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Antonio Labriola e «La Sapienza» - Archivi di Famiglia

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Franco Ferrarotti<br />

to è fortemente sottolineata; e nel senso che la rivoluzione è un compito<br />

umano perseguibile, non è un esito fatale della storia. Questo lo avvicina<br />

molto a Lenin: anche se la grande <strong>di</strong>fferenza fra Lenin e Gramsci, a mio<br />

giu<strong>di</strong>zio, è probabilmente anche una <strong>di</strong>fferenza legata al retroterra storico<br />

della Russia rispetto all’Europa occidentale. Il fatto è che, per Gramsci,<br />

questo elemento soggettivistico e questo elemento volontaristico non<br />

si devono tradurre in una forma <strong>di</strong> dominio <strong>di</strong>ttatoriale sulle masse, viste<br />

soltanto come uno strumento passivo per attuare la rivoluzione nella<br />

nuova società. Il che credo si possa <strong>di</strong>re per Lenin. Per Gramsci, invece,<br />

il momento volontaristico deve in<strong>di</strong>care la partenza del movimento rivoluzionario<br />

dalla base della società; ed è per questo che Gramsci organizza<br />

a Torino i consigli operai. Lei mi <strong>di</strong>rà che certamente anche Lenin,<br />

Plechanov, Lunačarskij, Bucharin e tutti gli altri hanno costituito il soviet…<br />

Certamente, questo è vero. Tuttavia la grande <strong>di</strong>fferenza sta in<br />

ciò: che Gramsci, in carcere, nei suoi Quaderni del carcere, avvia una riflessione<br />

nuova, originale. Infatti, c’è in Gramsci un’idea delle masse non<br />

come masse <strong>di</strong> urto, non come masse <strong>di</strong> manovra, non come strumento<br />

della rivoluzione. Da una parte c’è l’avanguar<strong>di</strong>a organizzata e cosciente<br />

degli intellettuali, dei militanti, del partito; dall’altra ci sono le masse,<br />

che vengono messe in movimento, orientate da questo inizio. E si tratta<br />

<strong>di</strong> un’avanguar<strong>di</strong>a cosciente, che interagisce sugli altri non ancora coscienti,<br />

me<strong>di</strong>ante i “Consigli <strong>di</strong> base”. Mentre Lenin parla <strong>di</strong> <strong>di</strong>ttatura<br />

del proletariato, Gramsci sviluppa questo concetto <strong>di</strong> egemonia. Ora la<br />

<strong>di</strong>ttatura che cos’è? La <strong>di</strong>ttatura è uno strumento <strong>di</strong> lotta, meglio è una<br />

formazione giuri<strong>di</strong>ca che prende su <strong>di</strong> sé tutto il potere e lo fa valere, lo<br />

detta. La <strong>di</strong>ttatura vuol <strong>di</strong>re dettare proprio quel che va fatto. L’egemonia<br />

invece è anche una guida, una guida in qualche modo collettiva, collegiale,<br />

consiliare; e, quin<strong>di</strong> è una egemonia che non s’impone alla società,<br />

ma la aiuta a <strong>di</strong>ventare consapevole <strong>di</strong> se stessa e dei propri scopi. Molti<br />

mi hanno detto che questa mia concezione dell’egemonia è insostenibile.<br />

Gramsci, in realtà, parla <strong>di</strong> egemonia e <strong>di</strong> filosofia della prassi e non <strong>di</strong><br />

marxismo. A rilevarlo è stato soprattutto Louis Althusser, un filosofo<br />

marxista francese. Diceva che Gramsci aveva preferito adoperare espressioni<br />

“egemonia” e “filosofia della prassi”, al fine <strong>di</strong> evitare la censura<br />

del carcere. Io non lo credo. Gramsci non aveva tutto questo bisogno <strong>di</strong><br />

nascondersi, perché il sistema carcerario italiano come tutte le cose ita-

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