong> tema dello sv<strong>il</strong>uppo di tecnologie per la protezione<br />

dei fabbricati che, tradottasi <strong>in</strong> grossi <strong>in</strong>vestimenti, ha portato <strong>il</strong> Giappone<br />

all’avanguardia <strong>in</strong> tale campo.<br />

2.5. Schede su alcuni forti terremoti avvenuti <strong>in</strong> Italia<br />

SCHEDA 1<br />

Data 3 GENNAIO 1117<br />

Epicentro VERONESE<br />

Intensità massima IX MCS<br />

GENERALITÀ<br />

● Massimo terremoto storico avvenuto<br />

lungo <strong>il</strong> marg<strong>in</strong>e pedealp<strong>in</strong>o<br />

bresciano–veronese.<br />

Sono state <strong>in</strong>dividuate due scosse: una<br />

prima avvenuta nella notte tra <strong>il</strong> 2 e <strong>il</strong> 3<br />

gennaio e una seconda, più forte,<br />

avvenuta nel primo pomeriggio del 3<br />

gennaio.<br />

● Campo macrosismico complesso con<br />

varie aree di maggior risentimento,<br />

localizzate sia <strong>in</strong> Italia (veronese,<br />

pedeappenn<strong>in</strong>o em<strong>il</strong>iano, pisano) che <strong>in</strong><br />

Germania (Augsburg).<br />

● Epicentro probab<strong>il</strong>mente ubicato 10–15<br />

km a SE di Verona, <strong>in</strong> corrispondenza<br />

<strong>della</strong> zona del veronese maggiormente<br />

danneggiata; la stessa area è stata sede<br />

di altri terremoti <strong>il</strong> 25/04/1907 e <strong>il</strong><br />

04/03/1963. Anche alcuni dei terremoti<br />

segnalati a Verona f<strong>in</strong> da prima dell’anno<br />

1000 potrebbero avere avuto orig<strong>in</strong>e<br />

nella medesima area.<br />

● Intensità epicentrale non superiore al IX<br />

grado MCS, anche se <strong>in</strong> località Ronco<br />

all’Adige può essere ipotizzato<br />

conservativamente <strong>il</strong> X grado MCS.<br />

EFFETTI NEL CONTESTO<br />

ANTROPICO<br />

Il terremoto ebbe grande fama e<br />

<strong>in</strong>fluenzò la società e la cultura del<br />

tempo <strong>in</strong> Veneto e nell’alta Em<strong>il</strong>ia. Il<br />

terremoto veniva ut<strong>il</strong>izzato come<br />

elemento di riferimento cronologico per<br />

datare altri avvenimenti sociali.<br />

Nessuna fonte contiene una stima delle<br />

vittime, menzionate solo <strong>in</strong> maniera<br />

generica.<br />

Ipotesi di campo<br />

macrosismico del<br />

terremoto del 1117.<br />

Legenda: Intensità<br />

stimata, a) IX MCS; b)<br />

VIII MCS; c) VII MCS.<br />

Fonte:<br />

modificata<br />

da Serva, 1990<br />

EFFETTI SULL’AMBIENTE<br />

Numerose cronache riportano notizie di<br />

grandi sconvolgimenti dei fiumi, <strong>in</strong><br />

particolare <strong>in</strong> Italia relativamente al Po e<br />

all’Adda, e nell’Europa centrale<br />

relativamente all’Unstrut e alla Mosa.<br />

Fonti dei dati:<br />

Boschi E., Ferrari G., Gasper<strong>in</strong>i P., Guidoboni E.,<br />

Smriglio G., Valensise G., 1995, Catalogo dei forti<br />

terremoti <strong>in</strong> Italia dal 461 a. C. al 1980. Istituto<br />

Nazionale di Geofisica, SGA storia geofisica<br />

ambiente.<br />

Serva L., 1990, Il ruolo delle Scienze <strong>della</strong> <strong>Terra</strong><br />

nelle analisi di sicurezza di un sito per alcune<br />

tipologie di impianti <strong>in</strong>dustriali: <strong>il</strong> terremoto di<br />

riferimento per <strong>il</strong> sito di Viadana (MN). Boll. Soc.<br />

Geol. It., 109, 375-411.


34<br />

SCHEDA 2<br />

Data 11 GENNAIO 1693<br />

Epicentro VAL DI NOTO<br />

Intensità massima XI MCS<br />

GENERALITÀ<br />

● Il terremoto dell’11 gennaio fu preceduto<br />

da una forte scossa due giorni prima, <strong>il</strong> 9<br />

gennaio, che provocò danni gravissimi ad<br />

Augusta, dove crollò quasi la metà delle<br />

abitazioni e si ebbero 200 morti, ad<br />

Avola, dove due quartieri furono quasi del<br />

tutto distrutti, a Noto, dove crollarono<br />

molti edifici e ci furono oltre 200 vittime.<br />

Danni analoghi si ebbero a Floridia,<br />

Lent<strong>in</strong>i, Mel<strong>il</strong>li. Crolli totali e vittime si<br />

ebbero a Catania, Vizz<strong>in</strong>i e Sort<strong>in</strong>o.<br />

● La seconda scossa, dell’11 gennaio, fu<br />

violentissima e gli effetti furono<br />

catastrofici poiché spesso si<br />

sovrapposero a quelli <strong>della</strong> scossa<br />

precedente.<br />

● L’area colpita fu molto vasta: si ebbero<br />

danni di r<strong>il</strong>ievo <strong>in</strong> un’area che va dalla<br />

Calabria meridionale a Palermo e<br />

all’arcipelago maltese. La scossa fu<br />

avvertita chiaramente dalla Calabria<br />

settentrionale f<strong>in</strong>o <strong>in</strong> Tunisia.<br />

● Tutte le città importanti <strong>della</strong> Sic<strong>il</strong>ia<br />

orientale furono sconvolte. Catania fu<br />

quasi <strong>in</strong>teramente distrutta, al pari di<br />

Acireale e di tutti i centri sparsi sul<br />

versante orientale dell’Etna. Tutti gli<br />

abitati <strong>della</strong> Val di Noto furono<br />

pesantemente distrutti: Vizz<strong>in</strong>i, Sort<strong>in</strong>o,<br />

Scicli, Ragusa, Palazzolo Acreide, Modica,<br />

Mel<strong>il</strong>li, Lent<strong>in</strong>i, Ispica, Occhiolà, Carlent<strong>in</strong>i,<br />

Avola, Augusta, Noto. Molti crolli si<br />

ebbero a Siracusa, Caltagirone, Vittoria,<br />

Comiso.<br />

● Nel complesso furono 70 i centri nei<br />

quali si verificarono danni uguali o<br />

maggiori al IX grado MCS<br />

Rischio sismico <strong>in</strong> Italia | Schede<br />

Incisione raffigurante<br />

la Sic<strong>il</strong>ia settentrionale<br />

colpita dal terremoto<br />

del 1693. L’evento<br />

ebbe larga eco f<strong>in</strong>o <strong>in</strong><br />

centro Europa. La<br />

raffigurazione è <strong>in</strong><br />

generale poco<br />

aderente alla realtà.<br />

Fonte: University of<br />

California Berkeley<br />

da Margott<strong>in</strong>i & Kozak,<br />

1992.<br />

Mappa delle isosisme<br />

relative al terremoto<br />

del 1693 <strong>in</strong> Val di<br />

Noto.<br />

Fonte:<br />

modificata da<br />

Postpischl, 1985<br />

EFFETTI NEL CONTESTO<br />

ANTROPICO<br />

Le distruzioni più gravi si ebbero nella zona<br />

sud-orientale <strong>della</strong> Sic<strong>il</strong>ia e <strong>in</strong>teressarono <strong>il</strong><br />

versante orientale dell’Etna, la Piana di<br />

Catania, la Val di Noto e la Contea di<br />

Modica (le attuali prov<strong>in</strong>ce di Catania,<br />

Siracusa e Ragusa), co<strong>in</strong>volgendo centri di<br />

grande importanza economica e culturale<br />

per l’<strong>in</strong>tera isola. Il XVII secolo era un<br />

periodo di generale crisi economica. Il<br />

Regno di Sic<strong>il</strong>ia usciva dalla recessione<br />

economica dovuta a una crisi dei<br />

commerci. La ripresa economica appena<br />

<strong>in</strong>iziata risultò <strong>in</strong>centivata dalla vasta<br />

attività ed<strong>il</strong>izia sv<strong>il</strong>uppatasi <strong>in</strong> tutta l’area<br />

colpita dal terremoto, attraverso progetti di<br />

ricostruzione e spesso di completa<br />

rifondazione di <strong>in</strong>tere città, a cui fu<br />

conferito <strong>il</strong> volto barocco che ancor oggi<br />

possiamo apprezzare. Gli <strong>in</strong>terventi si<br />

differenziarono da caso a caso. In generale<br />

però i cambiamenti di sito furono pochi. In<br />

alcuni casi, come a Catania, furono<br />

tracciate nuove piante urbane, <strong>in</strong> altri ci si<br />

limitò a poche modifiche, nella maggior<br />

parte dei casi, come a Siracusa e<br />

Caltagirone, la ricostruzione fu eseguita<br />

seguendo la pianta orig<strong>in</strong>aria <strong>della</strong> città.<br />

EFFETTI SULL’AMBIENTE<br />

Il terremoto causò notevoli effetti<br />

sull’ambiente. Furono segnalate molte<br />

fratture nel terreno dalle quali<br />

fuoriuscivano gas e acqua calda <strong>in</strong> località<br />

ricoprenti un territorio molto vasto<br />

(Mess<strong>in</strong>a, Mascali, piana di Catania,<br />

Lent<strong>in</strong>i, Augusta, Piazza Armer<strong>in</strong>a). A<br />

Paternò, Sort<strong>in</strong>o, Noto, tra Ferla e Cassaro<br />

si verificarono frane e smottamenti.<br />

L’ostruzione di corsi d’acqua causò la<br />

formazione di nuovi <strong>in</strong>vasi tra Noto e<br />

Siracusa e lungo <strong>il</strong> fiume Irm<strong>in</strong>io. Un lago<br />

vic<strong>in</strong>o l’attuale Ispica si disseccò. Molte<br />

sorgenti scomparirono mentre altre<br />

comparvero. Il periodo sismico fu<br />

accompagnato da una forte attività eruttiva<br />

dell’Etna. In varie località tra Mess<strong>in</strong>a e<br />

Siracusa <strong>il</strong> terremoto <strong>in</strong>dusse dei<br />

maremoti, con gli effetti più gravi ad<br />

Augusta, dove le onde raggiunsero l’altezza<br />

di circa 15 metri.<br />

Fonti dei dati:<br />

Postpischl D., 1985, Atlas of isoseismal maps of<br />

italian earthquakes. CNR Progetto f<strong>in</strong>alizzato<br />

geod<strong>in</strong>amica.<br />

Boschi E., Ferrari G., Gasper<strong>in</strong>i P., Guidoboni E.,<br />

Smriglio G., Valensise G., 1995, Catalogo dei forti<br />

terremoti <strong>in</strong> Italia dal 461 a. C. al 1980. Istituto<br />

Nazionale di Geofisica, SGA storia geofisica<br />

ambiente.<br />

Margott<strong>in</strong>i C. & Kozak J., 1992, Terremoti <strong>in</strong> Italia<br />

dal 62 A.D. al 1908. ENEA.<br />

SCHEDA 3<br />

Disastri naturali | Conoscere per prevenire 35<br />

Data 28 DICEMBRE 1908<br />

Epicentro sud CALABRIA - MESSINA<br />

Intensità massima XI MCS<br />

GENERALITÀ<br />

● E’ uno degli eventi di più elevata<br />

magnitudo <strong>della</strong> storia sismica italiana.<br />

Gli effetti più gravi <strong>in</strong>teressarono un’area<br />

di 6.000 kmq. La scossa fu registrata da<br />

103 stazioni sismiche italiane e straniere<br />

e fu avvertita dalle persone su un’area<br />

vastissima.<br />

● Il terremoto causò effetti catastrofici a<br />

Mess<strong>in</strong>a e Reggio Calabria fu<br />

completamente distrutta. Nell’entroterra<br />

delle due città si registrarono i danni<br />

maggiori, f<strong>in</strong>o alla completa distruzione<br />

di <strong>in</strong>teri paesi.<br />

● Nel Mess<strong>in</strong>ese l’area delle distruzioni<br />

complete fu più ristretta, limitata ai centri<br />

periferici <strong>della</strong> città e a quelli lungo le<br />

propagg<strong>in</strong>i settentrionali dei Peloritani,<br />

per un totale di 17 paesi.<br />

● In Calabria gli effetti distruttivi si ebbero<br />

lungo tutti i versanti dell’Aspromonte e <strong>in</strong><br />

particolare <strong>in</strong> 25 paesi.<br />

● In Calabria effetti rov<strong>in</strong>osi si ebbero f<strong>in</strong>o<br />

nella Piana di Gioia Tauro e a Siderno e<br />

Boval<strong>in</strong>o, nella penisola del Poro; <strong>in</strong><br />

Sic<strong>il</strong>ia l’area fortemente colpita<br />

comprende M<strong>il</strong>azzo, Barcellona Pozzo di<br />

Gotto, Castroreale, <strong>il</strong> versante ionico dei<br />

Peloritani e le pendici nord-orientali<br />

dell’Etna .<br />

EFFETTI NEL CONTESTO<br />

ANTROPICO<br />

L’evento scosse fortemente la coscienza<br />

dell’<strong>in</strong>tero Paese e dell’Europa per <strong>il</strong> fatto<br />

che una città moderna come Mess<strong>in</strong>a<br />

fosse stata completamente distrutta.<br />

Reggio Calabria suscitò m<strong>in</strong>ore attenzione e<br />

questo gravò sui tempi <strong>della</strong> ricostruzione,<br />

che fu avviata solo una dec<strong>in</strong>a di anni<br />

dopo <strong>il</strong> sisma. Il terremoto colpì duramente<br />

sia aree urbanizzate e sv<strong>il</strong>uppate<br />

economicamente, che zone più emarg<strong>in</strong>ate<br />

che videro ridurre ulteriormente le già<br />

scarse opportunità di uscire dall’isolamento<br />

e dall’arretratezza. Le perdite umane furono<br />

<strong>in</strong>gentissime: circa <strong>il</strong> 42% <strong>della</strong> popolazione<br />

di Mess<strong>in</strong>a, e circa <strong>il</strong> 21% di quella di<br />

Reggio Calabria. Si verificarono flussi di<br />

migrazione <strong>in</strong>terna, consistenti prima <strong>in</strong><br />

fughe dalle città distrutte, e poi nel loro<br />

ripopolamento a seguito <strong>della</strong> fase di<br />

ricostruzione delle stesse. Né l’ammontare<br />

dei danni né <strong>il</strong> numero delle vittime è<br />

<strong>in</strong>dicab<strong>il</strong>e con certezza: le stime più<br />

accreditate <strong>in</strong>dicano <strong>in</strong> 80000 <strong>il</strong> numero di<br />

morti complessivi, di cui circa 2000 a<br />

causa del maremoto che seguì lo shock<br />

sismico. Secondo studi recenti a Mess<strong>in</strong>a <strong>il</strong><br />

sisma causò circa 60.000 vittime mentre a<br />

Reggio Calabria <strong>il</strong> numero delle vittime fu di<br />

12.000 unità. A Mess<strong>in</strong>a <strong>il</strong> reddito<br />

immob<strong>il</strong>iare distrutto fu stimato ammontare<br />

a 150 m<strong>il</strong>ioni di lire, mentre per Reggio<br />

Calabria fu valutato <strong>in</strong> circa 25 m<strong>il</strong>ioni di<br />

lire. L’ammontare dei danni del terremoto fu<br />

valutato <strong>in</strong> 600 m<strong>il</strong>ioni di lire, una cifra<br />

nettamente superiore all’<strong>in</strong>teresse sul<br />

debito pubblico del periodo 1907-1912.<br />

Particolare <strong>della</strong> copert<strong>in</strong>a <strong>della</strong> Domenica<br />

del Corriere, disegnata da A. Beltrame,<br />

dedicata al devastante terremoto di Mess<strong>in</strong>a.<br />

Fonte:<br />

University of California Berkeley<br />

da Margott<strong>in</strong>i & Kozak, 1992.<br />

Sotto, L’abside crollata del duomo di Mess<strong>in</strong>a.<br />

Fonte: Archivio Candido<br />

EFFETTI SULL’AMBIENTE<br />

A Mess<strong>in</strong>a, a Reggio Calabria e a V<strong>il</strong>la San<br />

Giovanni avvennero variazioni altimetriche<br />

del terreno. Notevoli furono le variazioni<br />

<strong>della</strong> l<strong>in</strong>ea di costa <strong>in</strong> numerose località<br />

calabresi a seguito del loro abbassamento<br />

rispetto al livello del mare. Presso Pellaro la<br />

costa arretrò di circa 70 metri; a Gallico la<br />

spiaggia si restr<strong>in</strong>se, <strong>in</strong> alcuni tratti, di 10<br />

metri.<br />

Nelle aree più colpite si verificarono frane,<br />

smottamenti e si aprirono spaccature al<br />

suolo. Numerose frane <strong>in</strong>teressarono la<br />

l<strong>in</strong>ea ferroviaria tra Bagnara Calabra e<br />

Favazz<strong>in</strong>a. La statale 18 fu danneggiata da<br />

una frana di vaste proporzioni nel tratto tra<br />

Sc<strong>il</strong>la e Porticello.<br />

Il terremoto fu accompagnato da onde di<br />

maremoto, le più devastanti alte da 6 a 12<br />

metri. In particolare queste ultime colpirono<br />

la costa orientale <strong>della</strong> Sic<strong>il</strong>ia a sud di<br />

Mess<strong>in</strong>a, da Galati Mar<strong>in</strong>a a Giard<strong>in</strong>i Naxos,<br />

causando gravissimi danni ai fabbricati e<br />

spazzando via pers<strong>in</strong>o le macerie degli<br />

edifici distrutti dal terremoto. Sul litorale<br />

regg<strong>in</strong>o le località più colpite furono San<br />

Leo, Pellaro e Lazzaro, dove l’onda<br />

distruttiva raggiunse i 6-10 metri.<br />

Fonte dei dati:<br />

Boschi E., Ferrari G., Gasper<strong>in</strong>i P., Guidoboni<br />

E., Smriglio G., Valensise G., 1995, Catalogo<br />

dei forti terremoti <strong>in</strong> Italia dal 461 a. C. al<br />

1980. Istituto Nazionale di Geofisica, SGA<br />

storia geofisica ambiente.


36<br />

SCHEDA 4<br />

Data 23 luglio 1930<br />

Epicentro ALTA IRPINIA<br />

Intensità massima X MCS<br />

GENERALITA’<br />

● Questo terremoto è noto impropriamente<br />

come “Terremoto del Vulture”. Tale<br />

denom<strong>in</strong>azione è <strong>in</strong>fatti quella che si<br />

trova negli articoli pubblicati sulla<br />

stampa dell’epoca e nei fascicoli<br />

presenti presso l’Archivio Centrale dello<br />

Stato di Roma.<br />

● L’epicentro <strong>della</strong> scossa pr<strong>in</strong>cipale fu<br />

localizzato <strong>in</strong> un’area compresa tra<br />

V<strong>il</strong>lanova del Battista e Aqu<strong>il</strong>onia.<br />

● L’evento del 23 luglio fu preceduto da<br />

scosse premonitrici e seguito da una<br />

<strong>in</strong>tensa attività sismica.<br />

● Il terremoto colpì un’area di oltre 6300<br />

kmq ed ebbe i massimi effetti tra Melfi e<br />

Ariano Irp<strong>in</strong>o, nelle prov<strong>in</strong>ce di<br />

Benevento, Avell<strong>in</strong>o e Foggia.<br />

● La scossa fu distruttiva soprattutto ad<br />

Aqu<strong>il</strong>onia e Macedonia, dove <strong>il</strong> 70%<br />

circa delle abitazioni crollò totalmente.<br />

Furono danneggiate gravemente anche<br />

Benevento e Napoli.<br />

● L’area di risentimento fu vastissima,<br />

raggiungendo verso nord Brescia e<br />

Vicenza, e verso sud Catanzaro e Lecce.<br />

Rischio sismico <strong>in</strong> Italia | Schede<br />

Fenditura nel terreno provocata dal terremoto lungo la strada Lacedonia-Rocchetta S.Antonio.<br />

Fonte: Comune di Lacedonia<br />

EFFETTI NEL CONTESTO<br />

ANTROPICO<br />

Il b<strong>il</strong>ancio delle vittime supera i 1400<br />

morti, gran parte dei quali nelle località<br />

di Macedonia, Aqu<strong>il</strong>onia e V<strong>il</strong>lanova. Si<br />

ebbe la distruzione totale di 20 centri<br />

abitati e parziale di altri 30, <strong>il</strong> crollo di<br />

5000 abitazioni, <strong>il</strong> lesionamento di altre<br />

35000.<br />

L’evento rappresentò una dura prova per<br />

<strong>il</strong> regime fascista, che tre anni prima<br />

aveva già sperimentato un altro<br />

terremoto <strong>in</strong> Friuli, ma di entità assai<br />

m<strong>in</strong>ore. Lo Stato <strong>in</strong>fatti non era<br />

certo attrezzato per far fronte a<br />

una sim<strong>il</strong>e catastrofe. Il<br />

panorama che si presentò,<br />

dopo <strong>il</strong> terremoto, agli occhi<br />

dei funzionari spediti da<br />

Roma fu desolante. La<br />

situazione fu aggravata<br />

dall’isolamento dei paesi<br />

colpiti dal sisma, <strong>in</strong><br />

particolare nell’area irp<strong>in</strong>a,<br />

collegati solo da strade<br />

malridotte.<br />

Una pag<strong>in</strong>a de Il matt<strong>in</strong>o<br />

d’Italia a pochi giorni dal<br />

sisma<br />

Fonte: Castenetto<br />

& Sebastiano, 2002<br />

EFFETTI SULL’AMBIENTE<br />

Gli effetti al suolo, <strong>in</strong>dotti sia dalla<br />

scossa pr<strong>in</strong>cipale che dalle repliche<br />

successive, furono numerosi <strong>in</strong> tutta<br />

l’area epicentrale. Si verificarono<br />

sollevamenti e dislocazioni con<br />

conseguenti attivazioni di frane, aperture<br />

di fratture e rotazioni di edifici e<br />

manufatti a S. Giorgio La Molara, a<br />

Savignano di Puglia e a Melfi. Frane<br />

importanti si ebbero a Rocchetta S.<br />

Antonio, Trevico, Zungoli, V<strong>il</strong>lanova del<br />

Battista. La frana maggiore si ebbe a S.<br />

Giorgio La Molara dove si verificò uno<br />

sprofondamento di circa 8 metri di<br />

lunghezza, collegato a un vasto sistema<br />

di spaccature e crepacci, sv<strong>il</strong>uppato per<br />

ch<strong>il</strong>ometri, che provocò la deviazione e lo<br />

sbarramento del fiume Tammaro. Tra<br />

Ariano di Puglia e V<strong>il</strong>lanova si aprì un<br />

crepaccio di oltre 500 metri ed altre<br />

vorag<strong>in</strong>i si aprirono <strong>in</strong> molte località: S.<br />

Giorgio di Puglia, Macchia Cupa, Tre<br />

Monti, Flumeri, Vallata, Trevico, Bisaccia,<br />

Aqu<strong>il</strong>onia, Melfi, Rocchetta S. Antonio,<br />

Tocco Gaudio.<br />

Fonti dei dati:<br />

Boschi E., Ferrari G., Gasper<strong>in</strong>i P., Guidoboni E.,<br />

Smriglio G., Valensise G., 1995, Catalogo dei forti<br />

terremoti <strong>in</strong> Italia dal 461 a. C. al 1980. Istituto<br />

Nazionale di Geofisica, SGA storia geofisica<br />

ambiente.<br />

Castenetto S. & Sebastiano M., 2002, Il terremoto<br />

del Vulture. Servizio Sismico Nazionale,<br />

Dipartimento <strong>della</strong> Protezione Civ<strong>il</strong>e.<br />

SCHEDA 5<br />

Disastri naturali | Conoscere per prevenire 37<br />

Mappa delle isosisme relative al terremoto del<br />

1968 <strong>in</strong> Valle del Belice.<br />

Fonte: modificata da Postpischl, 1985.<br />

A destra, case distrutte a Gibell<strong>in</strong>a.<br />

Data 15 GENNAIO 1968<br />

Epicentro VALLE DEL BELICE<br />

Intensità massima X MCS<br />

GENERALITÀ<br />

● Quasi tutta la zona coll<strong>in</strong>are <strong>della</strong><br />

Sic<strong>il</strong>ia occidentale (6.200 kmq) fu<br />

<strong>in</strong>teressata dal terremoto. L’area con i<br />

massimi risentimenti fu <strong>il</strong> medio e<br />

basso bac<strong>in</strong>o del fiume Belice,<br />

comprendente 14 centri abitati, per<br />

una popolazione residente di circa<br />

100.000 abitanti.<br />

● Si trattò di un periodo sismico, che<br />

<strong>in</strong>iziò <strong>il</strong> 14 gennaio, caratterizzato da<br />

una successione molto ravvic<strong>in</strong>ata di<br />

scosse distruttive.<br />

● Secondo i dati ufficiali <strong>il</strong> periodo<br />

sismico causò la distruzione completa<br />

di 2.960 case rurali. Nell’area<br />

epicentrale fu distrutto <strong>il</strong> 90% dei<br />

fabbricati rurali e di quelli sociali e<br />

l’85% delle strutture fondiarie. Nella<br />

campagna palermitana crollarono 400<br />

case coloniche e l’economia agricola<br />

subì una grave crisi.<br />

● All’epoca del terremoto le aree colpite<br />

non figuravano tra le zone sismiche ad<br />

elevato rischio.<br />

EFFETTI NEL CONTESTO<br />

ANTROPICO<br />

L’area più colpita fu l’entroterra coll<strong>in</strong>are e<br />

montuoso <strong>della</strong> Sic<strong>il</strong>ia occidentale, dove<br />

più <strong>della</strong> metà <strong>della</strong> popolazione attiva era<br />

impiegata nell’agricoltura. I danni maggiori<br />

furono <strong>in</strong>fatti registrati <strong>in</strong> questo settore,<br />

che rappresentava <strong>il</strong> tra<strong>in</strong>o dello sv<strong>il</strong>uppo<br />

economico dell’area, oltre che la maggiore<br />

fonte di reddito. Il sisma ebbe un impatto<br />

drammatico sulla vita e le attività <strong>della</strong><br />

popolazione, <strong>in</strong>terrompendo modi<br />

consolidati di gestione <strong>della</strong> terra. Le stime<br />

del governo, precedenti oltretutto la<br />

rov<strong>in</strong>osa replica del 25 gennaio, <strong>in</strong>dicarono<br />

<strong>in</strong> 200 m<strong>il</strong>iardi di lire le spese necessarie<br />

per riparare i danni. Nella sola prov<strong>in</strong>cia di<br />

Trapani si stimarono 5.200 alloggi<br />

completamente distrutti, e <strong>in</strong> totale la cifra<br />

fu di 9.000. Complessivamente la<br />

popolazione di senza tetto fu di 100.000<br />

unità. Anche l’attività commerciale e<br />

<strong>in</strong>dustriale fu gravemente colpita, <strong>in</strong><br />

particolare nell’Agrigent<strong>in</strong>o. Secondo alcuni<br />

autori le vittime furono oltre 400 e i feriti<br />

più di 1.000. Tali cifre furono relativamente<br />

contenute grazie all’allertamento deciso<br />

dal generale Dalla Chiesa, all’epoca<br />

comandante dei Carab<strong>in</strong>ieri di Palermo,<br />

che dopo le prime scosse raccomandò alle<br />

popolazioni di non pernottare <strong>in</strong> casa.<br />

L’impatto degli eventi sismici si manifestò<br />

anche con un conseguente forte aumento<br />

del fenomeno migratorio da parte <strong>della</strong><br />

popolazione <strong>in</strong> età lavorativa.<br />

EFFETTI SULL’AMBIENTE<br />

Gli effetti al suolo furono di limitata<br />

estensione. Le varie scosse <strong>in</strong>dussero<br />

movimenti franosi, aperture di fenditure<br />

con fuoriuscita di fango, esalazioni<br />

gassose e variazioni nel regime delle<br />

acque sotterranee. La maggior parte<br />

degli effetti fu osservata nei paesi di<br />

Ghibell<strong>in</strong>a, Montevago, Partanna,<br />

Camporeale, Contessa Entell<strong>in</strong>a e<br />

Bisacqu<strong>in</strong>o. Vic<strong>in</strong>o le Terme Segestiane<br />

scaturirono nuove sorgenti calde <strong>in</strong><br />

seguito alle scosse. La forte replica del<br />

16 gennaio fu avvertita anche <strong>in</strong> mare da<br />

un peschereccio <strong>in</strong> navigazione nel<br />

Canale di Sic<strong>il</strong>ia a 10 ch<strong>il</strong>ometri dalla<br />

costa.<br />

Fonti dei dati:<br />

Boschi E., Ferrari G., Gasper<strong>in</strong>i P., Guidoboni E.,<br />

Smriglio G., Valensise G., 1995, Catalogo dei forti<br />

terremoti <strong>in</strong> Italia dal 461 a. C. al 1980. Istituto<br />

Nazionale di Geofisica, SGA storia geofisica<br />

ambiente.<br />

Michetti A.M., Brunamonte F., Serva L., 1995,<br />

Paleoseismological evidence <strong>in</strong> the epicentral area<br />

of the january 1968 earthquakes, Belice,<br />

Southwestern Sic<strong>il</strong>y. In: Serva & Slemmons,<br />

Perspectives <strong>in</strong> Paleoseismology. Association of<br />

Eng<strong>in</strong>eer<strong>in</strong>g Geologist, Special Pubblication n. 6.<br />

Postpischl D., 1985, Atlas of isoseismal maps of<br />

italian earthquakes. CNR Progetto f<strong>in</strong>alizzato<br />

geod<strong>in</strong>amica.


