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Antonio Labriola e «La Sapienza» - Archivi di Famiglia

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<strong>Antonio</strong> <strong>Labriola</strong> e le scienze sociali<br />

scienziati. Ecco, in questo senso, per me Siciliani de Cumis resta una figura<br />

straor<strong>di</strong>naria. La pedagogia in Italia, che è stata, soprattutto, istituita<br />

dal fascismo, aveva la sua natura, <strong>di</strong>ciamo così, <strong>di</strong> educazione<br />

dall’alto e <strong>di</strong> formazione a seconda dei bisogni del regime. Un po’ come<br />

poteva essere nell’unione Sovietica staliniana oppure nella Germania<br />

nazista. Mentre la pedagogia gentiliana (<strong>di</strong> Gentile, ve<strong>di</strong> Genesi e struttura<br />

della società) era la mente del fascismo. Siciliani, che rinvia al Socrate <strong>di</strong><br />

Senofonte, si muove all’opposto nel solco <strong>di</strong> questa grande tra<strong>di</strong>zione,<br />

per cui la verità nessuno può <strong>di</strong>re <strong>di</strong> averla in esclusiva; è una conquista.<br />

Non si conosce. Il sapere, invece, è una impresa collettiva; un’impresa<br />

interin<strong>di</strong>viduale; ed è, quin<strong>di</strong>, un patrimonio comune, una conquista<br />

proprio intersoggettiva. Si potrebbe anche chiamarla una luci<strong>di</strong>tà con<strong>di</strong>visa.<br />

E questo, naturalmente, porta me in particolare molto vicino a Siciliani.<br />

Perché allora, evidentemente, l’identità è correlativa all’alterità.<br />

Così mi sento anche vicino alla filosofia moderna, più che a Sartre e a<br />

Heidegger, che non hanno il senso dell’alterità. E da questo punto <strong>di</strong> vista<br />

Siciliani sta facendo un ottimo lavoro. Io gli ho mandato anche un<br />

lungo pezzo su Sartre dove metto in luce questa negatività <strong>di</strong> Sartre…<br />

Già i greci, ho trovato in Plutarco, <strong>di</strong>ventano consapevoli della loro<br />

grecità. Essi sono in contatto con i barbari non greci, ma questo è un altro<br />

<strong>di</strong>scorso…<br />

[…] Si può <strong>di</strong>re che Gramsci abbia naturalmente stu<strong>di</strong>ato e intensamente<br />

vissuto il marxismo, ma con alcuni gravi limiti imputabili non a<br />

lui ma a due fattori: il primo è che dopo tutto Gramsci era in carcere e<br />

non aveva tutti i libri che voleva avere; in secondo luogo: alcuni libri, alcuni<br />

testi <strong>di</strong> Marx furono pubblicati soltanto molto più tar<strong>di</strong>. Per esempio,<br />

i fondamentali Manoscritti economico filosofici del 1844 hanno visto la<br />

luce soltanto pochi anni fa, e i Grundrisse (gli “elementi” dell’economia<br />

politica), anche questi sono stati pubblicati solo recentemente. In ogni<br />

caso, la visione che Gramsci offre del marxismo è una visione non materialistica<br />

inerte, non è una visione positivistica come fu anche quella <strong>di</strong><br />

Engels. Direi piuttosto che in Gramsci, forse anche perché era un militante<br />

politico, un capo partito, c’è una forte componente <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensione<br />

soggettivistica e volontaristica. Vale a <strong>di</strong>re che il marxismo <strong>di</strong> Gramsci è<br />

un marxismo anche un po’ idealistico, nel senso che l’attività del sogget-<br />

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