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Antonio Labriola e «La Sapienza» - Archivi di Famiglia

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<strong>Antonio</strong> <strong>Labriola</strong> e le scienze sociali<br />

liane… No, non era questo. Il fatto è che Gramsci si stava allontanando<br />

molto da Lenin. E dentro il Partito comunista italiano ci fu un forte <strong>di</strong>ssenso<br />

da lui. Ad<strong>di</strong>rittura, pareva che Gramsci potesse essere messo in<br />

libertà, ma che Togliatti, da Mosca, non facesse nulla in tal senso. Anche<br />

Umberto Terracini fu su una posizione un po’ anarchica… Gramsci, per<br />

altro, si collegava anche alla tra<strong>di</strong>zione libertaria italiana, giacché l’Italia<br />

è stato il paese in cui, per esempio, Bakunin ha avuto grande successo. I<br />

nostri primi socialisti erano anarco–sindacalisti. Il Mussolini della prima<br />

maniera era socialista, era anarco–sindacalista. Era molto vicino a Pietro<br />

Nenni, che poi, caduto il fascismo, fu riconosciuto capo dei socialisti. Il<br />

“caso” Gramsci è molto strano; e, per un chiarimento sul punto che qui<br />

interessa, non <strong>di</strong>mentichiamo la sua ra<strong>di</strong>ce sarda. Ancora oggi, gli “anarco–insurrezionalisti”<br />

(come oggi li chiama il ministro degli interno),<br />

vengono dalla Sardegna. In fondo Gramsci era sardo. Ma l’argomento<br />

chiama in causa il concetto del potere, duramente legato alla questione<br />

della “<strong>di</strong>ttatura del proletariato” e ai relativi snaturamenti politici. Lenin<br />

temeva tale esito: tant’è che, in punto <strong>di</strong> morte, ha cercato <strong>di</strong> mettere in<br />

guar<strong>di</strong>a i suoi compagni verso Stalin. Invece per Gramsci c’è un altro<br />

concetto, il concetto <strong>di</strong> egemonia. Egemonia, che definirei come una sorta<br />

<strong>di</strong> effetto <strong>di</strong> padronanza, che la società riconosce a se stessa quando ha<br />

raggiunto nel suo insieme un certo grado <strong>di</strong> consapevolezza critica; guidare<br />

senza dominare. Quin<strong>di</strong>: nessun salto, nessuna marcia forzata, nessuna<br />

dogmatica in<strong>di</strong>cazione su cosa bisogna fare; altrimenti, non resta<br />

che la ghigliottina o la Siberia. Invece no, occorre lasciare che le cose crescano<br />

dalla base.<br />

[…] Togliatti, io ho avuto il piacere <strong>di</strong> conoscerlo a Torino. Allora ero<br />

un giovanotto e lavoravo nei giornali. Togliatti è sempre stato un ottimo<br />

burocrate, un funzionario attento, intelligente; lo chiamerei persino una<br />

specie <strong>di</strong> “canonico” della chiesa cattolica. Un car<strong>di</strong>nale. Ho avuto modo<br />

<strong>di</strong> sentire nella Camera dei deputati i suoi eccellenti <strong>di</strong>scorsi. Era un<br />

grande organizzatore e non certo un rivoluzionario. Era un uomo che<br />

aveva saputo sopravvivere in circostanze <strong>di</strong>fficili. Ci vuole molta capacità<br />

per fare ciò. Ho conosciuto il suo segretario personale, quando faceva<br />

la sua rivista, qui a Roma, che si chiamava «Rinascita». Togliatti scriveva<br />

con un inchiostro verde… Era un umanista, aveva una buona conoscen-<br />

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