38<br />

SCHEDA 6<br />

Data 6 MAGGIO 1976<br />

Epicentro FRIULI<br />

Intensità massima X MCS<br />

GENERALITÀ<br />

● Nella primavera-estate del 1976 un<br />

periodo sismico di oltre 400 scosse<br />

colpì <strong>il</strong> Friuli. Dopo l’evento pr<strong>in</strong>cipale<br />

del 6 maggio, altre due violente<br />

repliche si ebbero l’11 e <strong>il</strong> 15<br />

settembre.<br />

● La scossa del 6 maggio colpì l’alta<br />

valle del Tagliamento ed ebbe i<br />

massimi effetti <strong>in</strong> un’area di circa 900<br />

kmq, comprendente gli abitati di<br />

Moggio Ud<strong>in</strong>ese, Tenzone, Bordano,<br />

Trasaghis, Gemona del Friuli, Lusevera,<br />

Osoppo, Montenars, Forgaria nel Friuli,<br />

Buia, Sequals e Majano, dove la<br />

percentuale di edifici crollati o resi<br />

<strong>in</strong>abitab<strong>il</strong>i fu compresa tra <strong>il</strong> 50 e <strong>il</strong><br />

90% del totale.<br />

● L’area di risentimento fu molto vasta:<br />

la scossa fu avvertita da Roma f<strong>in</strong>o <strong>in</strong><br />

Germania e <strong>in</strong> Francia.<br />

EFFETTI NEL CONTESTO<br />

ANTROPICO<br />

Complessivamente le abitazioni distrutte<br />

furono circa 17.000, appartenenti a circa<br />

120 comuni, per una popolazione di<br />

500.000 persone. I comuni disastrati<br />

furono 41 (29 nella prov<strong>in</strong>cia di Ud<strong>in</strong>e e<br />

12 nella prov<strong>in</strong>cia di Pordenone); quelli<br />

gravemente danneggiati furono 45 (39 <strong>in</strong><br />

prov<strong>in</strong>cia di Ud<strong>in</strong>e e 6 <strong>in</strong> quella di<br />

Pordenone); quelli danneggiati furono 33<br />

(29 <strong>in</strong> prov<strong>in</strong>cia di Ud<strong>in</strong>e e 4 <strong>in</strong> prov<strong>in</strong>cia<br />

di Pordenone). Lesioni e crolli parziali si<br />

verificarono anche a Ud<strong>in</strong>e e Trieste.<br />

Le vittime <strong>della</strong> scossa pr<strong>in</strong>cipale furono<br />

965 e 2.400 circa i feriti; i senzatetto<br />

furono 189.000. Secondo la prima stima i<br />

danni ammontarono a circa 4.400 m<strong>il</strong>iardi<br />

di lire. Dopo quattro mesi di attività per lo<br />

sgombero delle macerie e <strong>il</strong> riprist<strong>in</strong>o degli<br />

edifici, le scosse dell’11 e 15 settembre,<br />

che causarono la morte di 13 persone,<br />

fecero risalire <strong>il</strong> numero di senzatetto da<br />

45.000 unità a oltre 70.000. L’effetto<br />

psicologico fu devastante e si ebbe l’<strong>in</strong>izio<br />

dell’esodo di parte <strong>della</strong> popolazione dalle<br />

zone più colpite.<br />

Rischio sismico <strong>in</strong> Italia | Schede<br />

EFFETTI SULL’AMBIENTE<br />

A seguito <strong>della</strong> serie di scosse si attivarono<br />

o riattivarono numerose frane, <strong>in</strong> particolare<br />

lungo i fronti pedemontani da Artegna a<br />

Tenzone e da Forgaria a Bordano. In tutte le<br />

località colpite si verificarono cadute di<br />

massi che bloccarono e danneggiarono<br />

molte strade e la l<strong>in</strong>ea ferroviaria,<br />

ostacolando anche l’opera di soccorso. Si<br />

verificarono fenomeni di liquefazione,<br />

soprattutto vic<strong>in</strong>o Osoppo, e molte rotture<br />

del terreno, con casi spettacolari lungo i<br />

versanti meridionali dei monti Cuarnan e<br />

Cuar. Sprofondamenti di pavimenti con<br />

fuoriuscita d’acqua furono r<strong>il</strong>evati ad<br />

Avas<strong>in</strong>is e vic<strong>in</strong>o Gemona e Bordano.<br />

A s<strong>in</strong>istra, pag<strong>in</strong>a del Messaggero Veneto dedicata<br />

al terremoto del Friuli.<br />

Fonte: Dipartimento di Protezione Civ<strong>il</strong>e.<br />

In alto, strada di Osoppo dopo <strong>il</strong> terremoto.<br />

Fonte: Vig<strong>il</strong>i del Fuoco di M<strong>il</strong>ano, distaccamento di<br />

via Sardegna<br />

Sotto, <strong>il</strong> paese di Venzone.<br />

Fonti dei dati:<br />

Peruzza L., Slejko D., Riuscetti M., 2000, It<strong>in</strong>erario<br />

M<strong>il</strong>lenovecento76. OGS.<br />

Boschi E., Ferrari G., Gasper<strong>in</strong>i P., Guidoboni E.,<br />

Smriglio G., Valensise G., 1995, Catalogo dei forti<br />

terremoti <strong>in</strong> Italia dal 461 a. C. al 1980. Istituto<br />

Nazionale di Geofisica, SGA storia geofisica<br />

ambiente.<br />

SCHEDA 7<br />

Disastri naturali | Conoscere per prevenire 39<br />

Data 23 NOVEMBRE 1980<br />

Epicentro IRPINIA-BASILICATA<br />

Intensità massima X MCS<br />

GENERALITÀ<br />

● Il terremoto, con epicentro a Laviano,<br />

ebbe effetti devastanti <strong>in</strong> particolare nel<br />

settore appenn<strong>in</strong>ico dell’Irp<strong>in</strong>ia e <strong>della</strong><br />

Bas<strong>il</strong>icata. Furono quasi completamente<br />

distrutte 31 località, 55 subirono crolli e<br />

gravi lesioni, 780 furono danneggiate <strong>in</strong><br />

modo più o meno grave.<br />

● L’area dei massimi effetti comprende le<br />

alte e medie valli dell’Ofanto e del Sele, <strong>il</strong><br />

bac<strong>in</strong>o del Tanagro, le zone montane del<br />

potent<strong>in</strong>o, del Term<strong>in</strong>io, l’alta valle del<br />

Calore e l’alta valle del Sabato.<br />

● Danni r<strong>il</strong>evanti si ebbero <strong>in</strong> Campania,<br />

Bas<strong>il</strong>icata e Puglia e risentimenti <strong>in</strong><br />

quasi tutta l’Italia pen<strong>in</strong>sulare.<br />

EFFETTI NEL CONTESTO<br />

ANTROPICO<br />

Il numero ufficiale di morti fu di 2.914<br />

mentre circa 10.000 furono i feriti. Oltre<br />

75.000 case furono distrutte e circa<br />

275.000 gravemente danneggiate. I danni<br />

al patrimonio storico, architettonico,<br />

archivistico e librario furono <strong>in</strong>genti. Le<br />

località più colpite erano economicamente<br />

deboli e basate su un sistema agricolo e<br />

pastorale piuttosto arretrato. L’evento ha<br />

<strong>in</strong>ciso profondamente nella struttura sociale<br />

ed economica delle zone colpite anche a<br />

causa di una mai realizzata vera<br />

ricostruzione che doveva r<strong>il</strong>anciare <strong>il</strong> sistema<br />

produttivo ed economico. In ogni caso i<br />

f<strong>in</strong>anziamenti stanziati dai vari governi<br />

ammontano a più di 50 m<strong>il</strong>a m<strong>il</strong>iardi.<br />

EFFETTI SULL’AMBIENTE<br />

Il terremoto provocò rotture del terreno,<br />

<strong>in</strong> alcuni casi molto profonde, a<br />

Campagna, Conza <strong>della</strong> Campania,<br />

Rocca San Felice, Valva e Volturara<br />

Irp<strong>in</strong>a. Si verificarono riattivazioni di faglie<br />

preesistenti oltre che di movimenti<br />

franosi, come nei pressi di Caposele, a<br />

Senerchia e a Calitri, dove causarono <strong>il</strong><br />

crollo di molte case. Frane più modeste<br />

avvennero a Valva e a Rocca San Felice.<br />

La faglia sismogenetica ruppe la<br />

superficie del terreno lungo una serie di<br />

frammenti cont<strong>in</strong>ui: tra Lioni e <strong>il</strong> Pantano<br />

di San Gregorio Magno si formò una<br />

scarpata lunga circa 40 km, orientata<br />

NO-SE, con rigetti f<strong>in</strong>o a un metro.<br />

Mappa delle isosisme<br />

relative al terremoto<br />

irp<strong>in</strong>o del 1980. A e<br />

B sono zone ad<br />

elevata attenuazione<br />

del danno.<br />

Sopra: San Mango sul<br />

Calore, a s<strong>in</strong>istra <strong>il</strong><br />

paese di Laviano<br />

Fonte: giornali<br />

dell’epoca<br />

A fianco: Specchio di<br />

faglia riattivatosi<br />

presso Senerchia.<br />

Foto: A. Pissart<br />

Fonti dei dati:<br />

Boschi E., Ferrari G., Gasper<strong>in</strong>i P., Guidoboni E.,<br />

Smriglio G., Valensise G., 1995, Catalogo dei forti<br />

terremoti <strong>in</strong> Italia dal 461 a. C. al 1980. Istituto<br />

Nazionale di Geofisica, SGA storia geofisica ambiente.<br />

Lagorio H.J., Mader G.G., 1981, Earthquake <strong>in</strong><br />

Campania-Bas<strong>il</strong>icata, Italy Novembre 23, 1980. EERI,<br />

Berkeley California.<br />

Postpischl D., 1985, Atlas of isoseismal maps of<br />

italian earthquakes. CNR Progetto f<strong>in</strong>alizzato<br />

geod<strong>in</strong>amica.


40<br />

SCHEDA 8<br />

SERIE DI 14 FORTI<br />

TERREMOTI SUCCEDUTISI A<br />

RITMO QUASI ANNUALE DAL<br />

1688 AL 1706<br />

Intensità massima: da VIII a XI MCS<br />

Nel periodo compreso tra <strong>il</strong> 1688 e <strong>il</strong><br />

1706 <strong>il</strong> territorio italiano fu<br />

<strong>in</strong>teressato da 14 forti terremoti. La<br />

maggior parte di essi appare<br />

concentrata lungo la fascia<br />

appenn<strong>in</strong>ica, ma altri hanno colpito<br />

anche la zona alp<strong>in</strong>a e la Sic<strong>il</strong>ia.<br />

ROMAGNA 11 Apr<strong>il</strong>e 1688<br />

| IX grado MCS<br />

I danni maggiori si ebbero a Cotignola,<br />

dove crollò <strong>il</strong> 40% delle abitazioni e<br />

l’<strong>in</strong>tero patrimonio ed<strong>il</strong>izio risultò <strong>in</strong>agib<strong>il</strong>e<br />

e a Bagnocavallo, dove fu distrutto <strong>il</strong><br />

20% delle case. Gravi danni si ebbero a<br />

Solarolo, Russi e Lugo e risentimenti<br />

m<strong>in</strong>ori a <strong>Terra</strong> del Sole, Castrocaro,<br />

Ravenna, Forlì, Cesena e Bert<strong>in</strong>oro. Tale<br />

evento e alcune alluvioni che seguirono<br />

determ<strong>in</strong>arono una crisi economica<br />

locale dovuta alla sfiducia sui tempi<br />

<strong>della</strong> ricostruzione che portò artigiani e<br />

commercianti a lasciare<br />

temporaneamente l’area.<br />

SANNIO 5 giugno 1688<br />

| XI grado MCS<br />

Effetti disastrosi si ebbero nei paesi a<br />

sud–ovest dei Monti del Matese, nel<br />

beneventano e nell’Irp<strong>in</strong>ia. Una quarant<strong>in</strong>a<br />

di paesi subirono estese distruzioni e altri<br />

80 circa riportarono gravi danni. A<br />

Benevento delle 1.607 abitazioni esistenti,<br />

997 furono distrutte o rese <strong>in</strong>abitab<strong>il</strong>i,<br />

325 subirono lesioni e solo le restanti<br />

285 restarono abitab<strong>il</strong>i. Crolli e molte<br />

lesioni si ebbero anche a Napoli e<br />

Avell<strong>in</strong>o. La maggior parte delle case<br />

distrutte a Benevento risultavano costruite<br />

Rischio sismico <strong>in</strong> Italia | Schede<br />

con ciottoli di fiume, mentre quelle <strong>in</strong><br />

mattoni resistettero meglio. Le vittime<br />

furono <strong>in</strong> totale circa 10.000, concentrate<br />

soprattutto a Cerreto Sannita, Benevento e<br />

Guardia Sanframondi. A Benevento città i<br />

morti furono 1.367 su 7.500 abitanti, più<br />

700 <strong>in</strong> campagna. La distruzione delle<br />

<strong>in</strong>frastrutture agricole (mul<strong>in</strong>i, frantoi, forni)<br />

<strong>in</strong>nescò una crisi alimentare. Gli effetti del<br />

terremoto sull’ambiente furono notevoli. Si<br />

aprirono fenditure nel terreno nei monti<br />

del Sannio, a Pomarico e tra San Giorgio<br />

la Molara e San Marco dei Cavoti, dove<br />

raggiunsero la lunghezza di alcuni<br />

ch<strong>il</strong>ometri. Una massa rocciosa staccatasi<br />

dal monte Erbano uccise 600 persone a<br />

San Lorenzello.<br />

CARINZIA 4 dicembre 1690<br />

| VIII-IX grado MCS<br />

La scossa colpì la regione <strong>della</strong> Car<strong>in</strong>zia,<br />

causando distruzioni e vittime a V<strong>il</strong>lach,<br />

Tobr<strong>in</strong>g e Wernberg. Danni gravi si ebbero a<br />

Klagenfurt. L’area di risentimento fu molto<br />

estesa e <strong>in</strong> Italia co<strong>in</strong>volse <strong>il</strong> Veneto, <strong>il</strong><br />

ferrarese e <strong>il</strong> ravennate, causando danni a<br />

Trieste e Venezia.<br />

ANCONA 23 dicembre 1690<br />

| IX grado MCS<br />

La prima scossa, che colpì particolarmente<br />

Ancona, Sirolo e Numana, durò trenta<br />

secondi e fu seguita da varie repliche. A<br />

Sirolo numerose case crollarono e le altre<br />

Disastri naturali | Conoscere per prevenire 41<br />

rimasero <strong>in</strong> gran parte <strong>in</strong>abitab<strong>il</strong>i. Ad<br />

Ancona la quasi totalità degli edifici<br />

pubblici e privati fu danneggiata.<br />

Crollarono oltre 100 dei 2000 edifici<br />

privati e molti altri rimasero <strong>in</strong>agib<strong>il</strong>i.<br />

Crollarono diverse chiese e campan<strong>il</strong>i, oltre<br />

a diverse porzioni delle mura <strong>della</strong> città.<br />

Anche Numana subì gravi danni. Ad<br />

Ancona le vittime furono tra 7 e 10 e ci fu<br />

un morto a Sirolo. Sul Monte Conero si<br />

aprì un’ampia frattura nella roccia e si<br />

formarono 4 vorag<strong>in</strong>i dalle quali fuoriuscì<br />

materiale bitum<strong>in</strong>oso.<br />

A Sirolo si aprirono vorag<strong>in</strong>i nel terreno e ci<br />

fu un esteso smottamento. Ad Ancona le<br />

strade subirono spaccature e sul litorale<br />

furono osservate onde anomale <strong>in</strong> seguito<br />

al momentaneo ritiro del mare.<br />

VAL DI NOTO 11 gennaio 1693<br />

| XI grado MCS<br />

Vedi descrizioni nella Scheda 2<br />

IRPINIA 5 giugno 1694<br />

| BASILICATA XI grado MCS<br />

Si verificò una prima scossa di circa un<br />

m<strong>in</strong>uto, seguita da una violenta replica e<br />

da una ulteriore sequenza che durò circa<br />

un quarto d’ora. I danni cumulativi furono<br />

pesantissimi <strong>in</strong> oltre 120 località <strong>della</strong><br />

Campania, <strong>della</strong> Bas<strong>il</strong>icata e <strong>della</strong> Puglia.<br />

In 56 paesi <strong>il</strong> patrimonio ed<strong>il</strong>izio fu reso<br />

completamente <strong>in</strong>agib<strong>il</strong>e e furono quasi<br />

completamente distrutti oltre 30 paesi<br />

<strong>della</strong> dorsale appenn<strong>in</strong>ica nelle prov<strong>in</strong>ce di<br />

Avell<strong>in</strong>o e Potenza: tra questi Bisaccia,<br />

Sant’Angelo dei Lombardi, Calitri, Lioni,<br />

Conza <strong>della</strong> Campania, San Fele, Muro<br />

Lucano, Bella, Picerno. Crolli e lesioni si<br />

verificarono dalla costa tirrenica a quella<br />

adriatica. La scossa fu avvertita da Mess<strong>in</strong>a<br />

a Chieti e Fano. Le vittime furono oltre<br />

6.000. Nell’area colpita, che attraversava<br />

già un periodo di crisi, la situazione<br />

economica si aggravò ulteriormente e<br />

numerosissimi senzatetto emigrarono. La<br />

scossa <strong>in</strong>nescò crolli nell’area di Sorrento,<br />

Capua e Napoli e generò fenditure nel<br />

terreno. Inoltre un blando maremoto fu<br />

osservato sulla costa di Br<strong>in</strong>disi.<br />

ASOLO (TV) 5 giugno 1695<br />

| X grado MCS<br />

L’evento causò gravi danni <strong>in</strong> larga parte<br />

del Veneto e l’area più danneggiata fu<br />

l’alto trevigiano, a sud del Monte Grappa.<br />

Le località più colpite furono Asolo e i<br />

v<strong>il</strong>laggi circostanti: oltre 30 centri abitati<br />

subirono distruzioni gravissime mentre <strong>in</strong><br />

altri 24 si ebbero crolli e dissesti. Ad Asolo<br />

crollarono 1.477 case e 1.284 furono<br />

gravemente danneggiate. Lievi danni ci<br />

furono anche a Rovigo, Ferrara e Verona. Le<br />

vittime furono alcune cent<strong>in</strong>aia. Il<br />

terremoto aggravò una crisi economica già<br />

<strong>in</strong> corso nella zona, tanto che si verificò<br />

uno spopolamento dei centri asolani.<br />

BAGNOREGGIO 11 giugno 1695<br />

| (VT) IX grado MCS<br />

L’evento distrusse gran parte dei castelli di<br />

Bagnoregio, Lubriano, Ponzano, Vetriolo e<br />

Celleno, causò danni f<strong>in</strong>o ad Orvieto e fu<br />

avvertito da Perugia e Assisi s<strong>in</strong>o a Civita<br />

Castellana, Viterbo e Tivoli. Anche se le<br />

scosse premonitrici consentirono a molti di<br />

salvarsi, <strong>il</strong> numero di vittime raggiunse le<br />

200 unità, con 25-30 morti a Bagnoregio.<br />

Il lago di Bolsena si alzò di circa 4 metri,<br />

allagando i terreni circostanti per una<br />

estensione di oltre 4 ch<strong>il</strong>ometri.<br />

CARNIA (UD) 28 Luglio 1700<br />

| IX grado MCS<br />

Il terremoto colpì <strong>in</strong> particolare <strong>il</strong> Canale di<br />

Gorto (valle del Degano) e <strong>il</strong> Canale di<br />

Socchieve (alta valle del Tagliamento). Le<br />

distruzioni maggiori si ebbero a Enemonzo,<br />

Esemon di Sotto, Mediis, Qu<strong>in</strong>is e Raveo. A<br />

Enemonzo crollarono gran parte delle<br />

abitazioni e diverse chiese. A Raveo<br />

crollarono quasi tutte le case e le due<br />

chiese subirono gravissimi danni. Lesioni e<br />

dissesti più o meno gravi furono segnalati<br />

<strong>in</strong> dec<strong>in</strong>e di paesi. Complessivamente vi<br />

furono oltre 20 morti. Nei pressi di Ovaro ci<br />

furono smottamenti e una grande frana si<br />

staccò dal Monte Forchianon.<br />

NORCIA (PG) 14 gennaio 1688<br />

| Montereale (Aq) 16 gennaio<br />

| L’Aqu<strong>il</strong>a, Barete, Pizzoli, Arischia 2 febbraio,<br />

| XI grado MCS<br />

La prima scossa del 14 gennaio fu seguita<br />

da numerose altre, altrettanto forti. Tutta<br />

l’Italia centrale da Camer<strong>in</strong>o a Roma ne fu<br />

<strong>in</strong>teressata. Una vent<strong>in</strong>a di centri abitati<br />

risultarono quasi completamente distrutti,<br />

altrettanti subirono molti crolli e un<br />

cent<strong>in</strong>aio di paesi subirono danni gravi. La<br />

prima scossa colpì gravemente Norcia e<br />

Cascia, danneggiando anche Rieti e<br />

L’Aqu<strong>il</strong>a, quella del 16 gennaio colpì<br />

Montereale, nei d<strong>in</strong>torni di L’Aqu<strong>il</strong>a, e quella<br />

del 2 febbraio L’Aqu<strong>il</strong>a, Barete, Pizzoli e<br />

Arischia. Complessivamente oltre 150 paesi<br />

furono pesantemente danneggiati e vi<br />

furono crolli e lesioni anche a Roma. Dalle<br />

fonti a disposizione le vittime osc<strong>il</strong>lano tra<br />

le 10.000 e le 30.000. Secondo fonti dello<br />

Stato Pontificio <strong>in</strong> Umbria ci furono 2.067<br />

morti e <strong>in</strong> Abruzzo 7.694, di cui<br />

2.000–2.500 a L’Aqu<strong>il</strong>a. Il terremoto causò<br />

una grave crisi economica per l’<strong>in</strong>terruzione<br />

delle attività produttive nelle zone colpite,<br />

da cui si manifestarono flussi migratori.<br />

Sono segnalati effetti al suolo (spaccature<br />

del terreno con fuoriuscita di gas,<br />

<strong>in</strong>torbidamento di acque e nascita di nuove<br />

sorgenti) a Antrodoco, Arischia, Bacugno e<br />

Leonessa.<br />

MAIELLA (CH) 3 novembre 1706<br />

| XI grado MCS<br />

Fu colpita un’ampia area dell’Abruzzo<br />

meridionale e del Molise, <strong>in</strong> gran parte su<br />

entrambi i versanti del massiccio <strong>della</strong><br />

Maiella, attualmente ricadente nelle<br />

prov<strong>in</strong>ce di L’Aqu<strong>il</strong>a, Pescara, Chieti e<br />

Isernia. Le località quasi totalmente<br />

distrutte furono 7, <strong>in</strong> un’altra trent<strong>in</strong>a crollò<br />

la maggior parte delle case e una<br />

c<strong>in</strong>quant<strong>in</strong>a di paesi e v<strong>il</strong>laggi subirono<br />

danni diffusi. Sulmona fu la città più<br />

importante tra quelle colpite. Isernia subì<br />

dei crolli, Chieti e L’Aqu<strong>il</strong>a danni leggeri. Il<br />

terremoto fu avvertito a Roma, Rieti e<br />

Napoli. Le vittime furono 2.400. A Sulmona<br />

1.000 furono i morti e 2.000 i feriti. A<br />

Pettorano sul Gizio, a Caramanico e a Tocco<br />

da Casauria si ebbero spaccature del<br />

terreno. Vic<strong>in</strong>o alla Maiella si aprì una<br />

grande fenditura da cui fuoriuscirono gas<br />

solforosi.<br />

Fonti dei dati:<br />

Postpischl D., 1985, Atlas of isoseismal maps of<br />

italian earthquakes. CNR Progetto f<strong>in</strong>alizzato<br />

geod<strong>in</strong>amica.<br />

Boschi E., Ferrari G., Gasper<strong>in</strong>i P., Guidoboni E.,<br />

Smriglio G., Valensise G., 1995, Catalogo dei forti<br />

terremoti <strong>in</strong> Italia dal 461 a. C. al 1980. Istituto<br />

Nazionale di Geofisica, SGA storia geofisica ambiente.<br />

Serva L., 1981a, Il terremoto del 1688 nel Sannio. In:<br />

Contributo alla caratterizzazione <strong>della</strong> sismicità del<br />

territorio italiano. Commissione ENEA-ENEL per lo<br />

studio dei problemi sismici connessi con la<br />

realizzazione di impianti nucleari.<br />

Serva L., 1981b, Il terremoto del 1694 <strong>in</strong> Irp<strong>in</strong>ia e<br />

Bas<strong>il</strong>icata. In: Contributo alla caratterizzazione <strong>della</strong><br />

sismicità del territorio italiano. Commissione ENEA-<br />

ENEL per lo studio dei problemi sismici connessi con<br />

la realizzazione di impianti nucleari.


