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Antonio Labriola e «La Sapienza» - Archivi di Famiglia

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<strong>Antonio</strong> <strong>Labriola</strong> e le scienze sociali<br />

fuori, del resto, sono ancora oggi legati alle istituzioni. Non è un mistero.<br />

Come non è un mistero, che io non faccio parte <strong>di</strong> alcuna istituzione. Io<br />

vivo qui, vivo a casa poco lontano da qui, vivo in questa specie <strong>di</strong> ufficio<br />

e faccio la mia rivista. Però, secondo me, la sociologia, quando rinuncia<br />

alla sua vocazione critica, rinuncia anche a stu<strong>di</strong>are bene le cose che dovrebbe<br />

stu<strong>di</strong>are. Come un raggio <strong>di</strong> luce entra nello spettrometro e viene<br />

sud<strong>di</strong>viso nei vari colori dell’arcobaleno, così un fatto sociale stu<strong>di</strong>ato<br />

dalla sociologia dovrebbe non soltanto rivelare le sue caratteristiche <strong>di</strong><br />

fatto, ma dovrebbe pure rivelare le motivazioni profonde che stanno alla<br />

base <strong>di</strong> esso. In altre parole, per me la sociologia è il tentativo <strong>di</strong> risalire<br />

dal comportamento osservabile alle motivazioni interne, dall’esterno<br />

all’interno. E, quin<strong>di</strong>, scoprire la verità interna sia delle strutture istituzionali<br />

sia delle persone. Ecco perché la sociologia deve avere una impostazione<br />

multi<strong>di</strong>sciplinare: perché non c’è sociologia senza scienze sociali<br />

(antropologia, etnologia, psicologia dal profondo, psicologia sperimentale),<br />

senza storia, senza filosofia, ecc. Per me la filosofia è molto<br />

importante. Io trovo che oggi i sociologi che s’incontrano ai convegni<br />

non hanno letto i classici, sono ignoranti, non ragionano in maniera filosofica,<br />

non vanno fino in fondo, non pensano fino in fondo i loro pensieri.<br />

E, poi, non leggono, non conoscono la letteratura. La letteratura non è<br />

un fatto esornativo; non è neppure un’attività <strong>di</strong> “rispecchiamento”; la<br />

letteratura è la manifestazione dello spirito interiore che muove la gente.<br />

Un sociologo che non conosca la letteratura del paese in cui opera, o anche<br />

<strong>di</strong> altri paesi, è finito; non ha basi comparative. Tuttavia, l’obiezione<br />

che si fa alla mia posizione qual è? È che, in effetti, questa sorta <strong>di</strong> impostazione<br />

sinottica, globale può comportare un pericolo, cioè il pericolo<br />

del <strong>di</strong>lettantismo, della superficialità, <strong>di</strong> una specie <strong>di</strong> parafilosofia che è<br />

anche poi una parasociologia. Questo è vero. Lo ammetto. Però, sulla<br />

base <strong>di</strong> questa impostazione sinottica, si può affermare che un tema sociologico<br />

preciso da indagare, vada poi indagato in profon<strong>di</strong>tà. Esempio:<br />

io ho scritto il libro Giovani e droga; è chiaro che ho dovuto interrogare<br />

dei giovani drogati. Ma, poi, sono risalito alle famiglie, sono risalito alla<br />

cultura da cui provenivano, alla classe sociale. Questo mi ha portato non<br />

solo alla sociologia critica, ma alla adozione dei meto<strong>di</strong> qualitativi: e qui<br />

c’è una sorta <strong>di</strong> congiunzione con il nostro amico Siciliani de Cumis. C’è<br />

stata una svolta nella svolta: dunque, prima, sociologia, cattedra <strong>di</strong> so-<br />

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