42<br />

SCHEDA 9<br />

SERIE DI 6 FORTI TERREMOTI<br />

DAL 1915 AL 1920<br />

Intensità massima: da VIII a XI MCS<br />

Tra <strong>il</strong> 1915 e <strong>il</strong> 1920 sei forti terremoti scossero<br />

l’Italia centro–settentrionale.<br />

AVEZZANO (AQ) 13 gennaio 1915<br />

| XI grado MCS<br />

Fu uno dei disastri sismici più gravi <strong>della</strong><br />

storia italiana. La scossa pr<strong>in</strong>cipale<br />

<strong>in</strong>teressò un’area molto estesa dell’Italia<br />

centrale con effetti distruttivi <strong>in</strong> tutta la<br />

Marsica, nel Cicolano f<strong>in</strong>o a Perugia,<br />

nell’alta valle del Liri f<strong>in</strong>o a Cass<strong>in</strong>o, nella<br />

valle dell’Aterno e nell’alta valle del<br />

Vomano, lungo le pendici opposte del Gran<br />

Sasso, <strong>della</strong> Maiella, e nell’area dei monti<br />

Simbru<strong>in</strong>i e Ernici. Fu avvertita dalla<br />

Pianura Padana f<strong>in</strong>o <strong>in</strong> Puglia. Oltre 20<br />

centri abitati subirono una distruzione<br />

pressoché totale, oltre 80 persero gran<br />

parte del patrimonio ed<strong>il</strong>izio, oltre 200<br />

subirono crolli o danni che determ<strong>in</strong>arono<br />

l’<strong>in</strong>agib<strong>il</strong>ità delle case, circa 240 ebbero<br />

lesioni o danni più lievi. Tutti i centri<br />

maggiormente distrutti (Avezzano, Cese,<br />

Gioia dei Marsi, Ortucchio, San Benedetto<br />

dei Marsi, Venere) si trovano a est e a<br />

ovest <strong>della</strong> piana che ospitava l’antico lago<br />

del Fuc<strong>in</strong>o.<br />

Pers<strong>in</strong>o Roma subì dei crolli parziali e<br />

numerose lesioni. Le vittime furono circa<br />

33.000. Altre 3.000 perirono per malattie<br />

e stenti nei mesi successivi, che furono<br />

caratterizzati da gravi emergenze. Ci fu un<br />

crollo demografico <strong>in</strong> tutta l’area<br />

Rischio sismico <strong>in</strong> Italia | Schede<br />

epicentrale. Numerosi paesi, oltre a dover<br />

essere ricostruiti <strong>in</strong> altri siti, persero gran<br />

parte <strong>della</strong> loro popolazione. Avezzano e<br />

Cese persero <strong>il</strong> 95% <strong>della</strong> popolazione,<br />

Massa d’Albe l’85%, Pisc<strong>in</strong>a <strong>il</strong> 72%,<br />

Ortucchio <strong>il</strong> 71%, San Benedetto dei Marsi<br />

più del 70%, ecc. Gli effetti sul terreno<br />

furono notevoli ed estesi su un’area molto<br />

vasta. Oddone descrisse un’ampia<br />

spaccatura che attraversava <strong>in</strong> direzione<br />

SE-NO tutto <strong>il</strong> Fuc<strong>in</strong>o per circa 70<br />

ch<strong>il</strong>ometri, assumendo l’aspetto di un<br />

crepaccio largo da 30 a 100 centimetri e<br />

In alto a s<strong>in</strong>istra: terremoto <strong>della</strong> Marsica. Una foto<br />

di gruppo sulle macerie di una casa crollata <strong>in</strong> P.zza<br />

S. Giovanni a Celano.<br />

Fonte: Comune di Celano (Aq).<br />

A s<strong>in</strong>istra, la prima pag<strong>in</strong>a <strong>della</strong> Domenica del<br />

Corriere<br />

con un dislivello tra i bordi compreso tra<br />

30 e 90 centimetri. Nei pressi di Ortucchio<br />

dalla spaccatura fuoriuscirono per molti<br />

giorni acqua e gas <strong>in</strong>fiammab<strong>il</strong>i. Anche<br />

presso San Benedetto dei Marsi da ampie<br />

fratture fuoriuscirono acqua e gas solforosi.<br />

A Pesc<strong>in</strong>a, Sora e Concerviano si<br />

formarono vulcanetti di fango. Furono<br />

<strong>in</strong>nescate frane e crolli di massi <strong>in</strong> molte<br />

località. Tutta la piana del Fuc<strong>in</strong>o si<br />

abbassò <strong>in</strong> media di circa 40 centimetri. Il<br />

sistema freatico dell’area subì delle<br />

modificazioni: ci furono <strong>in</strong>torbidamenti,<br />

variazioni di portata, scomparsa di<br />

sorgenti, variazioni di livello nei pozzi. A<br />

Tivoli si prosciugò un lago e a Posta<br />

Fibreno aumentò la portata del fiume<br />

Fibreno.<br />

Disastri naturali | Conoscere per prevenire 43<br />

MONTERCHI (AR) 26 Apr<strong>il</strong>e 1917<br />

| IX - X grado MCS<br />

Fu colpita l’alta Val Tiber<strong>in</strong>a e i paesi più<br />

danneggiati furono Monterchi e Petretole,<br />

che furono distrutti pressoché<br />

completamente. A Monterchi e nel suo<br />

territorio <strong>il</strong> 90% delle case crollarono o<br />

divennero <strong>in</strong>abitab<strong>il</strong>i. Altri c<strong>in</strong>que paesi<br />

subirono crolli estesi a gran parte<br />

dell’abitato. Sansepolcro subì gravi danni,<br />

con 200 case rese <strong>in</strong>agib<strong>il</strong>i e 900<br />

danneggiate più lievemente. L’area di<br />

risentimento si estese <strong>in</strong> Toscana, Umbria e<br />

Marche. Le vittime furono una vent<strong>in</strong>a e<br />

una trent<strong>in</strong>a i feriti. Il patrimonio artistico<br />

dell’area subì molti danni. Presso<br />

Monterchi si aprirono spaccature nel<br />

terreno, alcune lunghe un ch<strong>il</strong>ometro e<br />

larghe 20-50 centimetri. Il regime delle<br />

acque sotterranee subì variazioni, con<br />

aumenti delle portate e <strong>in</strong>torbidamenti. A<br />

Citerna e Monterchi furono segnalati getti<br />

di acqua solforosa.<br />

SANTA SOFIA (FO) 10 novembre 1918<br />

| VIII grado MCS<br />

Furono colpiti una vent<strong>in</strong>a di paesi<br />

dell’Appenn<strong>in</strong>o forlivese, causando crolli,<br />

lesioni e danni diffusi alle abitazioni. I<br />

centri più danneggiati furono Santa Sofia<br />

e Galatea. Bagno di Romagna e Civitella<br />

di Romagna subirono gravi danni,<br />

Predappio, Rocca San Casciano e<br />

Verghereto subirono lesioni alle case,<br />

mentre danni più lievi si ebbero <strong>in</strong><br />

prov<strong>in</strong>cia di Arezzo. Risentimenti si<br />

ebbero <strong>in</strong> Toscana, nel ferrarese e nelle<br />

Marche settentrionali. I morti furono tra 8<br />

e 16. Nel giugno successivo l’area fu<br />

nuovamente danneggiata dal terremoto<br />

del Mugello del 1919.<br />

MUGELLO (FI) 29 giugno 1919<br />

| IX grado MCS<br />

12 paesi furono distrutti e molte case<br />

rurali crollarono completamente. 70<br />

centri abitati furono danneggiati e gravi<br />

danni si ebbero anche nell’alto<br />

casent<strong>in</strong>o, nella Val d’Arno e nelle<br />

località appenn<strong>in</strong>iche romagnole, dove gli<br />

effetti si sommarono a quelli dovuti al<br />

precedente terremoto del novembre<br />

1918. L’area di risentimento raggiunse<br />

l’Umbria e la pianura Padana. Ci furono<br />

oltre 100 morti e 400 feriti. Nel versante<br />

romagnolo non ci furono vittime molto<br />

probab<strong>il</strong>mente perché la popolazione<br />

viveva ancore <strong>in</strong> baracche a seguito del<br />

terremoto del 1918. La vita economica e<br />

sociale fu profondamente segnata da<br />

questo evento. A Vicchio, San Godendo e<br />

Dicomano si verificarono frane e crolli di<br />

massi che bloccarono la l<strong>in</strong>ea ferroviaria<br />

Firenze–Marrani e le strade dei passi<br />

appenn<strong>in</strong>ici. A Rostolena e San Piero <strong>in</strong><br />

Bagni si aprirono fenditure nel terreno. Le<br />

acque sotterranee subirono variazioni di<br />

portata, comparvero nuove sorgenti e<br />

altre si <strong>in</strong>torbidarono.<br />

PIANCASTAGNAIO 10 settembre 1919<br />

| VIII grado MCS<br />

Gli effetti maggiori riguardarono una<br />

vent<strong>in</strong>a di paesi sul Monte Amiata, fra le<br />

prov<strong>in</strong>ce di Siena e Grosseto. I danni più<br />

gravi si verificarono a Piancastagnaio, Celle<br />

sul Rigo, Montorio, Radicofani, San<br />

Casciano dei Bagni e San Giovanni delle<br />

Contee. A Piancastagnaio crollarono 8<br />

case e 10 furono gravemente danneggiate,<br />

a San Casciano dei Bagni 40 case furono<br />

lesionate e a Radicofani 15. Ci furono un<br />

morto e una vent<strong>in</strong>a di feriti. L’unico effetto<br />

sull’ambiente segnalato fu l’<strong>in</strong>torbidamento<br />

di acque sorgive.<br />

GARFAGNANA 11 giugno 1920<br />

| (LU) X grado MCS<br />

Il terremoto colpì un’area estesa dalla<br />

Lunigiana alla Garfagnana. V<strong>il</strong>la<br />

Collemand<strong>in</strong>a e Vigneta furono quasi<br />

completamente distrutte e oltre 30 paesi<br />

subirono crolli. I centri abitati colpiti a<br />

vari livelli furono 350, di cui più di 100<br />

subirono crolli e lesioni. L’area di<br />

risentimento si estese dalla Costa Azzurra<br />

al Friuli, alla Toscana, all’Umbria e alle<br />

Marche. Le repliche si protrassero f<strong>in</strong>o<br />

all’agosto del 1921. I morti furono 171, i<br />

feriti 650 e i senzatetto alcune migliaia.<br />

Il relativo basso numero di vittime fu<br />

dovuto <strong>in</strong> parte ad una scossa<br />

premonitrice avvenuta <strong>il</strong> giorno<br />

precedente a quella più forte, e <strong>in</strong> parte<br />

al fatto che l’economia era basata<br />

sull’agricoltura e l’allevamento e qu<strong>in</strong>di<br />

all’ora del terremoto (7:56 locali) <strong>in</strong> casa<br />

c’erano solo poche donne e bamb<strong>in</strong>i. A<br />

Castiglione di Garfagnana, Rigoso e<br />

Trefiumi si verificarono spaccature nel<br />

terreno oltre a frane e crolli di massi. Si<br />

ebbero anche <strong>in</strong>torbidamenti e variazioni<br />

di portata delle sorgenti.<br />

Fonti dei dati:<br />

Serva L., 1991, Un metodo per una migliore<br />

comprensione <strong>della</strong> sismicità di un’area: la Conca<br />

del Fuc<strong>in</strong>o. In E. Boschi e M. Dragoni (a cura di) :<br />

Aree sismogenetiche e rischio sismico <strong>in</strong> Italia,<br />

Roma, 2, pp. 187-196.<br />

Boschi E., Ferrari G., Gasper<strong>in</strong>i P., Guidoboni E.,<br />

Smriglio G., Valensise G., 1995, Catalogo dei forti<br />

terremoti <strong>in</strong> Italia dal 461 a. C. al 1980. Istituto<br />

Nazionale di Geofisica, SGA storia geofisica<br />

ambiente.<br />

Oddone E., 1915, Gli elementi fisici del grande<br />

terremoto marsicano fucense del 13 gennaio<br />

1915. Boll. Soc. Sismol. Ital., 19, pp. 71-215.


44<br />

Figura 3.1 – Distribuzione globale<br />

dei vulcani. La maggior parte<br />

dell’attività vulcanica è situata <strong>in</strong><br />

corrispondenza dei limiti delle<br />

placche sia dove si crea nuova<br />

crosta (dorsali oceaniche) sia<br />

dove la crosta viene distrutta<br />

sprofondando al di sotto di un’altra<br />

placca (zone di subduzione).<br />

Altri apparati vulcanici sono localizzati<br />

all’<strong>in</strong>terno delle placche<br />

(vulcani <strong>in</strong>traplacca) e sono legati<br />

alla risalita di magmi profondi.<br />

Fonte: Isat<br />

Rischio vulcanico <strong>in</strong> Italia | Le caratteristiche dei vulcani<br />

3. IL RISCHIO VULCANICO IN ITALIA<br />

3.1. Le caratteristiche dei vulcani<br />

La <strong>Terra</strong> è un pianeta d<strong>in</strong>amico, <strong>in</strong> cont<strong>in</strong>uo divenire, <strong>in</strong> cui le placche che<br />

suddividono la sua parte superficiale sono <strong>in</strong> costante, lento movimento<br />

l’una rispetto all’altra.<br />

I movimenti delle placche hanno determ<strong>in</strong>ato l’attuale assetto geologico<br />

del pianeta e sono responsab<strong>il</strong>i delle manifestazioni più appariscenti e<br />

drammatiche <strong>della</strong> sua d<strong>in</strong>amicità: terremoti e vulcani.<br />

La distribuzione planetaria di tali fenomeni naturali non è, <strong>in</strong>fatti, casuale<br />

ma strettamente correlata con i limiti delle placche; <strong>il</strong> loro tipo di attività riflette<br />

i diversi ambienti geod<strong>in</strong>amici <strong>in</strong> cui vengono orig<strong>in</strong>ati (Figura 3.1).<br />

Un vulcano è def<strong>in</strong>ito come un’apertura <strong>della</strong> crosta terrestre tramite la<br />

quale una miscela di materiale fuso e gas (magma) fuoriesce <strong>in</strong> superficie<br />

(lava). Il magma deriva dalla fusione parziale delle rocce profonde quando<br />

si verificano particolari condizioni di pressione e temperatura. Esso contiene<br />

al suo <strong>in</strong>terno quantità variab<strong>il</strong>i di quasi tutti gli elementi chimici, con<br />

preponderanza di s<strong>il</strong>icio ed ossigeno, che condizionano fortemente <strong>il</strong> tipo<br />

di magma e di attività vulcanica. I magmi ricchi <strong>in</strong> s<strong>il</strong>ice (SiO 2)(magmi<br />

acidi) hanno maggiori concentrazioni di sodio e potassio ed una elevata viscosità<br />

che determ<strong>in</strong>a, a causa <strong>della</strong> difficoltà a fluire del magma, un’alta<br />

esplosività delle eruzioni associate (eruzioni esplosive).<br />

I magmi più poveri <strong>in</strong> s<strong>il</strong>ice (magmi basici) presentano tenori più elevati<br />

Disastri naturali | Conoscere per prevenire 45<br />

di ferro, magnesio e calcio, elementi che riescono ad <strong>in</strong>terrompere i forti legami<br />

tra s<strong>il</strong>icio ed ossigeno determ<strong>in</strong>ando una dim<strong>in</strong>uzione <strong>della</strong> viscosità<br />

ed una conseguente bassa esplosività delle eruzioni (eruzioni effusive).<br />

L’orig<strong>in</strong>e e la composizione chimica dei magmi sono strettamente legate<br />

all’ambiente geod<strong>in</strong>amico di formazione. In corrispondenza dei marg<strong>in</strong>i divergenti<br />

(dorsali oceaniche) fuoriescono magmi basaltici direttamente derivanti<br />

dalla fusione parziale del mantello superiore (astenosfera). Tale fusione<br />

è <strong>in</strong>dotta da processi di decompressione connessi con la risalita di<br />

masse calde profonde. In corrispondenza dei marg<strong>in</strong>i convergenti (zone di<br />

subduzione, Figura 3.2), <strong>in</strong>vece, la fusione del mantello superiore è legata al<br />

trasporto <strong>in</strong> profondità di rocce e sedimenti contenenti m<strong>in</strong>erali idrati che<br />

liberando l’acqua, tra i 100 ed i 200 km di profondità, determ<strong>in</strong>ano l’abbassamento<br />

del punto di fusione. Il materiale fuso, ricco <strong>in</strong> volat<strong>il</strong>i e più leggero<br />

delle rocce circostanti, risale f<strong>in</strong>o al punto <strong>in</strong> cui la sua densità uguaglia<br />

quella delle rocce <strong>in</strong>cassanti (generalmente all’<strong>in</strong>terfaccia mantellocrosta),<br />

dove staziona all’<strong>in</strong>terno di una camera magmatica.<br />

Durante la permanenza nella camera magmatica, <strong>il</strong> magma subisce complessi<br />

processi di differenziazione (frazionamento, mescolamento, contam<strong>in</strong>azione)<br />

che lo rendono sostanzialmente diverso da quello orig<strong>in</strong>ario. Il magma<br />

può stazionare all’<strong>in</strong>terno <strong>della</strong> camera s<strong>in</strong>o al suo totale raffreddamento<br />

(rocce <strong>in</strong>trusive) oppure può riprendere la sua ascesa verso la superficie, generalmente<br />

a causa di variazioni di pressione che possono essere determ<strong>in</strong>ate da<br />

varie cause. Quale che sia <strong>il</strong> meccanismo, per la generazione di un’eruzione è<br />

necessario che si alteri l’equ<strong>il</strong>ibrio tra magma e rocce <strong>in</strong>cassanti e che si cre<strong>in</strong>o<br />

fratture tramite le quali <strong>il</strong> magma può fuoriuscire <strong>in</strong> superficie (Figura 3.3) creando<br />

un apparato vulcanico, la cui forma dipende dal tipo di materiale eruttato<br />

e dalle modalità di eruzione.<br />

Figura 3.2<br />

Formazione<br />

del vulcani <strong>in</strong> relazione<br />

all’ambiente geod<strong>in</strong>amico.<br />

Fonte: ISAT.


46<br />

1. F<strong>in</strong> qui <strong>il</strong> magma risale<br />

perchè meno denso del<br />

materiale circostante<br />

2. Da qui <strong>il</strong> magma risale<br />

perchè la pressione sopra<br />

la camera magmatica è<br />

dim<strong>in</strong>uita<br />

I vulcani rappresentano i<br />

punti <strong>in</strong> cui avviene un<br />

trasferimento di masse,<br />

liquide ed aeriformi,<br />

dall’<strong>in</strong>terno <strong>della</strong> terra verso<br />

l’esterno. Sebbene<br />

l’immag<strong>in</strong>ario collettivo<br />

percepisca, ovviamente, solo<br />

l’effetto distruttivo dell’attività<br />

vulcanica, senza tale attività<br />

non ci sarebbe stata la<br />

formazione <strong>della</strong> crosta<br />

terrestre, dell’atmosfera e<br />

dell’idrosfera, ed <strong>il</strong><br />

determ<strong>in</strong>arsi di condizioni<br />

che hanno permesso la<br />

complessità biologica del<br />

pianeta<br />

Figura 3.4<br />

Schema di un apparato<br />

vulcanico con condotto centrale<br />

e delle fenomenologie associate<br />

ad un’eruzione.<br />

Fonte: ISAT.<br />

Rischio vulcanico <strong>in</strong> Italia | le caratteristiche dei vulcani<br />

1 2<br />

Figura 3.3 – Esempio di meccanismo di risalita del magma. Fonte: ridisegnato da http://vulcans.fis.uniroma3.it/gnv.<br />

Anatomia di un vulcano<br />

In l<strong>in</strong>ea generale, un vulcano (Figura 3.4) può essere considerato un sistema<br />

costituito da: una camera magmatica, situata a profondità variab<strong>il</strong>i,<br />

dove staziona <strong>il</strong> magma; un condotto eruttivo tramite <strong>il</strong> quale <strong>il</strong> magma può<br />

salire verso la superficie fuoriuscendo <strong>in</strong> corrispondenza <strong>della</strong> bocca eruttiva<br />

(cratere); ed un apparato la cui forma è strettamente legata al chimismo<br />

del magma, agli st<strong>il</strong>i eruttivi ed alla tipologia del materiale emesso.<br />

Nelle eruzioni effusive <strong>il</strong> magma viene emesso come liquido (lava) che<br />

scende, anche per molti ch<strong>il</strong>ometri, lungo i fianchi dell’apparato (colata la-<br />

vica), mentre <strong>in</strong> quelle esplosive <strong>il</strong> magma è emesso <strong>in</strong> forma frammentata,<br />

allo stato liquido e solido (prodotti piroclastici o tefra).<br />

I prodotti piroclastici possono avere dimensioni variab<strong>il</strong>i da metriche-plurimetriche<br />

(bombe e blocchi) a centimetriche (lap<strong>il</strong>li-scorie-pomici) e m<strong>il</strong>limetriche<br />

(ceneri-polveri). Nel corso di un’eruzione, i piroclasti vengono trasc<strong>in</strong>ati <strong>in</strong><br />

Disastri naturali | Conoscere per prevenire 47<br />

atmosfera da colonne eruttive sostenute e più o meno sv<strong>il</strong>uppate a seconda del<br />

tipo di eruzione. Se l’eruzione è altamente esplosiva, <strong>il</strong> progressivo <strong>in</strong>cremento<br />

<strong>in</strong> peso del materiale sostenuto può determ<strong>in</strong>are <strong>il</strong> parziale collasso <strong>della</strong> colonna<br />

con formazione di distruttive correnti piroclastiche ad alta temperatura<br />

(f<strong>in</strong>o a 700°C) e velocità (>80 km/h) che scorrono lungo i fianchi del vulcano.<br />

Le correnti possono orig<strong>in</strong>arsi anche per trabocco dal cratere quando la miscela<br />

gas-piroclasti è troppo densa per dare orig<strong>in</strong>e alla colonna oppure a seguito<br />

<strong>della</strong> distruzione, per esplosione, di duomi lavici.<br />

Le correnti vengono dist<strong>in</strong>te <strong>in</strong> flussi (alta concentrazione di piroclasti) e<br />

surges (alta concentrazione di gas). Questi ultimi possono essere orig<strong>in</strong>ati anche<br />

da eruzioni freatomagmatiche. La propagazione dei flussi è generalmente<br />

v<strong>in</strong>colata dalla morfologia dell’edificio mentre i surges presentano mob<strong>il</strong>ità<br />

molto maggiore e possono superare barriere morfologiche <strong>in</strong>vestendo areali<br />

molto ampi. Grandi frane o fratture sui fianchi del vulcano possono orig<strong>in</strong>are<br />

pericolosissime esplosioni laterali che generano correnti piroclastiche ad alta<br />

densità ed elevatissima velocità (> 100m/s).<br />

Nel corso delle eruzioni più violente, gli enormi tassi eruttivi determ<strong>in</strong>ano<br />

un collasso cont<strong>in</strong>uo <strong>della</strong> colonna dando orig<strong>in</strong>e a flussi piroclastici (ignimbriti)<br />

che possono avere dimensioni e potenza tali da riuscire a superare i r<strong>il</strong>ievi<br />

e ricoprire ampie aree con depositi spessi dec<strong>in</strong>e di metri (ad esempio, le<br />

ignimbriti flegree).<br />

A causa delle grandi emissioni di vapore le eruzioni esplosive sono sempre<br />

accompagnate da forti piogge che possono mob<strong>il</strong>izzare <strong>il</strong> materiale <strong>in</strong>coerente<br />

depositato sulle pendici del vulcano o nei r<strong>il</strong>ievi circostanti dando orig<strong>in</strong>e ad<br />

enormi e distruttive colate rapide di fango e detriti (lahar) che, <strong>in</strong>canalate nelle<br />

depressioni vallive, possono raggiungere <strong>in</strong> breve tempo le aree pianeggianti<br />

antistanti. I lahar possono essere orig<strong>in</strong>ati anche dalla fusione rapida di neve<br />

e ghiaccio (es. Nevado del Ruiz) o da eruzioni <strong>in</strong> un lago craterico (Lago di Albano),<br />

e possono verificarsi anche molto tempo dopo l’eruzione vulcanica<br />

(Sarno).<br />

Eruzioni e tipi di apparato<br />

Le modalità di emissione del magma variano<br />

fortemente <strong>in</strong> dipendenza dalle caratteristiche<br />

chimico-fisiche del magma stesso (pr<strong>in</strong>cipalmente<br />

viscosità e contenuto <strong>in</strong> acqua) e dallo stato<br />

di chiusura od apertura del condotto. È comunque<br />

possib<strong>il</strong>e classificare i tipi di eruzione <strong>in</strong> alcune<br />

pr<strong>in</strong>cipali categorie (Tabella 3.1). Esse non possono<br />

però essere considerate rigidamente poiché,<br />

<strong>in</strong> particolare durante un’eruzione esplosiva, un<br />

vulcano è generalmente <strong>in</strong>teressato, spesso <strong>in</strong><br />

modo repent<strong>in</strong>o ed <strong>in</strong>aspettato, da cambiamenti<br />

nello st<strong>il</strong>e eruttivo e nella tipologia dei materiali<br />

emessi a causa di variazioni del chimismo del<br />

magma, <strong>della</strong> sua viscosità e del contenuto <strong>in</strong><br />

volat<strong>il</strong>i, dell’allargamento del cratere o del contatto<br />

con acque sotterranee.<br />

Un’eruzione può essere <strong>in</strong> genere considerata come l’<strong>in</strong>sieme di dist<strong>in</strong>te<br />

fasi eruttive (ad esempio, fasi freatica, pl<strong>in</strong>iana e freato-magmatica, come<br />

nel caso del Vesuvio nel 79 d.C.).<br />

Non esistendo, per i vulcani, una scala di magnitudo strumentale come<br />

quella dei terremoti, una valutazione dell’energia liberata nel corso di<br />

un’eruzione, <strong>in</strong>dipendentemente dalle modalità con cui viene liberata, può<br />

I vulcani vengono <strong>in</strong> genere<br />

classificati come:<br />

vulcani attivi: con una storia<br />

registrata di attività più o<br />

meno cont<strong>in</strong>ua (ci sono<br />

almeno 600 vulcani<br />

considerati attivi sul pianeta,<br />

con eruzioni <strong>in</strong> media ogni<br />

50-60 anni);<br />

vulcani quiescenti: senza<br />

una storia registrata di attività<br />

ma con segni evidenti di<br />

attività <strong>in</strong> un passato<br />

geologico relativamente<br />

recente e che possono dare<br />

luogo a violentissime eruzioni<br />

(è <strong>il</strong> caso del Vesuvio, che nel<br />

79 a.C. era considerato<br />

est<strong>in</strong>to; ma anche del St.<br />

Helens con l’eruzione del<br />

1980, che era stato<br />

quiescente per 123 anni, e<br />

del P<strong>in</strong>atubo nelle F<strong>il</strong>ipp<strong>in</strong>e<br />

con l’eruzione del 1991, che<br />

era stato quiescente per oltre<br />

400 anni; <strong>il</strong> caso del Vulcano<br />

Laziale verrà discusso più<br />

avanti);<br />

vulcani est<strong>in</strong>ti: senza alcun<br />

segno di attività recente.<br />

Il lago di Albano


48<br />

Rischio vulcanico <strong>in</strong> Italia | le caratteristiche dei vulcani<br />

Tabella 3.1 – Classificazione dei tipi di eruzioni<br />

TIPO DI ERUZIONE CARATTERISTICHE PRINCIPALI ESEMPI<br />

Hawaiana Attività ad esplosività bassa o nulla, emissione di magmi basaltici molto fluidi da un cratere<br />

centrale e da fessure sui fianchi dell’apparato con formazione di ch<strong>il</strong>ometriche colate laviche.<br />

Presenza di laghi di lava all’<strong>in</strong>terno del cratere. Nelle fasi a bassa esplosività si formano getti<br />

di lava verso l’alto f<strong>in</strong>o ad altezze di qualche cent<strong>in</strong>aio di metri (fontane di lava).<br />

Stromboliana Attività <strong>in</strong>termittente a media esplosività con fuoriuscita di bombe, lap<strong>il</strong>li e ceneri che nelle<br />

fasi più <strong>in</strong>tense possono raggiungere qualche ch<strong>il</strong>ometro d’altezza. Fontane e colate di lava.<br />

Vulcaniana Attività esplosiva con prevalente produzione di ceneri e bombe, magmi viscosi ricchi <strong>in</strong> s<strong>il</strong>ice<br />

e gas, flussi piroclastici.<br />

Peleana Eruzioni violente e distruttive, magmi viscosi ricchi <strong>in</strong> s<strong>il</strong>ice e gas, flussi piroclastici. Mount Pelee<br />

Pl<strong>in</strong>iana- Attività esplosiva violentissima con enormi e cont<strong>in</strong>ue fuoriuscite di gas e materiale pirocla-<br />

Ultrapl<strong>in</strong>iana stico, colonna sostenuta molto elevata, colate e surges piroclastici, formazione di caldere per<br />

svuotamento <strong>della</strong> camera magmatica. Le eruzioni ultrapl<strong>in</strong>iane presentano le stesse fenomenologie<br />

ma con una potenza decisamente maggiore. Depositi ignimbritici.<br />

Freatomagmatica Violenta attività esplosiva legata al contatto del magma con le acque sotteranee o mar<strong>in</strong>e. Surtsey, Vesuvio<br />

Freatica Potentissime esplosioni di gas dovute al riscaldamento delle acque sotterranee da parte <strong>della</strong><br />

camera magmatica, nessuna emissione di magma ma solo di frammenti di rocce strappati dal<br />

condotto che possono essere lanciati anche a distanze notevoli.<br />

Mauna Loa<br />

K<strong>il</strong>auea<br />

Stromboli<br />

Vulcano<br />

Vesuvio<br />

Krakatoa<br />

Santor<strong>in</strong>i<br />

Vesuvio<br />

Vulcano<br />

Mount St. Helens<br />

essere effettuata tramite l’Indice di Esplosività Vulcanica (VEI) (Tabella 3.2).<br />

La variab<strong>il</strong>ità dei tipi di magma, degli st<strong>il</strong>i eruttivi e dei tipi di materiali<br />

emessi determ<strong>in</strong>a un’ampia variab<strong>il</strong>ità nelle forme degli apparati vulcanici,<br />

schematizzata <strong>in</strong> Figura 3.5 e Tabella 3.3.<br />

Tabella 3.2 – Indice di Esplosività Vulcanica (VEI)<br />

tipi di osservazioni e di dati che possono permettere di def<strong>in</strong>ire l’<strong>in</strong>dice.<br />

VEI ESPLOSIVITÀ DESCRIZIONE TIPO INIEZIONE INIEZIONE TASSO VOLUME ALTEZZA POTENZA DURATA<br />

QUALITATIVA DI IN IN ERUTTIVO PRODOTTI COLONNA TERMICA EMISSIONE<br />

ERUZIONE ERUZIONE TROPOSFERA STRATOSFERA (KG/S) (M 3 ) ERUTTIVA (LOG KW) CONTINUA<br />

(KM) (ORE)<br />

0 Non esplosiva Effusiva Hawaiana Trascurab<strong>il</strong>e Nessuna 10 2 -10 3 >10 4 12<br />

6 Molto forte Parossistica Pl<strong>in</strong>iana- Grande Significativa 10 8 -10 9 10 10 -10 11 >25 11-12 6->12<br />

Ultrapl<strong>in</strong>iana<br />

7 Molto forte Colossale Ultrapl<strong>in</strong>iana Grande Significativa >10 9 10 11 -10 12 >25 >12 >12<br />

8 Molto forte Terrificante Ultrapl<strong>in</strong>iana Grande Significativa ? >10 12 >25 ? >12<br />

Fonti : Bell F.G., 2003, Geological hazards, Spon Press Ed., London; Newhall C.G. and Self S., 1982, The volcanic explosivity <strong>in</strong>dex (VEI): An estimate of explosive magnitude<br />

for historical volcanism, J. Geophys. Res., 87; Barberi F., Santacroce R., Carapezza M.L., 2005, <strong>Terra</strong> pericolosa, ETS edizioni.<br />

Disastri naturali | Conoscere per prevenire 49<br />

Tabella 3.3 – Schematizzazione dei tipi di apparato vulcanico<br />

TIPO DI APPARATO CARATTERISTICHE GENERALI ESEMPI<br />

Vulcani a scudo Orig<strong>in</strong>ati da eruzioni effusive con colate di lava molto fluida; hanno <strong>in</strong> pianta una forma<br />

allargata e fianchi poco <strong>in</strong>cl<strong>in</strong>ati. Per la cont<strong>in</strong>ua sovrapposizione di lave basaltiche dal<br />

condotto centrale o dai fianchi possono raggiungere dimensioni enormi.<br />

Strato-vulcani Sono formati dalla sovrapposizione di prodotti piroclastici e colate laviche<br />

(vulcani<br />

compositi)<br />

dovute all’alternanza di eruzioni esplosive ed effusive. Le eruzioni più violente<br />

possono determ<strong>in</strong>are <strong>il</strong> collasso di una porzione del vulcano <strong>in</strong> parte obliterata<br />

dalle eruzioni successive. Con dimensioni generalmente <strong>in</strong>feriori a quelle dei<br />

vulcani a scudo hanno pendii molto ripidi. Si accrescono prevalentemente per<br />

emissioni da un condotto centrale, assumendo spesso la tipica forma a cono,<br />

ma possono essere presenti anche coni eruttivi sv<strong>il</strong>uppati sui fianchi (coni<br />

laterali). Se l’eruzione è fissurale <strong>il</strong> vulcano assume una forma allungata. Le<br />

eruzioni esplosive sono legate all’ostruzione del condotto da parte di un tappo<br />

di magma viscoso con conseguente accumulo delle pressioni dei gas all’<strong>in</strong>terno<br />

<strong>della</strong> camera magmatica. La distruzione dell’occlusione determ<strong>in</strong>a generalmente<br />

<strong>il</strong> passaggio ad una fase prevalentemente effusiva a moderata esplosività (fase<br />

a condotto aperto).<br />

Duomi lavici Si formano quando le lave sono talmente viscose da non riuscire a dare orig<strong>in</strong>e a<br />

colate e si sovrappongono <strong>in</strong> corrispondenza del cratere formando dei r<strong>il</strong>ievi<br />

cupuliformi. Spesso rappresentano la fase f<strong>in</strong>ale di un’eruzione durante la quale<br />

vengono emessi magmi sempre più acidi e viscosi (St. Helens). L’occlusione del<br />

cratere può dare luogo a violentissime fuoriuscite di gas e ceneri che sotto forma di<br />

flussi piroclastici scendono sui fianchi del vulcano (Pelee).<br />

Coni di scorie Sono apparati costituiti prevalentemente da scorie vulcaniche, con fianchi molto<br />

ripidi, forma circolare ed altezza variab<strong>il</strong>e da 30 a 300 metri. Fac<strong>il</strong>mente erodib<strong>il</strong>i a<br />

causa dell’<strong>in</strong>coerenza del materiale si formano abbastanza velocemente (dec<strong>in</strong>e di<br />

giorni) durante eruzioni a moderata esplosività. Il materiale piroclastico ad elevata<br />

temperatura può dare orig<strong>in</strong>e a coni di scorie saldati (spatter).<br />

Coni di tufo Sono prevalentemente formati da cenere consolidata e presentano pendii<br />

Coni di cenere moderatamente ripidi. Meno frequenti dei precedenti, sono legati a fasi esplosive<br />

freatomagmatiche. I coni di cenere si differenziano per l’<strong>in</strong>coerenza dei depositi.<br />

Anelli di tufo Di orig<strong>in</strong>e analoga ai precedenti, se ne differenziano per una m<strong>in</strong>or ripidità dei<br />

Anelli di cenere<br />

Maar<br />

fianchi ed un maggior diametro del cratere. I maar sono un tipo di anello di tufo<br />

caratterizzato dal fatto di avere <strong>il</strong> fondo del cratere al di sotto del piano campagna.<br />

Caldere Sono legate al rapido svuotamento di un’ampia camera magmatica a seguito di<br />

eruzioni di estrema violenza ed alti tassi di emissione (pl<strong>in</strong>iane-ultrapl<strong>in</strong>iane). Lo<br />

svuotamento <strong>della</strong> camera determ<strong>in</strong>a <strong>il</strong> collasso delle rocce sovrastanti con<br />

creazione, <strong>in</strong> superficie, di una vasta struttura depressa sovente di forma circolare.<br />

Le caldere risorgenti (esempio M. Epomeo-Ischia) hanno nella parte centrale un<br />

sollevamento a forma di cupola, provocato da duomi lavici che si formano appena<br />

sotto la superficie (cripto-duomi) per la risalita di nuovo magma. Ciò può preludere<br />

a nuove fasi eruttive.<br />

Pericoli connessi con l’attività vulcanica<br />

L’attività vulcanica produce una serie di fenomeni che possono rappresentare<br />

un serio pericolo per l’uomo, le sue attività e l’ambiente. Tali fenomeni<br />

sono direttamente (colate di lava, flussi piroclastici, eiezione di materiali) o<br />

<strong>in</strong>direttamente (colate di fango, terremoti, tsunami) legati alle eruzioni. Generalmente<br />

<strong>il</strong> loro grado d’<strong>in</strong>tensità - e qu<strong>in</strong>di la pericolosità di un vulcano<br />

attivo - è strettamente correlato con <strong>il</strong> tempo di quiescenza. Più questo è<br />

Hawaii<br />

Etna<br />

Vesuvio<br />

Fujiama<br />

Ra<strong>in</strong>er<br />

Popocatepetl<br />

Hekla<br />

Mount Pelee<br />

St. Helens<br />

Ischia<br />

Monti S<strong>il</strong>vestri<br />

(Etna)<br />

Monte Nuovo,<br />

Solfatara (Campi<br />

Flegrei)<br />

Averno, Astroni<br />

(Campi Flegrei)<br />

Porto d’Ischia<br />

Campi Flegrei<br />

Vulcani laziali<br />

Yellowstone,<br />

Krakatoa<br />

Santor<strong>in</strong>i


50<br />

Rischio vulcanico <strong>in</strong> Italia | le caratteristiche dei vulcani<br />

Figura 3.5 - Rappresentazione<br />

grafica di alcuni tipi di apparato<br />

vulcanico.<br />

Fonte: Ridisegnato da http://mediatheek.th<strong>in</strong>kquest.nl.<br />

prolungato, più aumenta la probab<strong>il</strong>ità di una ripresa<br />

dell’attività con eruzioni ad alta esplosività,<br />

a causa del cont<strong>in</strong>uo accumulo di magma e gas<br />

all’<strong>in</strong>terno <strong>della</strong> camera magmatica. Le pr<strong>in</strong>cipali<br />

caratteristiche dei fenomeni sono schematicamente<br />

riportate nella tabella 3.4.<br />

Tabella 3.4 – Fenomeni connessi con le eruzioni<br />

FENOMENO CARATTERISTICHE PRINCIPALI<br />

Colate di lava Raramente pericolose per la vita umana a causa <strong>della</strong> loro velocità<br />

generalmente bassa, che permette la previsione e l’evacuazione. Le aree<br />

<strong>in</strong>teressate vengono però distrutte. Possib<strong>il</strong>i <strong>in</strong>terventi di raffreddamento,<br />

contenimento e deviazione delle colate.<br />

Emissione Possib<strong>il</strong>e impatto diretto con blocchi e bombe <strong>in</strong> un raggio di 3-4 km dal<br />

di materiali centro eruttivo. Ricaduta di ceneri <strong>in</strong> aree vastissime con problemi di<br />

stab<strong>il</strong>ità dei solai (per spessori > 10 cm), danneggiamenti alle l<strong>in</strong>ee<br />

elettriche e telefoniche, contam<strong>in</strong>azione dei prodotti agricoli e delle<br />

acque, difficoltà alla viab<strong>il</strong>ità. Immissione di ceneri <strong>in</strong><br />

atmosfera/stratosfera con seri problemi agli aeromob<strong>il</strong>i e parziale<br />

schermatura <strong>della</strong> radiazione solare con possib<strong>il</strong>i effetti climatici.<br />

Flussi piroclastici L’alta velocità (> 80 km/h), le temperature elevate (f<strong>in</strong>o a 700°),<br />

Surges<br />

Esplosioni laterali<br />

l’enorme carico solido e i gas tossici determ<strong>in</strong>ano la totale distruzione<br />

delle aree <strong>in</strong>vestite dal corpo centrale del flusso. Danni notevoli anche<br />

al marg<strong>in</strong>e del flusso. I surges <strong>in</strong>teressano areali più vasti e a causa<br />

<strong>della</strong> loro mob<strong>il</strong>ità possono superare barriere morfologiche. Diffic<strong>il</strong>e la<br />

loro esatta previsione e praticamente impossib<strong>il</strong>e la fuga.<br />

Colate di fango Fenomeni molto frequenti e ad elevato potere distruttivo. Legati alla<br />

e detriti (lahars) mob<strong>il</strong>izzazione, sotto forma di flusso acquoso, del materiale <strong>in</strong>coerente<br />

depositato dal vulcano, si <strong>in</strong>nescano sia durante l’evento eruttivo sia<br />

anni dopo <strong>il</strong> suo term<strong>in</strong>e. In dipendenza dalla loro fluidità e dalle<br />

caratteristiche morfologiche dell’area possono percorrere dec<strong>in</strong>e di km<br />

e seppellire le aree sotto molti metri di fango. Se l’eruzione è monitorata<br />

è possib<strong>il</strong>e <strong>in</strong>dividuare ed evacuare la aree <strong>in</strong>teressate dai lahars.<br />

Frane vulcaniche Legate all’<strong>in</strong>cremento <strong>della</strong> <strong>in</strong>stab<strong>il</strong>ità dei versanti a causa di terremoti,<br />

sollevamenti del suolo, apertura di fratture ecc., possono avere<br />

dimensioni notevoli (es. Valle del Bove-Etna, Sciara del fuoco–<br />

Stromboli). Riconoscib<strong>il</strong>i tramite l’attento monitoraggio dell’apparato.<br />

Terremoti L’attività vulcanica è costantemente accompagnata da una attività<br />

sismica locale dovuta agli stress <strong>in</strong>terni alla camera magmatica. I<br />

terremoti sono generalmente di moderata magnitudo ma, <strong>in</strong> aree<br />

densamente popolate, possono determ<strong>in</strong>are crolli capaci di creare<br />

impedimenti alle attività di evacuazione.<br />

Tsunami Tsunami possono essere generati da eruzioni vulcaniche sottomar<strong>in</strong>e o<br />

sublacuali, collassi calderici, entrata a mare di colate laviche, di flussi<br />

piroclastici e lahars, collassi dei fianchi dell’apparato. L’altezza dell’onda<br />

è ovviamente legata alle dimensioni del fenomeno <strong>in</strong>nescante. Lo<br />

tsunami generato dall’eruzione del Krakatoa (1883) determ<strong>in</strong>ò la morte<br />

di 36.000 persone.<br />

Emissione Nel corso dell’attività vulcanica vengono emesse grandi quantità di gas<br />

(H2S, CO 2 ,SO2 di gas tossici<br />

, CO) che possono essere molto pericolosi per ogni forma<br />

di vita. La pericolosità è m<strong>in</strong>ore nel caso di eruzioni ad alta esplosività,<br />

poiché tali gas vengono dispersi <strong>in</strong> alta quota, e maggiore nelle aree<br />

<strong>in</strong>teressate da fuoriuscita permanente di gas (aree fumaroliche) o da<br />

potenziali esplosioni freatiche (campi geotermici).<br />

Disastri naturali | Conoscere per prevenire 51<br />

3.2. I vulcani italiani<br />

Come si è detto, l’attuale assetto geologico-strutturale del Bac<strong>in</strong>o del Mediterraneo<br />

è, <strong>in</strong> l<strong>in</strong>ea generale, legato al processo di subduzione <strong>della</strong> placca<br />

africana al di sotto di quella euroasiatica. Tale schema è complicato dalla<br />

presenza di una serie di microplacche che danno orig<strong>in</strong>e a un complesso<br />

quadro geod<strong>in</strong>amico <strong>in</strong> cui coesistono aree stab<strong>il</strong>i, <strong>in</strong> compressione (marg<strong>in</strong>i<br />

convergenti), ed aree <strong>in</strong> distensione (marg<strong>in</strong>i divergenti). La complessità<br />

geod<strong>in</strong>amica si riflette nella forte variab<strong>il</strong>ità del vulcanismo italiano, <strong>in</strong><br />

cui sono presenti praticamente tutti i tipi di eruzione ed i cui prodotti coprono<br />

quasi <strong>in</strong>teramente lo spettro delle rocce magmatiche.<br />

Schematizzando, si può affermare che a processi di subduzione sono legati<br />

i vulcani del marg<strong>in</strong>e tirrenico laziale-campano e delle Isole Eolie; ad<br />

un vulcanismo di <strong>in</strong>traplacca potrebbero essere associati i vulcani del Canale<br />

di Sic<strong>il</strong>ia ed alcuni dei vulcani sommersi del bac<strong>in</strong>o tirrenico, mentre<br />

la posizione geod<strong>in</strong>amica dell’Etna è tuttora fonte di notevoli discussioni<br />

scientifiche.<br />

Vulcani attivi<br />

I vulcani che possono essere ritenuti sicuramente attivi,<br />

per i quali, cioè, l’<strong>in</strong>tervallo di tempo trascorso dall’ultima<br />

eruzione ad oggi è m<strong>in</strong>ore del massimo <strong>in</strong>tervallo di<br />

quiescenza conosciuto, sono alcuni di quelli localizzati<br />

(Figura 3.6):<br />

● nell’area campana: Vesuvio (ultima eruzione nel<br />

1944), Ischia (1302) e Campi Flegrei (1538, con la<br />

comparsa <strong>della</strong> nuova struttura del Monte Nuovo);<br />

● nelle Isole Eolie: Stromboli (permanentemente<br />

attivo), Vulcano (1888-1890), Lipari (circa 800 d.C.) e,<br />

con qualche dubbio, Panarea (forse eruzione<br />

sottomar<strong>in</strong>a nel 126 a.C.; è ben nota recentemente<br />

l’attività di fumarole sottomar<strong>in</strong>e <strong>in</strong>torno all’isola);<br />

● Etna (permanentemente attivo);<br />

● area del Canale di Sic<strong>il</strong>ia (eruzioni sottomar<strong>in</strong>e nel 1831<br />

e 1891, ultima eruzione a Pantelleria circa nel 1000 a.C);<br />

● con tutta probab<strong>il</strong>ità, i Colli Albani (Vulcano Laziale)<br />

a sud di Roma.<br />

Nel caso del Vulcano Laziale, si tratta di un sistema<br />

complesso, costituito da una caldera collassata<br />

(Tuscolano-Artemisia) e da un’altra più recente<br />

(Faete), parzialmente sovrapposte, con un cono<br />

recente (Monte Cavo) marg<strong>in</strong>ale all’ultima caldera.<br />

Sono presenti numerosi crateri eccentrici più recenti,<br />

di cui alcuni trasformati <strong>in</strong> laghi (Albano, Nemi), molti<br />

prosciugati artificialmente <strong>in</strong> epoca romana (Ariccia,<br />

ecc.); nonchè colate vulcaniche che raggiungono<br />

Roma (tra cui la Capodibove su cui corre la Via<br />

Appia). I fenomeni catastrofici che hanno portato al<br />

collasso <strong>della</strong> caldera Tuscolano-Artemisia sono<br />

datati 500-600.000 anni fa; dopo numerosi cicli, <strong>il</strong><br />

vulcano è attualmente caratterizzato da una serie di<br />

fenomenologie (sciami sismici, sollevamenti del<br />

suolo, fumarole, emissioni di anidride carbonica ed<br />

altro, esplosioni freatiche) che associate all’evento<br />

eruttivo, riportato da fonti storiche, del 114 a.C., ed a<br />

modeste eruzioni sublacustri che hanno determ<strong>in</strong>ato<br />

esondazioni di laghi craterici anche <strong>in</strong> epoca romana<br />

lasciano presumere che <strong>il</strong> vulcano sia tuttora attivo<br />

ed <strong>in</strong> una fase di quiescenza. L’esistenza del Vulcano<br />

Laziale è stata fondamentale per determ<strong>in</strong>are le<br />

caratteristiche <strong>della</strong> zona su cui sarebbe sorta Roma.<br />

In realtà, la città è cresciuta sui famosi colli che altro<br />

non sono che gli accumuli prodotti dall’attività<br />

emissiva, compresi flussi piroclastici, del Vulcano<br />

Laziale sulla s<strong>in</strong>istra del Tevere (i colli del Palat<strong>in</strong>o,<br />

Capitol<strong>in</strong>o, ecc.) e del Vulcano Sabat<strong>in</strong>o (Lago di<br />

Bracciano, anch’esso dotato di numerosi crateri<br />

eccentrici trasformatisi <strong>in</strong> laghi) sulla destra del<br />

Tevere (i colli del Gianicolo, Monte Verde, Vaticano,<br />

Monte Mario). Il corso del fiume e le scarse zone<br />

paludose ed alluvionali che lo accompagnano<br />

rappresentano <strong>il</strong> conf<strong>in</strong>e riconoscib<strong>il</strong>e tra i due<br />

distretti vulcanici. I prodotti vulcanici hanno anche<br />

fornito la pozzolana e la pietra tenera (tufo),<br />

fac<strong>il</strong>mente lavorab<strong>il</strong>e, di cui Roma è costruita, ed <strong>il</strong><br />

materiale lavico che è stato usato, sotto forma di<br />

basolato o sanpietr<strong>in</strong>i, per lastricare le strade<br />

romane.


52<br />

Figura 3.6 – Localizzazione<br />

dei vulcani italiani di età <strong>in</strong>feriore<br />

a 2.000.000 di anni:<br />

est<strong>in</strong>ti (<strong>in</strong> azzurro), attivi (<strong>in</strong><br />

rosso) e sottomar<strong>in</strong>i (<strong>in</strong> verde).<br />

Fonte: Grafica ISAT su base<br />

NASA World W<strong>in</strong>d.<br />

Disastri naturali | Conoscere per prevenire 53<br />

Distribuzione territoriale dei vulcani<br />

È opportuno un breve cenno alla distribuzione sul territorio dei vulcani<br />

italiani considerati non più attivi (est<strong>in</strong>ti), ma attivi f<strong>in</strong>o ad epoche geologicamente<br />

“recenti”(ossia meno di 2 m<strong>il</strong>ioni di anni fa), che sono posizionati<br />

seguendo grosso modo un all<strong>in</strong>eamento lungo la costa del Tirreno. Da<br />

nord-ovest verso sud-est, si ritrovano:<br />

● i vulcani dell’Amiata, Vuls<strong>in</strong>o, Cim<strong>in</strong>o-Vico, Sabat<strong>in</strong>o;<br />

● le Isole Pont<strong>in</strong>e (tutte vulcaniche, comprese Ventotene e Santo<br />

Stefano, con l’eccezione di Zannone);<br />

● i grandi vulcani spenti del Roccamonf<strong>in</strong>a e del Vulture, nella catena<br />

degli Appenn<strong>in</strong>i;<br />

● nel Golfo di Napoli la vulcanica Procida (ma non Capri) e banchi<br />

sommersi che rappresentano i resti di bocche<br />

vulcaniche;<br />

● <strong>in</strong> Sic<strong>il</strong>ia i sette vulcani corrispondenti a ciascuna<br />

delle Isole Eolie, compresi i 3-4 attivi di cui sopra; la<br />

catena degli Iblei, <strong>il</strong> vulcano di Ustica nel basso<br />

Tirreno e quello di L<strong>in</strong>osa nel Canale di Sic<strong>il</strong>ia;<br />

● <strong>in</strong> Sardegna, alcuni apparati nelle aree di Orosei,<br />

Montiferru e Logudoro.<br />

I vulcani sottomar<strong>in</strong>i<br />

La situazione diviene ancora più complessa se si<br />

prendono <strong>in</strong> considerazione i vulcani sottomar<strong>in</strong>i. A<br />

livello planetario, si contano circa 20.000 vulcani sottomar<strong>in</strong>i,<br />

dalla lunghissima catena per la maggior<br />

parte sommersa delle Hawaii all’alto numero dei<br />

vulcani dell’Atlantico che emergono solo <strong>in</strong> alcuni<br />

casi: Capo Verde, Canarie, Madeira, Azzorre, Islanda,<br />

ecc.<br />

Eruzioni sottomar<strong>in</strong>e collegate a maremoti (relativamente<br />

frequenti nell’Egeo e nel Mar del Levante) sembrano non essere<br />

rare nel Mediterraneo, se si tiene presente tra l’altro <strong>il</strong> già citato collasso<br />

<strong>della</strong> caldera del vulcano dell’Isola di Santhor<strong>in</strong>i (Thera) nell’Egeo, <strong>in</strong>torno<br />

al 1500 a.C., dopo una serie di eruzioni parossistiche.<br />

Per quanto riguarda l’Italia, diverse bocche vulcaniche sommerse (Figura<br />

3.6), potenziali responsab<strong>il</strong>i di eruzioni o frane sottomar<strong>in</strong>e (del tipo<br />

di quella verificatasi recentemente nella parte emersa e sommersa dello<br />

Stromboli), si trovano come prolungamento delle Isole Eolie, sia a nord di<br />

Stromboli che fra Alicudi ed Ustica.<br />

Sempre nel Tirreno meridionale, a nord del Mars<strong>il</strong>i, più o meno a metà<br />

strada tra <strong>il</strong> C<strong>il</strong>ento e la Sardegna, si ritrovano poi altri due sistemi vulcanici<br />

sottomar<strong>in</strong>i di grandi dimensioni più antichi del Mars<strong>il</strong>i e considerati<br />

est<strong>in</strong>ti: <strong>il</strong> Vav<strong>il</strong>ov (40 x 15 km di lunghezza, 2.800 m dal fondo del mare)<br />

ed <strong>il</strong> Magnaghi.<br />

È ben noto poi <strong>il</strong> caso, nel Canale di Sic<strong>il</strong>ia a sud di Sciacca, dell’Isola<br />

Ferd<strong>in</strong>andea (anche nota come Julie o Graham a seconda <strong>della</strong> rivendicazione<br />

territoriale borbonica, francese o <strong>in</strong>glese), riapparsa al di sopra del<br />

livello del mare nel 1831 (con emersioni segnalate a partire dal 10 a.C.) e<br />

qu<strong>in</strong>di risommersasi dopo alcuni mesi di attività vulcanica <strong>in</strong> superficie.<br />

Altre manifestazioni sottomar<strong>in</strong>e si sono avute nel Canale di Sic<strong>il</strong>ia nel<br />

1981 ed ai giorni nostri.<br />

Immagg<strong>in</strong>e del Mars<strong>il</strong>i ottenuta<br />

tramite r<strong>il</strong>evamenti con multibeam<br />

sonar.<br />

Fonte:http://www.bo.ismar.cnr.it<br />

Un importante vulcano<br />

sottomar<strong>in</strong>o presumib<strong>il</strong>mente<br />

attivo, <strong>il</strong> Mars<strong>il</strong>i, scoperto nei<br />

primi anni ’60 ma di cui si<br />

dispongono da poco le<br />

immag<strong>in</strong>i, è situato proprio<br />

nel Tirreno, a sud-ovest del<br />

Golfo di Napoli (ossia <strong>in</strong><br />

direzione dei vulcani delle<br />

Isole Eolie, da cui dista circa<br />

70 km), ed è di dimensioni<br />

notevoli (65 x 40 km di<br />

lunghezza, 3.000 m dal<br />

fondo del mare, con bocche<br />

multiple e la cima a circa<br />

500 m sotto <strong>il</strong> pelo<br />

dell’acqua, forse <strong>il</strong> più grande<br />

vulcano europeo <strong>in</strong> term<strong>in</strong>i<br />

assoluti); anche se non<br />

esistono dati su eventuali<br />

eruzioni, a questo vulcano<br />

potrebbe essere attribuita la<br />

responsab<strong>il</strong>ità di alcuni<br />

maremoti nel Tirreno anche<br />

di epoca recente.


54<br />

Figura 3.7<br />

Schema dell’apparato vulcanico<br />

Somma-Vesuvio<br />

con rappresentati <strong>il</strong> vulcano<br />

prima dell’eruzione<br />

del 79 d.C.<br />

Fonte: ridisegnato da<br />

www.ov.<strong>in</strong>gv.it<br />

Rischio vulcanico <strong>in</strong> Italia | Il Vesuvio<br />

3.3. Il Vesuvio<br />

L’attuale morfologia dell’apparato vulcanico Somma-Vesuvio (1.281 m)<br />

(Figura 3.7) deriva dalla coesistenza di uno strato-vulcano più antico<br />

(Monte Somma), parzialmente smantellato dallo sprofondamento <strong>della</strong><br />

parte sommitale, e del più recente cono del Vesuvio, cresciuto all’<strong>in</strong>terno di<br />

questa caldera nel corso <strong>della</strong><br />

lunga attività medioevale.<br />

Attualmente, <strong>il</strong> vulcano si<br />

trova <strong>in</strong> uno stato di quiescenza<br />

che perdura dal 1944,<br />

con attività soltanto fumarolica<br />

e terremoti superficiali<br />

con ipocentro lungo <strong>il</strong> condotto.<br />

Negli ultimi 25.000 anni<br />

però <strong>il</strong> Somma-Vesuvio è<br />

stato caratterizzato da attività<br />

estremamente variab<strong>il</strong>i riconducib<strong>il</strong>i,<br />

per semplicità, a tre<br />

pr<strong>in</strong>cipali tipologie eruttive:<br />

1. eruzioni moderate, attività stromboliana ed effusiva;<br />

2. eruzioni forti, esclusivamente esplosive (subpl<strong>in</strong>iane);<br />

3. eruzioni catastrofiche, esclusivamente esplosive (pl<strong>in</strong>iane).<br />

L’apparato è caratterizzato da un serbatoio profondo (localizzato tra 10 e<br />

20 km di profondità), da dove risalgono i magmi che ristagnano <strong>in</strong> una camera<br />

magmatica superficiale localizzab<strong>il</strong>e a 3-5 km di profondità prima<br />

delle eruzioni pl<strong>in</strong>iane, ed a meno di 2 km di profondità prima dell’attività<br />

stromboliana (dati INGV).<br />

Tabella 3.5a. Tipi di eruzione del Vesuvio<br />

TIPO DI ERUZIONE VOLUMI DI MAGMA EMESSO PERIODI DI QUIESCENZA PRECEDENTI L’ERUZIONE CONDOTTO<br />

moderata Piccoli (dell’ord<strong>in</strong>e di 0.01 kmc) Brevi (dell’ord<strong>in</strong>e degli anni) aperto<br />

subpl<strong>in</strong>iana Medi (dell’ord<strong>in</strong>e di 0.1 kmc) Lunghi (da decenni a qualche secolo) ostruito<br />

pl<strong>in</strong>iana Grandi (maggiori di 1 kmc) molto lunghi (da diversi secoli a più di un m<strong>il</strong>lennio) ostruito<br />

Tabella 3.5b. Modalità eruttive del Vesuvio<br />

CONDOTTO MODALITÀ ERUTTIVE ESEMPIO<br />

Attività Attività alimentata da magmi poco differenziati che colmano <strong>il</strong> condotto e formano un<br />

a condotto<br />

aperto<br />

lago di lava all’<strong>in</strong>terno del cratere. Si generano colate laviche per trabocco dal cratere<br />

o per eruzioni laterali.Attività esplosiva f<strong>in</strong>ale freato-magmatica per <strong>in</strong>terazione con le<br />

acque di falda a seguito del progressivo svuotamento <strong>della</strong> camera magmatica.<br />

Attività Il magma si accumula all’<strong>in</strong>terno <strong>della</strong> camera magmatica. Eruzioni esplosive sono<br />

a condotto<br />

chiuso<br />

determ<strong>in</strong>ate dalla risalita di nuovo magma o dalla formazione di fratture a seguito di<br />

fasi tettoniche<br />

Periodo<br />

1631-1944<br />

79,<br />

472,<br />

1631<br />

Disastri naturali | Conoscere per prevenire 55<br />

Secondo stime recenti 1 , <strong>il</strong> volume di magma profondo entrato nelle camere<br />

magmatiche del Vesuvio dal 1944 ad oggi ammonterebbe a 100-300<br />

m<strong>il</strong>ioni di m 3 e, se emesso <strong>in</strong> un unico evento esplosivo, potrebbe produrre<br />

una eruzione subpl<strong>in</strong>iana (tipo quella dell’anno 1631).<br />

Come accennato nelle pag<strong>in</strong>e precedenti, uno strato-vulcano può essere<br />

<strong>in</strong>teressato da eruzioni estrema-<br />

mente variab<strong>il</strong>i <strong>in</strong> term<strong>in</strong>i di esplosività,<br />

quantità di materiale<br />

emesso, tipologia dell’eruzione e,<br />

di norma, le modalità eruttive variano<br />

anche durante un s<strong>in</strong>golo<br />

evento. Ne consegue che la conoscenza<br />

accurata <strong>della</strong> storia eruttiva<br />

di un vulcano è <strong>in</strong>dispensab<strong>il</strong>e<br />

per cercare di prevedere le modalità<br />

di una futura eruzione.<br />

Con una documentazione che<br />

parte con l’eruzione di Pompei del 79<br />

d.C., la storia eruttiva del Vesuvio è<br />

sicuramente quella più conosciuta tra<br />

i numerosi vulcani attivi sulla <strong>Terra</strong>.<br />

La storia vulcanologica dell’apparato del Somma-Vesuvio <strong>in</strong>izia<br />

circa 25.000 anni fa con l’accrescimento dell’edificio, al di sopra di<br />

lave antiche, a seguito di eruzioni prevalentemente effusive e<br />

subord<strong>in</strong>atamente esplosive, di bassa energia (stromboliane). Tale<br />

attività è durata f<strong>in</strong>o a circa 18.000 anni fa e ha determ<strong>in</strong>ato la<br />

formazione dell’apparato vulcanico del Somma (Figura 3.7), la cui<br />

forma orig<strong>in</strong>aria è stata profondamente modificata da una serie di<br />

collassi calderici generati dallo svuotamento <strong>della</strong> camera<br />

magmatica a seguito di violentissime eruzioni. La prima caldera è<br />

legata all’eruzione pl<strong>in</strong>iana delle Pomici Basali ed è stata<br />

successivamente modificata ed ampliata da altre eruzioni pl<strong>in</strong>iane<br />

s<strong>in</strong>o all’ultima del 79 d.C. (Figura 3.8), che <strong>in</strong>terruppe un periodo di<br />

quiescenza durato almeno 7 secoli. Dopo quest’ultima, le eruzioni<br />

più violente, con caratteristiche subpl<strong>in</strong>iane, si sono registrate negli<br />

anni 472, 512 e 1631, <strong>in</strong>tervallate da periodi di attività di bassa<br />

energia a condotto aperto durante <strong>il</strong> I, III, V, VIII, X e XI secolo.<br />

L’attività a condotto aperto ha caratterizzato anche <strong>il</strong> periodo dal<br />

1631 al 1944<br />

durante <strong>il</strong> quale<br />

sono state<br />

prodotte grandi<br />

quantità di lava,<br />

che hanno quasi<br />

completamente<br />

ricoperto i versanti<br />

sud-orientali e<br />

sud-occidentali del<br />

vulcano.<br />

Figura 3.8<br />

Ricostruzione <strong>della</strong> storia<br />

eruttiva del Vesuvio.<br />

Fonte: INGV-Osservatorio<br />

Vesuviano<br />

1 Barberi F., Santacroce<br />

R., Carapezza M.L.,<br />

2005, <strong>Terra</strong> pericolosa,<br />

ETS edizioni.


56<br />

Figura 3.9<br />

Carta geologica<br />

schematica dell’apparato<br />

Somma-Vesuvio.<br />

Fonte<br />

INGV-Osservatorio<br />

Vesuviano.<br />

Rischio vulcanico <strong>in</strong> Italia | Il Vesuvio<br />

Tutte le eruzioni successive sono con buona probab<strong>il</strong>ità segnalate, ma è solo<br />

a partire dall’eruzione del 1631 che i fenomeni associati alle eruzioni vengono<br />

descritti con una certa precisione. Le eruzioni precedenti <strong>il</strong> 79 d.C., <strong>in</strong>vece,<br />

sono state identificate <strong>in</strong> base ad analisi stratigrafiche. Si tenga comunque<br />

presente che, <strong>in</strong> l<strong>in</strong>ea generale, nella stratigrafia geologica sono evidenti solo<br />

gli eventi di maggior entità che hanno prodotto depositi piroclastici <strong>in</strong>genti ed<br />

arealmente diffusi.<br />

I prodotti di eventuali eruzioni m<strong>in</strong>ori possono essere stati, cioè, completamente<br />

cancellati/obliterati dalle eruzioni più violente soprattutto se localizzati<br />

all’<strong>in</strong>terno delle aree <strong>in</strong>teressate dai collassi calderici. Non è pertanto<br />

escluso che durante i periodi riportati <strong>in</strong> Figura 3.8 come lunghe fasi di<br />

quiescenza si siano verificate eruzioni di moderata potenza, attualmente<br />

non identificab<strong>il</strong>i. Una carta geologica schematica dell’apparato Somma-<br />

Vesuvio è riportata <strong>in</strong> Figura 3.9. Nella Figura 3.10 è riportata un’immag<strong>in</strong>e<br />

satellitare del vulcano, con <strong>il</strong> cratere chiaramente visib<strong>il</strong>e e con le pendici<br />

circondate da zone pesantemente urbanizzate dell’area metropolitana di<br />

Napoli (Figura 3.11) e dell’Agro Sarnese (compresa la zona di Pompei). Seguono<br />

alcune schede sulla storia eruttiva del Vesuvio.<br />

Disastri naturali | Conoscere per prevenire 57<br />

Figura 3.10<br />

Immag<strong>in</strong>e satellitare <strong>della</strong> zona del Vesuvio<br />

con <strong>il</strong> Golfo di Napoli.<br />

Fonte:<br />

Image Science and Analysis Laboratory,<br />

NASA-Johnson Space Center. 18 Mar. 2005.<br />

“Earth from Space - Image Information”.<br />

http://eol.jsc.nasa.gov/sseop/EFS/photo<strong>in</strong>fo.<br />

pl?PHOTO=NM21-771-75.<br />

Figura 3.11<br />

Evoluzione dell’urbanizzazione dell’area<br />

circumvesuviana dal 1936 al 1990.<br />

(Ridisegnato e semplificato da Alberico et alii,<br />

2004).<br />

Fonte<br />

Alberico I., Caiazzo S., Dal Piaz S., Lirer L.,<br />

Petrosiono P. & Scandone R., 2004. Volcanic<br />

risk and evolution of the territorial system <strong>in</strong><br />

the active volcanic areas of Campania. EGU,<br />

1 st General Assembly, Nice, France, 25-30<br />

Apr<strong>il</strong> 2004.


58<br />

SCHEDA 1<br />

Data 24-26 AGOSTO 79 d.C.<br />

ERUZIONE PLINIANA DEL VESUVIO<br />

V.E.I. (Indice di esplosività vulcanica) 5<br />

GENERALITÀ<br />

● Massimo evento eruttivo degli ultimi<br />

2000 anni.<br />

● Periodo di quiescenza a condotto<br />

ostruito, determ<strong>in</strong>ab<strong>il</strong>e con i dati<br />

disponib<strong>il</strong>i: più di sette secoli.<br />

● Fenomeni precursori (terremoti e<br />

deformazioni del suolo) avvertiti dalla<br />

popolazione a partire da alcune<br />

settimane prima dell’eruzione.<br />

● Durata 48-60 ore, con fase più <strong>in</strong>tensa<br />

(pl<strong>in</strong>iana) poche ore dopo l’<strong>in</strong>izio<br />

dell’eruzione.<br />

● Fase più distruttiva, durante la quale si<br />

generano numerosi flussi piroclastici,<br />

circa 24 ore dopo l’<strong>in</strong>izio dell’attività.<br />

● Distruzione dei centri abitati posti nel<br />

settore meridionale del vulcano.<br />

Rischio vulcanico <strong>in</strong> Italia | Il Vesuvio<br />

Carte delle isopache per i depositi<br />

delle unità EU2 e EU3<br />

Fonte:<br />

INGV- Osservatorio Vesuviano<br />

Sotto: Stratigrafia dei depositi<br />

dell’eruzione<br />

Fonte:<br />

INGV- Osservatorio Vesuviano<br />

CRONOLOGIA DELL’ERUZIONE<br />

1° Fase: 24 agosto, prime ore <strong>della</strong><br />

matt<strong>in</strong>a, <strong>in</strong>izio dell’eruzione con una serie<br />

di moderate esplosioni freatiche.<br />

Formazione di una colonna sostenuta<br />

che risale nella stratosfera f<strong>in</strong>o ad<br />

un’altezza di 24 km (eruzione delle<br />

pomici chiare). Le pomici si disperdono<br />

f<strong>in</strong>o a 70 km di distanza dal vulcano.<br />

2° Fase: nella notte la colonna raggiunge<br />

la sua massima altezza con l’eruzione<br />

delle pomici scure (32 km) ed <strong>in</strong> seguito<br />

(ore 7.30 del 25 agosto) collassa,<br />

generando flussi e surges piroclastici che<br />

devastano ogni <strong>in</strong>sediamento nel raggio<br />

di 10-15 km dal centro eruttivo.<br />

3° Fase: nel tardo pomeriggio del 25<br />

agosto la camera magmatica,<br />

parzialmente svuotata, collassa formando<br />

una caldera. Le falde acquifere, non più<br />

<strong>in</strong> pressione, <strong>in</strong>teragiscono con <strong>il</strong> magma<br />

residuo determ<strong>in</strong>ando una serie di forti<br />

esplosioni che chiudono l’eruzione. Il<br />

crollo del serbatoio è accompagnato da<br />

violenti terremoti.<br />

4° Fase (Post-eruzione): molteplici<br />

colate di fango (lahars) dovute alla<br />

rimob<strong>il</strong>izzazione dei prodotti non<br />

consolidati si verificano, per diversi anni,<br />

<strong>in</strong> occasione di piogge.<br />

EFFETTI MORFOLOGICI<br />

SUL VULCANO<br />

Creazione di una caldera sul lato est del<br />

vulcano <strong>in</strong> corrispondenza delle caldere già<br />

esistenti. Con le eruzioni successive<br />

com<strong>in</strong>cia a formarsi <strong>il</strong> Vesuvio.<br />

Fonti dei dati:<br />

Giacomelli L., Perrotta A., Scandone R., Scarpati C.,<br />

2003, The eruption of Vesuvius of 79 AD, and its<br />

impact on human environment, Episodes, 26 (3).<br />

Carey S.N., Sigurdsson H.,1987, Temporal variations <strong>in</strong><br />

column heigth and magma discharge rate dur<strong>in</strong>g the<br />

79 A.D. eruption of Vesuvius. Geol. Soc. Am. Bull., 99.<br />

SCHEDA 2<br />

Disastri naturali | Conoscere per prevenire 59<br />

Data 16-18 DICEMBRE 1631<br />

ERUZIONE SUBPLINIANA<br />

DEL VESUVIO<br />

V.E.I. (Indice di esplosività vulcanica) = 4<br />

GENERALITÀ<br />

● Massimo evento eruttivo <strong>della</strong> storia<br />

recente del vulcano (ultimi 1000 anni).<br />

● Periodo di quiescenza di almeno 131<br />

anni, ma non ancora ben def<strong>in</strong>ito (le<br />

eruzioni del 1306 e del 1500 sono<br />

<strong>in</strong>certe).<br />

● Fenomeni precursori (terremoti e<br />

deformazioni del suolo) avvertiti dalla<br />

popolazione a partire dalla settimana<br />

precedente l’eruzione.<br />

● Durata 48 ore, con fase più <strong>in</strong>tensa<br />

(pl<strong>in</strong>iana) a poche ore dall’<strong>in</strong>izio<br />

dell’eruzione.<br />

● Fase più distruttiva, durante la quale si<br />

generarono numerosi flussi piroclastici,<br />

circa 28 ore dopo l’<strong>in</strong>izio dell’attività.<br />

● 4.000 vittime ed <strong>in</strong>genti danni al<br />

territorio, specialmente nel settore<br />

meridionale del vulcano.<br />

● Terremoti ed uno tsunami<br />

accompagnano <strong>il</strong> collasso del cratere.<br />

CRONOLOGIA DELL’ERUZIONE<br />

-16 dicembre, ore 7:00 (fase pl<strong>in</strong>iana):<br />

<strong>in</strong>izio dell’eruzione con formazione di una<br />

colonna eruttiva e successiva caduta di<br />

blocchi e lap<strong>il</strong>li ad E e NE del vulcano<br />

(area blu <strong>in</strong> figura). Questa fase dura f<strong>in</strong>o<br />

alle 18:00 dello stesso giorno.<br />

-Notte tra <strong>il</strong> 16 ed <strong>il</strong> 17 dicembre<br />

(fase vulcaniana): serie di modeste<br />

esplosioni, accompagnate dalla caduta<br />

di ceneri e da forti manifestazioni<br />

temporalesche che causano l’<strong>in</strong>nesco di<br />

molte colate piroclastiche (lahars)<br />

Distribuzione dei depositi da caduta nella fase pl<strong>in</strong>iana (blu) e dei depositi da flusso piroclastico (rosso)<br />

dell’eruzione del 1631. Le frecce <strong>in</strong>dicano la distribuzione dei lahars. Fonte: INGV- Osservatorio Vesuviano<br />

Il Vesuvio prima e<br />

dopo l’eruzione del<br />

1631.<br />

Fonte: G. B. Alfano e I.<br />

Friedlaender, 1929.<br />

Die Geschichte des<br />

Vesuv: <strong>il</strong>lustriert nach<br />

gleichzeitigen<br />

Urkunden. Reimer,<br />

Berl<strong>in</strong>o.<br />

(frecce bianche <strong>in</strong> figura)<br />

-17 dicembre, ore 10:00 (fase delle nubi<br />

ardenti): diversi flussi piroclastici (area<br />

rossa <strong>in</strong> figura). devastano i paesi posti<br />

alla base del vulcano e raggiungono <strong>il</strong><br />

mare <strong>in</strong> corrispondenza di Torre del Greco<br />

e Torre Annunziata, sbarrando le vie di fuga<br />

alla popolazione costiera.<br />

-Notte tra <strong>il</strong> 16 e 17 e pomeriggio del 17<br />

dicembre: le <strong>in</strong>tense piogge causano<br />

l’<strong>in</strong>nesco di violenti ed estesi lahars, che<br />

scorrono lungo le valli sui fianchi del<br />

vulcano e nelle piane a N e NE.<br />

EFFETTI MORFOLOGICI<br />

SUL VULCANO<br />

Collasso del cratere con abbassamento<br />

del vulcano di 470m (misure effettuate da<br />

Gregorio Carafa immediatamente dopo<br />

l’eruzione).<br />

Fonti dei dati:<br />

http://www.ov.<strong>in</strong>gv.it.<br />

http://www.dst.un<strong>in</strong>a.it/vesuvio.<br />

http://vulcan.fis.uniroma3.it/GNV/campania/vesuvio.<br />

Santacroce R. (ed.), 1987, Somma-Vesuvius,<br />

Quaderni de “La ricerca scientifica”, 114, CNR.


Rischio vulcanico <strong>in</strong> Italia | Il Vesuvio<br />

Disastri naturali | Conoscere per prevenire 60 61<br />

Scheda 3 - Storia eruttiva dell’apparato Somma-Vesuvio<br />

CICLO ETÀ TIPO ERUZIONE NOME DELL’ERUZIONE - NOTE<br />

25.000 anni fa pl<strong>in</strong>iana Codola<br />

I 17.000 anni fa pl<strong>in</strong>iana Sarno-Pomici Basali<br />

(UniNa)<br />

18.300 (OV)<br />

prima eruzione pl<strong>in</strong>iana del Vesuvio di cui si riconoscano con certezza i prodotti, è<br />

probab<strong>il</strong>mente la più violenta tra le eruzioni vesuviane. Colonna eruttiva alta circa 20 km e una<br />

sequenza complessa di depositi da caduta, da flusso e da surge piroclastico. Il deposito da<br />

caduta pr<strong>in</strong>cipale è disperso verso est e conserva uno spessore di 6.5 m. ancora a 10 km di<br />

distanza dal vulcano. Prima fase di calderizzazione del Somma.<br />

18.000 - effusiva Ai depositi delle due eruzioni pl<strong>in</strong>iane si <strong>in</strong>tercalano lave prodotte da modeste eruzioni<br />

16.000 anni fa. effusive<br />

II 15.500 anni fa pl<strong>in</strong>iana Pomici Verdol<strong>in</strong>e<br />

(UniNa)<br />

16.000 (OV)<br />

III Non datata Pomice di Amendolara<br />

IV 7.900 anni fa pl<strong>in</strong>iana Mercato<br />

(UniNa)<br />

– 8.000 (OV)<br />

non datata Novelle<br />

seconda eruzione pl<strong>in</strong>iana di cui è possib<strong>il</strong>e riconoscere i prodotti. Segue a un periodo<br />

dom<strong>in</strong>ato da attività effusiva e ad una lunga fase di quiescenza. Tale eruzione ha generato un<br />

deposito costituito da un livello di pomici da caduta alla base, cui fa seguito una serie di livelli<br />

da flusso e da surge piroclastico.<br />

costituita alla base da due depositi di pomici da caduta, separati da un sott<strong>il</strong>e livello di surge<br />

piroclastico, stratificati nella parte alta e localmente <strong>in</strong>tercalati a depositi da flusso e da<br />

surge. Un terzo deposito di pomici da caduta term<strong>in</strong>a la successione. I depositi da caduta<br />

sono dispersi verso E-NE e conservano spessori di circa 50 cm f<strong>in</strong>o a oltre 30 km dal cratere<br />

del Vesuvio, mentre quelli da flusso e da surge non hanno raggiunto distanze considerevoli.<br />

Anche quest’eruzione fu accompagnata dalla formazione di una caldera sommitale.<br />

V 3.750 anni fa pl<strong>in</strong>iana Avell<strong>in</strong>o<br />

(UniNa) eruzione pl<strong>in</strong>iana, che si verificò probab<strong>il</strong>mente dopo un lungo periodo di stasi nell’attività<br />

– 3.800 (OV) del vulcano. É stata una delle più violente <strong>della</strong> storia eruttiva del Vesuvio. Ha generato<br />

spessi depositi di pomici da caduta (circa 50 cm nei pressi <strong>della</strong> città di Avell<strong>in</strong>o) e di depositi<br />

da flusso e surge piroclastico, dispersi f<strong>in</strong>o a oltre 15 km dal centro di emissione <strong>in</strong> direzione<br />

NW. Centro eruttivo localizzato <strong>in</strong> corrispondenza del Piano delle G<strong>in</strong>estre, <strong>in</strong> un’area posta<br />

circa 2 km ad ovest del cratere attuale.<br />

1000 a.C. subpl<strong>in</strong>iana<br />

700 a.C. subpl<strong>in</strong>iana<br />

VI 79 d.C. pl<strong>in</strong>iana Pompei (vedi scheda precedente).<br />

172 esplosiva Violenta attività stromboliana.<br />

203 esplosiva Eruzione esplosiva con una fase pl<strong>in</strong>iana.<br />

222-235 Attività stromboliana più o meno cont<strong>in</strong>ua.<br />

379-395 Attività fumarolica con una possib<strong>il</strong>e fase effusiva.<br />

472 subpl<strong>in</strong>iana Pollena<br />

5-6 Novembre cenere f<strong>in</strong>o a Costant<strong>in</strong>opoli. Flussi piroclastici tutto attorno al vulcano. Attualmente<br />

i depositi sono osservab<strong>il</strong>i a nord e a nordest del vulcano f<strong>in</strong>o a circa 30 km di distanza; ad<br />

Ottaviano raggiungono lo spessore di circa 2 metri e di oltre 15 metri nel territorio di Pollena<br />

Trocchia.<br />

512 Attività stromboliana più o meno cont<strong>in</strong>ua<br />

536 esplosiva Ceneri <strong>in</strong> Mesopotamia<br />

685 forte Forti terremoti, colonna pl<strong>in</strong>iana e relativo fallout, alcune fonti riportano colate<br />

Febbraio-Marzo laviche s<strong>in</strong>o al mare<br />

787 autunno grande Fontane di lava e colate laviche (o piroclastiche?) lunghe sei miglia.<br />

968 forte Colate di lava s<strong>in</strong>o al mare.<br />

SEGUE DALLA PAGINA PRECEDENTE<br />

Scheda 3 - Storia eruttiva dell’apparato Somma-Vesuvio<br />

CICLO ETÀ TIPO ERUZIONE NOME DELL’ERUZIONE - NOTE<br />

991 Terremoti ed esplosioni.<br />

999 . forte Fontane e colate di lava<br />

1006 o 1007 forte Eruzione esplosiva con lancio di bombe a 3 miglia dal cratere.<br />

1037 effusiva Colate di lava s<strong>in</strong>o al mare.<br />

1139 esplosiva Forte emissione di cenere e lap<strong>il</strong>li, la ricaduta <strong>in</strong>teressa per almeno 30 giorni Napoli, Capua,<br />

Salerno e Benevento.<br />

1150 Violenta attività stromboliana.<br />

1306 ? Forte eruzione effusiva con lave s<strong>in</strong>o al mare.<br />

1500 ? Attività fumarolica e forse esplosioni freatiche.<br />

1631 Subpl<strong>in</strong>iana Bocche alla base del Cono. Flussi <strong>in</strong> tutte le direzioni, specialmente a W e S. Il vulcano<br />

16-18 dicembre si abbassa di circa 480 m, si forma la caldera del Vesuvio. I lahars arrivano f<strong>in</strong>o al mare<br />

variando la l<strong>in</strong>ea di costa.<br />

1649-1650 Esplosiva<br />

1660 3 luglio Esplosiva Caduta di cenere verso NE.<br />

1680 26-30 marzo Esplosiva Fontane di lava.<br />

1682 Esplosiva Fontane di lava. Incendi. Caduta di piroclastiti su Torre del Greco e Ottaviano.<br />

1685 Esplosiva Fontane di lava. Il Cono cresce molto.<br />

1689 Esplosiva Lava all’<strong>in</strong>terno <strong>della</strong> caldera del Vesuvio. Il Cono cresce di 66 m.<br />

1694 Effusiva Lave ad W e SE (Torre del Greco, Ercolano, S. Giorgio a Cremano e Boscotrecase).<br />

Distruzioni. Tentativo di deviare la colata di lava. Per la prima volta dal 1631 le lave scorrono<br />

al di sotto dell’orlo <strong>della</strong> caldera verso le falde del vulcano.<br />

1697 16-27.2; Effusiva Lava a SE, WSW (Torre del Greco, Ercolano) e W. Riempimento del cratere<br />

18-26.9; 30.11.<br />

1698 10.5-1.6 Effusiva- Lava ad W e verso i Cappucc<strong>in</strong>i di Torre del Greco. La lava si ferma a mezz’ora di camm<strong>in</strong>o<br />

Esplosiva dal mare. Danni gravissimi alle coltivazioni, i maggiori dal 1631.<br />

Danni per caduta di cenere a Boscotrecase, Torre Annunziata, Ottaviano.<br />

1701 1-15 luglio Effusiva Lava a SE (Boscotrecase, Ottaviano).<br />

1707 28.7-13.8 Effusiva- Lava ad W e SE. Caduta abbondante di piroclasti a Torre del Greco, Striano, Scafati<br />

Esplosiva e Boscotrecase. Danni alle coltivazioni. Feriti.<br />

1714 6-16.1; Effusiva- Lave verso SW, SE (sulla colata del 1701), N e NE. Danni a Ottaviano, Somma V.,<br />

15-30.6 Esplosiva S. Anastasia, Torre Annunziata e Boscotrecase.<br />

1717 6-18.6; Effusiva Lava a SE (sopra la colata del 1714) e SW. Danni alle coltivazioni di viti a Trecase e <strong>in</strong>torno<br />

22.12 ai Camaldoli. Tre bocche attive sulla piattaforma craterica.<br />

1723 28.6-4.7 Effusiva- Lave verso E e SE. Danni alle coltivazioni per la caduta di lap<strong>il</strong>li a Ottaviano, Nola,<br />

Esplosiva Palma C., Sarno, Gragnano, Nocera e Castellamare. Piroclastiti f<strong>in</strong>o al Vallo di Diano.<br />

1725 gennaio Effusiva Le lave formano cupole nell’Atrio. Il Vesuvio cambia aspetto<br />

-luglio,settembre Effusiva<br />

1727-1728 Effusiva Si forma una cupola sul versante di Torre del Greco.<br />

marzo-maggio;<br />

29.7.1727-29.7.1728<br />

SEGUE ALLA PAGINA SUCCESSIVA SEGUE ALLA PAGINA SUCCESSIVA


62<br />

Rischio vulcanico <strong>in</strong> Italia | Il Vesuvio<br />

SEGUE DALLA PAGINA PRECEDENTE SEGUE DALLA PAGINA PRECEDENTE<br />

Scheda 3 - Storia eruttiva dell’apparato Somma-Vesuvio<br />

CICLO ETÀ TIPO ERUZIONE NOME DELL’ERUZIONE - NOTE<br />

1730 Effusiva Le fontane di lava <strong>in</strong>nalzano notevolmente la cima del vulcano e la rendono più acclive.<br />

febbraio-marzo<br />

1737 19.5-6.6 Effusiva- Lava ad W (verso Torre del Greco) e S (verso Boscotrecase). La lava <strong>in</strong>terrompe la strada regia.<br />

Esplosiva Un flusso di lava <strong>in</strong>vade Torre del Greco. Caduta di cenere e lahar.<br />

1751-52 Effusiva Bocche a S nell’Atrio dalla sutura del 1631. Lave verso Boscoreale, Boscotrecase, Torre<br />

25.10.1751 Annunziata e Ottaviano. Lave circa 10 volte più abbondanti del 1737.<br />

-25.2.1752 La lava del 25.10 verso SE percorre 4 miglia <strong>in</strong> 6 ore.<br />

1754-55 Effusiva Bocche a S nell’Atrio dalla sutura del 1631. Lave verso Bosco di Ottaviano, Boscoreale<br />

2.12.1754- e Boscotrecase (<strong>in</strong> parte sulle lave del 1737). Ingenti danni alle coltivazioni.<br />

17.3.1755<br />

1760-61 Effusiva- Bocche a circa 300 m s.l.m. <strong>in</strong> località Noto (Torre Annunziata). Lava verso S<br />

23.12.1760- Esplosiva (si ferma a meno di 300 m dal mare). Interruzione <strong>della</strong> strada regia. Crolli per terremoti.<br />

5.1.1761 Fratture del suolo f<strong>in</strong>o al mare.<br />

1767 Effusiva Colata di Lava a SW verso Ercolano e S. Giorgio a Cremano. Danni alle coltivazioni e agli edifici<br />

19-27 ottobre (anche per <strong>il</strong> tremore). Si forma un piccolo cratere.<br />

1771 1-11 maggio Effusiva Colata di lava verso NW (Ercolano). Danni a vari poderi di Ercolano.<br />

1773.1776 Effusiva Lave nel Canale dell’Arena (1774) e nel Fosso <strong>della</strong> Vetrana (1775-76).<br />

12.73-1.74; 8-12. Eruttati 20 m<strong>il</strong>ioni di m 3 di lave dal 1770 al 1776.<br />

74;12.75-4.76<br />

1779 Esplosiva Lave ad W. Enorme quantità di piroclastiti (lap<strong>il</strong>li e scorie) a NNE e nell’Atrio che nel Vallone<br />

8-15.08 <strong>della</strong> Vetrana viene sollevato di 75 m. Cenere e proietti su Ottaviano. Notevolissime fontane<br />

di lava che superano l’altezza di 4 km.<br />

1785 novembre Effusiva Lave a NW, una l<strong>in</strong>gua sorpassa <strong>il</strong> Fosso del Faraone, un’altra distrugge<br />

<strong>il</strong> Romitorio <strong>della</strong> Vetrana.<br />

1794 15-24.06 Effusiva- Bocche sul versante W tra 480 e 320 m s.l.m. Lava a SE, verso <strong>il</strong> Mauro di Ottaviano,<br />

Esplosiva e ad W, verso Torre del Greco, dove raggiunge <strong>il</strong> mare e vi si <strong>in</strong>oltra per oltre 100 m.<br />

1804 15.8-5.10; Effusiva Lava a SW attorno ai Camaldoli tra Torre del Greco e Torre Annunziata. Danni alle colture.<br />

22.11<br />

1805 13.02; Effusiva Lava a SW (sopra la colata del 1804) <strong>in</strong> direzione dell’Epitaffio (Torre del Greco).<br />

12.08 Effusiva Uno dei 5 rami raggiunge <strong>il</strong> mare <strong>in</strong> circa 4 ore (Torre Annunziata).<br />

1806 31.5-5.6 Effusiva Lava a SW (Camaldoli). Fontane di lava.<br />

1810 Effusiva Bocche alla sutura del 1631. Lave a W, SE verso Ercolano, Boscotrecase ed Ottaviano.<br />

11 settembre Danni ai campi coltivati.<br />

1812 1-4 gennaio Effusiva Lava ad W verso Torre del Greco.<br />

1813 Effusiva Lava a W, attraversa <strong>il</strong> Fosso Bianco <strong>in</strong> direzione di Torre del Greco.<br />

25-27 dicembre<br />

1817 Effusiva Lava a SE verso <strong>il</strong> Mauro di Ottaviano si ferma a poche dec<strong>in</strong>e di metri dalla strada<br />

22-26 dicembre Torre Annunziata-Ottaviano.<br />

1819-1820 1.12. Effusiva Lava da 6 bocche sul versante NW del Gran Cono. Nel gennaio 1820 nuova frattura ad W<br />

1819-31.5.1820 e lava verso <strong>il</strong> Colle del Salvatore.<br />

1822 Effusiva- Lave <strong>in</strong> tutte le direzioni nell’Atrio; colate più lunghe verso Boscotrecase ed Ercolano.<br />

21.10-11.11 Esplosiva Forti danni per i lahar e la caduta di lap<strong>il</strong>li e scorie. Piogge posteruttive.<br />

La più forte eruzione del secolo.<br />

1831-1832 Effusiva Terremoto <strong>il</strong> 14 agosto ed emissione <strong>in</strong>tracraterica. Lave a SE verso Bosco (20.8); a SSE<br />

14.8.1831 (20.9-f<strong>in</strong>e 1931); verso Torre del Greco (20.11), Ercolano (25.12), Boscotrecase e Piano<br />

-23.12.1832 delle G<strong>in</strong>estre (27.2), Ottaviano ed Eremo (23.7); verso W (8.8); verso Bosco (ottobre-15.11);<br />

verso Torre del Greco (16-23.12).<br />

SEGUE ALLA PAGINA SUCCESSIVA<br />

Disastri naturali | Conoscere per prevenire 63<br />

Scheda 3 - Storia eruttiva dell’apparato Somma-Vesuvio<br />

CICLO ETÀ TIPO ERUZIONE NOME DELL’ERUZIONE - NOTE<br />

1834 Effusiva- Lava a SE tra Boscoreale ed Ottaviano. Distrutto <strong>il</strong> borgo di Caposecchi e di S. Giovanni<br />

23.8-10.9 Esplosiva (800 persone senza tetto).<br />

1839 Effusiva- Formazione di un piccolo cratere profondo 285 m. Lave a SW (sopra le colate del 1767<br />

Esplosiva e del 1810) e SE verso Boscotrecase ed Ercolano. Boscotrecase e Castellammare coperti<br />

da uno strato di scorie. Danni per caduta di lap<strong>il</strong>li.<br />

1850 5.2-2.3 Effusiva- Lava a SE verso Boscoreale lunga circa 9 km. Danni alle colture a Torre Annunziata<br />

Esplosiva ed Ottaviano. Forte attività esplosiva. Il cratere si <strong>in</strong>nalza di diverse dec<strong>in</strong>e di metri.<br />

1855 1-28 maggio Effusiva Bocche sul versante N tra 898 e 1068 m s.l.m. Colata a NW verso S. Sebastiano, Massa<br />

e le Novelle di S. Vito. Distruzione di case e danni alle colture.<br />

1858-1861 Effusiva Bocche nell’Atrio. Apertura di 6 fenditure tra la base del Gran Cono e l’Atrio.<br />

27.5.1858- La lava emessa dalla IV fenditura riempie <strong>il</strong> Fosso Grande e scende f<strong>in</strong> quasi a S. Vito<br />

10.4.1861 (Ercolano). Ingrottamento delle lave nel Piano delle G<strong>in</strong>estre.<br />

1861 Effusiva- Bocche nel rione Montedoro tra 300 e 218 m s.l.m., poco più a valle di quelle del 1794.<br />

8-10 dicembre Esplosiva Lava ad W a monte di Torre del Greco, dove si r<strong>il</strong>evano distruzioni e crolli (rione Capotorre).<br />

Sollevamento del suolo prima dell’eruzione.<br />

1867-1868 Effusiva Lave nell’Atrio ad E e W presso Crocelle e presso le bocche del 1794.<br />

13.11.1867-<br />

15.1.1868<br />

1868 Effusiva Lava a NW attraverso <strong>il</strong> Fosso del Faraone verso Novelle di S. Vito e Cercola.<br />

15-30 novembre Gravi danni alle colture.<br />

1871 13.1-5.11 Effusiva Lave fluide e veloci nell’Atrio <strong>della</strong> Vetrana f<strong>in</strong>o ai Canteroni <strong>in</strong> corrispondenza dell’Osservatorio<br />

Vesuviano. Il 13 gennaio si forma un conetto sul bordo N del cratere che rimane attivo f<strong>in</strong>o<br />

all’eruzione dell’apr<strong>il</strong>e 1872.<br />

1872 24.4-2.5 Effusiva Lava verso NW. Una colata attraversa l’Atrio, supera <strong>il</strong> Fosso del Faraone e discende verso<br />

-Esplosiva Cercola, <strong>in</strong>vade S. Sebastiano e Massa di Somma. Danni <strong>in</strong>genti, 9 morti. Si forma un cratere<br />

di 250 m di diametro. Forte eruzione.<br />

1881-1884 Effusiva Dosso di lava sul fianco SE del Gran Cono.<br />

12.1881-3.1884<br />

1891-1894 Effusiva Frattura a N del Gran Cono. Bocche tra 825 e 850 m s.l.m. (sutura del 1631).<br />

7.6.1891-3.2.1894 Le lave a N nell’Atrio formano <strong>il</strong> Colle Margherita, una cupola alta 135 m.<br />

1895-1899 Effusiva Frattura a NW del Gran Cono. Bocche <strong>in</strong>torno ai 750 m s.l.m. (sutura del 1631).<br />

3.7.1895-7.9.1899 Le lave a NW nell’Atrio formano <strong>il</strong> Colle Umberto, una cupola alta 160 m.<br />

1903-1904 Effusiva Le lave a E nella Valle dell’Inferno formano una cupola alta 50 m che contribuisce<br />

27.8.1895-10.1899 notevolmente a sollevare <strong>il</strong> livello dell’Atrio.<br />

1906 Effusiva- Bocche sulla base S del Gran Cono (sutura del 1631) come le eruzioni del 1751-52<br />

4-22 apr<strong>il</strong>e Esplosiva e 1754-55. Lave a S, asse di dispersione dei piroclasti verso ENE. Danni a Torre Annunziata.<br />

Boscotrecase <strong>in</strong>vasa. Distruzioni ad Ottaviano e S. Giuseppe Vesuviano (cadute di solai).<br />

227 morti (11 a Napoli per <strong>il</strong> crollo del mercato di Monteoliveto). Danni alle colture.<br />

Il vulcano si abbassa notevolmente lasciando un grande cratere, che si riempie completamente<br />

durante l’attività stromboliana del luglio 1913. La più forte eruzione del secolo.<br />

1929 4-10 giugno Effusiva Lave ad E verso Terzigno (Pagani e Campitelli) e, più a S, attraverso <strong>il</strong> burrone <strong>della</strong> Cupaccia,<br />

verso le lave del Mauro (1751 e 1754) e dei Caposecchi (1834). Distruzione di case e campi<br />

coltivati. Notevoli fontane di lava. Crollo del conetto.<br />

Dal 1930 al 1944 Effusiva Attività pressoché cont<strong>in</strong>ua con emissioni lente. Lave nell’Atrio.<br />

1944 4-22 apr<strong>il</strong>e Effusiva- Lave a NW. Attraverso <strong>il</strong> Fosso del Faraone verso S. Sebastiano, Massa e Cercola si ferma a<br />

Esplosiva 120 m s.l.m. S. Sebastiano e Massa distrutte. 45 morti per crollo dei solai (Nocera, Pagani e<br />

Terzigno) e 2 per le mofete (Ercolano). Si forma l’attuale cratere di forma ellittica (580x480 m)<br />

Fonti dei dati: http://www.ov.<strong>in</strong>gv.it. http://www.dst.un<strong>in</strong>a.it.vesuvio. Pr<strong>in</strong>cipe C., Tanguy J.C., Arrighi S., Paiotti A., Le Goff M., Zoppi U., 2004,<br />

Chronology of Vesuvius’ activity from A.D. 79 to 1631 based on archeomagnetism of lavas and historical sources. Bull. Volcanology, 66


64<br />

Rischio vulcanico <strong>in</strong> Italia |Il Vesuvio<br />

Pericolosità vulcanica e rischio associato<br />

La storia eruttiva precedentemente esposta dimostra <strong>in</strong>equivocab<strong>il</strong>mente<br />

che <strong>il</strong> Vesuvio è un vulcano ad elevatissima pericolosità, <strong>in</strong> grado di<br />

generare eruzioni totalmente distruttive per le aree circostanti l’edificio. A<br />

causa <strong>della</strong> forte concentrazione urbana, aumentata a dismisura negli ultimi<br />

decenni, l’area vesuviana presenta uno dei più elevati gradi di rischio<br />

dell’<strong>in</strong>tero pianeta e, allo stato attuale, una ripresa dell’attività, anche con<br />

eruzioni di moderata potenza, se non preceduta da azioni volte a mitigare<br />

<strong>il</strong> rischio ed educare la popolazione, potrebbe generare effetti disastrosi.<br />

Nel caso di un’eruzione stromboliana o vulcaniana (tipo 1944), potrebbero<br />

essere <strong>in</strong>teressate da colate di lava gli abitati di Torre del Greco, San<br />

Sebastiano, Boscotrecase, Terzigno; mentre quelli posti nel settore settentrionale<br />

dell’edificio sarebbero protetti dal r<strong>il</strong>ievo del M. Somma. Le aree<br />

<strong>in</strong>teressate potrebbero però essere evacuate <strong>in</strong> tempi ragionevoli mentre <strong>il</strong><br />

Disastri naturali | Conoscere per prevenire 65<br />

carico delle ceneri da ricaduta, se non rimosso <strong>in</strong> tempo, potrebbe determ<strong>in</strong>are<br />

<strong>il</strong> crollo dei solai con conseguenti vittime.<br />

Nel caso di eruzioni subpl<strong>in</strong>iane (tipo 1631) o ancor peggio pl<strong>in</strong>iane (tipo<br />

79), l’<strong>in</strong>tero areale vesuviano è da considerare ad elevato rischio. In questo<br />

caso <strong>il</strong> pericolo maggiore deriva dalle correnti piroclastiche (flussi e surges)<br />

che potrebbero velocemente raggiungere le popolatissime aree costiere, la<br />

zona orientale <strong>della</strong> città di Napoli ed anche <strong>il</strong> settore settentrionale dell’edificio<br />

con effetti distruttivi. La previsione dei loro percorsi, che potrebbero<br />

essere differenti da quelli del passato a causa delle variazioni morfologiche<br />

del vulcano, è estremamente diffic<strong>il</strong>e.<br />

La ricaduta di ceneri <strong>in</strong>teresserebbe, <strong>in</strong> dipendenza dai venti dom<strong>in</strong>anti,<br />

un areale estremamente vasto con probab<strong>il</strong>i collassi dei tetti delle abitazioni.<br />

L’ampia diffusione delle ceneri genererebbe un’alta probab<strong>il</strong>ita di lahars<br />

sui versanti del vulcano e sui versanti dei r<strong>il</strong>ievi circostanti.<br />

Figura 3.10<br />

Immag<strong>in</strong>e tridimensionale<br />

dell’area vesuviana.<br />

Fonte: INGV-Osservatorio<br />

Vesuviano, Laboratorio di<br />

Geomatica e Cartografia


66<br />

Figura 3.12 – Carta<br />

geologica schematica dei<br />

campi Flegrei.<br />

Fonte:<br />

INGV Osservatorio<br />

Vesuviano.<br />

Rischio vulcanico <strong>in</strong> Italia | I Campi Flegrei<br />

LEGENDA<br />

Sedimenti di piana<br />

attivi e recenti<br />

Vulcaniti di età <strong>in</strong>feriore a 15 ka a)<br />

depositi prossimali da flusso e surge<br />

b) depositi distali, da caduta<br />

Tufo Giallo Napoletano (15 ka)<br />

Vulcaniti eruttate tra 39 e 15 ka<br />

Ignimbrite Campana (39 ka)<br />

Vulcaniti più antiche di 39 ka<br />

3.4. I Campi Flegrei<br />

Il distretto vulcanico Flegreo è costituito dai Campi Flegrei e dalle isole<br />

vulcaniche di Procida e Ischia. La sua orig<strong>in</strong>e è connessa agli eventi tettonici<br />

distensivi, legati all’apertura del bac<strong>in</strong>o Tirrenico, che hanno determ<strong>in</strong>ato<br />

la formazione <strong>della</strong> Piana Campana e generato le condizioni favorevoli<br />

alla risalita dei magmi alcal<strong>in</strong>o-potassici che hanno alimentato l’attività<br />

eruttiva del distretto.<br />

I Campi Flegrei (Figura 3.12) sono un grande campo vulcanico <strong>in</strong> cui sono<br />

stati attivi, negli ultimi 39.000 anni, più di 70 centri eruttivi. L’attuale assetto<br />

morfologico è <strong>il</strong> risultato di due collassi calderici (Figura 3.13) di vaste proporzioni<br />

legati alle eruzioni dell’Ignimbrite Campana (39.000 anni fa) e del<br />

Tufo Giallo Napoletano (15.000 anni fa).<br />

La prima caldera, più estesa, comprende i Campi Flegrei, la parte meridionale<br />

<strong>della</strong> città di Napoli, la parte settentrionale <strong>della</strong> baia di Napoli e la<br />

baia di Pozzuoli. La seconda, formatasi all’<strong>in</strong>terno di quella dell’Ignimbrite<br />

Campana, comprende i Campi Flegrei e la baia di Pozzuoli, ed è caratterizzata<br />

da una risorgenza tuttora attiva.<br />

Nel periodo compreso tra le due catastrofiche eruzioni, si verificarono almeno<br />

altre 11 eruzioni esplosive localizzate ai bordi <strong>della</strong> caldera dell’Ignimbrite<br />

Campana e di cui è ancora possib<strong>il</strong>e riconoscere i depositi.<br />

Eventuali centri eruttivi presenti all’<strong>in</strong>terno dell’area <strong>in</strong>teressata dalla successiva<br />

caldera del Tufo Giallo potrebbero essere stati completamente distrutti.<br />

L’eruzione del Tufo Giallo Napoletano fu seguita da tre epoche di <strong>in</strong>tensa<br />

attività vulcanica, concentrata all’<strong>in</strong>terno o ai bordi <strong>della</strong> caldera del<br />

Tufo Giallo, separate da prolungati periodi di quiescenza (Figura 3.14).<br />

L’ultima eruzione risale al 1538 (eruzione e formazione del Monte<br />

Nuovo).Tale fenomeno eruttivo <strong>in</strong> tempi vulcanologicamente recenti, associato<br />

all’attività fumarolica <strong>della</strong> Solfatara, ad una pronunciata anomalia<br />

termica nel sottosuolo, ad un elevato livello di sismicità ed a fenomeni bradisimici,<br />

testimonia <strong>in</strong>equivocab<strong>il</strong>mente che l’attività vulcanica dei Campi<br />

Faglie<br />

Caldera dell’Ignimbrite Campana<br />

Caldera del Tufo Giallo Napoletano<br />

Disastri naturali | Conoscere per prevenire 67<br />

Figura 3.13<br />

Carta strutturale<br />

schematica dei<br />

Campi Flegrei.<br />

Fonte:<br />

Ridisegnato e<br />

modificato da<br />

Santacroce et al.<br />

(2003).<br />

Flegrei sta attraversando un periodo di quiescenza.<br />

Di seguito sono riportate due schede relative al massimo evento eruttivo<br />

verificatosi nell’area flegrea (Ignimbrite Campana) ed all’evento massimo<br />

atteso nel caso di una ripresa dell’attività eruttiva all’<strong>in</strong>terno del distretto<br />

vulcanico dei Campi Flegrei.<br />

Immag<strong>in</strong>e<br />

tridimensionale<br />

dell’area flegrea.<br />

Fonte: INGV-<br />

Osservatorio<br />

Vesuviano,<br />

Laboratorio di<br />

Geomatica e<br />

Cartografia.


68<br />

Rischio vulcanico <strong>in</strong> Italia | I Campi Flegrei<br />

Figura 3.14 Ricostruzione<br />

<strong>della</strong> storia eruttiva dei<br />

campi Flegrei.<br />

Fonte: INGV-Osservatorio<br />

Vesuviano.<br />

SCHEDA 4<br />

Disastri naturali | Conoscere per prevenire 69<br />

Data 39.000 ANNI FA<br />

IGNIMBRITE CAMPANA<br />

V.E.I. (Indice di esplosività vulcanica) =6-7<br />

GENERALITÀ<br />

● Massimo evento eruttivo degli ultimi<br />

200.000 anni nell’area mediterranea.<br />

● Camera magmatica con diametro di<br />

almeno 16 km, localizzata 4 km sotto<br />

<strong>il</strong> livello del mare.<br />

● Circa 200 km 3<br />

di materiale emesso e<br />

colonna eruttiva non <strong>in</strong>feriore a 44 km.<br />

● Depositi distribuiti su un’area di circa<br />

30.000 km 2<br />

con spessori s<strong>in</strong>o a 100 m.<br />

● Creazione di una caldera ampia circa<br />

230 km 2<br />

.<br />

● Effetti ambientali sicuramente<br />

devastanti, enormi volumi di cenere <strong>in</strong><br />

atmosfera e sconvolgimenti climatici a<br />

scala globale; secondo alcuni autori<br />

possib<strong>il</strong>e connessione con la<br />

transizione culturale tra Paleolitico<br />

medio e superiore e con la scomparsa<br />

dell’Homo neanderthalensis.<br />

Distribuzione e spessore<br />

dei depositi dell’Ignimbrite campana.<br />

Fonte: Ridisegnato da Rolandi et alii, 2003<br />

Fonti dei dati:<br />

Rolandi G., Bellucci F., Heizler M.T., Belk<strong>in</strong> H.E. & De<br />

Vivo B., 2003. Tectonic controls of ignimbrites from<br />

the Campanian Volcanic Zone, southern Italy.<br />

M<strong>in</strong>eralogy and Petrology, 79: 3-31.<br />

Pappalardo L., Civetta L., de Vita S., Di Vito M., Orsi<br />

G., Carandente A., Fisher R.V., 2002, Tim<strong>in</strong>g of<br />

magma extraction dur<strong>in</strong>g the Campanian Ignimbrite<br />

eruption (Campi Flegrei caldera). J. Volcanol.<br />

Geotherm. Res., 114.<br />

RICOSTRUZIONE DELL’ERUZIONE<br />

(semplificato da Pappalardo et alii, 2002 e sito OV)<br />

L’eruzione <strong>in</strong>izia probab<strong>il</strong>mente con una prima fase esplosiva freatomagmatica che<br />

determ<strong>in</strong>a l’apertura del condotto (A), a cui segue una fase esplosiva pl<strong>in</strong>iana con<br />

formazione di una enorme colonna eruttiva sostenuta alta s<strong>in</strong>o a 44 km (B).<br />

La dim<strong>in</strong>uzione del tasso eruttivo e la comparsa di fratture (C) determ<strong>in</strong>ano una<br />

colonna pulsante ed <strong>in</strong>stab<strong>il</strong>e; <strong>in</strong>izia la formazione <strong>della</strong> caldera e collassa la<br />

colonna con genesi di flussi piroclastici che raggiungono Roccamonf<strong>in</strong>a a nord e<br />

la Penisola Sorrent<strong>in</strong>a a sud (D).<br />

L’eruzione raggiunge la fase parossistica. La caldera collassa def<strong>in</strong>itivamente, si<br />

attivano numerosi condotti eruttivi tramite i quali viene svuotato quasi<br />

totalmente <strong>il</strong> serbatoio magmatico. Genesi di numerosi, giganteschi flussi<br />

piroclastici che si espandono su tutta la piana campana, superando barriere<br />

morfologiche alte oltre 1000 m (E).<br />

Nelle fasi f<strong>in</strong>ali dell’eruzione <strong>il</strong> magma residuo alimenta flussi piroclastici di<br />

modesto volume che raggiungono solo zone limitrofe all’area calderica (F).


70<br />

SCHEDA 5<br />

data CIRCA 4.100 ANNI FA<br />

nome AGNANO – MONTE SPINA<br />

V.E.I. (Indice di esplosività vulcanica) = 4-5<br />

GENERALITÀ<br />

● Massimo evento eruttivo degli ultimi<br />

5.000 anni nell’area Flegrea.<br />

● Circa 1,2 km 3 di materiale emesso.<br />

● Depositi distribuiti su di un’area di<br />

circa 1.000 km 2 con spessori di almeno<br />

10 cm (attualmente abitata da<br />

2.000.000 di persone).<br />

● Attività esplosiva magmatica e freatomagmatica.<br />

● 200 km 2 <strong>in</strong>vestiti dai flussi piroclastici<br />

(attualmente 600.000 abitanti).<br />

Rischio vulcanico <strong>in</strong> Italia | I Campi Flegrei<br />

RICOSTRUZIONE<br />

DELL’ERUZIONE<br />

(sulla base di dati stratigraficosedimentologici)<br />

Prima fase:<br />

forti esplosioni magmatiche determ<strong>in</strong>ano<br />

l’apertura del condotto e la formazione di<br />

una colonna sostenuta alta almeno 4<br />

km. Esplosioni freato-magmatiche<br />

associate al collasso <strong>della</strong> colonna<br />

generano flussi piroclastici.<br />

Seconda fase:<br />

una nuova forte esplosione magmatica<br />

genera una colonna pulsante che si<br />

<strong>in</strong>nalza s<strong>in</strong>o a 23 km. Nuovi flussi<br />

piroclastici. Un parziale collasso calderico<br />

e la creazione di fratture producono<br />

nuovi centri eruttivi esplosivi con flussi e<br />

surge piroclastici.<br />

L’attività eruttiva entra <strong>in</strong> una fase di<br />

stasi che permette la deposizione delle<br />

ceneri atmosferiche.<br />

Terza fase:<br />

ripresa dell’attività con esplosioni freatomagmatiche<br />

e surge piroclastici, cui<br />

seguono esplosioni magmatiche con<br />

creazione di una colonna di 27 km. I<br />

centri eruttivi sono localizzati all’<strong>in</strong>terno<br />

<strong>della</strong> piana di Agnano. Collasso calderico<br />

delimitato dalle faglie che bordano la<br />

piana, nuovi centri di emissione e flussi<br />

piroclastici che superano i bordi calderici<br />

sconf<strong>in</strong>ando per almeno 15 km nella<br />

piana campana.<br />

Quarta fase: attività sim<strong>il</strong>e alla fase<br />

precedente; esplosioni <strong>in</strong>izialmente<br />

freato-magmatiche e successivamente<br />

magmatiche, colonna pulsante e poi<br />

collassata con flussi piroclastici, i centri<br />

eruttivi migrano verso <strong>il</strong> settore<br />

settentrionale <strong>della</strong> piana.<br />

Qu<strong>in</strong>ta fase: una serie di esplosioni<br />

freato-magmatiche di moderata potenza<br />

segna la f<strong>in</strong>e dell’attività eruttiva.<br />

Fonti dei dati:<br />

De Vita S, Orsi G, Civetta L, Carandente A,<br />

D’Antonio M, De<strong>in</strong>o A, di Cesare T, Di Vito M A,<br />

Fisher R V, Isaia R, Marotta E, Necco A, Ort M,<br />

Pappalardo L, Piochi M, Southon J, 1999. The<br />

Agnano-Monte Sp<strong>in</strong>a eruptions (4100 years<br />

BP) <strong>in</strong> the restless Campi Flegrei caldera<br />

(Italy). J Volc Geotherm Res, 91: 269-301.<br />

http://www.ov.<strong>in</strong>gv.it.<br />

Distribuzione dei<br />

prodotti dell’eruzione<br />

di Agnano-Monte<br />

Sp<strong>in</strong>a. L’area gialla<br />

rappresenta la<br />

distribuzione dei<br />

depositi da correnti<br />

piroclastiche. Le curve<br />

rappresentano le<br />

isopache cumulative<br />

dei depositi da<br />

caduta.<br />

Fonte: INGV -<br />

Osservatorio<br />

Vesuviano<br />

Disastri naturali | Conoscere per prevenire 71<br />

Pericolosità vulcanica e rischio associato<br />

I Campi Flegrei rappresentano un complesso vulcanico <strong>in</strong> cui si sono manifestate<br />

eruzioni catastrofiche come quelle di 39.000 anni fa (Ignimbrite Campana,<br />

eruzione esplosiva con 300 km cubi di prodotti vulcanici deposti con<br />

spessori f<strong>in</strong>o a 100 m su un’area di circa 30.000 km quadrati; si è stimato che<br />

buona parte dell’Europa sia stata ricoperta da uno strato di circa 1 cm di cenere)<br />

e di 15.000 anni fa (Tufo Giallo Napoletano, eruzione sim<strong>il</strong>e alla precedente con<br />

m<strong>in</strong>or volume di prodotti emessi). Nella comunità scientifica esiste una quasi<br />

totale unanimità nel considerare eventi di questo tipo estremamente improbab<strong>il</strong>i<br />

a breve e medio term<strong>in</strong>e.<br />

Probab<strong>il</strong>ità più elevate di accadimento hanno eruzioni tipo quella di<br />

Agnano-Monte Sp<strong>in</strong>a o quella del 1538, che ha portato alla formazione del<br />

Monte Nuovo (un conetto vulcanico di 123 metri vic<strong>in</strong>o al lago craterico<br />

Averno), preceduta da una crisi sismica e bradisismica. Le crisi bradisismiche<br />

più recenti si sono avute nel 1970-72 e nel 1982-84.<br />

Tali crisi rappresentano un ottimo esempio delle difficoltà delle previsioni. Il<br />

manifestarsi di classici fenomeni precursori (cambiamento nel chimismo delle<br />

fumarole, accentuato sollevamento del suolo a Pozzuoli, <strong>in</strong>tensa attività sismica<br />

superficiale) poteva essere s<strong>in</strong>tomatico di una eruzione a breve term<strong>in</strong>e (come<br />

ad esempio prima dell’eruzione del P<strong>in</strong>atubo), che <strong>in</strong>vece non si verificò. Oltre<br />

che dal punto di vista vulcanologico, la crisi bradisismica del 1982-84 è importante<br />

anche per la valutazione del comportamento di una popolazione impreparata<br />

all’eventualità di una eruzione vulcanica. Voci <strong>in</strong>controllate, alimentate<br />

anche dai mezzi d’<strong>in</strong>formazione, determ<strong>in</strong>arono una generale situazione di<br />

panico che produsse diverse vittime per <strong>in</strong>farto e disord<strong>in</strong>i sociali. Oltre a ciò<br />

l’evacuazione di circa 40.000 persone dal Rione <strong>Terra</strong> e la loro r<strong>il</strong>ocalizzazione<br />

<strong>in</strong> aree ad uguale pericolosità vulcanica non dim<strong>in</strong>uirono <strong>il</strong> rischio.<br />

Analogamente al Vesuvio, anche per l’area flegrea esiste un nuovo Piano di<br />

emergenza, così come è prefigurato nel documento presentato nel 1995, aggiornato<br />

nel 2001 ed attualmente <strong>in</strong> fase di revisione. Il vecchio piano, redatto<br />

nel 1983, prevedeva due scenari eruttivi di gravità crescente (un’eruzione tipo<br />

quella del Monte Nuovo nel 1538, un’eruzione tipo quella di Agnano Monte<br />

Sp<strong>in</strong>a del 4000 a.C.); questo nuovo piano, legato a quello relativo al Vesuvio, <strong>in</strong>vece,<br />

si basa su uno scenario eruttivo catastrofico, prevedendo per gli abitanti<br />

<strong>della</strong> maggior parte <strong>della</strong> zona rossa l’allontanamento preventivo dall’area, con<br />

dest<strong>in</strong>azione al di fuori <strong>della</strong> Campania, nell’ipotesi che si verifich<strong>in</strong>o danni tali<br />

da non permettere alla popolazione co<strong>in</strong>volta di far ritorno entro breve tempo.<br />

Una strategia differenziata, con soluzioni all’<strong>in</strong>terno <strong>della</strong> regione, verrebbe <strong>in</strong>vece<br />

adottata per la porzione di zona rossa che potrebbe essere <strong>in</strong>teressata dal<br />

fenomeno del bradisismo.<br />

3.5. Ischia<br />

Il campo vulcanico dell’Isola d’Ischia (Figura 3.15) rappresenta la porzione<br />

sommitale di un apparato vulcanico che si erge per circa 900 metri dal fondo<br />

del mare, localizzato all’<strong>in</strong>tersezione di sistemi di faglie NE-SW e SE-NW.<br />

L’<strong>in</strong>izio dell’attività vulcanica non è conosciuto con precisione, ma le più antiche<br />

rocce affioranti testimoniano l’esistenza di un antico e complesso apparato<br />

vulcanico, su cui si sovrappongono i prodotti di una serie di eruzioni sia<br />

effusive, con creazione di duomi lavici e subord<strong>in</strong>ate colate, sia esplosivomagmatiche<br />

e freato-magmatiche, avvenute tra 150.000 e 74.000 anni fa.<br />

Il periodo successivo è ancora oggetto di studio e discussione, ma sembra<br />

plausib<strong>il</strong>e, anche se alcuni autori riportano una prolungata fase di quiescenza<br />

durata più di 20.000 anni 2 , che sia stato caratterizzato da una serie di eruzioni<br />

esplosive, culm<strong>in</strong>ate con la grande eruzione esplosiva del Tufo Verde (55.000<br />

2 Santacroce R., Cristofol<strong>in</strong>i R., La<br />

Volpe L., Orsi G., Rosi M., Italian<br />

active volcanoes, Episodes, 26/2003.


72<br />

Figura 3.15<br />

Carta geologico-strutturale<br />

del sistema vulcanico<br />

dell’isola d’Ischia.<br />

Fonte:<br />

INGV Osservatorio<br />

Vesuviano.<br />

Figura 3.16<br />

Modello Digitale del Terreno<br />

(DEM) dell’Isola d’Ischia.<br />

I centri eruttivi più recenti sono<br />

localizzati nel settore orientale<br />

dell’isola.<br />

Fonte:<br />

INGV Osservatorio<br />

Vesuviano.<br />

Rischio vulcanico <strong>in</strong> Italia | Ischia<br />

anni fa) che determ<strong>in</strong>ò <strong>il</strong> collasso<br />

calderico del M. Epomeo. La caldera<br />

sarà <strong>in</strong> seguito <strong>in</strong>teressata da<br />

una risorgenza che, nell’arco di<br />

30.000 anni, determ<strong>in</strong>erà un sollevamento<br />

di circa 900 m del M.<br />

Epomeo.<br />

Dopo l’eruzione del Tufo Verde, la<br />

storia vulcanologica dell’isola può<br />

essere suddivisa sulla base dei dati<br />

stratigrafici e delle variazioni composizionali<br />

dei magmi eruttati, <strong>in</strong><br />

tre periodi d’attività (1°: 55-33.000<br />

anni fa; 2°: 28-18.000 anni fa; 3°:<br />

da 10.000 anni fa al 1302 d.C.), separati<br />

da lunghi periodi di quiescenza,<br />

schematizzati <strong>in</strong> Figura<br />

3.17; l’ultima eruzione risale al<br />

1302.<br />

Negli ultimi 5.500 anni nell’isola<br />

sono state registrate almeno 35<br />

eruzioni effusive ed esplosive, localizzate<br />

nella parte orientale dell’isola,<br />

che hanno orig<strong>in</strong>ato duomi lavici, coni di scorie, anelli di tufo, e prodotto<br />

sia colate laviche sia depositi legati a flussi piroclastici e a ricadute di<br />

tefra. Nel febbraio 1302 un’eruzione da un cratere apertosi <strong>in</strong> zona Fiaiano<br />

produsse emissione di lava per circa due mesi orig<strong>in</strong>ando una colata (Colata<br />

dell’Arso) che raggiunse <strong>il</strong> mare <strong>in</strong> prossimità dell’attuale porto, distruggendo<br />

l’antico centro urbano. Il fenomeno di risorgenza del blocco<br />

dell’Epomeo è tuttora <strong>in</strong> corso e ad esso sono associati sia terremoti sia l’<strong>in</strong>stab<strong>il</strong>ità<br />

dei versanti che hanno ripetutamente generato movimenti franosi.<br />

I più disastrosi terremoti verificatisi <strong>in</strong> tempi recenti sono quelli del 1881<br />

Disastri naturali | Conoscere per prevenire 73<br />

(129 morti e 2315 senzatetto) e del 1883 (2313 morti, di cui 1784 a Casamicciola,<br />

e 9500 senzatetto). Gli ipocentri superficiali e la limitata area colpita<br />

fanno supporre una stretta relazione con <strong>il</strong> sollevamento del monte<br />

Epomeo, probab<strong>il</strong>mente <strong>in</strong> connessione con i movimenti <strong>della</strong> camera<br />

magmatica.<br />

L’<strong>in</strong>tensa attività idrotermale, i fenomeni fumarolici, i bradisismi, i recenti<br />

terremoti e la storia eruttiva <strong>in</strong>dicano che l’Isola d’Ischia è da considerarsi<br />

un vulcano attivo a tutti gli effetti. La mancanza di un apparato centrale<br />

rende complicata l’<strong>in</strong>dividuazione di futuri centri eruttivi che dovrebbero<br />

comunque essere, con tutta probab<strong>il</strong>ità, localizzati nelle aree <strong>in</strong>teressate<br />

dalle eruzioni più recenti (settore orientale).<br />

Sull’isola vivono stab<strong>il</strong>mente circa 50.000 persone (a cui vanno aggiunte<br />

le numerose presenze turistiche pendolari e stagionali che nel periodo<br />

estivo moltiplicano gli abitanti) che, <strong>in</strong> caso di violenta ripresa dell’attività,<br />

potrebbero essere evacuate esclusivamente via mare.<br />

Al momento attuale non è stato ancora redatto un piano d’emergenza<br />

analogo a quello di Vesuvio e Campi Flegrei che contempli scenari di rischio<br />

elaborati sulla base di un determ<strong>in</strong>ato evento eruttivo.<br />

Figura 3.17<br />

Cronogrammi dell’attività<br />

vulcanica ad Ischia.<br />

Fonte:<br />

INGV-Osservatorio<br />

Vesuviano.


74<br />

Figura 3.18 b<br />

dettaglio<br />

del porto d’Ischia.<br />

Fonte:<br />

INGV-Osservatorio<br />

Vesuviano.<br />

Figura 3.18 a<br />

Immag<strong>in</strong>e di parte del<br />

settore orientale<br />

dell’isola d’Ischia. Si noti<br />

l’elevata urbanizzazione<br />

che <strong>in</strong>teressa anche la<br />

colata dell’Arso ed <strong>il</strong><br />

maar di Porto d’Ischia<br />

orig<strong>in</strong>ato dall’eruzione<br />

del 466 a.C..<br />

Fonte:<br />

http://www.googleearth.com.<br />

Rischio vulcanico <strong>in</strong> Italia | Il Piano Vesuvio<br />

3.6. Il Piano Vesuvio<br />

Il territorio italiano è caratterizzato<br />

dalla presenza di diversi apparati<br />

vulcanici attivi, i più pericolosi dei<br />

quali risultano quelli attualmente <strong>in</strong><br />

fase di quiescenza. Una lunga stasi<br />

nell’attività, quando non accompagnata<br />

da una corretta percezione del<br />

pericolo, determ<strong>in</strong>a una caduta di<br />

attenzione, favorisce lo sv<strong>il</strong>uppo<br />

dell’urbanizzazione (spesso con<br />

ed<strong>il</strong>izia abusiva) ed espone al rischio<br />

un numero sempre crescente di persone.<br />

In queste condizioni, anche eventi moderatamente potenti sono <strong>in</strong><br />

grado di arrecare danni <strong>in</strong>gentissimi.<br />

Il caso di Napoli e del suo h<strong>in</strong>terland, esposti al sistema <strong>formato</strong> dal Vesuvio<br />

e dai Campi Flegrei, rappresenta, <strong>in</strong> tal senso, un esempio unico al mondo. Si<br />

tenga presente che 3.000.000 di persone vivono nel raggio di 30 km dal Vesuvio<br />

con una densità che raggiunge (Portici) i 15.000 abitanti per km quadrato.<br />

Nel caso del Vesuvio, sulla base di valutazioni <strong>della</strong> storia eruttiva del vulcano,<br />

è stato def<strong>in</strong>ito un Piano di emergenza (1995, rivisto nel 2001, attualmente<br />

<strong>in</strong> fase di aggiornamento), dimensionato per un’eruzione subpl<strong>in</strong>iana,<br />

analoga a quella avvenuta nel 1631 (con colonna eruttiva alta diversi km,<br />

bombe vulcaniche, ceneri e lap<strong>il</strong>li anche a dec<strong>in</strong>e di km di distanza, flussi piroclastici<br />

per alcuni km).<br />

In base alle esperienze su altri vulcani ed alla storia eruttiva del Vesuvio,<br />

si valuta che i segnali precursori dovrebbero essere significativi ed <strong>in</strong>equivocab<strong>il</strong>i<br />

a partire da mesi o settimane prima dell’evento eruttivo.<br />

Per quanto riguarda la gestione dell’emergenza, si confida nell’organizzazione<br />

ed efficienza del Dipartimento <strong>della</strong> protezione civ<strong>il</strong>e, già rodate nelle<br />

varie emergenze nazionali ed <strong>in</strong>ternazionali degli ultimi anni. Nel caso di<br />

un’emergenza vulcanica, occorre gestire cent<strong>in</strong>aia di migliaia di persone, pre-<br />

Disastri naturali | Conoscere per prevenire 75<br />

sumib<strong>il</strong>mente al limite del panico, nei tempi stretti che precedono una probab<strong>il</strong>e<br />

eruzione. La situazione potrebbe esser resa più grave da vie di fuga <strong>in</strong>adeguate<br />

che potrebbero <strong>in</strong>tasarsi già nelle prime fasi dell’evacuazione. In questo<br />

scenario, l’evacuazione potrebbe essere possib<strong>il</strong>e solo tramite una totale<br />

m<strong>il</strong>itarizzazione del territorio (con l’impiego qu<strong>in</strong>di di forze di pubblica sicurezza<br />

e delle forze armate), con costi enormi e risultati forse <strong>in</strong>soddisfacenti.<br />

Sarebbe qu<strong>in</strong>di opportuno, durante le fasi di quiescenza dell’attività, pianificare<br />

e realizzare opere di mitigazione del rischio che possono concretizzarsi<br />

solo con <strong>il</strong> “decongestionamento”preventivo, sulla base degli scenari<br />

di rischio, <strong>della</strong> c<strong>in</strong>tura circumvesuviana e dell’Area Flegrea.<br />

Dato che l’evento potrebbe verificarsi anche a distanza di anni o decenni,<br />

questi <strong>in</strong>terventi potrebbero però rivelarsi addirittura controproducenti per<br />

quel che riguarda l’atteggiamento delle popolazioni <strong>in</strong>teressate (ad esempio,<br />

già dopo due mesi dall’evacuazione dell’area del St. Helens, i residenti facevano<br />

forti pressioni sull’US Geological Service per poter ritornare nell’area che<br />

successivamente venne <strong>in</strong>vestita da flussi piroclastici), se non accompagnati<br />

da una cap<strong>il</strong>lare e corretta <strong>in</strong>formazione sulla pericolosità vulcanica. La popolazione<br />

va cioè preparata ad una “convivenza consapevole”, che comprenda la<br />

coscienza dell’<strong>in</strong>eluttab<strong>il</strong>ità dell’evento, ma anche l’eventualità di lunghi<br />

tempi d’attesa, <strong>il</strong> possib<strong>il</strong>e verificarsi di falsi allarmi e l’evenienza che l’eruzione<br />

si verifichi con modalità ed <strong>in</strong>tensità diverse da quelle previste.<br />

3.7 Altri vulcani italiani attivi<br />

L’Etna<br />

L’Etna, <strong>il</strong> più grande vulcano attivo subaereo europeo, è localizzato <strong>in</strong><br />

prossimità <strong>della</strong> zona di convergenza tra la placca africana e quella euroasiatica<br />

ed <strong>in</strong> corrispondenza del sistema di faglie che bordano la parte<br />

orientale <strong>della</strong> Sic<strong>il</strong>ia (scarpata Ibleo-Maltese). La genesi del vulcano ricade<br />

qu<strong>in</strong>di <strong>in</strong> un complicato ambiente geod<strong>in</strong>amico <strong>il</strong> cui tentativo di <strong>in</strong>terpretazione<br />

ha dato orig<strong>in</strong>e all’elaborazione di diversi modelli, a volte contrastanti<br />

tra loro 3<br />

.<br />

L’Etna è un vulcano complesso la cui forma fortemente irregolare deriva<br />

dalla sovrapposizione di edifici vulcanici, attivi <strong>in</strong> tempi diversi, dai quali<br />

sono fuoriuscite enormi quantità di magma. Ogni edificio ha avuto una<br />

propria storia vulcanologica conclusasi spesso con collassi parziali che<br />

hanno orig<strong>in</strong>ato strutture calderiche, la più nota delle quali è quella <strong>della</strong><br />

Valle del Bove. L’assetto morfologico è ulteriormente complicato dalla presenza,<br />

sui fianchi, di cent<strong>in</strong>aia di coni piroclastici m<strong>in</strong>ori (con altezze da poche<br />

dec<strong>in</strong>e a qualche cent<strong>in</strong>aio di metri) spesso all<strong>in</strong>eati lungo fratture.<br />

L’attività nell’area etnea è <strong>in</strong>iziata circa mezzo m<strong>il</strong>ione di anni fa con eruzioni<br />

<strong>in</strong> zone sottomar<strong>in</strong>e e costiere che portarono all’emersione <strong>della</strong> costa<br />

a nord di Catania (Acicastello, Acitrezza) e furono seguite da un altro<br />

episodio analogo circa 0,3 m<strong>il</strong>ioni di anni fa nella zona sudoccidentale dell’Etna.<br />

A partire da circa 170 m<strong>il</strong>a anni fa, si formarono numerosi centri<br />

eruttivi e probab<strong>il</strong>mente <strong>il</strong> primo edificio pr<strong>in</strong>cipale dell’Etna (Etna antico).<br />

In seguito i magmi divennero più complessi, portando ad un vulcanismo<br />

esplosivo e alla creazione di una serie di edifici vulcanici che alternavano<br />

prodotti effusivi e piroclastici e presero <strong>il</strong> nome di Trifoglietto. Pr<strong>in</strong>cipali<br />

centri eruttivi erano <strong>il</strong> Trifoglietto II,Vavalaci e Cuvigghiuni4 .<br />

Un’altra serie di edifici vulcanici pr<strong>in</strong>cipali nacque, e fu parzialmente distrutta,<br />

dal collasso <strong>della</strong> caldera durante la fase del Mongibello, che è solitamente<br />

suddivisa <strong>in</strong> Antico e Moderno Mongibello. La prima fase <strong>in</strong>clude<br />

i centri vulcanici Ellittico e Leone e la formazione degli omonimi crateri,<br />

Zone territoriali <strong>in</strong>dividuate<br />

dal Piano Vesuvio.<br />

Considerando <strong>il</strong> tipo e l’entità<br />

dei fenomeni attesi nello<br />

scenario di riferimento, sono<br />

state <strong>in</strong>dividuate tre zone a<br />

diversa pericolosità: zona<br />

rossa (zona potenzialmente<br />

<strong>in</strong>vasa da flussi<br />

piroclastici;18 comuni, 200<br />

kmq, quasi 600.000 abitanti,<br />

di cui è prevista l’evacuazione<br />

entro 7 giorni), zona gialla<br />

(zona <strong>in</strong>teressata dalla<br />

ricaduta di piroclastiti, 96<br />

comuni di 4 prov<strong>in</strong>ce nei<br />

settori orientali del vulcano,<br />

1.100 kmq, 1.100.000<br />

abitanti), zona blu (all’<strong>in</strong>terno<br />

<strong>della</strong> zona gialla ma con<br />

caratteristiche<br />

geomorfologiche tali da poter<br />

essere <strong>in</strong>teressata da lahars<br />

ed <strong>in</strong>ondazioni: di fatto i<br />

comuni alle pendici<br />

settentrionali del Monte<br />

Somma e <strong>della</strong> Conca di<br />

Nola con 180.000 abitanti).<br />

Per i comuni <strong>della</strong> zona<br />

rossa, <strong>in</strong>teressata da flussi<br />

piroclastici, è prevista<br />

l’evacuazione totale e<br />

preventiva. Per la zona gialla<br />

è prevista l’eventuale<br />

evacuazione di un’area<br />

limitata (quella <strong>in</strong> cui gli<br />

spessori delle ceneri<br />

raggiungano valori tali da<br />

compromettere la stab<strong>il</strong>ità<br />

dei tetti) <strong>in</strong> dipendenza dalla<br />

direzione dei venti dom<strong>in</strong>anti<br />

che <strong>in</strong>fluenzano la<br />

distribuzione al suolo delle<br />

particelle piroclastiche.<br />

3 Doglioni C., Innocenti F. and<br />

Mariotti G., Why Mt Etna?, <strong>Terra</strong><br />

Nova 13/2001.<br />

4 G<strong>il</strong>lot P.Y., Kieffer G. and Romano R.,<br />

The evolution of Mount Etna <strong>in</strong> the<br />

light of potassium-argon dat<strong>in</strong>g, Acta<br />

Vulcanologica, 5 /1994. Behncke B.,<br />

Volcanism <strong>in</strong> the Southern<br />

Apenn<strong>in</strong>es and Sic<strong>il</strong>y, <strong>in</strong>: Vai G.B. and<br />

Mart<strong>in</strong>i I.P. (eds), Anatomy of an<br />

orogen: the Apenn<strong>in</strong>es and adjacent<br />

Mediterranean bas<strong>in</strong>s, Kluwer<br />

Academic Publishers, Dordrecht-<br />

Boston-London, 2001(Etna: pp. 111-<br />

113).


76<br />

Figura 3.20<br />

I crateri sommitali<br />

dell’Etna.<br />

Fonte:<br />

Protezione Civ<strong>il</strong>e.<br />

Figura 3.19<br />

Schema dell’evoluzione<br />

dell’apparato etneo.<br />

Dall’alto verso <strong>il</strong> basso:<br />

genesi dei primi centri<br />

eruttivi, cui segue la<br />

creazione del Trifoglietto<br />

(vulcano a scudo) e<br />

successivamente quella<br />

del Mongibello<br />

(stratovulcano<br />

asimmetrico).<br />

Fonte:<br />

ISAT.<br />

Rischio vulcanico <strong>in</strong> Italia | Gli altri vulcani attivi <strong>in</strong> Italia Disastri naturali | Conoscere per prevenire<br />

77<br />

mentre la successiva <strong>in</strong>clude la costruzione dell’attuale cono sommitale,<br />

che fu <strong>in</strong>terrotta almeno una volta da un collasso (Piano Caldera, circa duem<strong>il</strong>a<br />

anni fa).<br />

Pericolosità vulcanica e rischio associato<br />

Attualmente <strong>il</strong> vulcano si trova <strong>in</strong> condizioni di condotto aperto (Figura 3.20)<br />

che unitamente alla bassa viscosità dei magmi determ<strong>in</strong>a modalità eruttive<br />

piuttosto diversificate ma senza caratteri di estrema violenza. I tipi di attività<br />

più comuni sono quella stromboliana, con moderata esplosività e fontane di<br />

lava, e quella hawaiana, con fuoriuscita di imponenti colate laviche. Nel corso<br />

<strong>della</strong> sua evoluzione <strong>il</strong> vulcano ha sperimentato anche eruzioni a grande<br />

esplosività (eruzioni pl<strong>in</strong>iane o subpl<strong>in</strong>iane, l’ultima delle quali risale al 122<br />

d.C.), che sono però da escludere a breve term<strong>in</strong>e a meno di poco probab<strong>il</strong>i<br />

ostruzioni dei condotti.<br />

Tale tipo di attività diffic<strong>il</strong>mente determ<strong>in</strong>a la perdita di vite umane poiché,<br />

generalmente, le aree raggiunte dalla caduta di lapidei sono limitate all’<strong>in</strong>torno<br />

del centro eruttivo e le colate laviche, sebbene imponenti, si muovono a<br />

velocità tale da permettere l’evacuazione delle aree <strong>in</strong>teressate. Pericolosa è<br />

comunque la permanenza <strong>in</strong> prossimità dei centri <strong>in</strong> eruzione, come dimostrato<br />

dal fatto che dal 1500 ad oggi le cronache riportano 73 vittime legate direttamente<br />

all’attività etnea e quasi tutte dovute ad improvvise esplosioni<br />

freatiche. Diverso è ovviamente <strong>il</strong> discorso riguardo alla perdita di beni economici,<br />

che può essere totale e particolarmente gravosa nel caso di fuoriuscita di<br />

magma da fratture laterali poste a bassa quota <strong>in</strong> aree densamente popolate<br />

come quelle nei d<strong>in</strong>torni di Catania. La più recente eruzione laterale a bassa<br />

quota risale al 1669 con colate laviche<br />

che arrivarono a mare distruggendo<br />

parzialmente Catania e molti<br />

dei centri limitrofi. Poiché la nascita<br />

dei centri eruttivi è preceduta da<br />

una serie di segnali premonitori<br />

(terremoti, sollevamenti del suolo,<br />

ecc..), l’attuale sistema di sorveglianza<br />

del vulcano dovrebbe permettere<br />

di riconoscere con anticipo<br />

la nascita del nuovo centro.<br />

Le Isole Eolie<br />

Le Isole Eolie costituiscono un<br />

arcipelago di forma arcuata composto<br />

da sette isole vulcaniche. La<br />

genesi di tale arco vulcanico è dovuta<br />

alla convergenza tra le placche<br />

euroasiatica ed africana ed al<br />

processo di subduzione di quest’ultima,<br />

testimoniato dall’<strong>in</strong>tensa<br />

attività sismica profonda.<br />

L’evoluzione dell’arco può essere schematizzata <strong>in</strong> quattro fasi (da sito GNV):<br />

1. <strong>in</strong>izio attività a F<strong>il</strong>icudi (circa 1.000.000 anni fa);<br />

2. crescita di F<strong>il</strong>icudi, formazione di Panarea e Strombolicchio, <strong>in</strong>izio crescita<br />

di Lipari e Sal<strong>in</strong>a (430.000–200.000 anni fa);<br />

3. formazione di Alicudi e Vulcano, cont<strong>in</strong>uazione nella crescita degli altri<br />

edifici (160.000–110.000 anni fa);<br />

4. formazione di Stromboli, crescita di Vulcano, conclusione dell’attività di<br />

Figura 3.21<br />

L’eruzione dell’Etna<br />

del 1669.<br />

Fonte: INGV.


78<br />

Rischio vulcanico <strong>in</strong> Italia | Gli altri vulcani attivi <strong>in</strong> Italia<br />

Figura 3.23 – Evoluzione dell’apparato vulcanico dello Stromboli.<br />

L’attuale assetto morfologico di Stromboli deriva dallla sovrapposizione di 5<br />

edifici vulcanici, ognuno dei quali ha avuto una propria storia vulcanologica<br />

conclusasi con catastrofici collassi calderici, oppure con <strong>il</strong> crollo di ampie<br />

porzioni dell’edificio. L’<strong>in</strong>stab<strong>il</strong>ità del versante occidentale dell’isola, dovuta al<br />

cont<strong>in</strong>uo accumulo dei prodotti delle eruzioni, è uno degli aspetti più pericolosi<br />

del vulcano a causa del potenziale <strong>in</strong>nesco di tsunami. Fonte: ridisegnato e<br />

modificato da F. Fumanti su dati http://www.swissedu.ch e<br />

http://vulcan.fis.uniroma3.it/<strong>in</strong>gv<br />

Alicudi (110.000 – attuale).<br />

Attualmente sono considerati est<strong>in</strong>ti gli apparati<br />

di Alicudi, F<strong>il</strong>icudi e Sal<strong>in</strong>a, mentre Lipari e<br />

Vulcano si trovano <strong>in</strong> una fase di quiescenza (ultime<br />

eruzioni rispettivamente nel 729 d.C e nel<br />

1888-90). Stromboli è <strong>in</strong> costante attività<br />

Stromboli è uno strato-vulcano con attività<br />

persistente del quale sono visib<strong>il</strong>i solo i 900 metri<br />

che affiorano dal mare, mentre 1.500 metri si<br />

trovano sott’acqua.<br />

Lo Stromboli è <strong>in</strong><strong>in</strong>terrottamente attivo da oltre<br />

2000 anni con un peculiare st<strong>il</strong>e eruttivo<br />

(eruzioni stromboliane). L’attività è caratterizzata<br />

da <strong>in</strong>termittenti esplosioni di bassa/moderata<br />

energia, con emissione di brandelli di lava,<br />

bombe, lap<strong>il</strong>li e ceneri da 4 bocche eruttive localizzate<br />

all’<strong>in</strong>terno di un cratere più ampio (La<br />

Fossa). I prodotti ricadono generalmente all’<strong>in</strong>terno<br />

del cratere ed <strong>in</strong> parte all’esterno, nel<br />

punto dove questo è più basso, scivolando lungo<br />

un ripido pendio chiamato la Sciara del Fuoco.<br />

Tale attività è periodicamente <strong>in</strong>terrotta dalla<br />

fuoriuscita di colate di lava che si <strong>in</strong>canalano<br />

lungo la Sciara del Fuoco e da esplosioni di maggior<br />

violenza con lanci di bombe e blocchi oltre i<br />

limiti del cratere. L’attività dello Stromboli viene<br />

suddivisa <strong>in</strong> 5 cicli, che corrispondono a emissioni<br />

di magmi con caratteristiche diverse. Nel corso del<br />

ciclo detto del Vancori si è costruita l’attuale cima,<br />

al cui <strong>in</strong>terno si è impostata l’attività recente.<br />

Durante le fasi di ord<strong>in</strong>aria attività le eruzioni<br />

esplosive e le colate di lava dello Stromboli generano<br />

un rischio praticamente nullo, <strong>in</strong> quanto i<br />

prodotti restano conf<strong>in</strong>ati all’<strong>in</strong>terno del cratere<br />

oppure sono <strong>in</strong>canalati nella Sciara del Fuoco, cioè<br />

<strong>in</strong> zone non frequentate. Un rischio maggiore è<br />

associato alle eruzioni ad esplosività più alta (<strong>in</strong><br />

media due all’anno), perché i prodotti possono<br />

fuoriuscire dal cratere e raggiungere l’area di Pizzo<br />

Sopra La Fossa dove, soprattutto nel periodo<br />

estivo, si radunano dec<strong>in</strong>e di persone ad osservare<br />

l’attività del vulcano. Tali eruzioni possono avvenire<br />

<strong>in</strong> qualsiasi momento e senza alcun segnale<br />

Disastri naturali | Conoscere per prevenire 79<br />

premonitore. Eruzioni ancora più potenti, fortunatamente non frequenti, lanciano<br />

bombe e blocchi a distanze notevoli dal cratere e possono generare flussi<br />

piroclastici che scendono s<strong>in</strong>o al mare. L’evento più recente si è verificato nel<br />

1930 e ha <strong>in</strong>teressato anche le aree abitate di G<strong>in</strong>ostra e Stromboli determ<strong>in</strong>ando<br />

la morte di 6 persone. A seguito dell’eruzione buona parte <strong>della</strong> popolazione<br />

abbandonò def<strong>in</strong>itivamente l’isola. Nel corso delle maggiori eruzioni è<br />

possib<strong>il</strong>e l’<strong>in</strong>nesco di movimenti franosi che possono generare tsunami. L’ultimo<br />

di questi casi è avvenuto <strong>il</strong> 30 dicembre 2002 quando una frana di circa 16<br />

m<strong>il</strong>ioni di metri cubi di materiale (di cui 8 sommersi) ha <strong>in</strong>nescato uno tsunami<br />

che oltre ad <strong>in</strong>teressare le coste dell’isola ha colpito le zone costiere delle altre<br />

isole, <strong>della</strong> Calabria e <strong>della</strong> Sic<strong>il</strong>ia. A Stromboli l’onda ha raggiunto una altezza<br />

massima di circa 8 metri e ha <strong>in</strong>teressato aree distanti anche 100 metri dalla l<strong>in</strong>ea<br />

di costa. Fortunatamente l’evento, capitato <strong>in</strong> pieno <strong>in</strong>verno, non ha provocato<br />

vittime ma ben altri effetti avrebbe avuto se fosse accaduto durante i<br />

mesi con maggior afflusso turistico.<br />

Vulcano. L’isola di Vulcano (Figura 3.24) rappresenta la parte emersa di un<br />

grande edificio che si è costruito attraverso diversi stadi d’attività a partire da<br />

circa 150.000 anni fa. I maggiori eventi eruttivi si sono verificati circa 80.000<br />

anni fa (Caldera del Piano), 50.000 anni fa (settore sud <strong>della</strong> caldera La Fossa)<br />

e circa 15.000 anni fa, probab<strong>il</strong>mente <strong>il</strong> più potente, con una grande esplosione<br />

che determ<strong>in</strong>ò <strong>il</strong> collasso <strong>della</strong> parte occidentale <strong>della</strong> caldera La Fossa,<br />

all’<strong>in</strong>terno <strong>della</strong> quale si è accresciuto, a partire da 6.000 anni fa, l’attuale centro<br />

eruttivo (Cono di La Fossa). La formazione di Vulcanello è <strong>in</strong>iziata <strong>in</strong>torno<br />

al secondo secolo a.C. e l’isolotto si è collegato a Vulcano <strong>in</strong>torno al 1550.<br />

Vulcano è caratterizzato da un peculiare st<strong>il</strong>e eruttivo (eruzioni vulcaniane),<br />

legato all’<strong>in</strong>terazione del magma con le acque freatiche, e caratterizzato<br />

da esplosioni a moderata magnitudo, genesi di modeste colonne<br />

eruttive, emissione di lave ad elevata viscosità e lancio di blocchi e bombe.<br />

Nel corso di tali eruzioni sono possib<strong>il</strong>i anche flussi piroclastici (surges) che<br />

rappresentano sicuramente la fenomenologia maggiormente pericolosa.<br />

L’ultima fase eruttiva è avvenuta al cratere La Fossa tra <strong>il</strong> 1888 e <strong>il</strong> 1890<br />

(Figura 3.25). Forti esplosioni hanno lanciato <strong>in</strong> aria scorie, ceneri e pezzi<br />

Figura 3.23<br />

Stromboli, la sciara del fuoco<br />

(foto A.Candido)


80<br />

Figura 3.24<br />

Immag<strong>in</strong>e aerea dell’isola di Vulcano.<br />

Si noti la prossimità del centro abitato al cratere.<br />

Fonte:<br />

Prof. G. Luongo.<br />

Figura 3.25<br />

L’ultima eruzione di Vulcano (1888-90)<br />

<strong>in</strong> una foto scattata da G. Mercalli.<br />

Fonte:<br />

Da G. Mercalli e O. S<strong>il</strong>vestri, Le eruzioni<br />

dell’isola di Vulcano; Ann. U. Centr.<br />

Mer.(Roma 1891).<br />

Rischio vulcanico <strong>in</strong> Italia | Gli altri vulcani attivi <strong>in</strong> Italia<br />

del cono vulcanico anche di diverse tonnellate. Il<br />

nuovo magma è stato eruttato sotto forma di<br />

bombe che si sono raffreddate al suolo formando<br />

una superficie screpolata (bombe a crosta<br />

di pane). Attualmente <strong>il</strong> vulcano è <strong>in</strong> uno<br />

stato di quiescenza con condotto ostruito ed attività<br />

limitata alla cont<strong>in</strong>ua emissione di gas.<br />

Pericolosità vulcanica e rischio associato<br />

Il vulcano è costantemente monitorato ed attualmente<br />

non ci sono evidenze di risalita del<br />

magma. Basandosi sulla storia vulcanologica<br />

dell’apparato è comunque probab<strong>il</strong>e che una<br />

nuova futura eruzione presenti caratteristiche<br />

esplosive con formazione di surges piroclastici,<br />

che con tutta probab<strong>il</strong>ità raggiungerebbero la<br />

zona di Vulcano Porto 5 . Il paese è stab<strong>il</strong>mente<br />

abitato da circa 500 persone. Nel periodo estivo<br />

la popolazione ammonta a diverse migliaia,<br />

quasi totalmente residenti <strong>in</strong> aree potenzialmente<br />

<strong>in</strong>teressate dai prodotti di una eventuale<br />

eruzione, accrescendo enormemente <strong>il</strong> rischio e<br />

le difficoltà di una evacuazione possib<strong>il</strong>e solo via<br />

mare.<br />

Lipari, la più grande delle Isole Eolie, ha avuto<br />

l’ultima eruzione nel 729 d.C., preceduta da un<br />

periodo di riposo che si è protratto per circa 3500<br />

anni. L’attività si sv<strong>il</strong>uppò contemporaneamente<br />

<strong>in</strong> due centri eruttivi detti Forgia Vecchia e<br />

Monte Pelato. Il ciclo eruttivo <strong>in</strong>iziò con una<br />

grande esplosione che determ<strong>in</strong>ò l’apertura del<br />

cratere, a cui seguì l’emissione di pomici e altri<br />

prodotti piroclastici, e si chiuse con l’emissione<br />

di limitati volumi di lave molto viscose. I magmi<br />

eruttati a Lipari erano molto ricchi <strong>in</strong> s<strong>il</strong>ice e la<br />

loro viscosità al momento dell’emissione doveva<br />

essere talmente alta da impedire la formazione<br />

di cristalli (colate di ossidiana). A Lipari risiedono<br />

permanentemente circa 8500 persone che<br />

aumentano <strong>in</strong> modo esponenziale nel periodo<br />

estivo, con problematiche sim<strong>il</strong>i a quelle di<br />

Stromboli e Vulcano <strong>in</strong> caso di ripresa dell’attività.<br />

5 Santacroce R., Cristofol<strong>in</strong>i R., La Volpe L., Orsi G., Rosi M.,<br />

2003, Italian active volcanoes, Episodes, 26 (3).


Disastri naturali | Conoscere per prevenire 81<br />

4. ALTRE MINACCE PER IL TERRITORIO ITALIANO<br />

4.1. Alluvioni e frane.<br />

Fenomeni catastrofici possono essere <strong>in</strong>dotti<br />

anche da <strong>in</strong>tensi eventi meteorologici (esogeni)<br />

<strong>in</strong> porzioni di territorio, spesso degradate per<br />

cause antropiche dal punto di vista geologicoidraulico.<br />

In tali situazioni possono verificarsi alluvioni,<br />

frane, valanghe, erosione accelerata.<br />

Si tratta di fenomeni che evolvono <strong>in</strong> tempi relativamente<br />

brevi ma con forte <strong>in</strong>tensità, come<br />

peraltro quelli vulcano-tettonici, che hanno però<br />

bisogno di tempi di <strong>in</strong>nesco lunghissimi.<br />

Alluvioni e <strong>in</strong>ondazioni<br />

Tra i vari disastri naturali, sono le alluvioni a<br />

comportare a livello mondiale le maggior perdite<br />

di vite umane. Tali perdite si accentuano nei<br />

paesi <strong>in</strong> via di sv<strong>il</strong>uppo dove, alle conseguenze<br />

dirette dell’evento, si sommano effetti secondari<br />

come la diffusione di epidemie e la distruzione<br />

di prodotti alimentari.<br />

Le esondazioni dei fiumi, <strong>in</strong>sieme alle frane,<br />

sono i fenomeni calamitosi più ricorrenti sul territorio<br />

italiano. Le alluvioni <strong>in</strong> particolare colpiscono<br />

di frequente vaste regioni del territorio<br />

nazionale, a com<strong>in</strong>ciare dalla grande pianura del<br />

Po e dai bac<strong>in</strong>i degli altri fiumi pr<strong>in</strong>cipali f<strong>in</strong>o alle<br />

fiumare meridionali che, pur non portando acqua<br />

per lunghi periodi di tempo, sono soggette<br />

ad improvvise ondate di piena.<br />

Eventi meteorologici <strong>in</strong>tensi o anche estremi, che a loro volta<br />

<strong>in</strong>nescano o sono fra le concause di alluvioni e frane, non<br />

sono tipici soltanto di tempeste e cicloni tropicali. Sono noti,<br />

<strong>in</strong>fatti, veri e propri cicloni mediterranei (tempeste<br />

mediterranee), che hanno orig<strong>in</strong>e nello stesso mare <strong>in</strong>terno<br />

(nota zona ciclonigenica è <strong>il</strong> Golfo di Genova, e sembra che<br />

ne esista un’altra nell’Italia nord-orientale) oppure entrano<br />

nel Bac<strong>in</strong>o del Mediterraneo provenienti dall’Atlantico<br />

secondo diversi meccanismi: ex cicloni tropicali che arrivano<br />

dall’Atlantico attraverso la soglia <strong>della</strong> Provenza-L<strong>in</strong>guadoca<br />

o, più raramente, lo Stretto di Gib<strong>il</strong>terra; creazione o<br />

rafforzamento di una depressione sulla Penisola Iberica per<br />

effetto dell’aria umida tropicale che si muove verso nord<br />

nell’Atlantico; penetrazione dell’aria umida tropicale<br />

dall’Atlantico attraverso l’Europa centrale e orientale.<br />

Con queste orig<strong>in</strong>i complesse, cicloni mediterranei autunnali<br />

o <strong>in</strong>vernali, che “rassomigliano” alle tempeste tropicali ed<br />

agli uragani, si sono avuti nel Mediterraneo, per gli ultimi<br />

decenni, nel 1947, 1969, 1982, 1983, 1995 e 2004<br />

(quest’ultimo particolarmente <strong>in</strong>tenso nel Mar del Levante,<br />

con chiusura temporanea del Canale di Suez).<br />

Nel caso specifico dell’Italia, sembra comunque che le<br />

precipitazioni più <strong>in</strong>tense siano <strong>in</strong> genere dovute ai cicloni di<br />

orig<strong>in</strong>e mediterranea locale.<br />

Questi fenomeni sono anche all’orig<strong>in</strong>e delle ampie<br />

tempeste di sabbia, provenienti dal Sahara o da altri deserti<br />

del Nord Africa, che attraversano <strong>il</strong> Mediterraneo e<br />

lambiscono l’Italia (piogge di sabbia, e qualche volta pers<strong>in</strong>o<br />

di locuste africane che arrivano stremate per la trasvolata,<br />

sono note <strong>in</strong> diverse città italiane, soprattutto sul versante<br />

tirrenico, tra cui Roma).<br />

Figura 4.1<br />

Alluvione nel bac<strong>in</strong>o del Po. Crollo<br />

del viadotto sulla Dora Baltea<br />

dell’autostrada M<strong>il</strong>ano-Tor<strong>in</strong>o, 17<br />

ottobre 2000<br />

Fonte: APAT-Servizio geologico<br />

d’Italia, Dipartimento difesa del<br />

suolo.


82<br />

Negli ultimi 80 anni, si sono<br />

verificate <strong>in</strong> Italia 5.400<br />

alluvioni 1 . Negli ultimi 20 anni<br />

70.000 abitanti sono stati<br />

co<strong>in</strong>volti da alluvioni e frane e<br />

i danni hanno raggiunto i<br />

30.000 m<strong>il</strong>iardi di lire<br />

Fonte:(http://www.apat.gov.it/site/it-<br />

IT/Temi/Suolo_e_Territorio/Rischio_<br />

idrogeologico).<br />

1 Plenizio E., Quando <strong>il</strong><br />

cemento diventa fango, Scienza<br />

Nuova 3/1998.<br />

Figura 4.2<br />

Ottobre 2000: la colata di fango e detriti che<br />

ha <strong>in</strong>vestito l’abitato di Pleod di Fenis (AO).<br />

Fonte: APAT-Servizio geologico d’Italia,<br />

Dipartimento difesa del suolo.<br />

L’alluvione dell’Arno a Firenze nel 1966<br />

(con precedenti eventi record nel 1269, 1333,<br />

1500 e 1547) danneggiò con le acque ed <strong>il</strong><br />

fango beni architettonici e culturali r<strong>il</strong>evanti<br />

come Palazzo Vecchio, Piazza del Duomo, <strong>il</strong><br />

Battistero (la Porta del Paradiso perse alcune<br />

formelle), Santa Croce, strade e piazze<br />

medievali, mettendo <strong>in</strong> pericolo le opere<br />

conservate nella Galleria degli Uffizi e nella<br />

Biblioteca Nazionale. L’alluvione produsse<br />

anche varie frane secondarie. Le vittime furono<br />

35 più 61 dispersi, per la maggior parte a<br />

causa dei movimenti franosi.<br />

Nel 1954, a Vietri sul Mare, Salerno e<br />

Costiera Amalfitana, si verificò una piena<br />

fluviale catastrofica <strong>in</strong> un’area di costa<br />

rocciosa, che provocò la perdita di 318 vite<br />

umane, <strong>in</strong>gentissimi danni al patrimonio<br />

ed<strong>il</strong>izio ed alle attività produttive <strong>in</strong> ambito<br />

urbano, nonché notevoli modifiche<br />

all’ambiente naturale. L’evento alluvionale,<br />

<strong>in</strong>nescato da un nubifragio, fu caratterizzato<br />

dall’enorme quantità di materiali alluvionali<br />

accumulatisi alla foce del torrente Bonea. La<br />

Costiera Amalfitana, ed <strong>in</strong> particolare Maiori e<br />

Cetara, era stata già colpita da <strong>in</strong>ondazioni<br />

improvvise nel 1735, nel 1773 e nel 1910<br />

(con effetti disastrosi).<br />

Altre m<strong>in</strong>acce | Alluvioni e frane<br />

Le alluvioni comportano un impatto socio-economico estremamente<br />

elevato, anche se m<strong>in</strong>ore, <strong>in</strong> term<strong>in</strong>i di perdite totali<br />

per s<strong>in</strong>golo evento, rispetto agli eventi sismici di elevata magnitudo.<br />

La recente alluvione del Po nel 2000 (alluvione numero 1.200<br />

a partire dal XIV secolo nell’Italia settentrionale) ha comportato<br />

40 vittime e 32.000 persone evacuate; è stata senza dubbio un<br />

disastro naturale, causato da una pioggia di oltre 800 litri d’acqua<br />

per metro quadrato, aggravato da una componente antropica<br />

molto forte. Le grandi piene con disastrose alluvioni sono<br />

frequenti nel bac<strong>in</strong>o del Po: le più recenti nel 1839, 1892, 1949,<br />

1952 (quella famosa del Poles<strong>in</strong>e, una delle più disastrose), 1960,<br />

1992, 1993, 1994 e 2000. La frequenza di queste alluvioni sembra<br />

aumentare negli ultimi anni, probab<strong>il</strong>mente a causa delle<br />

piogge eccezionali.<br />

Le piene e le alluvioni mettono <strong>in</strong> evidenza l’<strong>in</strong>treccio tra<br />

cause <strong>in</strong>site <strong>in</strong> fattori naturali (almeno <strong>in</strong> parte, come l’assetto<br />

geomorfologico e climatico del territorio) e le responsab<strong>il</strong>ità dovute<br />

ad un uso scorretto del territorio. Ad esempio:<br />

● occupazione delle aree golenali con <strong>in</strong>sediamenti abitativi o<br />

<strong>in</strong>dustriali che, oltre a ostacolare lo sfogo delle acque,<br />

comporta anche una dannosa impermeab<strong>il</strong>izzazione del<br />

terreno;<br />

● presenza di aree <strong>in</strong>qu<strong>in</strong>ate e discariche abusive che, oltre ad<br />

<strong>in</strong>qu<strong>in</strong>are, costituiscono ulteriori ostacoli al deflusso delle acque;<br />

● cementificazione e rettificazione degli alvei e<br />

sopraelevazione degli arg<strong>in</strong>i, preceduta da deforestazione delle<br />

aree lungo i fiumi, con ulteriori possib<strong>il</strong>i effetti (come<br />

l’accelerazione <strong>della</strong> corrente fluviale e l’ostacolo<br />

all’espansione delle acque), nel caso di piene eccezionali;<br />

● <strong>in</strong>sufficiente manutenzione geologico-idraulica e, più <strong>in</strong><br />

generale, malgoverno del territorio che impone successivi<br />

<strong>in</strong>terventi di bonifica e recupero.<br />

Disastri naturali | Conoscere per prevenire 83<br />

Ponte crollato dopo una piena<br />

improvvisa nel 2005 a V<strong>il</strong>lanova Strisa<strong>il</strong>i (Nu)<br />

Foto: A. Candido<br />

Frane e colate di fango<br />

Agli stessi fenomeni di orig<strong>in</strong>e<br />

meteorologica e geologico-idraulica<br />

possono essere<br />

collegate le frane, comprese le<br />

grandi colate di fango costituite<br />

da materiale di orig<strong>in</strong>e vulcanica.<br />

È questo <strong>il</strong> caso del noto<br />

episodio di Sarno nel 1998 (153<br />

vittime) <strong>in</strong> una regione, la<br />

Campania, che risulta (soprattutto<br />

nel triangolo Napoli-<br />

Avell<strong>in</strong>o-Salerno) da questo<br />

punto di vista la più disastrata<br />

d’Italia, con <strong>il</strong> concorso di<br />

cause antropiche, a com<strong>in</strong>ciare<br />

dall’urbanizzazione selvaggia<br />

di zone a rischio geologico-idraulico, sismico e vulcanico.<br />

Le regioni più esposte sono Trent<strong>in</strong>o-Alto Adige, Marche e<br />

Friuli-Venezia Giulia, ma quelle che subiscono danni più disastrosi<br />

sono, proprio per cause antropiche, la Campania, la Calabria,<br />

la Sic<strong>il</strong>ia e la Bas<strong>il</strong>icata.<br />

Per ricordare i s<strong>in</strong>goli eventi, si possono citare, tra quelli distruttivi<br />

più recenti, la frana di Stava nel Trent<strong>in</strong>o nel 1985 (269<br />

vittime) collegata ad attività m<strong>in</strong>erarie, quella <strong>in</strong> Val di Pola nel<br />

1987 (40 vittime, 19.500 senzatetto), <strong>in</strong> varie località del Piemonte<br />

nel 1994 (70 vittime), <strong>in</strong> Vers<strong>il</strong>ia nel 1996 (13 vittime), <strong>in</strong><br />

molte regioni (Soverato <strong>in</strong> Calabria, nel Nord-Ovest, Liguria,<br />

Toscana) nel 2000 (con un totale di 61 tra morti e dispersi e<br />

40.000 evacuati).<br />

Le conseguenze dei fenomeni franosi <strong>in</strong> Italia assumono una<br />

r<strong>il</strong>evanza tale da rappresentare un vero e proprio problema socio-economico.<br />

È sufficiente dare uno sguardo ad alcune statistiche,<br />

basate sui dati raccolti negli ultimi anni dal CNR-<br />

GNDCI (Gruppo Nazionale per la Difesa dalle Catastrofi Idrogeologiche)<br />

2 :<br />

● le vittime e i dispersi <strong>in</strong> seguito a fenomeni franosi negli<br />

ultimi sei secoli ammontano a 10.555, dei quali 5.939 nel XX<br />

secolo (<strong>in</strong> media 59 per anno) e 2.447 nel dopoguerra (<strong>in</strong><br />

media 54 per anno);<br />

● nell’ultimo dopoguerra, lo Stato ha stanziato, per far<br />

fronte ai problemi di rischio da frana, una media di oltre 500<br />

m<strong>il</strong>ioni di Euro ai valori correnti per anno (importo<br />

corrispondente attualmente a circa lo 0,5 per m<strong>il</strong>le del PIL);<br />

● le stime del costo totale dei danni provocati dai fenomeni<br />

2 Canuti P., Casagli N., Tarchi D., Le<br />

nuove tecnologie di allertamento<br />

strumentale per la mitigazione del<br />

rischio da frana. Presentato alla<br />

Giornata di Studio “Tecnologie per la<br />

mitigazione del rischio idrogeologico”<br />

organizzata dal Comitato dei<br />

parlamentari per l’<strong>in</strong>novazione<br />

tecnologica e lo sv<strong>il</strong>uppo sostenib<strong>il</strong>e<br />

(COPIT), Roma, 2001.<br />

È stato causato da una frana <strong>il</strong> grande<br />

disastro del Vajont nel 1963, quando dal<br />

Monte Toc si staccarono oltre 100.000 metri<br />

cubi di materiale roccioso di una zona<br />

sottoposta ad alta erosione; questa enorme<br />

massa piombò nell’<strong>in</strong>vaso artificiale creato da<br />

una diga di cemento, che resse all’ondata, ma<br />

venne scavalcata da oltre 25 m<strong>il</strong>ioni di metri<br />

cubi d’acqua e frammenti rocciosi che<br />

distrussero Longarone e parti di altri comuni<br />

(prov<strong>in</strong>cia di Belluno) con 1917 morti.<br />

La relazione tra degrado del territorio,<br />

abusivismo ed<strong>il</strong>izio e fenomeni franosi è stata<br />

ancora una volta confermata dal movimento di<br />

versante occorso ad Ischia <strong>il</strong> 30 apr<strong>il</strong>e 2006.<br />

Un’ondata di fango sotto <strong>il</strong> Monte Vezzi ha<br />

causato la distruzione di una casa, costruita<br />

abusivamente 20 anni fa, con 4 vittime, e<br />

imposto lo sgombero di altre 200 abitazioni. Il<br />

territorio di Ischia, peraltro sottoposto anche a<br />

rischio vulcanico e sismico, è particolarmente<br />

esposto al rischio geologico-idraulico. L’isola è<br />

caratterizzata da una orografia tormentata e la<br />

sua superficie è costituita da materiale<br />

vulcanico relativamente giovane, che tende a<br />

franare <strong>in</strong> occasione di forti piogge. L’area<br />

colpita era ufficialmente nota come ad alto<br />

rischio e tuttavia vedeva la presenza di case<br />

sparse, che gli amm<strong>in</strong>istratori locali<br />

attribuiscono a un “abusivismo di necessità”.


84<br />

Figura 4.3<br />

Gli effetti di una delle colate di fango che <strong>il</strong><br />

24 ottobre 1910 colpirono, <strong>in</strong>sieme con<br />

l’esondazione del torrente Cetus, l’abitato di<br />

Cetara (SA) provocando più di 150 vittime.<br />

Fonte: APAT-Servizio geologico d’Italia,<br />

Dipartimento difesa del suolo, su gent<strong>il</strong>e<br />

concessione <strong>della</strong> Scuola media di Cetara.<br />

Anche l’attività vulcanica può<br />

<strong>in</strong>nescare movimenti franosi,<br />

a volte di grandi dimensioni.<br />

L’ultimo caso italiano, con<br />

conseguente modesto<br />

tsunami, è avvenuto a<br />

Stromboli sul versante<br />

emerso e sommerso nella<br />

zona <strong>della</strong> Sciara del Fuoco<br />

nel 2002; la conformazione<br />

di Stromboli è tale da aver<br />

dato orig<strong>in</strong>e a c<strong>in</strong>que eventi<br />

di questo tipo <strong>in</strong> 100 anni. Si<br />

ipotizza, tra l’altro, che i<br />

movimenti franosi, e non le<br />

eruzioni <strong>in</strong> quanto tali, siano<br />

<strong>il</strong> pericolo maggiore legato ai<br />

vulcani sottomar<strong>in</strong>i del<br />

Tirreno meridionale, a causa<br />

dei maremoti che possono<br />

<strong>in</strong>nescare.<br />

Gli studi <strong>in</strong>ternazionali hanno<br />

<strong>in</strong>dividuato un pericolo di<br />

frana a mare del vulcano<br />

Cumbre Vieja a Las<br />

Palmas (Isole Canarie),a<br />

seguito di un precedente<br />

movimento franoso parziale<br />

avvenuto nel 1949, che,<br />

qualora si verificasse,<br />

potrebbe causare un<br />

maremoto devastante (con<br />

onde alte f<strong>in</strong>o a 30 metri)<br />

f<strong>in</strong>o alle coste del Bras<strong>il</strong>e,<br />

Caraibi e Stati Uniti.<br />

Altre m<strong>in</strong>acce | Alluvioni e frane<br />

franosi sono variab<strong>il</strong>i fra 1 e 2 m<strong>il</strong>iardi di Euro per anno (somme<br />

corrispondenti mediamente allo 1,5 per m<strong>il</strong>le del PIL); tali valutazioni si<br />

ritengono approssimate per difetto <strong>in</strong> quanto molti danni causati da frane<br />

sono spesso imputati ad altre calamità naturali;<br />

● sulla base di tali considerazioni, e tenendo conto anche dei danni <strong>in</strong>diretti<br />

associati alle perdite di produttività, alla riduzione del valore del patrimonio<br />

immob<strong>il</strong>iare, alla riduzione delle entrate fiscali ed ad altri effetti economici<br />

<strong>in</strong>dotti, una stima più completa del costo complessivo dei danni causati<br />

dalle frane <strong>in</strong> Italia è probab<strong>il</strong>mente <strong>in</strong>quadrab<strong>il</strong>e <strong>in</strong>torno al 3-4 per m<strong>il</strong>le del<br />

PIL (a valori del 2000);<br />

● <strong>in</strong> seguito ad <strong>in</strong>dag<strong>in</strong>i svolte recentemente, <strong>il</strong> numero di centri abitati<br />

effettivamente <strong>in</strong>stab<strong>il</strong>i risulta stimab<strong>il</strong>e <strong>in</strong> oltre 5.000;<br />

● oltre 9.600 aree sono state ad oggi <strong>in</strong>dividuate e perimetrate come “a<br />

rischio di frana estremamente elevato”dalle Regioni e dalle Autorità di<br />

Bac<strong>in</strong>o.<br />

Tali dati acquistano un significato ancora maggiore se <strong>in</strong>quadrati <strong>in</strong> un contesto<br />

globale:<br />

● con una media di 59 vittime all’anno dovute a frane nell’ultimo secolo,<br />

l’Italia risulta al quarto posto nel mondo dopo i Paesi And<strong>in</strong>i (735 vittime per<br />

anno), la C<strong>in</strong>a (150 vittime per anno) ed <strong>il</strong> Giappone (130 vittime per anno);<br />

● con un ammontare di danni per frana stimato fra 1 e 2 m<strong>il</strong>iardi di Euro<br />

all’anno, l’Italia è al secondo posto assoluto a pari merito con USA ed India,<br />

dietro al Giappone (con danni stimati <strong>in</strong> oltre 4 m<strong>il</strong>iardi di Euro all’anno);<br />

● <strong>in</strong> term<strong>in</strong>i di rapporto danni/PIL l’Italia si colloca al secondo posto, con<br />

l’1,5 per m<strong>il</strong>le, fra i paesi tecnologicamente avanzati, subito dopo <strong>il</strong><br />

Giappone (2 per m<strong>il</strong>le).<br />

Negli ultimi decenni <strong>il</strong> rischio legato a frane e alluvioni è progressivamente<br />

aumentato.<br />

Le analisi più approfondite, comprese quelle retrospettive, <strong>in</strong>dicano che<br />

Disastri naturali | Conoscere per prevenire 85<br />

la pericolosità degli eventi è rimasta<br />

sostanzialmente <strong>in</strong>variata, anche<br />

se non possono essere esclusi<br />

effetti futuri del cambiamento climatico.<br />

È cresciuta <strong>in</strong>vece l’esposizione<br />

degli elementi a rischio a<br />

causa dell’aumento degli <strong>in</strong>sediamenti,<br />

spesso abusivi, nelle zone<br />

<strong>in</strong>stab<strong>il</strong>i ed <strong>in</strong>ondab<strong>il</strong>i. Anche la<br />

vulnerab<strong>il</strong>ità è sostanzialmente aumentata<br />

di pari passo con <strong>il</strong> nostro<br />

sistema produttivo e socio-economico.<br />

Si ritorna qu<strong>in</strong>di ancora una<br />

volta al problema <strong>della</strong> riduzione<br />

del rischio, alla necessità di un’accorta<br />

politica di gestione e manutenzione<br />

del territorio, per la<br />

messa <strong>in</strong> sicurezza delle opere<br />

strategiche per la salvaguardia dei<br />

cittad<strong>in</strong>i, del sistema produttivo e<br />

dei beni culturali di maggior valore.<br />

D’altro canto, va puntualizzato<br />

che, per quel che riguarda <strong>il</strong><br />

rischio geologico-idraulico, non è mancata né l’attenzione da parte dell’op<strong>in</strong>ione<br />

pubblica e dei decisori, né l’<strong>in</strong>iziativa legislativa, sia pure caratterizzata<br />

da ritardi e sovrapposizioni.<br />

4.2. Fenomeni riguardanti <strong>il</strong> livello del mare<br />

Oltre ai fenomeni a carattere tettonico ed a quelli di tipo geologico-idraulico<br />

f<strong>in</strong> qui trattati, va ricordata un’altra categoria, comprendente fenomeni apprezzab<strong>il</strong>i<br />

a scala più lunga (dell’ord<strong>in</strong>e dell’anno o più) ed <strong>in</strong> genere collegati<br />

alla complessa <strong>in</strong>terazione tra clima e tettonica:<br />

● eustasia (variazione del livello del mare <strong>in</strong> conseguenza delle osc<strong>il</strong>lazioni<br />

climatiche e <strong>in</strong> particolare <strong>della</strong> formazione di calotte glaciali);<br />

● subsidenza (progressivo abbassamento del terreno, dovuto alla naturale<br />

diagenesi dei sedimenti o al prelievo da parte dell’uomo di acqua di falda o<br />

di altri composti come gli idrocarburi, che provoca una dim<strong>in</strong>uzione di<br />

pressione nel sottosuolo e qu<strong>in</strong>di la sua compattazione. La subsidenza lungo<br />

le zone costiere provoca la penetrazione del mare nell’entroterra);<br />

● moti isostatici (legati all’attività tettonica ed al clima attraverso le<br />

variazioni del livello del mare e l’evoluzione delle masse glaciali).<br />

Questi fenomeni vanno comunque dist<strong>in</strong>ti dalle maree, ossia dall’<strong>in</strong>nalzamento<br />

temporaneo del livello del mare per effetto comb<strong>in</strong>ato <strong>della</strong> marea<br />

astronomica e <strong>della</strong> componente meteorologica (variazioni dell’<strong>in</strong>tensità e<br />

<strong>della</strong> direzione del vento e del valore <strong>della</strong> pressione atmosferica). Tale <strong>in</strong>nalzamento<br />

del mare però, unitamente alla subsidenza ed all’eustasia, può causare<br />

<strong>il</strong> fenomeno noto come “acqua alta”. Il fenomeno è ben noto nella laguna<br />

di Venezia, con un evento estremo di +194 cm di “acqua alta” registrato nel<br />

1966, e con sullo sfondo un lento ma cont<strong>in</strong>uo aumento sia del livello del<br />

mare negli ultimi 500 anni, sia del numero degli eventi classificab<strong>il</strong>i come “acqua<br />

alta”(da circa 15/anno negli anni ’20 ad oltre 60/anno negli anni ’90). Un<br />

fenomeno correlato è quello <strong>della</strong> “sessa”, un’osc<strong>il</strong>lazione periodica dell’Adriatico<br />

sim<strong>il</strong>e ad una b<strong>il</strong>ancia con fulcro sul parallelo di Otranto.<br />

Venezia, <strong>il</strong> fenomeno dell’acqua alta<br />

Fonte: Dipartimento <strong>della</strong> Protezione Civ<strong>il</strong>e

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!